Io credo che la vita umana non possa essere assunta come assoluto, quantomeno perché la specie umana, se non si estingue prima evolverà fino a non corrispondere più a se stessa.
E anche perché proprio la coscienza introduce il dubbio "lacerante" di non sapere se la "comunità" come luogo regolato da un'etica si dia tra i conspecifici o tra le coscienze, pensiamo di essere l'unica specie che pensa e parla in modo complesso ma non possiamo esserne sicuri, in futuro alieni evoluti, macchine che che noi stessi potremmo aver costruito, altre specie che abbiano avuto il tempo per evolversi, potrebbero avere un livello di pensiero e di linguaggio pari al nostro, e quindi pretendere di far parte della nostra "comunità" in senso etico, ma soprattutto fin da sempre pensare e parlare vuol dire identificarsi con un pensiero e un linguaggio e non con una specie, l'identificazione del soggetto con la specie è già persa dal momento in cui la specie pensa e parla, e non si può determinare in assoluto il numero dei pensanti e dei parlanti, né sapere in assoluto se tutti i pensanti e i parlanti dell'insieme siano o no conspecifici.
I nostri antenati pensavano a certe condizioni di poter parlare con gli angeli o coi demoni, noi oggi parliamo con le radioline e i cellulari e gli chiediamo che musica vogliamo ascoltare o dove sta l'indirizzo a cui vogliamo andare, le scimmie più evolute a cui sia data in mano una tastiera che riproduca le parole "parlano", insomma è intrinseco nella parola che il parlante non sia necessariamente umano, che la comunità a cui si riferisce la parola sia una comunità ideale e non una comunità di sangue.
La parola fa le comunità numericamente inferiori all'umano (i greci e i romani consideravano "barbari" cioè balbettanti, coloro che non avevano il loro linguaggio, la storia della torre di Babele pure fa capire quanto l'uomo sia pronto a frammentarsi in sottogruppi inferiori alla numerosità del gruppo originale secondo la diversità di linguaggio e la comprensibilità), e la parola fa le comunità numericamente superiori all'umano, noi parliamo con i computer, sentiamo in noi la voce dei morti e dei distanti grazie alla scrittura -quindi non siamo limitati all'umano vicino o presente come destinatario di una comunicazione-, siamo stati per secoli convinti in buona fede che si potesse parlare con entità pensanti e parlanti ma non umane (angeli, demoni, dio stesso, profezie eccetera).
Quindi secondo me la vita umana ha una funzione sua propria (il pensiero/linguaggio) che rende intrinsecamente impossibile la vita umana come assoluto etico. Bisogna aprirsi alla comunità dei pensanti e dei parlanti in generale, che è aspecifica, già solo avere un nome ci disumanizza in senso biologico, non abbiamo niente di biologicamente diverso da quelli che hanno un nome diverso dal nostro, e niente di particolarmente simile a quelli che hanno il nostro stesso nome, noi in senso prosaico e banale siamo la parola che ci designa, quando proviamo, giustamente, ad elevarci e andare oltre questa designazione iniziale, non è detto che ci dobbiamo fermare al corpo o alla specie, come anche questa parola iniziale non si è fermata affatto al corpo e alla specie, infatti i Mario Rossi, per dire sono molto più di uno, ma non tanti quanti la specie umana, quindi ogni nome è più del corpo, e meno della specie, come classe di numerosità designata.
E anche perché proprio la coscienza introduce il dubbio "lacerante" di non sapere se la "comunità" come luogo regolato da un'etica si dia tra i conspecifici o tra le coscienze, pensiamo di essere l'unica specie che pensa e parla in modo complesso ma non possiamo esserne sicuri, in futuro alieni evoluti, macchine che che noi stessi potremmo aver costruito, altre specie che abbiano avuto il tempo per evolversi, potrebbero avere un livello di pensiero e di linguaggio pari al nostro, e quindi pretendere di far parte della nostra "comunità" in senso etico, ma soprattutto fin da sempre pensare e parlare vuol dire identificarsi con un pensiero e un linguaggio e non con una specie, l'identificazione del soggetto con la specie è già persa dal momento in cui la specie pensa e parla, e non si può determinare in assoluto il numero dei pensanti e dei parlanti, né sapere in assoluto se tutti i pensanti e i parlanti dell'insieme siano o no conspecifici.
I nostri antenati pensavano a certe condizioni di poter parlare con gli angeli o coi demoni, noi oggi parliamo con le radioline e i cellulari e gli chiediamo che musica vogliamo ascoltare o dove sta l'indirizzo a cui vogliamo andare, le scimmie più evolute a cui sia data in mano una tastiera che riproduca le parole "parlano", insomma è intrinseco nella parola che il parlante non sia necessariamente umano, che la comunità a cui si riferisce la parola sia una comunità ideale e non una comunità di sangue.
La parola fa le comunità numericamente inferiori all'umano (i greci e i romani consideravano "barbari" cioè balbettanti, coloro che non avevano il loro linguaggio, la storia della torre di Babele pure fa capire quanto l'uomo sia pronto a frammentarsi in sottogruppi inferiori alla numerosità del gruppo originale secondo la diversità di linguaggio e la comprensibilità), e la parola fa le comunità numericamente superiori all'umano, noi parliamo con i computer, sentiamo in noi la voce dei morti e dei distanti grazie alla scrittura -quindi non siamo limitati all'umano vicino o presente come destinatario di una comunicazione-, siamo stati per secoli convinti in buona fede che si potesse parlare con entità pensanti e parlanti ma non umane (angeli, demoni, dio stesso, profezie eccetera).
Quindi secondo me la vita umana ha una funzione sua propria (il pensiero/linguaggio) che rende intrinsecamente impossibile la vita umana come assoluto etico. Bisogna aprirsi alla comunità dei pensanti e dei parlanti in generale, che è aspecifica, già solo avere un nome ci disumanizza in senso biologico, non abbiamo niente di biologicamente diverso da quelli che hanno un nome diverso dal nostro, e niente di particolarmente simile a quelli che hanno il nostro stesso nome, noi in senso prosaico e banale siamo la parola che ci designa, quando proviamo, giustamente, ad elevarci e andare oltre questa designazione iniziale, non è detto che ci dobbiamo fermare al corpo o alla specie, come anche questa parola iniziale non si è fermata affatto al corpo e alla specie, infatti i Mario Rossi, per dire sono molto più di uno, ma non tanti quanti la specie umana, quindi ogni nome è più del corpo, e meno della specie, come classe di numerosità designata.
