Citazione di: davintro il 27 Ottobre 2016, 18:35:14 PM
Green demetr scrive
"Per me la trascendenza non può venire dal "DAS DING" alias l'oggetto prima che si dia alla percezione.
La tua teoria della sintesi passiva husserliana oggi va molto di moda.
Di certo concordiamo fortemente sul carattere di sintesi, ci discostiamo su quale sia il ruolo del percetto, passivo come nella tua teoria, o attivo come nella teoria classica dell'idealismo da Kant in poi.
Per noi metafisici essendo la trascendenza Dio (un Dio inconoscibile sia chiaro) la sintesi non potrà essere che epifania dello svolgimento del mondo storico reale. (Hegel)
In Husserl o in te sembra quasi ribaltato il procedimento per cui è lo scontro dialettico col reale, a determinare il valore della sintesi, e non quello esperenziale.
E per cui appunto l'esperenziale è questo scontro cieco con la Natura in fin dei conti.("
In realtà, nella "mia posizione" la percezione non è un vissuto passivo, ma attivo. Anzi, proprio il carattere attivo, o meglio intenzionale, della percezione, rende possibile il discorso realista sull'autonomia degli oggetti percepiti rispetto all'Io percepiente, anche se capisco che messo così il discorso può apparire paradossale. L'autonomia è costituita dalla capacità degli oggetti di comunicare stimoli all'Io, che si trova costretto, come nel mio esempio del signore che corregge la sua percezione sulla persona davanti a lui coi capelli lunghi, a modificare gli schemi associativi che regolano le sintesi percettive. Ma perchè ci siano modifiche occorre che ci sia qualcosa che subisce tale modifica, nello specifico, la "presunzione" da parte della percezione della corrispondenza tra il proprio contenuto fenomenico e la realtà oggettiva trascendente. Cioè, non ci sarebbe alcuna necessità di modificare i nostri schemi associativi che la percezione utilizza se quest'ultima si limitasse a registrare passivamente ciò che la sensazione comunica. Al contrario la modifica degli schemi diviene necessaria nel momento in cui quegli schemi si sono rivelati inefficaci al fine dell'apprensione della realtà oggettiva, e tale rivelazione si riferisce al tentativo del soggetto percepiente di operare una sintesi anticipativa, di unire sinteticamente il lato dell'oggetto che cade attualmente sotto i nostri occhi, con i lati dell'oggetto nascosti, come il volto di una persona di cui per ora vediamo di spalle, ma che nel futuro, modificando la posizione spaziale del nostro corpo nei confronti dell'oggetto percepito o dell'oggetto percepito stesso, diverebbero contenuti percettivi attuali. Io riconosco che gli schemi associativi erano inadeguati perchè essi hanno portato a elaborare delle anticipazioni sulla forma complessiva e unitaria dell'oggetto che i nuovi dati sensitivi hanno mostrato come inadeguati. Se invece la percezione fosse passività, mera risultante o sommatoria passiva dell'accumulo di sensazioni provenienti dall'esterno che entrano in contatto con la nostra soggettività, allora essa dovrebbe limitarsi ad un'espansione quantitativa, qualcosa che s'ingrandisce quanto più le sensazioni presentano nuovi dati, mentre resterebbe inspiegata la necessità, che invece riconosciamo come costante e concreta, di una riformulazione qualitativa dei nostri schemi associativi ed aspettative sulla realtà fenomenica. Noi modifichiamo le nostre aspettative perchè queste aspettative le abbiamo, le abbiamo perchè la percezione non si limita ad apprendere il lato dell'oggetto che abbiamo sotto gli occhi, ma lo trascende elaborando la visione dell'oggetto nella sua interezza, comprendente anche i lati per ora nascosti, e questa tensione verso il trascendimento del "qui e ora" è un'attiva presa si posizione del soggetto sulla realtà, cioè ciò che va inteso come "intenzionalità".
Dunque la percezione è attività intenzionale, ma proprio perchè tale, cioè rivolta a dare un senso oggettivo all'esperienza del reale non può essere arbitrarietà, ma motivazionalità regolata dalla passività delle sensazioni che l'oggetto ci comunica. Ragion per cui, trovo fuori luogo le posizioni di tutti coloro che hanno visto la dottrina husserliana fenomenologica della coscienza intenzionale come il ritorno a un idealismo soggettivo, invece penso che sia un realismo critico la posizione gnoseologia più coerente con tale dottrina, almeno per quello che mi è sembrato di comprendere della fenomenologia husserliana
A mio parere fai il solito errore su cosa sia l'idealismo, che non è una posizione rappresentazionalista monista, ma piuttosto una RIVELAZIONE STORICA.
Infatti la posizione critica gnoseologica dell'intenzionalità, è identica, e concordiamo totalmente.
Non concordiamo, o io non concordo su Husserl (visto che in realtà mi sembri anche tu d'accordo sul carattere positivo della sintesi), sul carattere passivo della sintesi. Per Husserl l'oggetto chiede di essere visto in un determinto delta di tempo. Questa mossa, insensata a mio parere, serve al filosofo proprio per evitare una forma trascendente, in cui anche l'io si formi in quanto "proiezione divina", e dunque per stare in una dimensione totalmente anti-metafisica, di sospensione del mondo.
Questo trascendentismo idealista probabilmente viene scambiato come solispsimo percettivo, quando invece è il contrario.
Il trascendente viene dato come epifania proprio nel suo scontro con il reale. Quindi tra Noumeno (cosa in sè) e Dio si situerebbe l'uomo, con la sua intenzionalità attiva.
Per Husserl non esistendo alcun Dio fra L'uomo e il noumeno si porrebbe una dimensione (non so quanto critica, a me pare ugualmente metafisica) intenzionale ribaltata, come se fosse l'oggetto a volersi far conoscere, e non come se l'uomo volesse conoscersi tramite la negazione storica delle sue intezioni.(ma allora dico io è come se fosse l'oggetto DIO. non so se mi spiego).
Ora io non so se questo sia anche il tuo caso, non riesco a desumerlo dalla tua posizione, che mi sembre "semplicemente" quella di salvare il reale in maniera critica. Se la limitiamo solo a quello, senza aprire appunto il problema del trascendente o metafisico che sia, siamo in totale accordo.

Rispondi a questa domanda: esiste qualche proprietà che è indipendente da ogni punto di vista?
