ciao Green Demetr, rispondevo a chi a voluto vedere in Nietzche una lotta per la sopravvivenza di tipo Darwiniano, quindi dicevo affermazione dei valori, giusto per dire che non c'è niente di darwiniano in Nietzche da un punto di vista selettivo, semmai c'è qualcosa di darwiniano da un punto di vista evolutivo, perché per lui il problema è quello della vita e non della sopravvivenza, della vita nel suo autosuperamento; l'affermazione del superuomo sarà un dono e non un'imposizione, e quindi in un certo senso un'evoluzione della specie umana, che avrà conseguenza imprevedibili sulla coscienza, appunto perché la coscienza è generata dal corpo; cambiando il corpo, cambierà anche la coscienza, e si avranno più tipi di esseri coscienti.
Resto un po' stupito dal fatto che citi Cacciari che scrive che l'eterno ritorno non esiste: di lui conosco alcune opere, ma questa sua affermazione non l'avevo mai trovata... interessante, comunque.
Però secondo me l'unico senso in cui l'eterno ritorno potrebbe non esistere è quello per cui ogni evento-attimo è "intermittente" nell'eternità, la compone e la serializza essendo non un singolo attimo, ma le copie infinite di se stesso.
La riflessione sul tempo circolare, secondo me nasce da una riflessione preliminare sul tempo lineare, la completa e la integra mostrandone le possibilità.
Il fatto è che Nietzche ha cara la cosmologia greca, per cui l'universo è ingenerato e imperituro, per lui questo è un punto fondamentale; perché l'alternativa (unica) al tempo infinito in tutti e due i sensi che potrebbe essere immaginato geometricamente come una retta, è il tempo "spezzato" semi-lineare, il tempo che almeno nel passato ha avuto un'origine (a prescindere da se avrà o no una fine nel futuro) e dunque può essere immaginato come una semiretta; e questa alternativa è il tempo dell'escatologia cristiana o socialista che Nietzche abborre, la concezione secondo la quale Dio crea il tempo, e quindi lo crea finito verso almeno uno dei due estremi.
Però l'abisso, quello che nel sentimento greco è implicito e in Nietzche diviene esplicito, è che l'unico modo di immaginarsi un tempo infinito ai due esteremi, è immaginarselo anche circolare; e questo non per una proprietà strutturale del tempo, ma per il fatto stesso che il tempo contiene avvenimenti. L'unico tempo che potrebbe essere infinito ai due estremi senza essere circolare è quello in cui per tutta l'eternità non succede mai niente, quello che è tutto uguale a se stesso; quello in cui succede qualcosa, quello in cui c'è anche un minimo "lampo" di varietà e di vita per cui un evento è distinguibile da un altro, se è infinito, allora è anche circolare; lo si può dedurre a partire dal fatto dalla vita stessa, a partire dal fatto che l'infinito tempo dietro di noi appare interamente passato, appare tale ai nostri sensi oltreché al nostro intelletto, l'esistenza ci fa un certo effetto, sentiamo di esistere nel qui ed ora, ma se quel tempo è infinito non può essere realmente passato, dunque l'infinito deve avere attimi uguali o simili a distanza finita tra di loro, la cui serie è infinita, ma composta da un numero finito di elementi che sempre si ripetono. Per questo dicevo che la vita è affermazione di valori, nel senso che essa è trionfante sul tempo, emerge dall'infinito contro ogni logica e ogni pronostico, anche senza la giustificazione di una religione o di una morale. L'alterativa è dare ragione alle chiese e alle escatologie, vedere il tempo giacente su una banalissima semiretta, il che non renderebbe il fatto che questo tempo contenga eventi un fatto straordinario, meraviglioso, e quindi è la possibilità più brutta, quella che fa nascere per compensazione il desiderio di una morale o di una religione. Io non vedo paranoia nel discorso sull'eterno ritorno, ci vedo molta razionalità e la descrizione di una possibilità.
Resto un po' stupito dal fatto che citi Cacciari che scrive che l'eterno ritorno non esiste: di lui conosco alcune opere, ma questa sua affermazione non l'avevo mai trovata... interessante, comunque.
Però secondo me l'unico senso in cui l'eterno ritorno potrebbe non esistere è quello per cui ogni evento-attimo è "intermittente" nell'eternità, la compone e la serializza essendo non un singolo attimo, ma le copie infinite di se stesso.
La riflessione sul tempo circolare, secondo me nasce da una riflessione preliminare sul tempo lineare, la completa e la integra mostrandone le possibilità.
Il fatto è che Nietzche ha cara la cosmologia greca, per cui l'universo è ingenerato e imperituro, per lui questo è un punto fondamentale; perché l'alternativa (unica) al tempo infinito in tutti e due i sensi che potrebbe essere immaginato geometricamente come una retta, è il tempo "spezzato" semi-lineare, il tempo che almeno nel passato ha avuto un'origine (a prescindere da se avrà o no una fine nel futuro) e dunque può essere immaginato come una semiretta; e questa alternativa è il tempo dell'escatologia cristiana o socialista che Nietzche abborre, la concezione secondo la quale Dio crea il tempo, e quindi lo crea finito verso almeno uno dei due estremi.
Però l'abisso, quello che nel sentimento greco è implicito e in Nietzche diviene esplicito, è che l'unico modo di immaginarsi un tempo infinito ai due esteremi, è immaginarselo anche circolare; e questo non per una proprietà strutturale del tempo, ma per il fatto stesso che il tempo contiene avvenimenti. L'unico tempo che potrebbe essere infinito ai due estremi senza essere circolare è quello in cui per tutta l'eternità non succede mai niente, quello che è tutto uguale a se stesso; quello in cui succede qualcosa, quello in cui c'è anche un minimo "lampo" di varietà e di vita per cui un evento è distinguibile da un altro, se è infinito, allora è anche circolare; lo si può dedurre a partire dal fatto dalla vita stessa, a partire dal fatto che l'infinito tempo dietro di noi appare interamente passato, appare tale ai nostri sensi oltreché al nostro intelletto, l'esistenza ci fa un certo effetto, sentiamo di esistere nel qui ed ora, ma se quel tempo è infinito non può essere realmente passato, dunque l'infinito deve avere attimi uguali o simili a distanza finita tra di loro, la cui serie è infinita, ma composta da un numero finito di elementi che sempre si ripetono. Per questo dicevo che la vita è affermazione di valori, nel senso che essa è trionfante sul tempo, emerge dall'infinito contro ogni logica e ogni pronostico, anche senza la giustificazione di una religione o di una morale. L'alterativa è dare ragione alle chiese e alle escatologie, vedere il tempo giacente su una banalissima semiretta, il che non renderebbe il fatto che questo tempo contenga eventi un fatto straordinario, meraviglioso, e quindi è la possibilità più brutta, quella che fa nascere per compensazione il desiderio di una morale o di una religione. Io non vedo paranoia nel discorso sull'eterno ritorno, ci vedo molta razionalità e la descrizione di una possibilità.