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Messaggi - green demetr

#2956
Tematiche Filosofiche / Re:Realtà e rappresentazione
19 Ottobre 2016, 19:07:40 PM
Previa le considerazioni che ho espresso qui.http://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/l'irrilevanza-del-filosofo-(-non-della-filosofia-)/

rispondo in successione sotto ad Apeiron Sgiombo Angelo Cvc Phil

PREMESSE

Reiniziamo il discorso che avevamo lasciato nel vecchio forum.

La mia posizione è quella della metafisica che io chiamo del "fondamento", quella iniziata da Kant e portata alla perfezione da Hegel in ambito europeo e da Peirce in

ambito americano analitico, ribaltata da Heideger e infine confutata magistralmente da Severino.

Vedo che a parte Maral non c'è ancora qualcuno che porti una posizione almeno simile nel forum, dunque accetto lo scontro analitico, che per l'appunto dimentica Hegel,

lapus freudiano non da poco nella civiltà del disagio contemporaneo, e invece si confronta con Kant, Locke e Berkely, essendo Hume, nella maggioranza dei casi incluso

(non so fino a che punto giustamente) nelle tesi riferite a Kant.

Avevo iniziato a leggere https://it.wikipedia.org/wiki/Sulla_quadruplice_radice_del_principio_di_ragion_sufficiente ma mi sono subito fermato, in quanto lo stesso

Schopenuer ammetteva di riprendere (nella introduzione all'opera) alla lettera il pensiero kantiano, anzitutto sfrondandolo dai preconcetti dell'epoca, e poi

criticandolo per via della mancanza della non considerazione della forza vitale che tutto sorregge, e che leggendo la wiki dovrebbe corrispondere al principio agendi.
Ovviamente a Kant sarebbe preso un colpo, in quanto tutta la sua opera è proprio un tentativo di sottrarsi alla metafisica medievale del principio dell'Uno, alias Dio.

Dunque avendo sistemato schopenauer rimane la questione della rappresentazione e dell'oggetto.

Già perchè bisogna correggere subito Apeiron, il dibattito non riguarda l'oggettività, quella è una questione della scienza, in qualunque libro analitico americano lo

si troverà come postilla finale, come monito ad andare oltre la questione filosofica. (già perchè sennò che senso avrebbe una catterdra di filosofia?se già c'è quella

di scienza?)

La domanda non è dunque se l'oggetto è oggettivo, nè se sia vero o no, quello spetta alla logica, ma se è reale o meno: Il che mi sembra molto ragionevole.

E salvo future smentite credo sia quello che interessi e interessa la maggiorparte degli utenti dediti alla filosofia.

Qui ovviamente il campo degli interventi diventa abbastanza variegato, ma visto l'interesse, proverò a ricimentarmici.

Le posizioni sono quelle dualiste ( "mente-oggetto reale") o quelle moniste ( "mente reale/oggetto non reale", o "mente non reale/oggetto reale")
Ovviamente tutte hanno nemico comune lo scetticismo (mente e oggetto non reali).
L'esercizo contro lo scetticismo è ovviamente il più gettonato.
Ma le lotte fra le altre fazioni non sono meno virulente.

Anche perchè poi vi sono le sottocategorie riguardanti la mente reale: mente (cervello reale-ambiente non reale) mente (cervello non reale-ambiente reale).
Con cervello si intende la capacità dello stesso di creare categorie senza bisogno o con bisogno di impulsi esterni.
Le categorie che si richiamano a questo monismo radicale si chiamano riduzioniste (il cervello nella vasca), e sono nella lora eccezione debole (si ammettono impulsi

esterni) la punta di diamante dell'intero movimento analitico.

Possiamo annoverare fra essi il buon sgiombo credo, con la sua particolare variante dualista nella impossibilità di constatare se questo monismo sia vero o meno.(per

questo probabilmente avrà come suoi interlocutori i monisti non riduzionisti, posizione difficile da difendere, e infatti sgiombo parla di atto di fede, ma forse

qualcuno in giro c'è che prova ad argomentare in altro modo, non è il caso di sgiombo, ma quelli hanno un cattedra da proteggere).

DISCUSSIONE



PER APEIRON

Ciao, diciamo che sono d'accordo con l'introduzione, le nostre sono rappresentazioni, questione di puro buon senso, e comunque a me basta l'argomento principe contro

gli scettici quello che li liquida in 2 secondi, e che per questo, dai filosofi analitici, è ritenuto volgare: lo stesso parlare di scetticismo comporta che esista

qualcuno che lo sta dicendo, fine! partita chiusa punto e capo. Il resto sono illazioni.
Ma volendo possiamo ancora parlarne. Ma per me è un puro gioco argomentativo, questo nel caso qualcuno si offenda.


Il punto proseguendo è dunque se l'oggetto sia reale. Francamente non capisco quale utilità noi possiamo trovarne, le questioni sono altre.
Il problema del rappresentazionalismo (così chiamato) sarebbe quello di dimostrare che in fin dei conti l'apparato nostro mentale sia verosimile con quello reale.

Nel caso Kantiano (e quindi quello da me difeso) la questione invece è che il mentale si configura come qualcosa che nel trascendentale, ossia nelle categorie spazio-

tempo-sensoriale, si configura come sintesi dell'intelletto fra noumenico (il reale) e il sublime (l'artistico, o metafisico o trascendente).

In Kant dunque il reale è meramente formale, in quanto si situerebbe un attimo prima dello scontro tra noumeno e trascendentale. In quanto sulla scorta di Hume il

noumeno è inconoscibile, nemmeno come reale dunque, e il reale come noi lo intendiamo, è una mera rappresentazione intellettuale, sì ma sintetica.

Il problema si sposta dunque dal noumeno al soggetto, come anche tu hai segnalato. E' una questione sintetica che poi prenderà la piega delirante degli imperativi

categorici (a mio parere).

Il tuo problema però risale a prima, e cioè secondo te essendo la questione soggettiva, non esiste possibilità di conoscenza del reale.

In realtà però non consideri la questione del sintetico che viene dal basso, direi quasi, kantiana. Ossia che appunto il reale è testimoniato proprio dalla attività

attiva dell'intelletto.(molto semplice)

In ambito analitico la questione è divisa tra qualità primarie (passive) come peso, calore, colore e secondarie che sono quelle della vera e propria attività

rappresentazionale in cui riempiamo di connotati le qualità primarie, dateci in natura come in sè.
Sono quelle chiamate così intuizioni primarie, che sono come dire la base per qualsiasi discorso successivo.

Dunque in un realismo ingenuo queste intuizioni primarie esistono, senza bisogno di argomentazioni successive.(ossia negano che il mentale si possa correlare a queste

intuzioni primarie).

Argomentazioni che invece esistono per i rappresentazionalisti che fanno notare che calore, colore e persino peso sono influenzabili dall'intelletto, in quanto abbiamo

capacità di resitenza al dolore diverse, e quindi anche il calore è percepito in maniera diversa da persone diverse. Come nel caso del daltonismo il colore è percepito

in maniera diversa. E per il peso basta pensare ai sistemi inerziali, vedo la mosca ferma dentro la nave, ma dall'esterno essa si muove con la nave, o agli esperimenti

della piuma e della pietra senza aria.

Si è dunque passati ad interrogarsi sull'oggetto in sè, esattamente come fai, tu.
Da qui le posizioni berkleiane hanno preso il sopravvento, l'oggetto chiede di essere visto da più posizioni, in quanto noi lo vediamo sempre e solo da un solo punto

di vista.(Come dici tu è la questione dell'esperienza che porta a volgere lo sguardo altrove)

Alla maggiore va in voga la posizione husserliana delle sintesi passive, ossia è l'oggetto stesso in sè che ha la proprietà di chiedere all'osservatore di essere

esaminata.
Si tratta dell'emergere delle posizioni più moderne e meno intendibili da un pubblico casuale, sullo spazio primario, che consente una prima osservabile operazione

mentale ossia PRIMA viene lo sfondo, e poi viene a definirsi lentamente un oggetto, sempre e in costante riferimento a quello sfondo.

Gli esperimenti della gestalt dimostrano che questa operazione sfondo-oggetto è però a sua volta influenzabile. Basta pensare a quei disegnini dove possiamo vedere una

vecchia o una giovane a seconda che mettiamo a fuoco ora questo, ora quell'elemento.

Siamo dunque al solito problema mentale-oggettuale. In linea di massimo però i rappresentazionalisti risolvono la questione con il prospettivismo, ossia, sì ammettono

che si può hackerare la percezione dello spazio primario, ma una volta inteso il tranello, la mente registra l'errore e tende a non ripeterlo più. Per cui una volta

rivisto il disegnino, vedrà sia la vecchia che la giovane (laddove prima vedeva solo una cosa).

Dunque il prospettivismo è una sorta di darwinismo evolutivo mentale, che non rinuncia all'analisi di cosa accade primariamente con l'oggetto primario.
Che come abbiamo capito non è il tavolo, ma la stanza in cui quel tavolo risiede.

Si potrebbe azzardare che dunque il reale è esattamente lo spazio. (questa è posizione continentale analitica maggiore, a mio avviso).

Dunque rispondendo alla tua questione sì il reale anche da un rappresentazionalista, è possibile intenderlo.

Siamo nel dualismo.(mente-oggetto)

Ora andiamo nel monismo, che invece considera l'esperienza assolutamente secondaria, e che si concentra dunque sul mentale.

PER SGIOMBO

Il problema caro sgiombo è come puoi descrive questa presunta coincidenza tra stato funzionale della mente e il noumenico?
D'altronde anche le recenti scoperte neuroscientifiche dovrebbero aiutarti a capire che l'ambiente è essenziale nello stesso processo cognitivo.

Che poi è (per me) anche il problema del monismo relativo o assoluto che sia: come far coincidere in un rapporto 1:1 la questione del reale?

Certo forse per quelli relativisti si concede la questione sensoriale, ma l'esperienza non è la sensorialità.

E il tempo cosa sarebbe per tutti voi????? una funzione? una variabile?? si ma di cosa????? visto che partite dal presupposto che è il cervello a stabilirla.
Eppoi non dimentichiamo proprio del termini esperienza....cosa sarebbe una funzione "uscita male"? un black out neuronale??? perchè ci ostiniamo a voler credere di

essere esseri storici????un mero traviamento dei sensi, un loro non prenderli troppo sul serio?????

e sopratutto come conciliare la questione del materialismo storico presente nel pensiero marxista?????

PER ANGELO CANNATA

buonasera professore. il punto del monismo radicale a parte le domande che solleva esattamente come quello relativo (vedi sopra), è ancora più grave.

Non solo si manifesterebbe come impossibilità all'azione (che poi le voglio ricordare è proprio quello che vuole il pensiero unico dominante) come concordo con

Sgiombo, ma poi c'è anche il problema di come lei distigua un unicorno da un cavallo.
Il monismo radicale sebbene lotti contro il relativismo scettico, rischia di cadere a piedi uniti in quello che loro stessi argomentano come inaccettabile.
Inacettabile perchè negherebbe anche qualsiasi attività neuronale, e quindi le nostra capacità di argomentare.
Ora rischiamo di cadere nelle idee di MONDO COME SOGNO, e altre sciocchezze simili.

Siccome so che lei è un sostenitore del pensiero debole, la metterei in guardia  nel mettersi nella scomoda posizione di promiscuità tra dualismo, benchè non

rappresentazionale(come di fatto per un analitico è il pensiero relativista), e monismo riduzionista o radicale, in cui il cervello determina tutto (e dunque già lì, e

allora quale relativismo?).
A mio parere queste soluzioni intermedie portano di solito ad un realimso ingenuo (non quello di ferraris, che è sociale, capitolo a parte) che si determina come

disgiuntivismo, o è reale (cavallo) o è mentale (unicorno). Scusi la mia domanda sarebbe allora: e cosa ci sarebbe di relativo dunque???????????(e notare che le

abbuono il problema del cervello in sè, d'altronde non c'è mai questa domanda nell'ambito della discussione, come dire che quello è principio.)

PER CVC

Ovviamente concordo al cento per cento, ma effettivamente come ho cercato di spiegare nella premessa, la questione non è tanto dell'oggetivismo, ma dell'oggetto.
Ovviamente insomma esistono strade case etc...il punto è se queste cose che percepiamo appartengano all'ambito del reale o del mentale.
E' l'intelletto che governa il mondo o è l'oggetto???essere attivi o essere passivi questo è il contenzioso.


Nel corso degli anni si è plasmato come il problema del sensorialismo e della sua sottocategoria il problema del riduzionismo (che a scanso di equivoci NON E' il

riduzionismo scientifico, che invece è un modello di ricerca sperimentale, stiamo invece appunto parlando del famoso cervello nella vasca).

PER PHIL

mi sa che siamo un pò fuori tema, comunque torniamo alla filosofia fondamentale, nulla c'è è un frase senza senso, se ci fosse il nulla sarebbe inesistente il concetto

di essere, e se ci fosse allora sarebba comunque qualcosa e dunque qualcosa ci sarebbe, e dunque il nulla non ci sarebbe.
certo l'essere è incomunicabile, ma non per questo non dovrebbe esserci, questo è il tipico errore della parte per il tutto!!!!
#2957
In attesa che ti risponda su Schopenauer e Nietzche, parafrasando l'ultimo direttamente (a dimostrazione della mia intermittenza filosofica).

Non capisco cosa succede: il primo topic da te aperto l'ho lasciato perdere, anche se mi ha fatto venir voglia di rispondere con veemenza, adesso però raddoppi la dose, a testimonianza che forse, nonostante il pensiero buddhista e quello filosofico nostrano, è più un problema tuo che altro.

Francamente nemmeno riesco a capire se sia l'ennesimo utente che va in crisi personale, o se vi sia una sincera presa a cura della filosofia.

A mio parere parlare del filosofo significa parlare della filosofia. (proprio perchè il filosofo si occupa della filosofia)

E' già da diversi anni che mi pongo e pongo inutilmente agli altri il problema che io chiamo lo "statuto della filosofia".

Un ebete non si porrà mai alcun problema, nessuna domanda o consapevolezza, stiamo parlando della stragrande maggioranza della gente.

Il problema allora diventa non tanto fare un paragone, del tutto inutile ai nostri fini, quanto il rendersi conto, che la filosofia si OCCUPA della gente.

Crollati i grandi ideali storici, rivelatisi come grandi ideologie, come strumenti di potere, siamo arrivati al pensiero unico, ossia quella idea, che per stare bene serva ridere e prendersi un panino dal fornaio, come se veramente la filosofia potesse appiattirsi a simili "ricette" volgari. (e dunque capirai che l'aria che tira se apri questi 3d a me non piace affatto, dunque ora ti prendi questo sfogo-risposta).

NO, il filosofo si occupa anzitutto della FILOSOFIA, e solo in seconda battuta si occupa della gente, ossia in un modo consapevole.
(altrimenti come potremmo chiamare ebeti gli altri).

La strettezza a cui fai riferimento è la stessa che ognuno di noi è chiamato a rispondere, ma non è questione della filosofia è una questione della persona. Nel senso proprio di soggetto politico, che sta in queste norme in questa morale in questo tempo storico fin tanto che siamo vivi ovvio.

Ora forse si dovrebbe porre il problema del rapporto filosofo-filosofo.

Questione mai affrontata da nessuno, e che secondo me ha a che fare proprio con la crisi della grande coperta metafisica-ideologica che ci ha tenuti in un sonno della ragione fino agli inizi degli anni '90, quando la crisi economica ha contribuito a ridestare qualche coscienza smarrita.

D'altronde se non vi è rapporto tra filosofi come si può determinare uno statuto?

Tra l'altro questa questione rimanda a chissà quale tempo futuro, per ora nonostante si lamentino ancora dei residui metafisici, gli analitici e la lora filosofia SENZA TESTA, sta prendendo sempre più potere.

Come a dire che il problema della filosofia sta mutando da un pensiero politico, ad uno meramente cognitivo.
(come d'altronde anche questo forum testimonia).

Il perchè l'ho detto mille volte, quando una disciplina si scopre per quello che è, mera rappresentazione teatrale che si specchia nel suo auto-da-fè, come agli inizi del novecento (spengler-il tramonto dell'occidente heideger-il problema detta tecnica- anders-la-civiltà-delle-macchine) si è cominciato a pensare, fino appunto al crollo del potere ideologico che ricade su quello delle università (fascismi prima-liberalismi oggi), che era semplice nascondimento della mera detenzione di cattedre(di potere appunto).

Questo è quello che il novecento ha scoperchiato, lo stato di imbarazzo in questo primo ventennio di filosofia del 900 che provo, è quello che esprime la vuotezza insensata delle scienze cognitive, che ormai inglobano di fatto la filosofia.

In realtà in america, questo processo di svecchiamento della filosofia è partito già dagli anni 50 del secolo scorso, in quanto non c'erano i baronati che occupano tutt'ora le nostre accademie europee.
C'è libertà di pensiero in america, un pensiero vuoto però si può rivelare solo per quello che è: un pensiero vuoto.
E così proprio nei recenti anni si è cominciato a recuperare la tradizione delle nostre vecchie ideologie (che hanno portato ai baronati però), si comincia a sondare nuovo terreno, l'analitico cerca di aprire al politico. ( ovviamente sarà l'ennesima catastrofe, perchè ripeteranno gli stessi nostri errori)

Stiamo parlando di processi dunque secolari....e chissà quanto bisognerà aspettare ancora prima di avere una nuova stagione "illuminista" (dimenticando la grandiosità del sommerso medioevale, essendo il mondo greco-romano e tardo-romano troppo distanti dal nostro modo di vivere contemporaneo).

Insomma il filosofo che si occupa della filosofia si occupa di qualcosa di molto problematico, se non malato proprio, dunque anche lui non è che stia benissimo.

Io risolvo la questione con lunghe fughe nel mondo del volgo, e sinceramente le loro risa e i loro camion, mi fanno terrore, si proprio quello metafisico, proprio quello che si meravigli di come il MALE si sia situato così radicalmente nel mondo.
Di come non solo non ci sia risposta, ma di come si faccia spallucce e via.....

Per conto mio non cambierei MAI la mia posizione nel mondo con quello di questa gente.

E ora torno a fuggire sorry e grazie di esistere a questo forum!
#2958
x garbino

Garbino sì, evidentemente Nietzsche intende benissimo la questione del fatto che la nostra è una cultura giudaico-romana, come autori misconosciuti ma di primo ordine nel panorama filosofico contemporaneo scrivono e trattano.

Sì capisco le tue riserve sulla questione logica. D'altronde a me sono costate un lungo lavorio di senso: come afferma omissis nell'altro thread la questione della meta-relativizzazione, deve essere sempre tenuta conto. E così se la questione del giudaismo e del cristianesimo viene considerata nei suoi momenti di ibernazione del pensiero, questo è valido però anche per le sue stesse teorie, che devono essere messe in discussione dallo stesso principio.
A mio parere la questione della guerra (forza) fa tutt'uno con questa unica necessità che Nietzche tenta di illustrare, appunto la lotta al soggetto stesso e alle sue forme di cristallizzazione (debolezza).

I suoi lavori sono dunque un aiuto indispensabile per intaccare le fondamenta delle strutture dell'io, che noi da bravi cattolici, intendiamo storicamente dettate di senso progressivo, e che invece per Nietzche sono abitate da una forza cieca che sempre chiede una propria interpretazione interna.

Sulla questione del silenzio e del perchè possa essere un problema: come ben sappiamo dal lavoro di Janz, la pazzia di Nietzche fu diagnosticata come una rara forma ereditaria di sifilide, che rende il sistema nervoso progressivamente incapace di reazione, di modo che il colasso che ebbe a Torino fu solo uno dei sintomi più famosi.
Ma effettivamente quando leggiamo i cosidetti foglietti della follia, noi possiamo ancora trovare la stessa lucidità e potenza di un pensiero senza eguali, laddove ovviamente passiamo oltre gli improperi, frutto della malattia. Si suppone dunque che Nietzche abbia di proposito smesso di scrivere. La questione è se egli fosse consapevole del sostanziale rischio di totale incomunicabilità del suo lavoro, o se invece, azzarda qualcuno, non sia stato il suo ultimo tentativo di resistenza silenziosa e guerresca alla necessità che egli andava affrontando. Quindi una resistenza di totale ascetismo, mi è venuto da pensare, io che ho un background inzuppo del pensiero orientale, ovviamente solo una fascinazione, non c'è nulla di intellettualmente rilevante che noi possiamo concretamente seguire.

x maral

Certamente la volontà di potenza non guarda in faccia nessuno, però bisogna ricordare che lo sforzo nietzchiano è quello sotteso di far della propria vita un capolavoro, come direbbe un Carmelo Bene. Siamo nello stessa orbita di Severino in fin dei conti, laddove parla della durezza di fondo della natura, che inutilmente l'uomo tenta di trasformare. Non so nel caso di Severino, ma in Nietzche questo scontro violento si risolve in un sguardo sull'abisso interiore, su ciò che emerge a contatto con la necessità. Ma se non vi è scontro l'uomo rinuncia a se stesso, nè più o meno del conosci te stesso della tradizione (tardo)greco-alessandrina, rivoluzionato nel suo significato, da metafisico ad antimetafisico.
Questo Significa inanzitutto uscire dalla morale (la guerra), e quale morale incatena così potentemente, se non  il cristianesimo, che dunque suo malgrado, si rivela la più potente Macchina Incantatoria? Potente certo ma incantatoria.
Per quanto riguarda il silenzio, mi sembra che anche tu ragioni in quei termini forse azzardati sopradetti, ma per nulla fuori strada come traccia.

Il tema dell'ascetismo aspettiamo Garbino che ne parli. Francamente non avendone ancora mai ragionato non saprei dire.
#2959
Citazione di: memento il 04 Ottobre 2016, 00:57:18 AM
Green demetr,hai letto Ecce homo? Immagino e spero di si......

Fatta questa premessa,devo dire che non mi trovo d'accordo con gran parte delle tue affermazioni. Nietzsche non prende in considerazione presunte norme del bene e del male (praticamente una norma di..altre norme  ;D  ),né fondamenti etici di alcun genere (già il termine etica nicciana è un fraintendimento abbastanza importante), ma ritiene solamente l'agire e l'esperienza diretta del mondo,ossia i modi con cui ci interfacciamo ad esso,come gli unici criteri validi di valutazione. Non c'è separazione o dicotomia tra anima e corpo,per cui "la grande salute" dell'anima non può prescindere da una fisiologia altrettanto forte che la sostenga.
......


Non è una norma di altre norme come ho tentato di spiegare.

E' una resistenza dinamica a qualsiasi norma, anche quella che uno si dà di volta in volta.

Questa resistenza alle pretese dell'io, si chiama grande salute. Qualsiasi altra definizione si rifà ad un dualismo corpo-spirito che è distante anni luce da Nietzsche. Anche dimenticando la faziosità politica con cui questo errore viene usato, rimane comunque un errore.

Inoltre fuor di polemica non ridurrei mai Nietzche ad un seguace del pensiero cartesiano, cosa che sembra suggerire il tuo intervento.
Infatti dicendo che la grande salute riguarda l'anima (e non l'intelletto) sorretta o tutt'uno con il corpo, introduci de-facto i termini suddetti a testimonianza della secolarizzazione compiuta dal cristianesimo, ossia stiamo parlando ancora di un' anima e di un corpo.

Ora rimarrebbe da intendere l'attacco al cristianesimo, che Nietzche associa ad un agire ed ad un fare (non specificando mai quale, se non nei passi sardonici quando si riferisce ai tedeschi o ai greci o ai romani).
E quindi tra l'altro se vi è questo attacco, bisogna che ti smentisci, pena la malafede (nel qual caso possiamo anche smettere di argomentare): non è vero che Nietzche  non prende in considerazione presunte norme del bene e del male. Direi che è proprio l'opposto! Nietzche prende con cura ciò che viene ritenuto bene, per poi dimostrare (secondo una SUA etica, pena credere in un Nietzche naif che non prende posizione su nulla) come quel bene, sia il male. E di come il male sia invece il bene. (vedi anche il 3d di Garbino)

Tu suggerisci sulla scorta dello Zaratustra che si tratta di un agire e un fare nel mondo. Non saprei dire (mi sembra più la soluzione Hegeliana o Heidegeriana). Spesso mi viene da pensare al contrario, come ad un agire fisiologico, come se esistesse una scienza motoria: siccome nel nostro secolo esiste, rimane da intendere se ha preconizzato anche quella, o meno.(ma forse tu intendevi proprio questo, ho problemi nel capire cosa intendi mondo).
Ovvero la scienza motoria stabilisce che è lo stesso movimente a cambiare la percezione del nostro io. Indubbiamente sarebbe un intervento ad Hoc visto al cristianesimo come grande malattia della debolezza, della afasia.
Non so come sviluppi il tema politico nei lavori successivi.
Una cosa è certa, qualsiasi sia la riflessione politica, non è centrale, nel pensiero nicciano, che anzi rilancia il tema.
Ovvero anche se superassimo la fase del cristianesimo, cosa ancora oggi lontana dall'avvenire, in cosa consisterebbe il nuovo agire e fare?(Credo che fra le tante questioni nicciane questa sia la mia fondamentale).
Perdonami ma non è forse nello Zarathustra dove si mitizza dell'uomo che stacca con un morso la testa del serpente? A maggioranza di testimonianza critiche (una su tutti Sini) si tratta della cultura. ( e quindi il mondo, a meno che tu lo intenda in una eccezione meramente fisica, come l'esterno al corpo. In quel caso ci potrebbe stare come soluzione, non so se la paventi nello ecce homo).


No non ho letto Ecce Homo, lessi al liceo lo Zarathustra ma non mi piacque affatto. Poi Frequentando forum e conferenze, i riferimenti alla gaia scienza si sono così rivelati fonte di impressione, almeno a livello inconscio, di pelle, che ho deciso di riaffrontarlo seriamente.
I miei vent'anni si sono infranti contro il muro di osticità che un pensiero come quello del filosofo di Rocken propone, in quanto non mi sono mai sognato di intenderlo in maniera semplicemente astratta, ma di legare il pensiero a quello del vissuto mio e del mio tempo.
Ero troppo giovane, dai 30 con un senso molto più smaliziato, e avendo la metafisica agito da base razionale a cui riferirsi, mi sono trovato a capire il senso di profondo pessimismo che anima questo filosofo. Altro che vitalismo gioioso.

Per quanto riguarda la ridda di interpretazioni, ho sempre diviso la critica in 2 filoni, chi lo intende come un filosofo asistematico, e chi invece lo intende come un  filosofo sistematico. Come amabilmente detto da Sini, la filosofia del relativismo va bene, a patto che faccia del relativismo il suo punto fermo. Sembra una contradizione in termini ma non è affatto così.

Ora forse non tutti riusciranno a capire questa importantissima verità, Omissis ha avuto l'intuizione guizzante di capire che dunque si tratta di una meta-prospettivismo, la questione dunque cade non più sulla metafisica, ma sui modi storici delle NORME e della resistenza ad esse. Si tratta di questioni di guerra intellettuale, mai politica.

Lo stesso CORPUS NICCIANO è dunque da intendersi come un UNICUM. E' chiaro che dall'iniziale vortice di nullificazione di UTU, poi nasce per NEGAZIONE la falsificazione dei lavori successivi (il lato propositivo e messianico), cosa che non dimentichiamo succede anche in UTU che essendo diviso in 2 parti riunisce tutta l'ispirazione nicciana.
E d'altronde come spiegare l'emergere dell'OMBRA da un lavoro che pare analitico nella forma, come la prima parte del suddetto?
Ripeto ho trovato la soluzione nel tema della falsificazione, ma mi è costato una meditazione lunga 5 anni.

Vi sono decine di passaggi di UTU che precorrono e superano (per invenzione descrittiva) le pagine dello Zarathustra.

Certo il tema preferito da molti, quello dell'eterno ritorno, non vi è contenuto, ma d'altronde nemmeno nei lavori successivi quel tema verrà mai sviluppato a fondo.

Rimandando alla fine, nel caso più felice, ad uno sfondo Cosmologico. (attenzione meta-Cosmologico, per cui eterno nel suo apparire).

Assolutamente rigetto percio' il tuo tentativo di sminuire un libro immenso, che a tutt'oggi cattura la mia attenzione. E che ritengo indispensabile per poter capire i libri successivi.(al di là della captatio benevolentiae del tuo primo passaggio, tale ritengo il tuo intervento)

Per smorzare il tono polemico, ovviamente sono pronto a interagire anche con chi lo interpreti in maniera slegata, e perciò punto per punto.
Cosa che mi sembra aver fatto nella prima parte dell'intervento odierno.

Non sono disposto ovviamente ad interagire con chi lo pensa un mero romanziere (lì il dissenso sarebbe totale).
#2960
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
05 Ottobre 2016, 00:33:48 AM
Citazione di: paul11 il 03 Ottobre 2016, 10:15:28 AM
Green.
la convenzione deve ovviamente rispettare l'identità, ma quest'ultima non può eludere aspetti pratici.
Sono ancorate nel porto diverse navi, fra le quali quella di Teseo , se nulla mi dice che quella nave è di Teseo, me ne approprio e diventa di paul11: chi mi può contestare?

Ma il senso del mio discorso ampio era proprio questo, cioè c'è sempre qualcuno pronto a contestare, non capisco cosa mi rimproveri dunque. A meno che tu pensi che l'identitò sorga in sè, in quel caso non sarei mai d'accordo. Se esiste come è vero qualcosa che oggi in campo analitico chiamano senso di propriocezione, non sarà mai la questione dell'identitò della persona, il fatto di dire : "io sono questa cosa qui all'interno della famiglia e della società" oltrechè "all'interno di uno spazio naturale, monte, città o mare che sia".


Citazione di: paul11 il 03 Ottobre 2016, 10:15:28 AM
Green.
Nascono quattro gemelli omozigoti, se la nursey non mette un cartellino voglio vedere la stessa madre come fa a identificarli. uno per uno.

? Non ho capito quale sia il punto. L'identitò della madre dipende se riconosce un gemello da un altro? Ma quando mai?

Citazione di: paul11 il 03 Ottobre 2016, 10:15:28 AM
La metafisica può dirci che l'identità non può essere soggetta al divenire. quindi non muta l'identità ad ogni passaggio di tempo, perchè quest ovarrebbe per ogni cosa dell'universo, dalla pianta .all'animale, ma persino di un minerale perchè dallo stato 1 allo stat o2 qualcosa seppur piccola è mutata;ma è la prassi a dargli la forza della convenzione.Non è che se a Tizio gli cambiano un arto, cambia identità

La metafisica classica dice l'esatto opposto, che esiste una unità di spazio e luogo per decidere se esiste un soggetto.

Mai sentito del fenomeno dell'arto fantasma (un esempio su centinaia che ti potrei fare) ? La posizione degli arti e degli organi interni crea diverse patologie e scompensi nell'identità psicologica di una persona.

Non scambiare l'identità civica con quella metafisica o psicologica. Come a dire "sì, esistono diverse identità".


Citazione di: Phil il 03 Ottobre 2016, 17:05:24 PM
Citazione di: green demetr il 03 Ottobre 2016, 04:26:39 AMAltrimenti non capiremmo la questione del bio-potere. (La questione della proprietà di altri del "nostro" corpo) Tema centralissimo e che vedo stato messo a tacere, non riportato.
Non sono affatto pratico di bio-potere (e, a dirla tutta, né di biologia, né di politica!), ma sono molto incuriosito dalla frase "proprietà di altri del "nostro" corpo"... è solo una metafora, c'è sotto un'ontologia politica o parliamo di essere "posseduti" come variante dell'essere "identificati"?

La tematica dell'appartenenza credo presupponga quella dell'identità, in quanto il possessore ed il posseduto sono pensabili solo come identità già date (x ∈ y) e, nel caso dell'uomo, forse il corpo può essere una "multiproprietà", psichica (bipolarismo), mistico-religiosa (possessioni, per chi ancora ci crede), economica (tratta di esseri umani e sfruttamento), ma una totale espropriazione della volontà/persona/mente/Io/etc. "abitante" il corpo mi sembra improbabile (è invece diffusa la pratica del condizionamento, della modifica con vari "mezzi" di quell'abitante, con forti ricadute sulla gestione del suo corpo...).





La questione del bio-potere è complessa Phil, in quanto riguarda nella mia terminologia i lavori di Agamben, che riguardano il soggetto all'interno del complesso più vasto della Città e dello Stato.
In realtà il "dispositivo" è una questione che ingloba anche l'agire e il linguaggio.

NDR
Voglio semplificare, pur provando a dire qualcosa, mi scuso per un certo generalismo portato nel discorso (ogni mia posizione richiederebbe ragionamenti separati), ma spero di far intravedere la questione nascosta.



Non conosci la questione ma sicuramente avrai sentito una infinità di volte al TG i problemi legati all'aborto e alla eutanasia. Che sono quelli che per primi arrivano.
Ovviamente clonazione, traffico d'organi e quant'altro (cellule staminali, adozione omosessuale etc...) saranno i prossimi.

L'espropriazione che ti sembra lontana del nostro presente, in realtà è già in atto: dal momento che riteniamo tutto quando sopra esposto già di DOMINIO della SCIENZA.
Come se la scienza potesse arrogarsi qualsiasi politica, che per lo più è ideologia, e che comunque viene barattata dal POTERE politico degli STATI in qualcos'altro ancora. (proviamo a pensare nel nostro provinciale e ridicolo paese quanto conti ancora la chiesa, nel senso politico, non religioso, per evitare polemiche).

Sono questioni delicate, che riguardano proprio il lato psicologico delle persone, per cui a mio parere ad ATLANTA hanno dato linne generali assurde, con il Professionista MEDICO che si avvale della nuda scienza per espropriare la volontò del paziente, e con quello infermieristico a riunire i cocci di quello che è rimasto dei pazienti. (Pensiamo alla mentalità che telefilm come il Dott.House portano nel VOLGO)(eppure basti pensare anche come un trapianto di cuore, come ravvisato da gente che conosco e da cartelle cliniche, di fatto debba convivere con qualcosa di esterno, questioni queste mai affrontate come un solo problema, ma delegate in secondo piano come post-trauma ai reparti psicologici-psichiatrici, che a loro volta vengono o bypassati o resi inefficienti, proprio perchèl'individuo traumatizzato non ritiene o non sa di poterlo essere, questione di norma e routine).
Una dicotomia che nello stesso ambiente medico (eticamente inteso) chiede una profonda riflessione e rivoluzione, che non avverrà mai visto che poi arrivano a gamba tesa la questione ECONOMICHE degli ospedali ormai PRIVATIZZATI, se non di nome, di fatto.(di modo che operazioni, benissimo non necessarie, vengono fatte, e operazioni,necessarie, che vengono omesse, ciò che manca è il diritto all'informazione e alla scelta, appunto la propria scelta politica, di modo che in totale assenza di essa, nessuno si sogna nemmeno di porsela come problema.)

Da qui BIOS(LA PERSONA NELLA CITTA'/STATO) (vs TECNICA) vs POTERE (TECNICA GERARCHIZZATA ALL'ECONOMIA/POLITICA).


Anche dimenticando la questione del potere, rimane quindi valida la metamorfosi dell'io, che si ritiene se stesso solo in rapporto al CORPO e non alla COMUNITA'.

Un ribaltamento clamoroso visto che l'era dei fascismi (ideologia) si è conclusa da poco tempo (seconda guerra mondiale).

Si tratta di un cambiamento antropologico tanto più evidente quanto più misconosciuto dalla gente (anzi come direbbe Zizek violentemente disconosciuto, laddove presentato).

#2961
So che il professore Sini ha avvallato la possibilità di un parallelo "Forte" col Buddismo, purtroppo l'utente che se ne occupava è sparito insieme al forum che lo ospitava (non il "nostro" dico).

La strada del Buddismo non si è mai incrociata con la mia. Sono molto più ferrato e interessato all'induismo, nell'ultimo quinquennio sto tentando di aprire al cristianesimo, col buddismo quindi la questione è rinviata se mai ci sarà occasione più tardi.

Se riesci tu a scriverne qualcosa, magari ci penso su.

In generale però sono assai scettico sulla questione oriente - occidente, ho grossi dubbi che qualsiasi occidentale possa MAI capire la questione indiana, le sue radici sono così lontane e richiedono un tale ribaltamento di prospettiva, che noi avidi occidentali MAI ci sogneremmo di fare.

Detto questo la questione rimane, diciamo che staremmo questionando l'orientalità secondo una prospettiva diversa.
Ora poichè lo facciamo per ogni cosa, poichè ogni argomento è filtrato comunque dal soggetto, non sarebbe un grosso problema se ci mettiamo d'accordo su come procedere.
#2962
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
03 Ottobre 2016, 04:26:39 AM
Sicuramente all'interno del topic si cela la questione dell'identità.

Io andrei piano a considerarla una mera convenzione sociale, e anche ad un livello più profondo andrei piano a dirla questione mentale.

Infatti come sappiamo dalla psicologia evolutiva il bambino riconosce il suo corpo sì come negazione della sua volontà di azione (deve fare i conti con la gravità per esempio), ma anche e sopratutto come legame indissolubile con il suo pensiero.

L'operazione impossibile a cui mira l'oriente è una specie di ritorno alla condizione uterina, quando ogni esigenza è (apparentemente) esaudita.

No direi che a livello del pensiero contemporaneo il corpo è essenziale al concetto stesso di identità. Per questo, poi, in filosofia analitica, il problemo "sintetico" o "disgiuntivo" delle varie teorie della percezione diventa un punto nodale, quanto quello linguistico (e quindi appunto convenzionale e modale).

E' per questo che la preposizione "di" acquista un valore epistemico, oltre che epistologico, intendendo dire che oltre alla casistica delle presuposizioni, richiede anche una indagine di quella presuposizione.

Appunto l'appartenenza.

Ora se si tratta di una nave, la questione è facilmente (non per un filosofo, ma di norma) accantonabile a livello circostanziale, ma se dobbiamo fare un parallelo con l'uomo, le cose cambiano radicalmente (io lo collego ai problemi di bio-etica).

Altrimenti non capiremmo la questione del bio-potere. (La questione della proprietà di altri del "nostro" corpo)
Tema centralissimo e che vedo stato messo a tacere, non riportato.

Il fatto centrale è che insomma il baricentro della questione filosofica richiederebbe una svolta decisa verso la complessità, non verso lo specialismo analitico, e se possibile, ma questo è mia politica, non verso i vari olismi (proporrei sempre la vecchia cara metafisica).
#2963
Propongo questa linea interpretativa,  8)

Nella complessa metafisica nicciana la gravità è la realtà.
Le ali, o l'alto altrove invece è la volontà di potenza, ossia la necessità, completamente ribaltata nella visione nicciana, da passiva ad attiva.

Questo è un passaggio decisivo, per fare un esempio la posizione di Morrison pur sembrando parallela è completamente opposta a quella nicciana.
Morrison vede nella realtà la necessità passiva (posizione paranoica), per Nietzche invece la realtà è uno spirito di gravitazione, egualmente potente (altrimenti non esisterebbero "pietre spostate", spostate ma sempre pietre alias)
Morrison avrebbe adorato Wagner, Nietzche lo detestava.

Di certo le ali non hanno funzione protettrice, come invece nella poesia di Blake.

Con Bruno le affinità elettive sono potenzialmente elevate, anche per il  nolano la realtà è decentrata dalla necessità dello spirito alato.
Il problema è lo stesso che con Hegel, che entrambi pensano ad un tutto. Per Nietzche non vi è alcun tutto (determinato), ma solo potenza.

Solo per dare alcuni spunti di riflessione, seppure non spiegati appaiono abbastanza oscuri.  8)
#2964
ND

Mi scuso per il numero di messaggi con gli admin, ma vedo solo ora che i topic su nietzche sono più di uno.

ne aproffitto per una breve ricognizione, mi taccerò di ridurne a 1 massimo 2 nei prossimi giorni.

Direi che memento ha fatto una prima chiarificazione sulla questione, la direi sufficientemente valida. Anzi ottima per un pubblico alle prime armi.

Ad un livello più attento però non basta minimanete perchè rischia di lasciare in sospeso alcune gravi alterazione del pensiero nicciano.

Anzitutto parto dal fondo, la questione del corpo: dagli interventi sembrerebbe quasi che per Nietzche la questione dell'azione virtuosa sia relegata quasi ad un livello politico, ma vi sono diversi fraintendimenti.

Anzitutto quello del topic stesso, se fosse realmente così allora varrebbe la critica di un prospettivismo "di parte".

E invece la premessa di Omissis è inaggirabile, per Nietzche veramente il prospettivismo è un meta-prospettivismo.(e quindi complimenti per la intuizione se l'utente legge ancora questo forum, sei il primo ad averlo detto esplicitmente).

Questo apriva la questione del come mai allora Nietzche di fatto scriva di alcune sue preferenze. (vedi il topic su "nietzche era nazista?" del vecchio forum).

In effetti la scrittura di Nietzche alterna alcuni pezzi sardonici ad altri di criptica ermeneutica.

Almeno su questo punto dopo la terza lettura di UTU sono sicuro di poter dire che la preferenza che di volta in volta dà, è una falsità necessaria.

Necessaria perchè l'uomo di pensiero si scontra con una determinata realtà, oggi diremmo socio-economica.

Ma il punto è questo, che egli non deve adagiarsi sulla NORMA, bensì egli debba applicare la TECNICA della META-PROSPETTIVA.
Dunque possiamo dire con certezza che la filosofia di Nietzche non è affatto quella di dire poichè non vi è bene o male allora vale tutto, bensì proprio perchè vi è una NORMA del bene e del male, allora vale che io non segua assolutamente quella NORMA PASSIVAMENTE.
Non esiste un bene e un male come NORMA, bensì la norma vale come DETERMINAZIONE STORICA.

La differenza enorme con Hegel risiede nel fatto che mentre per un maestro la determinazione storica è FORMALMENTE nella realtà  del soggetto come PARTE DI UN TUTTO, per il nostro QUELLA FORMALITA' è essa stessa DETERMINAZIONE STORICA.
Dobbiamo pensare ad una sorta di perenne scontro contro qualsiasi dato venga sottoposto alla nostra intelligenza.
Ed è questo perenne movimente di re-interpretazione che Nietzche chiama come GRANDE SALUTE. (UTU)

Dunque attenzione a confondere la "dietistica" Nicciana, vista come preconizzazione della scienza della alimentazione (per inciso cosa già fatta da un Kant per esempio), con il tema della "grande salute".
Sono due cose completamente diverse!!!!

questo perchè nella discussione sembrava più orientata quasi ad un incenso del corpo e dell'agire, quasi da filosofia balilla (come letto da molti lettori, che appunto fascisti sono)

In questo senso spero si capisca meglio anche cosa intenda per falsità necessaria, l'uomo non deve assolutamente MAI essere succube dei propri giudizi.
Questo non significa che non deve dare giudizi, direi il contrario, la sua etica è quella di ri-pensare la contemporaneità in un movimento che unisca azione e pensiero, in constante superamento e miglioramento degli stessi.

Per poter migliorare e qui sta la grande qualità della sua filosofia è necessario affrontare ogni tematica, da quella politica a quella dietistica appunto, con la consapevolezza, che si dovrà costantemente migliorare, in adesione alla realtà ESTERNA.
(qua rimando al topic di garbino, come ha già fatto anche cvc)

Ad una lettura ancora più a fondo in realtà in Nietzche non vi è il concetto di miglioramento, direi anzi il contrario, tutta la sua filosofia è una filosofia del negativo e della virtù della RESISTENZA, direi meglio della RESILIENZA visto che anche nel calcio e dunque nella cultura POP hanno iniziato a usarlo come termine.
E' da queste parti che bisognerebbe rileggere la teoria dell'eterno ritorno, per me ancora rompicapo.
#2965
Tematiche Filosofiche / Re:La nave di Teseo
01 Ottobre 2016, 03:51:39 AM
Al di là del concetto di identità. (ovviamente io non sono mai io, è un modo di raccontarmi frutto della memoria etc....)

A) nave vecchia di teseo.
B) nave nuova di teseo.

oppure

C) nave A di teseo
D) nave B di teseo

oppure

E) nave di teseo.


Partiamo da E, esiste una nave di Teseo.
Ciò significa che Teseo possiede una nave.

parallelo

Io ho un corpo
ciò significica che possiedo un corpo.

il problema di identità accetate le premesse, e cioè se la nave è ancora di teseo o no, diventa, che io possiedo un corpo.
dunque io sono il possidente di un corpo. (ricordate agamben, cosa è il bio-potere?)

Dunque politicamente si la nave è ancora di teseo.

ora accettiamo il gioco, facciamo i cattivi filosofi e da bravi schizoidi, facciamo finta che la questione sia scientifica, dunque duplichiamo il problema (ovvero creiamo il fantasma).

introduciamo l'ossessione temporale.
la nave A fisicamente nel tempo x è fatta di materiale y e nel tempo x con 1 è fatta del materiale z.

il punto rimane che è comunque di teseo.
dunque sì ancora, ma la questione si sposta sul possesso temporale, di x E di x con 1. e non più sulla nave, dunque  teseo (o noi, o io) pensa di essere immortale per il semplice fatto che ha la stessa nave, quando la nave è diversa.
(ricordate le lezioni di psicologia fenomenologica?)
situazione ossessiva contemporanea.

ora introduciamo l'ossessione paranoica.

la nave è A ed è mia.
la nave è B dunque non è più mia (o di teseo etc,,)

in questo caso la nave non è di teseo.

ovvero la nave che sarebbe politicamente nostra non è più nostra. si chiama esproprio del proprio io, o di teseo.
é quello che fa la scienza...
(vi ricordate di agamben e del bio-potere?)

la paranoia risiede nella rinuncia alle istanze di pensiero o di cultura o di politica.


ovviamente è un gioco, ma chissà forse nemmeno così tanto.
#2966
Gli ultimi post non mi hanno molto soddisfatto.

Capisco che la complessità, che un autore come Nietzche possa portare, crei scompiglio nell'agenda.(sopratutto di uno studente)
Ma tant'è siamo qua e cerchiamo di approfondire almeno qualcosina. Per conto mio: tutto.

L'estate non è stata full immersion Nietzche, ahimè. Ma già quei pochi giorni di rilettura mi hanno fatto capire che le cose andranno per le lunghe.

Anzitutto sgriderei subito gli interventi di Lady Joan Marie e di filosofia1 che denotano una profonda benchè capibile ignoranza della questione Nicciana.
No D'Annunzio ha completamente frainteso Nietzche, il suo super-eroismo è proprio un altra cosa, anche se di certo anche quello di D'Annunzio è estremamente difficile da intendere. Ma il concetto di Natura in Nietzche, se mai esiste, sarebbe tutta altra cosa, cosa impensabile per il pan-naturalismo dannunziano (dove la natura è il metafisico).
Anche il concetto di verità paveggiato da filosofia1, è sbagliato, ma qui andiamo sul grave, infatti la questione del nuovo utente sarebbe all'esatto opposto di quello che è l'interesse, il centro gravitazionale nicciano: ossia la negazione del concetto di verità. (che automaticamente se svolto bene porterebbe ad una filosofia metafisica, e Nietzche di certo è un anti-metafisico radicale).


Torno da Garbino: non mi è chiaro se effettivamente Nietzche leghi ebraismo e cristianesimo come un Unicum.
Perchè ricordo assai bene, che il tema del pensiero giudaico e quello cristiano in UTU siano sviluppati in maniera separata.

Il tema della scelta di chi vogliamo essere, voglio ricordare però, non è una scelta politica.

Purtroppo questo è un errore grave a cui tanti seguaci del pensiero nicciano cadono. Pensiero aristrocratico romano e poi fascista (perchè tale gente spesso è fascista) non sono i valori a cui Nietzche si richiama.
E' vero che li usa come termine di paragone, ma ad una attenta lettura, almeno negli aforismi di UTU, sono spesso legati a ferocia sardonica contro il cristianesimo, che ovviamente è il nemico numero uno sulla lista. (tra l'altro il primo non significa l'unico o il più importante).
Quindi sebbene Nietzche preferisca il paganesimo antico (greci inclusi) lo fa solo in nome di una supposta vicinità di quel pensiero con quello che  per Nietzche è il primo passo verso una liberazione da quella che per lui è una specie di trance ipnotica in cui l'occidente è invischiato da 2000 annni. Beh all'epoca erano solo 1900....
Ma quello amici miei è solo un presupposto, un assecondare i tempi sperando nel trionfo della politica prussiana.
Come lui dice, e qui è il passo fondamentale di questa estate a cui sono giunto (enorme passo per quel che mi riguarda):
UNA FALSITA' CONSAPEVOLE.

Questa questione ovviamente richiede un ripensamento generale. (l'ennesimo, ma è di qui che nasce la difficoltà ermeneutica a cui siamo obbligati, se vogliamo raggiungere i suoi abissi, a dare risposte).

Per tornare  a bomba con Garbino, dunque la capacità di poter decidere cosa siamo, in realtà, per Nietzche è da leggere esattamente nel suo senso più generale, ossia noi possiamo essere QUALUNQUE COSA noi decidiamo di essere (questo sì a livello politico, dove il politico è appunto il decidere di volta in volta qualsiasi cosa noi si faccia, persino spostare un cuscino per banale che sia).

Con la Lou Salomè il discorso nietzchiano è stato preso in consegna dal discorso del fantasma materno.
Questione che è ardua da intraprendere qui.
Ne prendo come consegna il risultato: ossia un fraintendimento, laddove per la Lou Salomè la rivolta era contro la vita borghese. per Nietzche era contro tutto. Politica vs Filosofia semplicemente.

Con l'appunto che per Nietzche non è nemmeno una rivolta, non lo è affatto, come non lo sarebbe d'altronde contro il cristianesimo.

L'appunto continuerebbe con la necessità di dover constatare che esiste una psicologia, una tecnica del fantasma (uso termini lacaniani), che è in seno sia al giudaismo che al cristianesimo. Non è mai stato un attacco alla Cultura dell'ebraismo e del cristianesimo.

Questa tecnica consegna il carattere ossessivo del nostro tempo: la ricerca della verità fuori dall'agire, o meglio dal farsi agire (se no, non spiegheremmo l'eterno ritorno) nel Mondo e non fuori dal Mondo (termine Heidegeriano) (prerogativa di ogni metafisica, compresa la scienza).

In termini matematici la consegna di nietzche è che S (discorso) è sempre non S. (ossia all'interno del discorso A ve ne è un altro B).
A conferma che Hegel è dietro l'angolo.

Capisco di aver aperto una marea di domande, che d'altronde sono le mie stesse.

Per questo diffido di questa prima esposizione dell'ottimo garbino, che almeno sta sul testo e non racconta rapsodicamente.
Insomma possibile che l'esposizione sia così piana (per quanto difficile per un pubblico incolto)? Possibile che Nietzche non dia indizi sul discorso all'interno del discorso? A te la risposta Garbino.

D'altronde la parte finale quella dell'asceta, la attendo con impazienza. ( e temo che non riusciremo a intenderla fino in fondo, presumo almeno sfiorarne la superficie).

Anche per stimolare qualche domanda scomoda a me viene in mente la questione del "silenzio di Nietzche" : come vi spiegate i 10 anni di silenzio di Nietzche? Che abbia a che fare con le considerazioni che sono all'interno di quella sezione?
(in UTU non ricordo traccia sul pensiero ascetico, non a fondo almeno, lo sto rileggendo comunque).

« Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l'abisso vorrà guardare dentro di te. »
Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male, traduzione di Ferruccio Masini, Adelphi, 1977 (146; 2007)
#2967
Garbino sto leggendo a rilento, questa estate sarà full-immersion Nietzche, e quindi conto di tornare con panoramica ancora più chiara.
Purtroppo fino a Settembre non riesco ad essere puntuale come vorrei.

Ma certamente, sono molto d'accordo con Nietzche, mi ricordo in particolar modo il libro di Herman Hesse Demian, che appunto quasi fosse un alter ego Nicciano, vedeva nel singolo eroico, la forza, e nella "fortezza" del democratico, la debolezza.

In questione comunque è la morale. A mio modo di leggere, e cioè ancora più a fondo, si tratta veramente di intendere fino in fondo la questione del fare, che viene doppiata anche nel libro di Sini che sto leggendo "Dell'inizio".
Come sempre più chiaramente vado intendendo, Sini rinnega la metafisica in nome dell'Evento, che è appunto ciò che si dà come potere invisibile, come dispositivo direbbe Agamben o Focault. In Sini vi è però accortezza maggiore, nel senso che la questione non è soltanto sociale-sociologica ma ha a che fare col suo farsi, dove ogni qui ed ora è sempre un intersecamento, direi io, tra il nostro fare, e il fare degli usi e costumi: appunto la morale.
Ma è proprio nel fare, che Nietzche esacerba il suo giudizio sicuro e dinamitardo. Ogni nostro fare è sempre figlio della debolezza.
E questa debolezza è la stessa del dispositivo o dell'evento.(in questo senso la cultura è debole e va schiacciata, come dirà poi in così parlò zarathustra)-

Ad una rilettura più attenta forse si può cominciare a intedere, da parte mia, e comunque solo in lontananza, la questione di una rivoluzione che ribalti il senso dell'evento, e dei suoi dispositivi, ossia che ribalti completamente il potere invisibile: l'eterno ritorno.

La guerra è là: è questione appunto di morale, ma se la morale fosse nientemeno che quel potere, non rimane che dissiparla eliminandola ciò che la intende e la postula, a mio parere il soggetto, in senso, a questo punto,di persona, di maschera, appunto come agente politico, a servizio di una morale.
La maschera va deposta, solo così ci avviciniamo alla questione del soggetto puro, ossia quello identitario, a cui Nietzche sottrare anche il suo valore, l'identità è semplicemente desiderio di potere.(è normale che poi diventi macherata, del debole ma anche del forte).

E si va ancora più a fondo a mio parere.

Alle prossime per maggiori delucidazioni.

Bene così Garbino!!!

PS.
Ho notato che anche in Sini il problema che ho in mente io quello del "CHE FARE?", è riportato nella stesse modalità.
Ossia la filosofia di cosa dovrebbe occuparsi rispetto E aldilà del suo esercizio di contemplazione (al massimo di giudizio), rispetto alle tematiche che stiamo discutendo?
In fin dei conti per doppiare il topic: QUALE FUTURO per l'UOMO?

comunque un passo alla volta: proseguiamo.
#2968
Preciso a mò di inciso che non sono affatto interessato al concetto di vero. (per eventuali altre discussioni).

Comunque.

Risponde brevemente rispetto anche alle successive risposte che hai dato a Maral, che è l'utente più vicino alle mie posizioni.


Quello di presuporre uno sorta di razionalismo realista è un errore da matita rossa.
Infatti il buon Kant con sua buona pace è stato il precursore diretto dell'idealismo.
Anzi io azzardo che fosse del tutto in sintonia con l'idealismo.

Non esiste un razionalismo che possa derivare dal basso, dall'oggetto insomma.
Come potrebbe essere inteso se non da un soggetto?

E anche cambiando le categorie, come tentano di fare i neo-kantiani, anche tentando di descrivere un soggetto realista, come non tenere conto del linguaggio e del metalinguaggio che lo controlla?
Vi è comunque un parlante, e qualsiasi metalinguaggio di controllo è costruzione di un soggetto.
(non basta applicare il principio del terzo escluso).

Comunque se vuoi potresti cominciare a fare degli esempi, per intendere questa possibilità.

L'esempio ovvio deve attenersi a come razionalmente tu puoi intendere un oggetto.(comunque da lì si parte sempre).
#2969
Citazione di: Toch il 25 Aprile 2016, 15:03:04 PM
"La società dello spettacolo" é il titolo della sua opera principale.
Il problema é che alcuni paragrafi mi sono davvero incomprensibili. Linguisticamente incomprensibili, diciamo.
Metto un esempio:

Paragrafo 65

Lo spettacolare diffuso accompagna l'abbondanza delle merci, lo sviluppo non perturbato del capitalismo moderno. Qui ogni merce presa a sé è giustificata in nome della gran­dezza della produzione della totalità degli oggetti, dei quali lo spettacolo è un catalogo apologetico. Sulla scena dello spettacolo unificato dell'economia abbondante si fanno avanti affermazioni inconciliabili; così come differenti merci-vedettes sostengono simultaneamente i loro progetti contraddittori di ordinamento della società, dove lo spetta­colo delle automobili vuole una perfetta circolazione che distrugge i vecchi centri urbani, mentre lo spettacolo della città stessa ha bisogno dei quartieri-museo. Dunque il sup­posto appagamento, già problematico, che dovrebbe essere la prerogativa del consumo dell'insieme viene immediata­mente falsificato per il fatto che il consumatore reale può toccare direttamente solo una successione di frammenti di questa felicità mercantile, frammenti dai quali ogni volta è evidentemente assente la qualità attribuita all'insieme.


Uno dei miei ultimi libri letti: e uno dei pochi che ho letto tutto d'un fiato (la prima parte, quella filosofica, la seconda è legata alla politica di allora).
Libro in 2 versioni una degli anni '60, visionaria come poche, e la seconda degli anni '80 in cui si ribadiva che non era cambiato niente.Anche negli ultimi anni della sua vita continuava a sostenere la sostanziale immobilità del sistema.

Ben prima di Baumann e con ben pià acume, essendo la visione filosofica e non sociologica.(benchè ormai sui giornali nelle pagine culturali ormai si usi il termine società liquida).

Non è un opera facile, perchè pressupone un bagaglio culturale ed esperenziale piuttosto vasto.
Ma a mio parere rimane l'opera fondamentale di questo tempo, irrinunciabile per capire il nostro tempo, e comunque pietra miliare con cui fare i conti per la filosofia contemporanea post-marx.


Nel paragrafo da te citato:


Lo spettacolare diffuso accompagna l'abbondanza delle merci

Lo spettacolare è la tesi dell'autore, oggi potremmo intenderlo come flessibilità, mobilità, liquidità, post-idealismo.
In realtà quello che conta è la sua descrizione.
Anche in solo questo frammento, si va a fondo, senza indugio:


la prima caratteristica che troviamo è la PERVASIVITA'.
Nelle città che ormai stanno diventando megalopoli (Tokio, Los Angeles, Rio de Janeiro, Londra etc.) questo meccanismo è diventato ormai un sentimento completamente radicato nella essenza dell'umano agire.
In effetti liquidità definisce meglio questo senso di essere "dentro un acquario".

La seconda è l'ABBONDANZA: questo termine va inteso in senso marxiano di accrescimento infinto del capitale (di cui il capitalismo si nutre).

La terza è L'APOLOGETICA: anche in questo caso si riprende in fin dei conti una intuizione di Marx, legata strettamente al concetto di Feticismo, in cui il soggetto si ribalta nel suo rapporto con l'oggetto.
E' l'oggetto che si fa carico di essere lo "spettacolo", oggi forse, per i più smaliziati fra noi, questo è evidente, ma non sono sicuro che negli '60 lo fosse così tanto; in fine dei conti la visionareità di questa opera è quella di aver inteso il futuro a partire dai MECCANSIMI, che già in quegli anni erano forse più che nei nostri, passibili di CRITICA.

Questo spettacolo viene detto Dogma, in riferimento al pensiero unico dominante, quello capitalista, per cui noi non possiamo togliere le parole Smatphone, Facebook per le nuove generazioni, e Macchina, Museo per quello delle vecchie.
(ovviamente si tratta di esempi!).
Nel particolare la sua presunta irrinunciabilità è a nome della sua diffusione come "merce".
(se tutti hanno la macchina la devo avere anch'io, se tutti hanno facebook lo deve avere anch'io).


La quarta è il carattere di inconciliabilità a livello ideologico. Questo punto è ormai datato, non ha la stessa presa dei primi tre.
Si riferisce ancora a questioni riguardanti la politica, che oggi in un periodo a livello intellettuale dove si parla di MORTE DELLA POLITICA, e in chiave popolare di DISAFEZIONE ALLA POLITICA, fanno tenerezza.
Si allude alla questione di sviluppo sostenibile, parola ancora usata, che non ha alcun senso: la presenza delle macchine, l'edilismo senza freni,  impedisce ad un quartire "storico" di rimanere "tale", se non idealmente come nicchia, come appunto spettacolo (di come "erano" le cose).
In una megalopoli non so più nemmeno se ci sono "centri".

La quinta catatteristica è la FRAMMENTAZIONE, ossia questo abbondanza di merci, ci curva di volta in volta, in una miriade di possibilità di idealmente essere felici, che viene meno anche solo la possibilità che vi sia una unica felicità.
Nella tesi la somma delle felicità nell'uso dei mezzi si risolve in una infelicità del soggetto (inteso come persona).


Spero di averti dato delle coordinate: il libro una volta intesa la questione, la tesi, è piacevolissimo e pieno zeppo di arguzia filosofica e argomentativa.

Poi certo non è un libro per un giovane alle prime armi.

Non penso però il professore chieda tutti i riferimenti, ma che tu ragioni con la tua testa.

Che intenda il senso generale, le sue parole chiave.

ciao!

manda altri paragrafi se vuoi.







#2970
@DONALDUCK E A @LORIS BAGNARA

Il perchè un fenomeno accada nella scienza consiste nel definire COME ACCADA, non nella sua definizone idealista (un perchè "agente", che richiamerebbe al disegno divino).

Nel caso specifico la domanda è legata alle forme evolutive, esse avvengono per organizzazione sociale.
A partire dalle forme più elementari.
Invece nel vostro tentativo di critica, rinnegate anche l'evidenza, che così le cose avvengano.
Andando con procedimenti logici per cui dovremmo aprire 3d specifici, alla vessata questio del circolo ermeneutico.(dove la domanda va all'infinito indietro di un grado).
La cosa bizzarra è che non vi accorgete che state chiedeno questioni che non sono dello stesso grado veritativo del reale. Un conto è il veritativo tra laboratorio e reale, che ha nome scienza, e un conto, è il veritativo del discorso.
Se io chiedessi la veritatività del circolo ermeneutico al reale, sarei un pazzo, in quanto il reale non ci risponde.
La veritatività del discorso scientifico invece risiede nella sua ideologia (Scientismo), non mi interessa qui dire se sia olista o riduttivista (infatti, in entrambi i casi, nella scienza si tratta solo di mezzi di argomentazione, non di pratica).
Se voi (non so se vi conoscete, o se avete lo stesso problema) indicate la questione della prassi come non veritativa, è solo perchè la vostra ideologia o ragiona per contrasto, scetticismo, o semplicemete si nasconde dietro l'omertà, dichiarandosi strategia pur di non mostrarsi (e subire i medesimi attacchi ideologici delle parti opposte o antagoniste).
Nell'attesa che siate voi a decidere se siate scettici o di altra ideologia.

A me non rimane che trarre l'ultimo ragionamento possibile allo stato delle cose.

E cioè il vostro continuo e mi permetto di dire ottuso (non) argomentare, risiede nel fatto che non avete la benchè minima idea di come funzioniono le pratiche della scienza.