Il pensiero della storia appunti per garbino (e non solo.) (ne approfitto anche per un ripasso personale, veloce rassegna)
parte 1
cit garbino
"Ti consiglio di leggere non una ma almeno una decina di volte Ecce Homo, una ventina tutte le Inattuali, specialmente quella su Strauss e quella sulla Storia, e poi ne riparliamo. Come ti ho già confermato altrove, UTU non è che una delle opere di Nietzsche, mentre sono tutte importanti. E ciascuna ha una sua dimensione nel suo rapporto temporale rispetto alle altre. Tu invece ti sei avvinghiato ad UTU e non riesci più a liberarti. Ma soprattutto cerca di evitare di leggere altrui interpretazioni e usa soltanto il tuo bagaglio acquisito che non è poco. In altre parole, fidati di te stesso, della tua intelligenza e capacità critica e speculativa."
Le considerazioni sono frutto del mio lavoro, dubito fortemente di trovarle scritte altrove.
Quindi come te, uso la mia testa.
Non sono avvinghiato a UTU, semplicemente non voglio andare avanti senza averlo capito a fondo.
E non mi ritengo ancora soddisfatto, sia in termini di effettivo impegno mio, che è del tutto sporadico e con lunghe pause, sia complessivo, perchè ne intendo la sottotrama principale, ma non riesco ancora a figurarla nel suo terribile orizzonte.
Leggermi le opere precedenti non se ne parla. Sia perchè sono quelle che (guarda caso) maggiormente vengono discusse, sia perchè è evidente lo iato di ispirazione, tra un buon filosofo-filologo, prima di UTU ed un "mostro" dopo, a partire da UTU.
Se hai letto l'inattuale spiegami tu dunque come può la storia esimersi dal "chi la racconta"?
infatti scrivi
cit garbino
"Il fatto nel contesto storico non modifica lo svolgersi dinamico della Storia"
Il punto è che mi sembra tu usi la storia in una specie di ecezione universale, come se esistesse una Storia a parte.
Ma la storia è a mio avviso semplicemente quello che mi racconto che sia.
Dal manifesto del partito comunista che introduce una nuova filosofia della storia, appunto detta materialismo storico, mi sembra che invece si differenzi rispetto a "chi scrive" quella storia. Per inciso non è una questione meramente politica, è anche una visione antropologica più vasta, e più ragionevole, in quanto tiene conto non solo dei vincitori, ma anche dei vinti.
Come faremmo a capire se no la filosofia susseguente se non passiamo dalla revisione critica dello storicismo romantico?
http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo/
http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo_%28Dizionario-di-filosofia%29/
Partendo ovviamente da Dilthey
"L'esperienza interna, in quanto capacità di rivivere un oggetto dall'interno, di «comprendere» (Verstehen) un'esperienza (Erlebnis), è dunque una modalità di conoscenza radicalmente diversa da quella delle scienze naturali, che si basano sull'esperienza esterna e, con le leggi universali e necessarie a cui mettono capo, non fanno altro che «spiegare» (Erklären), cioè istituire connessioni estrinseche fra dati obiettivi, che restano completamente altri, separati dal soggetto. In questo modo, la storia, così come tutti i prodotti della cultura provenienti dall'interiorità, veniva nettamente distinta come il campo delle scienze dello spirito, nelle quali vige un principio di comprensione che implica la capacità psicologica di «rivivere» la singolarità dell'esperienza storica che si esamina. "
seguiamo alcune possibili scelte politiche
http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo_%28Dizionario-di-filosofia%29/
come in Spengler
"Anche nella sua concezione sono presenti i temi diltheyani della «comprensione» dell'Erlebnis come carattere fondamentale delle scienze dello spirito, ma il centro di essa è dato dalla ripresa delle due categorie (a cui aveva dato largo corso nella cultura tedesca Tönnies) di Kultur («cultura») e Zivilisation («civiltà»): la prima è una condizione in cui un popolo costituisce una comunità organica, legata da valori che la rendono coerente e diretta da un centro vitale ispiratore; la seconda è invece la società democratica decadente, legata dallo scambio meramente economico fra parti separate, essenzialmente meccanica e governata non da valori profondamente condivisi, ma da opinioni e mode esteriori. La scelta originale di Spengler è di applicare la concezione morfologica di Goethe al processo storico, visto come una successione di fasi organiche (o di culture) e di fasi meccaniche (civiltà)."
come in Focault
"Foucault formulerà in una sua notissima opera (Les mots et les choses, une archéologie des sciences humaines, 1966; trad. it. Le parole e le cose). Nella concezione per cui ogni cultura deve inevitabilmente decadere in civiltà e la fase di disgregazione di quest'ultima non può che comportare una rigenerante ricaduta nella barbarie, si avverte in qualche modo l'eco della visione ciclica di Vico, eco che peraltro, nel testo di Spengler, si trova distorta e annegata in una congerie di concezioni biologistiche e razzistiche che presentano non poche affinità con le ideologie conservatrici e con lo stesso nazismo che, non molti anni dopo la pubblicazione dell'opera, avrebbe conquistato il potere in Germania"
Entrambe le speculazioni partono indubitabilmente da una visione dinamica, come potresti intendere tu Garbino, ma entrambe definiscono chiaramente una guerra politica, con punti di vista chiaramente segnati e segnalati (focault).
e d'altronde
http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo_%28Dizionario-di-filosofia%29/
Weber
" La costruzione di Dilthey lasciava aperto il problema del carattere propriamente scientifico della conoscenza storica: se essa si legava a un «comprendere» di eventi interiori e irripetibili, comprendere che era operato da un soggetto storico singolare e storicamente situato, non rischiava così di disperdersi in un'infinità di interpretazioni individuali? Weber, specialmente nei saggi di riflessione metodologica e filosofica con cui accompagnò la sua attività di storico e di sociologo (Gesammelte Aufsätze zur Wissenschaftslehre, 1922; trad. it. parziale Il metodo delle scienze storico-sociali), cercò di fondare in modo diverso la scientificità della disciplina storica, rifiutando lo psicologismo diltheyano e reintroducendo la spiegazione mediante cause e principi generali in campo storico. In partic., è assai rilevante la dottrina del «tipo ideale»: certamente, anche per Weber nel campo della storia e della sociologia non sono applicabili categorie generali come quelle di spazio e di tempo, e la stessa causalità deve assumere una veste non meccanica, ma ciò non significa che si debba rinunciare al momento astratto della conoscenza, alla costruzione di modelli.
Lasciando da parte pensatori imbarazzanti come Croce e Popper, e concentrandoci su una ipotetica scienza storica, si finisce inevitabilmente per finire alla solita parolina magica "Modelli".
Ma è proprio a partire da quella parolina, che nasce poi la guerra dei modelli. E di nuovo la storia scientifica sarà una guerra dei modelli e cioè il modello sarà del vincitore.
Per fare un esempio pratico, ancora oggi si parla con un vocabolario storicista scientifico, devotamente anti-fascista.
(ma ovviamente è solo una narrazione, come raccontava già pasolini, il capitalismo è riuscito a fare quello che tutti i fascismi europei non sono mai riusciti a fare prima. E cioè vincere.)
per darne ragione mi riferisco anche al filosfo nodale del 900: Heideger
http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo_%28Enciclopedia-del-Novecento%29/
Quanto a Heidegger, esplicito è il suo richiamo a Dilthey nella nota affermazione che ‟l'analisi della storicità del Dasein tende a mostrare che questo esistente non è ‛temporale' perché ‛sta nella storia', ma che esso viceversa esiste e può esistere storicamente soltanto perché è temporale nel fondamento del suo essere". Di tutta la sua indagine sul ‟luogo ontologico della storicità", è proprio Heidegger a dire esplicitamente che si propone soltanto ‟di far progredire e allargare leprospettive di Dilthey e di favorirne l'assimilazione da parte dell'attuale generazione che non le ha ancor fatte proprie" (v. Heidegger, 1927; tr. it., pp. 541-543, Essere e Tempo).
Per intendere quello scritto da Heideger appunto bisogna aver presente quello che la trecani spregiativamente (ma appunto è la trecani, che ci si poteva aspettare) chiama psicologismo.
E che invece in maniera ben più seria ha radici nella stutturazione dell'io come visto da Hegel in poi.
La storia è un punto di vista. E la Storia è quello del vincente. (Marx)
Mi dispiace del lungo preambolo, ma serve per dare un humus culturale, su cose che si sono già pensate.
D'altronde va benissimo pensare con la propria testa, ma poi perchè non confrontarsi con eventuali possibili storture del proprio discorso?
parte 1
cit garbino
"Ti consiglio di leggere non una ma almeno una decina di volte Ecce Homo, una ventina tutte le Inattuali, specialmente quella su Strauss e quella sulla Storia, e poi ne riparliamo. Come ti ho già confermato altrove, UTU non è che una delle opere di Nietzsche, mentre sono tutte importanti. E ciascuna ha una sua dimensione nel suo rapporto temporale rispetto alle altre. Tu invece ti sei avvinghiato ad UTU e non riesci più a liberarti. Ma soprattutto cerca di evitare di leggere altrui interpretazioni e usa soltanto il tuo bagaglio acquisito che non è poco. In altre parole, fidati di te stesso, della tua intelligenza e capacità critica e speculativa."
Le considerazioni sono frutto del mio lavoro, dubito fortemente di trovarle scritte altrove.
Quindi come te, uso la mia testa.
Non sono avvinghiato a UTU, semplicemente non voglio andare avanti senza averlo capito a fondo.
E non mi ritengo ancora soddisfatto, sia in termini di effettivo impegno mio, che è del tutto sporadico e con lunghe pause, sia complessivo, perchè ne intendo la sottotrama principale, ma non riesco ancora a figurarla nel suo terribile orizzonte.
Leggermi le opere precedenti non se ne parla. Sia perchè sono quelle che (guarda caso) maggiormente vengono discusse, sia perchè è evidente lo iato di ispirazione, tra un buon filosofo-filologo, prima di UTU ed un "mostro" dopo, a partire da UTU.
Se hai letto l'inattuale spiegami tu dunque come può la storia esimersi dal "chi la racconta"?
infatti scrivi
cit garbino
"Il fatto nel contesto storico non modifica lo svolgersi dinamico della Storia"
Il punto è che mi sembra tu usi la storia in una specie di ecezione universale, come se esistesse una Storia a parte.
Ma la storia è a mio avviso semplicemente quello che mi racconto che sia.
Dal manifesto del partito comunista che introduce una nuova filosofia della storia, appunto detta materialismo storico, mi sembra che invece si differenzi rispetto a "chi scrive" quella storia. Per inciso non è una questione meramente politica, è anche una visione antropologica più vasta, e più ragionevole, in quanto tiene conto non solo dei vincitori, ma anche dei vinti.
Come faremmo a capire se no la filosofia susseguente se non passiamo dalla revisione critica dello storicismo romantico?
http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo/
http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo_%28Dizionario-di-filosofia%29/
Partendo ovviamente da Dilthey
"L'esperienza interna, in quanto capacità di rivivere un oggetto dall'interno, di «comprendere» (Verstehen) un'esperienza (Erlebnis), è dunque una modalità di conoscenza radicalmente diversa da quella delle scienze naturali, che si basano sull'esperienza esterna e, con le leggi universali e necessarie a cui mettono capo, non fanno altro che «spiegare» (Erklären), cioè istituire connessioni estrinseche fra dati obiettivi, che restano completamente altri, separati dal soggetto. In questo modo, la storia, così come tutti i prodotti della cultura provenienti dall'interiorità, veniva nettamente distinta come il campo delle scienze dello spirito, nelle quali vige un principio di comprensione che implica la capacità psicologica di «rivivere» la singolarità dell'esperienza storica che si esamina. "
seguiamo alcune possibili scelte politiche
http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo_%28Dizionario-di-filosofia%29/
come in Spengler
"Anche nella sua concezione sono presenti i temi diltheyani della «comprensione» dell'Erlebnis come carattere fondamentale delle scienze dello spirito, ma il centro di essa è dato dalla ripresa delle due categorie (a cui aveva dato largo corso nella cultura tedesca Tönnies) di Kultur («cultura») e Zivilisation («civiltà»): la prima è una condizione in cui un popolo costituisce una comunità organica, legata da valori che la rendono coerente e diretta da un centro vitale ispiratore; la seconda è invece la società democratica decadente, legata dallo scambio meramente economico fra parti separate, essenzialmente meccanica e governata non da valori profondamente condivisi, ma da opinioni e mode esteriori. La scelta originale di Spengler è di applicare la concezione morfologica di Goethe al processo storico, visto come una successione di fasi organiche (o di culture) e di fasi meccaniche (civiltà)."
come in Focault
"Foucault formulerà in una sua notissima opera (Les mots et les choses, une archéologie des sciences humaines, 1966; trad. it. Le parole e le cose). Nella concezione per cui ogni cultura deve inevitabilmente decadere in civiltà e la fase di disgregazione di quest'ultima non può che comportare una rigenerante ricaduta nella barbarie, si avverte in qualche modo l'eco della visione ciclica di Vico, eco che peraltro, nel testo di Spengler, si trova distorta e annegata in una congerie di concezioni biologistiche e razzistiche che presentano non poche affinità con le ideologie conservatrici e con lo stesso nazismo che, non molti anni dopo la pubblicazione dell'opera, avrebbe conquistato il potere in Germania"
Entrambe le speculazioni partono indubitabilmente da una visione dinamica, come potresti intendere tu Garbino, ma entrambe definiscono chiaramente una guerra politica, con punti di vista chiaramente segnati e segnalati (focault).
e d'altronde
http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo_%28Dizionario-di-filosofia%29/
Weber
" La costruzione di Dilthey lasciava aperto il problema del carattere propriamente scientifico della conoscenza storica: se essa si legava a un «comprendere» di eventi interiori e irripetibili, comprendere che era operato da un soggetto storico singolare e storicamente situato, non rischiava così di disperdersi in un'infinità di interpretazioni individuali? Weber, specialmente nei saggi di riflessione metodologica e filosofica con cui accompagnò la sua attività di storico e di sociologo (Gesammelte Aufsätze zur Wissenschaftslehre, 1922; trad. it. parziale Il metodo delle scienze storico-sociali), cercò di fondare in modo diverso la scientificità della disciplina storica, rifiutando lo psicologismo diltheyano e reintroducendo la spiegazione mediante cause e principi generali in campo storico. In partic., è assai rilevante la dottrina del «tipo ideale»: certamente, anche per Weber nel campo della storia e della sociologia non sono applicabili categorie generali come quelle di spazio e di tempo, e la stessa causalità deve assumere una veste non meccanica, ma ciò non significa che si debba rinunciare al momento astratto della conoscenza, alla costruzione di modelli.
Lasciando da parte pensatori imbarazzanti come Croce e Popper, e concentrandoci su una ipotetica scienza storica, si finisce inevitabilmente per finire alla solita parolina magica "Modelli".
Ma è proprio a partire da quella parolina, che nasce poi la guerra dei modelli. E di nuovo la storia scientifica sarà una guerra dei modelli e cioè il modello sarà del vincitore.
Per fare un esempio pratico, ancora oggi si parla con un vocabolario storicista scientifico, devotamente anti-fascista.
(ma ovviamente è solo una narrazione, come raccontava già pasolini, il capitalismo è riuscito a fare quello che tutti i fascismi europei non sono mai riusciti a fare prima. E cioè vincere.)
per darne ragione mi riferisco anche al filosfo nodale del 900: Heideger
http://www.treccani.it/enciclopedia/storicismo_%28Enciclopedia-del-Novecento%29/
Quanto a Heidegger, esplicito è il suo richiamo a Dilthey nella nota affermazione che ‟l'analisi della storicità del Dasein tende a mostrare che questo esistente non è ‛temporale' perché ‛sta nella storia', ma che esso viceversa esiste e può esistere storicamente soltanto perché è temporale nel fondamento del suo essere". Di tutta la sua indagine sul ‟luogo ontologico della storicità", è proprio Heidegger a dire esplicitamente che si propone soltanto ‟di far progredire e allargare leprospettive di Dilthey e di favorirne l'assimilazione da parte dell'attuale generazione che non le ha ancor fatte proprie" (v. Heidegger, 1927; tr. it., pp. 541-543, Essere e Tempo).
Per intendere quello scritto da Heideger appunto bisogna aver presente quello che la trecani spregiativamente (ma appunto è la trecani, che ci si poteva aspettare) chiama psicologismo.
E che invece in maniera ben più seria ha radici nella stutturazione dell'io come visto da Hegel in poi.
La storia è un punto di vista. E la Storia è quello del vincente. (Marx)
Mi dispiace del lungo preambolo, ma serve per dare un humus culturale, su cose che si sono già pensate.
D'altronde va benissimo pensare con la propria testa, ma poi perchè non confrontarsi con eventuali possibili storture del proprio discorso?

)
dunque uno è omosessuale per DNA, come ancora oggi tentano, e lo scrivono pure, e non per via della potenzialità del suo desiderio? l'esatto contrario di quanto dicevi prima, quando come me, avvisavi del giusnaturalismo, figlio della chiesa totalizzante), appunto che la gente crede, si racconta essere corpo, come se viaggiasse a vista degli oggetti che può toccare e vedere.