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Messaggi - Phil

#31
Citazione di: fabriba il 01 Settembre 2025, 15:06:02 PMMi rimane molto difficile trovare esempi di <svolte antropologiche che accadono non perché «ci vediamo dei vantaggi»>
Certo, un qualche vantaggio per qualcuno può sempre esserci (e inoltre c'è sempre qualcuno che sa trarre vantaggio dai cambiamenti epocali), ma intendevo che il vantaggio non è sempre il motore principale della svolta, può essere a volte solo il modo di elaborare un cambiamento che nasce da un coacervo di interazioni. Considera ad esempio la scissione fra politica e religione (almeno in Occidente), con il rarefarsi delle religioni di stato; è il risultato di molti fattori, non la semplice individuazione di qualcosa di vantaggioso (ad esempio il clero magari non lo accolse come tale, altri sì e si potrebbe comunque dibattere su quanto sia effettivamente vantaggioso). Anche l'impennata della scolarizzazione, ormai consolidata in Occidente, può essere considerata più il risultato di dinamiche politiche e sociali che la concretizzazione di un vantaggio (v. laureati disoccupati mentre alcuni lavori richiedono manodopera estera). Oppure considera i cambiamenti introdotti nei luoghi pubblici dall'evento del Covid: maggior attenzione al distanziamento, diffusione dei disinfettanti, "sdoganamento" dell'uso della mascherina, etc. si sono affermati non come svolta vantaggiosa in sé, ma come risposta ad uno specifico evento imprevisto.
Intendevo quindi che ci sono svolte nate dalla possibilità di acquisire un vantaggio (diffusione della ruota, introduzione armi da fuoco, etc.), ma anche svolte che nascono senza una chiara organizzazione rivolta al miglioramento, ma perlopiù come risposta ad eventi storici, contingenze e interazioni complesse al punto che il vantaggio diventa relativo e opinabile.

Citazione di: fabriba il 01 Settembre 2025, 15:06:02 PMci sono anche tante cose che vengono teorizzate e discusse e si rivelano sciemenze, almeno penso, altrimenti sarebbe troppo facile predire il futuro guardando semplicemente cosa si discute e teorizza. Il filtro della storia ci fa dimenticare le sciemenze e ricordare le cose che hanno avuto una influenza sul mondo.
Sicuramente non tutte le teorizzazioni poi "funzionano" o "attecchiscono", ma credo che anche nella nostra epoca della iperstoria (come dice Floridi) rimanga un sostanzioso gap temporale fra la metabolizzazione culturale di alcune idee e la loro diffusione popolare, con il risultato di avere il sentire comune sempre un po' fuori sincrono rispetto ad alcune proposte o interpretazioni della realtà. Mentre le mode e i tormentoni hanno diffusione praticamente istantanea, l'update della forma mentis ha tempi di elaborazione solitamente generazionali. Ovviamente, come hai giustamente ricordato, ci sono idee e paradigmi che verranno ignorati e non entreranno mai nella vox populi, così come ci sono prodotti che sembrano rivoluzionari e innovativi ma non avranno successo, pur sembrando a loro modo "vantaggiosi" (come ad esempio il Metaverso).
#32
Citazione di: fabriba il 01 Settembre 2025, 10:28:30 AMOk, mi fai qualche esempio se non chiedo troppo? Sono tendenzialmente affetto da una sorta di ottimismo storico (lavorando con la tecnologia è un rischio del mestiere), e non mi viene in mente molto nel concreto.
Come dicevo, non è da sottovalutare le relatività dei criteri con cui un cambiamento viene giudicato verso il meglio o verso il peggio. Comunque per quanto riguarda la multifattorialità, ad esempio, proprio restando nel tuo ambito, lo sviluppo della tecnologia informatica è la risultante di ricerche militari (v. Internet), interessi economico-industriali (automazione, riduzione del personale, etc.), consumismo come contingenza storica di una fase di benessere economico occidentale (fine del secolo scorso), e molti altri fattori che hanno interagito fuori da un controllo centralizzato e da un decisione calata dall'alto.
Per quanto riguarda l'ottimismo (che male non fa), bisogna riconoscere che tale sviluppo tecnologico non è necessariamente da considerare come un autentico miglioramento; sono numerose le problematiche che tale sviluppo porta con sé (come tutte le svolte antropologiche, d'altronde): dall'"appassimento" del corpo umano legato al lavoro su postazione informatica fino all'isolamento sociale dovuto al web, dalla condivisione di contenuti illegali o immorali fino ad attacchi informatici che possono mettere in ginocchio un'azienda (e potenzialmente anche uno stato) con rapidità ed efficienza inaudite, dai problemi nella tutela di dati personali e delle identità digitali fino alle ripercussioni sociali delle suddette fake news, etc.
Sicuramente ci sono anche risvolti positivi (performance tecniche anche in ambito medico-sanitario, smartworking, accesso gratuito a conoscenze condivise, etc.), ma come tutti i bicchieri né pieni né vuoti, è una questione di interpretazione e di differenti pesi e misure.
A proposito della questione fake, è necessario prestare attenzione a distinguere le fake news dai fake studies: le prime possono nascere da un qualunque account social di TheRealPincoPallino, mentre i secondi, per risultare almeno inizialmente credibili, richiedono un minimo di "agganci" e connivenze, se non accademiche, comunque settoriali, oppure di aver raggiunto uno status minimamente presentabile (se un panettiera presenta un fake study sui virus, farà poche "onde" nel mare dell'infosfera).
Citazione di: fabriba il 01 Settembre 2025, 10:28:30 AMAnche su questo ti chiedo qualche informazione in più, ho cercato qualche cenno online, trovato veramente poco e quasi niente che non abbia a che fare con populismo e tematiche molto recenti. Se si è trattato di un movimento di super-nicchia di precursori, è interessante e lo terrò in considerazione, però qui mi riferivo più a un sentimento di massa.
Considera che il sentimento di massa è sempre in ritardo, almeno di un secolo, con quanto viene rilevato e teorizzato in ambito culturale; lo stesso illuminismo, se non sbaglio, è stato metabolizzato socialmente, nel sentire comune popolare, molto dopo la sua affermazione in ambito culturale. Parimenti anche il post-illuminismo, se inteso come post-moderno, inizia solo ora ad essere dominio pubblico che non richieda una formazione specifica, pur essendo nato un secolo fa. Per entrare nel mood del postmoderno, puoi considerare i "maestri del sospetto" (Nietzsche, Marx e Freud), il fallimento del programma neopositivista di una pura razionalità comunicativa, il nichilismo come indebolimento del fondamento dei valori metafisici, la "modernità liquida" (Bauman), la "decostruzione" (Derrida), i sincretismi culturali, l'asimmetria fra uomo e macchina (anche AI) come "quarta discontinuità" (Mazlish), etc.
Il postmoderno in sé è un fenomeno plurale e dai mille volti, quindi mal si presta ad una sintesi canonica, essendo spesso la "ricombinazione eretica" (in una sorta di ingegneria inversa) dei canoni precedenti; ma anche in ciò consiste il "post-" del post-illuminismo.

P.s. Ho scritto che «il post-illuminismo si è già consumato nel novecento», ma non intendevo consumato nel senso di esaurito, concluso, piuttosto nel senso di "consumare un crimine", con ironico riferimento al post-illuminismo come "omicidio" dell'illuminismo ; quindi probabilmente «consumato» non è la parola giusta. troppo ambigua (forse ti ho sviato in merito).
#33
Citazione di: fabriba il 31 Agosto 2025, 10:58:23 AMguardare al tutto non ci permette di entrare nel dettaglio.

La contaminazione degli studi con fake studies non sembra essere orchestrata al momento, ed è uno strumento verso il caos.
Questo apparente caos secondo me può avere una sua spiegazione proprio scendendo nel dettaglio, nel singolo caso: suppongo ogni fake study avrà una sua ragion d'essere parziale, faziosa, utilitaristica o magari solo personale dell'autore. Se allarghiamo la messa a fuoco su tutta la comunità scientifica, il proliferare (prendendo per buona tale tendenza, non ho verificato) di questo tipo di studi può sembrare orientato al caos perché è disorganico e incoerente, proprio come sono disorganici e incoerenti le singole motivazioni del singolo fake.
La lotta al fake, il problema dell'attendibilità del filtro informativo, l'importanza della reputazione e della firma, stanno diventando tematiche sempre più rilevanti, in modo direttamente proporzionale alla libertà/facilità con cui possono viaggiare e diffondersi informazioni. La tecnologia sta andando sempre più in questa direzione che favorisce la divulgazione quantitativa a discapito della qualità, perdendo di vista l'utilità pragmatica (oltre che sociale) di una minima selezione, spesso sbrigativamente e spensieratamente confusa con la censura o con limitazione della libertà d'espressione (il che è a sua volta indice di carenza qualitativa del filtro cognitivo usato che, per ottusità o ideologizzazione, non sa distinguere repressione da valorizzazione).

Citazione di: fabriba il 31 Agosto 2025, 10:58:23 AMun mondo post illuminista, eppure sono sicuro che se fosse vero che ci muoviamo in quella direzione, è perché vediamo dei vantaggi, o comunque pensiamo che riusciremo a trarre dei vantaggi.
Non vantaggi per chi ha il potere: chi ha il potere ha il potere, e non cerca il caos.
Non scommetterei troppo sul fatto che andare in una certa direzione sia una autentica scelta, né sul fatto che tale eventuale ponderazione sia basata su questioni di vantaggio, se inteso collettivamente così come è collettiva la direzione intrapresa. Alcuni mutamenti storici accadono senza una "regia" che ne guidi il percorso o la svolta (al netto di complottismi vari), nel senso della assenza di una volontà dirigenziale che, seduta a tavolino, scelga di intraprendere quella direzione piuttosto che un'altra. Ci sono rivoluzioni e svolte antropologiche che accadono non perché «ci vediamo dei vantaggi», ma solo in quanto risultanti su larga scala di tutta la complessità dell'interazione fra mille fattori, mille interessi diversi e mille contingenze, e non è detto che risultino orientate ad un vantaggio (anche se permane la relatività del criterio con cui giudicare positive o negative tali svolte).
Il post-illuminismo si è già consumato nel novecento, con il disincanto dalla cieca fiducia nella ragione e da ideali illuministici di sviluppo sociale verso un'armonia razionale e idilliaca; fermo restando che tale "post" non significa necessariamente ricadere nel "pre", in una sorta di medioevo cyberpunk.
In fondo l'illuminismo è stato un post-medioevo e il post-illuminismo è la contemporaneità postmoderna; la storia umana procede come un forum: di post in post.
#34
Citazione di: Alberto Knox il 30 Agosto 2025, 19:16:23 PMuna nuova spiritualità. E se ne può parlare in senso collettivo solo ammettendo che vi siano esperienze vitali che accomunano l'uomo. Quali sono , ci sono emozioni vitali che ognuno di noi sente? [...] non ci sono persone che negano la bellezza ad esempio. Chi fa esperienza estetica , sta facendo anche un esperienza estatica che è di fatto uno stato mentale primario, fondamentale e ineliminabile con cui noi riconosciamo e sentiamo la bellezza estetica.
In realtà ci sono anche, e credo non siano nemmeno poche, le persone che negano la bellezza come esperienza estetica; conosco persone per cui il legame bellezza/esperienza-estetica è ciò che, nel migliore dei casi, entra in gioco come "riscaldamento" in vista di un possibile coito. Posizione di antica tradizione, se la intendiamo come forma di yoga, tantra o simili; molto meno spirituale se la intendiamo come la intendono le persone a cui mi riferisco.
La stessa "spiritualità corporea" all'orientale, con il progredire dello studio del corpo umano, si sta rivelando sempre più fisiologica e sempre meno mistica; per questo è oggettivo che alcune pratiche diano benessere e sollievo, perché è questione di reazioni biochimiche o fisiologiche (tanto più se potenziate da autosuggestione, anch'essa fenomeno per nulla mistico).
Esempio banale: fare stretching dopo intensa attività fisica, facendo attenzione alla respirazione e alla tensione, fa oggettivamente bene; poi possiamo credere che il benessere derivi anche da un valore simbolico o mistico aggiunto (che solitamente non c'è), ma si tratta di un surplus non oggettivamente necessario (al netto della suddetta autosuggestione). Lo stesso accade, a mio avviso, con altre questioni spirituali che ci fanno "sentire meglio", pur non stirando muscoli o assumendo strane pose: la spiegazione simbolico-spirituale che ne diamo, è un surplus a ciò che veramente accade a livello neuronale, fisico, etc. Per quel poco che ne so in merito, ovviamente.
Tuttavia, come giustamente ricordato da Mel Fed, queste sono considerazioni fuori posto in questo topic, servono solo a ricordare che c'è anche chi non crede nella spiritualità come propria dimensione  trascendente (perché quella collettiva o altrui è innegabilmente creduta tale dai diretti interessati).
#35
Citazione di: Mel Fed il 28 Agosto 2025, 03:06:21 AMsono in un prato di montagna, in un momento di estrema serenità, dico mistico per esagerare, diciamo idilliaco, e improvvisamente mi rompo un piede, o succede a chi sta accanto a me e si mette a gridare, e io dico che questo turba quello stato che avevo realizzato. Se lo dico a un italiano qualsiasi questo mi capisce, ed è d'accordo con me. Mi sembra che una affermazione del genere non viene accettata e condivisa in pieno dai partecipanti a questo forum, che trovano eccezioni a qualsiasi affermazione ovvia che io faccia.
Partire da un'esperienza reale e condivisa è una "buona mossa"; tuttavia ciò che fa la differenza è come viene poi sviluppata e interpretata tale esperienza. Sei seduto sotto un albero, in pace con te stesso e con il mondo, poi ti cade una mela in testa e ti fai male. Puoi esclamare «Peccato, stavo meglio prima...» oppure metterti a studiare il fenomeno e, come fece Newton (al di là della veridicità dell'episodio), adoperarti sulla carta a ragionare per trarne delle conseguenze.
Le conseguenze che tu trai, dall'irruzione del dolore nel tuo stato di pace, sembrano ciò che manca di nesso logico e di sviluppo argomentativo: infatti non tutti quelli che si trovano in una situazione simile decidono di elaborarla fondando una religione che avversa il dolore (e il pluralismo, l'omosessualità, etc. che con il dolore fisico diretto hanno ben poco a che fare). Tu hai deciso di farlo, ma resta tutto da chiarire il nesso fra la semplicità dell'evento (dolore) e il suo essere ispirazione e fondamento delle tue proposte religiose, sociali, etc. che si scontrano con una complessità reale e fattuale direi ben più ostica del semplice «Peccato, stavo meglio prima... vorrei che anche gli altri non soffrissero».
Se tuttavia rifiutiamo di confrontarci con tale complessità, limitandoci a «Soffrire non è giusto perché fa male», non avremo la minima base teorica per fondare logicamente nulla (il buddismo non è un logicismo, per dirla "difficilmente"). Dogmaticamente potremmo invece fondare di tutto, anche se poi, dopo aver castrato la logica a suon di dogmatismo, sarà come minimo paradossale far assurgere la logica stessa a divinità, anche solo "in teoria".


P.s
Non tutte le difficoltà teoretiche sono frivole e inconcludenti, anche se può essere a sua volta difficile saper discernere le filosofie caleidoscopiche da quelle genuinamente propositive e/o analitiche.
Quando i contenuti sono profondi, non c'è nulla di più difficile di renderli semplici, e nulla di più semplice di oscurarne la profondità, banalizzandoli.

P.p.s.
Se proponi una filosofia della perfezione, non è normale che tu riceva considerazioni di carattere filosofico? Se sono troppo difficili, non sono al contempo occasione per perfezionare e collaudare meglio la tua stessa filosofia?
Se proponi una religione presentandola come avente punti in comune con buddismo, taoismo e Islam, non è lecito aspettarsi che tu li conosca almeno un po'? Altrimenti come fai a coinvolgerli?
Se proponi di «fare a meno della storia e della cultura»(cit.) non è un po' insolito fondare una religione e scrivere libri? Oppure, proprio eliminando storia e cultura, sarà più semplice rendere credibili proposte semplici per persone semplici, come era duemila anni fa? La "nostalgia culturale" non è certo un reato, ma trasformarla in riattualizzazione di un passato lontano non è... semplice.
Sono tutte domande per provare a sollecitare tue riflessioni, non prenderle come critiche fine a se stesse.
#36
Come dicevo a baylham, e come accennato da Mel Fed, per alcune filosofie orientali, non si tratta del nulla ontologico, né di annullare la psiche umana, né di perdere la memoria o la propria identità, né tantomeno di scoprire verità mistiche per pochi eletti (anche se alcuni culti fanno leva su questo sensazionalismo, parlano di super-poteri, etc.).
L'esito di alcune meditazioni (ad esempio quella zen, lo zazen) non è un soggettivo «risultato di esperienze di vita individuale»; l'esito è piuttosto una sorta di azzeramento, non della percezione, ma dell'appannamento concettualizzante della nostra prospettiva discriminante sul mondo; come dire: «se stiamo zitti, abbiamo tutti la stessa voce; soprattutto se azzittiamo anche la voce interiore». Come si fa a saperlo? Chi ha fatto quell'esperienza, ne parla allo stesso modo; a chi non l'ha fatta, non resta che il racconto altrui; sebbene, a differenza di ogni dogmatismo, può comunque provare a farla (come dire: «provare per credere»).
#37
Citazione di: Mel Fed il 23 Agosto 2025, 21:58:17 PMRipeto comunque che la mia proposta è basata sulla semplicità
Citazione di: Mel Fed il 26 Agosto 2025, 14:01:21 PMCerchiamo di essere concreti
Eppure proprio una certa semplicità (o Semplicità) è difficile da reggere in concreto: riesci a vedere solo l'acqua che cade fuori dall'abbeveratoio? Oppure vedi anche che non è giusto che l'acqua cada fuori?
Se vedi che non è giusto, vedi "troppo"; e quindi ti si dirà che proprio quell'acqua che cade "ingiustamente" fuori dall'abbeveratoio è la stessa acqua che "giustamente" dà la vita alle piante che germogliano intorno all'abbeveratoio... e sono forme di vita anche loro. E così si potrebbero interpretare anche gli altri casi di "semplicità apparente" che hai citato; ad esempio, la sofferenza della capra "scavigliata" bilancia la non-sofferenza del lupo che altrimenti morirebbe di fame, etc.
Con questo non intendo dire che non sia lecito e "istintivo" interpretare la realtà secondo valori o scopi o dogmi; anzi, la vita sociale si basa proprio su questo. Indico solo che il Nulla è difficile da maneggiare, per la sua "concreta semplicità"; e se cerchiamo di tirarci fuori valori, Bene/Male, etc. potremo riuscirci solo se, magari inconsciamente, ce li abbiamo prima già messi dentro.
#38
Citazione di: Mel Fed il 26 Agosto 2025, 12:36:24 PMnon si deve dire che è dal Nulla dei Valori che costruisco dei Valori, ma è dal Nulla del pensiero, perchè ritengo che questo stato sia condivisibile da tutti, in quanto al di là da cultura, storia, e altri elementi specifici della vita vissuta in società, ma legato soltanto all'appartenere alla specie Umana.
Mi concederai che dal Nulla e, soprattutto, con il Nulla non si costruisce spontaneamente nulla di valoriale. Tantomeno di condivisibile per tutti, poiché il Nulla può essere anche condivisibile e "oggettivo", ma le norme e i valori che ne derivi non lo sono (come dimostrano molte tradizioni), altrimenti con pari "oggettività" si potrebbero confutare le posizioni divergenti.
Questo è il passaggio critico che volevo evidenziare: nel momento in cui, presa consapevolezza del Nulla, inizi a discriminare in giusto/sbagliato, Bene/Male, etc. hai già introdotto qualcosa che "riempie" (per così dire) il Nulla. Da dove viene questo qualcosa che si cerca di innestare nel Nulla? Dalla tua riflessione sulle tue esperienze? Bene, ma quali criteri sono in gioco (più o meno inconsciamente) nell'elaborazione di tali esperienze, in modo da farle risultare discriminanti per Bene/Male, etc. fondando una religione che ormai non ha più nulla a che fare con il Nulla? Sono spunti di riflessione che ti propongo per perfezionare la tua proposta.

Citazione di: baylham il 26 Agosto 2025, 11:59:38 AMSecondo me non può esserci alcuna esperienza o consapevolezza del Nulla, come della morte.
Il pensiero del Nulla è una contraddizione logica, quindi imperfetta secondo la filosofia di Mel Fed.
Il Nulla di cui parla Mel Fed non è il nulla come pura assenza di presenza, ma un Nulla mutuato tendenzialmente da spiritualità orientali.
#39
Citazione di: Mel Fed il 26 Agosto 2025, 06:17:22 AMSono un po' frenato ad affrontare argomenti politicamente sensibili come veganesimo, aborto, omosessualità perchè generano un vespaio di polemiche inutili.
Comunque, tu consideri la uccisione come momento determinante, mettendo insieme Sofferenza e Morte. Io scindo totalmente queste ultime due cose, e penso di potermi rifare a Epicuro, che invitava a non avere paura della morte.
Il problema è la Sofferenza, di cui ci si consapevolizza nel momento del risveglio, successivo al Nulla, non la Morte, perchè dovessimo morire, Nulla eravamo e Nulla torneremo ad essere, per cui non cambierebbe niente.
Ho accennato a quelle tematiche spinose, non tanto perché mi interessassero nello specifico, ma perché sono esempi di come, a partire dal Nulla, non si possano ricavare direttive etiche o sociali particolareggiate, essendo il Bene e il Male sempre considerati come qualcosa (un criterio, un dogma, etc.).
Potremmo parlare di come risulterebbe lecito, nella tua prospettiva, mangiare un animale che non è stato fatto soffrire (ad esempio ucciso in una battuta di caccia o allevato in modo non intensivo), oppure di come, se la morte non è un problema, potrei anche uccidere il mio vicino di casa, se riuscissi a farlo senza causargli sofferenza. Ma non è questo che mi lascia perplesso.
Che si tratti di tetrafarmaco epicureo, di ottuplice sentiero buddista, etc. il problema sorge quando partendo da una prospettiva individuale (non necessariamente spirituale), ci si confronta con tematiche sociali (dall'omosessualità all'eutanasia, dalla guerra all'ecologia, etc.) in cui la consapevolezza del Nulla di fondo (non nichilistico, ma Nulla come vacuità, Sunyata), non dice nulla (appunto) su ciò che è giusto e sbagliato, giacché giusto e sbagliato sono sempre qualcosa di "aggiunto" (interpretato, paradigmatico, etc.).
Il ritorno in società, dopo la meditazione sul Nulla (come spiega la "parabola" dei 10 tori di Kakuan), è talvolta un passo scomodo e spaesante più del viaggio di consapevolezza verso il Nulla; per questo ci sono monasteri e microcosmi (se non eremitaggi), in cui tale consapevolezza è più facile da coltivare. La maggior coerenza (non solo logica) dopo la riflessione sul Nulla, richiederebbe un certo distacco indifferente dalle questioni mondane, solitamente malvisto in società, ma comunque praticabile anche nel cuore di una metropoli. Un'ideologia politica, invece, un monismo che dica cosa è giusto e cosa no, è un "tradimento", se non un oblio, di quell'esperienza del Nulla, perché ogni visione politica è avida di pienezza di valori, ossia l'antitesi della consapevolezza del Nulla.
Ad un livello, più "profondo" (passami il termine), la stessa comprensione della presenza della sofferenza, non comporta necessariamente il precetto di fuggirla ed estinguerla in ogni modo. Viene istintivo evitarla, ma da questo istinto a norme sociali e prescrizioni etiche, il passo è spesso un non sequitur (come si accenna nel topic sulla fallacia naturalistica).
#40
Citazione di: Mel Fed il 24 Agosto 2025, 12:07:22 PMIo propongo invece di farli indietro, fino all'origine della propria natura, dove troveremo la perfezione del Nulla, e poi ripartire da quel punto, evitando tutti gli errori che si presenteranno sul percorso fino a raggiungere ancora la situazione presente.
La proposta è senza dubbio legittima, tuttavia: è la proposta di fare un percorso che conosci "sulla carta" oppure che hai fatto?
Si tratta di un viaggio che vorresti fare perché ti affascina o te ne hanno parlato bene, oppure è un viaggio da cui sei tornato "perfezionato" e con una buona impressione, quindi lo consigli?
Ovviamente non ti sto chiedendo se sei un illuminato, ma chiedo della tua esperienza diretta; perché faccio un po' fatica a pensare (limite mio), che dopo esser risaliti (o ridiscesi) al Nulla, dopo tale reset, si possa proporre una religione di un Dio puramente teorico, un monismo forte, la non uccisione degli animali ma l'uccisione degli embrioni e dei sofferenti, etc. è un po' come se Mosè fosse tornato dal monte Sinai con un mazzo di fiori: difficile da decifrare il nesso, logico o religioso che sia (ogni riferimento a Kasyapa non è puramente casuale).
#41
Citazione di: Kob il 24 Agosto 2025, 09:29:54 AMla logica infatti è un sogno, il sogno di scarnificare il linguaggio dal suo corpo simbolico. Un linguaggio puro, immacolato, scevro dal potere evocativo della parola.
Una nota: la logica non è sogno, è concretamente ciò che usiamo per formulare frasi di senso compiuto. Il problema può sorgere quando si pensa di poter ridurre tutto l'uso del linguaggio alla sola dimensione logica, in un monismo il cui progetto neopositivista è fallito il secolo scorso. Buttare via la logica in favore di un uso solo retorico, emotivo e poetico del linguaggio, significherebbe vaneggiare, così come parlare solo per funzioni logiche sarebbe parimenti sterile ed inutile, come qualunque formalismo privo di contenuto reale.
Anche il discorso più ingenuo, umile e semplice, solitamente tende a bilanciare (come può) logica, retorica, semantica, etc. quando si trova un bilanciamento che "ci piace", allora "la ricetta" è quella giusta per noi. Quando poi condividiamo "la ricetta" con gli altri, è inevitabile che ci possano essere "gusti" e bilanciamenti differenti, ma finché il cibo resta "commestibile", può valere la pena assaggiarlo (cercare di comprenderlo).
#42
Senza aver prima letto il libro (o i libri), chiaramente i commenti lasciano il tempo che trovano, perché magari per arrivare a tali proposte vengono usate argomentazioni particolarmente valide e solide, forse persino senza precedenti (non posso escluderlo a priori). Nondimeno, a prescindere dalle argomentazioni, stando alla sintesi delle conclusioni riportata, si notano già possibili punti deboli che comprometterebbero le fondamenta dell'intera proposta.
In breve:
- «l'andare al di là del Bene e del Male»(cit.) non è coerente con la successiva rigidità nel demarcare nettamente ciò che è bene (Monismo, Famiglia Naturale, aborto, eutanasia, etc.) e ciò che è male (Pluralismo, etc.)
- «la Perfezione. Quest'ultima è un concetto logico, è la coerenza, la non-contraddizione, l'ordine»(cit.); il buon Gödel ha dimostrato quasi un secolo fa come, proprio nella logica (oltre che nella matematica), coerenza e completezza non vadano troppo d'accordo (v. teoremi di incompletezza); per cui idolatrare la logica senza aver prima trovato un'assiomatica immune da aporie è un passaggio contraddittorio, o quanto meno che espone la propria logica ai noti problemi di autoreferenza, assenza di una meta-logica valutativa, etc. che comportano una pluralità di logiche (come di fatto è) non compatibili con un monismo, che non sia appunto autofondante e ritenuto più valido degli altri per motivazioni ad esso esterno (e di cui bisognerebbe render conto guardandosi da varie fallacie)
- «L'unica autorità deve consistere in Dio, che è però soltanto un concetto teorico»; elevare a divinità un concetto teorico, scelto secondo proprie preferenze, è una mossa retorica piuttosto debole, essendo replicabile e dando adito ad un "politeismo" in cui ognuno si fa la sua teorica religione, risultando "monista a casa sua"; ci vorrebbe un po' di sana epistemologia per mettere un ordine le varie teorie, ma purtroppo non tutti i campi si prestano ad un consolidamento metodologico, non certo quello religioso (e quello logico ha comunque le sue debolezze, v. sopra)
- «Il Nulla (del pensiero, non della fisica) è perfetto per definizione, in quanto,  non essendoci nulla, non c'è neanche l'errore logico», così come, non essendoci nulla, non c'è nemmeno la perfezione e nemmeno chi definisce il nulla perfetto (se ti riferisci al secondo capitolo dello Chuang-Tzu, dell'omonimo autore, farei attenzione all'esegesi del testo).

Distillare la propria filosofia in forma scritta sicuramente è un buon modo per perfezionarla e condividerla un modo per innescare riflessioni negli altri. Chiaramente queste osservazioni non hanno la minima velleità di confutare né le tue conclusioni né tantomeno le tue premesse (che non conosco), ma spero siano questioni che hai già almeno valutato, se non "risolto", all'interno del libro.
#43
Tematiche Filosofiche / Re: Fallacia naturalistica
22 Agosto 2025, 15:34:34 PM
Spunto: c'è stato anche chi (Dewey, etc.) ha parlato di «naturalismo culturale», intendendo la cultura come sviluppo naturale per la specie umana, quindi risolvendo il dualismo tramite una "naturalizzazione" della cultura. Ciò smarca da dilemmi interpretativi anche l'analisi di comportamenti animali che sembrano essere un po' "culturali", al netto della differente complessità sociale rispetto all'uomo.
Ovviamente tale naturalismo culturale non incappa nella fallacia naturalistica, anzi sottolinea indirettamente l'importanza di non incapparci, nel momento in cui tale continuità non viene ingenuamente letta come fondamento teoretico dei differenti, e talvolta divergenti, consolidamenti culturali.
#44
Citazione di: fabriba il 21 Agosto 2025, 14:55:45 PMPerò in fondo la bambina non è stata "programmata" fin da piccola a pensare che la vita umana ha un valore, e che la mobilità ha un valore?
Andrei anche oltre: in un certo senso, l'imprinting e l'educazione di un bambino non sono molto dissimili dalla programmazione e addestramento di un'AI. Sia il bambino che l'AI non nascono come tabula rasa (motivi genetici l'uno e modello di partenza l'altro) e entrambi strutturano con il tempo i propri "algoritmi" assimilando e (ri)elaborando informazioni acquisite dall'esterno e processate internamente dal proprio "sistema elaborativo", costantemente e dinamicamente strutturantesi.
Citazione di: fabriba il 21 Agosto 2025, 14:55:45 PMPartendo da una serie di dati come l'esistenza di telecamere, ciò che si vuole preservare, ecc: non è forse al termine di 14 anni di "programmazione" (vuoi l'interazione coi genitori, con l'ambiente, o altro),  che la bambina ha avuto questa idea geniale?
Quello su cui volevo porre l'accento, come fattore discriminante e caratterizzante, è l'iniziativa: il "chain of thought" che ha portato la bambina a quell'idea, non è percorribile con altrettanta spontaneità e autonomia da un'AI. L'AI è infatti in possesso delle stesse nozioni di partenza (importanza della vita umana, presenza di angoli ciechi alla guida di un'auto, etc.), tuttavia difficilmente ti manderà spontaneamente una mail o interromperà volutamente una conversazione che parla di altro, per proporti questa sua "idea" costruttiva per una tematica che ha a cuore.
Anche le iniziative dei vari agenti AI o delle AI specializzate sono sempre innescate da un prompt dell'utente; mentre la bambina ha "ricevuto quel prompt" (per così dire) dal suo substrato emotivo-psicologico che l'AI, in quanto artificiale, non ha (anche se sicuramente ci sono già modelli che sono "competitivi" nel simularlo, come già fanno con altre "dimensioni" tipicamente umane).
#45
Citazione di: Il_Dubbio il 19 Agosto 2025, 19:27:46 PMUna AI credo sia programmata probabilmente per integrarsi alle mie esigenze. O forse no.
Le AI sono programmate e addestrate per occuparsi principalmente del "come fare", non del "cosa fare" in sé; l'esempio della bambina è molto adeguato: l'AI non ha una mamma, non ha preoccupazioni per la vita (altrui, giacché la sua non è vita), non ha idee o colpi di genio e non è propositiva, nel senso di avere un'iniziativa tutta sua. Un'AI non ti interromperà mentre le stai parlando per dirti «Ho avuto un'idea, e se provassimo a progettare un dispositivo per controllare gli angoli ciechi?» oppure «e se scrivessimo una canzone con questi accordi?». Tuttavia se le chiedi come progettare un dispositivo per ridurre gli angoli ciechi e come scrivere una canzone con quegli accordi, l'AI (quella giusta, non una generalista) potrebbe tornarti molto utile o addirittura produrre la "cosa" (il progetto o la canzone) che a te interessa. E lo farà a qualunque ora, anche lavorando 24 ore al giorno, senza bisogno di versarle contributi o garantirle malattie, ferie e permessi, senza rischio di scioperi, etc. insomma, ci siamo capiti.
In fondo è il solito discorso del "maggiordomo cyborg" molto istruito e tuttofare, che aspetta solo l'ordine del suo padrone per rivelare le sue capacità, e prima di tale ordine fa poco o niente.
Cosa può fare quindi, in concreto, l'AI per te e per i tuoi bisogni? In questo caso, forse uno dei pochi, conviene "chiedere all'acquaiolo se è buona l'acqua", ovvero parlare con la diretta interessata; per fortuna ce ne sono molte gratuite, più o meno rispettose della privacy, più o meno versatili, più o meno usabili sul proprio PC senza usare server altrui, etc.