Per Apeiron.
A mio parere invece il punto non è quello di stabilire la verità del noumeno.
Ci si avvicina abbastanza l'interpretazione di Phil, quando appunto parla della funzione di limite del noumeno, che appunto è la mai compresa trascendentalità Kantiana.
Solo che dissento da Phil, nel senso che il suo obiettivo è quello di stare nello scetticismo avanzando strane ipotesi sull'infinito e il mistico.
Io invece sono dentro il fenomeno.
Mi pare di capire che il tuo problema sia quello linguistico.
Dunque apperecchiamo la tavola al punto in cui siamo.
noumeno=x
fenomeno=limite di x (lascio da stare per ora la parte trascendente, non serve nella discussione)
conoscenza=inferenza del limite di x
dunque il fenomeno è descrivibile lingusticamente come la funzione del limite di x
Questo funziona se noi stabiliamo che stiamo parlando di " come se esistesse qualcosa" (e attenzione le teorie del senso dato partono da questa premessa).
Credo infine di aver capito che però il tuo problema è ancora a monte.
E cioè se quella x, se quel "qualcosa di come ci fosse dato", Esista effettivamente o no.
Vorrei puntualizzare questa tua idea, nel senso che secondo te è un problema linguistico, ma la lingua è essa stessa la risposta al tuo domandare, in quanto per definizione è la forma che si da come Nominazione (di qualcosa appunto).
Tu forse però intendi proprio invece il contenuto di verità sotteso, a quella domanda/nominazione stessa.
Ovviamente al di là di Severino o il pensiero eleatico, non vi sono altre formulazioni che io conosca.
Ossia la verità è la stessa esistenza, l'esistere in quanto esistere. In quella posizione il fenomeno è dunque la copia, l'idea platonica che domina l'occidente ancora oggi. Fenomeno come apparenza.
A mio modo di vedere invece, la questione stà a valle, appunto come hai inteso bene, sul fenomeno, che essendo in contatto col noumeo dice qualcosa del noumeno stesso. Al contrario di Sgiombo dunque credo che la forma inferenziale abbia un valore, proprio nel suo valore di limite.
Se fosse per fede, allora tutto potremmo pensare: pure che esistano gli unicorni.
Il prospettivismo è dunque la regola vivente, dinamica, cangiante a cui siamo sempre costretti a rispondere.
Linguisticamente si configura come scienza da Newton ( e prima ancora Galilei) in poi. Lingua matematica ovvio.
A mio parere invece il punto non è quello di stabilire la verità del noumeno.
Ci si avvicina abbastanza l'interpretazione di Phil, quando appunto parla della funzione di limite del noumeno, che appunto è la mai compresa trascendentalità Kantiana.
Solo che dissento da Phil, nel senso che il suo obiettivo è quello di stare nello scetticismo avanzando strane ipotesi sull'infinito e il mistico.
Io invece sono dentro il fenomeno.
Mi pare di capire che il tuo problema sia quello linguistico.
Dunque apperecchiamo la tavola al punto in cui siamo.
noumeno=x
fenomeno=limite di x (lascio da stare per ora la parte trascendente, non serve nella discussione)
conoscenza=inferenza del limite di x
dunque il fenomeno è descrivibile lingusticamente come la funzione del limite di x
Questo funziona se noi stabiliamo che stiamo parlando di " come se esistesse qualcosa" (e attenzione le teorie del senso dato partono da questa premessa).
Credo infine di aver capito che però il tuo problema è ancora a monte.
E cioè se quella x, se quel "qualcosa di come ci fosse dato", Esista effettivamente o no.
Vorrei puntualizzare questa tua idea, nel senso che secondo te è un problema linguistico, ma la lingua è essa stessa la risposta al tuo domandare, in quanto per definizione è la forma che si da come Nominazione (di qualcosa appunto).
Tu forse però intendi proprio invece il contenuto di verità sotteso, a quella domanda/nominazione stessa.
Ovviamente al di là di Severino o il pensiero eleatico, non vi sono altre formulazioni che io conosca.
Ossia la verità è la stessa esistenza, l'esistere in quanto esistere. In quella posizione il fenomeno è dunque la copia, l'idea platonica che domina l'occidente ancora oggi. Fenomeno come apparenza.
A mio modo di vedere invece, la questione stà a valle, appunto come hai inteso bene, sul fenomeno, che essendo in contatto col noumeo dice qualcosa del noumeno stesso. Al contrario di Sgiombo dunque credo che la forma inferenziale abbia un valore, proprio nel suo valore di limite.
Se fosse per fede, allora tutto potremmo pensare: pure che esistano gli unicorni.
Il prospettivismo è dunque la regola vivente, dinamica, cangiante a cui siamo sempre costretti a rispondere.
Linguisticamente si configura come scienza da Newton ( e prima ancora Galilei) in poi. Lingua matematica ovvio.