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Messaggi - green demetr

#2971
Tematiche Spirituali / Re:Cristianesimo, religione atea
02 Novembre 2016, 22:11:23 PM
Citazione di: jsebastianB il 02 Novembre 2016, 15:25:54 PM
Citazione di: Duc in altum! il 02 Novembre 2016, 13:57:23 PMcome nella precedente alleanza, non fa quello che a Lui pare e piace, ossia, anche il decidere una   nuova alleanza   con nuove norme,
Ma questa affermazione è relativa al "solo"  cristianesimo.
Se fosse come hai postato tu ( ovvero fosse la Verita' Assoluta - riconosciuta e condivisa da TUTTI ) significherebbe che il dioYahwè è uno smemorato.. non mantiene la parola delle sue stesse solenni Promesse espresse ai suoi devoti servi - ( proprio da lui inviati quaggiu' ! ) ove Egli manifesta che - mai e poi mai -  " abbandonera', ripudiera'.. il popolo di sua esclusiva proprieta' !!
   
Basterebbe Leggere con la dovuta attenzione i vari Libri dei profeti  e/o il mitico Pentauteco - ove tanti e tanti  sono i passi di questo "suo"  solenne giuramento.
Non ti riporto i numerosissimi versetti ( per non incorrere nei fulmini del moderatore.. ) - che  gli "ispirati" autori ricordano quanto " avrebbe "  solennemente manifestato  lo stesso dioYahwè !
( e ti assicuro che occuperebbero l' intera pagina del web ) e  che comunque, per un credente, è oro colato !      

Quanto alla tesi di una " Nuova "  Alleanza lo si deve a quel simpaticone proveniente dalla cittadina di Tarso - colui che si autobeatificava come: esperto architetto dottrinario  e - in quanto tale - a lui solo (!) il dioYahwè gli avrebbe RI-velato il mistero dei misteri.. ( MA non di un Nuovo Patto ! ) -  

Ecco allora la domanda: sono credibili  i vari autorevoli personaggi israeliti / oppure è piu' credibile il sommo apostolo, colui che "avrebbe" avuto varie "cristofanie" e dalle quali avrebbe ricevuto la nuova verita' ??
Infatti il PRIMO che riporta la tesi del Nuovo Patto  è proprio il grande dottrinario -
Lui stesso riporta come fu lo stesso Messia/Cristo Pneumatico che gli trasmise ( 1 Cor. 11.23 )  le specifiche direttive relative alla Nuova Alleanza - nella sua celeberrima:
- 1 Cor.  11.25 ( questo calice E' il  NUOVO  Patto  !! ) -
I successivi autori POI non fanno altro che trascrivere, nei loro testi,  lo "stesso" frasario del grande Saulo !  
   
Ben diverso invece è il messaggio del  Gesu' della storia ( quello somatico ) che mai (!)  fece intendere di essere venuto quaggiu' per abolire la mitica Alleanza stipulata solennemente tra il dioYahwè e i grandi patriarchi del tempo che fu ( Mt. 5.17 ).

Quindi ? - la "Nuova"  Alleanza riguarda esclusivamente  i devoti del cristianesimo, è una "loro" verita'.
Ma il dioYhawè - tuttavia - non puo' smentire se' stesso ( come vorrebbero far credere i nuovi "Figli della luce" ).

Chi potrebbe mai sciogliere  questo ingarbugliatissimo " gomitolo "  dottrinario ??

Mi sembra che però ignori proprio quale sia il messaggio del Cristo, come più volte espresso da Ravasi, il NT non è intendibile se non facendo i confronti con l'AT.

Il messaggio ecauristico, forse non è contenuto come nuova alleanza nei vangeli delle origini, ma è in buona sostanza quello che va predicando il Gesù. Ossia l'iniquità della preponderanza delle LEGGI sulla FEDE, leggi che premiano solo la casta sacerdotale, per così dire. La scena del mercato è troppo famosa per non essere conosciuta. Suvvia.
Questo sebbene sia alle prime armi, è il messaggio più evidente leggendo Giovanni.

Direi invece di concentrare la questione proprio sulla questione della relazione fra fede-sacro-divino.
Se scendiamo nelle miriadi di congetture dottrinarie non ne usciamo più.
#2972
Tematiche Spirituali / Re:Cristianesimo, religione atea
02 Novembre 2016, 13:32:42 PM
Vittorio Secchi è interessante la visione che proponi. (fai conto che in questa sezione sono nuovo)

Mi par di capire che tu proponga una condizione di ateità proprio etmimologica AB - TEOS  (allontanamente da Dio).
Proponi anche un particolare taglio (l'ennesimo punto di vista in questo forum) del sacro, come luogo del numinoso.
Quindi ci si allontana proprio da quel DIO TERRIBILE che è necessario per attingere al sacro.

Il punto forse da chiarire per gli altri utenti, e forse anche per te, è che se può essere interessante la questione della violenza associata all'esistenza di un Dio, ossia alla sacralità, non è necessariamente vero, che un altra religione desacralizzi quella violenza, direi addirittura che la ribalti, come nel caso del cristianesimo.
E' chiaro che ogni religione ha la sua sacralità, infatti il taoismo si fa fatica a chiamarla religione.
Il cristianesimo ha la sua sacralità, che sarebbe poi quella introiezione del soggetto, che richiama lo stesso Galimberti.
Questo però non significa che non abbia un Dio, la numinosità passa da un piano oggettivo, come vuole l'ebraismo, ad uno soggettivo,.
La numinosità vista la storia delle atrocità della chiesa è lì a testimoniarlo. (processo alle streghe etc....).
Si punisce l'intenzione e non più l'usanza mancata. Si è passati dal Sabato alla Domenica mica per caso.
Il Sabbath il giorno della astinenza dalle usanze, il giorno della desacralizzazione (del trono vuoto direbbe Agamben), è diventato la Domenica il luogo opposto, quello sacralizzato, come festa pagana. (e quindi appunto desacralizzato, per diventare mimesi).
D'altronde che il cristianesimo abbia delle origine avverse alla casta notarile ebraica, pare evidenti, anche filologicamente, con tutti gli attacchia ai farisei. Per non parlare proprio di come sia strutturato lo stesso vangelo di Giovanni (che è poi quello che mi interessa-affascina), ossia come vangelo della conversione.


Questo però a livello storico-culturale.

Invece mi sfugge proprio completamente il senso del religioso a cui fai riferimento, perchè ritieni ancora necessario, come mi sembra, un Dio numinoso???
La risposta che hai dato a Paul, quella della necessità di un rapporto uomo-natura per mezzo del terrore, è assai interessante, perchè è fuori topic??
Ma non è esattamente la tua stessa argomentazione??

Per Paul se ho capito bene, la coincidenza uomo-natura, non è ontologica, bensì fa parte di quel mistero, che probabilmente lui ritiene il sacro.
Qualcosa che secondo lui andrebbe recuperato nel mito.

Certo è che anche il mito è territorio di una violenza primordiale, con in primis la cannibalizzazione e la metamorfosi. Ma questo starebbe a Paul notarlo non a me.

Per me in fin dei conti la questione che sollevi è più filosofica che religiosa. (non a caso Galimberti e Bloch sono filosofi, e quelli per primi, ti sono venuti in mente.) (ha pure ragione paul a dirlo)

Ribadisco, mi pare manchi la motivazione religiosa. (a meno che sia ateo tu stesso).
#2973
Tematiche Spirituali / Re:Il 2 novembre
31 Ottobre 2016, 13:06:01 PM
Citazione di: paul11 il 31 Ottobre 2016, 00:30:09 AM

Il rapporto natura- divino e l'escatologia interna ad una spiritualità sceglie il metodo di mantenimento o meno  del corpo fisico.


Dunque Paul in fin dei conti il sacro è costituito dalla scelta della comunità.

Dunque aprendo una parentesi off topic, il giusnaturalismo, lo consideri più un fatto culturale che non un rapporto di coincidenza tra Natura e Dio.

Secondo voi, visto i culti antichi (anche quelli preistorici potrebbero essere) del corpo che continua a vivere, può essere che qualcosa di quegli antichi miti sia rimasto nella tradizione cristiana????
#2974
Tematiche Spirituali / Re:Riforma e gesuiti
31 Ottobre 2016, 12:54:30 PM
Non conosco bene il cristianesimo figuariamoci il gesuitismo.

Mi fido CVC del fatto che tu dici sia una apertura al protestantesimo, io penso che proprio a livello razionale, sia una scelta obbligatoria, sarà ormai un cinquantennio che le istanze più iiluminate sono da rintracciarsi non locate a Roma.
Da più parti ho letto la NECESSITA' di un cambio di rotta da parte della chiesa, arroccata su posizioni sempre meno contemporanee.
E' un processo che già con Ratzinger si è avviato, con un deciso avvicinamente alla filosofia.

Passiamo alle possibili critiche.

Lo sappiamo benissimo che i gesuiti sono una delle confraternite più ricche e potenti del mondo, ad un occhio attento questo può destare qualche inquietudine. Di esplicito però non conosco niente.

Quello che dice il Sari, lo posso capire. Però bisogna capire, che il periodo dorato di Woytila è finito, sapevano tutti che dietro Woytila c'era Ratzinger, ma il fatto che il primo fosse, per formazione personale, un grande ambasciatore fra le genti, era anche l'uomo giusto per bilanciare la severità insita nel razionalimso tomista del Ratzinger.

La salita di Ratzinger è stata però abbastanza controproducente, sia per l'età del papa, sia per quella durezza, che non era più filtrata.
La scelta di Bergoglio mi sembra la scelta più naturale, un papa che comunicativamente ha già conquistato la fiducia di  molti.
Il dubbio come dice Sari, è che però si perda quello che si era guadagnato in razionalità, se vogliamo anche in durezza e dogma.

Direi che è ancora troppo presto per capire cosa si stia agitando sullo sfondo. (almeno per i dati superficiali che dispongo).


in conclusione

Comunqe se Bergoglio appartiene ai gesuiti, penso sia normale, che cerchi sostegno nelle sue "alleanze", d'altronde molti suoi slanci riformisti si sono già infranti contro la curia romana.

Insomma penso che vedremo dei cambiamenti con il contagocce comunque vada.
#2975
Tematiche Spirituali / Re:Il 2 novembre
30 Ottobre 2016, 22:04:13 PM
Citazione di: anthonyi il 29 Ottobre 2016, 17:54:56 PM
Citazione di: Duc in altum! il 28 Ottobre 2016, 21:39:07 PM
**  scritto da anthony:
CitazioneSi tratta di una domanda importante soprattutto per l'Antropologia, il ritrovamento di sepolture è considerato in tale dottrina come la prova del fatto che gli uomini che le hanno realizzate avevano un approccio spirituale, credevano nel mondo ultraterreno, io sono convinto che non sia così.
E voi, che ne pensate?
No, dicci tu che idea hai sviluppato.

Ti rispondo con un confronto tra due situazioni, il ritrovamento di un tempio antico e delle prove che in tale luogo si realizzavano atti sacrificali nei confronti di un Idolo. Il ritrovamento di una sepoltura nella quale erano state poste delle offerte alimentari per chi era sepolto.
Nel primo caso abbiamo una ragionevole certezza che coloro che compivano i sacrifici avevano in mente l'idea che la divinità alla quale li compivano esisteva in un'altra realtà e che sono coscienti che l'idolo è solo un simbolo della divinità stessa.
Nel secondo caso non è così, perché gli atti di  nutrimento possono essere spiegati come il bisogno di ripetizione degli stessi atti di nutrimento che venivano compiuti nei confronti del defunto quando era ancora in vita. Lo stesso può essere detto di altri atti rituali in relazione ai defunti, che sono cioè istintivi e legati al legame affettivo.
L'atto rituale nei confronti della divinità, paradossalmente, è espressivo di spiritualità quando ha un contenuto materiale, nel sacrificio propiziatorio o di ringraziamento, quando cioè si instaura una sorta di scambio con la divinità, ed allora si ha la certezza che noi pensiamo realmente che la divinità esista. Altrimenti questa certezza non c'è e si può dimostrare con esempi di ritualità umana, come quelli militari o istituzionali che sono riferiti a simboli (la bandiera, lo stato ...) che noi non identifichiamo come entità personali.
Di nuovo domando, cosa ne pensate?

Ciao, sono interessato a questo topic, per me che sto cercando di intendere il cristianesimo.
(mi sono fermato all'anno scorso, con certe considerazioni).

Ecco una delle cose che meno capivo/capisco è proprio questo ritorno dei morti, proprio non riesco a intendere a cosa possa servire.
Sopratutto perchè nel vangelo di Giovanni si continua a parlare di regno dei cieli, e di come la semplice fede ci possa salvare.
Perchè devo essere giudicato se ho avuto fede?

A livello filologico dovrebbe essere contenuta nella apocalisse giovannea, visto l'alto tasso di filologia dei presenti, non potreste commentare anche quello?

Per quanto riguarda la tua posizione sull'antropologia, ti risponde Sini, infatto nella ricostruzione genealogica, il rito funebre passa dalle forme di tumulazione a cerchio, a quelle a capanna, fino ad arrivare a quella classica del tempio. (che risale fino ad epoca moderna, pensiamo agli ossari delle chiese).

Il "contratto" collo spirito come lo intendi tu, nasce solo dopo che si è costituita la città, e subito dopo la scrittura.
Poichè la scrittura rimane, essa viene legalizzata, come contratto fra credente e comunità, sulle modalità del credo.

In questo caso, il diritto canonico, è proprio questo sviluppo storico che decide del contratto, fino a papa Francesco.


Questi però sono argomenti filosofici-antropologici, come conciliarli con la spiritualità?

In effetti la tua domanda, fa sorgere la mia domanda, cosa intende un cristinao per spirito??

E' il medium, il garante del contatto tra Dio e l'uomo, o è qualcosa di più fisico anch'esso????

grazie delle risposte a chi vorrà darmene. (sì lo so sono pretenzioso, magari non a tutte ma qualcosina, magari mi rimetto in marcia, grazie.)
#2976
Tematiche Filosofiche / Re:Realtà e rappresentazione
30 Ottobre 2016, 21:01:56 PM
Citazione di: Apeiron il 30 Ottobre 2016, 10:14:59 AM

1) La rappresentazione sensoriale: cioè quell'immagine del mondo fornita dai cinque sensi;
2) La rappresentazione concettuale: cioè quella che deriva dalla concettualizzazione della precedente;

Ebbene Nietzsche (non ricordo più dove) dice chiaramente che è errato attribuire un'identità a noi stessi.


Certo, lo dice sostanzialmente ad ogni pagina, in quanto è il suo tema principale, quello che fa da sfondo a tutto.

Citazione di: Apeiron il 30 Ottobre 2016, 10:14:59 AM

Per questo anche Nietzsche in modo poi non così diverso dal Buddha (permettimi di citarlo ancora, solamente per far notare che sto discutendo non di religione ma di filosofia quando parla del buddismo...) asserisce che il Sé non esiste.





E infatti ci sono molti scritti sul parallelismo Nietzche - Buddismo, lo stesso Sini ha invitato più volte i suoi allievi ad approfondirne la questione.
Ma ricordiamoci è solo un parallelismo, sono d'accordo al 1000% con Sari sul carattere western delle considerazioni sulla filosofia buddista.
In quanto per loro indiani, non esiste qualcosa come la filosofia in senso congnitivo occidentalista.

Citazione di: Apeiron il 30 Ottobre 2016, 10:14:59 AM

E giustamente tu dici: beh era contrario al concetto di "soggetto" ma non aveva problemi a dare sostazialità all'oggetto. Ebbene qui ti sbagli per due motivi:
1) Il concetto stesso di oggetto è una "rappresentazione concettuale" che Nietzsche abbandona perchè appunto abbandona il soggetto (cosa che in realtà è fatta anche in parte da Schopenhauer);
2) Nietzsche critica ardentemente la concettualizzazione della realtà, dicendo che è solo un'interpretazione nostra. Anzi (e non trovo nuovamente la citazione) è contrario a dare dei nomi alle cose dicendo che sono arbitrari e convenzionali. Per questo motivo Nietzsche vuole liberarci da una sorta di "ignoranza" per la quale affidiamo un'essenza a cose che non la hanno (pensa al fiume di Eraclito; per Nietzsche il fiume non ha identità, ogni secondo è diverso). Il mondo di Nietzsche è senza nomi e senza identità. Essendo senza nomi e senza identità il mondo non può avere valori assoluti

l fatto che il fiume che guardiamo non è mai lo stesso, non significa che non esista un fiume.



Citazione di: Apeiron il 30 Ottobre 2016, 10:14:59 AM
e quindi la moralità è relativa (anche se ciò non significa che le moralità sono tutte uguali per lui...). Perciò tutto è "interpetazione", scienza compresa. Chiaramente visto che non c'è nulla di fisso, immutabile ecc non hanno più senso la moralità, l'etica, la metafisica, l'ontologia...


Capisco dai tuoi interventi iniziali che tu voglia cogliere quel fiume a tutti i costi, ma non è certo volgendoti al'etica, alla morale, che puoi trovare punti fissi.


A meno che comincia a venirmi il dubbio, tu voglia salvare la morale e l'etica, avendola introiettata come Legge Paterna. E dunque è solo per preservare il Padre, che cerchi a tutti i costi di preservare il noumeno, come reale.

Va bene, per carità, ne va del nostro equilibrio preservare la moralità. E d'altronde tutti noi non possiamo che dirci cristiani. (a cui farebbe eco il nefasto moriremo tutti democristiani).

Ma criticamente non possiamo permettere che il lume fioco della ragione si spenga.(e per cui Nietzche guai a chi me lo tocca!!!).

La legge è una legalizzazione della morale, arbitraria, gratuita, frutto del potere gerarchico.
Fa quasi tenerezza vedere certi discorsi in questo periodo politico della nostra italietta, basti pensare al 3d di Garbino, che dice Nietzche della colpa introiettata????
Quella è un arma demagogica potentissima, in quanto radicata nel subconscio della gente. Infatti che dice lo slogan per il sì referendario ? (disastro dei disastri, al peggio non c'è mai fine, abrogare la nostra meravigliosa costituzione...che affronto!)..."se passa il no perdiamo l'occasione di migliorare" (alias SIETE COLPEVOLI SE VOTATE NO).

Sottigliezze (macchiavelliche) del discorso paranoico, usato dal politico (che è paranoico per definizione).

Non possiamo fare i chierichetti del MALE!


Citazione di: Apeiron il 30 Ottobre 2016, 10:14:59 AM
Per Kant: come risolvi il problema della percezione? Come è possibili dire che il noumeno è inconoscibile se Kant stesso lo assume come condizione dei fenomeni e inoltre asserisce che tutti noi vediamo lo stesso fenomeno? Secondo me Kant pur di non finire in contraddizioni ha voluto limitarsi da solo cadendo a sua volta in contraddizione.


Non conosco Kant così a fondo, quindi tecnicamente non so spiegartelo, per quanto riguarda il problema del vedere lo stesso fenomeno.

Sul fatto se esista un noumenico o meno, ti ripeto, Kant usa il metodo inferenziale, lo stesso di Hume, è arcinoto il debito del filosofo tedesco verso quello inglese.

Il noumeno è qualcosa "come se ci fosse". Esiste solo a livello formale. Ed ha contenuto reale solo a livello trascendentale come fenomeno, incontro tra senso dato e categorie mentali, apriori. Io per comodità uso il concetto di sintesi attiva. Dunque il noumeno non è reale. E infatti il noumeno è il DAS DING, non esiste per fare un esempio la sedia noumenica. E' un errore da matita rossa. (vedasi la figura imbarazzante che hanno fatto vattimo e ferraris, al cospetto del maestro Severino).

Sulla evoluzione dell'idealismo ti invito a riflettere sullo scritto di DAVINTRO, che scrive cento volte meglio di me.

Comunque capisco che l'idealismo non ti soddisfi. Forse Severino ti può aiutare a cercare quella oggettività verità che cerchi.


Citazione di: Apeiron il 30 Ottobre 2016, 10:14:59 AM

In ogni caso forse abbiamo esagerato nella discussione "religiosa" però comunque green demetr molte brillanti idee filosofiche le ho trovate in personalità religiose: anzi fino al novecento spesso era difficile dare una ciara linea di demarcazione. Se vuoi ti dico la mia: "religione" significa l'insieme di culti e credenze senza evidenza empirica che fanno da "fondamento" ad una società e che non hanno origine filosofico/razionale. Il fondamentalismo invece nasce dalla "fede cieca" in queste credenze.


Rispondo a te e quindi anche al Sari.

Non ce l'ho col cristianesimo (che conosco pochissimo, avevo iniziato l'anno scorso sul vecchio forum un dialogo con DUC in ALTUM, ma mi sono arenato, ci vuole pazienza).

Figuriamoci con l'oriente! Non so se hai letto miei post precedenti, ma tutta la mia giovinezza è legata indissolubilmente col pensiero induista, nel senso proprio della pratica meditativa, sotto gli insegnamente del raja Yoga di Patanjali e gli insegnamenti del mio maestro, il celeberrimo Paramahansa Yogananda, si proprio quello adorato da steve job.
Proseguendo ho conosciuto le upanishad come le tramanda il centro hare krsna, non se mai avete visto quei libroni meravigliosamente illustrati e rilegati.(ricordo il "nettare della devozione")

Conservo ancora una memoria, come ogni cosa dell'infanzia, magica dell'incontro con quegli scritti.

Come dire non posso fare a meno di essere metafisico proprio per quelle radici.

Capisco benissimo il Sari quando parla di via pratica, e la distinzione western, come pratica intellettuale.
In realtà non mi dispiacciono entrambe. Sopratutto la variante Advaita, quella della non-dualità, intellettualizzata da Śaṇkara (nel medioevo indiano).
Che poi di fatto è la tradizione, la scuola più forte fra le sette sorelle, sia in oriente, sia in occidente, dove fondamentalmente conosciamo solo quella.
(essendo il tantra di origine himalayana, la considero fuori dal discorso).
Ultimamente ho conosciuto anche Nisargadatta, ma come dire, i maestri in India non mancano proprio.
Basta vedere la digitalizzazione fatta nelle università indiane, una mole mastodontica di scritti, di rotoli rinvenuti, tutta da scoprire.
Con polemica annessa, infatti sono più gli studi occidentali su quelle scritture, che non quelle indiane, sia in termini di traduzione (i codici sono in pali antico etc...) sia in termini di riflessione teorica.
Il fatto che l'occidente non capisce, e non capirà mai, è che l'India è veramente l'utima culla della tradizione orale, una tradizione che non vuole morire.
(cosa volete che gli importi della intellettualizzazione) Lo capisco benissimo.
Una tradizione che lotta contro la cultura islamica dilagante sopratutto in India (per ragioni storiche).(anche lì ci sono grossi problemi col fondamentalismo).

Ed è qui il punto: non si può sfuggire alla politicizzazione, e nessuna tradizione orale, riesce ad intenderla, in quanto è interna ai costumi stessi.

E' necessario una illuminazione laterale, appunto intellettuale, politica però, non semplicemente analitica, sebbene ne sia alla base.


Per quanto riguarda il buddismo: non lo conosco, dovrebbe essere il Sari a guidarci. Qualcosina ce lo fa sempre trapelare.


Sia chiaro siete liberi di associare pensiero orientale e occidentale.
(ci mancherebbe)

Il polemos, nasce da parte mia, solo perchè abbraccio la questione filosofica come una questione politica.
E' una semplice presa di posizione (per me salutare, valvola di sfogo, e spero anche per qualcun altro).

saluti.  ;)


#2977
Tematiche Filosofiche / Re:Realtà e rappresentazione
30 Ottobre 2016, 20:39:13 PM
Citazione di: davintro il 29 Ottobre 2016, 23:03:11 PM

La percezione è un atto di esperienza vissuta, un "Erleben", attivo, intenzionale, proprio in virtù del suo tendere alla visualizzazione anticipante dei lati nascosti dell'oggetto percepito, ed in questo visualizzare lati nascosti, in virtù di schemi associativi via via interiorizzati, il soggetto percepiente mostra un certo livello di autonomia dalla passività, che di per sè dovrebbe limitarlo alla ricezione del lato che l'oggetto gli mostra a livello di contatto meramente fisico. Tuttavia la percezione è fattore necessario ma non sufficiente per il darsi della cosa come "fenomeno". Se fosse sufficiente allora si dovrebbe parlare di "sintesi attiva". Invece la percezione, senza un contenuto fenomenico che riceve dagli stimoli della sensazione, resterebbe solo un'intenzionalità vuota, astratta, indeterminata, essa ha bisogno della sensazione, nella quale il soggetto subisce passivamente il contatto con l'oggetto, che offre i contenuti concreti della sintesi e costringe la percezione a un costante riorientamento dei suoi schemi associativi, che devono essere aggiornati in relazione ai nuovi stimoli che l'oggetto ci comunica. In fin dei conti anche la dicitura "sintesi passiva" la trovo scorretta, perchè non c'è pura passività nè pura attività, ma interrelazione di passività e attività, attività sintetica dell'io che collega il lato della cosa attualmente percepita con i lati nascosti, passività di fronte all'oggetto che disvelandosi mostra aspetti nuovi di sè che costringono l'io a modificare le sue strutture interpretative. Interessante è che tutto ciò prepara le basi dal passaggio dalla pura gnoseologia all'ontologia, o meglio alla contestualizzazione della prima all'interno della seconda. Perchè questa unità di attività e passività altro non è che il correlato gnosologico di una condizione ontologica dell'essere umano, caratterizzato dalla sintesi da un lato, di coscienza e libertà (che porta a rivolgerci intenzionalmente verso l'oggetto, a dargli un senso), corporeità e finitezza dall'altro, che rende necessario il contatto fisico con l'oggetto di fronte al quale l'Io è passivo. Cioè l'autonomia seppur relativa degli oggetti rispetto al soggetto rispecchia la condizione ontologica di finitezza (in termini scolastici potremmo dire anche "imperfezione") dell'uomo, il suo non essere ente assoluto. Come giustamente notato, la teoria fenomenologia dell'intenzionalità presuppone come fondamentale la temporalità: la percezione di un oggetto è sempre diacronica, l'apprensione di un singolo lato accade in un certo istante temporale, e gli schemi associativi di cui la percezione si serve sono residuo di esperienze passate conservate nella memoria. La finitezza ontologica dell'uomo fà sì che la sua coscienza sia strutturata come temporale e ciò vuol dire che la necessità di un substrato gnoseologico di passività è data da tale temporalità, gli schemi soggettivi vanno modificati in quanto il passato va adeguato alla conoscenza dell'oggetto reale, cioè presente (agostinianamente, solo il presente è reale).
Al contrario, ipotizzando l'esistenza di una mente divina, assoluta, sovratemporale come soggetto rappresentazionale, allora la passività dovrebbe scomparire, perchè gli oggetti non potrebbe mostrare lati nuovi, inizialmente nascosti, che modificherebbe la struttura della soggettività, perchè tale soggettività avrebbe una visione IMMEDIATAMENTE assoluta e perfetta dei suoi oggetti. Tutto ciò mostra come l'autonomia dell'oggetto che sembra quasi per un'intenzionalità "al contrario"  muoversi attivamente volendo farsi conoscere da noi, non deve farci pensare ad un'indipendenza metafisica del mondo esterno, dell'oggettività, un realismo metafisico, come implicazione della teoria dell'intenzionalità. Tale autonomia dell'oggetto rispetto al soggetto non è un'autonomia assoluta ma solo, in nome della relativizzazione della gnoseologia all'interno dell'ontologia, conseguenza della limitatezza del soggetto in questione, l'uomo, mentre non potrebbe esserci autonomia di un mondo oggettivo in relazione ad un Soggetto, una Coscienza divina assoluta (a prescindere dal supporla esistente o meno). Cioè la diatriba idealismo- realismo va risolta non sul terreno meramente gnoseologico, dove pure sorge, ma su quello ontologico e metafisico che chiarifica la natura del soggetto conoscente in questione. Ogni filosofia, compresa la fenomenologia a prescindere dalla lettera esplicita di Husserl, è satura di potenzialità metafisica (perchè a mio avviso qualunque critica della metafisica è pur sempre metafisica). Ma nella fenomenologia, che pone la messa in rilievo della coscienza soggettiva come base evidente di ogni discorso sul reale, tale metafisica a mio avviso non potrà essere una metafisica di tipo naturalistico o cosmologico, tesa a considerare il mondo esterno come realtà privilegiata d'osservazione, ma personalistico o interioristico, che dall'analisi dei vissuti della coscienza cercherà di far emergere le componenti fondamentali della persona, quell' essere che supporta in modo esistenziale e concreto l'attività della coscienza. L'ontologia fenomenologica trova nell'antropologia il suo perno



Grazie della delucidazione, alla distinzione ontologica - gnoseologica del problema non ci avevo ancora pensato.(mi hai risparmiato almeno 5 anni di studi! visto la mia lentezza).
Mi piace anche come risolvi la questione della passività, in effetti con questa nuova visione proposta, non serve tanto mettere in discussione il carattere passivo-attivo delle sintesi, lo facevo solo perchè nella discussione con amici, l'avevamo messa su quel piano.
Il problema del correlato come questione ontologica, in quanto l'uomo è metafisicamente (concordo) destinato al suo esser legato all'oggetto.

E non l'oggetto come principio metafisico, che farebbe appunto il paio con l'errore dell'uomo metafisico. Metafisica è solo la domanda, come Hegel e Heideger giustamente (eh eh) concordano.


Sul principio di DIO come ente immobile, invece non mi trovi d'accordo affatto. L'azione trascendente non è una questione dell'unarità (come in Hegel, visto che lo sto studiano parallalemante a questi scritti, tramite Zizek), ma appunto come testimonia il pensiero luterano, dalla negatività.
Che si dissolve come storia della morte del soggetto. Non è questione di aldilà, ma dello stare qui, sul momento presente, in cui dissolve ora ed ora ed ora ogni nostra velleità, intenzionale o rappresentazionale che sia.
Il senso che ne deriva secondo me è la questione del terrore metafisico, a cui la filosofia cerca di fare da Pharmacon, alemno fino al postmoderno, quando appunto la questione della modernità (chi siamo) andrebbe di nuovo posta come carattere sovversivo, negativo e non più positivista alla questione meravigliosamente indicata da Hegel e Heideger del Dasein.
A maggior ragione proprio da una posizione ontologica dell'uomo! che richiama al problema antropologico certo, nella accezione contemporanea, quasi tutti i filosofi contemporanei infatti si stanno dirigendo verso l'antropologico. (per fare un paio di esempi che conosco la cura del sè di focauldiana memoria, o il monachesimo di un Agamben).
Ma non è l'ennesimo abbaglio? A mio modo di vedere sì, infatti la filosofia è dentro al discorso del terrore, cioè a quello paranoico. Come se noi fossiamo già morti.
Ecco che allora l'antropologico diventa l'ennesimo scudo, (meglio qualitativamente, ma nè più nè meno che l'analitico della filosofia americana).
E invece il terrore va guardato negli occhi. Di modo da scoprire la sua fantasmatica, ossia la legge della madre (il fantasma materno).

Uscire da simile inpasse è impresa disperata per l'occidente schizoide. Purtroppo questa è la mia seconda intuzione di questo anno.

infatti il livello schizoide fa credere all'uomo di essere qualcosa d'altro, da quello che è. Lo fa tramite una legalizzazione del soggetto borghese, per via delle origini storiche bla bla bla....Di modo che sembra sia l'etica la questione fondante.

Ma nessuno, sottolineo nessuno puà stare in quella etica. Semplicemente perchè non esiste come naturale, quando la fanno passare come tale.
(l'opposizione politica, alla focault, o la rinuncia politica monacale-religiosa (agamben), sono opposizione e rinuncia contro qualcosa che non c'è, a livello antropologico.).

Dunque l'indagine ontologica, che risente del paranoico non è semplicemente doppiata, ma quadruplicata.


reale - fantasma

antropologia (fantasma del reale).  problema dell'uomo

reale - fantasma

sociologia (fantasma del fantasma del reale). problema comunitario

Per tornare all'ontologia fondamentale, idealista, di stampo hegeliano, bisogna dunque di nuovo interrogare il fenomeno e il suo carattere dissolvente.

Per questo se da una parte vi è una intenzionalità "dal basso" che di volta in volta si conforma all'oggetto, dall'altra ci DEVE essere una intenzionalità (criticità) che si conforma a quello che viene "dall'alto".

Se da un lato infatti il problema è gnoseologico-ontologico, dall'altro è linguistico-ontologico, infatti l'apertura al discorso è la stessa lingua, che come sempre meglio si va descrivendo, viene PRIMA del soggetto, non vi sarebbe apertura sul Mondo, senza la possibilità di descriverlo.

Per questo in Lacan, la dicotomia simbolico-reale va indagata in quanto linguistica, in quanto discorso.


Citazione di: davintro il 29 Ottobre 2016, 23:03:11 PM

Ma nella fenomenologia, che pone la messa in rilievo della coscienza soggettiva come base evidente di ogni discorso sul reale, tale metafisica a mio avviso non potrà essere una metafisica di tipo naturalistico o cosmologico, tesa a considerare il mondo esterno come realtà privilegiata d'osservazione, ma personalistico o interioristico, che dall'analisi dei vissuti della coscienza cercherà di far emergere le componenti fondamentali della persona, quell' essere che supporta in modo esistenziale e concreto l'attività della coscienza. L'ontologia fenomenologica trova nell'antropologia il suo perno



Siamo dunque totalmente d'accordo sull'errore naturalistico-cosmologico, ma non sul carattere esistenziale, che per me è appunto metafisico e per te antropologico.

(tra l'altro in cosa consisterebbe questo carattere antropologico tuo? forse lo scoprirò in futuri 3d, o forse ne hai già parlato e non ricordo...ehmmmm)
#2978
Non riesco ancora a dominare tutto il pensiero hegeliano (formalista-storicista) e heidegeriano (neo-tomista con sprazzi di agostino).
Figuriamoci con quello di Nietzche che mi consuma parecchie energie nervose.

Posso solo parlare di quello che intravedo, alla Heideger, il segnavia, il senso, la direzione, la radura.

Vedo anzitutto il male, come la morte stessa, ossia come il nostro dissolvimento: proprio qualche giorno fa, leggevo da Zizek, che la parola "fondamento" in tedesco suona come le macerie. Ossia ciò che rimane del dissolvimento.
Sostanzialmente in una chiave formale, eminentemente logica, l'uomo nasce già carente, carente dell'oggetto. Tramite solo cui si relaziona. E si costituisce.

Questa carenza costitutiva, è da leggere come recentemente davintro ha scritto sul 3d fenomeno e realtà, in termini ontologici, ossia come fenomenologia.
Ossia noi siamo quel soggetto abitato dalla necessità di un oggetto, qual'ora venisse a mancare, noi cesserremo di essere tale.

Ma in chiave metafisica, noi siamo spaventati a morte (appunto) di non essere più. Di non essere più dei soggetti. Ossia un terrore ci abbraccia fin dalla nostra nascita biologica, come discorso. Siamo cioè nati già aperti ad accogliere il mondo, come TERRORE del non essere più.

Quindi l'uomo è ontologicamente metafisico, come giustamente fa notare Heideger.

La seconda cosa è il comportamento, ossia noi siamo accompagnati dalla violenza, ed è il secondo male METAFISICO, ossia la proiezione del discorso SCHIZOIDE.

Che deriva dal primo discorso paranoide (non voglio morire), ossia come descritto magistralmente da Freud, la morte dell'animale viene associata alla nostra vita.

Io sono vivo, fin che uccido. Dove simbolicamente l'animale diviene il sacro, ossia ciò che non può essere toccato. Per cui l'uomo nasce subito simbolico. I resti funerari sono lì a testimoniarlo. Il resto è sempre il cerchio, ognuno protegge le spalle all'altro. Ossia è la comunità, la comunità diventa il sacro. Ossia diventa politica. Mors tua, vita mea.

Da lì le lotte tribali, e il periodo di sangue, che porta (vedi nietzche-garbino nel 3d il futuro dell'uomo) alla ragione.

E' solo tramite quel primo diamante che possiamo genealogicamente risalire alla costituzione del nostro domandare.

Domandare metafisico, filosofico: perchè devo morire?

Guardare in faccia significa guardare anche il suo doppio: tu non morirai mai.

Come la neuroscienza scopre con Damasio che la paura e la violenza sono i sentimenti primari, così ci erano già arrivati secoli prima Spinoza, poi Hegel, Nietzche infine  Heideger.

E' qui che rientra la tua domanda dalla finestra principale: la risposta metafisica alla domanda metafisica della ragione, l'uomo storicamente ha risposto con la teoria della unarietà, e cioè "come se" esistesse un UNO che mi garantisce, che mi fonda, come soggetto eterno.
Ossia c'è un problema di fondo, sempre uguale, sostituiamo il fondamento come dissolvimento, in un dissolvimento senza fondazione.
(in questo senso il problema metafisico dell'occidente è da distinguere dal problema metafisico in sè).



Così facendo, dimentichiamo, la domanda fondamentale ontologica, che viene prima della domanda fondamentale metafisica. Ossia come all'infinito ripete Sini: "chi parla?.

Ossia il problema del soggetto.

Per impedire di fare questo errore, basterebbe smettere di avere paura, e guardare le cose come stanno: noi dissolviamo.
Il fatto è che quel "basterebbe" richiede uno sforzo titanico, perchè dietro la paura fondamentale come ho cercato di illustrare, si nasconde il problema del sacro.
Il totem va abbattuto, il fantasma materno, la mamma (tu non morirai mai), va abbattuto.

Ma prima va abbattuto la sua tecnica, la fantasmatica, ossia la protezione ad ogni costo, del TU DEVI UCCIDERE.
Appunto la Giurisdizione, la dizione (il discorso) dello IUS (il giurì), il più forte, quello che ammazza di più.
Il male è il giusnaturalismo, il discorso del più forte. Diventa un problema bio-etico, di appropriazione dei corpi, problema della antropofagia, fin dai tempi più antichi, l'homo sapiens, si è letteralmente divorato qualsiasi altro ominide (ci rendiamo conto della ferocia??)
 
Qualsiasi guerra ha alla sua origine questo fraintendimento della ragione, come diceva Nietzche confondere il sogno, con la realtà.
(noi continueremo a morire anche se siamo potenti)
Da cui prende forma la psicanalisi, come analisi delle pulsioni inconsce (paura e violenza) che si riversano nel sogno, e infine la psicanalisi del discorso, come in Lacan e allievi. (che devo ancora studiare.).



Insomma il vizio della ricerca sul male costitutivo, deve fare attenzione a non essere una forma di auto-inganno, per illudersi di non morire mai.

Nel mio caso, l'errore che faccio, è quello di non fare attenzione al reale. Per me rimane fortissimo il legame con il fantasma materno, ossia con la madre.(appunto non voglio morire mai).

Rimango inevitabilmente affascinato dal mito, dai miti della madre. E mi domando del perchè in continuazione (visto che so che è una trappola), cadendo così nel discorso ossessivo, e rimanendo sulla soglia, infatti non ho mai ottenuto risposta.

Questo sostanzialmente crea disagio esistenziale, e da qui inizia la ricerca dell'intrattenimento, che devo dire, seppur per vie diverse dal volgo, trovo anch'io che funzioni.
Fare attenzione al reale serve un amico, meglio ancora una comunità.
Una comunità consapevole del male che ci circonda dentro e fuori dal nostro essere soggetti. Difficile, ma qualcuno deve iniziare a farlo, magari dando più importanza al reale. Per questo il mio unico amico degno di fiducia è Nietzche, perchè ogni volta che lo leggo, è uno schiffo in faccia, che mi ridesta quei pochi attimi per andare ancora avanti, per coltivare ancora l'utopia, prima ancora di cadere nel letargo della società dello spettacolo.


Per uscire dai discorsi del terrore, dell'orrore, dello spavento e della angoscia a mio parere però serve la comunità, ossia l'Altro.
Infatti a parte il terrore e l'angoscia che sono mali metafisici, difficili anche da intravedere, gli altri due sono errori della tradizione gerarchica occidentale.
Errori politici.

E' sempre difficile interrogarsi della radice del terrore e della sua malefica sorella l'angoscia, con persone che sono legate alla legge del padre ("orrore") e vittime dello spavento ("figlia dell'essere schizoidi", per cui non si accetta di essere qualcosa di diverso rispetto a quello che la società indica, legalizza, come i problemi degli attacchi di panico, dell'anoressia e della bulimia stanno sempre ad indicare).


saluti.
#2979
Citazione di: Phil il 30 Ottobre 2016, 10:56:22 AM
Citazione di: paul11 il 30 Ottobre 2016, 00:51:40 AM
Citazione di: green demetr il 29 Ottobre 2016, 22:19:15 PMIl darsi da fare è invece legato al riconoscimento del male che ci abita dentro. A partire da quel male soltanto possiamo, se proprio vogliamo essere metafisici ( e io lo voglio essere), risalire all'origine del senso.
non posso che condividere la richiesta di un senso originario di una male che ci abita dentro
Mi incuriosisce questo "male che ci abita dentro"(doppia cit.): nel caso di paul11 che, se non fraintendo, non lascia il sacro religioso fuori dalla sua prospettiva, è possibile "innestarlo" in una metafisica classica (per cui il Male è uno degli attori protagonisti della dimensione umana e c'è un Senso originario da interrogare); nel caso di green demetr che (sempre se l'ho ben capito) ha una visione dell'uomo più laica, questo "male metafisico" come si connota e, soprattutto, su cosa si fonda?
Si tratta di una metafora per la fallibilità, ignoranza o immoralità dell'uomo (ed è quindi comunque un'interpretazione relativa) oppure ha una sua "sostanza" propria?

P.s.
@green demetr: quel "io lo voglio essere"(cit.) è molto dionisiaco, ma il voler-essere-metafisici non è una scelta che preclude a priori la possibilità di trovare risposte non metafisiche? Fino a che punto il voler essere metafisico, o nichilista o empirista o altro (è una domanda in generale, non personale su di te  :) ), può essere una scelta che "vizia" il ricercare?

Citazione di: Phil il 30 Ottobre 2016, 10:56:22 AM
La scelta aprioristica del tipo di approccio "vizia" il ricercare, non nel senso etico, ma, secondo me, nell'impostazione epistemologica/metodologica: se sorgono problemi spontanei e li si affronta con il presupposto "voglio essere metafisico" o "voglio essere empirista", significa, per me, che non si affrontano tali problemi con limpidezza ed apertura, ma si sceglie di preimpostare l'indagine con un paradigma già selettivo, che non è detto sia sempre quello più pertinente o più funzionale...
Pensiamo (esempio sciocco, ma, spero, chiaro) quali sarebbero le conseguenze se un elettricista, a casa sua, trovandosi di fronte ad un rubinetto che perde, dicesse "voglio ragionare da elettricista" ed iniziasse a "smanettare" come se i tubi fossero invece fili elettrici... forse farebbe meglio a chiamare un idraulico (ammettendo che le sue conoscenze non sono adeguate a risolvere quel problema), oppure affrontare il problema non da elettricista, ma da "idraulico improvvisato"...

Differente è riconoscersi "metafisici" o "empiristi" o altro, non per scelta, ma perchè si "scopre" di esserlo (ma non ci si sente in dovere nè di volere esserlo...).

L'atteggiamento più proficuo forse è affrontare i problemi senza volersi limitare o condizionare prima ancora di confrontarsi con essi, cercando piuttosto (metaforicamente) di lasciarli parlare la loro lingua (cercando di comprenderla) e non di fargli parlare forzatamente la nostra ("snaturandoli" e/o fraintendendoli...).



In linea di massima sono d'accordo con Sgiombo, sulla necessità del metafisico. (e d'altronde sono un lettore di Hume anch'io)

Per quanto riguarda la premessa, ovviamente è una questione del postulare una cosa, per poi vedere se funziona o meno, nel reale. (qui le strade mie e sgiombo divergono totalmente, ovvio anche con Hume) vedi il 3d sul fenomeno e realtà del dr.evol.


Provo ad abbozzare delle linre generali sull'uso della ragione.
Provando a distinguere il metafisico come storia dell'occidente, o discorso dell'occidente, e il metafisico come questione della questione.(Non sono ammessi regressi infiniti. Non esiste la questione della "questione della questione".
Questo è l'unico postulato che l'idealismo si pone. Da Peirce in poi, anche se tale Paolo Veneziano, autore sconosciuto medievale l'aveva già trattato sempre secondo il Peirce.)
La questione della questione, essendo formale, rimane poco trasparente, e quindi per pochi eletti che la intravedono.

La vado ad esporre comunque, sebbene ancora disordinata, contiene molti spunti validi che mi interessano.

#2980
Tematiche Filosofiche / Re:Realtà e rappresentazione
29 Ottobre 2016, 22:47:55 PM
Citazione di: Apeiron il 29 Ottobre 2016, 15:44:44 PM
Riassumendo abbiamo queste posizioni:

4 Nichilismo (Nietzsche... Buddha? Wittgenstein?):

Non c'è un Sè, la realtà è quella che vediamo, non c'è sostanza da nessuna parte TUTTAVIA a differenza del Buddismo e di Wittgenstein (?) non c'è niente di meglio che la realtà che vediamo. Quello che dovremo fare è o "annullarsi" o "esprimersi". Ma visto che non c'è un Sé la cosa non è da prendersi sul "personale".

La (4) è di fatto una versione "negativa" della (1) in cui si è tolta la "sostanzialità" a tutto senza rimettere nulla (visto che poi "tutto è interpretazione" non si ha moralità,etica, conoscenza... perchè d'altronde non c'è una realtà vera).

Con l'ultima deriva religiosa, mi sottraggo al discorso, rispondendo solo: sciocchezze.

Ad Apeiron un particolare:

No! Nietzche non è questa cosa che dici...che pazienza!

Per Nietzche c'è la sostanza, eccome se c'è! E infatti dobbiamo dunque esprimerci. Che mi sembra che qui nessuno se la precluda.

Tutto è interpretazione si riferisce al problema del soggetto (del rappresentante, di chi parla) non della sostanza, dell'oggetto.(tra l'altro, non so se sia vero, non avendolo letto direttamente, si riferisce alle teorie del Boskovich, quindi potremmo quasi associarlo all'atomismo democriteo).

Della rappresentazione Nietzche se ne infischia, io sono qui non in veste Nietzchiana, ma come idealista (che si limita ai risultati kantiani).

Tra l'altro caro Sgiombo l'idealismo con l'oriente NON C'ENTRA niente, perchè devi sempre polemizzare??

#2981
Citazione di: paul11 il 29 Ottobre 2016, 01:31:31 AM
greeen demetr
Siamo tutti "vittime", Nietzsche compreso...... quel sacro corrisponde all'armonia del dominio naturale e quello divino, e non separati.

Ovvio che lo fosse, ma lui ne era consapevole, al contrario tuo e di tutti quelli che fantasticano di strane divinità etc....

Essendo Dio Morto, ovviamente è morto anche quel sacro.

Probabilmente, riesci ad intendere il problema giuridico (infatti siamo spesso d'accordo), ma lo fai contrapponendolo ad un giusnaturalismo fantastico.
Infatti il giusnaturalismo E' il giuridico, cristiano ebreo musulmano che sia.

Francamente anche leggendo il 3d su realtà e rappresentazione, non mi posso che tirar fuori da qualsiasi discorso ideologico religioso.

Che ripeto è esattamente il discorso schizoide che il destrutturalismo scopre come metafisico.
E che suona ai miei orecchi così: "tu sei quello che non sei".

No mi dispiace non vedo traccia di sacro, nemmeno nella poesia. In compenso vedo un mare di opportunismo travestito da strani vestigie religiose e scientifiche.

Il darsi da fare è invece legato al riconoscimento del male che ci abita dentro.

A partire da quel male soltanto possiamo, se proprio vogliamo essere metafisici ( e io lo voglio essere), risalire all'origine del senso.

#2982
Tematiche Filosofiche / Re:Realtà e rappresentazione
28 Ottobre 2016, 11:28:48 AM
Citazione di: Sariputra il 28 Ottobre 2016, 11:14:29 AM
Citazione di: green demetr il 28 Ottobre 2016, 11:08:28 AM Wittgenstein....confesso che faccio fatica a capirlo pienamente. Ho il forte pregiudizio che la sua sia una forma di anti-storicismo radicale, dovuta al suo essere DENTRO al discorso ossessivo, bloccante, limitante (al fatto per dirla in termini orribilmente psichiatrici, che era un ossessivo compulsivo).

Ah!...I pregiudizi, i pregiudizi...cosa dovremmo dire allora del buon Friedrich ?...Mah!  ;)

Cosa intendi?  :)

Si insomma non avendolo ancora capito bene, mi astengo, però il dubbio allo stato attuale mi rimane.
#2983
Il buon Federico aveva una cultura pazzesca, basta leggere i titoli della sua biblioteca. (molti libri sull'egitto oltre che sull'india).

La ragione come frutto delle atrocità.

Il tema della giustizia come sistema creditizio come mimesi delle atrocità. (risposta di altre atrocità).

Dunque l'ascetismo non è un tema come mi aspettavo di interesse religioso, piuttosto è visto come diritto positivo, come sistema mimetico per infliggere atrocità.
E visto come l'ho vissuto sulla mia pelle (in maniera molto soft si intende) quanto ha ragione il filosofo di Röcken!!!
Tra l'altro il carattere di auto-inflizione del dolore è il massimo che l'arte sadica possa aspirare di ottenere, e che ha ottenuto.

In effetti ogni cristiano è sempre un pò masochista (essendo nel "discorso paranoico" ma questo è un altro "discorso" appunto  ;) ).
#2984
Tematiche Filosofiche / Re:Realtà e rappresentazione
28 Ottobre 2016, 11:08:28 AM

Wittgenstein....confesso che faccio fatica a capirlo pienamente. Ho il forte pregiudizio che la sua sia una forma di anti-storicismo radicale, dovuta al suo essere DENTRO al discorso ossessivo, bloccante, limitante (al fatto per dirla in termini orribilmente psichiatrici, che era un ossessivo compulsivo).

#2985
Tematiche Filosofiche / Re:Realtà e rappresentazione
28 Ottobre 2016, 11:02:42 AM
Citazione di: Apeiron il 27 Ottobre 2016, 15:49:49 PM

Dunque: il problema è linguistico in questo senso. Sia x un fatto, un avvenimento. F(x) una proposizione dell'avvenimento. Ora F è la "funzione linguaggio" che associa un "fatto" alla sua descizione. Chiaramente ci sono anche altre cose oltre ai fatti, ad esempio l'esperienza cosciente. E anche qui possiamo usare y per le esperienze e G(y) per il linguaggio relativo. Ora la collezione di tutte le "frasi" F(x),G(y) ecc formano il linguaggio. Cos'hanno in comune tutte queste? Bene o male che si riferiscono all'esperienza ("interna",esterna...). Nel caso del noumeno tu vorresti descrivere qualcosa di cui non puoi avere esperienza. Mi dirai: ok posso parlare dei draghi anche se non ci sono. La differenza è che i draghi li descrivi come "fenomeni" e ammesso che siano compatibili con "le leggi del mondo e del pensiero" sono possibili esperienze (se non lo sono tuttavia la loro esistenza è impossibile ma le proposizioni si riferirebbero a possibili esperienze, ergo sarebbero false ma insensate). Il noumeno invece è qualcosa che è "oltre" l'esperienza, quindi a rigore non può essere descritto. E qui prova a pensare alla dottrina del Dio creatore: fintantochè riesci a immaginarti  ad esempio un Dio che "crea" le cose in modo simile ad un artigiano allora ok. Quando però dici "Dio crea dal nulla" beh credo che questa proposizione sia per così dire priva di senso, perchè appunto la parola "creazione" si riferisce all'esperienza ordinaria e la parola "nulla" è maldefinita. E se poi ti chiedi se Dio è un fenomeno o un noumeno non ne esci.

Riprendendo Wittgenstein: Non come il mondo è, è il mistico ma che esso è.



Esatto, quella che descrivi è la mia posizione. Tranne l'ultima, in cui parli di un DIO ex-machina alla Leibniz., Locke etc..

A mio avviso anche DIO è inconoscibile, ed esattamente come per l'oggetto noi possiamo DESUMERLO dal processo storico di RIVELAZIONE, come epifania però in questo caso, non rappresentazione, ma come apertura di senso, UGUALMENTE PER NEGAZIONE nel suo processo di somma cognitiva del manifestantesi, ora e adesso, nel qui. (essendo freudiano, per somma cognitiva intendo anche quella onirica, inconscia).