Previa le considerazioni che ho espresso qui.http://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/l'irrilevanza-del-filosofo-(-non-della-filosofia-)/
rispondo in successione sotto ad Apeiron Sgiombo Angelo Cvc Phil
PREMESSE
Reiniziamo il discorso che avevamo lasciato nel vecchio forum.
La mia posizione è quella della metafisica che io chiamo del "fondamento", quella iniziata da Kant e portata alla perfezione da Hegel in ambito europeo e da Peirce in
ambito americano analitico, ribaltata da Heideger e infine confutata magistralmente da Severino.
Vedo che a parte Maral non c'è ancora qualcuno che porti una posizione almeno simile nel forum, dunque accetto lo scontro analitico, che per l'appunto dimentica Hegel,
lapus freudiano non da poco nella civiltà del disagio contemporaneo, e invece si confronta con Kant, Locke e Berkely, essendo Hume, nella maggioranza dei casi incluso
(non so fino a che punto giustamente) nelle tesi riferite a Kant.
Avevo iniziato a leggere https://it.wikipedia.org/wiki/Sulla_quadruplice_radice_del_principio_di_ragion_sufficiente ma mi sono subito fermato, in quanto lo stesso
Schopenuer ammetteva di riprendere (nella introduzione all'opera) alla lettera il pensiero kantiano, anzitutto sfrondandolo dai preconcetti dell'epoca, e poi
criticandolo per via della mancanza della non considerazione della forza vitale che tutto sorregge, e che leggendo la wiki dovrebbe corrispondere al principio agendi.
Ovviamente a Kant sarebbe preso un colpo, in quanto tutta la sua opera è proprio un tentativo di sottrarsi alla metafisica medievale del principio dell'Uno, alias Dio.
Dunque avendo sistemato schopenauer rimane la questione della rappresentazione e dell'oggetto.
Già perchè bisogna correggere subito Apeiron, il dibattito non riguarda l'oggettività, quella è una questione della scienza, in qualunque libro analitico americano lo
si troverà come postilla finale, come monito ad andare oltre la questione filosofica. (già perchè sennò che senso avrebbe una catterdra di filosofia?se già c'è quella
di scienza?)
La domanda non è dunque se l'oggetto è oggettivo, nè se sia vero o no, quello spetta alla logica, ma se è reale o meno: Il che mi sembra molto ragionevole.
E salvo future smentite credo sia quello che interessi e interessa la maggiorparte degli utenti dediti alla filosofia.
Qui ovviamente il campo degli interventi diventa abbastanza variegato, ma visto l'interesse, proverò a ricimentarmici.
Le posizioni sono quelle dualiste ( "mente-oggetto reale") o quelle moniste ( "mente reale/oggetto non reale", o "mente non reale/oggetto reale")
Ovviamente tutte hanno nemico comune lo scetticismo (mente e oggetto non reali).
L'esercizo contro lo scetticismo è ovviamente il più gettonato.
Ma le lotte fra le altre fazioni non sono meno virulente.
Anche perchè poi vi sono le sottocategorie riguardanti la mente reale: mente (cervello reale-ambiente non reale) mente (cervello non reale-ambiente reale).
Con cervello si intende la capacità dello stesso di creare categorie senza bisogno o con bisogno di impulsi esterni.
Le categorie che si richiamano a questo monismo radicale si chiamano riduzioniste (il cervello nella vasca), e sono nella lora eccezione debole (si ammettono impulsi
esterni) la punta di diamante dell'intero movimento analitico.
Possiamo annoverare fra essi il buon sgiombo credo, con la sua particolare variante dualista nella impossibilità di constatare se questo monismo sia vero o meno.(per
questo probabilmente avrà come suoi interlocutori i monisti non riduzionisti, posizione difficile da difendere, e infatti sgiombo parla di atto di fede, ma forse
qualcuno in giro c'è che prova ad argomentare in altro modo, non è il caso di sgiombo, ma quelli hanno un cattedra da proteggere).
DISCUSSIONE
PER APEIRON
Ciao, diciamo che sono d'accordo con l'introduzione, le nostre sono rappresentazioni, questione di puro buon senso, e comunque a me basta l'argomento principe contro
gli scettici quello che li liquida in 2 secondi, e che per questo, dai filosofi analitici, è ritenuto volgare: lo stesso parlare di scetticismo comporta che esista
qualcuno che lo sta dicendo, fine! partita chiusa punto e capo. Il resto sono illazioni.
Ma volendo possiamo ancora parlarne. Ma per me è un puro gioco argomentativo, questo nel caso qualcuno si offenda.
Il punto proseguendo è dunque se l'oggetto sia reale. Francamente non capisco quale utilità noi possiamo trovarne, le questioni sono altre.
Il problema del rappresentazionalismo (così chiamato) sarebbe quello di dimostrare che in fin dei conti l'apparato nostro mentale sia verosimile con quello reale.
Nel caso Kantiano (e quindi quello da me difeso) la questione invece è che il mentale si configura come qualcosa che nel trascendentale, ossia nelle categorie spazio-
tempo-sensoriale, si configura come sintesi dell'intelletto fra noumenico (il reale) e il sublime (l'artistico, o metafisico o trascendente).
In Kant dunque il reale è meramente formale, in quanto si situerebbe un attimo prima dello scontro tra noumeno e trascendentale. In quanto sulla scorta di Hume il
noumeno è inconoscibile, nemmeno come reale dunque, e il reale come noi lo intendiamo, è una mera rappresentazione intellettuale, sì ma sintetica.
Il problema si sposta dunque dal noumeno al soggetto, come anche tu hai segnalato. E' una questione sintetica che poi prenderà la piega delirante degli imperativi
categorici (a mio parere).
Il tuo problema però risale a prima, e cioè secondo te essendo la questione soggettiva, non esiste possibilità di conoscenza del reale.
In realtà però non consideri la questione del sintetico che viene dal basso, direi quasi, kantiana. Ossia che appunto il reale è testimoniato proprio dalla attività
attiva dell'intelletto.(molto semplice)
In ambito analitico la questione è divisa tra qualità primarie (passive) come peso, calore, colore e secondarie che sono quelle della vera e propria attività
rappresentazionale in cui riempiamo di connotati le qualità primarie, dateci in natura come in sè.
Sono quelle chiamate così intuizioni primarie, che sono come dire la base per qualsiasi discorso successivo.
Dunque in un realismo ingenuo queste intuizioni primarie esistono, senza bisogno di argomentazioni successive.(ossia negano che il mentale si possa correlare a queste
intuzioni primarie).
Argomentazioni che invece esistono per i rappresentazionalisti che fanno notare che calore, colore e persino peso sono influenzabili dall'intelletto, in quanto abbiamo
capacità di resitenza al dolore diverse, e quindi anche il calore è percepito in maniera diversa da persone diverse. Come nel caso del daltonismo il colore è percepito
in maniera diversa. E per il peso basta pensare ai sistemi inerziali, vedo la mosca ferma dentro la nave, ma dall'esterno essa si muove con la nave, o agli esperimenti
della piuma e della pietra senza aria.
Si è dunque passati ad interrogarsi sull'oggetto in sè, esattamente come fai, tu.
Da qui le posizioni berkleiane hanno preso il sopravvento, l'oggetto chiede di essere visto da più posizioni, in quanto noi lo vediamo sempre e solo da un solo punto
di vista.(Come dici tu è la questione dell'esperienza che porta a volgere lo sguardo altrove)
Alla maggiore va in voga la posizione husserliana delle sintesi passive, ossia è l'oggetto stesso in sè che ha la proprietà di chiedere all'osservatore di essere
esaminata.
Si tratta dell'emergere delle posizioni più moderne e meno intendibili da un pubblico casuale, sullo spazio primario, che consente una prima osservabile operazione
mentale ossia PRIMA viene lo sfondo, e poi viene a definirsi lentamente un oggetto, sempre e in costante riferimento a quello sfondo.
Gli esperimenti della gestalt dimostrano che questa operazione sfondo-oggetto è però a sua volta influenzabile. Basta pensare a quei disegnini dove possiamo vedere una
vecchia o una giovane a seconda che mettiamo a fuoco ora questo, ora quell'elemento.
Siamo dunque al solito problema mentale-oggettuale. In linea di massimo però i rappresentazionalisti risolvono la questione con il prospettivismo, ossia, sì ammettono
che si può hackerare la percezione dello spazio primario, ma una volta inteso il tranello, la mente registra l'errore e tende a non ripeterlo più. Per cui una volta
rivisto il disegnino, vedrà sia la vecchia che la giovane (laddove prima vedeva solo una cosa).
Dunque il prospettivismo è una sorta di darwinismo evolutivo mentale, che non rinuncia all'analisi di cosa accade primariamente con l'oggetto primario.
Che come abbiamo capito non è il tavolo, ma la stanza in cui quel tavolo risiede.
Si potrebbe azzardare che dunque il reale è esattamente lo spazio. (questa è posizione continentale analitica maggiore, a mio avviso).
Dunque rispondendo alla tua questione sì il reale anche da un rappresentazionalista, è possibile intenderlo.
Siamo nel dualismo.(mente-oggetto)
Ora andiamo nel monismo, che invece considera l'esperienza assolutamente secondaria, e che si concentra dunque sul mentale.
PER SGIOMBO
Il problema caro sgiombo è come puoi descrive questa presunta coincidenza tra stato funzionale della mente e il noumenico?
D'altronde anche le recenti scoperte neuroscientifiche dovrebbero aiutarti a capire che l'ambiente è essenziale nello stesso processo cognitivo.
Che poi è (per me) anche il problema del monismo relativo o assoluto che sia: come far coincidere in un rapporto 1:1 la questione del reale?
Certo forse per quelli relativisti si concede la questione sensoriale, ma l'esperienza non è la sensorialità.
E il tempo cosa sarebbe per tutti voi?
? una funzione? una variabile?? si ma di cosa?
? visto che partite dal presupposto che è il cervello a stabilirla.
Eppoi non dimentichiamo proprio del termini esperienza....cosa sarebbe una funzione "uscita male"? un black out neuronale??? perchè ci ostiniamo a voler credere di
essere esseri storici????un mero traviamento dei sensi, un loro non prenderli troppo sul serio?
?
e sopratutto come conciliare la questione del materialismo storico presente nel pensiero marxista?
?
PER ANGELO CANNATA
buonasera professore. il punto del monismo radicale a parte le domande che solleva esattamente come quello relativo (vedi sopra), è ancora più grave.
Non solo si manifesterebbe come impossibilità all'azione (che poi le voglio ricordare è proprio quello che vuole il pensiero unico dominante) come concordo con
Sgiombo, ma poi c'è anche il problema di come lei distigua un unicorno da un cavallo.
Il monismo radicale sebbene lotti contro il relativismo scettico, rischia di cadere a piedi uniti in quello che loro stessi argomentano come inaccettabile.
Inacettabile perchè negherebbe anche qualsiasi attività neuronale, e quindi le nostra capacità di argomentare.
Ora rischiamo di cadere nelle idee di MONDO COME SOGNO, e altre sciocchezze simili.
Siccome so che lei è un sostenitore del pensiero debole, la metterei in guardia nel mettersi nella scomoda posizione di promiscuità tra dualismo, benchè non
rappresentazionale(come di fatto per un analitico è il pensiero relativista), e monismo riduzionista o radicale, in cui il cervello determina tutto (e dunque già lì, e
allora quale relativismo?).
A mio parere queste soluzioni intermedie portano di solito ad un realimso ingenuo (non quello di ferraris, che è sociale, capitolo a parte) che si determina come
disgiuntivismo, o è reale (cavallo) o è mentale (unicorno). Scusi la mia domanda sarebbe allora: e cosa ci sarebbe di relativo dunque?

?(e notare che le
abbuono il problema del cervello in sè, d'altronde non c'è mai questa domanda nell'ambito della discussione, come dire che quello è principio.)
PER CVC
Ovviamente concordo al cento per cento, ma effettivamente come ho cercato di spiegare nella premessa, la questione non è tanto dell'oggetivismo, ma dell'oggetto.
Ovviamente insomma esistono strade case etc...il punto è se queste cose che percepiamo appartengano all'ambito del reale o del mentale.
E' l'intelletto che governa il mondo o è l'oggetto???essere attivi o essere passivi questo è il contenzioso.
Nel corso degli anni si è plasmato come il problema del sensorialismo e della sua sottocategoria il problema del riduzionismo (che a scanso di equivoci NON E' il
riduzionismo scientifico, che invece è un modello di ricerca sperimentale, stiamo invece appunto parlando del famoso cervello nella vasca).
PER PHIL
mi sa che siamo un pò fuori tema, comunque torniamo alla filosofia fondamentale, nulla c'è è un frase senza senso, se ci fosse il nulla sarebbe inesistente il concetto
di essere, e se ci fosse allora sarebba comunque qualcosa e dunque qualcosa ci sarebbe, e dunque il nulla non ci sarebbe.
certo l'essere è incomunicabile, ma non per questo non dovrebbe esserci, questo è il tipico errore della parte per il tutto!!!!
rispondo in successione sotto ad Apeiron Sgiombo Angelo Cvc Phil
PREMESSE
Reiniziamo il discorso che avevamo lasciato nel vecchio forum.
La mia posizione è quella della metafisica che io chiamo del "fondamento", quella iniziata da Kant e portata alla perfezione da Hegel in ambito europeo e da Peirce in
ambito americano analitico, ribaltata da Heideger e infine confutata magistralmente da Severino.
Vedo che a parte Maral non c'è ancora qualcuno che porti una posizione almeno simile nel forum, dunque accetto lo scontro analitico, che per l'appunto dimentica Hegel,
lapus freudiano non da poco nella civiltà del disagio contemporaneo, e invece si confronta con Kant, Locke e Berkely, essendo Hume, nella maggioranza dei casi incluso
(non so fino a che punto giustamente) nelle tesi riferite a Kant.
Avevo iniziato a leggere https://it.wikipedia.org/wiki/Sulla_quadruplice_radice_del_principio_di_ragion_sufficiente ma mi sono subito fermato, in quanto lo stesso
Schopenuer ammetteva di riprendere (nella introduzione all'opera) alla lettera il pensiero kantiano, anzitutto sfrondandolo dai preconcetti dell'epoca, e poi
criticandolo per via della mancanza della non considerazione della forza vitale che tutto sorregge, e che leggendo la wiki dovrebbe corrispondere al principio agendi.
Ovviamente a Kant sarebbe preso un colpo, in quanto tutta la sua opera è proprio un tentativo di sottrarsi alla metafisica medievale del principio dell'Uno, alias Dio.
Dunque avendo sistemato schopenauer rimane la questione della rappresentazione e dell'oggetto.
Già perchè bisogna correggere subito Apeiron, il dibattito non riguarda l'oggettività, quella è una questione della scienza, in qualunque libro analitico americano lo
si troverà come postilla finale, come monito ad andare oltre la questione filosofica. (già perchè sennò che senso avrebbe una catterdra di filosofia?se già c'è quella
di scienza?)
La domanda non è dunque se l'oggetto è oggettivo, nè se sia vero o no, quello spetta alla logica, ma se è reale o meno: Il che mi sembra molto ragionevole.
E salvo future smentite credo sia quello che interessi e interessa la maggiorparte degli utenti dediti alla filosofia.
Qui ovviamente il campo degli interventi diventa abbastanza variegato, ma visto l'interesse, proverò a ricimentarmici.
Le posizioni sono quelle dualiste ( "mente-oggetto reale") o quelle moniste ( "mente reale/oggetto non reale", o "mente non reale/oggetto reale")
Ovviamente tutte hanno nemico comune lo scetticismo (mente e oggetto non reali).
L'esercizo contro lo scetticismo è ovviamente il più gettonato.
Ma le lotte fra le altre fazioni non sono meno virulente.
Anche perchè poi vi sono le sottocategorie riguardanti la mente reale: mente (cervello reale-ambiente non reale) mente (cervello non reale-ambiente reale).
Con cervello si intende la capacità dello stesso di creare categorie senza bisogno o con bisogno di impulsi esterni.
Le categorie che si richiamano a questo monismo radicale si chiamano riduzioniste (il cervello nella vasca), e sono nella lora eccezione debole (si ammettono impulsi
esterni) la punta di diamante dell'intero movimento analitico.
Possiamo annoverare fra essi il buon sgiombo credo, con la sua particolare variante dualista nella impossibilità di constatare se questo monismo sia vero o meno.(per
questo probabilmente avrà come suoi interlocutori i monisti non riduzionisti, posizione difficile da difendere, e infatti sgiombo parla di atto di fede, ma forse
qualcuno in giro c'è che prova ad argomentare in altro modo, non è il caso di sgiombo, ma quelli hanno un cattedra da proteggere).
DISCUSSIONE
PER APEIRON
Ciao, diciamo che sono d'accordo con l'introduzione, le nostre sono rappresentazioni, questione di puro buon senso, e comunque a me basta l'argomento principe contro
gli scettici quello che li liquida in 2 secondi, e che per questo, dai filosofi analitici, è ritenuto volgare: lo stesso parlare di scetticismo comporta che esista
qualcuno che lo sta dicendo, fine! partita chiusa punto e capo. Il resto sono illazioni.
Ma volendo possiamo ancora parlarne. Ma per me è un puro gioco argomentativo, questo nel caso qualcuno si offenda.
Il punto proseguendo è dunque se l'oggetto sia reale. Francamente non capisco quale utilità noi possiamo trovarne, le questioni sono altre.
Il problema del rappresentazionalismo (così chiamato) sarebbe quello di dimostrare che in fin dei conti l'apparato nostro mentale sia verosimile con quello reale.
Nel caso Kantiano (e quindi quello da me difeso) la questione invece è che il mentale si configura come qualcosa che nel trascendentale, ossia nelle categorie spazio-
tempo-sensoriale, si configura come sintesi dell'intelletto fra noumenico (il reale) e il sublime (l'artistico, o metafisico o trascendente).
In Kant dunque il reale è meramente formale, in quanto si situerebbe un attimo prima dello scontro tra noumeno e trascendentale. In quanto sulla scorta di Hume il
noumeno è inconoscibile, nemmeno come reale dunque, e il reale come noi lo intendiamo, è una mera rappresentazione intellettuale, sì ma sintetica.
Il problema si sposta dunque dal noumeno al soggetto, come anche tu hai segnalato. E' una questione sintetica che poi prenderà la piega delirante degli imperativi
categorici (a mio parere).
Il tuo problema però risale a prima, e cioè secondo te essendo la questione soggettiva, non esiste possibilità di conoscenza del reale.
In realtà però non consideri la questione del sintetico che viene dal basso, direi quasi, kantiana. Ossia che appunto il reale è testimoniato proprio dalla attività
attiva dell'intelletto.(molto semplice)
In ambito analitico la questione è divisa tra qualità primarie (passive) come peso, calore, colore e secondarie che sono quelle della vera e propria attività
rappresentazionale in cui riempiamo di connotati le qualità primarie, dateci in natura come in sè.
Sono quelle chiamate così intuizioni primarie, che sono come dire la base per qualsiasi discorso successivo.
Dunque in un realismo ingenuo queste intuizioni primarie esistono, senza bisogno di argomentazioni successive.(ossia negano che il mentale si possa correlare a queste
intuzioni primarie).
Argomentazioni che invece esistono per i rappresentazionalisti che fanno notare che calore, colore e persino peso sono influenzabili dall'intelletto, in quanto abbiamo
capacità di resitenza al dolore diverse, e quindi anche il calore è percepito in maniera diversa da persone diverse. Come nel caso del daltonismo il colore è percepito
in maniera diversa. E per il peso basta pensare ai sistemi inerziali, vedo la mosca ferma dentro la nave, ma dall'esterno essa si muove con la nave, o agli esperimenti
della piuma e della pietra senza aria.
Si è dunque passati ad interrogarsi sull'oggetto in sè, esattamente come fai, tu.
Da qui le posizioni berkleiane hanno preso il sopravvento, l'oggetto chiede di essere visto da più posizioni, in quanto noi lo vediamo sempre e solo da un solo punto
di vista.(Come dici tu è la questione dell'esperienza che porta a volgere lo sguardo altrove)
Alla maggiore va in voga la posizione husserliana delle sintesi passive, ossia è l'oggetto stesso in sè che ha la proprietà di chiedere all'osservatore di essere
esaminata.
Si tratta dell'emergere delle posizioni più moderne e meno intendibili da un pubblico casuale, sullo spazio primario, che consente una prima osservabile operazione
mentale ossia PRIMA viene lo sfondo, e poi viene a definirsi lentamente un oggetto, sempre e in costante riferimento a quello sfondo.
Gli esperimenti della gestalt dimostrano che questa operazione sfondo-oggetto è però a sua volta influenzabile. Basta pensare a quei disegnini dove possiamo vedere una
vecchia o una giovane a seconda che mettiamo a fuoco ora questo, ora quell'elemento.
Siamo dunque al solito problema mentale-oggettuale. In linea di massimo però i rappresentazionalisti risolvono la questione con il prospettivismo, ossia, sì ammettono
che si può hackerare la percezione dello spazio primario, ma una volta inteso il tranello, la mente registra l'errore e tende a non ripeterlo più. Per cui una volta
rivisto il disegnino, vedrà sia la vecchia che la giovane (laddove prima vedeva solo una cosa).
Dunque il prospettivismo è una sorta di darwinismo evolutivo mentale, che non rinuncia all'analisi di cosa accade primariamente con l'oggetto primario.
Che come abbiamo capito non è il tavolo, ma la stanza in cui quel tavolo risiede.
Si potrebbe azzardare che dunque il reale è esattamente lo spazio. (questa è posizione continentale analitica maggiore, a mio avviso).
Dunque rispondendo alla tua questione sì il reale anche da un rappresentazionalista, è possibile intenderlo.
Siamo nel dualismo.(mente-oggetto)
Ora andiamo nel monismo, che invece considera l'esperienza assolutamente secondaria, e che si concentra dunque sul mentale.
PER SGIOMBO
Il problema caro sgiombo è come puoi descrive questa presunta coincidenza tra stato funzionale della mente e il noumenico?
D'altronde anche le recenti scoperte neuroscientifiche dovrebbero aiutarti a capire che l'ambiente è essenziale nello stesso processo cognitivo.
Che poi è (per me) anche il problema del monismo relativo o assoluto che sia: come far coincidere in un rapporto 1:1 la questione del reale?
Certo forse per quelli relativisti si concede la questione sensoriale, ma l'esperienza non è la sensorialità.
E il tempo cosa sarebbe per tutti voi?


Eppoi non dimentichiamo proprio del termini esperienza....cosa sarebbe una funzione "uscita male"? un black out neuronale??? perchè ci ostiniamo a voler credere di
essere esseri storici????un mero traviamento dei sensi, un loro non prenderli troppo sul serio?

e sopratutto come conciliare la questione del materialismo storico presente nel pensiero marxista?

PER ANGELO CANNATA
buonasera professore. il punto del monismo radicale a parte le domande che solleva esattamente come quello relativo (vedi sopra), è ancora più grave.
Non solo si manifesterebbe come impossibilità all'azione (che poi le voglio ricordare è proprio quello che vuole il pensiero unico dominante) come concordo con
Sgiombo, ma poi c'è anche il problema di come lei distigua un unicorno da un cavallo.
Il monismo radicale sebbene lotti contro il relativismo scettico, rischia di cadere a piedi uniti in quello che loro stessi argomentano come inaccettabile.
Inacettabile perchè negherebbe anche qualsiasi attività neuronale, e quindi le nostra capacità di argomentare.
Ora rischiamo di cadere nelle idee di MONDO COME SOGNO, e altre sciocchezze simili.
Siccome so che lei è un sostenitore del pensiero debole, la metterei in guardia nel mettersi nella scomoda posizione di promiscuità tra dualismo, benchè non
rappresentazionale(come di fatto per un analitico è il pensiero relativista), e monismo riduzionista o radicale, in cui il cervello determina tutto (e dunque già lì, e
allora quale relativismo?).
A mio parere queste soluzioni intermedie portano di solito ad un realimso ingenuo (non quello di ferraris, che è sociale, capitolo a parte) che si determina come
disgiuntivismo, o è reale (cavallo) o è mentale (unicorno). Scusi la mia domanda sarebbe allora: e cosa ci sarebbe di relativo dunque?



abbuono il problema del cervello in sè, d'altronde non c'è mai questa domanda nell'ambito della discussione, come dire che quello è principio.)
PER CVC
Ovviamente concordo al cento per cento, ma effettivamente come ho cercato di spiegare nella premessa, la questione non è tanto dell'oggetivismo, ma dell'oggetto.
Ovviamente insomma esistono strade case etc...il punto è se queste cose che percepiamo appartengano all'ambito del reale o del mentale.
E' l'intelletto che governa il mondo o è l'oggetto???essere attivi o essere passivi questo è il contenzioso.
Nel corso degli anni si è plasmato come il problema del sensorialismo e della sua sottocategoria il problema del riduzionismo (che a scanso di equivoci NON E' il
riduzionismo scientifico, che invece è un modello di ricerca sperimentale, stiamo invece appunto parlando del famoso cervello nella vasca).
PER PHIL
mi sa che siamo un pò fuori tema, comunque torniamo alla filosofia fondamentale, nulla c'è è un frase senza senso, se ci fosse il nulla sarebbe inesistente il concetto
di essere, e se ci fosse allora sarebba comunque qualcosa e dunque qualcosa ci sarebbe, e dunque il nulla non ci sarebbe.
certo l'essere è incomunicabile, ma non per questo non dovrebbe esserci, questo è il tipico errore della parte per il tutto!!!!