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Messaggi - bobmax

#2911
Per Iano,
ben volentieri.
In effetti il concetto di "atomo" nasce da una considerazione fatta degli antichi greci sulla divisione della materia (non finiscono mai di stupirmi per la loro profondità di pensiero...).
 
Quando pensiamo a qualcosa di concreto di solito il nostro riferimento è la materia, coincide con la nostra stessa idea di concretezza.
I pensieri vanno e vengono, le percezioni possono tradire, ma la materia no! La materia è presente, reale, possiamo affermare senza alcun dubbio che la materia... è!
 
Ma ne siamo davvero sicuri?
La materia occupa dello spazio, laddove non vi è invece materia quello spazio è vuoto. Lo spazio è perciò la composizione di pieno e di vuoto. Ed è pieno quando vi è della materia.
 
Tuttavia un qualsiasi corpo materiale può essere diviso solo in quanto è presente al suo interno del vuoto. E finché questa divisione è possibile... lì vi troveremo del vuoto.
Se la materia fosse indefinitamente divisibile ciò significherebbe che la materia è fatta di... vuoto!
 
Per ovviare a questa "assurdità" si ideò il concetto di atomo (Democrito), l'indivisibile, che sorregge la nostra tradizionale comprensione del mondo dandogli concretezza.
 
Tuttavia, si è ormai verificato che non solo l'atomo è divisibile, ma pure le particelle che lo compongono rimandano ad altro che è sempre meno afferrabile.
Le particelle elementari hanno ormai perso ogni legame con il concetto classico di materia, per diventare: pure formule matematiche!
 
La materia fisica diventa così sempre più sfuggente, sino a confondersi con il vuoto. Mentre il vuoto sembra anch'esso diventato inafferrabile, più lo cerchiamo e più troviamo qualcosa che rimanda alla materia...
La materia e il vuoto sono concetti che sorreggono la nostra orientazione nel mondo, ma in se stessi pare proprio non esistano. Sono due scogli, sui quali non è possibile approdare, perché non ci sono, ma tra i quali occorre navigare, per andare oltre...
 
Ma ciò che vedo, che tocco, la scrivania qui davanti a me non è forse materia?
Ciò che vedo e che tocco sono sempre e solo dei campi elettromagnetici, mai la materia!
 
D'altronde, riflettendoci, è proprio lo stesso concetto di "atomo" a essere assurdo nel nostro esserci mondano. La particella indivisibile di materia sarebbe infatti un assoluto, mentre il nostro mondo è relativo. E l'assoluto... non può sussistere con il relativo!
 
Se vi fosse uno spazio anche infinitesimo occupato da "vera materia" (assoluto), nella quale non possa perciò esservi alcun vuoto, il nostro universo ne sarebbe annichilito!
E lo stesso avverrebbe nel caso di uno spazio, pur piccolo, assolutamente vuoto... Quella minuscola porzione di spazio bloccherebbe infatti, con la propria assolutezza, l'ingranaggio del divenire. Mentre tutto, ma proprio tutto nel nostro mondo esiste solo in quanto... diviene.


Non nel senso che allora il divenire è un assoluto, ma nel senso che il nostro esser-ci è la composizione inestricabile di essere e divenire.
 
Normalmente intendiamo con l'essere ciò che non muta, ossia resiste al divenire. Mentre il divenire è semplicemente il mutamento dell'essere. Ma più cerchiamo "essere" e più troviamo "divenire" e viceversa... Ciò che pare "durare", ossia non mutare se non dopo molto tempo, in realtà è un ribollire continuo. Non vi è niente che rimanga identico a se stesso, neppure per una frazione infinitesima di tempo.
 
Il considerare le cose permanenti è solo una semplificazione, una semplificazione utilissima, ma non è la verità. La scrivania, le pareti, noi stessi, tutto ciò che appare solido attorno a noi, rimangono identici a se stessi solo "idealmente". In realtà non vi sono due istanti vicini a piacere in cui queste cose siano le medesime! E questa non identità l'abbiamo a qualsiasi livello di dettaglio vogliamo porci.
 
Di modo che, essere e divenire donano senso uno all'altro in un gioco senza fine. Difatti questo essere, senza il divenire, non ha alcun senso! E il divenire ha significato solo in funzione dell'essere. Se nulla resistesse al divenire, che divenire sarebbe? Divenire di che cosa? E se nulla divenisse, si potrebbe ancora parlare di essere?
 
L'essere e il divenire si sorreggono a vicenda per dare un senso al nostro esserci mondano, ma di per se stessi non esistono!
#2912
Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2018, 11:54:50 AM
Dunque oggetti finiti possono esistere eccome!

Inoltre non comprendo che c' entrino i paradossi di Zenone (che pretenderebbero di negare il mutamento) con il problema della (eventuale) realtà in sé e delle sue (eventuali) manifestazioni fenomeniche, né con l' evidente arbitrarietà con cui nella realtà in toto si possono considerare diversi enti ed eventi attraverso una reciproca distinzione dal resto di essa (ma non creare ad libitum! 
Zenone non nega il movimento, nega che qualcosa che esista di per sé possa muoversi.
Zenone era discepolo di Parmenide. Zenone nega il molteplice!

CitazioneSe (oggettivamente) funziona (come ammetti) un motivo (oggettivo) ci sarà pure...
Se l'oggettività è per te verità assoluta, che c'entra la citazione di Spinoza che metti in calce?

CitazioneSi vede che sai sbagliando nella ricerca (capita "nelle migliori famiglie").
Davvero tu riesci a determinare la materia? Oppure il vuoto? Complimenti...
#2913
Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2018, 10:02:19 AM
...le leggi fisiche non sono una nostra arbitraria creazione ad libitum (non é che avremmo potuto benissimo arbitrariamente convenire che la forza di gravità respinge anziché attrarre le masse o che diminuisce in ragione del cubo anziché del quadrato delle distanze), ma sono invece aspetti reali del divenire naturale indipendentemente dalla nostra eventuale conoscenza o meno di essi.
Certamente ciò che consideriamo leggi fisiche non nascono dal nulla. Derivano dalla nostra osservazione del mondo. Ma sono una nostra creazione. Ossia non se ne stanno scritte da qualche parte e noi le scopriamo man mano. Esse sono soltanto dei modelli di riferimento che costruiamo per orientarci nel mondo.

Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2018, 10:02:19 AM
E' questa la differenza fra l' irrazionalistico "relativismo", per il quale tutte le credenze sono parimenti (certamente) vere (ciascuna é "lecita" tanto quanto ciascun altra, anche se si contraddicono reciprocamente) da una parte, e il razionalistico "scetticismo", insuperabile razionalmente ma solo fideisticamente, per il quale (esattamente al contrario) nessuna credenza é certamente vera dall' altra, di cui ragionavo con Apeiron in un altra discussione del forum.
Questo tuo irrazionalistico relativismo, mi sembra una forma di disperazione nichilistica che nulla ha a che vedere con una scelta consapevole.

Viceversa l'accettazione che la Verità assoluta non c'è, è una premessa indispensabile.
Una premessa che tuttavia ha una condizione altrettanto indispensabile: la fede nella Verità.
#2914
Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2018, 09:14:39 AM
E d' altra parte concordo che la "libertà da coercizioni intrinseche" o "libero arbitrio" altro non sarebbe che un agire a casaccio, eticamente del tutto irrilevante: solo se siamo determinati (intrinsecamente) ad agire come agiamo, allora le nostre più o meno buone azioni dimostrano la nostra maggiore o minore bontà e le nostre più o meno cattive azioni la nostra maggiore o minore cattiveria, mentre in caso contrario (di libero arbitrio) dimostrerebbero al massimo la nostra fortuna o sfortuna: sarebbe come se compissimo ogni scelta in base al lancio di una moneta, agendo se esce "testa", astenendoci dall' agire se esce "croce" e non in conseguenza delle nostre più o meno positive o negative qualità morali).
Sì, ma con "nostre" cosa dovremmo intendere?
Perché il nostro essere determinati, comporta che non solo il nostro agire, ma pure ogni nostro pensiero, ogni nostro sentimento, non dipendono da noi stessi, ma da ciò che è avvenuto prima.
In buona sostanza, noi, come individui distinti da tutto il resto, non esistiamo.

Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2018, 09:14:39 AM
Se ben capisco intendi dire che la precisione delle misure (finite), dunque la sua conoscenza (soggettiva, in ambito gnoseologico o epistemologico) é sempre approssimativa.

Ma ciò che si misura é realmente (oggettivamente, in ambito ontologico) finito (ovvero misurabile, sia pure con un' inevitabile imprecisione o approssimazione). [/size]
Non è tanto una questione di "conoscenza", l'oggetto finito proprio non può esistere.
I paradossi di Zenone mantengono ancora tutta la loro forza nel denunciare che l'oggetto in sé è una chimera. Il movimento della freccia è possibile solo perché la freccia, intesa come oggetto in sé distinto da tutto il resto, non esiste.

La fisica degli infinitesimi non risolve il paradosso, lo nasconde solo nell'infinitesimo, cioè un qualcosa che è nullo o oppure no a seconda di come si vuole usarlo.
La fisica funziona, il movimento avviene, non è questo ad essere messo in discussione, ma che l'oggettività in sé sia Verità.

E lo stesso dicasi per la materia e il vuoto. Dove cerco materia trovo vuoto e viceversa...
Questo risultato forse paradossale è però necessario. Se vi fosse uno spazio, anche infinitesimo, occupato da autentica materia, cioè dove non vi sia alcun vuoto, il divenire non sarebbe possibile! E lo stesso avverrebbe nel caso di uno spazio assolutamente vuoto...
#2915
Sì Iano, sono d'accordo, le leggi fisiche sono solo una nostra creazione.
L'illusione di aver capito, di possedere la Verità, apre inevitabilmente la porta al nichilismo.

D'altronde dal momento in cui abbiamo iniziato a considerare il pensiero logico razionale fonte di verità assoluta, la strada era segnata. Come ben descritto dal mito di Adamo.

Tuttavia se muniti solo della nostra fede nella Verità, che appare come nulla, avanziamo fino al limite, può succedere che si manifesti l'Esistenza.
#2916
Per Viator, concordo. Tuttavia non penso che l'eternità o l'infinito siano davvero pensabili, neppure astrattamente. Sono solo concetti necessari, ma che traggono il proprio significato da ciò che negano.
Comunque nella ricerca della verità non esistono livelli o dottrine a sè stanti. Ciò che conta è il concetto, che prescinde sempre da qualsiasi livello a cui lo  si voglia limitare.

Per Sgombio, il finito è solo frutto di una semplificazione. Infatti la ricerca di determinarlo è senza fine.
#2917
Tuttavia il caso non ha nulla a che vedere con la libertà. Sempre poi che esista davvero il caso. Perché il comparire di un evento davvero casuale significherebbe la rottura irreparabile del nostro cosmo.
Siamo perciò costretti a credere che tutto ciò che avviene capita necessariamente.
È un atto di fede.
Perché il caso non può essere escluso del tutto. Sia perché è la negazione della necessità, e sia perché siamo qui per caso...
La libertà comunque è da escludere.
#2918
Per Sgiombo, tuttavia l'infinito così come il finito non ci sono. Cerco il finito e trovo ciò che pare infinito, e se cerco l'infinito solo il finito riesco a concepire.
Infinito e finito donano senso al nostro esserci, ma sono due fantasmi. Sono due scogli tra i quali occorre navigare, Ma sui quali non è possibile approdare, perché non ci sono.

Seguendo Spinoza, pensi davvero che ci sia differenza tra te e Dio?
#2919
Scusate doppio input...
#2920
Per Iano, vi sono molte strade che portano a concludere che il libero arbitrio non esiste.
Forse la più evidente consiste nel constatare che tutto ciò che avviene è dovuto o alla necessità o al caso.
Poiché libera può essere soltanto l'origine incondizionata, non vi può essere libertà.
In quanto la necessità condiziona, mentre il caso ha solo una sola origine: il Caos.
#2921
Per Iano, si concordo, non possiamo mai sapere se quel limite è assoluto oppure no. Ma quel limite che abbiamo di fronte ora e che non siamo in grado di superare, a prescindere se sia veramente assoluto oppure no può essere un'occasione per tornare a noi stessi.
Un altro esempio potrebbe essere riflettere sulla impossibilità del libero arbitrio.
#2922
Per Sgiombo,  se il tempo ha un inizio e cerchiamo di affrontare la cosa razionalmente cadiamo inevitabilmente in contraddizione.

L'ovvio è il grande nemico di chi cerca la verità. Chi sono io è poi il mistero più grande. "Conosci te stesso" e conoscerai te stesso e Dio.

L'etica è ciò che regge tutta la realtà. Non per niente Spinoza ha chiamato Etica il suo capolavoro.
#2923
Per Iano, un "nuovo" inizio... Il tempo sembra proprio insopprimibile. Perché non sforzarci di accettare la sua contingenza?
Sì ci si spalanca davanti l'abisso.
Ma in qualunque direzione ci muoviamo se andiamo fino in fondo ci troviamo davanti al limite. E lì dovremmo cercare di resistere...
#2924
Per Sgiombo, vedi come siamo condizionati dalla visione razionale della realtà? Non appena ipotizziamo un inizio del tempo subito pensiamo a cosa c'era prima...
Secondo me quando ci ritroviamo di fronte ad un limite, dove il pensiero razionale cade necessariamente in contraddizione, dovremmo cercare di vivere quel limite in prima persona.
Perché la questione non è mai logico-razionale, è sempre etica!
Se il tempo ha un inizio, chi sono io?
#2925
Per Iano, se inizia il tempo non può esserci nessun prima. Allo stesso modo se lo spazio compare dal nulla non è all'interno di nessun altro spazio. Il supporre un altro tempo e un altro spazio è un atto arbitrario della nostra razionalità che non concepisce alcun limite. Un po' come l'aldilà, ossia supporre un altro esserci dopo di questo. Sono tutte ipotesi senza alcun fondamento. Secondo me, dovremmo invece provare ad affrontare il limite oltre il quale la razionalità non può andare.