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Messaggi - doxa

#31
Varie / Re: Ridere
28 Maggio 2025, 09:24:20 AM
Nel Medioevo dei noti proverbi evidenziavano che il riso fosse una caratteristica degli sciocchi: "risus abundat in ore stultorum".

Anche negli affreschi del Medioevo e nei dipinti del Rinascimento di volti sorridenti ce ne sono pochi.

Il riso era percepito come un'attività che perturbava la mente, perciò da non esibire troppo.

Nel nostro tempo l'etologa Elisabetta Palagi, docente nell'Università di Pisa, insieme al neuroscienziato Fausto Caruana hanno elaborato e pubblicato il libro titolato: "Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale" (edit. Il Mulino).

Questo testo argomenta sul ridere considerato da diverse prospettive: neuroscienze, etologia, filosofia, psicologia sociale e linguistica.

I due autori inficiano alcuni luoghi comuni, secondo i quali il riso sarebbe una prerogativa esclusiva degli esseri umani o che il ridere sia connesso all'humor.

 
 Anche i cani possono emettere un suono simile a una risata, in particolare quando giocano. Il loro "ridere" è un ansimare, emettono un suono del tipo "hhuh, hhah" per invitare gli umani e gli altri cani a giocare.
 
 La risata dei cani è abbinata a un linguaggio del corpo che invita a giocare, come inchini, una zampa che si protende verso di te o salti con atteggiamento rilassato.
 Sono state osservate diverse specie animali che "ridono".
 
 I ratti quando giocano o ricevono il solletico emettono vocalizzazioni a ultrasuoni che sono l'equivalente del nostro riso, secondo il neuroscienziato estone-americano Jaak Panksepp.
 
 I Bonobo sono scimmie appartenenti alla famiglia degli ominidi. Essi fanno giochi durante i quali ridono o sorridono anche durante le loro attività erotiche.
 
 La "iena ridens" (= iena maculata), carnivoro dell'Africa subsahariana, ha espressioni a bocca aperta simili alle risate, associate a suoni acuti. Esse regolano le interazioni ludiche in giovani e adulti.
 
 Ridere è una questione animale e le somiglianze riguardano anche le espressioni facciali: angoli della bocca all'insù, denti scoperti, guance "arricciate" che formano rughe attorno agli occhi.
 
 La risata è involontaria, incontrollata. Gli autori del su citato libro dicono che ridere non è soltanto un improvviso sfogo di energia da parte del sistema nervoso, a seguito di un rilascio di tensione. Il riso ha origini sociali e si sarebbe evoluto come strumento di condivisione non linguistica di stati d'animo tra compagni di gruppo, come quando un animale sbadiglia e presto tutti i suoi simili fanno lo stesso. Succede anche a noi umani e persino con specie diverse: provate a sbadigliare con il vostro cane!
 
 Anche la risata è contagiosa, il vantaggio è chiaro: faccio mio e ripeto ciò che vedo sulla tua faccia, così entriamo in sintonia e ci coordiniamo, nel gioco e in altre attività sociali.
 E' interessante la risata di cortesia tra due persone che chiacchierano, senza che vi sia nulla di realmente comico in ciò che si stanno dicendo: è una sorta di punteggiatura del discorso che dà la cadenza, le pause, le sottolineature.
 
 Se capiamo una battuta significa che possediamo i codici culturali di decodifica dei nostri pari, e se non l'abbiamo capita, a volte ridiamo comunque per non sentirci esclusi.
 Ridere è l'espressione di uno stato emozionale ma anche comunicativo e sociale.
 
 L'interazione sociale tra due o più persone è una relazione sociale o relazione interpersonale di tipo cooperativo o competitivo, orienta le loro azioni e reazioni, caratterizzate dalla durata, l'intensità e la ripetitività nel tempo.
 
 L'interazione sociale è determinante nelle relazioni umane e nella costruzione delle identità individuali e collettive. Attraverso essa, le persone trasmettono e ricevono informazioni, esprimono emozioni, stabiliscono norme e valori e sviluppano abilità sociali. Inoltre, l'interazione sociale può avere effetti sia positivi che negativi sul benessere psicologico ed emotivo delle persone. Essa non si limita solo alle relazioni personali, ma comprende anche fenomeni più ampi come i processi di socializzazione, il conformismo sociale, l'influenza di gruppo e le dinamiche di potere. Inoltre, l'interazione sociale può variare ampiamente in termini di natura e contesto, informale o formale, individuale o di gruppo, e può comportare diversi livelli di intimità e vicinanza interpersonale.
#32
Varie / Re: Ridere
28 Maggio 2025, 09:19:28 AM
Ridere è una risposta emotiva che comunica stati d'animo, è un gesto che esprime allegria. E' motivato da situazioni divertenti, barzellette, ecc..

La risata può anche essere oggetto di riflessione filosofica. E penso ad Aristotele. Nel suo trattato titolato "Poetica", scritto per uso didattico tra il 334 e il 330 a. C.. Lo progettò in due libri per definire i generi letterari e teorizzare sull'arte teatrale, distinta dall'etica e dalla morale. Analizza i loro elementi strutturali, le funzioni e i loro effetti sullo spettatore.

Dei due libri se ne conosce soltanto uno, quello dedicato alla tragedia, intesa come l'opera letteraria in cui si narrano fatti e azioni con eroi come protagonisti.

Del secondo libro, dedicato alla commedia, non se ne sa nulla.

Umberto Eco la presunta commedia aristotelica l'ha collocata al centro del suo romanzo "Il nome della rosa". L'omonimo film è del 1986, ambientato in un'abbazia benedettina del XIV secolo. Ci sono mistero e thriller con riflessioni filosofiche e teologiche.

La trama si svolge nel 1327 all'interno di un'abbazia benedettina medievale. E' narrata dal protagonista, il frate Adso da Melk, che ormai anziano racconta le vicende accadute al monastero, e le indagini condotte dal suo maestro, Guglielmo da Baskerville, frate francescano inglese, discepolo di Bacone e amico di Ockham, viene inviato in missione diplomatica in un monastero benedettino dell'Italia settentrionale, con l'obiettivo di tentare di dirimere la controversia religiosa tra francescani spirituali e la Chiesa d'Avignone. Lì si imbatte in misteriosi omicidi, di cui, nonostante gli impedimenti delle autorità del monastero, cercherà di scoprire il colpevole. Non cederà alla spiegazione soprannaturale del castigo divino, ricercando attraverso degli indizi empirici l'assassino.

L'intera vicenda si sviluppa in sette giorni, che Adso nelle sue memorie suddivide secondo la scansione del giorno della regola benedettina (mattutino e laudi, ora terza, ora sesta, ora nona, vespri, compieta).

Guglielmo da Baskerville, monaco inglese ed ex inquisitore ha l'incarico di mediare un incontro tra francescani, protetti dall'imperatore Ludovico il Bavaro, e gli emissari del papa di Avignone, Giovanni XXII. Il monaco inglese e il suo allievo giungono all'abbazia, dove, durante la loro permanenza di una settimana, vengono uccisi sette monaci: tutti i delitti sembrano ruotare attorno alla biblioteca del monastero, che nasconderebbe un misterioso segreto. 

Indaga anche l'inquisitore Bernardo Gui, che condanna al rogo due monaci (ex eretici dolciniani) e una donna, accusandoli degli omicidi senza avere prove valide. 

Guglielmo da Baskerville, con l'aiuto del suo allievo, scopre il vero responsabile e il movente: tenere nascosta la scoperta ed evitare la lettura del secondo libro della Poetica di Aristotele. 




La morte dei monaci  è collegata all'ipotetico secondo libro della Poetica, quello riguardante la commedia, nel quale vengono esaltati il divertimento e il riso, all'epoca inconcepibili, perché come dice Jorge, il bibliotecario: "il riso uccide la paura e senza la paura non ci può essere la fede".

A seguito di un incendio divampato accidentalmente e del successivo ritrovamento di un gatto nero e di un gallo morto, animali spesso usati di riti satanici, causa la mentalità chiusa del tempo, condizionata dalla religione, quelle morti vengono attribuite all'intervento di forze demoniache e queste vengono percepite come presagi dell'Apocalisse.

Vengono accusati degli omicidi una giovane ragazza (considerata una strega), Salvatore, un monaco mentalmente ritardato, e Fra' Remigio, un ex dolciniano (l'ordine dei dolciniani che predicava la povertà della Chiesa come quello francescano).

I tre vengono dichiarati eretici e condannati al rogo.

Il bibliotecario, Jorge da Burgos, sembra ossessionato dal tema del ridere. E alla fine si scopre che è  proprio lui l'artefice delle morti: aveva avvelenato le pagine del libro in questione con l'arsenico nell'inchiostro, in modo tale che chiunque avesse ingerito l'inchiostro (era normale leccarsi le dita prima di voltare le pagine), sarebbe morto. 

Jorge cieco, è in la metafora della fede cieca, che non ammette compromessi.
 
 


Il bibliotecario, che veglia, arcigno, sulla labirintica biblioteca nel monastero è ossessionato dal potere satanico e immorale del riso, al punto da avvelenare le pagine dell'unica copia esistente del misterioso secondo libro della Poetica di Aristotele, dedicato alla commedia e al ridere.

Guglielmo da Baskerville  riesce infine a trovare la soluzione dell'enigma, nonostante ciò non riesce ad  evitare la morte di Salvatore e Remigio.



Nel Medioevo i libri in circolazione erano pochi e  quasi tutti custoditi in  monasteri e conventi. Venivano trascritti a mano dagli amanuensi negli scriptorium. Capitava che potessero essere distrutti da un incendio.
 
"Il nome della rosa" è un romanzo di ambientazione storica, ma è anche un romanzo di argomento filosofico (sulle possibilità della ragione umana di conoscere la realtà naturale o divina) o, anche, di argomento filologico, che riguarda  la storia della tradizione letteraria e culturale: contiene un'ipotesi immaginifica sul destino di quel secondo libro (la commedia) facente parte  della Poetica di Aristotele, la cui esistenza era stata postulata da alcune testimonianze antiche.
#33
Varie / Re: Ridere
28 Maggio 2025, 09:05:14 AM



"Castigat ridendo mores" (= ridendo, corregge i costumi, un modo di fare). La frase in lingua latina è del letterato francese Jean de Santeuil (XVII secolo), che la coniò per il busto di "Arlecchino" che doveva decorare il proscenio della Comédie italienne a Parigi. A volte si ripete la frase riferendola   a una persona che sa ammonire senza che le sue parole  offendano l'interlocutore.

La risata quotidianamente permea la nostra vita sociale. Ma come nasce la comicità? Ci sono alcuni che hanno la capacità di produrla, altri invece la generano loro malgrado; possiamo dire che i primi sono spiritosi e i secondi sono ridicoli. 

Il filosofo francese Henri-Louis Bergson (1859-1941), nato a Parigi da una famiglia ebraica di origini polacche, nel suo  saggio titolato "Il riso: saggio sul significato del comico" argomenta sulla risata. 

La sua analisi va oltre la semplice funzione di risposta al divertente. Egli ci invita a considerare l'azione del ridere come un fenomeno complesso che rivela molto delle nostre dinamiche interiori.

Secondo Bergson il fenomeno comico o umoristico è caratterizzato da tre aspetti: la meccanicità, l'insensibilità e la socialità.

Meccanicità. La comicità emerge quando notiamo in una persona un comportamento rigido, ripetitivo, quasi meccanico, che contrasta con la fluidità e l'adattabilità della vita umana. Questa "macchinosità" suscita  il sorriso perché evidenzia un'assenza momentanea di vitalità.

Insensibilità. la risata necessita di distanza emotiva. Dice che noi ridiamo per ciò che possiamo osservare con distacco.  Il comico, quindi, è un antidoto all'empatia, crea una barriera tra la nostra interiorità  e ciò che osserviamo.

Socialità. Ridere è un fenomeno sociale: ridiamo di altri e, spesso, in compagnia di altri. In questo senso, il riso diventa una forma gentile per correggere comportamenti che deviano dalle norme condivise.

Le teorie raggruppate in questa categoria, dette anche "della derisione" si basano per lo più sull'osservazione:  noi ridiamo delle debolezze di altre persone, soprattutto quelle dei nostri nemici. La risata nasce, infatti, nel momento in cui, confrontandoci vantaggiosamente con altri, ci sentiamo meno deboli, meno sfortunati, meno stupidi.

La risata prova l'inadeguatezza del beffato. Affinché la risata assolva a questa funzione è necessaria un po' d'insensibilità e la capacità di assistere come spettatori indifferenti  alle piccole disgrazie altrui. Chi ride non deve lasciarsi coinvolgere emotivamente dalla scena che lo diverte; deve momentaneamente  emarginare la pietà e la simpatia e porsi come spettatore.
Deve osservare  le vicende altrui come fossero uno spettacolo cui assistiamo.
#34
Varie / Ridere
28 Maggio 2025, 09:00:43 AM
Ridere   :D

 
 "il cervello che ride. Neuroscienze dell'umorismo" è il titolo del saggio scritto dalla neuroscienziata Mirella Manfredi (Carocci edit.) per svelare i lati nascosti del fenomeno cognitivo inerente all'umorismo. A proposito di questo, ricordate il film "Io e Annie", diretto e interpretato da Woody Allen ?
 
 La trama: Alwy Singer è un attore comico che lavora per la radio e per la televisione. Ha successo, ma spesso viene coinvolto dalla depressione. Già messo in passato a dura prova da due matrimoni falliti, ha una storia con Annie Hall (interpretata dall'attrice Diane Keaton), intellettuale, carina, benestante, con ambizioni personali nel ramo dello spettacolo. Ambedue stanno sulla difensiva. Condividono interessi professionali, ma anche una certa instabilità emotiva.
 
 Nel divertente film la comicità è surreale, con riferimenti autobiografici, dialoghi scoppiettanti e spietati, bizzarri richiami alla sessualità, la malinconia e la nevrosi esistenziale.
 
 Woody Allen e Diane Keaton sono l'amalgama perfetto per rappresentare una coppia nevrotica e discontinua nel loro rapporto fatto di prendersi e lasciarsi.
 
 
E' vero che le donne s'innamorano di uomini che le fanno ridere, mentre gli uomini prediligono partner che ridono alle loro battute ?
 
 Studi neuroscientifici ed evoluzionistici hanno dimostrato come la capacità degli individui maschi di far ridere sia un tratto distintivo che attrae le femmine. Infatti l'umorismo è il risultato di complesse funzioni neuro-cognitive ed è associato ad un alto quoziente intellettivo. Di contro, l'opinione che gli uomini siano più divertenti delle donne è soltanto un pregiudizio culturale, che si palesa già in età scolare e che poi influenza per tutta la vita la percezione e la fruizione dell'umorismo sulla base di una distinzione di genere.
 
 Ridere insieme è un potente collante sociale, è utile a rendere più solide le relazioni in un gruppo. Una convincente conferma di questa finalità sociale è il fatto che nell'esperienza umoristica ha un ruolo importante l'empatia.
 
 La Manfredi nel suo citato libro dice che esiste un modello teorico in base al quale si distinguono quattro differenti forme di umorismo sociale:
 
 quello 
affiliativo, utile a facilitare i legami interpersonali;
 
 l'
autovalorizzante, che coglie gli aspetti comici in situazioni stressanti;
 
 l'
aggressivo, che denigra sarcasticamente gli altri;
 
 l'
autodistruttivo, denigra sé stesso per far ridere gli altri.
 
 Quindi se ridiamo, ridiamo sempre con e per gli altri, anche quando siamo soli, per esempio quando leggiamo alcuni post nel forum.
 
 Lo aveva già intuito, in parte, Sigmund Freud nel suo saggio sull'umorismo, pubblicato nel 1927. Questo psicoanalista proponeva, fra le altre, questa storiella:
 
 "Un re esce dal palazzo per recarsi in piazza ; qui, in mezzo alla folla, vede un uomo del popolo che gli somiglia in modo sorprendente; allora il re gli si rivolge e gli chiede: 'Vostra madre è mai stata a palazzo ?'; e quello fulmineo, gli risponde: 'No, ma c'è stato mio padre'."
#35
Riflessioni sull'Arte / Re: Cos'è l'arte ?
19 Maggio 2025, 17:41:21 PM
Da circa duemila anni la figurativa arte sacra cristiana tende a collegare il visibile all'invisibile, tramite la pittura, la scultura, l'architettura, i simboli. Fonda la sua estetica sul linguaggio simbolico. E' un'arte didattico-edificante ispirata da personaggi e avvenimenti descritti nell'Antico e Nuovo Testamento.

Testimonia la teologia della fede, il rapporto tra la vita e la religione, l'adesione al divino. L'immagine non cerca di imitare l'apparenza ma la realtà invisibile tramite il linguaggio simbolico e la fede del credente per la sua formazione cristiana, il suo modo di pensare e di agire, come risultato di un'educazione silenziosa attraverso la visione, la contemplazione e l'interiorizzazione delle immagini. Ne è un esempio il nostro amico Cono.

Il 7 maggio 1964 nella Cappella Sistina Paolo VI rivolgendosi agli artisti disse: "Il nostro mestiere (di sacerdoti) ha bisogno della vostra collaborazione, perché, come sapete, il nostro ministero è quello di predicare e di rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente, la spiritualità, l'invisibile, l'ineffabile, la divinità. Questo passaggio che travasa il mondo invisibile in modalità accessibili, intelligibili, voi siete maestri con le vostre creazioni artistiche. E' il vostro mestiere, la vostra missione, la vostra arte è proprio quella di carpire dallo spirito i suoi "tesori" e ornarli con le parole, i colori, le forme, l'accessibilità per facilitare la comprensione del mistero, la trascendenza".

Papa Montini usò il termine tedesco "einfuhlung" per indicare la sensibilità, la capacità degli artisti di avvertire tramite i sentimenti ciò che il pensiero non riesce ad esprimere.

Il pontefice continuò il suo discorso dicendo che tanta arte sacra o a soggetto religioso è ridicola o aberrante; prima di dubitare sui contenuti è dubbia se sia arte o no.

Arte sacra e fede, entrambe inducono verso Dio, all'anelito verso l'Oltre, varcando il velo della superficie per intuire l'epifania del mistero. Esse riescono a suscitare emozioni, pietas, riflessioni nel credente.

Le opere d'arte per le chiese vengono commissionate per comunicare messaggi religiosi, ma evidenziano anche gli stili dei singoli artisti, a prescindere dalla loro fede o non fede religiosa.

In passato ho partecipato come uditore ad alcune lectiones magistrales del cardinale Gianfranco Ravasi. Egli diceva, cito a memoria (ormai labile), che nelle sue dimensioni simboliche il dipinto che rappresenta il volto di Dio immaginato dall'artista, è uno dei capitoli fondamentali nella storia dell'arte.

I fedeli cercano il volto di Dio, e l'arte, tramite l'antropomorfismo, gli dà l'immagine, simbolicamente lo rappresenta, Egli acquisisce fisionomia attraverso la parola cosiddetta "sacra", e l'invisibile diventa icona.

Nel Salterio progressivamente si delinea la possibilità in chi crede di "vedere il volto di Dio" mentre prega.

Dal libro dei Numeri (6, 25-26): "Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace".

In questo contrappunto tra il mistero del volto divino e la sua rivelazione e contemplazione si ripropone il nesso tra la trascendenza di Dio e la sua immanenza, ossia tra il suo essere differente e superiore alle facoltà umane ma al tempo stesso il suo essere persona che opera, parla, interviene nella storia, manifestandosi come "salvatore".

I cicli pittorici nelle chiese, la "Biblia pauperum" (Bibbia dei poveri), diventano la "muta predicatio", il muto discorso proposto dalle numerose immagini che esprimono gesti, sguardi, volti, paesaggi. La pittura sacra bizantina sostituisce al paesaggio la metafisica dello sfondo in oro.

Il pittore Paul Klee scrisse: "L'arte non ripete le cose visibili ma rende visibile ciò che spesso non lo è". Infatti l'arte sacra non imita l'apparenza ma la realtà invisibile tramite il linguaggio simbolico e la fede del credente.
#36
Riflessioni sull'Arte / Cos'è l'arte ?
19 Maggio 2025, 10:44:11 AM

Giacomo Grosso, Allegoria delle arti, olio su tela, 1925, collezione privata

Nell'antica Grecia  era sconosciuta la parola "arte". Nei testi platonici, i concetti che noi includiamo nella parola "arte" venivano espressi con due termini diversi, cui corrispondono realtà diverse: poiesis (= atto creativo) e techne (= tecnica).

La più vicina  al nostro significato di arte era "tékhne".

Comunque i due lemmi evocano l'abilità che si esprime nel fare, produrre qualcosa  da parte dell'individuo.

In epoca romana i termini in lingua latina  "ars", "artis" alludevano all'abilità nel progettare o costruire.

Nella lingua italiana la parola arte comparve nel XIII secolo: indicava l'attività regolata da procedimenti tecnici, fondata sullo studio e l'esperienza.

L'attuale significato della parola "arte" cominciò a delinearsi  nel XIV secolo con riferimento particolare alla pittura, scultura e architettura.

Il sostantivo "arte" include due aree semantiche distinte, e ciò genera confusione.

Arte intesa come "techne",  come abilità, capacità di eseguire un procedimento in relazione allo scopo prefissato.

Arte  intesa comunicazione, l'espressione di un sentimento, di uno stato d'animo. 

Artista è colui che trascende la realtà ed esprime la sua idea in un atto creativo.

Nell'ambito delle cosiddette teorie del bello o dell'estetica, si tende a dare al termine arte un significato vario secondo le diverse epoche e i diversi orientamenti critici, per indicare un particolare prodotto culturale, comunemente classificato come pittura, scultura, architettura, musica, poesia, ecc.

Torno alla domanda inziale.

Cos'è l'arte ?  Questo concetto è oggetto di opinioni discordanti.

Esiste la storia dell'arte, o delle arti, perciò si deve tentare di definire cos'è l'arte,  cosa s'intende per opera d'arte.

Cosa può essere definito arte e cosa no.

Io interpreto l'arte come connubio tra sentimenti e tecnica, perché l'arte deve esprimere emozioni e sentimenti tramite la tecnica.

Sono numerose le attività comprese nel concetto di "attività artistica", perciò è necessario centrare l'attenzione sul risultato di tali attività: il prodotto artistico, che scaturisce dall'attività di un creatore, di un'artista, che poi sottopone al giudizio dei fruitori che attribuiscono giudizi di valore al prodotto realizzato dall'artista.

I prodotti artistici vengono creati per sopravvivere al loro creatore. Nell'opera d'arte sono racchiusi valori spirituali scaturiti dall'esperienza personale dell'artista nella realtà sociale in cui vive.

L'originalità è fondamentale in un'opera d'arte.

L'arte nel suo significato più ampio comprende ogni attività – svolta singolarmente o collettivamente – che porta a forme di creatività e di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate o acquisite e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall'esperienza.

L'arte è una forma espressiva estetica, evidenzia l'opinione dell'artista, è  simile ad un linguaggio, tuttavia non esiste un unico linguaggio artistico e neppure un unico codice inequivocabile di interpretazione. 

Alcuni filosofi e studiosi di semantica, invece, sostengono che esista un linguaggio artistico oggettivo che prescinde dalle epoche e dagli stili, ma dovrebbe essere codificato per poter essere compreso da tutti. Gli sforzi per dimostrare questa affermazione finora sono vani.


Karl Pavlovic Brjullov, Il Genio dell'Arte, 1817, Museo di Sanpietroburgo
#37
Varie / Re: Curiosità romane
16 Maggio 2025, 16:49:15 PM


Copia di epoca romana  della Afrodite cnidia. E' conservata a Roma nel Palazzo Altemps, una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano.
La statua originale, considerata il primo nudo femminile nella storia della scultura greca,  la realizzò lo scultore  ateniese Prassitele nel 360 a. C. circa per  ornare il naos (la cella interna) del tempio dedicato ad Afrodite Euplea (protettrice della navigazione) nell'antica città greca denominata Cnido, fondata dai Dori del Peloponneso nei pressi di Alicarnasso,  l'attuale Bodrum, in Turchia.

Si narra che la modella sia stata Mnesàrete (il suo nome significa "colei che fa ricordare le virtù"), meglio conosciuta col soprannome di Phrýne (= Frine), un'etèra,  celebre per la sua bellezza.

Questa marmorea Afrodite cnidia è in un momento intimo.  Perché  è nuda ? Deve lavarsi oppure ha già fatto il "bagno" ? Con gesto pudìco si copre il pube con la mano destra, con l'altra mano prende o depone la veste poggiata su un'idria, usata per contenere l'acqua.
Se si copre il pube significa che si è accorta di essere guardata. In tal caso prende l'abito poggiato sull'idria.

In alcune versioni la mano destra regge un asciugamano che copre le gambe della dea.

Come le altre sculture di Prassitele, anche questa statua è fatta per essere vista preferibilmente in posizione frontale, l'unica che consenta di coglierne appieno la grazia.

Tornando a Frine, l'etèra. Nell'antica Grecia chi erano le etère ? Erano particolari "donne  di compagnia", colte,  indipendenti,  assimilabili alle cortigiane. Solitamente forestiere o liberte, oltre alle  "prestazioni sessuali", offrivano compagnia, erano brave nella danza, nel suonare alcuni strumenti musicali e spesso intrattenevano con i clienti relazioni prolungate,  a volte riuscendo anche ad esercitare un'influenza notevole su importanti  personaggi pubblici.

Esse indossavano sempre abiti eleganti. Potevano essere delle compagne occasionali oppure concubine, potevano uscire a loro piacimento, avere una vita pubblica, coltivare libere frequentazioni e prender parte ai simposi maschili, dai quali le altre donne erano invece generalmente escluse.

Non devono essere confuse con le "pornai"  prostitute di strada o da bordello. Lo status di etèra era contrapposto  a quello della  prostituta.

Nell'Urbe rinascimentale simili alle etère erano le cosiddette "cortigiane honeste", che oggi chiameremmo "escort".

Sapevano come comportarsi nella cosiddetta "alta società", come intrattenere i propri frequentatori. Colte, capaci di comporre madrigali o sonetti, di recitare, cantare in pubblico, discutere di letteratura, di musica e di arti. Alcune diventarono ricche. Con la loro astuzia e intelligenza  riuscirono ad avere i favori  da uomini che avevano potere.

Nella Roma cattolica del papa-re (che per calcolo politico  attribuiva il titolo cardinalizio anche  giovani rampolli di famiglie nobili,  tenuti solo a rispettare il celibato e non la castità fino al compimento dei 36 anni) si svolsero le vite straordinarie di belle "cortigiane honeste". Erano le consigliere più ascoltate dalle élites del tempo, le accompagnatrici più ricercate ad eventi mondani.

Nel rione Ponte, vicino al Vaticano,  c'erano palazzi, taverne e negozi di proprietà delle cortigiane "honeste" più stimate e amate dell'epoca. Nella stessa zona c'è  ancora oggi "piazza Fiammetta":  è dedicata  a una delle più belle e sagaci donne che fra gli altri  "accompagnava" il ricco  cardinale Jacopo Ammannati Piccolomini e Cesare Borgia, meglio conosciuto come il duca Valentino.

Lei, "Madonna Fiammetta" si chiamava Fiammetta Michaelis o de' Michaelis. Quando morì lasciò un'ingente eredità al figlio  e alla chiesa di Sant'Agostino.

Altre "donne honeste"  diventate ricche furono Tullia d'Aragona, Giulia Campana, Vannozza Cattanei, Beatrice Ferrarese, Imperia Cognati e Lucrezia Porzia.

E' facile immaginarle con figli e amanti,  con problemi di gelosie e rivalità.
#38
Domani, sabato 17 maggio, avete una scelta in più per trascorrere la serata, in occasione della "Notte europea dei musei"

L'iniziativa promossa dal Ministero della Cultura francese e patrocinata dall'Unesco, dal Consiglio d'Europa e dall'ICOM, si svolge in contemporanea in tutta Europa con l'obiettivo di incentivare e promuovere la conoscenza del patrimonio e dell'identità culturale nazionale ed europea.

Il Ministero della Cultura italiano anche quest'anno partecipa alla manifestazione, giunta alla ventunesima edizione, con l'apertura serale dei musei e dei luoghi della cultura statali al costo simbolico di 1 euro (eccetto le gratuità previste per legge).

Le aperture straordinarie saranno arricchite da eventi e iniziative organizzati in collaborazione con enti e associazioni, per far conoscere le attività degli Istituti e promuovere la conoscenza del patrimonio culturale in un'atmosfera particolarmente suggestiva.

Le aperture straordinarie saranno arricchite da eventi e iniziative organizzati in collaborazione con enti e associazioni, per far conoscere le attività degli Istituti e promuovere la conoscenza del patrimonio culturale in un'atmosfera particolarmente suggestiva.

L'elenco dei musei statali aderenti, in continuo aggiornamento, così come gli eventi e gli orari delle aperture serali straordinarie, sono disponibili su cultura.gov.it.
#39
Varie / Re: Curiosità romane
15 Maggio 2025, 17:25:02 PM
A Roma, capitale della cristianità, la depravazione più scandalosa era quella ecclesiastica, specie durante il pontificato di Alessandro VI (Rodrigo Borgia, 1431 – 1503). Fu papa della Chiesa cattolica dal 1492 alla morte, nel 1503. 

Fu uno dei papi rinascimentali più controversi, anche per aver riconosciuto la paternità di vari figli illegittimi, fra cui i famosi Cesare e Lucrezia Borgia.  Questo cognome  divenne col tempo sinonimo di "libertinismo" e "nepotismo".

Il cronista Stefano Infessura (1435 circa – 1500 circa) nel suo "Diario della città di Roma" scrisse notizie e aneddoti che circolavano nell'Urbe, vere o false che fossero. Egli calcolò  in questa città 6800 prostitute in circolazione nel 1490. Forse fu eccessivo. Gli abitanti erano circa 70 mila e  quasi 7 mila le "mandracche", metaforico sostantivo plurale  derivante da "mandracchio": nelle opere idrauliche è il canale di raccolta per le acque che vengono poi scaricate nel canale emissario per mezzo di idrovore.

Non si sa come quel cronista, che fu anche giudice e docente di diritto romano all'università "La Sapienza", abbia potuto censirle. Ma si sa che odiava la corte pontificia e gradiva screditarla. Il numero delle prostitute era  inferiore, ma comunque cospicuo. E molte di loro venivano "usate" dal cosiddetto "alto clero".

Erano divise in due categorie: le cortigiane e le meretrici.

Le cortigiane erano "mercenarie" di alto bordo, paragonabili alle antiche etere greche. Erano nel contempo "sacerdotesse" di Venere e di Minerva. Amanti e compagne si facevano chiamare "madonne", come la nota "madonna Fiammetta", e vivevano in lussuosi appartamenti nei quartieri "bene" della città. Leggevano i classici, declamavano Petrarca, sapevano ballare e cantare, suonavano l'arpa e il liuto, parlavano di vari argomenti con competenza e garbo, frequentavano teatri e ambasciate. Devotissime alla Chiesa, si confessavano, facevano la comunione ed osservavano i giorni di precetto. Più di una morì in "odor di santità". Quando raggiungevano il benessere economico sposavano un ricco amante o si ritiravano a "vita privata". Alcune diventavano bigotte  e lasciavano tutti i beni alla Chiesa. Altre, la maggioranza, i loro beni economici preferivano goderseli, non trascurando quelle pratiche religiose che le avrebbero salvate dall'Inferno.

Le meretrici (dette a Roma mignotte, zoccole o puttane) invece, erano meno educate e sfortunate. Vivevano alla giornata, o per meglio dire alla nottata, nei bordelli, nei bagni pubblici (centri benessere dell'epoca) o per le strade. Si riconoscevano per le pose provocanti, l'abito vistoso, il trucco eccessivo. Costavano poco e spesso trattate con insolenza.

La "carriera" delle meretrici di solito durava pochi anni e la loro vita era miserevole. 
 
Cortigiane e meretrici affluivano a Roma da ogni parte d'Italia ma anche dall'estero. Le più contese erano le greche, ma ce n'erano poche, a differenza delle spagnole e delle francesi.  I frequentatori più assidui erano gli ecclesiastici, ma anche i nobili, i borghesi, i plebei.

La prostituzione, sebbene molto diffusa per motivi economici, non scalfiva il matrimonio, temperato dall'adulterio. Chi si sposava per interesse non considerava peccato  né reato tradire la moglie, e questa, il marito. Bastava salvare le apparenze.

Fatale conseguenza il pullulare di figli cosiddetti adulterini. Come quelli che Rodrigo Borgia, papa Alessandro VI, ebbe da Vannozza Catanei, la più favorita tra le sue favorite.

Fu anche tale spudorato e impunito andazzo ad accelerare la riforma protestante. La pubblicazione delle tesi luterane a Wittemberg, nel 1517, fu il giusto castigo per la cattolica Chiesa avida, corrotta, arrogante e immorale. Pagò caro il suo scettico, sacrilego edonismo.

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#40
Varie / Re: Curiosità romane
14 Maggio 2025, 17:07:37 PM
A Roma (e in altre città) in quei secoli non mancarono forme di welfare per tutelare i bisognosi, migliorarne la qualità della vita e l'assistenza sanitaria.

Le entrate finanziarie  dello Stato della Chiesa si alimentavano anche con i proventi della tassazione sulle attività delle  prostitute.

È noto che il pontefice  Leone X fece lastricare (con i "sanpietrini") via di Ripetta con le tasse sui lupanari e che Pio IV,  il papa che convocò il Concilio di Trento, zio di San Carlo Borromeo, non si fece scrupoli nel far edificare strade e palazzi a Borgo Pio con i soldi delle "curiali".

Nell'archivio della "Reverendissima Camera Apostolica" si conserva il volume che spiega quanti soldi, tramite le tasse,  furono prelevati alle prostitute per quei lavori.

Chi erano le "donne curiali" ?  Le prostitute ! Per  svolgere la loro attività dovevano chiedere una licenza rilasciata dalla Curia romana o dal tribunale  diretto dal cardinale vicario del papa.

Si calcola che nel XVI secolo a Roma ci fossero circa 13 mila meretrici, con maggior presenza intorno al Vaticano, frequentato da turisti, devoti, e clero. E Roma in quel tempo aveva appena 100 mila abitanti.



La morale cattolica sulla prostituzione è sempre stata molto elastica e realistica.

Alto clero, nobili e borghesi che si erano compiaciuti di trasgressioni e forme di tolleranza, dopo il concilio di Trento e la nuova morale repressiva,  facevano a gara in manifestazioni di pentimento e purificazione, conversioni e conformismo verso il nuovo corso della Chiesa. 

Nel 1566, Pio V Impose alle cortigiane "più scandalose" di lasciare la città e alle altre di trasferirsi  nella zona di  Trastevere: un'ingiunzione che  suscitò polemiche e resistenze. Ci fu l'ostilità dei trasteverini verso le indesiderate "ospiti" ma anche quella dei proprietari di case che videro calare i livelli delle locazioni e il loro reddito.
Alla fine, Pio V capitolò e nel 1566 alle prostitute fu  assegnata una zona tra la riva del Tevere e piazza del Monte d'Oro, denominata "Ortaccio", comprendeva anche via di Ripetta, via degli Schiavoni e la chiesa e l'ospedale di S. Girolamo degli Schiavoni. L'area venne recintata, l'accesso e l'uscita regolate e sorvegliate tramite una porta d'accesso e una d'uscita. Un vero e proprio ghetto, in cui le prostitute erano costrette a risiedere.

Se l'obiettivo era quello di tenere le "cortigiane" lontane dalle vie del centro, dalle piazze trafficate e dalle chiese esso non fu raggiunto: vent'anni più tardi, infatti,  papa Sisto V (1585 – 1590), dopo aver preso atto che queste donne continuavano a esercitare in tutta la città, ce n'erano perfino a Borgo Pio, vicino la basilica di San Pietro, fu costretto a lanciare l'ennesima offensiva contro le prostitute. Tentò, papa Peretti, di restringerle di nuovo nell'Ortaccio ma senza riuscirci, perché, anche in quel caso, emerse che le cortigiane muovevano un 'indotto' che toccava gli interessi di oltre 15.000 persone e numerose categorie economiche della città: commercianti, osti, albergatori, affittuari... Anche Sisto V fu costretto ad accontentarsi di ribadire o accentuare le  proibizioni già in vigore: l'accesso alle strade principali, le gite in carrozza e le passeggiata per le strade dopo l'Ave Maria.

Nel giugno 1586 colpì l'immaginazione dei romani lo spettacolo di una figlia costretta ad assistere al supplizio della madre, che l'aveva prostituita: la ragazza venne ornata dei gioielli che le aveva donato l'uomo cui era stata venduta...
Nello stesso mese di giugno Sisto V condannò al rogo – secondo l'antica usanza – un prete e un ragazzo, rei confessi di sodomia. Poi venne la volta, nel mese di agosto, di una giovane vedova, nobile e ricca, che aveva trescato con due giovani e che fu con essi condannata alla pena capitale.

Nel 1592 il cardinal Rusticucci, governatore di Roma, in un suo bando  scrisse: "Poiché l'esperienza ha mostrato che li luoghi assegnati in Roma per tollerarvi le meretrici et donne disoneste non sono capaci, si dispone di aumentarne lo spazio..."

Anche papa Clemente VIII Aldobrandini (1592 – 1605) si adoperò per restringere le prostitute nell''hortaccio' e anche questa volta l'ennesima prova di forza si concluse con un nulla di fatto:  esse accettarono di evitare di rendersi visibili nelle principali strade dell'Urbe in cambio dell'ampliamento della zona di tolleranza. Non più solo l' 'hortaccio, ma l'intero quartiere che era cresciuto attorno a quell'area malfamata.

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#41
Varie / Re: Curiosità romane
13 Maggio 2025, 22:52:59 PM
Dalle "malmaritate"  alle "ammantate".

La basilica di Santa Maria sopra Minerva, detta brevemente " la chiesa della Minerva" fu anche "teatro" delle cerimonie per la consegna della dote alle "povere zitelle" che volevano sposarsi o monacarsi.  Al rituale partecipava il papa che qui giungeva in fastoso corteo ogni 25 marzo,  giorno dedicato, secondo il calendario liturgico, alla memoria della  "Santissima Annunziata".

Prima della solenne celebrazione eucaristica cantata, numerose fanciulle si riunivano nella vicina  piazza Santa Chiara per  la cosiddetta "processione delle ammantate", in fila per due.  Dovevano indossare un  mantello bianco (perciò dette "ammantate"); avere sul capo  un bianco velo che  lasciava scoperti soltanto i loro occhi; tenere un cero in mano. 



La processione iniziava da piazza Santa Chiara e finiva nella  vicina basilica di Santa Maria sopra Minerva, che per l'occasione veniva addobbata.

Alla fine della messa le ragazze, con il cero in mano, dovevano prosternarsi davanti a "Sua Santità" per il bacio della sua "sacra  pantofola"  nel "sacro piè".



Dopo il rituale del bacio, il pontefice consegnava loro un piccolo sacchetto di tela di colore bianco  con dentro la dote:  50 scudi per quelle che intendevano sposarsi, 100 scudi per quelle che  volevano diventare suore o monache.

L'Arciconfraternita riuscì a salvare circa duecentomila ragazze modificando favorevolmente la loro vita fino al 1870, quando lo Stato Pontificio fu eliminato e Roma scelta come capitale d'Italia.

Quel tradizionale rito, detto "delle zitelle o "zite" fu voluto  dall'influente cardinale domenicano spagnolo Juan de Torquemada. Fu lui nel 1460  ad istituire l'Arciconfraternita della Ss. Annunziata, il cui scopo era quello di compiere opere di carità, come quella di salvare le giovani che per mancanza di mezzi venivano spesso indotte alla prostituzione.

Il pio sodalizio elaborava ogni anno degli elenchi nei quali potevano iscriversi le fanciulle che avevano compiuto 15 anni. Le ragazze appartenevano a famiglie povere o erano figlie di prostitute.

Duecento cittadini della predetta confraternita avevano il compito  di sorvegliare le ragazze che avevano chiesto di essere aiutate.

Dopo tre anni di prova,  e gli opportuni accertamenti, se ritenute meritevoli, alle "zitelle vergini, oneste e di buona reputazione" veniva concessa la dote.

Il 25 marzo, in occasione della Festa dell'Annunziata,  le fortunate che superavano la selezione  avevano il diritto di partecipare alla processione e ricevere  il sussidio al termine della cerimonia sopra descritta.

La dote variava a seconda del bilancio dell'arciconfraternita, a volte riusciva ad offrire fino a 600 donazioni in un anno, tramite  le numerose offerte da parte di  pontefici, cardinali, vescovi, nobili e ricchi cittadini.

Tra questi è degno di menzione il cospicuo lascito testamentario di 30.000 scudi, corrispondente in pratica al proprio intero patrimonio, disposto da papa Urbano VII. Morì il 27 settembre 1590 a causa della febbre malarica,  senza  aver fatto in tempo ad essere incoronato come papa-re.

A Roma,  risultati migliori rispetto alla detenzione in carcere e alla repressione furono  ottenuti da iniziative di tipo sociale e assistenziale da parte dei Gesuiti o  degli Oratoriani di San Filippo Neri, per esempio la Pia Casa di accoglienza per le cortigiane pentite, oppure l'Ospizio per le Vergini Miserabili presso la chiesa di Santa Caterina dei funai (= creatori di cordami) che accoglieva bambine figlie di prostitute sottratte anche con la forza alle loro madri, educate per sette anni, poi fornite di dote e maritate.

A sostenere l'opera di redenzione per le cortigiane pentite c'erano anche, come già detto in un precedente post,  la "Compagnia della Grazia" oppure la "Confraternita di Santa Marta" dedita anche  alle donne che intendevano redimersi senza l'obbligo conventuale.
#42
Varie / Re: Curiosità romane
12 Maggio 2025, 22:18:12 PM
Ciao Anthonyi, l'Inquisizione aveva sede nell'edificio dei domenicani a fianco la chiesa. Vi  fu interrogato e condannato anche Galileo Galilei. Uno dei suoi inquisitori era San Roberto Bellarmino  :-[


Nel precedente post ho detto alcune cose sulla basilica di Santa Maria Sopra Minerva. Voglio aggiungere che all'interno di questa chiesa c'è la Cappella dell'Annunciazione.
In precedenza era dedicata a San Giacomo Apostolo. Nel 1460 il cardinale domenicano Juan de Torquemada (1388 – 1468) la eresse a sede della Confraternita della SS. Annunziata.


Antonio Aquili, detto Antoniazzo Romano, Annunciazione, tempera su tavola, fondo oro,  1500 circa, Cappella dell'Annunziata, basilica di Santa Maria sopra Minerva, Roma.

Nel dipinto, nella parte alta sulla sinistra,  è raffigurato Dio benedicente; verso il centro una colomba  che simboleggia lo Spirito Santo vola verso la Vergine;  al di sotto, sulla sinistra, in piedi  c'è l'arcangelo Gabriele, con un fiore bianco nella mano, che annuncia alla Vergine Maria il concepimento di Gesù, mentre lei sta consegnando tre sacchetti contenenti il denaro (la dote) per le tre ragazze povere vestite di bianco,  presentate dal cardinale  Juan  de Torquemada, raffigurato inginocchiato con l'abito domenicano ma la cui carica è segnalata dal rosso cappello cardinalizio poggiato sulla sua gamba.

Il cardinale Torquemada  e le giovani ragazze sono raffigurati  più piccoli rispetto all'angelo  per differenziare l'ambito umano (le fanciulle e il cardinale) da quello soprannaturale: la Madonna e l'Arcangelo Gabriele.

La  caritativa dote in denaro veniva offerta a selezionate giovani ragazze povere per dare loro la disponibilità economica sufficiente per sposarsi ed evitare attività come la prostituzione, oppure per dedicarsi alla vita religiosa.

Al pittore Antoniazzo Romano questa pala d'altare  gli fu commissionata dalla Confraternita dell'Annunziata, fondata dal Cardinal Juan de Torquemada, zio del famoso inquisitore spagnolo  Tomás de Torquemada (1420 – 1498) che fu  priore del convento domenicano della Santa Cruz di Segovia e confessore dei regnanti cattolici Isabella di Castiglia e Ferdinando II d'Aragona. Nel 1483 ebbe l'incarico di organizzare il tribunale dell'Inquisizione,  e fu inquisitore generale di Castiglia e León, Aragona, Catalogna e Valencia.

Tomàs de Torquemada nacque a Valladolid nel 1420 da una famiglia di ebrei convertiti (conversos).

Da aggiungere che  nella  predetta cappella dell'Annunziata, nelle pareti ai lati dell'altare centrale,  ci sono i monumenti funebri del cardinale Benedetto Giustiniani e del cardinale domenicano Juan  de Torquemada.

Sulla parete sinistra della cappella c'è anche  la tomba del papa Urbano VII, morto nel 1590 dopo soli 12 giorni di pontificato. Fu uno dei benefattori della confraternita dell'Annunziata, alla quale donò 30 mila scudi.
#43
Varie / Re: Curiosità romane
12 Maggio 2025, 19:54:57 PM
Dopo la sosta in piazza del Collegio Romano abbiamo percorso un breve tratto di strada e siamo andati nella mia amata basilica di Santa Maria sopra Minerva, che prospetta sul lato sinistro del Pantheon, guardandolo dall'entrata.


attuale facciata della basilica.

Perché  "sopra Minerva" ?  In epoca romana nell'area c'era il Tempio dedicato a  Minerva Chalcidica, (= Minerva portiera) poi sostituito nell'VIII secolo da un oratorio cristiano dedicato alla Vergine. 

Nel 1280 fu iniziata la costruzione dell'attuale chiesa gotica  a tre navate da parte dei frati domenicani, che ebbero l'aiuto finanziario del papa Bonifacio VIII.
Gli architetti si ispirarono alla basilica fiorentina  di Santa  Maria Novella.



parziale veduta dell'interno



la bellissima volta stellata  con allegorie




L'altare maggiore con il sepolcro di Santa Caterina da Siena.

La basilica ospita le tombe di altri personaggi, numerose opere d'arte, sparse anche nelle cappelle laterali, tra le quali quella dedicata all'Annunziata.

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#44
Varie / Re: Curiosità romane
11 Maggio 2025, 19:22:07 PM
Ignazio di Loyola dopo aver fondato il Conservatorio di Santa Caterina per "zitelle pericolanti figlie di cortigiane", nel 1542 istituì il "Rifugio  di Santa Maria delle Grazie" per accogliere le malmaritate e le meretrici pentite, stanche del loro "lavoro" e dei loro sfruttatori.
 
Per la costruzione della casa di accoglienza Ignazio di Loyola fece vendere alcuni marmi "cavati dalle ruine" di Roma nella piazza davanti la sua chiesa, e "fattone cento scudi li offerse per sua parte, del cui esempio molti altri si mossero e si diede principio all'opera".

"Donne non più incorrotte, ex peccatrici e traviate, sia nubili che malmaritate, decise a lasciare la malavita ma non chiamate alla perfetione religiosa". Esse non accettavano i tre voti solenni per la vita consacrata: povertà, castità e obbedienza, né  entrare in clausura nel convento delle convertite di Santa Maria Maddalena in via del Corso.

Nel 1543 il pontefice Paolo III con la Bolla "Divina summaque ", istituì la "Compagnia di Santa Maria della Grazia" per amministrare  il rifugio.

Vari anni dopo, nel 1562,  il cardinale Carlo Borromeo, nipote del pontefice Pio IV,  si occupò del trasferimento delle donne ospitate nella "Casa Santa Marta" per dedicare l'intero edificio a monastero, in uso delle Agostiniane, le quali lo utilizzarono come  collegio per nobili fanciulle.

Alle donne trasferite fu concesso un edificio poco distante, adiacente alla chiesa di Santa Chiara all'Arco della Ciambella. La struttura venne denominata "Casa Pia", in onore del pontefice Pio IV,  e gestita dalle monache clarisse.

Dopo l'Unità d'Italia il monastero fu confiscato dallo Stato Italiano e la chiesa venne sconsacrata,  con la conseguente distruzione di vari affreschi, perché tutta la costruzione fu adibita a magazzino militare e sede della Questura Centrale.

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#45
Varie / Curiosità romane
11 Maggio 2025, 16:41:21 PM
Ieri a Roma cielo sereno e piacevole giornata di primavera.

Ho partecipato ad una visita culturale nel  rione "Pigna" (vi consiglio di leggere tramite Internet il perché si chiama così), tra piazza del Collegio Romano e  piazza  del Pantheon, affollata di turisti.

Sulla piazza del Collegio Romano prospettano l'omonimo edificio, un lato del  maestoso Palazzo Doria-Pamphili, l'ex chiesa di Santa Marta, ed altro.

Il palazzo del Collegio Romano è un complesso monumentale. Già sede dell'omonimo istituto d'istruzione gesuitico dal 1584 al 1870, l'edificio ospita nell'ala orientale  la sede centrale del  Ministero della Cultura, nell'ala occidentale il liceo classico dedicato a "Ennio Quirino Visconti".


veduta del "Collegio romano"


Nella parte opposta della piazza c'è l'ex chiesa di "Santa Marta (di Betania) al Collegio Romano". 

la facciata

L'interno a navata unica con abside semicircolare e cappelle laterali quadrate, è ricco di stucchi e di  colonne in marmo rosso.  Nella volta c'è un affresco  dipinto dal pittore genovese  Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio (1639 – 1709).

Prima di questa chiesa nell'area c'era la cosiddetta "Casa di Santa Marta", fondata da Ignazio di Loyola nel 1543 per accogliere le "malmaritate", oppure "le donne coniugate in peccato pubblico senza timor d'Iddio et senza vergogna delli uomini" che volevano riabilitarsi.

La povertà induceva molte donne a prostituirsi per vivere e far vivere la propria famiglia.

Dopo la morte di Sant'Ignazio la casa divenne un monastero con annessa chiesa.

Nel 1560 gli edifici furono assegnati alle monache agostiniane, ma nel 1872 furono confiscati dallo Stato Italiano.

L'ex monastero è ora sede del I Distretto di Polizia della città, mentre l'ex chiesa, di proprietà del Ministero per i Beni e le attività culturali,  viene usata per convegni, mostre e concerti.

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