Citazione di: Carlo Pierini il 26 Agosto 2017, 11:43:46 AME' un falso problema, perché non c'è alcuna libertà che ci permetta di essere diversi da ciò che risultiamo essere e quindi di pensare altro da ciò che pensiamo e quindi di volere altro da ciò che vogliamo e ogni idea fasulla è tale per qualcun altro che non ha quella idea perché il contesto determina la sua specificità progettante in modo diverso.Citazione di: maral il 26 Agosto 2017, 11:10:07 AM
Il problema relativo a modi di pensare che andrebbero evitati (modi "indigesti" seguendo la metafora iniziale dell'autore) è evidente che non presenta soluzioni se lo si intende in termini assoluti, indipendentemente dai contesti che determinano tali modi, ma è altrettanto evidente che nei contesti in cui questi modi si attuano essi comportano delle continue rimodulazioni tali da renderli attuabili senza porre a rischio la propria esistenza. C'è sempre uno spazio di riaggiustamento e di manovra dei significati entro il quale si rende possibile l'esistenza consapevole dei limiti che sempre diversamente la ridefiniscono.
...E quindi? "Libertà di pensiero" significa anche libertà di coltivare idee fasulle e superstiziose? Se sei convinto di poter volare e ti getti dalla Torre Eiffel (come fece Franz Reichelt nel 1912), quali sono i "contesti" che ti salvano dallo ...spalmarti sul selciato?
Io non sono "convinto di poter volare" come se lo immaginava Reichelt, io sono diverso da Reichelt e vivo in un mondo diverso. Forse Reichelt nel 1912 (contesto di tempo e luogo) lo era, o forse no, forse anche lui nutriva dubbi sul suo modo di pensare di volare, ma ci sperava nel contesto che lo faceva essere quello che era, poteva crederci e io, alla luce della mia modalità di esperienza, che fa di me qualcosa di diverso da lui, dico e sento che si sbagliava. Forse io stesso nutro una caterva di certezze fasulle, forse (anzi certamente) il mondo attuale vive di un sacco di certezze parimenti fasulle come quella di Reichelt, convinti, nel contesto in cui ora esistiamo, che siano la quintessenza di realistiche certezze, date certe fino a sentirle banali, dunque fondamentalmente invisibili. Su questo rischio di inganno nulla può esserci di aiuto, ma di aiuto può esserci invece la consapevolezza di questo. Del fatto cioè che ci si muove sempre, per quello che si è, come ciechi a tentoni, tra un segno e l'altro tentando di immaginare un senso mentre si continua a inciampare. E non si può fare altro che questo. Ma occorre imparare a farlo bene, proprio come i ciechi che imparano a muoversi senza vederci, occorre praticare con cura quello che non si può non praticare, come equilibristi bendati su un filo sospeso sull'abisso, con la necessaria fiducia, la necessaria cautela e tanta pratica, perché non c'è proprio alcuna regola generale e definitiva su cui fare affidamento, nessun manuale di istruzioni per vivere. Occorre imparare a sentire il filo sotto i piedi e sentendolo riuscire a recuperare a ogni passo l'equilibrio, per quanto possibile. Non c'è altro che si possa fare.