Nei vangeli canonici ci sono molte affermazioni relative al fatto che il Padre di cui parla Gesù sia lo stesso dio del vecchio testamento, quindi la posizione di Marcione può essere sostenuta solo non tenendo conto dell'intero testo dei vangeli per come è giunto fino a noi ai nostri tempi ma considerandone solo una parte o dandone un'interpretazione molto fantasiosa.
Voglio dire nei vangeli ci sono passi come la profezia dell'Emmanuel ripresa testualmente dal vecchio testamento e riferita a Gesù e alla madonna, Gesù compie miracoli come la trasfigurazione, che sono specificamente rivolti a dimostrare la sua piena appartenenza alla tradizione ebraica e un non ebreo che assistesse al miracolo non ne capirebbe nemmeno il senso, Gesù dice cose come: "prima che Abramo fosse io sono", che non ha nessun significato "innocente" o di mera successione temporale, vuol dire: "io sono Dio e sono lo stesso Dio di Abramo", e di nuovo al momento del suo arresto: "io sono",.
Inoltre alcune cose che accadono a Gesù sono specificamente il compimento di profezie bibliche, come il fatto che i soldati si dividano tirando a sorte la sua tunica ed altre.
Un dettaglio "visivo" molto impressionante che può far capire come le persone colte del medioevo e del rinascimento sapessero che nel vangelo ci sono riferimenti precisi al fatto che il Padre di Gesù è lo stesso Dio degli ebrei, si trova, per esempio nell'annunciazione di Leonardo: proprio nel momento in cui appare l'angelo la vergine sta leggendo la bibbia al punto preciso della profezia dell'Emmanuel in Isaia, e il disegno di Leonardo è così dettagliato che si possono riconoscere alcune lettere e individuare il passo biblico corrispondente, che chiaramente non è casuale.
Anche se Marcione non è considerato propriamente uno gnostico, la posizione di non riconoscere in Dio, e quindi nemmeno in Gesù, il creatore del mondo, che sarebbe stato creato da un'entità intermedia più potente dell'uomo ma meno potente di Gesù/Dio, è tipicamente gnostica: alla base vi è l'idea neoplatonica che l'atto dell'Uno/Dio è l'emanazione e il successivo ritorno all'uno di quanto emanato tramite la contemplazione, e non un atto di separazione potenzialmente definitiva e senza ritorno delle conseguenze dell'agire divino da Dio stesso come la creazione: vi è bisogno di un demiurgo per creare materialmente il mondo, come in Patone vi era bisogno di un demiurgo per passare dal mondo delle idee al mondo materiale.
Nelle varie teologie gnostiche, in estrema sintesi, o il demiurgo è completamente e irrimediabilmente malvagio (una sorta di anti Dio) e Dio/Gesù viene a salvarci da esso, a ricondurre il nostro spirito all'eternità inviolata dell'increato, o il demiurgo, e non l'uomo, è il vero ago della bilancia tra il bene e il male: è malvagio, ma redimibile, e Gesù viene appunto a redimere principalmente esso e non l'umanità, che ha un ruolo marginale nella vicenda cosmica: il fatto che alcuni uomini siano salvi e grazie a Gesù e alla sua predicazione si redimano, è un riflesso materiale del fatto che a livello spirituale il demiurgo stesso si redime.
Il tipo di amore che informa questo tipo di eresie è platonico ed ascendete, tensione verso l'ideale e quindi verso l'increato, non accetta fino in fondo l'agape come amore discendente e orizzontale da Dio all'uomo e dall'uomo all'altro uomo, e nemmeno la kenosis come realtà ultima dell'incarnazione e quindi dell'integrazione della sofferenza e della morte nella dimensione del divino, insomma siamo ancora nella posizione "razionale" dei greci in cui si ama secondo necessità ciò che vale, e non nella posizione "folle" dei cristiani secondo cui è l'amore in sé a conferire valore, il focus della salvezza dell'umanità è ancora sulla bellezza e sulla conoscenza, e non sulla croce come valore salvifico della sofferenza.
La creazione sarebbe male se fosse realtà ultima, solo accedendo a un livello di conoscenza in cui la creazione non è reale, il male è giustificato, perché si riduce appunto all'errore cognitivo, che può esistere anche nella divinità onnipotente e onnisciente come negativo di sé stessa, e se la creazione non è reale, la divinità stessa è tutto ciò che esiste in un mondo materialmente e fisicamente nullo, e anche il male è in lei, quantomeno come confine e come assenza.
Voglio dire nei vangeli ci sono passi come la profezia dell'Emmanuel ripresa testualmente dal vecchio testamento e riferita a Gesù e alla madonna, Gesù compie miracoli come la trasfigurazione, che sono specificamente rivolti a dimostrare la sua piena appartenenza alla tradizione ebraica e un non ebreo che assistesse al miracolo non ne capirebbe nemmeno il senso, Gesù dice cose come: "prima che Abramo fosse io sono", che non ha nessun significato "innocente" o di mera successione temporale, vuol dire: "io sono Dio e sono lo stesso Dio di Abramo", e di nuovo al momento del suo arresto: "io sono",.
Inoltre alcune cose che accadono a Gesù sono specificamente il compimento di profezie bibliche, come il fatto che i soldati si dividano tirando a sorte la sua tunica ed altre.
Un dettaglio "visivo" molto impressionante che può far capire come le persone colte del medioevo e del rinascimento sapessero che nel vangelo ci sono riferimenti precisi al fatto che il Padre di Gesù è lo stesso Dio degli ebrei, si trova, per esempio nell'annunciazione di Leonardo: proprio nel momento in cui appare l'angelo la vergine sta leggendo la bibbia al punto preciso della profezia dell'Emmanuel in Isaia, e il disegno di Leonardo è così dettagliato che si possono riconoscere alcune lettere e individuare il passo biblico corrispondente, che chiaramente non è casuale.
Anche se Marcione non è considerato propriamente uno gnostico, la posizione di non riconoscere in Dio, e quindi nemmeno in Gesù, il creatore del mondo, che sarebbe stato creato da un'entità intermedia più potente dell'uomo ma meno potente di Gesù/Dio, è tipicamente gnostica: alla base vi è l'idea neoplatonica che l'atto dell'Uno/Dio è l'emanazione e il successivo ritorno all'uno di quanto emanato tramite la contemplazione, e non un atto di separazione potenzialmente definitiva e senza ritorno delle conseguenze dell'agire divino da Dio stesso come la creazione: vi è bisogno di un demiurgo per creare materialmente il mondo, come in Patone vi era bisogno di un demiurgo per passare dal mondo delle idee al mondo materiale.
Nelle varie teologie gnostiche, in estrema sintesi, o il demiurgo è completamente e irrimediabilmente malvagio (una sorta di anti Dio) e Dio/Gesù viene a salvarci da esso, a ricondurre il nostro spirito all'eternità inviolata dell'increato, o il demiurgo, e non l'uomo, è il vero ago della bilancia tra il bene e il male: è malvagio, ma redimibile, e Gesù viene appunto a redimere principalmente esso e non l'umanità, che ha un ruolo marginale nella vicenda cosmica: il fatto che alcuni uomini siano salvi e grazie a Gesù e alla sua predicazione si redimano, è un riflesso materiale del fatto che a livello spirituale il demiurgo stesso si redime.
Il tipo di amore che informa questo tipo di eresie è platonico ed ascendete, tensione verso l'ideale e quindi verso l'increato, non accetta fino in fondo l'agape come amore discendente e orizzontale da Dio all'uomo e dall'uomo all'altro uomo, e nemmeno la kenosis come realtà ultima dell'incarnazione e quindi dell'integrazione della sofferenza e della morte nella dimensione del divino, insomma siamo ancora nella posizione "razionale" dei greci in cui si ama secondo necessità ciò che vale, e non nella posizione "folle" dei cristiani secondo cui è l'amore in sé a conferire valore, il focus della salvezza dell'umanità è ancora sulla bellezza e sulla conoscenza, e non sulla croce come valore salvifico della sofferenza.
La creazione sarebbe male se fosse realtà ultima, solo accedendo a un livello di conoscenza in cui la creazione non è reale, il male è giustificato, perché si riduce appunto all'errore cognitivo, che può esistere anche nella divinità onnipotente e onnisciente come negativo di sé stessa, e se la creazione non è reale, la divinità stessa è tutto ciò che esiste in un mondo materialmente e fisicamente nullo, e anche il male è in lei, quantomeno come confine e come assenza.

prima chi ci si confonda)