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Messaggi - green demetr

#2866
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
08 Marzo 2017, 18:08:31 PM
Citazione di: maral il 08 Marzo 2017, 14:51:54 PM
CitazioneAffidarsi ad un DIO come Heideger o Severino infine ammettono, non è certo qualcosa che metta in gioco alcuna prassi.
Scusa green, ma dov'è che Severino invita ad affidarsi a un Dio? Forse c'è stata una conversione da parte del filosofo in tarda età che mi è sfuggita?

Si trova nel finale dell'intervista fatta da Fusaro a Severino reperibile sul sito Youtube di Fusaro.
E' una lunga conversazione illuminante sulla storia filosofica del 900.
Severino apprezza in particolar modo la domanda di Fusaro sulla "Gelassenheit" heideggeriana.
E in sostanza sull'insistenza di Fusaro che perora la causa della prassi fichtiana, Severino risponde che è impossibile superare quella ultima istanza heidegeriana.
Ovviamente il DIO a cui si riferiscono Heideger e Severino è quello del ritorno del ciclo degli enti o Apparire degli enti.
Ma non volevo appesantire ulteriormente la questione.Perciò uso la stessa metafora di Heideger, che si presta certo a totale incomprensione.(solo un DIO può salvarci).
Ma visto il punto sempre più basso anche nel mondo della cultura a cui siamo arrivati, CONVIENE far buona faccia a cattivo gioco e chiamarlo sommariamente DIO.
D'altronde anche Fusaro sembra proprio non capire di cosa si sta parlando, considerando l'"abbandono" alla lettera e cioè in una dimensione di divieto all'agire.
Cosa che assolutamente non è.
#2867
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
08 Marzo 2017, 12:54:49 PM
Citazione di: donquixote il 08 Marzo 2017, 12:24:37 PM
Se non si vuole tornare a Platone e Aristotele basta leggere Wikipedia alla voce metafisica e almeno una vaga idea si può averla. E "penso dunque sono" è una affermazione che riguarda l'uomo terrestre e ha valore solo per l'uomo terrestre (anzi solo per l'uomo terrestre che la pensa come Cartesio), non certo per tutto l'universo per cui non può essere per definizione una affermazione metafisica ma "fisica". Metafisica è la realtà che trascende quella fisica, e non certo l'astrazione o la concettualizzazione di un fenomeno fisico, che sono solo metodi umani convenzionali che servono per ragionare. Se non si ha alcuna idea di questa realtà, se non la si percepisce,  non si può parlare di metafisica.

Percepire non è un termine che amo.
Mi da sempre l'idea che chi lo usa ha paura dei fantasmi. E di solito infatti è sempre così.

La realtà (?) metafisica dunque la intendi nel senso proprio di entità divina suppongo.

Gli diamo due definizioni diverse.

Se non vuoi dimostrare che la realtà divina sia divina, perchè appunto disumana, allora la devi premettere.

Il fatto è che premettendola conduci poi delle dimostrazioni che riconducono a quello che dovresti dimostrare. La "petitio principii " è uno degli errori logici più antichi e duri a morire.

Tra l'altro è il motivo per cui (contro cui) il relativismo è diventato sistema.

Ammettere l'una e credere nel relativismo mi riesce difficile da pensare.

Mi sembrerebbe un DIO di comodo: vale tutto tranne che quando lo dico io ops DIO.....

I tempi di aristotele sono andati, già nel medioevo quella che era un physis è diventato un sistema di LOGICA.
La logica essendo nel più astratto dei domini appunto quello DIVINO.


Non amo associare DIO ad una Physis, mal mi accoppio con i deliri del mondo greco.
E convivo con dolore l'influenza che l'induismo ha avuto su di me nella adolescenza e infanzia.
Quella influenza sono conscio di non poterla eliminare in quanto fa parte di una emozione, si è fissata con una emozione.
Quindi in parte ti capisco, cioè a livello emozionale.

Ma la filosofia deve essere sopratutto un esercizio che si riferisce ad un una physis umana, benchè la ragione sia un prodotto dell'astrazione (con i suoi deliri di universalità).


nb.
E comunque un reattore nuclerare funzionerebbe con gli stessi principi anche sulla luna o ai confini dell'universo. il limite sta nella sua riproducibilità.
(lasciando perdere il fatto che il modello cambia storicamente, il principio di universalità che lo informa è sempre valido, perciò la scienza è una metafisica, una delle tante.)










#2868
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
08 Marzo 2017, 12:35:00 PM
Citazione di: Sariputra il 08 Marzo 2017, 09:38:29 AM
Se potessimo sostituire il termine 'relativizzare' con quello che a me appare più "creativo" di 'dubitare', non potremmo fare un passo in avanti?

Ma infatti l'esercizio del dubbio è uno degli strumenti più efficaci della filosofia ad oggi.

esercizio gratuito di riflessione estemporanea.


parte 1  il dubbio e la prassi il livello teorico

La prassi del dubbio sulle prassi generali o universali, dovrebbe avere esattamente il carattere del relativo.
Ove la relatività sta nel punto di vista che la comunità dovrebbe prendere a ragione come modello, nè più nè meno che la scienza.
Ovviamente i criteri non saranno quelli matematici, in quanto una prassi riguarda il lavoro (nel senso più lato del termine, non nel senso di mestiere che la società impone per fini di omologazione).

Ovviamente la prassi io non la intendo minimanente nel senso di ecosistema, direi l'opposto nel senso di convivenza umana comune.
Dove nel concetto di comune dovrebbero sparire parole fittizie come tolleranza e amore.
Non perchè quelle non siano in sè nobili, ma perchè fino ad oggi hanno celato SEMPRE il contrario.

Insomma il dubbio dovrebbe nascere proprio all'insegna degli esiti delle pratiche.

Non è che la parola morale debba fare per forza "schifo", il fatto è che se non mettiamo in dubbio l'esito della sua funzione, perdiamo di vista completamente il centro del discorso storico che influenza il presente.

Frequentando il corso di De Martino 3 anni fa, mi sono accorto che effettivamente come lo stesso docente affermava, la filosofia necessita un ripensamento della antropologia umana.

E' chiaro che la morale ha veramente TROPPO a che fare con la sua evoluzine storica.

Oggi non è possibile che si continuino a ignorare risultati come l'antropologia strutturale di LEVI STRAUSS, da cui deriverebbe che la famiglia è sì la base dell'intero sistema sociale, ma non dobbiamo dimenticare che lo fu storicamente per esigenze di protezione del clan.
Per mero opportunismo, per probabilità di sopravvivenza.

Quello che a me sconvolge è che quei vecchi valori oggi come oggi all'interno delle NAZIONI, non solo perdono il loro significato VITALE, di essere. Ma diventano un incredibile fonte di fraintendimento.

La scelta della chiesa di ripartire dalla famiglia, io lo capisco benissimo.
Ovviamente cercano di rimettere insieme quello che era il collante di una lunga tradizione.

La morale è così chiusa a doppia mandata dalla sua DERIVAZIONE DIVINA, e casomai questo non dovesse bastare a IMPEDIRE il dubbio, dalla sua SANTITA' ovvero dalla sua sacralità, ovvero dalla sua INTOCCABILITA' (come Agamben ha magistralmente dimostrato).

Il dubbio è così sostanzialmente PRESCRITTO in quanto a-morale.


Il punto è che funzionerebbe bene in una realtà dove le famiglie sono clan.

Ma laddove invece vige uno stato, si dimentica completamente che la necessità sta non nel rafforzamento del clan bensì nella frantumazione fino a ridurre l'uomo solo e individualista.
Perchè è più facile mantenere un potere centrale in questa maniera, anzi è necessario farlo, per poter garantire la sopravvivenza dello stesso (stato).

Il passaggio dalla sopravvivenza dello stato a quello delle macchine, è solo un ulteriore raffinazione di questo processo completamente astratto.

In questo senso la morale diventa uno spauracchio più che un arma di rivoluzione cristiana o atea che sia.

Ma tutto ciò non ha senso, anche predendola sul serio si rivelerebbe totalemente inadeguata, in quanto è sempre stata fittizia.

Il problema della comunità che vorrei tanto intravedere nasce da tutta questa congerie di eventi storici.

E' ovvio che una morale nuova dovrebbe nascere per lo meno se vuole rimanere consistente e contrapporsi alla civiltà delle macchine, come veritiera in cosa consista lo stare insieme delle persone.

Per questo ritengo da diversi anni, che solo il mondo filosofico, possa in piena coscienza cominciare a interrogarsi sul proprio agire in  relazione agli altri.
(e chi altri potrebbe rivelarsi (a se stesso cioè) prima che rivelare quale sia sia la nuova morale).

Affidarsi ad un DIO come Heideger o Severino infine ammettono, non è certo qualcosa che metta in gioco alcuna prassi.
Anche se è ovvio che ogni prassi si deve rimettere al gioco del destino, della destinazione, e perciò appunto ad un DIO.

Certamente il dubbio può essere messo come spesso si fa direttamente all'ultima questione, se esista un DIO o no.
Ma dimenticare tutte le prassi precedenti pone un dubbio enorme sullo stesso interrogarsi sul "dubbio di DIO".
E'veramente quel DIO, che compare infine come destinazione, o è il DIO SIMULACRO che deriva dal non porsi mai il dubbio sulle pratiche esistenti, e che utilizzano il sui feticcio, come TOTEM? Appunto come un avviso minatorio: NON DEVI PENSARE, NON DEVI DUBITARE.

E' per questo che il dubbio non può essere meramente una opinione, ma qualcosa di più, pensato insieme all'ALTRO.

Si dubita sempre in 2 (o più), è questo che penso realmente.

Il dubbio sulle prassi diventa dunque per SINI il vero nuovo compito della filosofia che verrà.

il dubbio del pensiero debole alla angelo cannata, alias vattimo, è un ottimo strumento, ma vedi proprio il caso vattimo, assolutamente inefficace allorchè cade nella stessa trappola che avrebbe dovuto evitare.

parte due il dubbio e la prassi nella storia odierna

il politico concertato deve per forza avere il buon senso di poter accettare in sè la posizione degli altri, il che equivale sempre ad una gran capacità di rimettersi in discussione, perchè in caso di idee forti, non esisterebbe concertato ma solo presa di posizione e lotta di potere.

il contrattualismo però nasconde come sempre più evidente dei limiti tali per cui la sinistra debole, con la sua idea di welfare state, accettando , e dunque rimettendosi in discussione dopo il fallimento dell'esperimento stalinista, le istanze libearali, per quanto democratiche, ha finito per diventare una forma di centrismo che ha rinunciato esattamente a quello che NON DOVEVA MAI rinunicare (visto il sangue e le morti lasciate giù dalla guerra) ossia appunto al welfare state.

in teoria questa forma di dubbio non è sbagliata, ma ha fatto l'errore di credere troppo al relativo del relativo.
Il liberalismo nasce anche come democratico, ma nelle sue istanze non aveva il dubbio di essere (e tuttora non lo ha) nel torto marcio (finisce chissà perchè nel creare SEMPRE oligarchie sociofobiche).
Lo aveva semmai la sinistra, che però prestando il fianco, ha finito per fare il gioco delle parti, producendo l'ennesimo giochino americano del reppublicano contro democratico.
Vattimo si è reiscritto al partito comunista, dopo anni di tentativi di apertura ai giochi della politica.
Come lui stesso ha detto più che essere un revanchismo nostalgico, si tratta di un atto simbolico, come a dire che forse ma forse, non si doveva cedere alle lusinghe della destra.

La faccenda come notasi non è di facile soluzione, perchè dire che la destra è il male è una delle forme di psicosi di massa meno sensate che ho visto.
Non ha direzione perchè anzitutto additando il male altrui non si vuol mai vedere quello di "casa sua".
Il povero Zizek è pesantemente sotto attacco, perchè ha osato dire proprio questo, che l'ascesa delle destre in europa e in america è un occasione per ripensari come realtà di prassi di sinistra.

L'ondata feroce di antipropaganda che lo sta vedendo protagonista, mi sta facendo veramente male, perchè viene proprio dal mondo intellettuale. Fa male perchè lo so che è così da gran tempo. Ma per una sorta di empatia lo sto vivendo male sulla mia stessa pelle.

L'intellettuale di sinistra CONTINUA a non porsi alcun problema. Anzi reagisce furioso a che si debba tornare a come si era prima (centristi alias).

Che è come una firma di impotenza al proprio cambiamento, una mesta conseguenza di una disillusione, e di un tentare di salvare gli ultimi avamposti di resistenza, che però agli occhi del semplice cittadino risultano sempre essere LE LORO POLTRONE DI POTERE.


Poichè è la sinistra a porsi il problema della comunità, la destra si pone il problema del mantenimento dello stato.

Ma nemmeno più queste semplici verità di fatto storiche, sono considerate. Siamo in un epoca di confusione totale.

E ad un'attenta analisi si capisce che tutto nasce proprio dal dubbio sorto dal fallimento russo.

Ma il dubbio avrebbe dovuto riguardare le prassi E NON LA TEORIA!!!!

Dubitare del dubbio è stata la grande scellerata azione di centrismo della sinistra che vuol diventare SOCIAL (stato) DEMOCRAZIA (comunità).

Una contradizione in termini come ho tentato sopra di esporre!

Una comunità che deve rispondere di uno stato che a sua volta dever rispondere a delle macchine (la scienza l'economia) diventa tutto fuorchè una comunità.(per riassumere).

E tra l'altro quel dubbio che inizialmente aveva dato strada ad un nuovo modello di prassi, ha smesso di dubitare!!!! :'(
Dunque la prassi di centrismo attuale non ha dubbi su se stessa.

E' per questo che non si può dubitare in assoluto ma relativamente agli esiti delle pratiche.
Il dubbio assoluto per quanto teoreticamente affascinante diventa sempre un coprirsi gli occhi davanti alla realtà.


#2869
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
08 Marzo 2017, 10:29:41 AM
Citazione di: donquixote il 08 Marzo 2017, 08:21:49 AM
Poi potete anche divertirvi a prendere in giro la gente che legge, ma sappiate che questa è pura e semplice disonestà intellettuale di cui dovete assumervi tutta la responsabilità.
E visto che la scienza moderna afferma che le sue teorie sono "vere fino a prova contraria" e ogni affermazione della scienza è enunciata in modo perentorio e categorico ("la scienza ha detto che è così!". Punto e non ci devono essere altre discussioni) e basta dire che qualcosa non è "scientifico" per squalificarlo allora l'unica metafisica che esiste, se dovessimo assumere questo punto di vista, è proprio la scienza, che però guarda caso per costituzione non si può occupare di verità universali, e quindi di metafisica. Sarebbe meglio che prima di scrivere di cose che ignorate vi metteste d'accordo con voi stessi.

Non so proprio di cosa stai parlando.   

La scienza dice una cosa ed è punto e basta...ma poi cambi idea e dici che la scienza non si occupa di verità universali.
Mi sembra che qui tu hai idee contradittorie e confuse.

Tra l'altro la scienza si occupa di costituire per astrazione modelli di verità che riguardano universalmente la propria applicabilità.

Un reattore nucleare deve funzionare sia in Francia che in Giappone per es.

Non può essere caso per caso....non sarebbe scienza.

Ma poi abbi pazienza che cosa sarebbe per te questa metafisica? Io ne ho dato una definizione generica, in quanto vi sono diverse metafisiche.
E per quel che mi riguarda io parlo esplicitamente di quella hegeliana, se proprio vuoi che mi prenda delle responsabilità. (Uno dei paroloni nuovi della neo-lingua orweliana)

Quando Cartesio diceva penso dunque sono, quella era chiaramente una astrazione di valore universale. Idea che mi pare una certa qual fortuna ce l'ha avuta!
Dove starebbe la palese falsità di cui parli??????
#2870
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
08 Marzo 2017, 01:27:45 AM
Citazione di: donquixote il 07 Marzo 2017, 23:59:49 PM

Il fatto è che chi parla di metafisica dovrebbe conoscere ciò di cui parla e non mi sembra affatto che qui accada. Tutti i discorsi fatti prima non c'entrano un tubo con la metafisica ma invece con l'atteggiamento o la convinzione di qualcuno e la sua disposizione nel confronto con gli altri. Se uno afferma che la teoria dell'evoluzione è sicuramente e incontrovertibilmente vera non è affatto un metafisico, così come se uno afferma che è dubbia non è un relativista: sono solo due persone con atteggiamenti diversi nei confronti della medesima affermazione.

Per metafisica si intende quel processo di astrazione per cui le cose valgone in termini generali e nell'assunto filosofico in termini Universali.

Ritenere che l'evoluzione come l'aveva modellata darwin sia un Universale ha come effetto quello di avere una comunità scientifica, poco avezza al cambiamento del modello stesso.

Non è una questione del modello, tanto quello nel lavoro serio dello scienziato cambia comunque, ma è nel lato POLITICO, nel lato di far credere agli altri di POSSEDERE una VERITA', non è solo un atto di orgoglio ma è proprio un modo dell'esistere nella comunità.

Una comunità secolarizzata allora userà la verità darwiniana per andare contro chi ha la verità biblica della creazione...etc...etc...

Non è una mera considerazione di opinioni, ma è una riflessione sugli esiti del VOLER AVERE certe opinioni.

Col il crollo degli ideali, con il nichilismo quello che si è visto è che avere certe RIGIDE CERTEZZE fa più male che bene.

Il problema è che non si è cercata una soluzione concertata al problema della comunità che si è sentita smarrita prima e poi fagocitata da 2 guerre mondiali, ma piuttosto si è riusciti a mantenere quella arroganza di fondo, e letale, in un mondo virtuale, di nome Individualismo e società dei consumi.

Insomma tanto parole al vento a me non sembrano. (ebbasta con questo principio del terzo escluso...cè sempre un terzo, e non capisco perchè lo si voglia sempre escludere!)



#2871
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
08 Marzo 2017, 01:05:01 AM
https://www.riflessioni.it/logos/profile/?u=129

Angelo per la prima volta sono d'accordo con (almeno) l'argomentazione.

Ma infatti il mio punto non è lo spauracchio ma come dici bene tu l'opinione storica dell'oggi, del qui e ora.

Il punto che però di solito è cieco al relativista è che se il relativo è a sua volta una questione relativa tanto per cui anche per te non dovrebbe che solo tacere.(nell'ottica metafisica)
https://www.riflessioni.it/logos/profile/?u=129
Allora tutto vale come solo come racconto, aspettativa etc....individuale.

MA Ci sarebbe allora da chiedersi come mai in un mondo relativista, dove ognuno crede solo alla sua storia, nasce una delle società più bieche e omologate di ogni tempo.

E' per questo che l'azione ricordata da Sariputra dovrebbe diventare o ridiventare oggetto di discussione.
Prassi e non Teoria.
Con la postilla che si tratta sempre di Teoria della prassi.

Ma è proprio nella teoria della prassi che ri-vediamo in scala filosofica lo stesso movimento di individualismo esasperato e omologazione. Dove è la monade che trionfa magnifica e pura nella teoria ma biecamente sull'altro nella realtà. Diventando per cui ALMENO un 2.
Cioè intendo dire che da una parte ci si vanta di preziosi sofismi relativisti, e in questo forum gli attacchi negli anni sono stati tanti.
Ma dall'altra all'atto della DISCUSSIONE, nemmeno per sogno si porta il caso personale, la propria storia, la propria aspirazione CHE funzionano benissimo nel mondo schizofrenico capitalista, dove credi di essere qualcosa di prezioso Ma nel reale sono tutti razzisti pronti a calpestare l'altro in tutte le maniere.
Non è una questione di classe, nella mia penosa esperienza per trovare un oasi di pace, dal lavoro in banca fino al pulire i cessi, la gente pensa solo a calpestarsi a vicenda.

Quindi non credo proprio siano parole al vento, è evidente che se vi è questa omologazione, in nome di una crisi, e la crisi non la rivendico certo io, ma proprio la POLITICA.
(Non parlo di unicorni parlo del tg quotidiano e del vano ciarlio della gente.)

allora è evidente che il metafisico debba per forza scontrarsi con questo specchio per allodole con questa trappola con questo miraggio che ha nome di RELATIVISMO RELATIVISTA.

Il relativismo deve essere metafisico cara Angelo, e quindi non a caso usa le stesse strutture di linguaggio delle vecchie metasifiche.
Ciò che cambia è ovviamente la prospettiva, dove la grazia la si attendeva dal cielo, oggi dovremmo attenderla dal nostro vicino di casa e di confine.
Io non credo che la metafisica debba essere automaticamente dogmatica.
Sono molto felice che Sariputra abbia colto questa essenzialità (anche se poi so che lo fa solo per gustarsi meglio e in pace col mondo, un mondo escluso da villa sariputra, il proprio vino di casa  ;) ).

Va da se, ed è per questo che insisto che la teoria deve seguire una prassi.

Una prassi come quella di Sini che intende il relativismo come metafisico (ma ovviamente questa lezione Sini la mutua da Nietzche) diviene allora un controllo, una discussione delle prassi in atto.

Detto così non è nuovo, ma lo stesso Sini è stato più volte taciuto nel corso di conferenze internazionali, dove l'obiettivo era la discussione, ma poi in realtà se si parlava di giustizia, finiva che il musulmano deve diventare un buon cristiano.....(e parliamo di tempi non sospetti, del giovane sini degli anni 80, le cose da allora sono andate via via irrigidendosi, fino ai fenomeni populisti che stanno investendo oggi l'occidente)
al che Sini sorride e ricorda che allora dove starebbe questa relatività, questo margine di discussione, se una scelta è già stata apriori PRESA?

Questo sono i danni dell'agire giusto per agire, senza pensare, senza interrogarsi.
E questi sono i danni del professari relativi relativistissimi, e poi nella realtà comportarsi in tutt'altra maniera.

Insomma la questione non è meramente se il cielo sia blu o verde, in PENTOLA c'è dell'altro.
#2872
Citazione di: pepe98 il 24 Febbraio 2017, 20:10:21 PM
Non distingui il piano ontologico da quello dell'esperienza: io inteso ontologicamente (cioè l'essenza concreta, le sensazioni concrete e tutto ció che è percezione) sono l'uno, ossia l'unica identità ontologica(concreta) esistente. Io inteso invece come "l'io dell'esperienza", ossia un'autoidentificazione(separazione astratta, cioè scissione astratta dell'uno in un soggetto e oggetto, intendendo per soggetto ció con cui identifico la mia attività, e con oggetto ció che identifico come non mio), è per forza di cose molteplice, in quanto astrazione. La molteplicità non è principio, è astrazione!

Se fosse mera astrazione allora sarebbe metafisica, di certo non ontologia che è appunto la riflessione sul carattere di esistenza ALL'interno del mondo fenomenico, che tu stessi ammetti molteplice.

Quindi esistenza dell'io nel fenomeno è esattamente l'io che si da nel fenomeno, o meglio si autoidentifica a partire dalla sua diversità da esso.

Invece come fanno tutti gli analitici qui si tratta di PRESUPPORRE una ESISTENZA come se fosse un dato matematico, che allora l'unità sia qualcosa come se esistesse questa entità di astrazione.
Nel mondo iperuranio della astrazione o della matematica ci sta.
Ma quando si tratta di dedurne il carattere di esistenza, di solito incorro sempre in quel fastidiosissimo paradosso che A=A, ossia di una identità dal carattere ipotetico.

Niente in contrario con questa impostazione nel panorama scientifico, fin quando riguarda cose, ma quando rigurada le persone, tende sempre ad avere il carattere accompagnatorio di una fastidiosa IDEOLOGIA supponente ignorante e fastidiosamente delirante.
Io non so se mai gli scienziati avranno la meglio dei potenti, ma quel giorno sarà l'ennesimo momento funesto della storia.

Ma d'altronde sono anni che scrivo contro la metafisca analitica, e a favore di quella fondamentale.
Non vorrei ripetermi eccesivamente ancora qui.
#2873
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
06 Marzo 2017, 21:24:09 PM
Basterebbe l'incredibile ondata di razzismo sempre più pubblico e sempre meno privato, per testimonare di quello che è l'occidente cristiano.
Un assolutismo barbaro, MENZOGNA che si nasconde dietro la narrazione tragica dell'amore cristiano.

Il problema del relativismo contemporaneo è che (da bravo studioso di Nietzche l'ho capito) viene scambiato per il suo doppio appunto l'assolutismo.

L'assolutismo viene spacciato per RELATIVISMO. Questa è l'indigesta realtà che ogni onesto pensatore dovrebbe arrivare ad ammettere.

Per risolverlo Sini in un recente seminario a cui partecipai, precisò che lui era un relativista con un eccezione fondamentale: che il relativismo non può essere relativo.

Vi lascio spazio per pensarci, non è cosa semplice.

Anche se per me vale sempre la questione nichilista dostoevskiana, se niente vale, allora TUTTO è valido.

Ovviamente la questione dostoevskiana era legata a DIO, ma con un minimo di malizia in più non possiamo proprio intendere che l'assoluto per essere valido deve sempre essere messo in discussione?

Il relativo per funzionare non può relativizzarsi, ma può solo fare da funzione, da indirizzo, da senso dell'esistente.
In quanto relativo è ciò che accade nel reale, il relativo è SOLO nel reale.

L'assoluto è il suo doppio, ossia" il relativo che è relativo" diventa solo un PRETESTO per delle scelte POLITICHE.
E' la maschera che il potere politico detta come occasione, come crisi, come coercizione autoritaria.

Bauman l'ha chiamata società liquida ad indicarne lo scontro con le istanze del soggetto civile.

Ma è ben più di quello, è esattamente la presa di posizione che tutto è ASSOLUTAMENTE precario.
Ossia se uno è capace di leggere che sta succedendo nell'epoca contemporane, l'esatto opposto.
Ossia il FISSO esiste solo in nome del Precario, come lotta, come ambizione.

Difficile sottrarvici, per Pasolini impossibile. Non rimane che il qui e ora, non il qui e ora del COME SE FOSSE PER SEMPRE, ma del qui e ora che ROVINA SEMPRE in qualcosaltro, fossanco la nostra morte, di solito meglio nella nostra condizione PARANOICA. DI certo MAI nella postazione del relativo che sia fedele a se stesso.E questo è male gente, MOLTO male.
#2874
Citazione di: graziashadow1 il 19 Febbraio 2017, 15:00:47 PMMi consola pensare all'incompetenza come un dato di fatto sull'umana natura, nessuno in questa vita raggiungerà mai   la tanto nominata >Conoscenza per poter finalmente svelare alle masse la verità assoluta ,alzando il sipario sulle paternità di Dio o chi per lui o cosa come lui esprimendosi su  che tipo di amalgama è andata formandosi per dare origine a questa cosa chiamata universo e prima ancora e ancora bah? Facile trascendere ,per questo motivo l'uomo ha clonato il termine "divino".Non ne conosco altri per spiegare alcune fenomenologie eccelse.
Ma la chiesa con la >Natura c'entra come i cavoli a merenda .Pardon ::)

Basterebbe vedere alla voce giusnaturalismo.

Se esista una giustizia che si riferisce al naturale, allora esiste un naturale.
Ma siccome non esiste un naturale, allora qualcuno ha INTERESSE a che la GIUSTIZIA sia qualcosa di MANIPOLABILE.

Non vorrei parlare del processe alle streghe, ove per streghe leggi le DONNE.
La donna non è una strega che io sappia, ma evidentemente se per natura la donna è compagna del divaolo....
(la chiesa e le sue turbe)

insomma bisognerebbe ripassare da capo tutta la storia e le atrocità commesse in nome della NATURA.

Fino arrivare alle contemporanee problematiche del darsi la morte e della clonazione.

Cambiano i secoli ma il problema è sempre lo stesso.
#2875
Per Memento.

Dipende da cosa intendi per potenza e da cosa per rovina.

Di solito per esperienza personale si intende per potenza qualcosa che a che fare con la schizofrenia del capitalismo moderno, perciò di solito riguarda il lavoro. Ma Heideger ha già scritto abbastanza su tale fenomeno.
(l'inautenticità).
Se intendi le meravigliose risorse spirituali dell'uomo sarebbe anche peggio. Non è forse quello verso cui Nietzche si è battuto più lungamente (riconoscendone immediatamente il primo, ma non il più potente, avversario).

Forse intendi invece proprio come me nel senso di potenziale, come incidentalmente al qui e ora.

Sarei d'accordo, in quanto la potenza si fissa sempre come atto, il punto è NON farla mai diventare storia.
Per questo serve una potenza costante direi senza dubbio,

Il punto però sta proprio in quel terribile confine tra ciò che avviene e ciò che viene tenuto.
Di solito uso il termine memoria, ma effettivamente sarebbe più corretto dire l'IO.
Ovvero la speculazione su questo potersi dire tale e quale come IO SONO QUESTA COSA QUI.

Il punto come sappiamo è che questa cosa qua non è mai identica a se stessa, come nel moto eracliteo non ci si bagna mai 2 volte nello stesso fiume.

Questa impossibilità a essere questa cosa qua, diventa COME SE fosse questa cosa QUA fosse per davvero.
L'io diventa una ipotesi, una regola ahimè di consuetudine.

Col passare del tempo le regole cambiano e con esse la percezione di quel qualcosa COME SE FOSSE PER DAVVERO.
Sono i costumi e le regole delle famigle prima, dei popoli poi, e infine delle nazioni, oggi come oggi(da HOBBES in poi non  è vero?)

Ovviamente intendere questa differenza metafisica è importantissimo, in quanto noi NON siamo mai questa cosa come se fosse per davvero.
E' invece vero che noi NON siamo mai la stessa cosa.
E' questo carattere del NEGATIVO che si pone come unica verità. Ossia noi non ci risconosciamo MAI in qualcosa come se fosse un IO per SEMPRE ma piuttosto IN ROVINA, nel TEMPO.
E' invece ahimè sempre più vero che esiste quel "COME SE FOSSE che qualcosa" in quanto per il gregge  ESISTE PER DAVVERO" (e invece non esiste!e perciò è SCHIZOFRENIA di massa! suppongo sia quello che intende Deleuze nel suo libro, suppongo non avendolo letto ancora, e avendo invece un sacco di problemi con quel filosofo personalmente.)
OVVIAMENTE quel qualcosa che non esito ad ammettere che esista e che sarebbe COME SE QUALCOSA ESISTESSE PER DAVVERO, io lo chiamo IDEOLOGIA.

Insomma per me la rovina non è da intendersi in maniera negativa, è invece il corrispettivo della speculazione filosofica, quel "conosci te stesso" sempre più in disuso non dico nel gregge, ma proprio nel mondo della filosofia.
Ma su cosa dovremmo speculare se non appunto sulle modalità del rovinio? e su quel fenomeno chiamato ideologia?
Che è una maniera del presentarsi della storia come ideologia appunto, ma anche di fatto avendoci a che fare quotidianamente è parte del nostro svanire nel mondo.
E' questa la potenzialità di questa grande illusione che tiene unito il gregge e discaccia le pecore nere nei loro recinti accademici.
Il punto è che le pecore nere sono stufe evidentemente di stare nei recinti e per NOIA, suppongo, si stanno trasformando in bianche pecorelle, pronte a servire l'ideologia e DI FATTO bloccando la speculazione filosofia che Nietzche andava progettando.

E' per questo che dubito persino di interventi come il tuo Memento, in generale sarei molto prono ad accettarli per quel che sembrano, una sano moto ad affidarci alle nostre intuzioni.
Ma se quelle intuizioni fossero camuffamento di altro ???? E' quello che da timore col passare degli anni è divenuta certezza, e finora unica spiegazione all'incredibile stato di stagnazione dell'intero movimento filosofico.

Il che è bizzarro perchè nell'era dell'accellerazione tecnologica, uno si aspetterebbe una accelerazione anche di quello filosofico, pensiamo alle prospettive del web 2.0.

Il punto è che i sacerdoti di una volta sono diventati i potenti di oggi.
Ma la paura che i primi una volta incutevano è semplicemente stata ereditata dai secondi.

L'unico appiglio è però sempre il diamante che l'uomo ha inventato di nome ragione.
#2876
Quando l'uomo parla della natura sembra proprio parlare di DIO.

Non esiste qualcosa come la NATURA nè qualcosa come DIO.

Indubbiamente c'è la condizione umana, qualla sì.

Leopardi era uomo di immagini e per questo lo amiamo, ma in fin dei conti lui non parla della NATURA, ma del MALE.

La sua è una visione così potente che ugaglia quella di Nietzche per grandezza e disperazione.

Se parliamo in termini cognitivi perdiamo completamente di vista i riferimenti personali.

E invece i termini personali riguardano in maniera preponderante anche quelli cognitivi, che ne sono una diretta emanazione in forma di legge, statistica etc.....

Già ma a chi giova il discorso sull'ecosistema, o i deliri alla GAIA.
E' sempre una questione politica.

Questa domanda perciò contiene 2 gravissimi errori. Quello di credere che esista qualcoso come il NATURALE (e invece è una emanazione della chiesa cattolica), quello di credere che la NATURA SIA DIO. Quello di credere che esista un qualcosa di nome DIO. Quello di credere che la cognitività umana sia un apriori e non una SCELTA POLITICA sul da FARSI. (e tralascio qui gli obblighi e i doveri).

Ma perchè non vi siete ancora accorti che il tema della ecosostenibilità sia diventato il nuovo slogan dell'IMPERO??????

Svegliaaaaaa!!!!!

BESTIE! :'(
#2877
Tematiche Filosofiche / Re:l'uno inteso letteralmente.
17 Febbraio 2017, 23:57:10 PM
Un altro monista  ;D  ;D  >:(  >:( 

Ma come fa il 2 ad essere un  1???

infatti l'io è qualcosa che dici stabilendo una connessione tra una identintà (1) e un altra identità (2).

Ma se l'identità è per mera intuizione, supposizione etc...etcc....etcc.... un UNO allora quando dico io sono sto dicendo che io sono l'uno.

Ma ciò che non sono io, perchè sennò come faccio a dire che io sono io e non un altra cosa, come fa ad essere un altra cosa??? infatti negando che si tratta del 2 e dicendo che è un uno stai dicendo che la tua identità che si forma a partire dalla distinzione tra te e quell'altra cosa sia la stessa cosa-

Ma tu non sei MAI un altra cosa, tant'è che stai scrivendo a qualcun altro. E questo desiderio è rivolto a qualcun altro che non a te.

Dire che l'uno è il due. E' dire un gran cialtroneria. Indice di una supponenza e di una ignoranza indicibili.

O meglio lo dico, e lo dico io, che quindi sareti tu.....quindi tu che sei me, stai dicendo che sei una BESTIA!  ;)  ;)  ;)  :D  :D  :D  :D  :D  :D 

è ironico amico mio.

i monisti vanno di moda in tutta america e anche in europo.


Noi c'abbiamo il primo monista che però ammette il dualismo, perciò è un monista dualista per sua definizione, ma essendo un terribile e pessimo (nel senso che ammiro la sua precisione, e invidio la sua chiarezza di esposizione  ;)) scettico alla fine è costette spesso senza saperlo ad essere un monista per intero.


Dunque nell'intimo è tuo fratello!  :(  anzi no dimenticavo che tu e lui siete la stessa cosa  ;D
#2878
Leggere Nietzche è difficile, sono il primo a saperlo, ma dopo anni credo che capisco quale fosse la sua intenzione (la traversata del nichilismo) e quali i limiti (la mancanza di amici, e l'impossibilità conseguente di quella attraversata).

Pensavo che l'ideale ascetico fosse un qualche nuovo paradigma, che tramite le ombre (gli amici), potesse emergere come enigma dalle sue pagine.
Ho i miei dubbi che Garbino riesca ad avere questa capacità di oltre-visione, mi sembra invece che sia una lettura abbastanza alla lettera (e perciò del tutto errata, come sappiamo dal buon Nietzche, che vuole che noi ci si ragioni sopra, da bravo apostolo dello spirito apollineo).

Così restando le cose ( e quindi fidandomi di Garbino), invece dunque la visione ascetica è semplicemente una descrizione per far emergere il CONTRARIO. E cioè che la filosofia adottando, come spesso ha fatto e come tutt'ora fa, imperterrita e cieca a se stessa (alle domande che dovrebbe porsi), una aura metafisica, intrisa di moralismo anti-dionisiaco, diventa in un colpo ANTI-APOLLO (non si pone la domanda della morale) e ANTI-DIONISO (non intende minimanente la volontà di potenza).

Temi a me molto cari, ma essendo "datati" rispetto alle nuove aperture che sto apprendendo leggendo UTU, non mi destano un gran impressione, come invece la prima parte ha fatto. (la ragione come diamante ricavato da secoli di sangue e guerre).

Poi ripeto a mio avviso ci dovrebbero essere delle aperture, degli enigmi a metà frase, a metà capitolo, che lasciano delle questioni aperte, a cui di solito Nietzche in maniera enigmatica da delle proposte per le quali lo ritengo il più grande filosofo mai esistito e probabilmente visto la cinta di castità morale a cui siamo legati, chissà per quanto tempo ancora lo sarà ancora. Ma questa è per fini intenditori (per ora riguarda sole me, con mio sommo raccapriccio).


RISPOSTE A MENENTO

Per quanto riguarda memento sono d'accordo solo in parte. Ossia certamente la volontà di potenza non è questione darwiniana, ma il punto ultimo sta proprio nel fatto che non dipende dall'io, ma dal non-io-
Invece in menento la volontà coincide con l'io. Ma non è proprio così-
L'io è semplicemente la postazione (che riprende esattamente da kant) da cui si effettua il giudizio.
Ma il giudizio non è in sè come per Kant, è invece il frutto dello slittamente continuo delle percezioni.
Ovviamente la bizzaria per cui Kant deve ammettere una identità del giudinzio è il fenomeno della coscienza.
Come si può essere coscienti del reali? la risposta la diede a suo tempo Hegel, quello che ci accompagna al sapere, è di fatto appunto quello che noi chamiamo IO, ma che risponde al GRUND, che vuol dire si base, cementa, ma in tedesco vuole dire anche ROVINA.
Per Nietzche è lo stesso. Ciò che rovina, che va in pezzi è proprio l'io, che si costituisce come moria del momento.
Si costituisce come poi dirà Heideger nel tempo come morire. L'essere per la morte di Heideger, e l'amor fati di Nietzche è la stessa cosa. questo essere per  e questo amore vanno letti esattamente come volontà-
La potenza invece è ciò che si costituisce come ROVINA, la potenza è l'essere possibile di qualsiasi rovina, come aritotele e ancor meglio Tommaso d'aquino capirono a loro tempo.
la differenza abissale tra questi maestri del passato e nietzche è talmente abissale che ogni volta che ci penso mi vengono i brividi.
Quegli ottimi maestri antichi, non portarono minimanente a termine consequenziale quell'andare a morte. Fecero anzi di tutto per frenare quel rovinio. Adottarono la morale come forma di fuga, come schizofrenia dell'esistente.
Nietzche invece di fronte al mare che chiamerà NICHILISMO prese da SOLO una barchetta e cominciò il vero viaggio a cui ogni filosofo è chiamato a coprirne un tratto.
Non si tratta del viaggio della guerra, non si tratta del morire, ma di quello che rimane come vivere in rovina, dell'io.
La metafisica che io chiamo fondamentale è questa cosa qui.
Ma quanti la capiscono? e sopratutto quanti hanno le palle di continuare quel viaggio spirituale?
Non certo il buddismo, la cui cosmologia cade pesantemente nel delirio simbolico induista.

PER QUANTO RIGUARDA LA MIA AMATA PSICANALISI-
E' vero che freud ha stabilito un inconscio e che l'allievo JUng ci ha costruito su un modello indipendente alchemico.
Ma entrambi non hanno capito minimante quello che intendeva Nietzche.
Per entrambi infatti questa volontà di potenza si darebbe come linguaggio come grammatica, simbolica.
In Nietzche invece non esiste simbolo che terrebbe, se esistesse sarebbe di nuovo metafisica.
E perciò sarebbe UMANO troppo umano e perciò disumano.
(e infatti i due colossi della analitica avevano IMMENSI problemi con la morale, che volevano rispettare sia chiaro, questioni loro certo, ma indice di un errore del pensiero colossale).
#2879
E' vero che la borghesia in sociologia viene ritenuta sorpassata (Rigotti), vittima della forbice che sta cambiando il mondo tra ricchi e proletari (i vecchi piccoli borghesi) e le infinite sottocategorie di sotto-proletariato.(Rigotti)

Quello che invece mi turba fin dentro le viscere è lo spirito borghese, che non solo continua imperterrito a seguire la morale cristiana, ma addirittura la incorona a tutto ciò a cui si deve rispecchiare nel giusto e nel vero.
Come Zizek ha già spiegato, ovviamente è il parallasse (lo specchio per le allodole, per i gonzi) per tutto ciò che è invece individualista, egotico, anticomunitario. Direi in una parola Umano troppo Umano. Appunto DISUMANO.

Sicuramente piccolo piccolo ma dannatamente pericoloso e funzionario di un freno, che non vuole arrivino MAI i tempi per una nuova umanità (nietzche).

Schizofrenia e Schizofrenia al quadrato non possono che essere i naturali esiti di questo delirio che non finisce mai.

La borghesia e l'impero è un incubo che non finisce MAI.
#2880
Citazione di: Apeiron il 11 Dicembre 2016, 23:05:07 PM

Se ti può interessare leggiti qualcosa del secondo Wittgenstein col quale sembri avere delle somiglianze (secondo il quale "per molti ma non per tutti i casi il significato di una parola è il suo uso in un "gioco" linguistico", cioè nella pragmatica). Per quanto riguarda il mio concetto di verità di per sé è "contestuale" nel senso che per capire se una cosa è da considerarsi vera bisogna avere chiaro il contesto e bisogna trovare un modo per dimostrarla. La presenza dell'io come assioma a mio giudizio è necessaria per fare ogni possibile discorso. Ma ahimé non è possibile dimostrare l'esistenza dell'io perchè è trascendentale ossia è a-priori di ogni discorso. Inoltre per ogni possibile proposizione è a-priori pure il contesto nella quale viene espressa. Perciò se ho capito quello che intendi, "traducendolo" nel mio "modo di filosofare" dici che la verità ha come base il soggetto e il contesto in cui esso è immerso e si rivela nella pratica. Non mi pare sinceramente così lontano da quello che sto dicendo io.

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Si sono d'accordo in parte con il secondo Wittgenstein, ossia il linguaggio è il mirror del pragma.
Il fatto è che lui rimane un anti-metafisico, a suo parere discutere di qualsivoglia cosa non sia presente "a se stesso", ossia nella sua formulazione linguistica è un abbaglio.

Certamente possiamo mettere in dubbio qualsiasi discorso che si fa storico, ma non sono d'accordo con wittgenstein che debba essere riferito SOLO AD UNA DIMENSIONE PRESENTE.

D'altronde anche se è una figura trasversale (vedi la polemica con GODEL), lui preferiva circoli come quello del neo-positivismo austriaco.

Diciamo che a livello metafisico siamo nemici, semplicemente perchè non riesci a intendere o semplicemente non ti interessa il senso, che storicamente si determina come STORIA DELL'UMANO (troppo umano avvisa Nietzche però).

A livello formale fai benissimo a fare quello che fai, la scienza stabilisce regole rigorose e deve rimanere nei suoi canoni.

A mio parere però anche in quello bisogna stare sull'attenti, e  tu lo sai meglio di me.
La fisica non parla esplicitamente di un reale, ma di  un qualcosa che BENE o MALE possiamo dire REALE. (la questione delle approssimazioni non è forse un capitolo importante di ogni buon fisico??)

Quindi sostanzialmente bisogna fare attenzione anche da quali paradigmi iniziare.

Non ho mai detto che siamo nemici in assoluto!!! ciao!!!!!