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Messaggi - niko

#2956
Scienza e Tecnologia / Re:Abbasso le astrattezze
06 Novembre 2020, 13:01:57 PM

Aumkaare ha scritto:


Mi è bastato provare a digitare "costanza velocità luce", e il secondo risultato (il primo diceva che tale costante è "un fatto", ovviamente scritto in grassetto...) mi dava il seguente articolo, in cui dicono praticamente quello che ho detto poco fa: la velocità potrebbe essere variabile, se i fotoni accumulano un ritardo a causa delle fluttuazioni del mezzo in cui viaggiano, fluttuazioni definite come una vera e propria rugosita di tale mezzo. Hanno solo sostituito l'espressione "mezzo fluido" o "mezzo eterico" con "mezzo gravitazionale". Dicendo anche un'altra cosa che avevo appena scritto, cioè che le fluttuazioni di tale mezzo sarebbero dell'ordine della lunghezza di Plank[/size]




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La velocità è una grandezza vettoriale, il campo elettromagnetico è un campo vettoriale, e sappiamo che la luce "devia" in presenza di gravità anche se non "rallenta", quindi io penso che quelli che tu vuoi vedere come "rallentamenti" o perdite di energia della luce dovute alla sua interazione con lo spazio che tu immagini come un mezzo rallentante, perché eterico, siano semplici deviazioni dovute come dice l'articolo che hai citato a un mezzo gravitazionale, e non a un mezzo eterico attraversato dalla luce che dallo spazio giunge fino a noi, nel senso che lo spazio può ben influire sull'angolazione del vettore velocità della luce e così complicarne il percorso, dando come risultato osservabile un percorso più lungo di quello matematicamente previsto supponendo un comportamento classico, e non relativistico, della luce, per fenomeni noti, come le lenti gravitazionali, i buchi neri eccetera, o ancora ignoti ma dello stesso tipi di quelli noti, insomma la prudenza suggerirebbe di suppore i fenomeni ignoti simili a quelli noti, e quindi tutti presunti i rallentamenti della luce nel vuoto, che sono incompatibili con la relatività generale, dovrebbero risolversi in mere deviazioni, che non lo sono, e anzi sono previste.

Quanto all'incorporazione del tempo nelle cose e alla scorporazione del tempo dallo spazio, il problema è sempre quello, ogni osservatore vede le cose per lui ferme "infuturarsi", cioè procedere verso la direzione futuro in un diagramma di Minkowsky, con la massima efficienza possibile, mentre le cose in movimento per quello stesso osservatore si muovono solo a spese dell'efficienza con cui si infuturano, per andare in qualunque posto "deviano" rispetto al loro progredire immediato e diretto verso il futuro e vi giungono tanto più lentamente quanto più veloci si muovono, questo non succede solo in condizioni estreme, succede sempre, solo che in condizioni non estreme è trascurabile, il muone progredisce più lentamente nel tempo perché la direzione "verso la terra", in cui sfreccia velocissimo, è parzialmente alternativa alla direzione "verso il futuro" nello spazio in cui esso realmente si muove, che è uno spaziotempo, è come sbagliare strada e andare a nord est quando la propria destinazione è perfettamente a nord, si arriva comunque all'altezza di un punto di riferimento a nord, come il punto di riferimento "Milano" se adesso siamo a Roma, ma ci si arriva più lentamente.

Insomma incorporando lo spazio nel tempo, l'infuturarsi è concepibile come movimento tra vari movimenti possibili e tutto ha una traiettoria lungo cui è lanciato non solo nello spazio ma anche nel tempo, gli enti nel loro destino sono linee e gli eventi punti, non è possibile che le cose abbiano dimensioni e lo spazio no, la ragione dell'esistenza di una cosa è l'occupazione e la concentrazione di spazio in proporzione diversa dalle altre cose, incorporando il tempo nelle cose una cosa trascorrerebbe nel tempo anche isolata dal contesto e non in relazione ad altre cose, il tempo è movimento, e il movimento è relazione; anche intuitivamente il concetto di spazio pone il problema che una cosa che lo occupa o è lì da sempre o viene da altrove, quindi sia l'occupazione eterna che l'occupazione temporanea di un punto nello spazio presuppongono il tempo, l'unico spazio senza tempo è quello vuoto, che non ha punti occupati nel raggio di un'estensione infinita, ma sarebbe indiscernibile e impensabile.
#2957
Attualità / Re:Covid-19 dove stiamo andando?
06 Novembre 2020, 11:12:09 AM
Citazione di: Ipazia il 05 Novembre 2020, 19:36:15 PM
Spiace per i visoni, ma che li allevano a fare ?

Invece di lanciare geremiadi al vento penso convenga interrogarsi sul tipo di evoluzione socioeconomica che la pandemia sta assecondando e sulle forme economiche che sta mettendo in seria crisi. La spinta all'informatizzazione era in atto già prima (incluse le università on line); la pandemia ne ha drammaticamente mostrato l'ineluttabilità. Anche lo show business concedeva alla diretta solo nicchie già insidiate fin dall'avvento del cinema e ancor più con la televisione. Nicchie per lo più cariche della mitologia dei soldi da sfoggiare nelle prime e sui tappeti rossi.

Turismo e ristorazione sono effettivamente molto penalizzati ma anche prima risentivano fortemente dei cicli economici sfavorevoli. Si riprenderanno alla grande, perchè passata la pandemia possono fruire dei un trend turistico di paesi emergenti che contano centinaia di milioni di potenziali clienti per il belpaese che, anche per questo, conviene salvaguardare sul piano ambientale e monumentale, uniche nostre ricchezze non delocalizzabili.




Informatizzazione e telematizzazione massiva del terziario e dei servizi altro non è che delocalizzazione neoliberista di questi servizi fondamentali con altri mezzi, e delocalizzazione significa sempre e comunque fame nera per l'indotto, e sempre e comunque scadimento abissale del servizio offerto.


Provare a portare armi e bagagli mezza Italia che fa cultura, arte, università, intrattenimento e sport (ma in realtà, stesso discorso di potrebbe fare per ogni lavoro nel settore dei servizi) nel fantastico mondo di internet, e pensare che i cittadini fruiscano del servizio connettendosi e sia tutto uguale, non è diverso dal provare a portare mezza Italia che fa cultura, arte, intrattenimento e sport in Nepal o in Thailandia, sia per quello che di conseguenza succede a tutto l'indotto di questi servizi "lasciato indietro" dallo spostamento senza più nulla a cui fare da indotto, sia per quello che di conseguenza succede alla qualità e alla fruibilità dei servizi stessi: la telematizzazione è una delocalizzazione, e si porta dietro tutte le logiche conseguenze di una delocalizzazione, ma di proporzioni enormemente più grandi di tutte le delocalizzazioni che abbiamo visto fino ad ora.


Un'università non è fatta di soli professori e studenti, e uno stadio o uno spazio concerti non è fatto di soli sportivi, grandi artisti e un pubblico pagante. Questi sono le componenti formali minime del servizio e dunque le componenti che si possono "spostare su internet", o comunque altrove, e in vario senso e modo "virtualizzare", ma bisogna pensare un'attimo a quanta altra gente deve lavorare e offrire servizi sul mercato perché una grande università, o un grande stadio esista fisicamente a prescindere dall'immagine stereotipata minima che ne abbiamo, e tutta questa gente non è delocalizzabile, e da una delocalizzazione non può che prendersela in quel posto, e per dare un'idea voglio fare un elenco:


pulitori, facchini, tecnici, custodi, raccattapalle, burocrazia, sicurezza, uffici, bar, ristoranti, rivenditori di biglietti, trasporti, quartieri di studenti che diventeranno quartieri fantasma, proprietari di case che affittavano a studenti, librerie, fornitori di arredo, manutenzione, fornitori di energia...


insomma penso di essere stato chiaro: la delocalizzazione non risolve i problemi, la delocalizzazione è fame per la comunità che la subisce e viene delocalizzata, e tutta questa migrazione della vita su internet non è la soluzione al problema temporaneo di un virus, è un'immensa delocalizzazione che pagheremo con lacrime e sangue di milioni di persone che non avranno più reddito e lavoro.


La qualità poi in senso assoluto ed umano dell'arte, dello sport e della cultura migrati su internet ci rallegreranno lo spirito, e costruiranno il nostro futuro più a lungo termine (architetti, medici, giuristi, economisti, ingegneri, scienziati, che avranno la loro brava laurea presa su internet accendendo la telecamerina formeranno la classe dirigente e intellettuale della nuova utopia).







#2958
Scienza e Tecnologia / Re:Abbasso le astrattezze
05 Novembre 2020, 09:31:57 AM
Beh, penso che se la luce viaggiasse in fluido, non avrebbe velocità costante per osservatori diversi in movimento l'uno rispetto all'altro, e anzi sarebbe possibile per un osservatore rilevare il cosiddetto vento d'etere, l'esperimento di Michelson e Morley dovrebbe andare diversamente da come in effetti va, dovrebbe essere possibile determinare in maniera univoca la simultaneità tra due eventi anche a velocità relativistiche eccetera.

Quindi c'è un senso molto preciso in cui si può dire che la luce viaggia nel vuoto e non in un fluido, perché niente ha movimento relativo rispetto a questo ipotetico fluido in cui la luce dovrebbe viaggiare, e nessun fluido newtoniano può avere caratteristiche tali per cui una perturbazione che si propaga in esso viaggia a velocità costante. A parità di caratteristiche del "fluido" una sorgente di luce (emittente della perturbazione) e un corpo (ricettivo della perturbazione) hanno movimento relativo solo tra di loro, e questa è, anche nel senso comune, la caratteristica di due corpi nel vuoto che hanno movimento relativo solo tra di loro e non relativo al vuoto che è "fermo", per dire, se sono sul bagnasciuga del mare posso fare esperienza di vedere le onde più veloci se corro nella loro direzione e più lente se scappo in direzione inversa, perché ho una posizione reale rispetto al fluido (acqua) in cui viaggia la perturbazione (onda); guardando la luce passare nel vuoto invece, è come se ci fosse un diavoletto che rende le varie "onde di luce" -fotoni- che osservo più lente se mi avvicino ad esse e più veloci se scappo, in modo che i fronti d'onda abbiano sempre la stessa velocità, e anche la stessa se resto fermo, in modo che non posso assumere quei fronti d'onda come riferimento per sapere se e come mi sto muovendo rispetto al vuoto e devo trovare altri riferimenti, che comunque anche se li trovassi non mi direbbero come mi sto muovendo rispetto al vuoto, ma solo come mi sto muovendo rispetto ad essi, e questo giustifica alcune complessità contro intuitive della fisica moderna che non si possono semplificare con la metafora del fluido.




#2959
Attualità / Re:Covid-19 dove stiamo andando?
04 Novembre 2020, 18:48:36 PM
Citazione di: Ipazia il 04 Novembre 2020, 18:23:13 PM
Concordo che la paranoia sia alle stelle, messa in orbita ad arte da una dirigenza politica, amministrativa e tecnico-scientifica che ogni giorno di più rivela la propria inadeguatezza, ma non fino al punto di fare morire di fame le partite Iva e bloccare la produzione. Anzi mi pare che la produzione sarà l'ultima attività economica a fermarsi e dalla produzione arriva tutto.

Il covid già nella prima fase ha rilanciato i negozi essenziali di quartiere a danno della grande distribuzione che comunque ha le spalle grosse per riprendersi.

Prosperano alla grande le aziende-stato web, bigpharma e chi gravita intorno al business salute, ma pensionati e statali ci possono contrapporre nulla e si ritorna alla inadeguatezza di una classe politica globalizzata sempre più balbettante di fronte ai moderni padroni del vapore.

Soffre indubbiamente il terziario commerciale, arte e turismo, ma ovunque in Europa gli aiuti di stato non sono mancati e questa è concreta solidarietà sociale. Forse anche maggiore di quando il mercato va a gonfie vele sulla guerra tra - e sfruttamento dei - poveri.
.


Sì guarda, come avevo fatto a non notarlo prima, i negozi essenziali di quartiere stanno andando benissimo (soprattutto ne aprono tanti, mica ne chiudono...), la grande distribuzione dove non sta guadagnando niente da questa situazione, grazie alla produzione che continua a funzionare e ai trasporti  in senso stretto, tipo industriale energia trasporti e primario, arriva in città tutto quindi di che ci lamentiamo, qualcosa di cibo e vestiti alla caritas troveremo sempre...


fermare la produzione non è in discussione, peccato che a marzo hanno fatto pure quello e nulla mi fa escludere che potrebbero rifarlo... Il pil soprattutto, testimonia come la produzione in senso lato stia andando bene, e come quelli attualmente che sono col culo parato ci resteranno ancora a lungo.


soprattutto quelli che hanno perso il lavoro o l'attività fanno salti di gioia grazie ai solidalissimi, solleciti e realmente proporzionati a quanto perso aiuti che stanno ricevendo (e che saranno pagati con lacrime e sangue da tutti) perché sanno bene che lo ritroveranno il lavoro, come e meglio di prima, che avranno i soldi e le condizioni per riaprire, che le tasse ordinarie i pignoramenti, i mutui, gli affitti saranno sospesi eccetera...


ma anche come mercato immobiliare e disponibilità al consumo di merci e servizi, devo dire che far lavorare e studiare tutti da casa con internet e il computer genera lo stesso indotto, la stessa circolazione di ricchezza di quando si raggiungeva il posto di studio o di lavoro fisicamente, se ne accorge soprattutto chi ha qualcosa di abitativo da dare in affitto...


Temo veramente che ci sveglieremo troppo tardi, e che l'isolamento sociale imposto darà alla testa a troppe persone, che se lo faranno piacere...


#2960
Attualità / Re:Covid-19 dove stiamo andando?
04 Novembre 2020, 17:55:31 PM
Citazione di: Ipazia il 04 Novembre 2020, 14:50:10 PM
A me fa specie l'idiozia di pensare che pensionati e statali contino qualcosa in questo paese, laddove fungono da bancomat e badanti per figli e nipoti.

Se ci sono cavalieri coraggiosi agiscano e non cerchino demagogici capri espiratori. In prima linea ci stanno gli statali in questo momento: medici, infermieri e personale sanitario.

Il problema sono piuttosto i politicanti, sempre foraggiati da sponsor con partita iva che non brillano certo per solidarietà, acume e impegno sociale.

Almeno un dato liberatorio in questa seconda fase si può registrare: scomparsa la vomitevole retorica di regime: "Andrà tutto bene", che tappezzava social, negozi, parchi e condomini.




Io dicevo che gli statali e i pensionati saranno i prossimi a saltare, perché a un certo livello di crisi economica gli stipendi e le pensioni non sono garantiti per nessuno, perciò chi ancora lavora e ha un reddito, farebbe bene a solidarizzare con chi non lo ha più, nel suo stesso interesse, altroché retorica dei medici eroi...


quanta gente viveva di turismo, di commercio, di arte e adesso è alla canna del gas... bisogna tornare a produrre, l'assistenzialismo a tempo indefinito non è una soluzione in primis perché crea debito, inflazione e aumento della pressione fiscale, quindi la tragedia dei milioni di persone spesso con famiglia che oggi non possono più lavorare la pagheremo tutti di tasca nostra, non la pagheranno certo i politici, secondariamente le persone licenziate che ora vivono di welfare non saranno riassunte alle stesse condizioni nella jungla neoliberista che verrà dopo questa crisi, aver perso il lavoro non è solo un danno lucro cessante, è un danno per il futuro, perché non lo si ritroverà a condizioni decenti, la fame aumenterà le pretese degli sfruttatori in un circolo vizioso, danni per l'istruzione perché chi non può studiare sarà ignorante, mercato immobiliare distrutto, prezzi al consumo che aumentano, la tragedia non è solo sanitaria e io volevo dire che quelli che hanno ancora la fortuna di avere un lavoro e un reddito dovrebbero solidarizzare con quelli che non lo hanno più, non solo in senso umano, ma anche nel loro stesso interesse per la fine che sta facendo il paese stritolato da misure sanitarie che andrebbero bene contro la peste per una malattia che la peste non è, situazione che trascinerà giù tutti, arriveremo a condizioni di vita così disastrose che toccheranno anche chi ancora lavora e non è alla frutta, bisognerebbe capirlo, e invece ognuno si guarda il suo orticello, e continuiamo con la retorica dei medici eroi...
#2961
Attualità / Re:Covid-19 dove stiamo andando?
04 Novembre 2020, 13:58:34 PM
Perchè il messaggio giusto, secondo me, da dare sarebbe che ci sono forti probabilità di avere a che fare con quest'emergenza fino a che non sarà disponibile il vaccino e che l'unico mezzo per limitarla è il rispetto delle norme essenziali di comportamento individuale.[/size]

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Le norme di comportamento individuale per limitare i danni non possono impedire il lavoro e la socialità, sennò su tempi lunghi fanno più danni di quanti ne evitino, non si può vivere di sussidio a tempo indefinito


(sussidio pagato da chi a chi, mi chiedo? Cosa determinerà il protrarsi di una gestione improduttiva e assistenzialistica dell'emergenza? Tasse più di quante già ce ne sono? Debito con l'estero e con organismi sovrannazionali che poi dovremo ripagare lavorando come schiavi? Moneta stampata dal nulla che determinerà inflazione e crollo del valore dei sussidi assistenziali stessi?)


e non si può vivere chiusi in un buco con la paura dell'altro a tempo indefinito, quindi o le norme essenziali imposte sono compatibili con la vita lavorativa e sociale, tipo Svezia, o, se proprio devono essere incompatibili con lavoro e dignità umana perché come i paesi civili non possiamo fare, meglio un modello stop and go, che un modello stop a tempo indefinito, con stop a tempo indefinito andiamo per pezze economicamente, e neghiamo lo spirito stesso dell'uomo.


I dispositivi di protezione individuale ed alcune abitudini sanitarie sono accettabili, ma un mondo dove non si può più camminare per strada, superare i confini comunali, lavorare per il pane quando si ha famiglia, incontrare chi si vuole in casa propria no, è una dittatura.


Se la guerra al virus deve diventare la guerra all'uomo, e tale sta diventando, aprissero e chiudessero a tempi alterni, che è meglio che farci crepare tutti, e non certo di virus...


per il problema del natale non mi importa, chiudessero tutto e mantenessero lo stato d'assedio fino a dopo le feste (mi dispiacerebbe solo per il conseguente disastro per i commercianti), basta che poi riaprono...


pensare di essere al di là della fame come prospettiva di chi non mangia e della necessità di uno stile di vita umano per tutelare la mera sopravvivenza ci sta portando alla rovina, proprio come pensiero che si scontrerà con la realtà, quando vedremo che finito il pane non si possono mangiare vaccini e pillole, e che chiusi in una casa carcere senza una socialità pienamente umana e non solo familistica e lavorativa -per chi è fortunato che ancora lavora- (potrei dire non solo produttiva e riproduttiva) non si vive.


Gente che ha mutuo, affitto, macchina, per quanto tempo valuterà più importante la salute fisica davanti alla prospettiva della rovina economica nel senso vero del termine, di andare a fare il barbone?


A me fa specie molto l'idiozia di statali e pensionati che non si schierano con negozianti e piccoli imprenditori in questa situazione, non lo capiscono che i prossimi redditi a saltare sono i loro... le recenti vicende di Argentina, Grecia, ritrovarsi nel terzo mondo da un giorno all'altro, ritrovarsi coi bancomat che un bel giorno non erogano più e tanti saluti, dovrebbero pur aver insegnato qualcosa, se la gente vedesse anche solo reportage giornalistici e documentari...


quo usque tandem...
#2962
Attualità / Re:Integralismo Islamico
04 Novembre 2020, 13:11:10 PM
Citazione di: anthonyi il 03 Novembre 2020, 17:35:29 PM[/size]
Citazione di: niko il 03 Novembre 2020, 11:17:52 AM[/size]Assolutamente d'accordo con la libertà di blasfemia, per avere il senso reale della violenza, di cosa sia violenza e cosa no agli occhi di Dio o della natura, bisogna cessare per un attimo di identificarsi con i simboli dell'io e iniziare ad identificarsi con il proprio e altrui corpo, ammazzare senza motivo un topo è violenza, rompere un crocifisso no, e sono sicuro che Dio sarebbe d'accordo.
[/size]Non esiste solo la violenza fisica, esistono altre forme di violenza. Rompere un crocifisso, o bruciare una bandiera, sono atti di violenza simbolica, feriscono coloro che al valore di quei simboli credono. C'è poi da notare che l'atto di oltraggio a un simbolo non è neanche indicativo di laicità, il laico dovrebbe essere indifferente ai simboli, invece, chi tenta di ferirli o distruggerli dimostra di dare loro un valore negativo.
[/size]


Ti do una risposta seria anche se penso che, siccome sei arrivato a dire cose veramente eccessive in un contesto democratico, ad esempio dire che la satira politica dovrebbe essere da vietare, stai un po' esagerando.


Il mio intervento sul crocifisso e sul topo, che tu hai riportato in parte, era imprescindibile dal seguito, e cioè io cominciavo con


"Assolutamente d'accordo con la libertà di blasfemia, per avere il senso reale della violenza, di cosa sia violenza e cosa no agli occhi di Dio o della natura, bisogna cessare per un attimo di identificarsi con i simboli dell'io e iniziare ad identificarsi con il proprio e altrui corpo, ammazzare senza motivo un topo è violenza, rompere un crocifisso no, e sono sicuro che Dio sarebbe d'accordo."


e continuavo con:


Più ci facciamo grandi, e più accadimenti che da un punto di vista modesto e limitato ci apparirebbero neutri siamo costretti a catalogare come violenti, il disegno di Maometto nudo è così, una cosa che può offendere solo un nevrotico che non si identifica con il proprio corpo ma con la propria mente.




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Tu poi appunto scrivi:


"Non esiste solo la violenza fisica, esistono altre forme di violenza. Rompere un crocifisso, o bruciare una bandiera, sono atti di violenza simbolica, feriscono coloro che al valore di quei simboli credono."


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E io volevo dire che appunto non esiste solo la cultura cristiana con il suo concetto di salvezza che rispetto all'immanenza dello stare al mondo è slancio verso l'infinito, idea che l'individuo sia significativo in un ambiente infinito e le anime individuali nel bene e nel male abbiano destino infinito, vita coestesa rispetto al tempo della totalità e perfino uno spazio eterno riservato nello spazio totale garantito dalla resurrezione dei corpi; oltre a quella cristiana, esiste, o almeno esisteva, pure la cultura greca col suo concetto della misura e del conosci te stesso, nel senso appunto di: "stai nei limiti del tuo corpo e prendi un po' più sul serio la morte", conosci te stesso anche fisicamente, non sei commensurabile ad un ambiente infinito e neanche a uno finito indefinitamente cangiante, quindi, stando nel tuo corpo, ti rendi meno vulnerabile all'offesa al simbolo, all'icona, al pupazzetto, al principio astratto, a tutto quello che entra in un cerchio di identificazione più grande del tuo corpo e che, data la sostanziale indifferenza della natura alle vicende umane, può farti soffrire più del dovuto quanto più ti fai grande e ti esponi (filo-sofia, vivi nascosto), e questa minore vulnerabilità, ti mette in condizione di stare con gli altri e dialogare; per quanto tu soffra quando si rompe il crocefisso, la verità è che il crocefisso non sei tu e questo ti mette in condizione di sopravvivere, non c'è nessuna resurrezione futura a cui siamo chiamati a partecipare, c'è verità sufficiente alla vita nella condizione umana, ma per coglierla dobbiamo stare nel corpo, capire che l'offesa al senso, al pensiero, non ricade realmente su di noi.


Se tu sei ferito quando il tuo simbolo è ferito, vuol dire che la tua identificazione con quel simbolo è totale, adatta a una società totalitaria, invece il senso della commedia e della tragedia, che alla società totalitaria sono l'antidoto, è forse che la tua identificazione totale con certi simboli è circoscritta nello spazio e tempo (il luogo fisico del teatro stesso), e puoi sopravvivere se non come individuo quantomeno come specie, all'eclissi del senso, alla fine dello spettacolo.


Il dolore non è colpa di nessuno e non ha senso, ha semmai valore come orizzonte di internità del vivente alla natura, come limite al senso.
#2963
Attualità / Re:Integralismo Islamico
04 Novembre 2020, 00:43:05 AM
Ci mancava solo la gente che pensa di essere al di là del diritto di satira perché vive di assoluti e la gente che su un forum di filosofia si sente in dovere di difenderla...


io non so come funziona in chiesa e presso i popoli astemi, ma nelle osterie della mia città girava un detto che diceva:


"Chi si offende paga da beve", così nella tavolata non si offendeva mai nessuno e si finiva sempre pe pagà "alla romana".


A proposito di tradizioni

#2964
Attualità / Re:Integralismo Islamico
03 Novembre 2020, 11:17:52 AM
Assolutamente d'accordo con la libertà di blasfemia, per avere il senso reale della violenza, di cosa sia violenza e cosa no agli occhi di Dio o della natura, bisogna cessare per un attimo di identificarsi con i simboli dell'io e iniziare ad identificarsi con il proprio e altrui corpo, ammazzare senza motivo un topo è violenza, rompere un crocifisso no, e sono sicuro che Dio sarebbe d'accordo.


Più ci facciamo grandi, e più accadimenti che da un punto di vista modesto e limitato ci apparirebbero neutri siamo costretti a catalogare come violenti, il disegno di Maometto nudo è così, una cosa che può offendere solo un nevrotico che non si identifica con il proprio corpo ma con la propria mente. La letteratura si rivolge a un pubblico reale o virtuale di lettori di cui si presume a priori il consenso perché l'opera letteraria possa anche solo cominciare e la satira è letteratura, non è come la filosofia, che il consenso della comunità a cui si rivolge lo pospone al termine, o come la rivelazione, che dal consenso prescinde.
#2965
Citazione di: viator il 29 Ottobre 2020, 11:46:36 AM
Sale Niko. Tu mi attribuisci una qualche mia - esplicita o sottintesa - definizione, connotazione, descrizione del concetto di benessere. Purtroppo, all'nterno di quanto ho scritto non c'è nulla di tutto ciò. Non ho parlato nè di benessere materiale, nè di abitudini consumistiche, nè di benessere esistenziale, nè di benessere salutistico e corporale.


Ho solamente osato sostenere che - secondo me- a questo mondo alcuni si credono o vengono creduti vivere in condizioni di benessere sociale (qualsiasi cosa tale espressione significhi per me o per te)........per passare poi a valutare la eventuale relazione tra tale condizione e le possibilità-facoltà libertà esistenti all'interno dei corpi sociali del cosiddetto "primo mondo". Saluti.


Ah, quindi uno non dovrebbe rinunciare alla libertà per il benessere, ma per farsi definire dagli altri, e autodefinirsi nominalmente così: in stato di benessere. Questo benessere non vale nulla, la felicità non può essere un'autodefinizione o una definizione altrui, perché è un'emozione.
Il corpo lo sa, quando le parole con cui definiamo la felicità funzionano, e quando no.


Non gli sacrifico nemmeno una gomma, a questo benessere qui. E penso che nessuno dovrebbe mai farlo.
#2966
La ricchezza materiale è solo una parte del benessere, che è uno stato più complessivo di felicità, o quantomeno serenità, duratura, insomma uno stato interiore soggettivo delle persone, in cui la ricchezza materiale è solo una parte e un fattore tra i tanti.


Alla fine, non è vero, come dice viator che benessere e libertà si oppongono, se con benessere si intende la felicità, libertà e felicità vanno insieme, e sono inseparabili l'una dall'altra, quindi l'unico vero benessere è quello compatibile con la libertà e realizzativo di essa, quindi diritti sociali, diritti politici e diritti civili dovrebbero andare insieme.


Ma mi pare che viator con benessere intenda una sorta di opzione socio-culturale disponibile per la libera scelta dell'individuo neutralmente ed esistenzialmente considerata, senza alcun giudizio di valore, insomma per lui il benessere è genericamente l'opzione di vita sociale per come essa si configura in una civiltà per un certo individuo, una cosa che appunto o la si accetta o si va a fare l'eremita, quindi la libera scelta è tra benessere ed eremitaggio, laddove il benessere è particolare e variamente denotato in senso destinale per classe sociale, sesso, luogo di nascita eccetera, quindi per contro l'opzione opposta di eremitaggio e rifiuto della socialità vale come universale contrapposto a questa particolarità.


Ovviamente per me questo non è benessere, perché benessere per me è la felicità e la felicità non è una generica opzione sociale e socializzante, e tantomeno l'opzione si può rifiutare per un conformismo totalitario, tanto meno darà libertà, e quindi tanto meno darà felicità, politicamente non c'è niente di peggio che imporre il "benessere" come opzione, e filosoficamente pure è fuorviante porlo come opzione, perché la felicità non è opzione ma necessità, quindi per me pollice verso per tutte quelle etiche che pongono la libertà come opzione, e di conseguenza la felicità come opzione, non è vero che solo nel bene si è liberi, io sono abbastanza nichilista da considerare il bene come ciò che soddisfa, e quindi estingue, la volontà, e il male come ciò che non soddisfa, la volontà, e quindi indefinitamente la mantiene, il desiderio umano tende a un godimento temporalmente esteso, a un mantenersi volenti in presenza dell'oggetto di volontà, e quindi si compone tanto del bene, quanto del male, che poi questo bene sia definito a livello individuale o sociale poco mi importa, la società non ha vita se non concettuale e astratta, ma anche l'individuo è un costrutto culturale e un'astrazione, soprattutto radicata in una tradizione illuminista poi e cristiana prima, il soggetto è ciò che vi è di intermedio, tra individuo e società, è l'interindividuale, quindi il dialogico, il soggetto è il soggetto del dialogo, interiore poi, e con l'altro prima.



#2967
se bastasse farsi ammazzare per una cosa per farla diventare vera, a quest'ora ne avremmo fin troppe, di cose strane vere...
#2968
phil, su un numero alto di eventi casuali, se la probabilità di indovinare è 50%, la media dei risultati corretti e non corretti tenderà sempre di più al 50% tanti più tentativi si fanno, più è alto il numero dei tentativi, più il risultato medio esprime esattamente la percentuale propria del tentativo singolo, quindi se hanno ottenuto 60 di risultati corretti sul totale laddove l'uomo della strada con un numero alto di tentativi, tipo cento o mille, avrebbe sicuramente ottenuto 50, (perché l'uomo della strada va a casaccio e cerca di indovinare, può andargli meglio o peggio della media su un numero basso di tentativi, su un numero alto la statistica detta legge) il metodo che hanno usato ha almeno in parte funzionato...
#2969
Citazione di: Dante il Pedante il 25 Ottobre 2020, 14:00:33 PM
Al momento la neuroscienza non ha ancora dimostrato un caxxo sulla autocoscienza. Solo ipotesi e teorie. Se sono bravi come quelli che studiano il covid  ;) ..L'esperimento di Libett è ampiamente superato.Sono interessanti i più recenti studi sul "libero veto" piuttosto che sul libero arbitrio, che dimostrebbero le capacità della mente di fare scelte libere. la visione meccanicistica è ormai preistoria ;D
Famoso anche l'esperimento di questi ricercatori. Essi, attraverso la tecnica della pattern recognition hanno studiato la scelta di alcuni volontari, che avrebbero dovuto decidere quale tra due bottoni avrebbero dovuto premere. Essi scrivono:
«Abbiamo verificato che il risultato di una decisione può essere codificato nell'attività cerebrale della corteccia prefrontale e parietale fino a 10 secondi prima che il soggetto raggiunga la consapevolezza. Questo ritardo, presumibilmente, riflette l'operazione di una rete di aree di controllo di alto livello che cominciano a preparare una decisione imminente ben prima che venga raggiunta la consapevolezza».
In poche parole, per loro, è l'inconscio a determinare l'attività conscia (Fonte: Nature - Unconscious determinants of free decision in human brain). Ma attenzione a non lasciarsi ingannare...

    Innanzitutto, essi riuscivano sì a prevedere quale pulsante avrebbero premuto i volontari, ma con un'accuratezza del 60%, una percentuale non troppo alta se si tiene presente che la scelta era duale e che, tirando a indovinare, essi avrebbero avuto una precisione non troppo inferiore, ovvero del 50%. Ne consegue che essi non hanno scoperto che l'inconscio determina la decisione, ma che semplicemente un desiderio inconscio può spingere in una direzione piuttosto che l'altra.
    Veniva chiesto ai soggetti di premere il tasto non appena avrebbero sentito l'impulso. Il soggetto non doveva quindi "fermare" l'impulso, qualora lo volesse, per non compromettere l'esperimento. Quante volte sentiamo un impulso e lo fermiamo?
    Possiamo, anche qui, rivolgere la critica temporale: 10 secondi non sono anni...
    La corteccia prefrontale ha connessioni reciproche con tutti i sistemi motori ed è connessa con aree che riguardano la memoria e le emozioni. Non ha tuttavia connessioni dirette con aree motrici. Essa serve anche a mantenere informazioni o decisioni pre-stabilite. Da qui si capisce che essa non è determinante, sia per la posizione, sia perché non ha connessioni dirette con le aree della morale o del pensiero cognitivo. Anche se è lei a consigliare cosa fare (o, semplicemente, a simulare l'azione), lei riguarda solo i movimenti (Fonte: Giuseppe di Pellegrino - La corteccia prefrontale)... Bisogna comunque dire che è in parte legata a disturbi quali la schizofrenia e quindi potrebbe influenzare il comportamento (ma "influenzare" è una cosa diversa da "determinare"). Forse, il comportamento non buono della corteccia prefrontale determina un malfunzionamento della vicina memoria emotiva, ma non sta a me dire queste cose.
    Anche la corteccia parietale è legata ai movimenti, oltre alle informazioni visive, uditive e spaziali. Un danneggiamento di essa produce aprassia, ovvero un disturbo che coinvolge i movimenti (Fonte: Università di Venezia - Cervello). Anche questa non è legata alle scelte morali.
    Forse, le aree in questione, stavano semplicemente creando l'immagine visiva di un'azione pre-stabilita da compiere in quello spazio, suggerendo come compierla e quale bottone premere. Insomma, solo un suggerimento...
    La scelta era casuale: non avevano motivazioni per premere un tasto piuttosto che l'altro. È possibile che, di fronte a situazioni del genere, sia il cervello che produce "a random" l'azione. Io, forse, avrei accettato questa spiegazione se la previsione fosse stata precisa al 90%, non al 60%...
    Forse queste persone non avevano ancora deciso quale tasto premere, ma è possibile che l'attività della zona prefrontale stesse solo riflettendo il pensiero su cosa premere: se i volontari pensavano più intensamente al tasto destro (da premere, secondo l'esperimento, con la mano destra) che al sinistro (da premere con la sinistra) è logico che l'attività della zona cerebrale "simuli" l'attività della mano destra, ma non necessariamente il volontario deve muovere la mano destra per premere il pulsante, come il 40% di indeterminazione effettivamente dimostra. Quindi, è logico che ci sia un'attività cerebrale prima della decisione cosciente (Fonte: Filippo Tempia - Decisioni libere e giudizi morali).


È evidente che le interpretazioni di Haynes & co. sono frutto di idee preconcette (basta vedere l'impostazione fortemente riduzionistica dell'articolo) e sono incredibilmente forzate e arbitrarie.

da Falena Blu




Non è che magari migliori la precisione solo del più dieci percento da cinquanta, che avresti comunque perché la probabilità di scelta tra due tasti è quella, a sessanta, usando una tecnologia particolare, perché una tecnologia che preveda in anticipo quale pulsante tra due possibili premerà un uomo a partire dall'analisi della sua attività cerebrale è roba complicatissima da fantascienza, quindi in quanto costruita da altri uomini è imperfetta, quindi più che un miglioramento di prevedibilità del dieci percento sul risultato casuale non ti dà, e già e tanto e sorprendete quello? Magari una macchina simile costruita da alieni avanzatissimi ti porta all'ottanta, al novanta, al cento...
#2970
 


Io ho una posizione abbastanza precisa su uno dei punti che hai sollevato, e cioè la percezione e la conoscenza sono sempre per definizione campo limitato, sezione "chiusa" di spazio e tempo in cui qualche dettaglio o qualche ulteriorità oltre l'orizzonte sfugge sempre. Direi che l'onniscienza non è possibile, o almeno non è una forma possibile di contemplazione del mondo, perché un essere onnisciente che contemplasse il mondo, dovrebbe includere nella sua conoscenza la differenza tra se stesso e il mondo, quindi dovrebbe sapere di non sapere: o rimane ipnotizzato dalla sua stessa contemplazione, e non sa di sé, quindi non è onnisciente, o contempla il mondo e insieme, simultaneamente, sa di sé, quindi sa che il mondo come oggetto attualmente contemplato è in qualche sia pur minima misura ulteriore alla/o differente dalla, rappresentazione che lui stesso ne ha, per giunta in un modo che lui stesso non può rappresentarsi e non può indicare fin nel minimo dettaglio, quindi non è onnisciente.


Esclusa l'onniscienza quindi, restano i campi percettivi limitati, ed è in questi campi percettivi limitati, che si decide della verità della tua affermazione "cartesiana" secondo cui una cosa autocosciente inclusa in uno spazio, non è e non sarà mai uguale a un'altra cosa identicamente autocosciente immaginata/posta in un altro punto dello stesso spazio: certamente l'affermazione è vera agli occhi di una terza "cosa", a cui attribuiamo una conoscenza o un campo percettivo superiore, che "veda" una porzione abbastanza estesa di spazio e sappia di tutte e due le altre "cose", ma che dire della soggettività delle due singole cose laddove abbiano un campo percettivo conchiuso in se stesso e limitato, tale da escludere l'altra cosa e non sapere nulla della sua esistenza? Sarà pure vero, che sono uno "qui" e uno "lì", ma il punto è che l'essere uno "qui" e uno "lì", soggettivamente a loro, magari per l'intera durata della loro esistenza autocosciente (vita), non fa nessun effetto, dire che "hanno la stessa autocoscienza" vuol dire dire, di loro, che vivono la stessa vita, quindi "lebnizianamente", per il principio di identità degli indiscernibili, quelle due, tre, n, infinite vite "distinte" che potrebbero avere, sono di fatto una, perché sono distinte agli occhi di un eventuale altro, e non mai, ai loro occhi. Se uno di loro nasce, lo scorrimento filmico sinottico del film di quest'unica vita, non cambia di una virgola. Se uno, o più, di loro muore, lo scorrimento filmico sinottico non cambia neanche così di una virgola, finché non muoiono tutti. Indeterminato più uno, fa indeterminato. Indeterminato meno uno, fa sempre indeterminato. Non abbiamo la minima, minimissima idea di quanto sia grande il mondo. Le galassie, i pianeti, gli universi oltre al nostro, i cicli di morte e rinascita dell'universo. Non abbiamo la minima idea di quante cose non sappiamo e non vediamo, e di quante cose simili scambiamo allegramente ed inconsapevolmente per uguali perché subliminali alla nostra soglia di percezione della differenza. Ci facciamo l'idea che la ogni vita nella sua specificità sia irripetibile e propria di un singolo individuo, perché semplice come idea, e scartiamo l'idea che ogni vita sia quello che succede a una collettività temporalmente e spazialmente indeterminata di individui a certe condizioni, perché complessa. Pensiamo che ogni stato dell'anima debba corrispondere a uno e un solo stato del corpo, secondo me niente di più falso, potenzialmente in natura si danno n stati del corpo per ogni stato dell'anima ed n stati dell'anima per ogni stato del corpo, il fatto che ogni individuo sia unico non può che derivare dalla complessità ed essere casuale, già è rara la vita in sé come fenomeno, posso accettare che ipotizzando un universo "effimero" nel tempo, e "piccolo", sia plausibile e statisticamente probabile, quindi argomentabile, che ad ogni coscienza corrisponda uno e un solo corpo, oltre una certa estensione e durata dell'universo o degli universi, che ci sia una e una sola sola coscienza pe ogni corpo mi pare sempre più assurdo assurdo fino a diventare assurdissimo all'infinito, il punto è che è la coscienza che giudica della identità o differenza di se stessa dalle altre coscienze, che sa quanti e quali simili accorperebbe come uguali secondo la sua preferenza e la sua funzione, non c'è un numero di serie con cui stampano le coscienze o un rapporto giuridico di proprietà che lega una coscienza al corpo, non c'è l'occhio di Dio che ci vede, ci appiccica la targhetta e ci dice: "tu sei qui e quell'altro lì", noi siamo qui o lì solo ed esclusivamente nella misura in cui di questo essere qui o lì ce ne frega o ci cambia qualcosa.


Proprio perché non è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra mente e corpo, ma un corpo può avere e una mente più corpi, sarebbe meglio considerare la coscienza una proprietà generica del mondo, e quindi dello spazio e del tempo, a cui certe conformazioni materiali hanno accesso,  nel senso che non penso che la materia generi a qualche condizione la coscienza, semmai la materia a qualche condizione "accede" a un campo di coscienza che è genericamente presente nel mondo a prescindere dalle condizioni della materia, questo spiegherebbe anche perché il reale è intersoggettivo, se nel pensare ci connettiamo a una "dimensione" della coscienza preesistente, c'è un limite all'arbitrarietà e alla singolarità del
pensiero, perché i pensatori non pensano ognuno singolarmente, ma convergono verso la comune realtà che permette loro di pensare, quindi è un po' la questione aristotelica dell'intelletto agente, non basta l'idoneità organica del pensatore al pensiero, non basta l'idoneità fisica e logica del pensato ad essere
pensato, ci vuole una "luce" come elemento terzo impersonale del pensiero che connetta i due, la vista non dipende meramente dall'occhio e dai colori, ma dall'occhio dai colori e dalla luce, il pensatore non può pensare arbitrariamente senza limiti quel che vuole ma il pensiero ha una sua auto evidenza e
oggettività, esattamente perché e nella misura in cui certe cose sono solo incidentalmente pensate ma
esisterebbero anche se non fossero pensate, ma pensatore e pensato non sono due monadi in accordo ma due cose illuminate dalla stessa luce, la relazione che pensatore e pensato hanno tra di loro, rimanda alla relazione che ognuno di loro ha in comune con un terzo, quindi il pensiero si compone di un terzo
elemento che non è propriamente né oggettivo ne soggettivo, ma impersonale, quindi è vero che il pensiero ha un elemento atopico e intemporale, che la vita non è solo corpo e, oltre al corpo con il cervello dentro e alla cosa da pensare, come prerequisiti effettivi del pensiero, possiamo pensare qualcosa solo grazie a una generica e non locale attività del pesare, che non si predica specificamente del corpo o del pensato, che non è loro attributo, e che quindi questa attività sembra non stare nel mondo, ma essere propria di un dio o comunque avveniente in una dimensione trascendente, però se questa attività si
manifesta e si esaurisce nel connettere gli estesi, nel rivelare i rapporti che gli estesi hanno e ad altre condizioni non avrebbero (facendo così scorrere i "film" dei vari vissuti sullo "schermo" dei vari cervelli)
rimanda a quello che gli estesi hanno in comune ed è sostanza, è immanente, non è fuori dallo spazio e dal tempo, ma è quello che hanno in comune, lo spazio e il tempo, quello che hanno in comune le parti arbitrariamente possibili, dello spazio e del tempo; insomma possiamo pensare perché siamo composti
degli stessi elementi, degli stessi semi, di quello che pensiamo, e se alcune cose sembrano pensare e
altre no, la differenza è nei rapporti quantitativi di questi compositivi comuni, non c'è nessuna "qualità" intrinseca che dà la vita e fa pensare, né nella materia, ne in un altrove trascendente, semplicemente a certi livelli di complessità le parti in cui si può scomporre la materia, restano in relazione anche a distanza tra di loro, e quindi con lo spazio e col tempo. Chiamiamo disordinata, una distribuzione di elementi che sembra in relazione col solo spazio, insieme di cose buttate in giro alla rinfusa, e ordinata, una che sembra in relazione con lo spazio e col tempo, cioè che contenga registrazioni, stati della serie che sono sé stessi ma che potrebbero plausibilmente essere anche la traccia dell'ultimo elemento percepito attraverso momenti distinti, che allo sguardo sintetizzante e sinottico di una eventuale coscienza raccontino dello scorrere del tempo, che il tempo sia effettivamente trascorso o no.