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Messaggi - viator

#2956
Tematiche Spirituali / Re:Ciò che Dio vuole da noi
27 Dicembre 2018, 12:54:44 PM
Salve Enrico 200 : risposta lapidaria, elegante, modesta, incisiva. Sai mai che tu ci abbia preso ?. (naturalmente resta tutto da "chiarire" se Dio "sia", se sia corretto usare pronomi personali per parlarne, se per caso i concetti di Dio e di amore non siano coincidenti.............). Salutoni ed auguri.
#2957
Tematiche Spirituali / Re:La solitudine di Dio
26 Dicembre 2018, 22:32:12 PM
Salve Kobayashi. "Dio e uomo si appartengono. Se sparisce l'uomo, sparisce anche Dio. E viceversa. Dunque il problema della solitudine di Dio non si pone".
Io però ho aperto l'argomento riferendomi ad un'eventuale solitudine di Dio :
- ipotizzando che Dio esista indipendentemente dall'uomo;
- riferendomi alla condizione di Dio PRIMA della sua creazione dell'uomo.

"Ma lo scetticismo è solo il punto di partenza, non può essere il punto di arrivo".
Circa questo aspetto potrai leggere quanto ho appena risposto a Freedom circa il concetto di "circolarità" di arrivi e partenze.

Amichevoli saluti.
#2958
Tematiche Spirituali / Re:La solitudine di Dio
26 Dicembre 2018, 22:18:31 PM
Salve Freedom, Grazie per il tuo intervento. Capisco benissimo che per molti una posizione esistenziale come la mia possa risultare non concepibile quindi anche eventualmente non credibile.

Tu e tutti chiedete chi siamo,dove andiamo, perchè.

Quesiti ai quali secondo me è possibile rispondere, ma alla gente non interessano le risposte in sè. La gente vuole le risposte di cui inconsapevolmente ha bisogno. Vuole risposte che la soddisfino. Ecco perchè forse la ricerca di verità "ultime" e "vere" non solo è vana, ma pure è bene che sia vana.
Perchè la verità ultima, impersonale, vera, assoluta, immodificabile potrebbe essere estremamente deludente.
Anche se noi reagiremmo in modo tipicamente umano : avendola davanti e non trovandola soddisfacente, semplicemente la rifiuteremmo, non le concederemmo FEDE, diremmo che essa è menzogna ed artificio.

Chi siamo ? Il vertice della complicazione prodotto dall'andamento entropico. Filosoficamente, siamo agenti che devono essere cause di effetti i quali saranno causa di effetti i quali.........in modo da garantire che il Mondo continui ad esistere. Mi permetto di di citarti la mia personale definizione dell' Essere (come voce verbale) : "la condizione per la quale le cause producono degli effetti".

Dove andiamo ? Nel mio intervento precedente parlavo di circolarità delle esistenze. Perciò non andiamo in nessun posto poichè ogni punto di una circonferenza può rappresentare un inizio, un punto di arrivo, un punto di sosta. Il viaggiatore saggio non è colui che vuole andare da qualche parte. E' colui che si gode gli ambienti attraversati durante il viaggio.

Perchè (sottinteso : andiamo) ? La risposta è già contenuta nel "dove ?".

Naturalmente poi c'è la morte, la consapevolezza della quale è ciò che genera tutti i quesiti, i dubbi, le paure di cui abbiamo appena parlato ed anche di tutte le altre.
Davanti alla morte, la quale rappresenta appunto una realtà e verità non soddisfacente davanti alla quale ritrarsi fuggendola, rifiutandola, persino negandone l'esistenza (i concetti di anima e spirito sono stati da noi inventati proprio per questo scopo)........secondo me occorre solo essere umili.
Perchè mai il Mondo, dopo averci fatto e dato tutto ciò che è nostro, non avrebbe il diritto di riprendersi il tutto per rinnovarsi e procedere a nuove costruzioni le quali però..........come dicevo poco fa, non ci soddisferebbero perchè siamo talmente egoisti da aver inventato complesse credenze, riti, scongiuri, teorie, piramidi, monumenti funebri........per convincerci che la morte non ci riguardi o riguardi solamente la nostra materia, non la nostra forma identitaria.


Vedi, caro amico (permettimi la confidenza)........nella mia vita io ho incontrato una sola domanda alla quale non ho saputo rispondere dopo averci riflettuto : "perchè esiste la sofferenza sterile ?". Amichevoli saluti.
#2959
Tematiche Filosofiche / Re:L'assoluto.
26 Dicembre 2018, 21:22:26 PM
Salve Ipazia. Sai, io sono sempre stato turbato da "c". Un valore assoluto espresso in unità di misura relative.
Dovrò dedicarci un poco (credo anzi, un tanto) di riflessione. Quale potrebbe essere la relazione tra spazio, tempo (dimensioni che considero del tutto ascientifiche ed unicamente psichiche) e la loro subrelazione con la velocità che permette la loro convertibilità ?

E poi 0°K. Che rappresenta non un assoluto, ma il suo contrario, il nulla energetico che noi appunto invece chiamiamo "zero assoluto" e cioè mancanza sia di assolutezza che di relatività.

Ma quanto riusciamo ad essere incoerenti anche ai massimi livelli della logica scientifica !

Sì. devo pensarci. Ma potrebbe scaturirne solo del silenzio. Mica possiamo arrivare a tutto. Mica io sono di quelli che arrivano ad inventarsi delle balle pur di non ammettere la propria impotenza. Salutoni.
#2960
Tematiche Spirituali / Re:La solitudine di Dio
26 Dicembre 2018, 15:49:58 PM
Salve Freedom. Anzitutto la fede. Avere fede consiste nell'essere intimamente ed irrazionalmente convinti che quella certa cosa o nozione sia "vera" e che quindi bene faremo a comportarci di conseguenza, placando in tal modo ansie, incertezze, desideri di genere esistenziale. Questi sono la funzione e scopo di qualsiasi fede, e non certo quello di approdare ad una qualsiasi verità, per la semplice ragione che la fede pone la "verità interiore" come aspetto pregiudiziale del proprio svolgersi, perciò parte da- (e non arriva a-) una verità sentita soggettivamente.
Chi crede in Dio parte dal presupposto della sua esistenza, mica si arrovella per dimostrarla !.
L'"intimamente" significa appunto che la convinzione non si genera attraverso un ragionamento, bensì nel provare una sensazione interiore (psichica, spiritualistica, coscenziale) e quindi attraverso il sentire (sentimento) e non attraverso il capire (intelletto).
Quanto dico sopra mi sembra evidenzi adeguatamente l'aspetto ed il contenuto "irrazionale" della fede in sè.

La fede evidentemente nè può venir imposta nè appresa. Viene suscitata dai contenuti (ancora : psichici, spirituali, coscenziali - i termini cambiereranno secondo le convinzioni individuali) esperienziali del soggetto, dal suo vissuto.

Evidentemente la mia strada mi ha portato a sentire certe cose e non altre (come per tutti), quindi io non sono giunto a credere certe cose bensì altre.

Molti pensano che una vita completamente vuota di fedi generi automaticamente egoismo, amoralità, inquietudine fino alla disperazione.
Per spiegare che secondo me non è affatto detto che avvenga così dovrei fare del "razzismo intellettuale". Lasciamo perdere.

Io, assieme ad una minoranza di altri, appartengo alla categoria degli scettici, cioè di coloro che non credono a punti di arrivo definitivi del mondo o della vita poichè pensano invece che sia il mondo cha la vita siano manifestazioni di tipo circolare in cui noi, credendo di allontanarci sempre più dal punto dal quale siamo partiti, una volta raggiunta la posizione diametralmente opposta non possiamo invece che prendere a riavvicinarsi alle nostre origini, finendo per reincontrarle proveniendo da una direzione ora opposta ! E' per quello che, quando le reincontreremo,saremo del tutto disorientati non riuscendo a riconoscerle !.

Io credo nella verità assoluta e tanto mi basta poichè il suo enunciato è il seguente : "Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza". Buona fede a te.
#2961
Tematiche Spirituali / Re:La solitudine di Dio
26 Dicembre 2018, 15:02:50 PM
Salve Anthonyi. Grazie per la sollecitudine dimostratami nel chiedermi per Natale. Io bene e spero che per te ed i tuoi cari sia andata ancora meglio.

Circa il "adesso tu pensi che Dio abbia bisogno di noi per fargli compagnia", non è proprio che io lo pensi. Si è trattato di una mia ipotesi formulata stando tra l'ironico ed il surreale assieme alle altre contenute nel mio intervento. Infatti provvedo - subito dopo - a smentirne la "logicità". Ancora auguri.
#2962
Salve Sariputra. Condivido pienamente quanto hai presentato qui sopra alle ore 11 e rotti.

Ciascuna delle classi dominanti od aspiranti tali usa le armi del suo tempo.

Si è passati dalla clava alla spada alla suggestione fideistica alla tecnologia. Ora siamo alla comunicazione drogata. Saluti.
#2963
Salve Ipazia. Certo. Potremmo cancellare il diritto ereditario. Si potrebbe anzi fare che ad ogni generazione il mondo rinasce depurato dalle istituzioni umane (che dal tuo punto di vista sono complessivamente inique) e riparte dalle "condizioni di natura".
Cioè realizzando la perfetta "reazione" e "conservazione", che la sinistra "progressita ed ugualitaria" certo apprezzerà.
Naturalmente tu obietterai che non è necessario un animalesco "ritorno alle origini". Ad ogni generazione il titolo di proprietà verrà restituito alla collettività la quale lo riassegnerà democraticamente ed egualitariamente ai "nuovi".
Purtroppo anche in questo caso saremmo di fronte alla conservazione (dell'inefficienza).
Tante proprietà più o meno identiche non farebbero che eternare costantemente il loro grado di efficienza. Sette miliardi di campicelli e casette sarebbero graziosi. Però i campicelli sarebbero meno efficienti per via delle economie "di scala" e della maggior fatica rischiesta nel coltivarli, le casette pure meno efficienti per quanto riguarda manutanzioni e servizi.

E allora collettivizziamo ! Stop. Argomento già separatamente trattato altrove e da troppi altri. Risaluti e riauguri.
#2964
Tematiche Filosofiche / L'assoluto.
25 Dicembre 2018, 17:29:52 PM
Salve. Qualcuno dei più assidui di voi mi troverà ripetitivo. Il tema l'ho già svolto – mai estesamente – in altri interventi.

Il fatto è che personalmente non concepisco come si possa discutere di concetti astratti (e la filosofia è basata sull'astrazione, non sulla valutazione ed il commento di fatti concreti) senza chiarirsi o veder chiarito il significato della radice del tutto, cioè di quella cosa di cui ciascuno di noi può tranquillamente fare a meno pur agognandola. Naturalmente il chiarimento può essere espressione di un punto di vista del tutto balzano, quale potrebbe essere il mio.

Non importa quanto se ne sia consapevoli, ma credo proprio che ciò che più amiamo sia l'assoluto e ciò che più temiamo sia la morte.

Si tratta dei due "misteri" estremi con i quali siamo chiamati a confrontarci (non tutti rispondono al richiamo : le persone più impegnate a rendere "produttiva" la propria esistenza hanno generalmente – o credono di avere – ben altro da fare).

Credo comunque che i due misteri siano uno solo.

L'assoluto, a livello esistenziale individuale, si incarna nella cosiddetta "ricerca della felicità", cioè della condizione di completa (assoluta) soddisfazione. E' questo il richiamo concreto dell'assoluto.

E' curioso come difficilmente venga compreso – o meglio ancora che compreso, sentito – che la perfetta felicità, essendo la condizione in cui tutti i desideri risultano soddisfatti, non può che consistere nella cessazione, eliminazione, mancanza di ogni desiderio.

E che tale condizione è raggiungibile in un unico modo : morendo.

L'unica felicità assoluta è nella morte per cui noi, inseguendo la prima, corriamo verso la seconda cioè verso ciò da cui, se consapevoli, vorremmo fuggire.
E' questa una conclusione non necessariamente tetra per colui che conosce cosa la felicità veramente sia e quindi non la cerca, accontentandosi invece di ciò che trova lungo la strada che conduce comunque ad essa.

Abbandonando per ora l'interpretazione esistenziale dell'assoluto, proviamo adesso a cercare di definirlo in chiave di logica razionale:

Assoluto. Definizione : "Ciò che contiene senza essere contenuto da altro".
Realtà sostanziale convenzionale : l'insieme di tutto ciò che esiste.

Occorrerà un poco di pazienza nell'aggirarsi in quanto segue, applicando, se lo si vuole, un minimo di concentrazione non tanto per la complessità dell'argomento (al contrario, la difficoltà consiste nell'essenzialità di esso e nell'ovvietà delle sue conclusioni !) quanto per le inevitabili ripetizioni degli stessi vocaboli e concetti.

Nel linguaggio corrente la parola "assoluto" si trova spesso usata come aggettivo : "assoluta povertà", "assoluto silenzio", eccetera, oppure come avverbio ("assolutamente"), per indicare la misura estrema di una qualche manifestazione. Infine ne viene usata anche la forma plurale.
Anche se io stesso potrei trovarmi ad usarla in questi modi, essa è invece solamente un sostantivo rigorosamente singolare.
Con dei sinonimi : "tutto", "Dio" e qualche altro ancora. Tra cui il verbo essere.

La definizione datane sopra sembra comunque sottintendere che l'assoluto, contenendo, risulti per questo in relazione con i propri contenuti. Quindi relativo !
Non è così poiché noi tendiamo a farci trarre in inganno dalle parole (queste sì tutte relative poiché una qualsiasi di esse può venir definita solo impiegandone altre !).

L'assoluto non è in relazione con i propri contenuti perché non è influenzato da alcuno di essi. Infatti se prendiamo l'insieme composto da tutto ciò che esiste e riduciamo od aumentiamo il numero dei suoi contenuti, ne variamo l'ordine, la posizione o la natura, ecco che esso sempre e comunque rispetterà la definizione datane sopra e consisterà nell'assoluto.
Il quale può risultare composto da una sola, da una molteplicità o da un'infinità di cose.

Matrice e contenitore di tutte le quantità e di tutte le qualità.

L'assoluto sembra sì generato dai propri contenuti, ma ancora ciò non significa che sia in relazione con uno o più di essi; Ciò che lo genera è la completa totalità dei suoi contenuti, che semplicemente coincide con l'assoluto stesso (non è la parola "contenuti" che lo genera; è la parola "totalità"). Quindi esso si autogenera o, se preferito, si "autostabilisce".


Relativo : Definizione : "Ciò che è contenuto ed a sua volta contiene".
Realtà sostanziale convenzionale : ciò che è influenzato od influenzabile da altro.

Questa seconda definizione può suscitare perplessità ma mi risulta difficile rinunciarvi, dovendo diversamente ricorrere ai concetti di "relazione" o di "rapporto" che sarebbe però improprio usare perché tautologici, cioè essi risulterebbero troppo chiaramente consistere proprio in ciò che si vorrebbe definire.
D'altra parte essa risulta avere forma congrua rispetto a quella dell'assoluto.

Abbiamo quindi un "Tutto" assoluto che contiene. Contiene le sue parti, relative.
Relative perché esse sono in relazione tra loro (sempre si influenzano reciprocamente). Ma anche perché ciascuna contiene altre parti in quanto nessuna separata entità (o parte) è risolvibile sino alla propria essenza.
La ricerca dell'essenza di qualcosa consiste nell'indagare da quali ulteriori entità più elementari essa è composta. Si tratta del ben noto procedimento analitico.
Il problema è che – man mano che si proceda nell'analisi – tutto ciò che di più elementare, essenziale si trova risulterà inesorabilmente in relazione con ciò da cui lo stiamo ricavando !
Quindi continueremo a trovare ulteriori componenti relativi di ciò che a sua volta si è mostrato relativo. In questo senso il relativo ne contiene sempre degli altri.

A questo punto però noi potremmo anche impadronirci del tutto, giocando (?) a dichiarare di aver finalmente scoperto la verità assoluta. Essa recita così (attribuita ad A. Einstein) :

" Tutto è relativo "

Obiezione di un passante : se tutto è relativo, anche tale frase è relativa !
Replica mia : la forma elegante ma troppo lapidaria di tale enunciato va così spiegata : "Ciascuna cosa è relativa, ma l'insieme di tutte le cose è assoluto".
Passante: anche questa è una frase, appena un po' più lunga; è quindi una delle cose che in essa vengono definite come relative".
Replica: certamente la frase è relativa, ma io non mi sono mai sognato di darla per assoluta ! Non ho proposto la frase assoluta, ma la verità assoluta !
Passante: ti sei spostato dal sensibile (la frase come espressione grafica o sonora) cercando di agganciarti all'insensibile (il concetto astratto di verità) volendo vanamente sfuggire a quella stessa logica che vorresti affermare. Anche i concetti sono "cose", enti parziali quindi relativi.
Replica: ma bravo ! Quindi secondo te anche il concetto di assoluto sarebbe relativo ?
Passante: credo proprio di sì.
Replica: hai perfettamente ragione; anche il concetto di assoluto è relativo, ma solo in quanto concetto. L'assoluto come entità non lo è. Comunque, cercando di darmi torto, sei riuscito solamente a dimostrare che ho ragione almeno al cinquanta per cento: stai continuamente ribadendo che tutto è relativo, inclusi tutti gli argomenti che stai usando contro la mia tesi.
Passante: chiudiamola così, pari e patta : tutto è relativo ma l'assoluto non esiste.
Replica: vedi, "assoluto" significa semplicemente "(tutto) ciò che è". Se vuoi, possiamo eliminare questa fastidiosa parola. Vorrà dire che, tolto l'assoluto, resterà solamente ciò che è relativo. Il cui completo insieme si chiamerà........

Tutto dipende dal significato di "esistere = essere". Come ho già accennato, il problema che rende vana ogni discussione è nel significato di tale verbo.

Noi troviamo che le cose "sono", "esistono", intendendo che esse "sono in noi", esistono per noi in quanto sperimentabili o concepibili dalla nostra mente, ma dimentichiamo che alcune (o tutte?) le cose potrebbero avere una propria realtà (essenza) completamente estranea alle nostre capacità di sensazione, di descrizione e di comprensione.

Le frasi usabili per esprimere il concetto di assoluto sono relative; anche la parola "assoluto" lo è ed il concetto stesso, pure; ma l'essenza dell'assoluto non lo è.

Quindi esso non è definibile come una "cosa" che esista (per noi); esso " E' " senza tuttavia risultare qualcosa di conoscibile nella sua intierezza. E naturalmente proprio nell'affermare ciò sembra che venga da noi riconosciuto.
Non è così : l'assoluto può unicamente venir menzionato come concetto ma non conosciuto quale realtà poiché noi possiamo spiegarci ciò che fa parte di qualcos'altro, ma non possiamo farlo per ciò che appunto " E' " senza far parte di qualcosa di ancora più grande di sé.

L'assoluto è un concetto (aspetto formale) relativo ma un'entità (caratteristica sostanziale) .... assoluta.
Il problema sono le parole che non possono definire il "non relativo inesprimibile", ma non per questo possono negarne l'esistenza. Non è possibile penetrare con strumenti razionali ciò che è fuori e sopra la ragione e, al limite, l'ha generata.
Forse solo il perfetto silenzio, incluso ovviamente quello nostro, può manifestarlo.

L'assoluto per me esiste, è singolare, inesprimibile, include tutto (ovviamente anche ciò che èumano, ma noi siamo la parte inclusa nel tutto, di cui non possiamo capacitarci pur facendoneparte) e soprattutto nessuno può ergersi a suo interprete o portavoce.
Mentre l'assoluto ci si pone per sintesi di tutte le cose, anche l'analisi (infinita) di esse sembra convergere verso una loro essenza comune ma comunque irraggiungibile. Dovrebbe essere semplicemente lo stesso assoluto dal quale siamo partiti.

Suggerisco di tener sempre presente una visione perfettamente circolare del mondo.

Secondo i ragionamenti precedenti risulterebbe verificata la coincidenza tra "assoluto" e "tutto". Essa viene confermata anche dalla considerazione che sicuramente non può esistere una pluralità di assoluti.
Infatti se così fosse dovremmo poter concepire un insieme (come dovremmo chiamarlo ?) costituito da tali assoluti, i quali risulterebbero quindi in relazione tra loro. Decadrebbe la loro singola assolutezza che verrebbe trasmessa all'insieme – appunto unico – che li contiene.
Se l'assoluto è totalizzante, unico, esso quindi nuovamente coincide con il concetto di "un tutto unico" (= l'insieme di tutte le cose).
Che tale concetto sia a suo volta singolare (anche se quotidianamente usato in senso relativo, cioè di "tutto ciò che..." o "tutti quelli che...") non appare necessario spiegarlo e comunque varrebbe il medesimo percorso precedente. Auguroni per tutti.
#2965
Salve Carlo. Hai ragione. Purtroppo i fisici e la loro scienza non possono ragionare di ambiti e forze relativi perchè sempre delimitati, mettendoli in relazione con ciò che è privo di relazioni con il relativo, cioè l'assoluto. (ti piace la cantilena?).

Perciò sono costretti a dare per relativamente sostanziali forze e dimensioni che risultano assolutamente apparenti. Saluti ed auguri in extremis.
#2966
Tematiche Spirituali / La solitudine di Dio
25 Dicembre 2018, 14:27:56 PM
Per un ateo come me la questione "Dio" risulterebbe affrontabile solo in chiave filosofica. Mancando di fede non si capisce come potrei trattarne in chiave spiritualistica, cioè in qual modo si possa o si debba vivere e sentire una "realtà"divina.

Nonostante questo decido di presentare l'attuale tema nella sezione appunto "spiritualismo" poichè sono interessato ad ascoltare proprio anche dai credenti in qual modo essi si pongono davanti a certi quesiti.

Mi sembrava di constatare : alla luce del poco che so delle religioni – ed in particolare di quelle creazionistiche – che le loro tradizioni e testi non chiariscano esattamente la successione "cronologica" che regolò la presenza originaria di un Dio poi quindi la comparsa del Mondo (fisico, inanimato, privo dell'Uomo) ed infine la comparsa dell'Uomo all'interno del Mondo.

Anzitutto mi sento di escludere una situazione originaria per la quale Dio, Mondo, ed Uomo sarebbero da sempre coesistiti. Ciò rappresenterebbe evidentemente la negazione di un creazionismo che rappresenta appunto il presupposto di questa discussione.

Si tratterebbe quindi di stabilire se un Dio avrebbe creato Mondo e Uomo simultaneamente oppure per primo il Mondo e poi, solo successivamente, l'Uomo.

La narrazione biblica dei sette giorni mi sembra richieda appunto una interpretazione circa la presenza o la mancanza di intervalli temporali tra i due atti divini. Ovvio che "7 giorni" è dato solo simbolico privo di significato secondo il calendario umano. La Bibbia doveva ridurre alla percepibilità umana eventi extraumani e non poteva farlo che in modo così didascalico ed anedottico. Ma sembra quasi, a questo punto che le Sacre Scritture, introducendo una gradualità temporale nell'apparizione creativa dei contenuti extradivini, sottintenda una figurazione evolutiva paradarwiniana che ovviamente parte da presupposto diverso ma potrebbe aver avuto un significato ed un andamento non del tutto dissimili da quelli dell'ipotesi di Darwin.

Dovremmo comunque supporre, a questo punto, che sia esistito un un intervallo di tempo distinto prima del quale esisteva solo Dio e non esistevano Mondo ed Uomo.

E' tale condizione quella che io ho voluto chiamare "la solitudine di Dio".

Naturalmente sorge spontanea la sciocca domanda umana : "Ma qual'è il senso dell'esistenza di un Dio solitario che esista senza "poter" governare su ciò che non ha ancora creato ?".

Alla luce della Fede il quesito è ovviamente sciocco. Imperscrutabilità dell'essere divino. Il quale esclude ed elude qualsiasi dimensione diversa dal "sè" divino, inclusa quella temporale.

Alla luce della ragione invece trovo il quesito suggestivo. Perchè mai Dio, che certamente già "si bastava", avrà mai voluto la crazione di altro da sè ?.

Forse possiamo ipotizzare che Dio abbia sofferto di bisogno di amore attraverso l'alterità rappresentata da ciò che volle creare. La creazione come atto d'amore, sì. Ma forse anche come concepimento e parto di qualcosa e qualcuno che avrebbe potuto beare chi l'aveva creato ?

Filosoficamente una simile "alata" tesi è insostenibile. Significherebbe che il Dio creatore e sinonimo di Assoluto, Tutto, Uno, etc. etc. sarebbe stato soggetto a qualcosa di superiore alla propria essenza intrinsecamente totalizzante.

La domanda, metafisica quanto poche altre, tuttavia resta. Vostri pareri ?.
#2967
Salve Ipazia. Secondo me (profondo profano ideologico) il cattocom è stato uno specchiettino per le allodole approvato dalla gerarchia catto per trattenere i seguaci facendo loro baluginare una apertura della Chiesa verso orizzonti pseudoegualitari. Uno strumento tattico, suvvia, proprio come affermi tu.
Apertura che non ci potrà mai essere in concreto poichè  richiederebbe che essa rinunci alla precisa gerarchia gregge-pastore.
Per la chiesa l'egualitarismo esiste solamente per il gregge e solamente davanti al dogma.
Poi ci sono le favolette di Natale. Sono stufo di saluti ed auguri, e gli ultimi li dedico a te.
#2968
Tematiche Spirituali / Re:Ciò che Dio vuole da noi
24 Dicembre 2018, 15:04:01 PM
Salve Sgiombo. Ma io non ho detto di trovare che tu affermassi di promuovere od ospitare in te l'irrazionale. Mi sembrava tu ne stessi ammettendo l'esistenza. Auguroni.
#2969
Varie / Re:Pranzo di Natale
23 Dicembre 2018, 23:12:55 PM
Salve Carlo. La concentrazione di cultori delle due ruote qui dentro io la trovo del tutto ovvia. Filosofia e motociclette sono due strumenti entrambi prediletti da chi ama la libertà.
Fu G.B.Shaw che definì "l'umanissima macchina" la motocicletta e che regalò a T.E. Lawrence (meglio noto come "Lawrence d'Arabia") la Brough Superior sulla quale quest'ultimo trovò la morte.
#2970
Salve. La responsabilità delle diatribe che animano questa discussione è di chi l'ha aperta,
Avrebbe dovuto titolarla "l'origine dell'egualitarismo".

Infatti gli uomini nascono uguali (in diritti naturali e dignità) ma, una volta nati, cercano di affermare la propria individualità. Sarebbe questa l'origine della diseguaglianza, a parità di altre condizioni esterne alla volontà dell'individuo.

L'egualitarismo (che non è l'eguaglianza in sè ma solo ciò che dovrebbe promuoverla) è stato concepito per realizzare non tanto la parità di condizioni esistenziali (non deve e non può occuparsi di dare la vista ai ciechi dalla nascita o l'intelligenza agli imbecilli) è nato quando in gruppo sociale si è fatta strada la convinzione che esistesse un interesse collettivo superiore (in quelle determinate circostanze) all'interesse dei singoli (sempre in quella determinate circostanze), convinzione accompagnata dalla percezione che quel certo interesse collettivo si sarebbe potuto perseguire in MODO PIU' EFFICIENTE, operando tutti insieme invece che ciascuno per conto proprio.

E' la necessità ( non certo l'ideale) della cooperazione che ha generato l'egualitarismo.

Purtroppo l'egualitarismo funziona sono a certe condizioni ed in circostanze abbastanza precise.

Sgiombo ha affermato che un esempio di società egualitaristiche sia quello delle tribù guerriere.

Giusto. Infatti la necessità guerresca è quella che sempre ha visto affermarsi la creazione  di nuclei, unità il più possibile omogenee (il termine "uniforme" di dice qualcosa ?) mosse dalla cooperazione tattica e strategica.
Inconcepibile fare la guerra o costruire le piramidi AGENDO ciascuno per conto proprio. Non sarebbe EFFICIENTE.

Il problema della cooperazione però, col procedere dell'organizzazione umana, finì con lo scontrarsi con l'economia di scala della propria efficienza.

Aumentando a dismisura il numero dei coinvolti nell'erganizzazione egualitaristica, si ebbe purtroppo che la percezione del singolo della superiore utilità collettivistica tese ad indebolirsi, a sfumare nell'indistinto, nel remoto, nel discutibile.
Gli interessi comuni diventarono così lontani dalla propria esperienza immediata chel'individuo non riuscì più a riconoscerli ed a valutare la necessità della propria partecipazione utilitaria.

Inoltre, sempre per ragioni di "scala" degli eventi, l'interesse comune ormai remoto dovette venir coordinato da un qualche genere di gerarchia, rappresentata da individui che vennero a costituire una "èlite" e dei quali ora magari non si conosceva neppure il volto.
Naturalmente la gerarchia come venne costruita ? Ovvio, selezionando o permettendo di autoselezionarsi qualcuno tra i meno egualitari, cioè i più forti, furbi,sagaci.

Quindi la demografia ed il "progresso" lavorano a discapito dell'egualitarismo.

Di qui il fatto che più una comunità egualitaristca si fa numerosa e "progredita" (cioè complessa), più perderà quel grado di efficienza che magari possedeva quando risultava meno popolata e più vicina alle cosiddette (condizioni di natura". Amen e saluti.