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Messaggi - sgiombo

#2956
Citazione di: Duc in altum! il 20 Febbraio 2017, 19:38:06 PM
**  scritto da sgiombo:
CitazioneGli eventi fisici (che accadono) accadono indipendentemente da qualsiasi eventuale opinione su di essi.
Certo, sono d'accordo con te @sgiombo, ma è l'opinione personale sul perché e come accadono che determinano la nostra esistenza, e non il contrario. E siccome il chi io desidero essere e il cosa io riesco a essere, o il io chi sono poi, in definitiva, sono sentimenti intuitivi o istintivi più elevati di qualsiasi sensazione scientifica, ecco che non ci si può fermare (almeno io) innanzi alla realtà che i fenomeni fisici accadono indipendentemente da qualsiasi opinione.
C'è qualcos'altro, che per adesso la scienza non può scoprire, e non che non esiste questo qualcos'altro, quindi è impossibile scoprirlo.
CitazioneStrani questi accordi fra noi due (ovvero: statisticamente rari, improbabili).

A parte questa battuta che vorrebbe essere simpatica (e spero ci riesca), c' é certamente qualcos' altro di naturale che la scienza non ha scoperto e che potrebbe scoprire in futuro.
Ma se inoltre (come tu credi e io no) c' é anche qualcos' altro di soprannaturale e di credibile per fede e non per osservazione empirica e ragionamento logico (necessitanti la fede nell' intersoggettività dei fenomeni naturali e nel loro divenire ordinato), allora questo la scienza non potrà mai scoprirlo: per dirlo con le tue parole, fa parte di ciò che non le é concesso.
Comunque per parte mia credo ci sia anche qualcos' altro che la scienza non potrà mai conoscere e spiegare "alla sua maniera" anche se non é soprannaturale e se é constatabile empiricamente; si tratta della mente, del pensiero, che non ritengo riducibile alla, né emergente dalla materia (cerebrale).
#2957
Tematiche Filosofiche / Re:Dadi e probabilità
20 Febbraio 2017, 21:12:04 PM
Citazione
Secondo me ci si deve intendere sui termini del discorso (il significato delle parole).
E' un affermazione che è vera alla condizione indimostrabile (Hume!) che il divenire naturale sia ordinato secondo modalità o leggi universali e costanti; perché in questo caso se il dado non è truccato (ovvero le facce sono perfettamente regolari, il materiale di cui è fatto perfettamente omogeneo, ecc.) e se i lanci sono fatti "a caso" (in un' "infinità" di maniere simili e non calcolate in determinati modi) in un numero sufficientemente elevato di lanci i fattori causali tendenti a farlo cadere su ciascuna faccia si equilibrano.
Tuttavia è un' affermazione alquanto imprecisa, in particolare per quanto riguarda i numerosi concetti che ho evidenziato in grassetto, i quali sono decisamente vaghi e non realistici (in realtà non esiste la perfezione!).
Cosicché (in linea teorica, di principio) in un numero "ulteriormente sufficientemente elevato di lanci" ci si dovrebbe aspettare qualche pur minima differenza della distribuzione statistica dei risultati di ciascun dado concreto (costante per ciascun dato in un numero sufficientemente elevato di lanci, ma diversa fra i diversi dadi, nessuno dei quali, per quanto non deliberatamente "truccato", può essere perfetto).

Ma a parte questo mi sembra che  Apeiron intenda suggerire un problema più di fondo nel concetto di probabilità, che io stesso credo di aver colto per conto mio in precedenti riflessioni.
Un divenire (della realtà fisica materiale) ordinato secondo leggi universali e costanti di tipo "deterministico - meccanicistico" mi sembra un concetto del tutto sensato, privo di contraddizioni: ogni singolo evento è determinato da "ciò che lo precede e circonda" e in linea teorica di principio prevedibile, calcolabile).
Invece un divenire probabilistico - statistico (non ogni singolo evento è universalmente e costantemente e in linea teorica di principio prevedibile, calcolabile, ma sono  invece universali e costanti e dunque in lenea di principio prevedibili, calcolabili, i rapporti fra -le frequenze di- diversi eventi che possono accadere ed accadono alternativamente gli uni agli altri a seconda dei singoli casi dipendentemente da "ciò che li precede e circonda" purché si consideri un numero sufficientemente grande di osservazioni) mi sembra problematico, mi sembra implicare inevitabili paradossi insolubili, che hanno a che fare con la questione infinito potenziale/infinito attuale.

Innanzitutto: quando è che un numero di casi può essere considerato "sufficientemente grande"? Quale significato potrebbe mai avere tutto l' assunto sulla distribuzione dei casi reciprocamente alternativi in proporzioni universali e costanti nel caso di serie "sufficientemente numerose" di essi? Quanto numerose? E' possibile stabilirlo in una qualche maniera? Può darsi un qualche senso a questo concetto di "sufficientemente numerose"?

Inoltre -sia pure- all' infinito (nel tempo e/o nello spazio) anche le cose più improbabili possono accadere (e tendono ad accadere; e forse accadono): per esempio anche in un numero "grande" (?) di casi (grande quanto si vuole?) le proporzioni delle osservazioni (dei casi) reciprocamente alternativi possibili possono talvolta, prima o poi (per quanto "rarissimamente" -?-), discostarsi da quelle previste dalla rispettiva legge probabilistica (nella fattispecie 1/6 per ciascun numero da 1 a 6).

Fra un "numero sufficientemente grande" di casi -per quanto elevato esso sia- ed "infiniti" (un "numero infinito" di) casi c' è sempre inevitabilmente un abisso incolmabile (o solo potenzialmente, concettualmente e mai attualmente, effettivamente colmabile), il quale inficia (destituisce di significato) il concetto di "numero (sufficientemente) grande (di casi, osservazioni, rilievi)": qualsiasi numero, per quanto grande (o piccolo) sia, è (sempre insuperabilmente) infinitamente piccolo (o infinitamente grande) relativamente all' infinito (in confronto al numero "infinitamente grande" o "infinitamente piccolo").

Nel caso di frequenze probabilistiche-statistiche del divenire, al tendere all' infinito dei casi (osservati) le proporzioni delle alternative possibili tendono ad avvicinarsi sempre più a determinati valori (per esempio a 1/6 la frequenza di ciascun esito possibile nel nostro caso del lancio di un dado non truccato); ma anche serie sempre più improbabili tendono sempre più ad accadere (per esempio serie ininterrotte sempre più numerose di "6" consecutivi: queste ultime al crescere dei casi osservati tendono sia ad essere sempre più numerose e lunghe in assoluto, sia a essere sempre più rare relativamente alle altre serie più probabili.

Dal momento che il concetto (umano, di fatto considerabile) di "(numero) infinito" comporta necessariamente una infinità inesauribile di (numeri) infiniti "di ordini successivi" come sue "parti", nella "infinità inesauribile dell' infinito" numero di casi, anche infinite sequenze di casi "anomali" (improbabili: contraddicenti la probabilità considerata), ognuna delle quali di lunghezza infinita (sic!), possono (e anzi tendono ad) accadere, per quanto le proporzioni complessive fra la totalità degli infiniti casi che accadono siano comunque quelle determinate proporzioni probabilistiche (1/6 per ciascun numero da 1 a 6): non è questo contraddittorio?

E' questa un' aporia del concetto di "infinito", ovvero che "tendendo (le osservazioni de-) i casi all' infinito, le loro proporzioni tendono ad avvicinarsi sempre più a determinati valori probabili (1/6 nella fattispecie), per quanto inevitabilmente tendano anche sempre più ad accadere casi di discostamenti sempre più grandi da tali valori.

L' infinito in quanto concetto (umano: in quanto oggetto di considerazione teorica, eventualmente di predicazione, eventualmente di conoscenza umana) non può mai essere attuale (potrebbe esserlo solo nella mente di Dio, se esistesse), bensì è sempre, inevitabilmente potenziale dal momento che qualsiasi considerazione teorica è finita (non continua all' infinito ma prima o poi si arresta). Laddove l' infinto in quanto reale (in quanto caratteristica della realtà) può benissimo essere in atto.

MI sento in dovere di aggiungere il mio accordo con quanto acutamente ha scritto Davintro (soprattutto che il dubbio -humeiano- insuperabile circa l' induzione non lo é nemmeno attraverso il concetto di "probabilità", che può oggettivamente significare unicamente "frequenza statistica" la quale, per quante volte sia stata confermata, é sempre altrettanto e anzi più degna di dubbio della costanza "univoca" dell' induzione "deterministica - meccanicistica".
#2958
Citazione di: Duc in altum! il 20 Febbraio 2017, 19:05:09 PM
**  scritto da Eretiko:

CitazioneAncora più assurdo (scientificamente parlando) è ritenere che nei fenomeni fisici intervenga in qualche modo la coscienza umana o che ci sia qualcosa di spirituale.

Ma scientificamente parlando sti fenomeni fisici avranno pure una verità nella loro origine, ecco perciò che l'opinione (che poi diviene fiducia, per mezzo della fede, che poi sviluppa morale, per mezzo della ragione, che poi produce soggettività esistenziale, per mezzo della volontà) è inevitabile e ogni opinione sul loro fondamento assurda.

Non è che la scienza sappia cosa intervenga in qualche modo nei fenomeni fisici, può solo scoprire quel che gli è concesso, per il resto è tutta fede.
CitazioneGli eventi fisici (che accadono) accadono indipendentemente da qualsiasi eventuale opinione su di essi.
E hanno un' origine (e una fine; secondo me arbitrariamente stabilibili nell' insieme del divenire naturale: gli eventi -in generale; ma non in particolare se si intende fare scienza- possono essere "ritagliati ad libitum" nel tempo e nello spazio nell' ambito del generale divenire naturale complessivo).

La verità può averla (o meno) un discorso (scientifico o meno) circa gli eventi (fisici; o anche non fisici, che io credo esistano, come per esempio i pensieri, sentimenti, ecc., che non ritengo riducibili in alcun modo, né emergenti in alcun senso dai fatti fisici cerebrali).

La scienza scopre "quel che le é concesso" (quel che può); e se correttamente intesa non pretende di più.
Poi uno può credere per fede quel che vuole (ma allora si tratta di altro e non della scienza).
Mi aspetto la probabile obiezione che anche la scienza si fonda su premesse indimostrabili, e dunque credibili (e di fatto credute) solo per fede (letteralmente).
Preciso dunque che, nel caso della scienza, non si tratta di credere "quel che si vuole" (ad libitum; come nel caso delle religioni e delle superstizioni), ma unicamente che i fenomeni materiali - naturali (contrariamente a quelli mentali) sono intersoggettivi, e che il divenire naturale é ordinato secondo modalità o "leggi" universali e costanti.
#2959
Citazione di: maral il 20 Febbraio 2017, 17:19:27 PM
Citazione di: sgiombo il 19 Febbraio 2017, 20:03:12 PM
Non vedo in che senso questa possa essere considerata un' obiezione a quanto da me più sopra affermato: la parola "cavallo" e il concetto che essa significa (come connotazione) non é il cavallo reale, che pure denota; invece la parola "ippogrifo" e il concetto che essa significa (come connotazione) sono tutto quanto é reale (mentalmente, nel pensiero; magari scritto o parlato) dell' ippogrifo, senza alcun denotato reale.
L'obiezione sta nell'obiettare da parte mia che ci sia un cavallo (e non qualcosa di) reale prima che appaia il significato di cavallo (che non è semplicemente quel qualcosa di reale che si vive, ma solo lo evoca) e che questo significato risulti condivisibile (la qualcosa permette poi una denotazione).
CitazioneQuel qualcosa di reale, se il predicato "esiste realmente un certo cavallo" è vero, era appunto il cavallo (successivamente) denotato dal concetto di "cavallo" (indipendentemente dal fatto che questa predicazione sia fatta "fra sé e sé" o sia manifestata e condivisa pubblicamente; la qual cosa può casomai aumentare la fondatezza o la credibilità del predicato, in virtù dell' intersoggettività dell' osservazione che ne può dare conferma, ma non la sua verità).



CitazioneL' unica cosa che mi sembra di "intravedere nella fitta nebbia", l' unica traduzione che mi sembra di poter fare in italiano di queste parole che mi sembrano, non solo metaforiche, ma decisamente arcane e sibiliine, é che le cose reali sono come sono indipendentemente dai nostri eventuali pensieri su di esse, dalla eventuale nostra conoscenza di esse; e ovviamente se non si conoscono non si può sapere di che cosa si tratti; e che le cose materiali autenticamente percepite (contrariamente ai contenuti percettivi di sogni e allucinazioni) sono intersoggettive (che é quanto da me sostenuto; sempre se -metaforicamente- quanto mi pare di "intravedere" é effettivamente ciò che vuoi "mostrarmi").
Ci stiamo avvicinando: se non si conoscono (se non so del cavallo) nessun cavallo può apparire, mentre se conosco (se so del cavallo) il cavallo appare, ma esso non è la cosa che io vivo quando non so di esso, è come (metafora) una sorta di immagine riflessa ove ciò che riflette facendola apparire è la mente, ma la mente non è uno specchio liscio e ben levigato, conoscendo modifica ciò che conosce.
CitazioneAnche se un bambino, che non aveva mai visto prima un cavallo, ne vede uno per la prima volta, allora questo gli appare sebbene non lo conosca, anche se non ne sa nulla.
E se è un cavallo reale (e non, per esempio, un ippogrifo) allora non è la mente che lo fa apparire al bambino (come allucinazione o come oggetto di fantasia), ma invece il suo apparire  è reale (e intersoggettivamente verificabile, almeno in line di principio).



CitazioneMa per non sfracellarsi la "rappresentazione" che va rispettata è quella di sensazioni reali e non allucuinatorie (od oniriche), nel qual caso ci si sfracella al suolo.
Per non sfracellarsi è necessario tenersi nella posizione giusta nel contesto in cui avviene il cammino della nostra esistenza tenendo conto dei contesti in cui si svolge e dei significati ad essi relativi che ci presentano come delle realtà. In altre parole occorre mantenersi nei pressi del proprio saper vivere pur volendolo conoscere. In altre parole ancora costruire la propria conoscenza (so di sapere) per poterla sempre decostruire (non so di sapere). Nel momento in cui la conoscenza si disconosce e torna al saper vivere si realizza il momento più alto della conoscenza, quello di una conoscenza sapiente.
CitazioneNo, guarda che se la passerella è un' allucinazione, allora non c' è "mantenersi nei pressi del proprio saper vivere pur volendolo conoscere", non c' è "costruzione della propria conoscenza (so di sapere) per poterla sempre decostruire (non so di sapere)" che tenga: se si pretende di andare al centesimo piano del grattacielo di fronte ci si sfracella inesorabilmente; solo se la passerella è reale, si può sperare di arrivarci sani e salvi (a parte eventuali incidenti di percorso).



CitazioneMa la questione della differenza fra cose in sé inaccessibili sensibilmente (ma solo congetturabili) e fenomeni é diversa da quella della differenza fra fenomeni materiali costituiti da sensazioni autentiche, che (ammettendo un minimo di premesse indimostrabili né mostrabili) possono essere considerate intersoggettive, e fenomeni materiali onirici o allucinatori, che invece, esattamente come i fenomeni mentali, non possono essere considerate intersoggettive ma soggettive.
Anche l'esperienza onirica è una forma di conoscenza guidata da fenomeni materiali, non più falsa di per sé da quella di veglia, ma, di solito, meno condivisibile. Semplicemente allora occorre rendersi conto di quando ci si trova in un contesto onirico o in un contesto di veglia per mantenere la coerenza evitando di sfracellarsi.
Questo è quello che intendevo dire dicendo che <<Anche sulle "biciclette immaginarie" occorre saperci andare>> e per saperci andare non basta negarne la realtà. Con i sogni e le allucinazioni ci si può e si può fare davvero molto male.
CitazioneIl fatto che anche l' esperienza allucinatoria abbia un corrispettivo cerebrale come quella reale (e a livello corticale del tutto simile, sostanzialmente uguale) non toglie la sua illusorietà (dell' esperienza allucinatoria, non del corrispettivo cerebrale): contrariamente all' esperienza reale, essa non è causata dalla presenza di oggetti reali che attraverso una serie di eventi "fisici generici" e poi "specificamente neurologici" determinano gli eventi neurologici corticali corrispondenti all' esperienza, ma invece eventi neurologici corticali del tutto simili, corrispondenti a un' esperienza del tutto simile, sono in questo caso provocati "intrinsecamente" da (altri) eventi neurofisiologici cerebrali in assenza dell' oggetto reale: è per questo che, pur essendo gli eventi corticali e le corrispondenti sensazioni soggettive della passerella del tutto simili, in un caso si può giungere sani e salvi al grattacielo di fronte (salvo "complicazioni"), mentre nell' altro ci si sfracella inesorabilmente al suolo (salvo "miracoli").
E questo perché (il "contenuto" de-) -l' allucinazione non è reale (è reale solo l' allucinazione; e non condivisibile, salvo allucinazioni collettive), mentre ("il contenuto de-") -la visione autentica è reale (e condivisibile; ma è reale indipendentemente da un' eventuale sua condivisione di fatto o meno).

Appunto, come ho sempre sostenuto, con i sogni e le allucinazioni ci si può fare davvero molto male proprio se li si confonde con le esperienze reali!

Se invece mi godo la lettura dell' Orlando furioso non confondendo Pegaso con un animale reale e non pretendendo quindi di usarlo per volare dal centesimo piano di un grattacielo al centesimo piano di quello di fronte (in assenza della famosa pensilina, manco allucinatoria!) mi faccio solo del bene!



CitazioneVolendo essere sincero (e senza intenzione offensiva alcuna) non posso non dire che l' ultima frase mi sembra proprio quella di un pazzo (o in alternativa di un "virtuosista del sofisma" che compie "acrobatiche arrampicate sugli specchi dialettiche"); purtroppo se non lo dicessi sarei un ipocrita e un mentitore, cosa che non voglio.
Ti ringrazio per la sincerità, spero di essere riuscito almeno un po' a chiarire tanto da non essere considerato un pazzo matricolato (anche se un po' matto lo sono certamente). :)
CitazioneDevo dire che non ci sei riuscito, anche se credo che siamo tutti un po' pazzi, specialmente qui nel forum (tranne chi si dovesse offendere, che escluderei preventivamente dalla generalizzazione).



CitazioneEntrambi fanno parte della realtà e dunque se la realtà diviene deterministicamente sono determinati da- (-le condizioni de-) -la realtà in cui si vengono a trovare.
Ma ciò mi sembra del tutto irrilevante ai fini della distinzione (o confusione) fra realtà e immaginazione.
A mio avviso, come ho detto, quello che fa la differenza è la pretesa di un contenuto assolutamente reale, che ovviamente rende impossibile fin dal principio ogni discussione in merito.
CitazioneLa discussone secondo me potrebbe (in teoria; e "salvo imprevisti o complicazioni") svolgersi comprensibilmente e non come un dialogo fra sordi (ma evidentemente di fatto ci sono "imprevisti o complicazioni") se invece del concetto alquanto problematico di "realtà assoluta" ci si limitasse a considerare quelli di "realtà in quanto oggetto -ente o evento- che esiste o diviene indipendentemente dall' eventuale accadere realmente anche del fatto che sia pensato o meno (es.: il cavallo di mio nonno)" e "realtà unicamente in quanto oggetto di pensiero, che non esisterebbe se non accadesse realmente il fatto che sia pensato e che esiste realmente unicamente nell' ambito del pensiero come suo contenuto (es.: un ippogrifo)".

Se si considera la caratteristica del tutto peculiare di un certo genere di eventi reali, i pensieri (concetti, predicati, discorsi teorie, ecc.), i quali, oltre ad essere reali "di per sé" come tutti gli altri eventi, come tutti gli eventi genericamente intesi, inoltre significano (connotano) altri da loro stessi diversi enti o eventi, dei quali non necessariamente accadono realmente (avverbio pleonastico) anche denotazioni reali.
#2960
Citazione di: Apeiron il 20 Febbraio 2017, 15:48:23 PM
Citazione di: Eretiko il 20 Febbraio 2017, 13:10:01 PM
Citazione di: acquario69 il 20 Febbraio 2017, 12:10:36 PMNon sono in grado nei dettagli specifici di sapere quali siano le scoperte specifiche della scienza moderna che riscoprono le verità di sempre...penso sicuramente che fanno comunque riferimento alla fisica quantistica che dimostrerebbe che l'universo o il reale sottostante e' un campo di informazioni sottili,che tutto non e' un processo meccanicistico ma olistico e spirituale,che non siamo enti separati,che tutto e' già in tutto,che e' il "vuoto" ad essere l'essenza stessa del "pieno"...le stesse "cose" che in forma e "linguaggio" diverso era già secondo sapienza delle "antiche" (più che antiche sarebbe corretto dire "senza tempo") scienze sacre. Ma ripeto non sono ne uno scienziato ne un fisico...pero si può cogliere perfettamente e senza alcun dubbio nella citazione riportata da Duc di Agostino d'ippona che dimostra pure come il paradigma sia stato rovesciato e che fondamentalmente si sta riscoprendo proprio questo come base per qualsiasi valutazione scientifica a priori sui massimi livelli e non il contrario come poteva accadere fino a non molto....certo poi il cambiamento di un paradigma necessita di un tempo necessario per vederne i suoi effetti concreti
Mi permetto di fare 2 osservazioni. 1) E' ovvio che la scienza non "inventa" le leggi di natura, ma le scopre: è la sua missione. Ma il fatto che queste leggi di natura siano insite, appunto, nell'universo, non significa che noi le conosciamo da sempre, e soprattutto non è semplice scoprirle. 2) Capisco che la meccanica quantistica possa favorire certe suggestioni, ma è importante sempre saper distinguere verità di scienza da semplici ipotesi o opinioni personali. In particolare che l'universo sia "olistico" è solo l'opinione di qualcuno, e non è "verità scientifica", anche perché se fosse vero non si potrebbe fare nessuna "scienza". Ancora più assurdo (scientificamente parlando) è ritenere che nei fenomeni fisici intervenga in qualche modo la coscienza umana o che ci sia qualcosa di spirituale.

Strettamente parlando la scienza non inventa e non scopre "leggi naturali" ma fa solo modelli predittivi. Ho aperto questa discussione proprio per questa questione: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/dadi-e-probabilita/. In sostanza che ci siano "regolarità nella natura" è una certezza infondata: non è né giustificata dall'esperienza e nemmeno dal puro ragionamento. In un certo senso empirismo e razionalismo sono entrambi errati.
CitazioneCome ci ha insegnato il grande David Hume, la regolarità della natura non é certa (non è né giustificata dall'esperienza e nemmeno dal puro ragionamento; ma allora l' empirismo di Hume non é errato).
Ma mi sembra di poter dire sia comunque (per lo meno di fatto) una premessa (magari sottintesa, non esplicitata) della conoscenza scientifica.
Infatti le predizioni della scienza sono vere alla condizione (indimostrabile) della regolarità del divenire naturale, ovvero delle leggi naturali del divenire (che gli scienziati se ne rendano conto o meno); se fossero vere in assenza del divenire regolare secondo "leggi", allora vorrebbe dire che lo sono solo casualmente oppure per magia,le comunque non potrebbero essere previsioni generali, universali e costanti.
#2961
Citazione di: Eretiko il 20 Febbraio 2017, 13:10:01 PM
Citazione di: acquario69 il 20 Febbraio 2017, 12:10:36 PM
Non sono in grado nei dettagli specifici di sapere quali siano le scoperte specifiche della scienza moderna che riscoprono le verità di sempre...penso sicuramente che fanno comunque riferimento alla fisica quantistica che dimostrerebbe che l'universo o il reale sottostante e' un campo di informazioni sottili,che tutto non e' un processo meccanicistico ma olistico e spirituale,che non siamo enti separati,che tutto e' già in tutto,che e' il "vuoto" ad essere l'essenza stessa del "pieno"...le stesse "cose" che in forma e "linguaggio" diverso era già secondo sapienza delle "antiche" (più che antiche sarebbe corretto dire "senza tempo") scienze sacre.

Ma ripeto non sono ne uno scienziato ne un fisico...pero si può cogliere perfettamente e senza alcun dubbio nella citazione riportata da Duc di Agostino d'ippona che dimostra pure come il paradigma sia stato rovesciato e che fondamentalmente si sta riscoprendo proprio questo come base per qualsiasi valutazione scientifica a priori sui massimi livelli e non il contrario come poteva accadere fino a non molto....certo poi il cambiamento di un paradigma necessita di un tempo necessario per vederne i suoi effetti concreti

Mi permetto di fare 2 osservazioni.

1) E' ovvio che la scienza non "inventa" le leggi di natura, ma le scopre: è la sua missione. Ma il fatto che queste leggi di natura siano insite, appunto, nell'universo, non significa che noi le conosciamo da sempre, e soprattutto non è semplice scoprirle.

2) Capisco che la meccanica quantistica possa favorire certe suggestioni, ma è importante sempre saper distinguere verità di scienza da semplici ipotesi o opinioni personali. In particolare che l'universo sia "olistico" è solo l'opinione di qualcuno, e non è "verità scientifica", anche perché se fosse vero non si potrebbe fare nessuna "scienza". Ancora più assurdo (scientificamente parlando) è ritenere che nei fenomeni fisici intervenga in qualche modo la coscienza umana o che ci sia qualcosa di spirituale.
Citazioneconcordo in pieno (e ti ringrazio per aver già dato la risposta che avrei sostanzialmente proposto anch' io e che comunque sottoscrivo in toto).
#2962
Citazione di: acquario69 il 19 Febbraio 2017, 22:25:25 PM



A mio avviso quello che sta succedendo (detto in parole povere,in questo caso le mie) e' che la scienza riscopre verità universali (metafisiche) che erano già conosciute da sempre prima ancora che iniziasse l'indagine scientifica stessa...un po come aver percorso un cammino che lo ha riportato esattamente al punto in cui coincide con cio che e' vero da sempre...

Poteva risparmiarsi l'inutile fatica ed evitare cosi pure qualche inutile maceria che avrebbe lasciato alle spalle


"Senza uscire dalla porta conosce tutto quel che c'è da conoscere. Senza guardare dalla finestra vede le vie del cielo perché più lontano si va meno si capisce. Il saggio arriva senza partire, vede senza guardare, fa senza fare"
Lao Tzu (Tao)
CitazioneQuali cose "sapute da sempre" la scienza sta riscoprendo?

#2963
Citazione di: maral il 19 Febbraio 2017, 12:49:35 PM
Citazione di: sgiombo il 18 Febbraio 2017, 09:58:46 AM
Che le parole con cui tentiamo di rendere conto delle cose non sono mai le cose mi sembra perfettamente ovvio (altrimenti non proporremmo che giudizi analitici a priori).
Ma ciò non toglie che (per lo meno in linea di principio; e potendo sempre dubitarne, che è ben altro che avere la certezza del contrario!) delle parole con le quali predichiamo qualcosa della realtà possa darsi denotazione reale e che le connotazioni delle parole con cui predichiamo circa la realtà possano essere almeno in parte "fedeli" e non "traditrici" nel caratterizzare le denotazioni reali cui si riferiscono
Sto tentando di dire che le parole non sono le cose non perché i significanti sono diversi dai significati, ma perché proprio il significato di ciò che diciamo è sempre in qualche misura diverso dalla cosa che esso dice. Nel significato attraverso il quale veniamo a conoscere la cosa, la cosa è evocata e non ricalcata per come è. Il linguaggio prima di tutto chiama la cosa a farsi presente in una rappresentazione, non si limita mai a ricopiarla.
CitazioneNon vedo in che senso questa possa essere considerata un' obiezione a quanto da me più sopra affermato: la parola "cavallo" e il concetto che essa significa (come connotazione) non é il cavallo reale, che pure denota; invece la parola "ippogrifo" e il concetto che essa significa (come connotazione) sono tutto quanto é reale (mentalmente, nel pensiero; magari scritto o parlato) dell' ippogrifo, senza alcun denotato reale.

La nostra mente non copia montagne reali, ma nel momento in cui prende coscienza di qualcosa che accade secondo certe modalità che non dipendono da essa, rappresenta quello che accade nei termini di una montagna. Questo, lo ripeto ancora, non significa assolutamente che essa sia libera di rappresentare le cose come vuole, non posono tuo malgrado, apparirti donne bellissime invece di montagne, perché la tua mente fa parte della rappresentazione, è guidata dai suoi giochi, non è libera di scegliere cosa far apparire e cosa no, non è né il registra né l'autore della rappresentazione in scena, è solo un attore che fa parte della rappresentazione in scena come tutti gli altri elementi di cui non può sapere cosa siano fuori scena. E il fatto che altri condividano questa rappresentazione rinforza il potere evocativo che connota qualcosa che sta accadendo per tutti coloro che ne partecipano.
CitazioneL' unica cosa che mi sembra di "intravedere nella fitta nebbia", l' unica traduzione che mi sembra di poter fare in italiano di queste parole che mi sembrano, non solo metaforiche, ma decisamente arcane e sibiliine, é che le cose reali sono come sono indipendentemente dai nostri eventuali pensieri su di esse, dalla eventuale nostra conoscenza di esse; e ovviamente se non si conoscono non si può sapere di che cosa si tratti; e che le cose materiali autenticamente percepite (contrariamente ai contenuti percettivi di sogni e allucinazioni) sono intersoggettive (che é quanto da me sostenuto; sempre se -metaforicamente- quanto mi pare di "intravedere" é effettivamente ciò che vuoi "mostrarmi").





CitazioneIl punto per me è di non sfracellarmi, oltre che di sapere come è la realtà e non come ci si può immaginare eventualmente che sia, sia pure eventualmente condividendo anche questa immaginazione con altri (non "il vedere dei significati arbitrari" ma invece il sapere -se possibile- ciò che è reale; perché fra l' altro se vedo allucinatoriamente una passerella dove c' è un baratro reale non è che pretendendo di andarci sopra si sfracellano solo quelli che vedono veracemente  il baratro mentre io sono sano e salvo: no, invece mi ci sfracello realmente anch' io alla faccia della mia visione allucinatoria della passerella! E, almeno per ora, non ho alcuna intenzione di suicidarmi).
Per tutti il problema è non sfracellarsi che si risolve nel rispettare la rappresentazione in cui ci troviamo insieme rappresentati. Questo gioco coerente con la rappresentazione è l'unico tipo di realtà a cui abbiamo accesso, non quella delle cose come stanno in sé e per sé. Ci aiuta il fatto che tutti noi sappiamo vivere, proprio perché viviamo, come sa vivere un lombrico o una pianta, la difficoltà rispetto ai lombrichi e alle piante, è che nel nostro caso il saper vivere vuole sapere di vivere, vuole chiedersene la ragione e se la rappresenta continuamente e dalla rappresentazione che si fa chiama continuamente quel saper vivere per toranare semplicemente a vivere.  
CitazioneMa per non sfracellarsi la "rappresentazione" che va rispettata è quella di sensazioni reali e non allucuinatorie (od oniriche), nel qual caso ci si sfracella al suolo.

Ma la questione della differenza fra cose in sé inaccessibili sensibilmente (ma solo congetturabili) e fenomeni é diversa da quella della differenza fra fenomeni materiali costituiti da sensazioni autentiche, che (ammettendo un minimo di premesse indimostrabili né mostrabili) possono essere considerate intersoggettive, e fenomeni materiali onirici o allucinatori, che invece, esattamente come i fenomeni mentali, non possono essere considerate intersoggettive ma soggettive.





CitazioneAllora parliamo di una bicicletta immaginaria.
In questo caso se dal contesto in cui vivi ti si presentasse una bicilcetta immaginaria spererei proprio che non cercheresti di usarla per andare al lavoro (ma che impiegheresti invece un' eventuale bicicletta reale); e questo anche se condividesse il contesto della bicicletta immaginaria pure il tuo datore di lavoro: non ci arriveresti lo stesso col pericolo di essere licenziato; a meno che il tuo datore di lavoro (che, per inciso ben presto fallirebbe e dunque resteresti comunque disoccupato) avesse pure l' allucinazione di vedere il tuo cartellino timbrato.
Ma chi stabilisce che la bicicletta è immaginaria se "l'allucinazione" della bicicletta è condivisa? Arriverei eccome a dove devo arrivare, perché anche il "dove devo arrivare" fa parte dell'allucinazione condivisa. E se non ci arrivo perché magari da quella bicicletta sono caduto, non perché essa non esiste. Anche sulle "biciclette immaginarie" occorre saperci andare, anzi è proprio su quelle che è necessario imparare ad andare.
CitazionePossono accadere anche allucinazioni collettive (madonne che piangono: pianti ancor meno reali degli ippogrifi! A meno che si tratti di banali trucchi, come nel caso famoso della madonna che piangeva sangue maschile), ma ciò non le equipara a sensazioni autentiche.
Certo prendendo una bicicletta reale puoi anche cadere, venire investito da un tram, ecc.; ma inoltre puoi anche arrivare a destinazione.
Mentre prendendo una bicicletta in un' esperienza allucinatoria non ci arrivi di sicuro (e per fortuna se nell' alucinazione sei travolto dal tram non ti fai nessun male).

Volendo essere sincero (e senza intenzione offensiva alcuna) non posso non dire che l' ultima frase mi sembra proprio quella di un pazzo (o in alternativa di un "virtuosista del sofisma" che compie "acrobatiche arrampicate sugli specchi dialettiche"); purtroppo se non lo dicessi sarei un ipocrita e un mentitore, cosa che non voglio. 





CitazioneColui che dice "io conosco con certezza come stanno le cose nella realtà" è un presuntuoso che si sbaglia (che dice il falso), ma non è affatto necessariamente matto.
Matto è invece necessariamente chi immagina da sveglio o sogna un ippogrifo e dice all' altro. "c' è realmente un ippogrifo, dal momento che lo sogno o lo immagino e fra sogni e realtà non c' è alcuna differenza: sono entrambi del tutto parimenti reali" (che mi sembra quanto da te sempre affermato; mentre sono io che invece affermo che se sogno o immagino un ippogrifo dico all' altro "sto sognando o immaginando un ippogrifo, il quale dunque, contrariamente a tantissimi cavalli, non è reale").
Dicono esattamente la stessa cosa, poiché entrambi pensano di poter definire la realtà, mentre è la realtà che li definisce e pertanto non può essere da loro definita, anche se lo si tenta sempre.
CitazioneEntrambi fanno parte della realtà e dunque se la realtà diviene deterministicamente sono determinati da- (-le condizioni de-) -la realtà in cui si vengono a trovare.
Ma ciò mi sembra del tutto irrilevante ai fini della distinzione (o confusione) fra realtà e immaginazione.
#2964
Citazione di: maral il 19 Febbraio 2017, 11:38:04 AM

 E' vero che da un punto di vista scientifico ogni quadro può sempre essere rimesso in discussione dall'osservatore, ma solo se l'osservatore si mantiene del tutto fuori dal quadro stesso così da assicurarne la tenuta oggettiva della visione che, per avere valore, deve essere da lui soggetto, del tutto indipendente. Questo è il motivo per cui la scienza fissa una sintassi e un metodo molto precisi per i suoi linguaggi, per quello che si può dire scientificamente (e quindi realmente) e quello che non si può (e quindi da rigettare in un mondo privo di qualsiasi effettiva rilevanza o consistenza: ad esempio l'arte, l'etica e tutto quello che scienza non è).

CitazioneQuello che non si può dire impersonalmente e intersoggettivamente e in generale nei limiti del discorso scientifico non é affatto per la scienza (ma casomai per lo scientismo: ben altra cosa: una filosofia! E comunque può essere o meno dl tutto soggettivamente per ciascuno di noi, ma non é scientificamente) da rigettare in assoluto in un modo privo di qualsiasi rilevanza o consistenza; arte, etica e tutto quello che scienza non é sono privi ovviamente (direi quasi tautologicamemte) unicamente di rilevanza o consistenza scientifica; nel senso non che non possano essere studiate scientificamente, ma ch quello che affermano non é affatto, per nulla conoscenza scientifica).




Tutti possono avanzare le ipotesi in cui soggettivamente credono, ma quelle che scientificamente meritano di essere prese in considerazione sono solo quelle che possono essere tradotte in una sintassi scientifica molto precisa che è condizione a priori riguardo la realtà stessa delle cose e la regola cogente di questa sintassi è appunto che il soggetto (individuale, culturale o storico che sia) resti del tutto estraneo al discorso che si fa.
CitazioneNon é condizione a priori della realtà stessa delle cose bensì della conoscibilità scientifica delle cose, del fatto che le cose meritino o meno di essere prese in considerazione come oggetto di conoscenza scientifica (e non per esempio come oggetto di considerazione etica, estetica, ecc.).
Ma la realtà in generale eccede la realtà scientificamente conoscibile (detto in latro modo, non tutto é possibile oggetto d conoscenza scientifica)




Paradossalmente è proprio la scienza e non la vecchia metafisica che si avvicina di più alla pretesa di oggettività assoluta, la metafisica per millenni ci ha solo provato fallendo a ripetizione, la scienza sperimentale non si dice infatti ciò che è vero a priori, ma come vanno considerate e dette le cose per rivelarsi a posteriori reali come sono nella loro pura oggettualità intrinseca. Nel mondo si sono fatte guerre e persecuzioni in nomi di verità metafisiche, proprio perché in esse le pretese dei soggetti erano vive e fortissime, nessuna guerra invece è mai stata fatta per sostenere che l'acqua bolle a 100°, proprio perché è oggettivo, perché vale per tutti i soggetti date determinate condizioni oggettivamente definibili. E' del tutto anonimo che l'acqua bolla a 100° e ogni soggetto da quell'osservazione è a priori escluso, è un dato di fatto per il quale l'acqua non è più quello che sappiamo essere vivendo, ma è realmente e solo quella cosa che bolle a 100°, è ridotta al suo essere perfettamente oggettivo che potrà certo venire rimesso in discussione, ma solo da considerazioni ancora perfettamente oggettive, per come il metodo le definisce tali, escludendo cioè i soggetti che le fanno.
CitazioneIn compenso del fatto che la scienza non ha mai offerto scopi a guerre, essa ha sempre offerto mezzi (conoscenze) sempre più micidiali; anche se non necessariamente, non per intrinseca necessità scientifica, bensì per le scelte di fatto compiute dagli utilizzatori pratici della scienza.
#2965
Attualità / Re:Legge anti bufale
19 Febbraio 2017, 09:46:08 AM
Citazione di: InVerno il 18 Febbraio 2017, 21:32:02 PM

In passato ho difeso a spada tratta un signore che aveva scritto un libro negando l'esistenza dei lager, perchè pensavo che fosse suo diritto al di la della cazzata che fosse, ma con internet le cose stanno scappando di mano onestamente. Ideologicamente continua a farmi ribrezzo una legge del genere e istintivamente avrei voglia di dire quello che dici tu, tuttavia, se venisse varata non potrei che fare spallucce, ce lo siamo meritati, se lo sono meritati.


CitazioneSi tratta del medesimo atteggiamento censorio incivile, barbarico: chi ha il potere pretende di imporre con la violenza "legale" il suo pensiero unico "politicamente corretto" negando la libertà di espressione, la quale, poiché nessuno é infallibile e tutti si può sbagliare e si sbaglia di fatto, é l' unico modo di permettere un confronto fra opinioni (e notizie; le quali spessissimo sono date false in perfetta malafede) che é indispensabile per poter cercare di superare errori e falsità e ottenere quanto più possibile di verità.

Per dare un' idea di quello che penso del nazismo evitando spiacevoli -per me- equivoci, mi autodefinirò per l' occasione "stalinista" (tra virgolette, nel senso di "vetero"-comunista autentico e senza compromessi ed edulcorazioni; ma potrei anche definirmi "stalingradista", dalla battaglia che ha cambiato e determinato il corso della seconda guerra mondiale, alla faccia delle ripetute bufale di giornali e TV sul presunto ruolo dello sbarchetto in Normandia; il diminutivo non per sminuirlo in assoluto, ma per ri-dare il senso autentico delle proporzioni che le bufale su giornali e TV vorrebbero alterare).
Ebbene, ho sempre avuto forti dubbio non sui campi di concentramento nazisti, ma sul fatto che sarebbero stati "campi di sterminio" deliberato, sulla "camere a gas" e sulla cosiddetta "soluzione finale" poiché ciò che si racconta in proposito almeno in parte é pochissimo credibile (anche in quanto alla realizzabilità meramente "tecnica") e perché "puzza lontano un miglio di ideologia" in quanto di fatto usato spessissimo a sostegno (peraltro del tutto indebito e senza nessi logici, come mera espressione della assurda e infame, autenticissimamente razzista pretesa che un "popolo" sia "eccezionale" rispetto a tutti gli altri, anche e perfino in quanto a "disgrazie subite") del razzismo attualmente più potente e criminale, cioé quello sionista (che non ha nulla da "invidiare" -si fa per dire- a quello nazista; e che -checchè pretenda di millantare Giorgio di Savoia- é tutt' altra cosa dell' ebraismo, ragion per cui antisionismo =/= antiebraismo  o, ancor più impropriamente, antisemitismo; altrimenti, per essere conseguenti -e per assurdo. ammesso e non concesso!- bisognerebbe sostenere che tedesco = nazista).
Comunque le leggi che in buona parte di Europa impediscono la libertà di espressione in proposito di fatto, presso chi ha senso critico (in generale; e in particolare presso di me) anziché rinforzare la versione dei fatti che intenderebbero imporre con la violenza, tendono ad indebolirla dando maggior credibilità anzichè ridurla alle tesi negazioniste: possono servire per convincere meglio quello che i potenti chiamano con disprezzo "popolo bue" a costo di tendere oggettivamente di fatto ad indebolire in consenso di chi ha senso critico.

Tornando alla questione in generale, ritengo che con i giornali e le TV (gli organi di disinformazione e menzogna ufficiali; che se non fosse per le lautissime sovvenzioni statali che ricevono, se si sottoponessero alle regole -anzi, come pretendono spudoratamente loro, alle "leggi"- del mercato che quotidianamente magnificano avrebbero tutti chiuso bottega da un bel pezzo!) "le cose sono già da gran tempo scappate completamente di mano": lì c' é unicamente l' unanimità della sola menzogna, che il potere vorrebbe imporre con la violenza "legale" anche dove (Internet) ancora é possible sentire pure qualche sparuta "campana anticonformistica", a volte verace a volte falsa, ovviamente).
#2966
Citazione di: Phil il 18 Febbraio 2017, 19:03:10 PM
Davvero è comunemente possibile non essere presenti a se stessi, oppure si tratta solo di una forma di presenza differente dal solito, anomala, alienata, assorta, afasica, o altro (ma pur sempre auto-percezione-presente)?
Non credo che la propriocezione, l'interocezione, l'autocoscienza (il sentire la "vocina in testa") possano essere tutte sospese (almeno nello stato di veglia), ma forse non ho ben colto cosa si intende con "presenza a se stesso"...
CitazioneInfatti personalmente avrei inteso l' "assenza a se stessi" come lo stato di sonno (senza sogni o con sogni non implicanti la percezione di se stessi).

Ma credo che anche da svegli (e senza stare a scomodare estasi o altre esperienze mistiche; magari semplicemente se si sta godendo di una musica meravigliosa), si può essere molto distratti e inconsapevoli di se stessi, e anche della propiocezione, malgrado i rispettivi recettori e vie nervose siano attivi.
#2967
A proposito del fatto che secondo la scienza Riguardo al futuro possono esprimere soltanto delle probabilità, le quali non potranno mai essere certezza immune da ogni dubbio. In questo senso, per esempio, non è possibile affermare, con la severità stringente tipica della (presunta) metafisica, che non esistono uova di pollo quadrate, poiché, per poterlo affermare, bisognerebbe controllare tutte le uova di questo mondo, uno per uno, ma non solo; che bisognerebbe controllare tutte le uova del passato, del presente e anche del futuro. La scienza può affermare che tutte le uova sono ovali solo dando a "tutte" un senso pratico, sbrigativo, non stringente con la stessa pretesa di assolutezza avanzata dalla (presunta) metafisica; che In metafisica "tutto" significa veramente "tutto", includendo anche il non osservato e anche il futuro,

mi corre l' obbligo (verso la memoria di colui che più di ogni altro mi ha indicato la via verso la ragione e la verità, nei limiti in cui questa sia attingibile e non oltre) di rilevare che questo discorso sulla indimostrabilità dell' induzione, secondo quanto storicamente documentato e constatabile (finora) l' ha fatto per primo il grandissimo filosofo David Hume con la sua critica filosofica razionale al concetto di "causalità" (e non affatto alcuno scienziato).

E che in nessuno scritto (articolo, trattato; a partire da Galileo e Newton in poi) che sia unicamente, integralmente scientifico (senza nulla di metafisico) é scritto che le tesi circa il divenire naturale materiale che vi sono esposte descrivono solamente quanto finora di fatto osservato; bensì se ne afferma la validità anche indefinitamente per il futuro (in condizioni simili a quelle descritte).
Soltanto se l' autore fa, per esempio come premessa all' esposizione delle sue tesi propriamente scientifiche, qualche considerazione metafisica (a mio parere sicuramente tale; anche se a seconda del significato che si attribuisce alle parole qualcuno potrebbe considerarla latamente filosofica o per lo meno epistemologica; comunque filosofica e non scientifica; cosa ovviamente non vietata, ma il crederla scienza é come la notte hegeliana in cui tutte le vacche sembrano nere), soltanto se l' autore fa anche della filosofia, oltre che della scienza, può accadere che vi si leggano considerazioni simili di evidente ascendenza humeiana (dal filosofo e non scienziato David Hume).

La filosofia (in generale; ma anche la metafisica, almeno in un' accezione diffusa e non vietabile da parte di chi non sia dogmatico) fa questo discorso allo scienziato: "Tu scienziato mi puoi dire soltanto come sono le uova; fine. Io posso fare di più: attraverso criteri di ragione e di logica riesco a farti rendere conto anche del fatto che questa tua affermazione é degna di dubbio.

In generale "metafisica" non é sinonimo di "dogmatismo" (anche se vi possono essere metafisiche dogmatiche; e di fatto lo scientismo é una delle più evidentemente dogmatiche), né "relativismo" di "tolleranza".
#2968
Citazione di: acquario69 il 18 Febbraio 2017, 14:09:22 PM
CitazioneDunque credo che quando noi, soggetti della nostra propria esperienza fenomenica cosciente, non siamo presenti a noi stessi (non ci autopercepiamo come pensieri, sentimenti in atto, quando non siamo autocoscienti) continuiamo ad essere reali come cose in sé non percepibili, non  apparenti (non fenomeni) ma solo congetturabili, pensabili: noumena).

Nel momento che non sei presente a te stesso non puoi fare nessuna congettura e nessuna definizione pensabile..casomai la fai solo dopo...e prima "dove sei" se non sei percepibile?
eppure ci sei sempre lo stesso,non eri mica scomparso credo

CitazioneMa infatti le congetture su enti ed eventi in sé, sul noumeno (implicante me come soggetto delle mie sensazioni in generale e inoltre oggetto in particolare di quelle mentali: pensieri, sentimenti...) inevitabilmente le faccio quando sono presente a me stesso (mi parlo, mi ascolto) e riguardano il mio persistere come cosa in sé -potenzialmente sempre soggetto ed oggetto di sensazioni- anche quando tali sensazioni non sono attuali (in particolare quelle mentali = non sono presente a me stesso).






comunque lasciamo pure da parte le cose che dico io, che non hanno nessuna pretesa..
ma se dici che bisogna parlare il più possibile alla lettera allora lao-tzu (citazione sopra) non avrebbe mai potuto indicare nulla del Tao e che se fossero state "vaghezze" allora non si capisce come invece vengano riportate fedeli e identiche a se stesse dopo migliaia di anni

CitazioneLungi da me la pretesa di criticare lao-tzu, che purtroppo non conoscevo nemmeno per sentito dire (e ora unicamente in quanto tale; letteralmente...).
Ed essendo un "fottuto razionalista", senza alcun intento censorio, nemmeno inconscio (ammesso e non concesso che di intenzioni inconsce si possa sensatamente parlare), nè verso lao-tzu, né verso nessun altro, ritengo che su questioni di filosofia (e di scienza per lo meno) si debba cercare di usare un linguaggio il più preciso e inequivocabile possibile e dunque letterale perché le metafore tendono pericolosamente ad indurre in errore (oltre che in fraintendimenti reciproci; anche se in qualche caso possono invece aiutare ad intendersi); il che non significa che necessariamente chi parla di filosofia (o di scienza) metaforicamente di fatto sia destinato a sbagliare.

#2969
Citazione di: acquario69 il 18 Febbraio 2017, 03:56:28 AM
CitazioneIl dubbio e la critica sono quindi essenziali per introdurre a piccole dosi proprio quel nulla (attraverso gli altri che in qualche misura sono sempre il nulla relativo di noi stessi) che inteso in senso assoluto è morte assoluta, è l'assoluta contraddizione che tanto ci angoscia. Ma penso anche che se la critica è irrinunciabile, va messa in crisi anche la soggettualità e qui mi pare che si possa partire proprio dalla domanda (passata inosservata) di Acquario:  "Dove sei quando non sei presente a te stesso?" , perché il soggetto non è sempre presente, anzi, lo è raramente, perché il dubbio qui è che anche il soggetto, così fondamentale, in fondo non sia che un effetto di contesto, una sorta di ippogrifo, o una costruzione "immaginifica" di prassi culturali, il soggetto è solo una categoria del pensiero che si immagina mentre fa. Ma certamente a ragionare di questo si produrrebbe un altro spostamento dal tema e forse Acquario non intendeva la questione nel senso di una critica al soggetto, gli propongo quindi di aprire una nuova riflessione specifica, se vuole.


Accetto l'invito di maral
Preciso che la citazione non e' la mia ma si trova nel libro "imitazione di Cristo"
Proviamo cosi a coglierne il senso (senza usare troppo i sensi :) ) o di intendere le cose solo alla lettera..naturalmente non mi ritengo fuori da questa premessa e ai miei stessi limiti.. comunque il tentativo lo faccio lo stesso

sara' capitato, magari anche per un istante di non essere presenti a se stessi ma credo che questo lo si può constatare solo quando si "rientra" in se stessi poiché quando si e' "fuori" non ci si pone nessuna domanda, perche non vi e' più nessun soggetto che lo determina e non vi sarebbe percio nessuna distanza o separazione, quindi in realtà non vi e' ne "dentro e ne fuori"

CitazioneSono un "fottuto razionalista" e penso che in filosofia (e in scienza) si debba parlare il più possibile "alle lettera", esplicitamente, con precisione (mentre le metafore presentano un' inevitabilmente vaghezza e ambiguità che in tali questioni ritengo in linea di massima dannose).
E la mia risposta ne é ovviamente condizionata (potrei fraintendere i termini della questione come se la pone acquario69; stavolta sono stato attento al' iniziale minuscola: complimenti, prego!).

Per me "esse est percipi" ("e tte pareva?" mi sembra già di sentir dire chi legge; ma é stata fatta una domanda e cerco di rispondere secondo le mie convinzioni; che per ora non sono mutate, anche se, pur trattandosi di filosofia a non di scienza, non escludo affatto possano mutare in futuro come già di fatto sono mutate in passato: non dico: "guai a me se non penserò sempre così!"; e men che meno mi sono mai sognato di dire: "guai a chi non la pensa come me!").

Ciò che percepiamo (enti ed eventi materiali ed enti ed eventi mentali) é reale, in quanto tale, unicamente nell' atto di essere percepito, mentre le percezioni stesse accadono.
Ma se, come credo senza che sia possibile dimostrarlo logicamente né tantomeno mostrarlo empiricamente, esistono (anche) sia oggetti di sensazioni sia un loro soggetto-oggetto, allora queste "cose" esistono "in sé" anche allorché non accadono le sensazioni (e dunque non sono costituite da sensazioni, pena la caduta in evidente contraddizione: l' affermare l' accadere l'esistenza reale di sensazioni anche allorché non accade l' esistenza reale di sensazioni).

Dunque credo che quando noi, soggetti della nostra propria esperienza fenomenica cosciente, non siamo presenti a noi stessi (non ci autopercepiamo come pensieri, sentimenti in atto, quando non siamo autocoscienti) continuiamo ad essere reali come cose in sé non percepibili, non  apparenti (non fenomeni) ma solo congetturabili, pensabili: noumena). 


#2970
Citazione di: Angelo Cannata il 17 Febbraio 2017, 23:13:34 PM

 La scienza è essa stessa soggettività, essa è tutta soggettiva dall'inizio alla fine, da quando immagina che il sangue sia blu fino a quando, dopo una serie di esperimenti, conclude che esso è rosso. Essa non stabilisce "come va da parte di tutti valutato il fenomeno": essa dice soltanto: "abbiamo fatto degli esperimenti e sono venuti fuori questi risultati". Ma i risultati non stabiliscono niente, poiché essi possono e devono essere a loro volta criticati, affinché si progredisca. I risultati propongono soltanto delle convenienze ("conviene trattare il sangue come se fosse rosso"), non dicono "d'ora in poi guai a chi si azzarda a ipotizzare che il sangue sia blu"; chi volesse perseverare nell'ipotizzare che il sangue sia blu è benvenuto, poiché la scienza non cerca altro che cercare, cercare e ancora cercare, criticare, sperimentare e mettere in discussione i risultati degli esperimenti. Non vedo quindi come si possa dire, in questo caso in riferimento alla scienza, che dalla metafisica non si esce.

CitazioneConstato che, oltre che della metafisica" hai un' opinione del tutto personale anche della scienza (e non ne concludo affatto: "guai a te che ti azzardi ad avere un' opinione personalissima!". E oso sperare che non mi attribuirai indebitamente tale intenzione, magari "inconscia").

Comunque nessuna metafisica in quanto tale (ma casomai qualche particolare, determinato metafisico in quanto intollerante; e a mio parere di fatto non di rado particolari determinati metafisici scientisti sono fra i più intolleranti in circolazione) dice "d' ora in poi guai a chi si azzarda ad ipotizzare qualcosa (qualsiasi cosa!)".
Casomai dice "chi afferma qualcosa erra, afferma il falso".
Perché invece la scienza di chi afferma che la terra é piatta o che il cancro si cura con pannicelli caldi cosa dice?
Che a furia di cercare e ricercare si potrebbe anche scoprire che la terra é piatta o che i pannicelli caldi curano il tumore?