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Messaggi - Kobayashi

#31
Io non ho detto che la verità non esiste, ma che la nozione di verità è sempre quella di corrispondenza tra realtà e immagine mentale, per cui di fronte all'immagine di Dio non si pone la questione della sua verità (la verità della sua esistenza e della sua natura), la quale non può essere ne dimostrata ne negata.
Non esiste la mia verità. La verità o è universale o non lo è. Esiste la mia visione del mondo, la mia interpretazione della vita, etc.
Che poi questa interpretazione sia presa pari pari da un racconto religioso, o piuttosto reinventata, o alterata, riguarda il motivo per cui ho deciso di iniziare quel cammino spirituale (di cui si chiedeva: porterà a Dio?).
All'apologia cattolica preferisco la mia intuizione. Ora è così, in questi mesi è così. Sarà sempre così? Probabilmente no. Quindi non si tratta di verità, ma di posizione, di interpretazione.

Voi apologisti cattolici, con i vostri giochetti di parole, con la vostra furbizia gesuitica...
#32
La verità non c'entra niente perché la verità riguarda la corrispondenza tra ciò che penso e la realtà. Poiché Dio non è nella realtà, non è sperimentabile, non si può dire che sia vero.
Ascoltare l'intuizione significa poter costruire meglio immagini interiori finalizzate ai bisogni di cui ho parlato sopra, bisogni prettamente personali.
#33
Le diverse strade (spirituali, religiose) non possono portare a Dio, nessuna di esse porta a Dio. Queste strade raccontano un miscuglio di mitologia, precetti morali, racconti di vicende interiori di profeti o santi.
Tutto questo materiale serve soltanto a capire che se si vuole arrivare a Dio bisogna costruirsi tramite immaginazione e riflessione interiore una figura di Dio che serva allo scopo.
Ma qual'è lo scopo? Perché dovrei cercare Dio? Perché questo mondo è assurdo, falso, perché le nostre vite sono sempre lì a un passo dalla catastrofe, e sembrano essere il risultato di una beffa dopo l'altra, e questo non lo posso accettare, per cui devo per forza esprimere questa necessità in modo più concreto della sola sensazione disperata di "qualcos'altro"? Per non impazzire, per non sprofondare nella melanconia più devastante, o per non diventare una specie di ottuso animale sociale soddisfatto delle sue bistecche del week end e delle sue conversazioni sul campionato di calcio e le vacanze di quest'anno...
Si capisce che già qui la vicenda diventa prettamente personale.
Ed è inutile confondere le acque con il termine "verità". Pure con il termine, già riduttivo, "la mia verità".
Qui la verità non c'entra niente. Qui si stratta di orientarsi nel proprio spazio interiore. Un orientarsi che è insieme un costruire.
Tutta la religione può essere così interpretata come la disciplina necessaria a questo lavoro. Ma solo se dimostra di essere efficace. Se è soffocante, va rigettata senza indugi.
Come spesso accade bisogna scegliere se dare ascolto alla propria intuizione o preferire la logica esterna del racconto religioso.
#34
Tematiche Spirituali / Re: Come rispondereste?
20 Maggio 2023, 11:22:56 AM
La malattia dominante del nostro tempo è, secondo me, per quanto sembri una banalità irrilevante rispetto al "macello" generale, l'incapacità di accettare ed elaborare le critiche, interpretandole invece come un attacco totale alla propria persona.
Da qui le reazioni smisurate, la chiusura immediata della comunicazione, la cancellazione della possibilità stessa di accesso alla propria persona.
Dunque per migliorare il mondo bisogna mettere a punto un serio programma di allenamento alla dialettica. A furia di elaborare ragionamenti complessi forse le menti ingenue, prima perse nella cura della propria immagine, saranno così assorbite dal fascino del gioco dell'universale che si dimenticheranno di avere un ego da difendere ad ogni costo.
Il che significa finalmente poter andare al punto, potersi concentrare sul problema in questione, anziché perdersi, come di solito succede, sulla questione della legittimità della critica ("ma tu chi sei che per farmi questa osservazione!"), che nasce dal pensare che ogni interazione umana sia regolamentata dal potere.
E così un qualsiasi gruppo di lavoro privo di una gerarchia ufficiale non è in grado di fare un passo avanti nella sua evoluzione perché volendo evitare questi vissuti traumatici di attacchi alla persona preferisce stabilizzarsi su una cultura priva di critica.
#35
Attualità / Re: Guerra in Ucraina III
15 Maggio 2023, 16:30:47 PM
Citazione di: InVerno il 14 Maggio 2023, 14:16:10 PME' notizia tra l'altro recente che la SVIZZERA fornirà alcuni dei suoi armamenti a paesi NATO per permettere agli stessi di inviare i propri in Ucraina, un percorso piuttosto tortuoso ma a conti fatti si potrebbe riassumere che la SVIZZERA (mica la NATO) manderà carri all'Ucraina. Se non si capisce l'importanza storica di un tale evento e si gioca a fare le anime belle in piazza è perchè non si è capita l'importanza geopolitica di questo conflitto che ha costretto persino la SVIZZERA (continuo a usare il caps, perchè non so se rende l'idea) a intervenire dopo duecento anni, l'ultima volta permise passaggio contro Napoleone. I vari Ovadia, Santoro, Travaglio, più neutrali della Svizzera, dovrebbero riflettere su questo, e con un pò di umiltà ragionare se magari si sono persi qualche pezzo e ci hanno capito poco. Il 7maggio 1995 il parlamento Svizzero riunito ha chiesto scusa per i danni che la loro "neutralità" ha permesso durante la seconda guerra mondiale ammettendo che fu un errore che aiutò i nazisti a perpretrare il proprio piano e permise a i propri residenti di arricchirsi a scapito delle persone bruciate nei lagher. Quando sento i "neutralisti" italiani che antempongono ragioni economiche al conflitto, mi sembra che di tutte le qualità degli svizzeri, cercano di scimmiottare le peggiori.
Molto semplicemente la Svizzera sta giocando una partita complessa: da una parte le pressioni di Usa e Nato, dall'altra lo sforzo per riuscire a continuare a garantire la sicurezza dei depositi bancari di russi o comunque di soggetti non allineati con gli anglossasoni.
Dare qualche fucile all'Ucraina e intanto lasciare che l'operazione di confisca dei fondi degli oligarchi per la ricostruzione dell'Ucraina non faccia grandi passi avanti potrebbe essere un ottimo compromesso.
C'è in gioco l'immagine di stato sicuro dove depositare le proprie ricchezze. Non è un problema attinente "solo" i 200 miliardi di euro dei russi depositati nel sistema bancario della Confederazione elvetica, ma qualcosa che riguarda il futuro del paese.

Interpretare questa vicenda invece come il risultato della scelta di schierarsi dalla parte giusta non so se sia più frutto di ingenuità o di malafede.
#36
@ Claudia K
Direi che si guarisce quando il sintomo scompare, non quando si riesce a convivere con esso.
Per cui fino a quando "sento le voci" sono malato, ma abbandonarsi ad esse oppure no può essere una scelta che spesso ha a che fare, per quanto assurdo possa sembrare, con il piacere (tant'è che dopo il delirio, quando si inizia a fare ritorno alla realtà, si vive una tristezza immensa, terribile).

Nash aveva tutti i sintomi della schizofrenia paranoide, la diagnosi era corretta, ed è stato per decenni un fantasma. Poi è iniziata la risalita. E nel recupero, da quello che si legge nella sua più nota biografia, ha giocato un ruolo la sua decisione di non credere più a quei messaggi deliranti. 
#37
Di fatto molte persone che soffrono di schizofrenia a un certo punto imparano a convivere con le proprie allucinazioni, non prendendole più sul serio, potendo iniziare così una vita quasi normale.
Esempio: John Forbes Nash, matematico geniale.
#38
@ bobmax
Non credo che la consapevolezza del male (delle conseguenze distruttive di una propria azione) possa essere considerata come un desiderio vero e proprio di bene.

@ Claudia K.
Naturalmente mi riferivo a persone capaci di intendere e volere.
Il nevrotico compulsivo si abbandona ai suoi rituali perché sa che essi, per quanto stupidi e vergognosi, non danneggiano nessuno. Se il rituale fosse invece quello, prima di uscire di casa, di incatenare la madre anziana al letto, probabilmente cambierebbe rituale o cercherebbe di trattenersi. Se dovesse invece abbandonarsi ad esso il giudizio non dovrebbe essere "sì ha sbagliato però è malato", ma quello che riguarderebbe qualsiasi altra persona: "ha commesso un atto malvagio e pagherà con il carcere".
#39
Da un punto di vista epistemologico la tesi di Socrate78 è inattaccabile.
Noi non siamo qualificati dal nostro desiderio, non siamo responsabili di esso.
Ma per quanto esso sia potente possiamo sempre decidere se assecondarlo oppure no.
La nostra storia affettiva può in alcuni casi spiegare la natura di questo desiderio. Ma la scelta di passare all'atto rimane libera.
Un'infanzia devastante può spiegare l'odio, non la scelta di liberare questo odio in omicidi seriali.
#40
Citazione di: Jacopus il 06 Maggio 2023, 15:05:00 PMClaudia. Visto che l'hai tirato in ballo ti racconto la storia di Donato Bilancia, che in realtà ho già raccontato in qualche precedente discussione, ma magari ti sarà sfuggita. Nel corso del processo per 17 omicidi, Donato Bilancia ha avuto come Consulente Tecnico d'Ufficio, lo psichiatra V. Andreoli, con il quale poi ha scambiato per molti anni una relazione epistolare, autorizzandolo anche a scrivere la sua storia, che è quindi di dominio pubblico.
il libro si intitola "il lato oscuro", di Rizzoli, quindi credo anche facilmente reperibile. In sostanza Donato Bilancia ha avuto un padre/padrone che trattava la moglie come una bestia da soma. Ipergeloso inutilmente e manesco. Entrambi i genitori inoltre si prodigarono ad umiliare Donato Bilancia. Ad esempio la madre stendeva le sue lenzuola per dimostrare che soffriva di enuresi notturna e il padre per canzonarlo gli scoprì le mutandine per mostrare alle sue cuginette quanto ce l'aveva piccolo. Per corroborare la situazione di estremo disagio di questa famiglia, basti anche ricordare che il fratello di Donato Bilancia, prima che Bilancia commettesse gli omicidi si suicidò sotto un treno, portandosi appresso il figlio di pochi anni. Altro aspetto non trascurabile, il fatto che la famiglia Bilancia si trasferì per lavoro dalla Basilicata alla Liguria, con tutte le problematiche delle migrazioni, che ovunque, se non supportate da serie politiche di integrazione, hanno una incidenza di rilievo rispetto alle azioni violente e alla "cattiveria".
Nonostante questo, Bilancia è stato considerato da Andreoli capace di intendere e di volere, ma nel libro si legge la profonda comprensione di Andreoli verso questa come verso le altre vicende raccontate.
In sintesi, non si tratta di deresponsabilizzazione ma di capire che siamo tutti connessi e interdipendenti e nello stesso tempo separati e autonomi. La psicologia (probabilmente non quella pop) questo lo dice da sempre. Probabilmente attorno agli anni '60 si è data più importanza alla società e ciò ha determinato una inclinazione verso la responsabilità sociale, ma ora mi sembra che le due componenti siano piuttosto equilibrate, anzi forse ora vi è più (nuovamente) un riconoscimento della responsabilità personale piuttosto che quella della società. In ogni caso, ripeto, l'eziogenesi delle azioni "cattive" non può essere rinviata alla sola personalità del soggetto "cattivo". Torneremmo indietro nella storia della psicologia e della sociologia al Medioevo.
Ma la storia familiare di Bilancia spiega solo il suo dolore, le sue difficoltà esistenziali, non la scelta di uccidere.
Non c'è nessun nesso causale tra abusi e omicidio.
È la società che dopo, a posteriori, cerca le presunti ragioni del male.
Perché la nostra cultura, essendosi bloccata di fronte al tema della libertà, si è alla fine decisa per un determinismo elementare.
#41
Noi facciamo ogni cosa in base ad un'affinità estetica, cioè ad un'affinità che passa attraverso i sensi.
Per esempio le mie fasi spirituali sono generate e alimentate dall'attrazione verso i luoghi di culto, verso ambienti pensati per essere uno spazio fuori dal mondo. Per un'umanità minore, essenziale, ascetica.
Le idee stesse che sostengono sul piano teorico quello spazio "protetto", al di là del loro significato puramente concettuale, rimandano a ricordi, sensazioni, suggestioni dell'infanzia.
Nulla si fa che non sia sentito come bello. Non ci si innamora per un giudizio.
La carità non fa eccezione. In essa vedo il gusto di rovesciare la normalità basata sul proprio profitto. Che cosa ci guadagno? Niente, e proprio per questo voglio consumarmi nell'assurdità di un dono verso un'umanità per lo più insulsa.
L'interazione tra gli esseri umani, necessaria per sopravvivere, è quasi sempre insulsa. Questo bisogna alla fine accettarlo. Bisogna partire dal riconoscimento di questa verità antropologica. E andare avanti in un rovesciamento progressivo dei luoghi comuni della civiltà.
La religione, i suoi racconti, fanno parte della storia insulsa degli uomini. Ma essa, la religione, può essere sottratta a questo destino di idiozie fideistiche proprio sul versante della distruzione della razionalità dei rapporti sociali tramite una santità stravagante che alla fine, quasi sempre, riconduce alla solitudine dei boschi, delle grotte, degli eremi medievali.
Bruciare il moralistico altruismo in un dono eccedente fino all'assurdo, e tornare poi alla propria verità nell'isolamento, nel silenzio, nella preghiera come poesia di un mondo perduto.
#42
Definendo la libertà come la possibilità per il soggetto di realizzare qualcosa che sia differente rispetto all'identità collettività (che conserva e trasmette i rapporti di potere attuali) si capisce che il punto della questione proposta dal topic non è l'arbitrarietà eccessiva o meno delle condotte degli individui, ma il problema di come costruire una propria cultura capace di tradursi in una prassi portatrice di cose nuove, dal momento che la cultura, il linguaggio e le strutture della società plasmano il soggetto stesso (non completamente però, altrimenti non saremmo appunto qui a parlarne).
Questa costruzione di una cultura propria, di un individualismo ricco di potenzialità rivoluzionarie, per me è l'esercizio della filosofia.
Anche nella Grecia antica, accanto all'interminabile discussione sul Politico, troviamo discorsi che spingono nella direzione di un lavoro interiore, come protezione dall'assoggettamento delle forze mondane, e, in positivo, come unica via della conoscenza di se' da cui poi costruire condotte individuali autentiche (cioè, per quanto è possibile, attinenti la propria soggettività, o comunque scelte autonomamente, non introiettate in modo meccanico).
#43
Tematiche Filosofiche / Re: Credere nella Scienza
04 Marzo 2023, 10:44:20 AM
@ Jacopus
Anche le mie sono semplici riflessioni ad alta voce, nulla su cui io sia sicuro...

Il problema sta forse nel pensare che scienza, religione monoteista, politica, possano essere strumenti di liberazione dell'uomo.
Si potrebbe allora "decidere" che questa è la grande illusione della civiltà occidentale.
E che la libertà dell'uomo è uno spazio che il singolo soggetto può costruire e difendere con enorme fatica innanzitutto con la consapevolezza dell'ineluttabilità dell'effetto di queste potenze sulla propria soggettività. Attraverso cui, paradossalmente, proprio nel riconoscimento di tale necessità può prendere il via il cammino di un ritorno a se, a un se almeno parzialmente libero.
Questo lavoro di critica sulle potenze esterne e di interiorizzazione lo si potrebbe intendere come il vero compito della filosofia.
#44
Essere cattolici, e non solo cristiani, significa riconoscere l'autorità della Chiesa cattolica.
Riconoscere che la propria religiosità sia determinata da due fonti: Bibbia e Tradizione.
Ma la tradizione della Chiesa cattolica è essenzialmente la storia della teologia, ovvero l'interpretazione dei testi sacri, interpretazione che pur essendo sempre in movimento cerca di attestarsi in forme stabili, nelle costituzioni dogmatiche. Anche solo a distanza di 90 anni (quella tra il Vaticano I e il Vaticano II)  si possono verificare degli slittamenti esegetici che possono avere, nella vita spirituale del singolo devoto, effetti significativi.
Ma ecco il punto: chi conosce realmente queste cose?
Quasi nessuno. Di fatto intorno al cattolicesimo si vive di luoghi comuni che possiamo definire come elementi di religiosità popolare, sia da parte di chi pratica per abitudine familiare, sia da parte di chi lo combatte.
Si può dire che il cattolicesimo continua a rimane paradossalmente una religione sconosciuta.

Un esempio. Daniele22 nel suo intervento fa riferimento all'insegnamento evangelico dell'amore del prossimo. Sappiamo tuttavia che tale precetto non è un'esclusiva cristiana, è presente in varie forme in molte culture.
La ricerca storica su Gesù, un lavoro imponente iniziato un paio di secoli fa, attualmente mette in evidenza alcune "certezze" sulla persona di Gesù (dati considerati dalla teologia come storicamente attendibili, scientifici), e tra queste poche certezze ce n'è una particolare, paradossale, ovvero il precetto dell'amore verso i propri nemici. L'amore del nemico si ritiene venga dall'insegnamento originario di Gesù. È, diciamo, una cosa sua.
E se ci si riflette un po' si capisce che un insegnamento del genere, per avere senso, per non essere solo un esercizio etico radicale, deve per forza venire da un vissuto spirituale talmente potente e spiazzante che il solo pensiero da le vertigini. Per vivere un amore del genere è necessario essere andati al di là di quasi tutto. È questo ciò su cui si dovrebbe meditare. Non tanto se io, in quanto aspirante discepolo, sarei in grado o meno di amare il mio nemico, ma da quale esperienza interiore può mai venire qualcosa del genere.

Dove sarebbe quindi la convenienza della religione cattolica? Una religione che ti costringe prima a studiare poi a fare i conti con il mistero di un'interiorità vastissima e sfuggente e in fondo insondabile che nemmeno le sgangherate omelie di tanti preti mediocri riescono a soffocare.
#45
Tematiche Spirituali / Re: Io e Dio
17 Febbraio 2023, 17:34:08 PM
Dunque, negli ultimi interventi leggo che:
- Dio è un gatto che si mangia la coda
- Io e Dio siamo come culo e camicia
- al simbolo e al diavolo preferisco la dialettica che dall'uno va all'altro (che è come dire che rimango a metà strada perché il simbolo rimanda all'unità, il divisore la spezza l'unità, quindi la preferenza è quella a non concludere nulla? che cacchio vorrebbe dire?).

Mah..., non capisco più il senso di questa roba.
Buona continuazione.