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Messaggi - Phil

#31
Non sono sicuro di aver capito dove vuoi arrivare (o forse da dove parti), ma credo (uso l'esempio) che sia importante per Spotify avere "in magazzino" molti mp3 (accumulo), o almeno proporzionali alle richieste del mercato, proprio come Barilla deve fare con il grano. Intendi mettere l'accento sul fatto che gli mp3 non si esauriscono, ossia lo stesso mp3 posso venderlo infinite volte? Questa riproducibilità è proprio il motivo, come accennavo, per cui il mercato dei beni digitali (non primari) potrebbe andare in crisi (non lo è al momento, mi sembra): dopo aver comprato l'mp3 posso riprodurlo e rivenderlo a mia volta, mentre dopo aver comprato il pane, da quel pane non posso riprodurne altro, quindi sono costretto a tornare al forno. E qui emerge il ruolo dei bisogni primari a cui mi riferivo sopra: il cibo, il tetto, i vestiti, etc. non sono riproducibili a partire dal possesso del singolo esemplare, quindi alimentano un mercato che non può conoscere crisi o "sabotaggio casalingo" (certo, dopo il Covid abbiamo tutti imparato a fare il pane in casa e magari andiamo meno dal fornaio, ma la farina non si moltiplica con il "copia e incolla").
Netflix e Spotify hanno successo perché accumulano dati (come la formica), così come molti di noi desiderano accumulare mp3 e film da rivedere; in questo senso credo che la morale della favola "regga" anche nei nostri giorni digitali.
#32
Considerazioni veloci, per non distogliere troppo il discorso da Nietzsche, ma parlando come chi ha il vantaggio di vivere dopo il novecento e dopo i suoi eredi con "martello e cazzuola" (e mi stupisco sempre un po' quando qualcuno si ferma per incanto a Nietzsche):
Citazione di: Kob il 02 Ottobre 2025, 08:01:36 AMMa dal punto di vista epistemologico non c'è differenza rispetto a dottrine quali il neoplatonismo.
Se mi ingegno per trovare e definire questa differenza vuol dire che sto lavorando (inconsciamente o meno) in funzione di un'utilità per la mia vita (cioè per qualche ragione ritengo sia più utile il materialismo).
La differenza epistemologica c'è, e dovrebbe esserci soprattutto per un filosofo; non perché sia inevitabile fare preferenze personali da un lato o dall'altro, ma perché se non c'è differenza epistemologica (quindi non di "affinità individuale") fra i due, significa che sono teoreticamente "paralleli"; mentre è fattuale che non lo siano per le conseguenze pratiche, oltre che teoriche, che ne derivano. Se appiattiamo ogni filosofia ad un generico «è pur sempre utile alla vita di qualcuno, proprio come le altre filosofie», smettiamo di fare epistemologia e tutto si banalizza in «ognuno ha le sue utili opinioni» (e tutte le vacche sono nere, come diceva qualcuno).
Citazione di: Kob il 02 Ottobre 2025, 07:04:41 AMquanto riusciremo ad essere creatori di nuovi valori, di nuove prospettive, essendo consapevoli dell'origine spuria di questa stessa attività?
Da questa "monocromia filosofica" e dall'apparente stallo della critica che critica se stessa (e quindi rischia di andare in crisi), si esce semplicemente rispondendo alle istanze pulsanti della vita con un pragmatismo relativista (che non è "realismo qualunquista"), ossia considerando le esigenze della vita reale, individuale e sociale, alla luce di valori non assoluti, ma relativi al proprio tempo (come in fondo accade da sempre, direbbe Nietzsche). Con la conseguenza che la fantomatica verità, proprio in quanto contestualizzata (re-lata), ha un valore per l'individuo differente dalle non-verità, anch'esse contestualizzate; in quest'ottica semplicemente non c'è terreno fertile per una metafisica che imponga verità assolute (meta-temporali), ed è un'ottica in cui Dio può anche morire, quando è venuto il suo tempo.
In un certo senso è proprio la "forma di vita" della società che comporta la creazione dinamica di nuovi valori, nuove letture del mondo, etc. dopo il novecento è possibile partecipare a (non solo osservare) tale creazione, e le prassi che ne derivano, con maggior disincanto rispetto a velleità metafisiche e metastoriche (i vari assoluti).
Forse la gaia scienza può anche essere intesa come lo "stare al gioco" della relatività dei valori che si addensano nelle vicende umane, in cui le regole (scienza) sono essenziali e discriminanti (una non vale l'altra), ma sono asservite (utilità) al gioco (gaiezza) che anima l'applicazione di tali regole; animazione così preponderante al punto da cambiare le stesse regole durante la partita.

P.s.
En passant: l'unica verità di cui non possiamo fare a meno, per fare discorsi sensati, è quella meramente logica: se affermo «la verità metafisica non esiste», devo anzitutto presupporre la verità logica come possibilità di sensatezza di questa affermazione (ogni affermazione è in quanto tale affermazione di verità logica); che poi sia anche una verità teoretica, empirica o altro è solo un secondo passo.
#33
La questione, posta come la riporti nei termini di Fermi, mi pare piuttosto oziosa e anche tendenzialmente antropocentrica; non è una critica a te ovviamente, anzi grazie per lo spunto. L'universo, nella sua vastità, potrebbe essere stracolmo di forme di vita intelligenti come noi, tutte che se ne stanno nel loro pianeta, o al massimo sconfinano "qualche pianeta più in là", chiedendosi: «dove sono tutti gli altri? Siamo davvero soli?».
Poi bisognerebbe considerare che per «intelligenza» noi terrestri abbiamo una nostra idea, mentre in altri pianeti non è affatto detto che ci siano forme di vita comprensibili o categorizzabili con i nostri paradigmi (intelligenza, vita/morte, etc.), quindi la questione di altre forme di "vita intelligente", è un po' viziata già in partenza.
Non è nemmeno detto che le altre forme di "vita" (qualunque cosa si intenda con ciò in altri pianeti e per altre "razze aliene") abbiano voglia o modo di farsi vive da noi; magari noi siamo i più evoluti (quindi gli altri non fanno ancora viaggi spaziali); magari siamo i meno evoluti ma i più lontani da raggiungere; magari ci stanno guardando da secoli con le loro tecnologie come noi guardiamo con il cannocchiale i volatili sui laghi, e non hanno alcuna voglia/interesse/motivo di venire qui;  magari... e così via.
In fondo se consideriamo quanti millenni ha impiegato l'uomo per setacciare ogni angolo della Terra per rispondere alle domande «Dove sono tutti? E quanti siamo?», se allarghiamo la prospettiva allo spazio e a tutti i possibili pianeti, il fatto che nessuno ci abbia visitato scendendo dall'astronave non deve stupire troppo. Magari la nostra galassia è solo come l'isola di North Sentinel: circondata inconsapevolmente da popolazioni e culture, molto più popolose e molto più evolute che, semplicemente, la lasciano stare.
#34
Citazione di: fabriba il 30 Settembre 2025, 17:14:51 PMLa formica previdente è un esempio di virtù rispetto alla cicala che invece non mette nulla da parte per l'inverno.
[...]
Che ne facciamo della morale della favola?
A suo modo, accumulare resta una "virtù" pragmatica, come sempre poco coniugabile con l'altruismo, il dono e la filantropia (o filentomonia per restare nella favola); virtù che "non concede pasti gratis" a chi non se li guadagna e quindi rende virtuoso chi invece si adopera e si affatica per guadagnarseli (rimane altrettanto virtuoso nel non condividerli con chi, anche fosse per ingenuità sua, ne avrebbe bisogno? Offtopic!). Questa morale della favola mi sembra sia in un certo modo "eterna", nel senso che almeno i bisogni primari saranno sempre legati ad oggetti accumulabili (cibo, "mattoni", vestiti, etc.) anche se ottenuti con guadagni da "attività simboliche" (o servizi) e non acquisizione diretta (raccolta o costruzione).
La favola propone in fondo un'elogio della quantità che è replicabile anche con i dati, essendo anch'essi comunque quantificabili. Provo a seguirti per punti:
Citazione di: fabriba il 30 Settembre 2025, 17:14:51 PM
  • non si prestano naturalmente a strategie di accumulo,
Siamo nell'epoca dei big data; il marketing, gli studi di settore e persino le AI si basano sull'opulenza delle banche dati.
Citazione di: fabriba il 30 Settembre 2025, 17:14:51 PM
  • possono essere duplicati a costo (quasi) zero,
Ci sono pur sempre strumenti per tutelare un dato originale (v. blockchain applicata a NFT, valute digitali, etc.), così come i dati riproducibili possono comunque essere tutelati da accessi filtrati (v. riviste online a pagamento, etc.). I dati facilmente duplicabili (quindi di scarso valore) sono quelli di pubblico dominio, come ciò che viene postato sui social o altre risorse online, ma anche quelli che alimentano le violazioni di copyright (musica, film, etc.) con il risultato che avere un film o un disco "vale poco" se è facilmente reperibile e replicabile (comunque pare che l'industria cinematografica e musicale siano ancora in piedi e stiano cercando di adattarsi ai nuovi tipi di fruizione online).
Citazione di: fabriba il 30 Settembre 2025, 17:14:51 PM
  • richiedono di sovrastrutture costose per determinarne e proteggerne la proprietà,
Qui emerge come l'economia dell'immateriale si basi sempre sull'economia del materiale: senza infrastrutture e risorse fisiche, tutto il virtuale e l'online ci sparisce fra le dita.
Citazione di: fabriba il 30 Settembre 2025, 17:14:51 PM
  • si prestano male alla compravendita,
Qualche data broker potrebbe non essere d'accordo...
Citazione di: fabriba il 30 Settembre 2025, 17:14:51 PM
  • non necessitano di intermediari per lo scambio
Direi che c'è sempre un'intermediazione imprescindibile, sia essa di strumenti (dispositivi, infrastrutture, etc.) o sia essa di persone (dietro ad ogni sito c'è almeno una persona, così come dietro ad ogni link o file che ci viene suggerito o che condividiamo, etc.).
#35
Cosa intendi con «da parte vostra»? Puoi darmi del tu, non formalizziamoci. E dov'è il «coinvolgimento emotivo» nel citare i testi e sintetizzarne le citazioni?
Sostieni quindi l'ipotesi che Dio abbia chiesto di fare qualcosa che Abramo non ha capito (o frainteso) e quindi l'angelo l'ha fermato in tempo? Ad esempio Dio non avrebbe detto, come dice la Bibbia, «offrimi tuo figlio in olocausto» o «sacrifica tuo figlio», ma avrebbe invitato Abramo ad andare sul monte a "fare x" con Isacco, invece il povero Abramo aveva capito di doverlo uccidere?
Quindi quello sarebbe il racconto di una sfiorata tragedia a causa di un problema di comunicazione fra Dio e Abramo. Infine Dio, valutando la cieca fedeltà di Abramo (oltre l'incomprensione) afferma «non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, io ti benedirò con ogni benedizione». Dunque quel «non mi hai rifiutato tuo figlio» è da intendere come «lo avresti persino ucciso per me», giusto?
Questo intendi con «restare all'autentico testo biblico»?
#36
Citazione di: PhyroSphera il 30 Settembre 2025, 14:05:32 PMsacrificare non contiene alcun riferimento ad uccisioni, purtroppo però è diffusa una accanita associazione indèbita che si basa su storiografie ridotte che s'illude di un legame necessario, nel passato o certe volte anche nel presente e futuro, tra il far sacro e il far morire. Si tratta di una palese assurdità.
Nel testo Biblico non esiste il Dio che diceva ad Abramo di uccidere il figlio Isacco.
Sui testi che ho trovato e citato in precedenza, è scritto «offrire in olocausto» riferito ad Isacco, non «sacrificare». Comunque credo che questi successivi passi fughino ogni virtuosismo interpretativo: «[Abramo] spaccò la legna per l'olocausto» (versetto 3), «Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio.»(versetto 10), «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli male!»(versetto 12), «Abramo andò, prese il montone e l'offerse in olocausto invece di suo figlio.»(versetto 13). Lo stesso Isacco chiede «Ecco il fuoco e la legna; ma dov'è l'agnello per l'olocausto?» (versetto 7).
Qualunque cosa abbia chiesto Dio (in prima persona) ad Abramo, richiedeva della legna e un coltello per immolare qualcuno, il far male al ragazzo e poteva essere fatto anche su un ariete.
#37
Citazione di: iano il 29 Settembre 2025, 19:52:55 PMDiscorsi sinceramente troppo complicati [...] la cui complicazione si sgonfia se al posto della verità ci mettiamo la realtà.
[...]
Perchè, come mi pare tu tratteggi nel tuo post, il raggiungimento della verità è la fine di qualcosa che consideriamo vitale.
Tieni presente che nel mio post giocavo a fare l'esegeta di Nietzsche, a partire da un suo aforisma citato da Kob; non stavo esprimendo la mia opinione sulla verità. E proprio questo maldestro gesto ermeneutico è sintomo del mio "disinteresse metodologico" per la verità: mi interessava provare a tirare fuori qualcosa di sensato dal testo di Nietzsche, non spremerlo per distillare una qualche verità (nemmeno quella che afferma «è vero che Nietzsche intendeva dire che...»).
Chiaramente né Nietzsche né il sottoscritto stanno parlando della verità del teorema di Pitagora o di 2+2=4, ma perlopiù di verità in ambito delle scienze umane (come anticipato sopra), ossia verità dei loro discorsi e dei loro contenuti (morali, estetici, sociali, etc.). Per questo «verità» non può essere facilmente sostituita con «realtà», proprio come una interpretazione non può essere facilmente sostituita con una descrizione; altrimenti il provare a costruire un castello di carte con quelle che la citazione di Nietzsche ha messo in tavola, sarebbe sostituibile con il semplice contarle e leggerle ad alta voce.
#38
Citazione di: Kob il 29 Settembre 2025, 09:32:03 AMNel post n.23 io non ho fatto una traduzione ma una sintesi semplificata. Infatti l'ho preceduta dal termine "Sinossi:".
La traduzione dell'edizione Adelphi [...] è la seguente:
Grazie per aver riportato la citazione originale, quelle che avevo trovato al volo online mi avevano incuriosito perché sembravano ribaltare la tua domanda, di cui ora capisco meglio il senso.
La domanda originale, «Fino a che punto la verità sopporta di essere assimilata?», se la leggiamo alla luce di «l'istinto della verità e quegli errori utili alla conservazione dell'esistenza si scontrano nella prima battaglia», potremmo anche intenderla come la constatazione retorica e teoretica (non certo empirica) che l'istinto di verità non può assimilare tutta la verità, perché essa non lo sopporta (la battaglia non è infatti fra la verità e gli errori, ma fra l'istinto-tensione ad essa e i rispettivi utili fallimenti).
Solo finché c'è un'eccedenza di verità (postulata come tale, e qui Nietzsche fa rientrare una certa metafisica "dalla finestra", dopo averla fatta uscire "dalla porta"), verità non ancora assimilata, può esserci desiderio e scienza, intesa come ricerca di verità (nelle scienze umane). Come dire che se la verità sopportasse di essere totalmente assimilata (e non fosse piuttosto questione di interpretazione), allora sarebbe possibile la fine della ricerca della verità, la fine dell'uomo in tensione verso la verità (il ricercatore) e la fine degli errori utili alla conservazione dell'esistenza. Che ne sarebbe quindi dell'esistenza umana, se la verità fosse totalmente assimilabile? Sarebbe concepibile forse un punto di non ritorno, o un pan-demonio (etimologicamente), o forse un punto superabile solo uccidendo la verità (in croce?) per far così ripartire il ciclo degli gli errori utili alla vita, della ricerca, etc.?
Se c'è un "punto" oltre cui la verità non sopporta di essere assimilata, un "punto di sopportazione" oltre cui la verità si rompe e si frammenta (in plurime interpretazioni, dove magari "chiodo schiaccia chiodo") o semplicemente sfugge, si nega, sguscia via (lasciando appunto solo il guscio vuoto come traccia "utile"), tale punto sarebbe quello in cui si anima e si dibatte la ricerca della verità, costellata degli utili errori che impediscono all'istinto di verità di saziarsi definitivamente nelle scienze antiquarie e nelle biblioteche (ma di sfamarsene solo, appunto, fino "a un certo punto").
Probabilmente, per Nietzsche, l'esperimento e il problema che il pensatore affronta, è/sono l'esperienza diretta dell'inadeguatezza del pensiero ad assimilare tutta la verità; oppure, se leggiamo la faccenda in modo altrettanto dissimulatamente metafisico, ma rovesciato, è esperienza della ritrosia della verità a lasciarsi raggiungere ed assimilare dall'istinto conoscitivo umano, quasi fosse una dea pudica che si lascia guardare ma non svelare/toccare.
#39
Attualità / Re: La flottilla
29 Settembre 2025, 15:48:51 PM
Citazione di: fabriba il 27 Settembre 2025, 19:34:50 PMc'è qualcuno che sia d'accordo più o meno col fatto che disumanizzarci a vicenda sia semplcemente stupido?
Domanda molto più indomita di quanto spesso si creda, per alcuni motivi potenzialmente "pacifici" sulla guerra:
- se è pacifico che l'uomo (si) fa la guerra da sempre, perché in un certo senso è naturale e umano che (se) la faccia, allora disumanizzarlo significherebbe... non sto dicendo che la guerra è bella e giusta, ma solo constatando che è tanto tanto umana (almeno al corrente stadio evolutivo; se poi fra mille anni, nessuno la farà più, noi non saremo lì a prenderne atto)
- se è pacifico che uccidere è sbagliato, allora è pacifico che la guerra è sbagliata, ma ciò significa anche che in caso di guerra (v. sopra) tutti sbagliano, e valutare eticamente chi sbaglia di più e chi meno non può essere solo una questione quantitativa di chi uccide di più (oppure può esserlo?)
- se è pacifico che le guerre non nascono mai per caso e c'è la consapevolezza a priori che qualcuno ci morirà, sicuramente e da entrambe le parti, allora riportare l'attenzione sul fatto che uccidere è sbagliato preclude all'"interpretazione etica della guerra" (sempre se prendiamo per buona l'idea che qualcuno sia meno nel torto dell'altro); nel senso che parlare di guerra è essenzialmente parlare di morte; osservare che quei morti sono "sbagliati", ossia non dovrebbero esserci, è un po' come osservare durante un'indondazione che le strade non dovrebbero essere bagnate (sacrosanta verità, ma non spiega, non risolve e non resuscita morti).
Te lo dice uno che costeggia "schiena al muro" le questioni politiche di giusto/sbagliato, «gloria a x-ismo»/«sei solo un y-ista», etc. quindi non pontifica da tifoso (probabilmente come non lo sei tu); tuttavia proprio lo stare fuori dal tifo a volte rende incapaci di capire i discorsi dei tifosi che, dopo molto filtraggio di contenuti e molta ripulitura "stilistica", ho scoperto per esperienza che possono contenere informazioni e riflessioni persino argute e interessanti (probabilmente già lo sapevi, ma volevo ricordarlo; forse più a me che a te).
Comunque va anche detto che non tutti i tifosi sono uguali; una buona cartina al tornasole dell'onestà intellettuale di un tifoso (semmai sia un accostamento pertinente) è ascoltare o leggere come commenta i gol o le parate altrui. Senza aspettarsi ovviamente che non faccia differenza fra un gol incassato e uno realizzato (vedi "morti per giusta causa" vs "morti, meglio così", un morto non vale mai l'altro, le attenuanti per l'uno diventano colpe per l'altro, etc.); altrimenti che tifoso sarebbe?
#40
Tematiche Filosofiche / Re: Immaturità
26 Settembre 2025, 09:58:34 AM
Per capire l'immaturità partirei da ciò che essa nega, ossia la maturità e cercando di definire meglio questa mi ritrovo ad accostarla alla saggezza; se non altro perché una persona saggia difficilmente risulta immatura, mentre una persona matura ha solitamente una sua saggezza. In fondo quando si dice di un bambino o un ragazzo che «è maturo, per avere la sua età», non è forse un modo di dire che è saggio per la sua età?
Spostando la domanda da una parola all'altra, rimane la necessità di definire tale maturità-saggezza: direi che è la conoscenza elevata alla razionalità. Ossia: se hai molte conoscenze ma non le gestisci in modo razionale, difficilmente ti comporterai in modo maturo (perché senza razionalità quelle conoscenze potrebbero portare ad azioni scomposte e caotiche); così come se sei razionale ma non hai conoscenze adeguate, risulterai comunque immaturo in alcuni ambiti (per carenza di conoscenze pertinenti).
Provando a scendere sul pratico con qualche esempio: la "bravata da ragazzaccio" è definita immatura perché manca di razionalità (anche se il ragazzaccio ha buona conoscenza per la sua età e magari ha buoni voti a scuola); il professore in pensione che si trova a gestire le risorse economiche di un circolo culturale potrebbe, pur essendo persona razionale e dotta nel suo campo, farlo in modo estremamente immaturo, se non ha le conoscenze adeguate a gestire entrate, uscite, iniziative, imprevisti, etc.
Se così è, risulta inevitabile risultare immaturi in molte situazioni e contesti della vita e, forse, maturi almeno in qualche caso. Comunque, per fortuna, a volte ce la si cava anche senza alcun bisogno di maturità, grazie a capacità di adattamento, di apprendimento e di improvvisazione e magari anche un po' di buona sorte, che non guasta mai.
#41
Attualità / Re: La flottilla
25 Settembre 2025, 12:26:15 PM
A proposito di comunicazione, importanza dei media, etc. segnalo a chi se lo fosse perso che, per seguire meglio l'epopea della flottiglia, c'è questo sito con il tracciamento di navi ed eventi salienti. Subirà un attacco hacker? Si accettano scommesse.
#42
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Il relativo maschile
25 Settembre 2025, 12:18:07 PM
Citazione di: fabriba il 25 Settembre 2025, 10:42:44 AMVi menziono solo perché ho l'impressione che la conversazione vi stesse interessando prima che io mi mettessi in cattedra a fare lo sceriffo.
Come anticipato, la questione mi interessa, ma perlopiù come comprensione del fenomeno; quindi non è perché mi senta un "fuorilegge braccato dallo sceriffo" che non intervengo più attivamente, ma perché se si va sul piano politico, valoriale, progettuale, etc. del «come dovrebbe andare il mondo secondo me», «questo è giusto, quello meno», etc. onestamente non ho una posizione o ideali così forti da poter dare un contributo, soprattutto sullo scenario europeo o italiano.
Come dire: mi interessa capire soprattutto come funziona l'orologio; se poi si dibatte se vada impostato sul fuso orario di Greenwich o dell'Italia o dell'Isola-che-non-c'è o altro, sono discorsi "più grandi" e aleatori rispetto al funzionamento dell'orologio in sé.
#43
Se per (dis)onestà intellettuale intendiamo il (non) riconoscere la bontà delle argomentazioni altrui e i propri inciampi dialettici, siano nozionistici o logici, non la metterei in stretto rapporto con il narcisismo intellettuale (di cui, "assolvendolo", mi ritrovo probabilmente a risultare sconsolato portabandiera). Se il narcisismo intellettuale è fare un florilegio di citazioni non necessarie (che per qualcuno possono essere comunque un assist interessante) o cercare di confezionare un messaggio ben scritto (che in un forum è un gesto di "etica della comunicazione"), non credo che tale narcisismo sia, in quanto tale, di intralcio ad una eventuale onestà intellettuale. Certo, una citazione può essere uno scudo o un "ad auctoritatem" persino fuori tema, così come tanti infiocchettamenti retorici (come usare la parola «florilegio» o espressioni in latino) possono essere un tentativo di confondere le acque o una tecnica di evitamento (o avvitamento su se stessi); ma non è necessariamente così.

Per favorire un'autoanalisi sull'onestà intellettuale, secondo me si possono provare alcuni espedienti; ad esempio chiedersi quali sono/sarebbero delle buone obiezioni alla propria argomentazione (dopo aver controllato che ce ne sia una...). In pratica ci si schiera fittiziamente "sull'altra sponda" (sì, serve molta elasticità) e si cerca di confutare la propria proposta: se non si trova nemmeno un'obiezione minimamente plausibile o si liquida la faccenda troppo in fretta, potrebbe esserci una latente disonestà. Si potrebbe poi cercare di trovare i punti di forza dell'argomentazione altrui, da non confondere con quelli su cui si è d'accordo: anche in questo caso, se non si trova nessun elemento valido o fondato nel discorso altrui, potrebbe esserci una disonestà di fondo. 
Potremmo diventare poi persino più "masochisti" e metterci con le spalle al muro chiedendoci come reagiremmo a ruoli invertiti, ossia se troveremmo adeguata la nostra risposta/obiezione se fossimo "dall'altra parte" (anche se qui più che elasticità serve "contorsionismo" e molta... onestà, appunto).

In molti casi, l'onestà intellettuale va a braccetto con un certo disagio (e sappiamo che il disagio ha pur sempre una sua funzione di autoconservazione del soggetto, ricerca del comfort, etc.): quello di ammettere i limiti e le carenze della propria posizione e quello di riconoscere che la posizione altrui "ha le sue ragioni" (ovviamente senza appiattire ogni differenza qualitativa e senza svalutare una certa oggettività: il terrapiattismo ha le sue ragioni, ma non ha ragione). Tradurre questo disagio in una serena (per quanto non facile) ammissione di ciò che provoca disagio, nel senso di ammettere anche quegli elementi perturbanti nella conversazione, potrebbe risolvere molti "muro contro muro" e produrre analisi estremamente approfondite e "polifoniche" (ossia la differenza fra un duello e un gioco di squadra).
#44
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Il relativo maschile
20 Settembre 2025, 23:32:45 PM
Citazione di: Jacopus il 20 Settembre 2025, 22:20:49 PMQuesta opzione di tornare nella militanza materiale potrà avvenire solo in una società con le seguenti caratteristiche:
Con "militanze impegnate", "terreni meglio pattugliati" e altre metafore balistico-belliche, non mi riferivo ad azioni di piazza a carattere para-militare o comunque violento; erano solo appunto metafore. Con «militanza» intendevo semplicemente impegno "anima e corpo" e in prima persona al servizio di un'ideologia; impegno che per avere successo "contro il sistema" oggi non deve per forza percorrere un'improbabile e anacronistica (da noi) strada del "pugno duro". Sulla scia del post di InVerno, volevo più che altro porre l'attenzione su quale "guerra" si sceglie di "combattere", se quella per la parità socio-economica o quella per la parità semiotico-grammaticale (non perché la seconda non abbia senso, ci mancherebbe, ma perché a mio avviso il suo auspicato effetto domino sulla prima è quasi nullo).
#45
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Il relativo maschile
20 Settembre 2025, 21:36:50 PM
Citazione di: fabriba il 20 Settembre 2025, 13:08:20 PME poi ci sono le persone che non condvidono la premessa e che hanno fatto ora 80 messaggi di filibustering con l'effetto (collaterale?) di ostacolare il procedere della discussione.
Se intendi filibustering anche come Philbustering, posso provare a disambiguare i miei interventi (se interessa).