Citazione di: maral il 17 Febbraio 2017, 23:03:10 PMCitazione di: sgiombo il 16 Febbraio 2017, 18:35:40 PMNo, perché il dirla significa prendere coscienza di quella cosa ed è proprio il prenderne coscienza che la tradisce. Essa è quello che è, non vi è dubbio, e noi la viviamo sapendo le cose, ma solo finché non le conosciamo e conoscendole creiamo un mondo che significa, il mondo del linguaggio ove le parole con cui tentiamo di rendere conto delle cose non sono mai le cose.
Dire che una cosa è come è in sé e per sé, indipendentemente dal fatto di essere inoltre detta esserlo è in linea teorica di principio possibilissimo e sensatissimo.
Non vi è nulla di contraddittorio (ergo: è un' ipotesi sensatissima, del tutto tranquillamente proponibile come tale -ipotesi- sia che sia inoltre di fatto vera, sia che sia inoltre di fatto falsa) nel dire che una certa cosa è in un certo modo e sarebbe tale e quale anche se non fosse detta esserlo: semplicemente si intendende con questa affermazione che fra quella che sarebbe la realtà nel caso tale cosa, oltre ad essere reale, sia inoltre detta esserlo e quella che sarebbe la realtà nel caso che tale cosa non sia inoltre detta essere reale l' unica e sola differenza (reale; aggettivo pleonastico) starebbe nel fatto del dirla o meno, fatto che in un caso realmente accadrebbe, nell' altro realmente non accadrebbe: in nient' altro la realtà sarebbe diversa fra i due casi ipotetici considerati.
E nell' atto del dirla essere come é non ci vedo alcun "tradimento" di niente e nessuno.CitazioneChe le parole con cui tentiamo di rendere conto delle cose non sono mai le cose mi sembra perfettamente ovvio (altrimenti non proporremmo che giudizi analitici a priori).
Ma ciò non toglie che (per lo meno in linea di principio; e potendo sempre dubitarne, che è ben altro che avere la certezza del contrario!) delle parole con le quali predichiamo qualcosa della realtà possa darsi denotazione reale e che le connotazioni delle parole con cui predichiamo circa la realtà possano essere almeno in parte "fedeli" e non "traditrici" nel caratterizzare le denotazioni reali cui si riferiscono
E' esattamente come dici tu quando dici che una "montagna" c'è anche quando ci passo vicino senza vederla, solo che quello vicino a cui passo non è la "montagna", la montagna la costruisce la mia mente nel suo significato nel momento in cui la conosco, non è la montagna reale che non posso assolutamente conoscere in sé, è la montagna significato per me (che per alcuni aspetti di significato altri soggetti condividono e per altri no)
Perché in italiano "essere reali" come lo sono i cavalli significa proprio poterCitazioneLa mia mente non "costruisce la montagna" (altrimenti la mia personale mente avrebbe "costruito" dozzine di bellissime donne desiderose di soddisfare ogni mia voglia! Oltre a tante altre cose più serie e rispettabili), bensì il concetto della montagna, avente per denotazione la montagna reale (della quale eventualmente predica veracemente la realtà; ma l' esistenza reale della montagna non dipende affatto da questo concetto e da questa eventuale predicazione; e anche se altri soggetti attribuiscono al concetto della montagna, avente la stessa denotazione reale, connotazioni in parte diverse).CitazioneDunque secondo te se uno ha un' allucinazione o un sogno ciò che percepisce è altrettanto reale di ciò che vedrebbe realmente in condizioni veglia e di sanità psichica, senza effetti di farmaci psicotropi.
Ma purtroppo è di fatto accaduto che persone che avevano assunto farmaci allucinogeni avessero visioni (allucinatorie) di passerelle che univano la loro stanza al centesimo piano di un grattacielo a quella del grattacielo di fronte e abbiano pensato bene di camminarci sopra.
Beh, purtroppo per loro, non c è stata "soggettività condivisa che non è per nulla arbitraria", né " risultato di un contesto che determina il senso di verità o falsità" che tenesse e si sono tragicamente sfracellati al suolo.
Perché la condividevano con altri la loro "realtà"? Il punto è questo, noi vediamo dei significati, sentiamo cosa vedono gli altri. Io vedo una passerella, tu vedi un baratro ... andiamoci cauti su quello che c'è e cerchiamo di capire come funzionano le cose nel contesto che ce le fa significare.
Comunque, come tutti gli esseri viventi, in generale sappiamo vivere finché viviamo, il problema è che vivendo come esseri umani vogliamo sapere di vivere. E quel "di vivere" fa una differenza enorme dal semplice "vivere".CitazioneIl punto per me è di non sfracellarmi, oltre che di sapere come è la realtà e non come ci si può immaginare eventualmente che sia, sia pure eventualmente condividendo anche questa immaginazione con altri (non "il vedere dei significati arbitrari" ma invece il sapere -se possibile- ciò che è reale; perché fra l' altro se vedo allucinatoriamente una passerella dove c' è un baratro reale non è che pretendendo di andarci sopra si sfracellano solo quelli che vedono veracemente il baratro mentre io sono sano e salvo: no, invece mi ci sfracello realmente anch' io alla faccia della mia visione allucinatoria della passerella! E, almeno per ora, non ho alcuna intenzione di suicidarmi).CitazioneComunque, poiché credi che "chi vede ippogrifi non vede l'irreale più di chi vede cavalli, semplicemente è fuori dal contesto di senso soggettivamente condiviso nel mondo" ti sconsiglio di recarti al lavoro in groppa a un ippogrifo, per quanto tu ritenga tali equini alati "non più irreali dei cavalli", se ci tieni ad arrivarci ed evitare il rischio di essere licenziato.
Lo farei volentieri 1) se dal contesto in cui vivo mi si presentassero degli ippogrifi e io fossi capace di cavalcarli (avrei, credo dei problemi anche se mi si presentasse un cavallo comunque), 2) se questo contesto fosse condiviso dal mio datore di lavoro, cosa che al momento, purtroppo, non accade (e se chi non vede ippogrifi è il tuo datore di lavoro è buona regola assecondarlo, il suo contesto è di sicuro più determinante).
CitazioneOvviamente era solo un' esempio.
Allora parliamo di una bicicletta immaginaria.
In questo caso se dal contesto in cui vivi ti si presentasse una bicilcetta immaginaria spererei proprio che non cercheresti di usarla per andare al lavoro (ma che impiegheresti invece un' eventuale bicicletta reale); e questo anche se condividesse il contesto della bicicletta immaginaria pure il tuo datore di lavoro: non ci arriveresti lo stesso col pericolo di essere licenziato; a meno che il tuo datore di lavoro (che, per inciso ben presto fallirebbe e dunque resteresti comunque disoccupato) avesse pure l' allucinazione di vedere il tuo cartellino timbrato.
Il matto è colui che dice "io conosco con certezza come stanno le cose nella realtà", non matto è invece chi sa di sognare anche quando si pensa desto e con gli occhi bene aperti e può dire all'altro "vedi, sto sognando, tu invece cosa sogni?"CitazioneColui che dice "io conosco con certezza come stanno le cose nella realtà" è un presuntuoso che si sbaglia (che dice il falso), ma non è affatto necessariamente matto.
Matto è invece necessariamente chi immagina da sveglio o sogna un ippogrifo e dice all' altro. "c' è realmente un ippogrifo, dal momento che lo sogno o lo immagino e fra sogni e realtà non c' è alcuna differenza: sono entrambi del tutto parimenti reali" (che mi sembra quanto da te sempre affermato; mentre sono io che invece affermo che se sogno o immagino un ippogrifo dico all' altro "sto sognando o immaginando un ippogrifo, il quale dunque, contrariamente a tantissimi cavalli, non è reale").