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Messaggi - niko

#2896
Tematiche Filosofiche / Il mondo privo dell'uomo
24 Marzo 2021, 22:08:21 PM
Citazione di: viator il 24 Marzo 2021, 11:12:17 AM
Salve niko. Non ti ho seguito. Mi limito ad osservare che, per parte mia, la coscienza è solo una funzione-ponte collegante la memoria al raziocinio mentale.

Nell'uomo essa quindi collega psiche-memoria con mente.

In altre specie essa - se esiste (la cosa è discutibile) sempe la psiche-memoria (che tutti i viventi dotati di sistema nervoso possiedono) con.....il vuoto........(poichè solo gli umani dovrebbero possedere ciò cui collegarla, cioè appunto la mente). Saluti.




te la faccio semplice, coscienza di tipo umano, da una parte, nel senso di elevata, complessa e soprattutto dotata della parola, e specie umana fisica biologica, dall'altra, evidentemente, anche a ragionare in termini di darwinismo, genetica e di come la scienza moderna descrive attualmente la natura, molto probabilmente, anzi, quasi sicuramente non hanno lo stesso destino: probabilmente l'uomo si estinguerà e verranno altre specie coscienti o addirittura organismi artificiali; i nostri antenati, pur non sapendone nulla di evoluzione o di intelligenze artificiali, hanno sempre immaginato la possibile, se non necessaria, esistenza di altri esseri coscienti oltre all'uomo, tipo Dio, gli angeli eccetera, magari non ci hanno colto perché queste entità non esistono, ma ci sono in generale nella cultura parlanti non umani, o almeno non contemporanei all'umano parlante, già la scrittura è un modo di interloquire con i morti o con gli spazialmente distanti, insomma la coscienza non corrisponde, ameno non in modo semplice con la specie, quindi la coscienza esiste indipendentemente dalla specie, quindi non è del tutto folle pensarla come una proprietà del mondo (naturale, non quello di Astolfo), e in quanto tale preesiste all'uomo, il che vorrebbe dire che in un certo senso lo spirito e l'autocoscienza dell'uomo preesiste, e post esiste, sopravvive all'uomo.


E' naturalmente possibile distinguere tra mondo fisico e mondo antropologico, il fatto è che prima o poi il mondo fisico farà un bel frullato con quello antropologico, nel senso che lo distruggerà e lo spazzerà via, ma non sappiamo se ciò sarà la fine della coscienza in generale o no, quindi la generica esistenza della coscienza ha ottime probabilità di essere più estesa temporalmente e spazialmente dell'uomo e del mondo antropologico umano, quindi almeno secondo me merita di essere oggetto di riflessione specifica, a parte da quella "sull'universo antropologico", da cui potrebbe anche scaturire un senso meglio definito e meno banale di "cultura".


Il parlante e il raziocinante non è di nessuna specie, è transpecifico, la cultura sfida continuamente l'uomo a uscire dalle sue identificazioni puramente fisiche e a parlare con un "altro" indeterminato, che non si sa chi sia e mette in discussione anche l'identità dell'altro parlante. L'animale che parla non è solo l'uomo, anche perché la facoltà di parola non giunge storicamente a formarsi tutta insieme, in tutti gli aspiranti uomini allo stesso livello di complessità, quindi è probabile che l'umanità abbia attraversato lunghi periodi in cui la facoltà di parola era mista alla comunicazione animale, come differenza sia tra gruppi che tra individui specifici dello stesso gruppo quindi "ecco un animale che parla", come eccezione e parola lanciata verso una probabilità di essere raccolta e ascoltata indefinita, è stato per secoli più reale e realistico di "ecco un uomo". La cultura è dunque per me la comunità transpecifica o aspecifica dei parlanti.
#2897
Tematiche Filosofiche / Il mondo privo dell'uomo
23 Marzo 2021, 22:15:33 PM
Io credo che fare (soprattutto su un forum di filosofia) una domanda come:




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Ma voi pensate esistito un tempo in cui il Mondo (definizione : l'insieme di tutto ciò che esisteva, ovvero il Cosmo più Dio - dato un qualunque Dio come eventualmente esistente) era privo dell'Uomo ?. Oppure pensate che l'Uomo sia stato (eventualmente) creato da Dio contemporaneamente o addirittura precedentemente al Cosmo-Natura ?

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E poi liquidare con aria di superiorità le risposte di tipo simbolista o idealista "perché tanto non è così che stanno le cose" sia un atteggiamento un pochino fuori luogo, con chi pensavate di confrontarvi, con gente che davvero, in senso letterale, pensa che il mondo inizi ad esistere contemporaneamente o addirittura posteriormente all'uomo?


Allora fatemi dire in senso pratico e strutturalista che avete sbagliato indirizzo e dovevate andare a chiedere la stessa cosa sul forum dei terrapiattisti o del manicomio, quindi, se invece scrivete e chiedete qui, un po' di serietà, che non si possono smontare interi sistemi filosofici che vedono nella volontà l'essenza del mondo o nel divenire l'evidenza originaria con l'esempio dei due pettirossi o pensare che la cultura non meglio definita sia l'unica differenza tra animale ed uomo. Cos'è cultura? Introversione degli istinti e quindi della volontà di potenza? Precocità nel passaggio da un ambiente intrauterino a un ambiente cosmico?


Più in generale, se l'uomo è specie il fantastico "mondo di Darwin" ci dovrebbe insegnare che la specie come mera forma fisica e compatibilità sessuale tra due individui è transeunte, dura forse meno di un minuto rispetto alla storia della vita tutta e meno un secondo rispetto alla storia del pianeta che la vita ospita, quindi la specie-che-ha-coscienza, non può non riflettere sulla coscienza come fenomeno potenzialmente interspecifico, o transpecifico, o aspecifico, anche solo nel chiedersi se quelli che verranno -a sostituirci nell'ordine darwiniano e genotipico intendo- erediteranno la coscienza o la perderanno, ma in ogni caso la coscienza, avendo quantomeno il potenziale, di perdurare oltre l'uomo in senso biologico, è campo e facoltà che incidentalmente (oggi) ospita l'umanità, domani, potrebbe ospitare altro, altra specie, altri esseri. Da cui l'idea che la coscienza in qualche strano ma palpabile senso ci preesista e sia attributo del cosmo, del mondo per come è il mondo anche senza di noi, cosa che siamo portati a pensare per analogia quando pensiamo  che essa è molto probabilmente destinata, proprio in senso darwiniano e genetico, a sopravviverci, perché l'oggettività del mondo, il luogo dove scrivere e lasciare traccia, il luogo dei pronipoti e degli antenati, al di là di ogni metafisica della presenza, è, la corrispondenza tra quanto ci preesiste e quanto ci sopravvive.


Dunque Essere la comunità dei coscienti non è la stessa cosa dell'essere la comunità dei somaticamente simili o dei sessualmente compatibili, vi è sempre la possibilità di colui che ha la parola e l'intendimento ma (eppure...) non ha il corpo e la stirpe dell'uomo: l'angelo, il demone, la logica come automazione pratica del pensiero e del linguaggio, l'intelligenza artificiale, l'animò Deridiano nel senso di ani-parola, l'animale-parola, l'epi-grafia come percorso divergente e archeologicamente conoscibile di irriducibilità alla parola proprio della scrittura insito nell'avventura umana e non solo; insomma, il modo in cui la comunità (aperta) dei coscienti corrisponde imperfettamente e con continui spiragli di luce e ombra alla comunità (chiusa) della specie è, secondo me, la cultura, il motivo per cui la specie umana non è solo identificata in se stessa, identificata nella specie in quanto specie.


Se alcune scoperte scientifiche hanno distrutto il mito che la comunità dei coscienti possa essere stata prima, rispetto a noi (anche se in un certo senso il neanderthal fu, una comunità di esseri coscienti che ci precedette) sempre più la scienza alimenta il mito che una qualche forma di comunità dei coscienti ci sopravviverà in qualche forma, ma il punto fondamentale è che coscienza non è (necessariamente) specie, tanto meno questa, particolare, specie, e se coscienza non è specie, la domanda se l'uomo preceda o no il cosmo non è completamente folle se con uomo si intende spirito, coscienza, progetto dell'uomo, perché se invece si intende specie, uomo biologico, l'assurdità della domanda e la banalità della risposta emergono da sole, per questo dicevo non si può fare una domanda del genere e poi liquidare le risposte idealiste o metafisiche con chissà quale episteme presunta scientifica che siccome ci sono i fossili la risposta è ovvia, non è questo un corretto ragionare, ne un corretto argomentare.
#2898
Tematiche Filosofiche / Il mondo privo dell'uomo
23 Marzo 2021, 14:41:31 PM
Poi quasi tutti i filosofi, anche moderni, hanno provato a spiegare la differenza tra uomo e animale, anche Nietzche, Bergson, poi per Schopenahuer, questo sinceramente pensavo che lo sapessero tutti, la volontà non è una cosa positiva o buona, quindi essere all'apice della volontà, o meglio dell'autocoscienza della volontà, di per sé non ha nulla di buono, se non il fatto che anche la meditazione filosofica o in generale esistenziale della volontà, che può avvenire solo nell'uomo, è inclusa (e quindi in un certo senso sistemicamente necessaria) nel processo di individuazione e autoriflessione della volontà e può essere un primo passo per estinguerla, quindi per l'implosione/inversione di questo processo: la superiorità in senso esistenziale non è propria dell'uomo, ma dell'ascesi come negazione dell'uomo, e non ci vuole molto a capire quanto infima possa essere la minoranza di uomini che a partire dalla generica e genericamente umana consapevolezza del volere possa passare al desiderio di un percorso di ascesi.


Quindi l'uomo è complesso, l'insieme uomo-mondo non è ancora più complesso, ma è la realtà stessa dell'uomo e del mondo che nel prendere isolatamente questi estremi semplicemente non sarebbe comprensibile, la fine della volontà è la fine dell'insieme uomo-mondo, ma la fine della volontà non è il fine della volontà, tutt'altro, quindi ci vorrebbe per l'uomo una liberazione resiliente e al limite dell'impossibile: se il mondo esiste ancora, nessuno degli uomini ha raggiunto un grado di ascesi perfetta, altrimenti la fine del suo sogno, sarebbe stata la fine del sogno di tutti, perché la volontà agente nei viventi è una, anche se non sa di esserlo, quindi tutto è uno, rispetto all'avere o non avere un mondo da abitare e in cui illudersi di esistere singolarmente o no, tutto ha un destino unico.
#2899
Tematiche Filosofiche / Il mondo privo dell'uomo
23 Marzo 2021, 13:58:47 PM
Citazione di: viator il 23 Marzo 2021, 13:45:17 PM
Salve niko. Citando ciò che tu - mi pare - abbia citato da Schopenauer : "..........perché l'uomo è un modo particolare di essere e di organizzarsi della volontà, e apicale, il più complesso; la volontà impone il principio di individuazione in tutti i viventi, e l'uomo, con le sue facoltà intellettive e morali, è l'apice del principio di individuazione; più si sa di volere, più si è individui e individualisti..........."

Ma che stranezza ! E non è la prima volta che mi capita ! Le parole di qualcuno (un umano) il quale, narrando di sè stesso e dei propri simili, scopre di essere "il più complesso", "l'apice", "er mejo der mondo", "l'unica intelligenza"..............Ma cosa cacchio ne sapeva Schopenauer o chiunque altro di chi o cosa sia il più complesso !! Se l'uomo è incluso in qualcosa, l'insieme racchiudente l'uomo+il qualcosa non potrà che risultare più complesso dell'uomo da solo....ma quali cretinerie dobbiamo leggere da parte di arcifamosi dotti (Qualsiasi filososofo e studioso va rispettato per la serietà e l'impegno soggettivo profusi nelle proprie opere, ma di fronte alla logica NESSUN MONUMENTO CULTURALE è sacro !!).Ma qui siamo di fronte alla più infantile autocelebrazione del genere umano ! Narciso il quale, a furia di bearsi della propria immagine riflessa nella pozzanghera, si china fino a cadervi dentro ! Saluti.


In realtà non ho citato niente, ho cercato di fare un discorso con parole mie, appunto avendo letto qualcosa del famoso filosofo.
#2900
Tematiche Filosofiche / Il mondo privo dell'uomo
23 Marzo 2021, 12:44:39 PM
Citazione di: Kobayashi il 23 Marzo 2021, 08:13:34 AM

Ragionando nell'ottica di Schopenhauer, se il mondo così come lo conosciamo è una nostra rappresentazione determinata dalle strutture specifiche dell'intelletto umano, una volta estinto l'uomo viene meno anche il mondo.
Non nel senso che ciò che c'è di materiale, di solido, finisce per scomparire, ma quel tipo di visione prodotta dall'intelletto umano si perde per sempre.
Rimarranno le rappresentazioni delle altre creature viventi, degli altri soggetti conoscitivi; rimarrà il mondo dei lombrichi per esempio, la rappresentazione che i lombrichi, nella loro esplorazione del mondo, si costruiscono tramite il loro specifico sistema nervoso.
Ma questo non significa (ed è l'errore di Alexander), che il soggetto conoscente e l'oggetto conosciuto debbano essere simultanei. Sono sì parte integrante ed essenziale della rappresentazione (sono un tutt'uno nella rappresentazione), ma il soggetto conoscitivo tramite segni (oggetti immediati) può costruire giudizi su oggetti mediati, anche infinitamente lontani nel tempo e nello spazio.
Nel giudizio "un milione di anni fa non esisteva l'uomo" abbiamo un soggetto conoscitivo esistente nel presente, e un oggetto conosciuto (il giudizio sull'assenza dell'uomo) che deriva da una catena di argomenti che parte da oggetti mediati da geologia e storia della biologia, cioè da quell'insieme di prove da cui si parte per un ragionamento scientifico.
Dunque non c'è alcuna contraddizione.




Scusate il fuori tema e la pignoleria, Faccio un piccolo appunto da persona che non ha letto l'intera mole degli scritti di Schopenhauer ma che ha letto e meditato il mondo e la quadruplice ragione, magari poi qualcuno mi potrà smentire, ma secondo me è così:


Per Schopenhauer il mondo come rappresentazione potrebbe in linea di principio fare benissimo a meno dell'uomo, il mondo come volontà direi proprio di no, perché l'uomo è un modo particolare di essere e di organizzarsi della volontà, e apicale, il più complesso; la volontà impone il principio di individuazione in tutti i viventi, e l'uomo, con le sue facoltà intellettive e morali, è l'apice del principio di individuazione; più si sa di volere, più si è individui e individualisti, e questo è appunto il caso (sommamente sfortunato, sebbene vanamente inorgoglito) dell'uomo, ma per esserlo di più, individuati ed individualisti, bisogna esserlo in un sistema conchiuso rispetto a qualcosa che lo sia meno; ad esempio negli oggetti inanimati come i sassi eccetera, la volontà sembra finire e terminare, anche se gli oggetti inanimati esistono solo come negativo e mancanza della volontà, buchi neri nell'universo della volontà, e come resistenza al campo d'azione possibile della volontà che fa conoscere principalmente alla volontà se stessa, come incompiuta e sofferente, e, solo di riflesso nel mondo come rappresentazione, l'oggetto inanimato come conoscenza "pura" o "disinteressa".

Insomma il vivente è più individuato rispetto all'oggetto, e l'uomo è ancora più individuato, rispetto allo stato tipico degli altri viventi; ora, siccome è intrinseco che la volontà arrivi a tal punto (la volontà è unitaria e i suoi stati intermedi trovano completamento in quello supremo e viceversa) se l'uomo sparisse, penso che sarebbe sostituito da un'entità corporea simile che ne farebbe le veci, ma non potrebbe sparire in generale come funzione che svolge al servizio della la volontà e dunque di auto complicazione, entificazione e nominazione dell'universo, insomma credo che possa sparire l'uomo come specie, non possono sparire la morale e l'intelletto come funzioni e facoltà (che attualmente sappiamo essere) umane, nell'universo di Schopenahuer.

Il mondo preumano se pure esistente, non è nel tempo, perché la volontà si temporalizza solo col suo essere -o divenire- autocosciente, e quindi solo con l'uomo. Se veniamo da qualcosa, veniamo da un sogno senza causa e senza tempo, siamo noi, in quanto soggetti, a introdurre, con la nostra "venuta" al mondo, la causa e il tempo.

Il corpo umano, come tutti gli altri animali ed oggetti, è riducibile all'insieme dei suo nessi causali con altri oggetti, anche passati o futuri, è nodo in una rete di cause e insieme di nodi causali esso stesso, e non esisterebbe al di fuori dall'interdipendenza di tutto con tutto. Ma questo corpo proietta anche, su uno sfondo nullo o su un mondo "a parte", la coscienza e il sapersi vivi degli uomini, nella loro assenza di libertà o, che è lo stesso, nelle loro illusioni di libertà; proiezione o visione che segue nel suo determinarsi particolare gli automatismi della volontà e che quindi è, proprio a giudizio e agli occhi del soggetto, che non può decidere di volere e se volere, l'effettuale puro, che riconduce ad una causa unica e non a un nodo infinito di cause: la volontà, che vive non solo nel corpo, ma in tutto il resto del mondo, e li produce come oggettivazioni e come effetti.
#2901
Tematiche Filosofiche / Il mondo privo dell'uomo
22 Marzo 2021, 22:09:08 PM
Ovviamente in senso materiale la risposta è sì, esisteva il mondo prima dell'uomo.


Poi se vuoi una risposta mistica o teologica in estrema sintesi dalla tradizione biblica o evangelica, il verbo/Figlio è coeterno a Dio padre, quindi l'anima o la forma di almeno un uomo, -ma che poi li rappresenta tutti, un solo uomo per corrispondenza a un solo Dio-, Gesù, non è in nessun senso creata, quindi al di là del senso letterale che sappiamo tutti di Dio che crea il mondo in sette giorni, a un certo punto fa l'uomo, poi la donna eccetera


c'è un senso più profondo in cui creazione del mondo e creazione dell'uomo sono contemporanee e sono la stessa cosa, l'uomo è l'unico inconcusso oggetto di creazione che trascendendo la realtà del mondo (mondo che in questo senso è un po' la conseguenza del peccato) ha in sé il potenziale di concluderla/esaurirla,

e un senso ancora più profondo in cui l'uomo è esso stesso creatore, insomma il punto principale è che l'uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, e tra immagine e oggetto che proietta l'immagine, ad esempio un uccello che passa nel cielo e la sua immagine che si riflette sull'acqua, ci può essere un rapporto asimmetrico di maggiore o minore contenuto di potenza o verità, ma non c'è mai differimento temporale, l'immagine passa esattamente nello stesso momento in cui passa l'uccello, quindi se uno dei due termini è eterno, si da coeternità dell'altro, e l'unico modo di somigliare a ciò che non ha forma e non ha corpo, l'unico modo di essere immagine dell'incorporeo, è somigliarvi intellettivamente e intellettualmente, insomma il concetto delle intelligenze che emanano l'una dall'altra e il pensare come attività divina e quindi eterna.

L'immagine in generale non è oggetto di creazione, ma di generazione, non ci vuole volontarietà, o dispendio di energia, o scelta, o intervallo temporale, per crearla, è invece segno del modo in cui qualcosa che è di per sé inesteso (concetto, nome) o indefinitamente esteso (natura, spazio infinito), si dispone limitatamente nello spazio, quindi l'uomo, così come il creato è un'auto limitazione di Dio che non ne perde l'essenza fondamentale cioè lo spirito/ragione.
#2902
Dico solo un fatto curioso che non molti sanno sulla reincarnazione: allo stato attuale "reggono", teoricamente, solo l'ipotesi che ogni uomo riceva un'anima reincarnata o dagli altri uomini o dagli animali, o si reincarni, in altri uomini o animali, oppure l'ipotesi che ogni uomo riceva un'anima da uomini terrestri e da alieni, o si reincarni, in uomini terrestri o in alieni: l'ipotesi più semplice, cioè che ogni uomo terrestre riceve un'anima da un altro uomo terrestre è scientificamente falsificata, perché si può fare il conto con un po' di matematica, storia, demografia e paleontologia e vedere che i conti non tornano, la popolazione umana terrestre ha avuto dinamiche di cambiamento tali per cui a ogni singolo vivo non è matematicamente quasi mai potuta corrispondere l'anima di un singolo morto, dovrebbero esserci stati vivi senza anima o morti non reincarnati.


Quindi quelli che sognano di avere ricordi da vite precedenti, a volte dovrebbero vedere il mondo con gli occhi e la diversa coscienza di un animale non umano o di un alieno di qualche strano pianeta, e questo, chissà perché, non accade mai...


Insomma è quello che ha detto viator con il suo termine "coscenzificio", alla fine, nel conto, come problema che falsifica la teoria della reincarnazione, ci sono dei vivi senza anima, non dei morti non reincarnati, questo ovviamente se si prende come campione solo l'umanità terrestre.
#2903
Faccio ancora qualche considerazione sul solipsismo, e su come secondo me questo modo "bizzarro" e "difficile da dimostrare" di mettere le cose sia valido o non sia valido ad esprimere la realtà e la condizione della coscienza, per quello che essa è secondo me:


Io penso che il mondo riflesso nella coscienza sia parte (infinitesimale) del mondo "reale", insomma il film che si vede scorrere nella coscienza è reale, ma reale come infinitesimo di una realtà più grande, non come totalità.


Non c'è un rapporto di duplicazione, tra il mondo reale e il mondo che appare nella coscienza, se non come tracciamento di un confine prospettico irreale che ricade su di un mondo reale, il mondo che sta nella coscienza è il mondo vero, solo che ne è una parte, il che vuol dire che esistono enti che esistono solo come confine e relazione tra altri enti, e la coscienza è tra questi. Non so come dirlo meglio, in estrema sintesi, l'unica funzione della coscienza è definire quale parte del mondo sia inclusa nella coscienza stessa e quale no, quindi il mio è un solipsismo, ma un solipsismo compositivo del mondo, che può ben esistere sia insieme a parti differenti del mondo non incluse in nessun solipsismo, che insieme ad altri solipsismi (ad esempio quelli "proiettati" dagli altri viventi), quindi è un puro psismo, senza il soli.
Proprio perché la coscienza ha il potere di riferirsi alla realtà non è altro dalla realtà, è contenuto mondano.


Ovviamente la metafora che faccio è un insieme di disegni più piccoli che si possono creare apponendo forme vuote, ad esempio cornici, su un disegni più grande, ma come sia incluso in tutto ciò l'impressione del tempo e del movimento non me lo immagino molto bene, la metafora più semplice è che nella misura in cui alterniamo conoscenza e oblio, conosciamo alcune cose e ne dis-conosciamo altre, è come se la cornice si stesse muovendo, includendo un disegno dinamico, che perde parti e ne guadagna altri. E' come se in un mondo immobile, solo ciò che è puramente immateriale e relazionale potesse muoversi, includendo ed escludendo le realtà del mondo immobile.


Sicuramente ciò che si può conoscere in una vita è immenso rispetto a ciò che si può conoscere in un attimo, ma ciò che si può conoscere in una vita è minuscolo rispetto a ciò che realmente sta nel mondo, nella misura in cui tali configurazioni si ripetono, i singoli viventi non credo siano unici, quindi secondo me il solipsismo che mi rappresenta, non è soli, se io potessi allargare arbitrariamente lo sguardo e il mio vissuto possibile sull'immenso mondo, neanche rispetto all'inclusione di se stesso in se stesso, oltre a non esserlo rispetto alla relazione col mondo.



#2904
Tematiche Filosofiche / Democrazia e Nichilismo
14 Marzo 2021, 15:22:52 PM
Io penso sempre che la democrazia, nelle sue forme storiche, nel bene e nel male è sempre stata solo una democrazia d'elite, una democrazia delle elite: se la seguiamo un po' nel suo percorso storico reale, comincia come la democrazia assembleare dei maschi autoctoni proprietari di schiavi e di mogli in condizione di servitù, con assoluta esclusione appunto degli schiavi, delle donne e degli stranieri non assimilati.


Il modello di perfezione della società che nella democrazia antica si persegue, direi l'areté come perfezione e virtù, ha per base, di riflesso, un grado minimo di perfezione richiesto ai membri stessi dell'assemblea per essere tali, che sono emancipati dal lavoro manuale e di sopravvivenza, perché un certo numero di inferiori, appunto donne, schiavi e stranieri, svolgono il lavoro manuale e di sopravvivenza anche per loro: in generale, è l'uomo emancipato dal lavoro, tendenzialmente grazie allo sfruttamento del lavoro servile di un altro uomo, che può occuparsi dei quattro punti fondamentali intorno a cui direi si struttura nucleo etico e valoriale di tutto l'occidente antico, quanto meno pre-medioevale, nel valutare come degno, o buono, uno stile di vita umano rispetto a un altro: quattro punti che elencherei come: guerra/atletica (come professione, pensiamo agli spartani, o agli atleti olimpici antichi), filosofia/religione, arte, e, ultima ma non meno importante, politica come professione (cursus honorum tutto il pensiero antico sul buon governo).


Ricapitolando quindi, solo chi ha la tavola imbandita può fare il guerriero di lavoro, solo chi ha la tavola imbandita può fare l'artista di lavoro, solo chi ha la tavola imbandita può fare il "filosofo", nel senso antico del termine, di lavoro (filosofia che, vale la pena di ricordarlo, nel mondo antico era un esercizio spirituale per la felicità e dunque una condizione di vita totalizzante, non una questione accademica o al limite dilettantesca come è adesso), solo chi ha la tavola imbandita può fare politica di lavoro, e anzi gli antichi avevano già ben capito che più un politico è già ricco di suo, meno è tentato di farsi corrompere e quindi di danneggiare il bene pubblico per il suo bene privato. Ma i valori del guerriero, del buon governate, del filosofo/sacerdote e dell'artista, sono, i valori dell'uomo antico civilizzato, non esiste un riconoscimento etico del lavoro manuale se non come premessa a tutto il resto, quindi il rapporto tra ideologia e realtà nel mondo antico è col senno di poi più facilmente leggibile: una assemblea elitaria ritiene di funzionare secondo valori elitari, che i membri dell'assemblea sanno essere tali. Tale assemblea è l'unione degli uomini liberi che sanno di essersi resi tali grazie all'asservimento degli altri, l'attività del loro "spirito", corrisponde in gran parte ad una cessazione effettivamente reale della loro manualità (da un punto di vista prettamente manuale non fanno niente tutto il giorno), e a un abbassamento del livello di urgenza dei loro istinti e bisogni elementari, fame, sonno, riparo eccetera.
Il valore del dialogo come modo per garantire la pace, si comprende abbastanza bene in questo contesto: vi può essere un'alternanza di potere tra fazioni nell'assemblea e quindi nel governo della città, ma nessun membro dell'assemblea ha interesse a che il meccanismo assembleare sia definitivamente sovvertito, quindi, mentre i primi filosofi denunciavano le fallacie logiche e la condizione di vita mercenaria dei sofisti, i sofisti, che non erano degli scemi, già teorizzavano che il risolvere i conflitti tra gli uomini con la parola è una soluzione imperfetta, ma un male ben maggiore sarebbe prescindere completamente dalla parola, e risolverli con la pura forza. Il caos totale, in cui potrebbe dissolversi l'assemblea e dunque la stessa città se non si accettasse il dialogo come mezzo supremo di risoluzione dei conflitti, metterebbe in dubbio il diritto dell'uomo proprietario di schiavi ad essere mantenuto e non fare niente per occuparsi di cose "spirituali" tutto il tempo, e questo nessuno, degli uomini mantenuti, che si radunano in assemblea, lo vuole: da questo punto di vista, i sofisti e i primi filosofi sembrano più che altro in conflitto su quale e quanto, grado minimo di caos, in una comunicazione finalizzata alla persuasione intendo, sia accettabile.


Ma veniamo all'oggetto dell'argomento, alle democrazie moderne: le democrazie moderne sono, in parte, elitarie quasi come quelle antiche, nel senso che possono esistere perché un sistema-mondo, coloniale prima e neocoloniale poi, le fa esistere: il mondo non sarà mai tutto costituito da paesi democratici per come è allo stato attuale, perché alcune forme di dittature fanno in modo che stati oggetto di saccheggio e depredazione di materie prime rimangano tali, altre fanno in modo che il costo del lavoro in certi stati dove gli stati ricchi  "delocalizzano" rimanga basso, ci sono troppi interessi in gioco, e insomma il diffondersi della democrazia non dipende dallo spirito democratico, ma dall'assetto economico e geopolitico del mondo.


Però l'insieme dei votanti non è solo un'elite improduttiva, c'è un'integrazione di chi svolge lavoro manuale in quanto operaio, o impresa così piccola da prevedere il lavoro manuale del proprietario (esercenti, artigiani eccetera), e c'è quindi un'integrazione dell'etica del lavoro nelle ideologie delle moderne democrazie.


Nonché dell'etica della scienza, della tecnologia eccetera. La questione è che gli eletti sono tutti fancazzisti, ma gli elettori non lo sono, e questa è la grande differenza ideologica, di autorappresentazione, tra democrazie antiche e moderne: il discorso sul lavoro ci deve stare nella propaganda e anche nelle costituzioni, perché l'elettore deve avere quanto meno l'illusione, di votare qualcuno che rappresenti i suoi interessi: è anche per questo che valori filosofici, militareschi, o estetici, sono stati spazzati via da un discorso sulla solidarietà, sulla produttività, sulla tecnoscienza: i lavoratori non sono più dei disabili mentali a cui la miglior cosa che possa capitare è essere governati da un governante abile, un buon tutore per un tipo umano che non saprà mai trovare il bene in se stesso ma saprà al limite, con massimo sforzo, obbedire formalmente a morali esterne, come li vedeva per esempio Platone nella Repubblica, ora, ai giorni nostri, la democrazia ha assunto in sé l'aspetto cristianeggiante socialista del discorso, pretende di essere l'autogoverno di tutti e quindi anche dei lavoratori, e tutto si complica di conseguenza.
Però la falsificazione in senso popperiano del discorso cristiano-socialista applicato alla democrazia, la falsificazione dell'etica democratica del lavoro è immediata ed evidente agli occhi di tutti secondo me: se davvero le esigenze dei lavoratori fossero integrate nella democrazia, dato che il lavoratori sono di più degli improduttivi, possono formare stabilmente maggioranza e i loro partiti dovrebbero essere per definizione i più forti, la democrazia stessa non esisterebbe o esisterebbe in forma transitoria per diventare comunismo, dittatura del proletariato: se così non avviene, e così non avviene, perché la democrazia è una forma stabile, c'è qualcosa che non va nell'integrazione reale degli interessi del lavoro nella democrazia, e il discorso sull'etica del lavoro e sul progresso garantito dalla scienza e dalla tecnica è in gran parte falso, ideologico, perfino quello sulla solidarietà lo è, perché la solidarietà dovrebbe prevedere, un certo prevalere degli interessi della maggioranza su quelli dell'infima minoranza, evidentemente qualcosa neutralizza il "naturale" funzionamento della democrazia, e i moderni schiavi votano per i moderni padroni di schiavi e il sistema schiavistico si rinnova, cioè il fancazzismo degli eletti, in termini di potere e rapporto di forza, conta di più e plasma la forma di vita di più, della probabile e frequente vita lavorativa manuale e orientata alla sopravvivenza degli elettori.


Io direi che il pensiero democratico ha preso la strada sbagliata, ovvero a partire da un sogno in cui le macchine e l'intelletto generale, il sapere come potere, nelle democrazie moderne avrebbero avuto l'esatta funzione, sia pure a mutate condizioni, degli schiavi e delle donne nelle democrazie antiche, cioè avrebbero emancipato l'uomo dal lavoro manuale per orientarlo, in fondo, agli stessi quattro grandi valori dell'elite antichi "democratici": guerra, auspicabilmente sublimata dallo sport e dal perfezionamento fisico, (cosa che in fondo si rende necessaria perché le armi potenziate dalla tecnica stessa in tempi moderni arrivano a un livello di distruttività per cui la guerra in senso stretto è impossibile, o almeno è impossibile volerla, se si preme il bottone, finisce l'umanità, quindi si può supporre che a umanità esistente, il bottone non sia stato premuto), filosofia come perfezionamento spirituale dell'uomo data la conoscenza e l'accettazione delle condizioni della realtà, arte, e politica nel senso del buon governo: in questo primo modo di porre le cose, viene riconosciuta la durezza e il disvalore del lavoro manuale, e le macchine, la scienza, i valori recenti dell'occidente, sostituiscono gli schiavi e le donne, gli stranieri non integrati, gli inferiori in generale,  nell'essere l'elemento non valorizzato e oggettificato che mantiene e rende possibili tutti gli altri, in vista della possibilità di un'assemblea davvero universale, e quindi di una democrazia, davvero universale; l'oggettificazione delle macchine per la prima volta nella storia avrebbe potuto essere sfruttamento senza violenza, perché corrispondente alla realtà; le macchine sono, effettivamente oggetto, e come tale possono essere inserite al grado più basso nella scala di valori della società senza che questo comporti sofferenza inflitta a un essere cosciente, senza che questo comporti struttura di classe/casta e quindi, in linea generale, violenza. Quando le macchine li sostituiscono, gli esseri umani finora in condizione di debolezza, vengono lanciati verso la loro libertà, sostituiti in un modo a loro favorevole, espulsi dalla loro stessa sopravvenuta obsolescenza, ma verso una condizione migliore, di parità con gli altri uomini.


Un mondo libero può essere immaginato come un mondo in cui a tutti è possibile fare filosofia o buon governo nel senso profondo e totalizzante che gli antichi davano a questi termini, o fare arte, o essere sacerdoti e uomini sacri o donne sacre in un contesto politeista, insomma liberati dal lavoro dalle macchine e dalla conoscenza, avremmo potuto perseguire una perfezione, un auto perfezionamento, basato sulla virtù sia come possibilità di felicità che come forma riconoscibile dell'essere-umano, simile a quella che gli antichi perseguivano in quanto liberati dal lavoro attraverso lo sfruttamento dell'energia manuale dell'uomo. Lavorare magari due ore al giorno eccetera. Usando con più saggezza le nostre risorse, avremmo potuto fare le stesse cose che faceva l'elitie "democratica" degli antichi in condizioni diverse, inseguire i loro stessi valori in condizioni diverse. L'uomo vitruviano di Leonardo applicato ad ogni uomo, ogni uomo che diviene così.


Invece la modernità e la storia del mondo è andata in senso opposto, nel senso dell'integrazione del lavoro manuale e macchinico nella categoria dell'eccellenza, o quanto meno del riconoscimento sociale e giuridico dovuto e garantito.
Visto che si rinuncia al sogno, e si ammette che i subordinati e gli ultimi sono destinati a restare tali per un tempo indefinito/infinito, il sistema si abbassa a dare il contentino, le briciole, e ormai sempre più nemmeno quelle, per rappresentare le loro istanze. Ecco la linea di tendenza in cui si iscrive il fordismo il welfare state, tutto il discorso, sui diritti umani prima, e sul politicamente corretto poi. Quello che rende (rendeva) umane, sopportabili, le nostre democrazie.


E questo davvero ha posto una distanza assoluta, un essere su due piani diversi, tra noi e loro, tra la democrazia antica e quella moderna.


Areté, virtù, non è più un qualcosa che comincia contemplando il mondo con lo stomaco pieno e il contesto di ozio e agio che può avere chi è oltre la lotta per la sopravvivenza, è qualcosa che può valere per tutto e per tutti, in un universalismo che si pretende contro ogni evidenza già realizzato: perfino per macchine e animali umanizzati comincia a valere, nel pensiero contemporaneo, il concetto di virtù (da paperino alle intelligenze artificiali). A partire da qualsiasi posizione, si può parlare del bene e definire una forma.


L'essere poveracci, l'essere incatenati al lavoro, l'essere in condizioni di lotta per la sopravvivenza, dall'essere il problema di cui ci si doveva liberare nelle utopie della prima modernità, quelle progressiste, ha assunto dignità, e quindi, inevitabilmente, stabilità, pretesa di eternità, nelle utopie contemporanee, socialiste e totalitarie, neoliberismo compreso direi, per riprendere un po' quella distinzione tra utopie moderne e contemporanee di cui parlava Cacciari, in un recente video che è stato commentato sul sito. E se un certo tipo umano acquisisce dignità, i suoi oggetti più prossimi acquisiscono dignità, i suoi animali più prossimi acquisiscono dignità, inevitabilmente, diviene una questione di ambiente umano, di seconda natura, di ecosistema.


E dunque, come dicevo prima, non solo i poveracci hanno acquisito dignità, persino le macchine di per se stesse, le conoscenze di per se stesse.


Il discorso sul lavoro, il discorso sull'integrazione di chi non può, a prescindere dal volere, fare una vita spirituale e speculativa perché vincolato dalla necessità, comincia a entrare nell'ideologia della contemporaneità non come discorso provvisorio, ma come permanente, perdendo così ogni senso: se la democrazia universale sarà prima o poi realizzata, che senso ha fare dell'integrazione un valore? Se saremo emancipati dal lavoro, che senso ha fare del lavoro un valore? Se saremo emancipati dagli istinti, che senso ha fare degli istinti un valore?


Io non sono qui a dire se questa integrazione delle lotta per la sopravvivenza e del lavoro domestico, riproduttivo, manuale, biologico e chi più ne ha più ne metta, nella possibilità di felicità per come modernamente, e democraticamente, concepita, sia o no un bene. Non sono qui a dire se questa integrazione delle macchine e dei subordinati più o meno disperati nel discorso, e nel discorso che regge le nostre democrazie, nelle nostre costituzioni ad esempio, sia o no un bene.

Mi sento però di dire che tale integrazione non è reale, non è vera. Ad esempio se i lavoratori fossero al potere, sia pure nei limiti della democrazia, eleggerebbero rappresentati che farebbero i loro interessi. Se le donne fossero realmente al potere molti dei loro problemi e discriminazioni, tipo i femminicidi, non avverrebbero. Se i rappresentanti degli interessi degli animali fossero al potere, gli animali non sarebbero trattati come sono trattati.

Quindi, dovendo descrivere il presente, è l'improduttività degli eletti che catalizza il potere e la forma del mondo, non la presunta produttività degli elettori. Anche e soprattutto rispetto al discorso sulla democrazia. I politici sono un'assemblea di elite che prima di ogni identificazione ideologica è identificata dall'avere qualcuno che lavora e produce beni anche per loro, e il centro delle loro priorità è, e sarà sempre, mantenersi tali.













#2905
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
09 Marzo 2021, 18:47:00 PM
Citazione di: Jacopus il 09 Marzo 2021, 18:32:51 PM
Ripeto quello che ho già scritto. Il Covid 19 ha esaltato ciò che già stava accadendo, ovvero l'accentuazione delle diseguaglianze, non solo nella classica divisione mondo occidentale/terzo mondo, ma anche all'interno dello stesso mondo occidentale. Nessuna ricchezza viene eventualmente creata con la libertà di movimento in questa fase, perchè se attuata comporterebbe semplicemente il crollo del sistema sanitario, con l'impossibilità di curare anche tutto ciò che è extra-Covid. Ma la ricchezza è presente in modo fantastico nel nostro "mondo occidentale" solo che è mal distribuita e una diversa distribuzione non è prevista nella agenda tecnocratica. Esigendo libertà di movimento e di impresa, ingessate dal Covid, paventando complotti e trame da arcana imperii, otteniamo un duplice risultato negativo:
1) non cambiamo il trend negativo economico, specialmente in un paese come il nostro, che è un paese con una alta percentuale di ricchezza proveniente da servizi;
2) non cambiamo la filosofia di fondo del capitalismo, che è fondata sul consumo illimitato di risorse. Se invece si considerassero le risorse "finite" come effettivamente sono, si inizierebbe a pensare ad una loro più equa redistribuzione, magari pensando di privilegiare la sanità. Ma queste sono opzioni politiche e la politica è scomparsa per essere sostituita da semplici esecutori tecnici che fanno in modo che la macchina proceda senza che ci si ponga tante domande sull'origine della ricchezza e sulla sua disuguaglianza.


Il sistema sanitario non è una cosa intangibile, iscritta nella roccia, immodificabile, in tempi di pandemia può (deve!) essere ampliato e potenziato per permettere alla gente di circolare e avere libertà non ostante tutto, invece si è scelto di non potenziare, o potenziare poco e niente il sistema sanitario in termini strettamente di posti, strutture e personale, e perseguire solo una linea di contenimento, o al limite di contenimento più vaccini, e questa è una scelta politica.


Poi che accettare di perdere la libertà di riunione e di circolazione, libertà fondamentali alla democrazia e alla felicità individuale e di gruppo, sia una "preziosa" occasione di riflettere sulla limitatezza delle risorse in questa fase storica, me lo sarei risparmiato volentieri, le persone ragionevoli lo sanno già, che le risorse sono limitate intendo, non ci vuole un cataclisma "salvifico" ad aprire loro gli occhi, quelle irragionevoli, penso che tanto non lo capiranno mai...



#2906
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
09 Marzo 2021, 16:53:05 PM
Citazione di: baylham il 09 Marzo 2021, 15:04:36 PM
Citazione di: niko il 09 Marzo 2021, 13:09:07 PM

Che per contenere un virus si possa rinunciare alla libertà di riunione, circolazione e in parte di associazione per un anno, sospendendo di fatto l'assetto costituzionale e liberale dello stato e generando immensa povertà, è molto più difficile da sostenere.



Non vedo dove stia la difficoltà, è ovvio che se si vuole contenere un virus si deve separare la popolazione e limitare la libertà, è una semplice relazione inversa.
Tu invece vuoi l'impossibile, contenere il virus e riunire la popolazione senza limitare la libertà.


I negazionisti semplicemente negano il virus.




Il problema è il calcolo costi benefici, separare la popolazione e limitarne la libertà a tempo indefinito alla lunga produce, per gli individui coscienti compositivi di tale popolazione una vita indegna di essere vissuta, una vita da vivere sotto una campana di vetro di protezione non richiesta e quindi annichilente e persecutoria (anche per la povertà in cui vengono precipitate persone che fino a un anno prima erano lavoratori o ceto medio ed erano nell'orizzonte psicologico ed esistenziale di essere tali, in un mondo come il nostro non avere reddito significa non avere futuro, e non poter mantenere i legami minimi che per molti danno senso alla vita, come la famiglia).


Quindi la sopravvivenza vegetativo-biologica indotta di per sé dall'isolamento e dall'igiene non è più un valore per chi non può più vivere dignitosamente, ma un disvalore, un accanimento terapeutico.


Ci sono persone, e non solo malati di covid o medici eroi, che non ci stanno più a "vivere" per fare gli schiavi, per fare le cavie o per non fare nulla dalla mattina alla sera tutto il tempo, la voce di queste persone non può essere zittita con l'etichetta "negazionisti", la stragrande (penso il 90 percento o giù di lì) maggioranza dei cosiddetti negazionisti non nega il virus come realtà materiale, afferma la necessità di rivedere il calcolo costi benefici per cui si segregano gli innocenti in nome della pura sopravvivenza fisica di una quota più o meno numericamente alta della popolazione, pronosticata tale da una pseudo scienza che non ha contradditorio, ne sul metodo ne sul merito...


La surrogazione virtuale dei legami di amicizia, della comune libertà di riunione e associazione, della comune possibilità di svolgere un lavoro per mantenersi o realizzarsi, non può bastare per tutti, esistono, purtroppo o per fortuna, individui che percepiscono ancora la differenza tra una videoconferenza e la realtà, o che fanno -facevano- lavori che non si surrogano su internet.


Tu dici, se si vuole contenere il virus, si deve separare la popolazione, io non ho parlato né di quello che si vuole ne di quello che si deve fare, ma di quello che si può, e così non c'è nessuna relazione inversa, la volontà di quelli che vogliono alcune cose, si scontra con quella di quelli che ne vogliono altre, e non può che risultarne un rapporto di potere, un qualcosa di esistente sul piano di quello che si può, o non si può, fare.
#2907
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
09 Marzo 2021, 15:58:49 PM
Citazione di: Jacopus il 09 Marzo 2021, 13:43:42 PM
Per Niko. Che vi siano aspetti manipolatori da parte di lobbies di potere è certo. I pescecani da guerra escono quando c'è una guerra su cui mangiare. Questa è una guerra particolare ma gli interessi sono alti e i pescecani sono già in cerca delle loro prede. Non credo però ad una dittatura gestita dall'alto con scopi anche piuttosto oscuri. Per quanto riguarda il "generando immensa povertà", a livello globale la contrazione del PIL è stata del 4 per cento. Statisticamente significa che se io guadagnavo 1000 euro, oggi ne guadagno 960. Non mi sembra corretto il termine "immensa". Detto questo credo che il COVID non stia facendo altro che redistribuire in modo ancora più ingiusto la ricchezza, ma questo non dipende dal Covid, ma dagli assetti geoeconomici del mondo attuale. Il Covid è fastidioso proprio per questa sua naturale democrazia, che pone in dubbio tutte le fantasiose creature ideologiche del capitalismo globalizzato, come quella dello sgocciolamento (se i ricchi sono ricchi qualcosa arriverà anche ai poveri, che saranno meno poveri e così via). Il mondo è "terminato" e questo è inaccettabile da una religione come quella "mercatistica" fondata sull'incremento infinito degli indici, dei capitali, degli oggetti da acquistare ed ora, scusata la battuta macabra, dei morti da conteggiare.


Beh penso che avere il comando sui poveri perché continuino a lavorare e consumare in condizioni di povertà e totale ignoranza per mantenere i ricchi, sia più che sufficiente, come scopo, neanche tanto occulto, di una dittatura o di un'oligarchia. Quelli che hanno lo yacht, si devono pur assicurare di continuare ad averlo su tempi lunghi, in qualche modo.


I paesi europei hanno perso in media l'otto, e non il quattro, per cento del pil, perché hanno attuato misure di contenimento più severe, il più basso quattro, viene come risultato mondiale al netto dei paesi che se ne sono infischiati, delle misure di contenimento, magari perché avevano ben altri problemi a cui pensare.


Ovviamente guardo al mio dato locale, quindi l'otto e non il quattro.


Poi siccome come dici anche tu, l'economia nel capitalismo deve sempre crescere, anche stare a più zero, cioè non crescita, è un grave problema, meno otto è un disastro, non è solo la media del pollo per cui qualcuno guadagna pochi euro di meno, è un insieme di effetti deleteri a lungo termine, che più a lungo dura la situazione di emergenza, e quindi di povertà, più sono pericolosi: inflazione, aumento delle tasse, disoccupazione, compressione dei salari, taglio dei servi pubblici, taglio del welfare, eccetera.


L'Euoropa contemporanea con il meno otto per cento del pil, per dire, è proprio il mondo in cui, finita l'emergenza, i disoccupati e gli imprenditori falliti durante l'emergenza proveranno a rifarsi una vita, e non ci riusciranno, date le mutate condizioni economiche, quindi andranno a costituire una riserva di lavoratori o aspiranti tali disperati, pronti ad accettare le peggiori condizioni di esistenza e sfruttamento. Dalla Cina non impariamo e importiamo solo a combattere il virus, purtroppo impariamo e importiamo il modello specificamente dittatoriale e pseudo socialista di gestione sociale e della forma di vita.
#2908
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
09 Marzo 2021, 13:09:07 PM
Citazione di: niko il 08 Marzo 2021, 12:55:35 PM
rinunciare a un aperitivo per un anno è sospensione della libertà di riunione e di circolazione in un paese, e quindi dittatura in quel paese.
Quindi l'argomento vero: sospensione della libertà di riunione e circolazione nel paese perdurante da un anno; viene ridotto all'argomento falso: aperitivo.
Intervento di InVerno: Anzichè quotare il post di Niko, lo ho erroneamente in parte cancellato (è rimasta solo la parte che volevo quotare), non so come sia successo, mi sono confuso, se non si potrà tornare alla situazione precedente mi scuso davvero molto con Niko.
#2909
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
08 Marzo 2021, 13:29:44 PM
Citazione di: baylham il 08 Marzo 2021, 12:16:27 PM
Citazione di: niko il 07 Marzo 2021, 01:07:53 AM

E noi, da bravo popolo bue abbiamo fatto la nostra parte, siamo riamasti a casa, con inni dai balconi e strombazzamenti vari.
Poi a novembre ricomincia l' "emergenza" insomma questa storia "emerge" ancora. Ancora la motivazione per la privazione della libertà è l'intasamento (termine sempre idraulico) degli ospedali.
Ora, non so se qualcuno ha idea di quanto, in soldi, in euro, sia costata la gestione di questa pandemia, chiudendo tutto, dando ristori alle imprese, sussidi a chi rischiava la fame, azzerando l'intrattenimento, il turismo, l'immobiliare, buona parte dell'istruzione. Miliardi e miliardi e miliardi andati in fumo o dirottati da un uso produttivo a un uso meramente speculativo o parassitario. Gestione basata sulle chiusure, sulla negazione della libertà che genera stress problemi psicosomatici e altre malattie, e sul mantenimento assistenziale, welferistico eccetera, (contro la loro volontà!) di lavoratori e piccoli imprenditori disperati.


E' un'ordine di grandezza di ricchezza persa che si misura in miliardi di euro, generazione di debito pubblico, dissesto finanziario a livello nazionale ed europeo eccetera. E il problema, secondo la grancassa ideologica del regime è che si intasano gli ospedali. State a casa, ci dicono perché si intasano gli ospedali. A novembre, come a marzo, come a febbraio, come sempre. E' un mantra.
Gli ospedali si intasano, sempre.

Ora, mi chiedo io, con un decimo dei soldi, dei quattrini sonanti, ma anche delle energie lavorative, delle conoscenze, della forza lavoro che questi geni di politici tecnocrati hanno buttato, hanno letteralmente mandato in fumo, per affossare intenzionalmente il mio paese e far regredire di duecento anni la mia civiltà (politica delle chiusure e del creare milioni di nuovi poveri, sfamati con le briciole di un welfare che alla lunga non reggerà), quanti ospedali, si sarebbero potuti costruire?


Invece di pagare miliardi di ristori, costruiamo gli ospedali. Invece di affossare la mobilità con danni per miliardi, costruiamo gli ospedali. Invece di creare un debito che dovremo pagare per decenni tra tasse e inflazione, costruiamo gli ospedali. Invece di distruggere le imprese e i posti di lavoro, costruiamo gli ospedali.



E' ovvio che non ci sono gli ospedali, le apparecchiature, i medici, gli infermieri, le cure: per averli bisogna investire risorse e soprattutto il tempo necessario per costruire gli ospedali, le apparecchiature, per formare i medici, gli infermieri, per trovare le cure. Proprio perché non ci sono devi trovare alternative. Si chiama economia.
Inoltre anche se ci fossero non sono risolutivi per salvare tutte le vite umane.
Capisco che per te la vita di un anziano non vale niente, ma per l'anziano e per chi vuole bene all'anziano vale tutto.


Per quanto riguarda la dittatura, è ovvio che siamo in una dittatura, è la dittatura della democrazia. Se qualcuno conosce una dittatura migliore lo ringrazio.


E' ovvio che non ci sono gli ospedali, le apparecchiature, i medici, gli infermieri, le cure: per averli bisogna investire risorse e soprattutto il tempo necessario per costruire gli ospedali, le apparecchiature, per formare i medici, gli infermieri, per trovare le cure. Proprio perché non ci sono devi trovare alternative. Si chiama economia.

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e questo vale al massimo per Marzo. poi sono seguiti: aprile, maggio ecc, fino a novembre. Che scuse hanno per giustificare che gli ospedali non ci sono ancora, pur essendo decorso l tempo per allestirli, magari non costruendoli da capo ma dedicando altre strutture? questo si fa in caso di emergenza, si requisisce, si cambia di destinazione ad altri servizi, si ingaggia il personale.

Non si investe su un sistema di chiusure e securitario, che costa molto di più, decine di volte di più, di quanto sarebbe costata una soluzione prettamente sanitaria del problema. Se fosse appunto una emergenza "normale", non strumentalizzata. Constatare che le risorse non ci sono, si chiama "economia" nel senso colloquiale in cui lo intendi tu, chiedersi perché e per come non ci siano, si chiama invece senso critico.

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Inoltre anche se ci fossero non sono risolutivi per salvare tutte le vite umane.Capisco che per te la vita di un anziano non vale niente, ma per l'anziano e per chi vuole bene all'anziano vale tutto.Per quanto riguarda la dittatura, è ovvio che siamo in una dittatura, è la dittatura della democrazia. Se qualcuno conosce una dittatura migliore lo ringrazio.


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Il raggiungimento dell'immunità di gregge, il non sfacelo economico e sociale dei (loro) figli e del paese, il poter campare anche in futuro e non solo nell'eterno presente, è tutto nel pieno interesse degli anziani.


Un'epidemia ha una conta dei morti complessiva, intendo dal suo inizio alla sua fine, e non solo una conta dei morti per unità di tempo. Un anziano può morire non solo di covid, ma anche di povertà, malasanità o di isolamento, per così dire, anti-covid, come quelli che sono stati reclusi nelle rsa senza più diritto di visita, o che sono stati lasciati morire soli.


Siccome c'è una dittatura e non una democrazia, voi pensate di avere il diritto, o comunque la facoltà, di dire che io abbia in qualche modo o in qualche punto affermato che per me (ma quando mai?) la vita di un anziano non vale niente, senza prove, e senza citare dove e quando lo averi affermato.


Vedete, questa naturalmente è come l'oliva nell'aperitivo, un argomento puramente mediatico che avete imparato per condizionamento e ripetete a pappagallo. Non avete diritto all'insulto al negazionista, ne a dire che il negazionista vuole gli anziani morti. Questo diritto ve lo da la dittatura, come (falso) diritto al trascendimento nell'insulto.


Se ci fosse una dittatura della democrazia, e non una dittatura punto e basta, allora la conseguenza del punto in cui siamo arrivati, cioè il punto di saturazione, sarebbe dovuta essere, fine dello stato di emergenza e libere elezioni. E non il governo dei draghi e degli speranza che restano al loro posto.



#2910
Tematiche Filosofiche / Metafisica del coronavirus
08 Marzo 2021, 12:55:35 PM
Citazione di: InVerno il 08 Marzo 2021, 11:56:47 AM
Citazione di: niko il 08 Marzo 2021, 11:18:43 AM
Comunque, visto che siamo alle domande retoriche, ma secondo te che deve fare un sedicenne in queste condizioni da un anno? Tu ci staresti a sedici anni a queste regole? Il mondo non è solo degli adulti e degli anziani, il mondo è di tutti...
Di stare a vento, perchè questa non sarà nè la prima nè l'ultima volta che le teorie di crescita infinita andranno a cozzare con la realtà, e quando succederà di nuovo, perchè succederà inevitabilmente di nuovo, e sarà peggio, di trovarsi con una vita il più possibile cucita intorno ad un idea di vita che sia il più possibile protetta dai collaterali del prossimo schianto. E' difficile, certo, ma a volte bisogna guardare un pò più in là dell'oliva nell'aperitivo, e bisogna cominciare presto. Comunque se vuoi continuare a non esplicitare i fatti e i nomi, non vedo perchè continuare. Se qualcuno ha preso la palla al balzo, manca l'intenzionalità che è necessaria a sostenere il resto della "dittatura", c'è sempre qualcuno che prende la palla al balzo, e a sedici anni mi preoccuperei di capire dove dovranno essere i miei piedi per prendere il prossimo.


"di stare a vento"

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se mi rispondi con una frase così dialettale che non si trova neanche su google, non ti seguo... forse intendevi stare in campana, stare attento?

Non potremmo stare attenti noialtri, intendo noi come resto della società, a chi non è nel periodo vitale ed esistenziale dell' "attenzione", e della "prudenza", e ha tutto il diritto di non esserlo? O forse pure i bambini in questa logica devono "stare attenti"? per me comunque, l'attenzione in se non è un valore, la libertà e l'autodeterminazione, lo sono.

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"perché questa non sarà ne la prima ne l'ultima volta che le teorie di crescita infinita andranno a cozzare con la realtà, e quando succederà di nuovo, perché succederà inevitabilmente di nuovo, e sarà peggio, di trovarsi con una vita il più possibile cucita intorno ad un idea di vita che sia il più possibile protetta dai collaterali del prossimo schianto."

-----------------------------------------------

Frase sempre un po' misteriosa, non ti seguo del tutto, ma un'idea di vita immune agli effetti collaterali dei disastri mi pare sia impossibile, i disastri vanno evitati e prevenuti, e quando succedono non vanno strumentalizzati politicamente.

La vita che prescinde dai disastri, non vorrei che sia il solito discorso, questo sì trito e ritrito (sai, visto che poi fai seguire la giornalistica e a me insopportabile oliva nell'aperitivo, sono un po' prevenuto, eh) sui "veri valori", "le cose importanti nella vita" che dovrebbero portare gli schiavi e i sudditi ad essere "resilienti" e ad accettare qualsiasi prepotenza il prepotente di turno voglia loro imporre. Costruitevi un tesoro in cielo, così ogni disastro naturale e artificiale avvenga sulla terra non vi toccherà.

Costruitevi amore, così non lo vedrete interrompersi per la povertà o la chiusura delle frontiere, costruitevi amicizia, così non la vedrete finire nell'imposizione di pratiche competitive, macchiniche e disumane, costruitevi un posto di lavoro del cazzo così non ve lo toglieranno.

(E sempre allegri, bisogna stare, che il nostro piangere fa male al re, cit)

Ebbene la vita non deve essere fatta di rinunce, la gioia non è una ricompensa, la sofferenza non è ne una punizione ne una prova, sono qui, non so per quanto tempo ci sarò, ogni spirito decadente e cristianeggiante non mi interessa e non mi riguarda, è lungi da me in ogni senso, preferisco di gran lunga l'aperitivo, ovvero quello che certi soloni sapientoni vedono e simbolizzano nell'aperitivo.

Si dice che il capitalismo non abbia religione, ma in tempi di magra qualcuno è sempre pronto a riscoprire una morale della rassegnazione e della sofferenza considerata come punizione o prova, quindi istruttiva quando non salvifica, c'è sempre un Lama che viene a chiedere di fare sacrifici. Per me respinti tutti al mittente, verdi, rossi, cinesi, neri, andassero a fare la predica altrove: io sono un uomo libero e tale voglio rimanere, i sacrifici, li facesse qualcun altro, o meglio ancora chi li chiede, o meglio ancora di più, nessuno.

Poi vai a vedere che cosa sono questi "veri valori", queste "cose importanti nella vita": tutto conformismo e accettazione delle briciole che i tecnocrati hanno stabilito siano necessarie in questi tempi. Questa inchiesta sui veri valori della vita ti dovevo, e questa inchiesta ho fatto. Di fare i nomi, le date eccetera, è un argomento ridicolo, come l'oliva nell'aperitivo. Ma come si fa ad essere così succubi ad un linguaggio mediatico fatto di paura, nullità, pseudoscienza e stilemi da ripetere, letteralmente, a pappagallo? Io non lo so, veramente.

Vi contagiate davanti alla tv.