In termini junghiani si potrebbe dire che per Nietzche il servo è introverso e il padrone estroverso. Il servo è auto-aggressivo e il padrone aggressivo. Il servo domina se stesso e il padrone gli altri.
Quella che è letteralmente spazzata via è l'illusione del buon re che non è schiavo delle passioni, che domina all'unisono se stesso e gli altri.
Quella che da Platone in poi si chiama enkrateia, dominio interiore, continenza, da Nietzche viene attribuita specificamente al servo (viene vista come il dominio tipico del servo) e contrapposta al dominio esteriore, all'estroversione, tipica dei padroni. L'antecede più vicino è Hobbes, secondo il quale il sovrano resta allo stato di natura ed è una persona artificiale, quindi un tipico soggetto di dominio esteriore, che non è tale per il suo vincere le passioni dentro di sé (cosa che nel materialismo di Hobbes sarebbe impossibile) ma per il suo emergere -leviatano-, per il suo rappresentare le passioni di tutti.
Dunque nel pensiero di Nietzche non importa se si è servi o padroni, si riscontra sempre che il dominio supera come livello di realtà la sottomissione, e l'innocenza supera sempre come livello di realtà la colpa. Sia dal punto di vista del servo, che da quello del padrone. Il servo è innocente perché vessato dal padrone, ma il padrone è innocente perché definisce il bene a partire da sé stesso.
Dietro l'autodominio dell'uomo su se stesso, (e autodominio dell'uomo in Nietzche significa ascesi, metafisica, coscienza, nichilismo: insomma significa la socratica e platonica enkrateia), c'è il sempre il dominio dell'uomo sull'uomo. La condizione normale della bestia è di avere potere sul mondo e non su se stessa, l'immagine di noi stessi come possibile ulteriore oggetto del potere, quello che ci fa essere uomini e superare la bestia, non è naturale, qualcuno ce l'ha inculcato.
L'uomo è un animale che promette, è un animale della parola, ma non si può promettere che agli uomini, con la parola non si possono controllare e ammansire che gli uomini. La parola di per sé non procura cibo, non abbellisce il mondo, non lenisce il dolore; semmai costruisce un ordine di rapporti intercorrenti tra gli uomini in cui questi desideri si possono soddisfare, permette agli uomini di riprodursi socialmente e psichicamente, oltreché fisicamente.
Dunque l'animale uomo nasce dunque non solo con un progetto di gerarchia complessa, come quella di api e formiche, ma anche con un forte progetto di dominio interiore, di autodominio, che lo distinguerà da tutti gli altri animali.
La gerarchia che l'uomo andrà ad instaurare, prevederà che molti, se non quasi tutti gli uomini, si autodominino: sarà dunque una gerarchia di autocontrollo dell'uomo per l'uomo, più che di controllo dell'uomo sul mondo.
Il discorso del potere prevarrà sull'arte, sulla tecnica, sulla religione, poiché questi saranno principalmente strumenti di potere, strumenti con cui gli uomini regoleranno i rapporti intercorrenti tra di loro, piuttosto che protendersi con essi al controllo del mondo: ed è inevitabile se si pensa che la civiltà umana nasce tutta dalla coscienza e dalla parola, cioè dagli strumenti di dominio più autoriflessivi e rivolti al potere esclusivo dell'uomo sull'uomo prescindendo dall'ambiente in cui esso è inserito che esistano. Tecnica, arte, religione, continuano la coscienza e la parola con altri mezzi.
Ma in questa gerarchia l'abnegazione del servo è almeno altrettanto necessaria dell'estroversione e della voglia di dominio del padrone. Entrambi esprimono potenza. E' iscritto nel progetto dell'uomo che gli uomini si autodominino. Nel progetto dell'uomo sono anche e soprattutto vincenti i servi. Sbandierare i valori dei padroni è solo dire che questa gerarchia sta diventando troppo soffocante, troppo sbilanciata sul lato del servo, sul lato dell'energia volta all'autodominio e non al dominio. I padroni che incarnavano i valori aristocratici al tempo di Nietzche sono da lui considerati ormai inesistenti. Oggetto di diaspora. Recuperare i loro valori è recuperare dei valori aristocratici senza una vera e propria aristocrazia.
Quella che è letteralmente spazzata via è l'illusione del buon re che non è schiavo delle passioni, che domina all'unisono se stesso e gli altri.
Quella che da Platone in poi si chiama enkrateia, dominio interiore, continenza, da Nietzche viene attribuita specificamente al servo (viene vista come il dominio tipico del servo) e contrapposta al dominio esteriore, all'estroversione, tipica dei padroni. L'antecede più vicino è Hobbes, secondo il quale il sovrano resta allo stato di natura ed è una persona artificiale, quindi un tipico soggetto di dominio esteriore, che non è tale per il suo vincere le passioni dentro di sé (cosa che nel materialismo di Hobbes sarebbe impossibile) ma per il suo emergere -leviatano-, per il suo rappresentare le passioni di tutti.
Dunque nel pensiero di Nietzche non importa se si è servi o padroni, si riscontra sempre che il dominio supera come livello di realtà la sottomissione, e l'innocenza supera sempre come livello di realtà la colpa. Sia dal punto di vista del servo, che da quello del padrone. Il servo è innocente perché vessato dal padrone, ma il padrone è innocente perché definisce il bene a partire da sé stesso.
Dietro l'autodominio dell'uomo su se stesso, (e autodominio dell'uomo in Nietzche significa ascesi, metafisica, coscienza, nichilismo: insomma significa la socratica e platonica enkrateia), c'è il sempre il dominio dell'uomo sull'uomo. La condizione normale della bestia è di avere potere sul mondo e non su se stessa, l'immagine di noi stessi come possibile ulteriore oggetto del potere, quello che ci fa essere uomini e superare la bestia, non è naturale, qualcuno ce l'ha inculcato.
L'uomo è un animale che promette, è un animale della parola, ma non si può promettere che agli uomini, con la parola non si possono controllare e ammansire che gli uomini. La parola di per sé non procura cibo, non abbellisce il mondo, non lenisce il dolore; semmai costruisce un ordine di rapporti intercorrenti tra gli uomini in cui questi desideri si possono soddisfare, permette agli uomini di riprodursi socialmente e psichicamente, oltreché fisicamente.
Dunque l'animale uomo nasce dunque non solo con un progetto di gerarchia complessa, come quella di api e formiche, ma anche con un forte progetto di dominio interiore, di autodominio, che lo distinguerà da tutti gli altri animali.
La gerarchia che l'uomo andrà ad instaurare, prevederà che molti, se non quasi tutti gli uomini, si autodominino: sarà dunque una gerarchia di autocontrollo dell'uomo per l'uomo, più che di controllo dell'uomo sul mondo.
Il discorso del potere prevarrà sull'arte, sulla tecnica, sulla religione, poiché questi saranno principalmente strumenti di potere, strumenti con cui gli uomini regoleranno i rapporti intercorrenti tra di loro, piuttosto che protendersi con essi al controllo del mondo: ed è inevitabile se si pensa che la civiltà umana nasce tutta dalla coscienza e dalla parola, cioè dagli strumenti di dominio più autoriflessivi e rivolti al potere esclusivo dell'uomo sull'uomo prescindendo dall'ambiente in cui esso è inserito che esistano. Tecnica, arte, religione, continuano la coscienza e la parola con altri mezzi.
Ma in questa gerarchia l'abnegazione del servo è almeno altrettanto necessaria dell'estroversione e della voglia di dominio del padrone. Entrambi esprimono potenza. E' iscritto nel progetto dell'uomo che gli uomini si autodominino. Nel progetto dell'uomo sono anche e soprattutto vincenti i servi. Sbandierare i valori dei padroni è solo dire che questa gerarchia sta diventando troppo soffocante, troppo sbilanciata sul lato del servo, sul lato dell'energia volta all'autodominio e non al dominio. I padroni che incarnavano i valori aristocratici al tempo di Nietzche sono da lui considerati ormai inesistenti. Oggetto di diaspora. Recuperare i loro valori è recuperare dei valori aristocratici senza una vera e propria aristocrazia.