Leggere Nietzche è difficile, sono il primo a saperlo, ma dopo anni credo che capisco quale fosse la sua intenzione (la traversata del nichilismo) e quali i limiti (la mancanza di amici, e l'impossibilità conseguente di quella attraversata).
Pensavo che l'ideale ascetico fosse un qualche nuovo paradigma, che tramite le ombre (gli amici), potesse emergere come enigma dalle sue pagine.
Ho i miei dubbi che Garbino riesca ad avere questa capacità di oltre-visione, mi sembra invece che sia una lettura abbastanza alla lettera (e perciò del tutto errata, come sappiamo dal buon Nietzche, che vuole che noi ci si ragioni sopra, da bravo apostolo dello spirito apollineo).
Così restando le cose ( e quindi fidandomi di Garbino), invece dunque la visione ascetica è semplicemente una descrizione per far emergere il CONTRARIO. E cioè che la filosofia adottando, come spesso ha fatto e come tutt'ora fa, imperterrita e cieca a se stessa (alle domande che dovrebbe porsi), una aura metafisica, intrisa di moralismo anti-dionisiaco, diventa in un colpo ANTI-APOLLO (non si pone la domanda della morale) e ANTI-DIONISO (non intende minimanente la volontà di potenza).
Temi a me molto cari, ma essendo "datati" rispetto alle nuove aperture che sto apprendendo leggendo UTU, non mi destano un gran impressione, come invece la prima parte ha fatto. (la ragione come diamante ricavato da secoli di sangue e guerre).
Poi ripeto a mio avviso ci dovrebbero essere delle aperture, degli enigmi a metà frase, a metà capitolo, che lasciano delle questioni aperte, a cui di solito Nietzche in maniera enigmatica da delle proposte per le quali lo ritengo il più grande filosofo mai esistito e probabilmente visto la cinta di castità morale a cui siamo legati, chissà per quanto tempo ancora lo sarà ancora. Ma questa è per fini intenditori (per ora riguarda sole me, con mio sommo raccapriccio).
RISPOSTE A MENENTO
Per quanto riguarda memento sono d'accordo solo in parte. Ossia certamente la volontà di potenza non è questione darwiniana, ma il punto ultimo sta proprio nel fatto che non dipende dall'io, ma dal non-io-
Invece in menento la volontà coincide con l'io. Ma non è proprio così-
L'io è semplicemente la postazione (che riprende esattamente da kant) da cui si effettua il giudizio.
Ma il giudizio non è in sè come per Kant, è invece il frutto dello slittamente continuo delle percezioni.
Ovviamente la bizzaria per cui Kant deve ammettere una identità del giudinzio è il fenomeno della coscienza.
Come si può essere coscienti del reali? la risposta la diede a suo tempo Hegel, quello che ci accompagna al sapere, è di fatto appunto quello che noi chamiamo IO, ma che risponde al GRUND, che vuol dire si base, cementa, ma in tedesco vuole dire anche ROVINA.
Per Nietzche è lo stesso. Ciò che rovina, che va in pezzi è proprio l'io, che si costituisce come moria del momento.
Si costituisce come poi dirà Heideger nel tempo come morire. L'essere per la morte di Heideger, e l'amor fati di Nietzche è la stessa cosa. questo essere per e questo amore vanno letti esattamente come volontà-
La potenza invece è ciò che si costituisce come ROVINA, la potenza è l'essere possibile di qualsiasi rovina, come aritotele e ancor meglio Tommaso d'aquino capirono a loro tempo.
la differenza abissale tra questi maestri del passato e nietzche è talmente abissale che ogni volta che ci penso mi vengono i brividi.
Quegli ottimi maestri antichi, non portarono minimanente a termine consequenziale quell'andare a morte. Fecero anzi di tutto per frenare quel rovinio. Adottarono la morale come forma di fuga, come schizofrenia dell'esistente.
Nietzche invece di fronte al mare che chiamerà NICHILISMO prese da SOLO una barchetta e cominciò il vero viaggio a cui ogni filosofo è chiamato a coprirne un tratto.
Non si tratta del viaggio della guerra, non si tratta del morire, ma di quello che rimane come vivere in rovina, dell'io.
La metafisica che io chiamo fondamentale è questa cosa qui.
Ma quanti la capiscono? e sopratutto quanti hanno le palle di continuare quel viaggio spirituale?
Non certo il buddismo, la cui cosmologia cade pesantemente nel delirio simbolico induista.
PER QUANTO RIGUARDA LA MIA AMATA PSICANALISI-
E' vero che freud ha stabilito un inconscio e che l'allievo JUng ci ha costruito su un modello indipendente alchemico.
Ma entrambi non hanno capito minimante quello che intendeva Nietzche.
Per entrambi infatti questa volontà di potenza si darebbe come linguaggio come grammatica, simbolica.
In Nietzche invece non esiste simbolo che terrebbe, se esistesse sarebbe di nuovo metafisica.
E perciò sarebbe UMANO troppo umano e perciò disumano.
(e infatti i due colossi della analitica avevano IMMENSI problemi con la morale, che volevano rispettare sia chiaro, questioni loro certo, ma indice di un errore del pensiero colossale).
Pensavo che l'ideale ascetico fosse un qualche nuovo paradigma, che tramite le ombre (gli amici), potesse emergere come enigma dalle sue pagine.
Ho i miei dubbi che Garbino riesca ad avere questa capacità di oltre-visione, mi sembra invece che sia una lettura abbastanza alla lettera (e perciò del tutto errata, come sappiamo dal buon Nietzche, che vuole che noi ci si ragioni sopra, da bravo apostolo dello spirito apollineo).
Così restando le cose ( e quindi fidandomi di Garbino), invece dunque la visione ascetica è semplicemente una descrizione per far emergere il CONTRARIO. E cioè che la filosofia adottando, come spesso ha fatto e come tutt'ora fa, imperterrita e cieca a se stessa (alle domande che dovrebbe porsi), una aura metafisica, intrisa di moralismo anti-dionisiaco, diventa in un colpo ANTI-APOLLO (non si pone la domanda della morale) e ANTI-DIONISO (non intende minimanente la volontà di potenza).
Temi a me molto cari, ma essendo "datati" rispetto alle nuove aperture che sto apprendendo leggendo UTU, non mi destano un gran impressione, come invece la prima parte ha fatto. (la ragione come diamante ricavato da secoli di sangue e guerre).
Poi ripeto a mio avviso ci dovrebbero essere delle aperture, degli enigmi a metà frase, a metà capitolo, che lasciano delle questioni aperte, a cui di solito Nietzche in maniera enigmatica da delle proposte per le quali lo ritengo il più grande filosofo mai esistito e probabilmente visto la cinta di castità morale a cui siamo legati, chissà per quanto tempo ancora lo sarà ancora. Ma questa è per fini intenditori (per ora riguarda sole me, con mio sommo raccapriccio).
RISPOSTE A MENENTO
Per quanto riguarda memento sono d'accordo solo in parte. Ossia certamente la volontà di potenza non è questione darwiniana, ma il punto ultimo sta proprio nel fatto che non dipende dall'io, ma dal non-io-
Invece in menento la volontà coincide con l'io. Ma non è proprio così-
L'io è semplicemente la postazione (che riprende esattamente da kant) da cui si effettua il giudizio.
Ma il giudizio non è in sè come per Kant, è invece il frutto dello slittamente continuo delle percezioni.
Ovviamente la bizzaria per cui Kant deve ammettere una identità del giudinzio è il fenomeno della coscienza.
Come si può essere coscienti del reali? la risposta la diede a suo tempo Hegel, quello che ci accompagna al sapere, è di fatto appunto quello che noi chamiamo IO, ma che risponde al GRUND, che vuol dire si base, cementa, ma in tedesco vuole dire anche ROVINA.
Per Nietzche è lo stesso. Ciò che rovina, che va in pezzi è proprio l'io, che si costituisce come moria del momento.
Si costituisce come poi dirà Heideger nel tempo come morire. L'essere per la morte di Heideger, e l'amor fati di Nietzche è la stessa cosa. questo essere per e questo amore vanno letti esattamente come volontà-
La potenza invece è ciò che si costituisce come ROVINA, la potenza è l'essere possibile di qualsiasi rovina, come aritotele e ancor meglio Tommaso d'aquino capirono a loro tempo.
la differenza abissale tra questi maestri del passato e nietzche è talmente abissale che ogni volta che ci penso mi vengono i brividi.
Quegli ottimi maestri antichi, non portarono minimanente a termine consequenziale quell'andare a morte. Fecero anzi di tutto per frenare quel rovinio. Adottarono la morale come forma di fuga, come schizofrenia dell'esistente.
Nietzche invece di fronte al mare che chiamerà NICHILISMO prese da SOLO una barchetta e cominciò il vero viaggio a cui ogni filosofo è chiamato a coprirne un tratto.
Non si tratta del viaggio della guerra, non si tratta del morire, ma di quello che rimane come vivere in rovina, dell'io.
La metafisica che io chiamo fondamentale è questa cosa qui.
Ma quanti la capiscono? e sopratutto quanti hanno le palle di continuare quel viaggio spirituale?
Non certo il buddismo, la cui cosmologia cade pesantemente nel delirio simbolico induista.
PER QUANTO RIGUARDA LA MIA AMATA PSICANALISI-
E' vero che freud ha stabilito un inconscio e che l'allievo JUng ci ha costruito su un modello indipendente alchemico.
Ma entrambi non hanno capito minimante quello che intendeva Nietzche.
Per entrambi infatti questa volontà di potenza si darebbe come linguaggio come grammatica, simbolica.
In Nietzche invece non esiste simbolo che terrebbe, se esistesse sarebbe di nuovo metafisica.
E perciò sarebbe UMANO troppo umano e perciò disumano.
(e infatti i due colossi della analitica avevano IMMENSI problemi con la morale, che volevano rispettare sia chiaro, questioni loro certo, ma indice di un errore del pensiero colossale).

??
(ma visto che ci ho speso un sacco di tempo lo propongo lo stesso.
(in un imprecisato mondo legale, che molto somiglia a quello cattolico), divenendo quindi paranoide e schizzato.
(che è l'ultima mia acquisizione in ordine temporale).