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Messaggi - Menandro

#31
Citazione di: baylham il 11 Marzo 2019, 18:32:05 PMSecondo la tesi, chi usa correttamente il congiuntivo si presume quindi che sia in grado di distinguere con assolutezza il certo dall'incerto.
Chi usa correttamente l'indicativo e il congiuntivo, sa scegliere se presentare il processo verbale come qualcosa di constatato (un fatto) o come qualcosa di pensato (opinione/dubbio/ipotesi). L'indicativo è il modo dell'oggettività, il congiuntivo della soggettività.
Questo non implica insomma la capacità di distinguere infallibilmente il certo dall'incerto, ma solo la facoltà di scelta, presente nella morfologia dell'italiano e di altre lingue, fra due diversi atteggiamenti mentali del parlante in rapporto al processo verbale.
#32
«Una sfida al mondo moderno, Madre? Come la scelta di dare più importanza all'amore che alle medicine? Alle preghiere invece che agli antidolorifici?».
«Sì, non siamo delle infermiere, non siamo delle assistenti sociali, siamo delle suore. E i nostri centri non sono degli ospedali in cui la gente viene curata, sono case in cui la gente che nessuno vuole, viene amata».

Da un'intervista a Madre Teresa fatta nel '96 da Tiziano Terzani

Quindi più che di calunnie, si tratta di qualcosa che lei ammise.
#33
Citazione di: 0xdeadbeef il 24 Febbraio 2019, 12:50:07 PMCiao Menandro Ma come fai a dire, prima, che il Sacro è un "contenitore" (cosa su cui sono assolutamente d'accordo), poi che non è la "sorgente della morale" (se lo intendi come "contenuto" sono ancora d'accordo, ma è così?). Voglio dire: che posto ha, il Sacro, nella tua visione? E poi come fai ad affermare (senza dimostrare, specifichi) che la morale "laica e secolare" è fondata sulla natura? Ti rendi conto che questa è una affermazione ammantanta di sacralità? Infine, negli anni 30 non c'è stata proprio nessuna "grande rinascita del Sacro". O neglio, c'è stata certamente una presenza del Sacro, ma non più di quanto avvenga continuamente nellaa storia. Guarda ad esempio all'oggi. Guarda con quanta sacralità le istituzioni politiche edeconomiche mondiali predicano le liturgie (e non uso certa terminologia a caso...) del Mercato... Il Sacro non è mai scomparso e mai scomparirà, perchè l'uomo è troppo debole per sopportare l'eterno ritorno delle cose: il kaos... saluti

Ma sì che lo è stata... una barbarica rinascita del Sacro, coi suoi riti, i suoi miti, i suoi sacrifici umani. Perché negarlo, se non sottintendendo che il riconoscimento di una dimensione sacrale comporti di per sé un valore positivo? Eppure tu sei d'accordo che il Sacro è un "contenitore", può dunque contenere di tutto. Allora parlare del Sacro è solo un altro modo per dire che al fondo di tutto il nostro conoscere ed operare ci sono delle fedi, e che la società ne è inconsapevole.
#34
Il Sacro non è la sorgente della morale, ma solo un contenitore. Nessuno può negare che nella Germania degli anni 30 ci sia stata una grande rinascita del Sacro. Le maestose liturgie notturne al lume delle torce, la benedizione delle bandiere, l'evocazione del sangue dei martiri, le innumerevoli vittime sacrificali che questo Sacro esigeva e ottenne. Niente di più lontano da una morale laica e secolare. Quest'ultima non può dimostrare, ma solo affermare di essere fondata nella natura. Così come non si può dimostrare, ma solo affermare che la morale sia fondata su altro. Quando diciamo che esprimendo una morale ci si relaziona con il "sacro", con un "in sé", un assoluto, un immutabile... non diciamo in realtà proprio nulla sul contenuto di quell'immutabile.

Belle, di fronte al dio, sono tutte le cose; ma gli uomini hanno giudicato alcune cose come ingiuste, altre invece come giuste.
(Eraclito, 22B102 DK)
#35
Posso solo aggiungere che Omero ed Esiodo, lontani almeno quattro secoli da Platone, erano i pilastri di una sapienza antichissima che si esprimeva in versi, in tempi in cui la parola poetica era ancora investita di una valenza magico-religiosa, e i poeti erano "maestri di verità" (Detienne). In una civiltà che non ha mai avuto testi sacri, l'evocazione della cosmogonia e della nascita degli dei da parte di Esiodo ebbe per secoli un valore molto superiore a ciò che noi consideriamo poesia, cioè "semplice" arte. Anche celebrare le gesta eroiche dei mortali (Omero) e sottrarle all'oblio è alétheia, in un'accezione non filosofica ma in senso lato religiosa.
Ma nelle generazioni precedenti a quella di Socrate, quelle della nascita della filosofia, mentre il prestigio della parola poetica sopravvive (non pochi dei primi filosofi si esprimono in versi), l'autorità di Omero ed Esiodo viene messa in dubbio. Prima di Platone, entrambi sono oggetto degli attacchi di Eraclito, che li dipinge come caricature di sapienti. Senofane critica la rappresentazione antropomorfica degli dei.

Non ricordo se è Platone stesso che lo racconta o un'altra fonte, ma il suo interesse da giovane pare fosse proprio la poesia: Platone voleva intraprendere la carriera di drammaturgo, e fu Socrate a convincerlo ad occuparsi invece di filosofia. Forse la filologia può suggerirci qualche altro indizio per capire l'avversione di Socrate e Platone per Omero. Eric Dodds rileva che nei personaggi di Omero accadimenti spirituali di ogni tipo sono attribuiti all'intervento esterno di un daimon (cioè "un dio", quando non si sa quale): così il ricordare, l'intuire, il riconoscere, ma anche la trasmissione di energia vitale, di forza, e all'opposto lo smarrirsi temporaneo della coscienza (ate). Le azioni sconsiderate e colpevoli compiute in stato di ate non sono conseguenza di malvagità, ma dipendono dalla propria moira (destino personale) o dall'opera di un dio. A me sembra che questo possa in parte spiegare perché Platone consideri diseducativo Omero.
Un altro aspetto su cui Dodds si sofferma è la mancanza in Omero di un concetto unitario di anima. Il thymòs non è ancora l'anima come la intende Platone (in polarità con il corpo), ma una specie di voce interiore indipendente che dice all'uomo quando mangiare, bere o uccidere, che consiglia e suggerisce, qualcosa con cui si può anche parlare (come fa Odisseo: "Sopporta, cuore..."). Dodds parla a questo proposito di tendenza ad oggettivare gli impulsi emotivi e a percepirli come non-io. Cioè qualcosa di incompatibile con la dottrina platonica dell'anima.
Secondo Cicerone il primo ad affermare l'immortalità dell'anima fu Ferecide di Siro, secondo altri Talete. Siamo comunque in epoca successiva al costituirsi dei poemi omerici. Irresponsabili, dominati dalle passioni, inconsapevoli dell'anima immortale, i personaggi di Omero devono essere sembrati a Platone spiritualmente troppo rozzi (e grazie alle seduzioni dell'arte troppo pericolosi) per avere cittadinanza nel suo Stato ideale.
#36
Tematiche Spirituali / Re:Lo spirito privo di sensi
14 Febbraio 2019, 10:55:46 AM
Certo è ingiusto ridurre un orientamento spirituale in questo modo, ma la paura non va neanche negata, perché è qualcosa di profondamente umano, che sottotraccia lavora.
Pascal dice: "Il silenzio eterno di quegli spazi infiniti mi atterrisce".
Epicuro presentò la sua filosofia come rimedio alla paura della morte e degli dei.
Gli dei dell'India e lo stesso Buddha sono spesso rappresentati con le mani a formare il sigillo della abhaya, la non-paura.
#37
Citazione di: sgiombo il 04 Febbraio 2019, 08:22:55 AMNO. Da parte mia e di altri lo si é indicato molto chiaramente: non lo vede solo che deliberatamente decide d non guardare (rispetto al quale notoriamente non esiste peggior cieco).


Non mi era sembrato che tu propendessi per un fondamento non umano dell'etica. Forse ti ho frainteso, o forse mi hai frainteso tu.
#38
Non è il caso di essere sgarbati... dopotutto si cerca di confrontarsi e capire, e un esempio di come dovrebbe essere pensato un fondamento "non umano" o "non interamente umano" dell'etica non è stato fatto, vi si è solo alluso.
Troppe posizioni diverse (Dio secondo l'ortodossia religiosa, Dio secondo il pensiero filosofico, il Sacro, la Verità incontrovertibile...) convergono su questo punto per poter dare per scontato che intendano tutte la stessa cosa.
#39
Citazione di: Apeiron il 01 Febbraio 2019, 18:30:46 PMCerco di far 'ripartire' il dialogo...(sto assumendo in questo dialogo che si accetti l'esistenza di un'etica non-arbitraria) :) Per chi non postula un fondamento dell'etica di qualche tipo, su cosa si basano i giudizi di valore? Su cosa si basa l'asserzione che esista una morale condivisa e non arbitraria? Per chi, invece, postula tale fondamento... qual è questo 'fondamento'? Ne approfitto per dare il benvenuto a @Menandro e @Iamthedoctor ;)

Ciao Apeiron, il fondamento può essere anche solo nell'esperienza della vita, nel formarsi graduale di un sistema funzionale alla sopravvivenza. Per decidere che è sbagliato uccidere è sufficiente sentire la necessità di non essere uccisi... Istinto di sopravvivenza, piacere e dolore, utilità, a partire da queste emergenze l'uomo può aver detto "sì" e "no", e ad un certo punto iniziato anche a ragionare in termini di bene e male, e in seguito a riferire tutto questo alla volontà divina. Se si ha in antipatia il mondo si può anche dire che la morale è fatta di rapporti di forza mascherati e idealizzati... è un altro modo di vedere l'etica come qualcosa di "organico", che nasce nella vita e nell'esperienza dell'uomo.
Solo che noi non possiamo sapere quale fosse lo stato originario dell'uomo, possiamo solo "stabilirlo". Se per esempio stabiliamo che l'uomo non ha mai vissuto un'esistenza completamente naturale, ma è stato veramente tale solo nel momento in cui si è trovato fra le mani "lo specchio" dell'autocoscienza, allora è come dire che gli dei sono stati con lui fin dal principio, perché a quel punto non ha operato più in lui solo la natura, ma tutte le facoltà immateriali, fra cui l'intuizione degli dei.
Eppure anche in questo caso dovremmo usare cautela, non solo perché ovviamente l'intuizione può essere vista anche come invenzione, ma perché se guardiamo ai tempi veramente antichi, non è scontato il nesso divinità-legge morale. Gli dei omerici per esempio non sono affatto migliori dell'uomo, sono solo più potenti. Sono esseri assolutamente immorali, capricciosi, bugiardi, costretti all'obbedienza a Zeus solo dalla sua superiore potenza. A loro non interessa come gli uomini si comportano verso i loro simili, a loro interessa solo la venerazione, il sacrificio. E così pure agli dei vedici interessa del mondo umano solo il sacrificio a loro offerto. Se non sbaglio nemmeno loro sono mai scesi a portare le tavole della legge. In pratica sembra proprio che l'uomo si sia dato una morale molti secoli prima dell'apparizione di un Dio garante del Bene.
#40
Buongiorno, mi sono iscritto il mese scorso, e adesso questa discussione mi ha "stanato". Ne approfitto per salutare tutti i partecipanti al forum. Vi ho letto con grande interesse per qualche tempo prima di decidermi ad entrare.

Ho cercato la frase in oggetto su internet per poter avere il riferimento preciso e andare a leggerla nel suo contesto.
Durante una visita di Aljosha in carcere, Dmitrij gli racconta il colloquio appena avuto con Rakitin, che gli ha prospettato una visione materialistica delle cose in cui non esiste un'anima, ma solo un sistema nervoso. Dmitrij smarrito risponde: "Ma allora che sarà dell'uomo? Senza Dio e senza vita futura? Tutto è permesso dunque, tutto è lecito?".
Dmitrij risponde così perché vede vacillare l'unico fondamento etico che lui conosca. E se il bene e il male non hanno fondamento, perché lui si trova in carcere e l'indomani sarà processato?
Infatti Rakitin beffardamente gli risponde: "Per l'uomo intelligente tutto è lecito, l'uomo intelligente sa sempre cavarsela, ma tu hai ucciso e sei rimasto in trappola, e marcisci in una prigione!".
La domanda di Dmitrij suona ingenua in confronto al racconto di Ivan nel capitolo del Grande Inquisitore (che grazie ai vostri bellissimi commenti sono andato a rileggere), in cui la teocrazia dei gesuiti si fonda sì su Dio, ma è una menzogna ("Il tuo inquisitore non crede in Dio, ecco tutto il suo segreto" dice Aljosha. - "E se anche fosse così? Infine tu hai indovinato. E' proprio così, è ben qui soltanto che sta tutto il segreto.")
Dostoevskij insomma sa che anche il Falso può essere sacro e fondare la legge del bene e del male. E che non c'è quindi un legame necessario fra Dio e la legge morale, né fra ciò che è sacro e Dio.