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Messaggi - maral

#31
Citazione di: Carlo Pierini il 26 Agosto 2017, 11:43:46 AM
Citazione di: maral il 26 Agosto 2017, 11:10:07 AM
Il problema relativo a modi di pensare che andrebbero evitati (modi "indigesti" seguendo la metafora iniziale dell'autore) è evidente che non presenta soluzioni se lo si intende in termini assoluti, indipendentemente dai contesti che determinano tali modi, ma è altrettanto evidente che nei contesti in cui questi modi si attuano essi comportano delle continue rimodulazioni tali da renderli attuabili senza porre a rischio la propria esistenza. C'è sempre uno spazio di riaggiustamento e di manovra dei significati entro il quale si rende possibile l'esistenza consapevole dei limiti che sempre diversamente la ridefiniscono.

...E quindi? "Libertà di pensiero" significa anche libertà di coltivare idee fasulle e superstiziose? Se sei convinto di poter volare e ti getti dalla Torre Eiffel (come fece Franz Reichelt nel 1912), quali sono i "contesti" che ti salvano dallo ...spalmarti sul selciato?
E' un falso problema, perché non c'è alcuna libertà che ci permetta di essere diversi da ciò che risultiamo essere e quindi di pensare altro da ciò che pensiamo e quindi di volere altro da ciò che vogliamo e ogni idea fasulla è tale per qualcun altro che non ha quella idea perché il contesto determina la sua specificità progettante in modo diverso.
Io non sono "convinto di poter volare" come se lo immaginava Reichelt, io sono diverso da Reichelt e vivo in un mondo diverso. Forse Reichelt nel 1912 (contesto di tempo e luogo) lo era, o forse no, forse anche lui nutriva dubbi sul suo modo di pensare di volare, ma ci sperava nel contesto che lo faceva essere quello che era, poteva crederci e io, alla luce della mia modalità di esperienza, che fa di me qualcosa di diverso da lui, dico e sento che si sbagliava. Forse io stesso nutro una caterva di certezze fasulle, forse (anzi certamente) il mondo attuale vive di un sacco di certezze parimenti fasulle come quella di Reichelt, convinti, nel contesto in cui ora esistiamo, che siano la quintessenza di realistiche certezze, date certe fino a sentirle banali, dunque fondamentalmente invisibili. Su questo rischio di inganno nulla può esserci di aiuto, ma di aiuto può esserci invece la consapevolezza di questo. Del fatto cioè che ci si muove sempre, per quello che si è, come ciechi a tentoni, tra un segno e l'altro tentando di immaginare un senso mentre si continua a inciampare. E non si può fare altro che questo. Ma occorre imparare a farlo bene, proprio come i ciechi che imparano a muoversi senza vederci, occorre praticare con cura quello che non si può non praticare, come equilibristi bendati su un filo sospeso sull'abisso, con la necessaria fiducia, la necessaria cautela e tanta pratica, perché non c'è proprio alcuna regola generale e definitiva su cui fare affidamento, nessun manuale di istruzioni per vivere. Occorre imparare a sentire il filo sotto i piedi e sentendolo riuscire a recuperare a ogni passo l'equilibrio, per quanto possibile. Non c'è altro che si possa fare.
#32
Salve a tutti.
Esplicito la questione posta interpretandola in questi termini: "siamo liberi di pensare ciò che vogliamo pensare?". Se la domanda è questa, la risposta è evidentemente no, per il motivo che il soggetto pensante (e volente) è determinato, in quanto pensante e volente, dal suo essere che non è nella libertà del soggetto, essendo questi ciò che è a partire da ciò che è, nel suo continuo venire a significare.
Il problema relativo a modi di pensare che andrebbero evitati (modi "indigesti" seguendo la metafora iniziale dell'autore) è evidente che non presenta soluzioni se lo si intende in termini assoluti, indipendentemente dai contesti che determinano tali modi, ma è altrettanto evidente che nei contesti in cui questi modi si attuano essi comportano delle continue rimodulazioni tali da renderli attuabili senza porre a rischio la propria esistenza. C'è sempre uno spazio di riaggiustamento e di manovra dei significati entro il quale si rende possibile l'esistenza consapevole dei limiti che sempre diversamente la ridefiniscono.
#33
Evidentemente anche Zanotelli racconta un fracasso di balle, la situazione dell'Africa la conosciamo meglio noi che non ci siamo mai stati, ma li vediamo arrivare giovani e pimpanti con lo smartphone in custodia impermeabile in tasca per ripararlo da eventuali spruzzi sui gommoni e per essere poi subito sistemati a gratis in hotel a 5 stelle, che pacchia!
Ieri sera vedevo un servizio su uno dei campi di concentramento in Libia, dove li vogliamo rimandare una volta respinti. Strano, ho pensato, non si sono presi nemmeno l'ombrellone con sé e dire che nel deserto serve al turista. La prossima volta meglio se si rivolgono a una buona agenzia di viaggi, tutto ben organizzato e prenotato e di sicuro spenderebbero anche meno con il biglietto low cost, altro che turismo fai da te!
Ma poi c'è da scommettere che quel servizio era una pataccata, non avevano neanche gli smartphone, probabilmente lo hanno girato a Fregene sulla spiaggia con qualche comparsa abbronzata reclutata ad hoc tra i clandestini miliardari ormai troppo annoiati dalla vacanza, anche gli attori si mettono a fare adesso!

E' vero, comunque, alla maggioranza non viene riconosciuto lo stato di rifugiato, restano clandestini e spariscono, vittime da una legge demenziale (la Bossi-Fini), manodopera consegnata alla malavita organizzata e allo sfruttamento di piccoli e grandi furbi delinquenti nostrani, a disposizione dei caporali per il peggior sfruttamento nell'edilizia e nell'agricoltura (per quelli a cui va bene) a basso prezzo come conviene a tutti, secondo la giusta legge del mercato.

Questo è un mondo che va dissolvendosi, mentre invoca i muraglioni ai confini, ma la colpa del nostro dissolverci non è certo loro.





#34
CitazioneNon sono denutriti, sono tutti giovani e si portano dietro donne e bambini ( e io penso da furbi, almeno credono loro) Rischiano la vita loro e soprattutto di donne e bambini pur di farsi accogliere. con lo statuto di rifugiati e migranti Gli costerebbe meno e non avrebbe rischio prendersi un aereo.
Sono giovani per ovvi motivi, Paul: i vecchi creperebbero in quel viaggio, che implica l'attraversamento del deserto e affrontare la violenza delle bande libiche (o pensi che anche queste siano tutte balle messe in giro dalle ONG e da missionari come padre Zanotelli?) e non ricominciamo con la storia del "potrebbero prendersi un aereo". Vengono da paesi in cui vi sono persecuzioni, dittature spietate e lotte civili feroci,
Quanto alla differenza con la migrazione italiana del secolo scorso, essa consiste nel fatto che a quei tempi di grande sviluppo industriale, quelle masse si muovevano con una maggiore prospettiva di trovare accoglienza, ma molti di quei migranti erano spinti da analoghe situazioni di miseria nei paesi natii. C'è tutta una storia in merito e allora non c'erano le ONG, ma passatori che aiutavano i clandestini a passare le frontiere (ad esempio tra l'Italia e la Francia o la Svizzera). Perché quei migranti non sceglievano invece di rimanere in patria, magari a fare una bella rivoluzione proletaria?
L'invidia non si sviluppa in quelle condizioni di estremo bisogno (v. anche la lettera di padre Zanotelli che ho linkato nell'altro 3D, che, a parte Sgiombo, nessuno ha commentato). L'invidia viene dopo semmai, occorre che il bisogno si sia temperato per provare invidia che nasce dal desiderio di avere di più.
Soccorriamoli, sfamiamoli, soccorriamo i loro corpi e le loro anime violentate, poi cercheremo di fare la rivoluzione globale insieme, credo che anche in questo loro abbiano molto da insegnarci, se non altro per risvegliare le nostre coscienze da tempo intorpidite.
La loro è la vera epopea dei nostri tempi, la nostra cos'è?
#35
Tematiche Filosofiche / Re:Le facce della natura
08 Agosto 2017, 19:47:30 PM
E' vero, come è stato detto, i fisici sono il modo che hanno gli atomi per conoscersi. Ma la natura , comunque la si presenti, è sempre una rappresentazione culturale della natura, che nasce da un modo di sentirla che varia nel tempo. In tal senso non c'è una frattura tra natura e cultura, perché qualsiasi cosa si dica della natura è sempre e solo la cultura del tempo e del luogo che lo dice dando significato al termine.
#36
Citazione di: paul11 il 05 Agosto 2017, 10:43:39 AM
ciao Maral,
la condizione che fa dell'uomo un migrante  economico è superabile in due maniere soprattutto: o ci si dà alla fuga dal luogo originario per cercare altri luoghi per arricchirsi materialmente, oppure si solidarizza e si fraternizza e si cambiano i governanti
arricchiti sulle spalle dei disperati.
Vedo incapacità di solidarietà e figuriamoci di fratellanza, parole vuote in questo tempo.
Paul, il tipo di migrazione economica che stiamo vivendo dai paesi del Sud del mondo non è dettata in maggioranza dal desiderio di arricchimento e dall'invidia ("perché quelli hanno più di me?"), ma soprattutto dal bisogno che non vede altra possibilità di sopravvivenza se non nel migrare.
Capisco che è passato un secolo da quando noi, Italiani, abbiamo vissuto analoghe situazioni di bisogno nato dalla miseria soprattutto nelle campagne del Meridione e del Veneto, ma qualcosa dovrebbe pur esserci rimasto. Ed erano tempi quelli in cui l'individualismo sfrenato volto al profitto non aveva ancora proclamato i suoi comandamenti universali, erano tempi dove in quelle stesse campagne affamate si sentiva la solidarietà molto più di oggi, ma non bastava di fronte alla fame. Poi la storia fece il suo corso e la fratellanza portò sì a cambiare i governanti, ma verso le peggiori dittature che distrussero l'Europa: il fascismo, il nazismo in Germania, con tutta l'esaltazione del nazionalismo più becero e razzista fomentato dalla miseria e dal terrore. Tutto questo perché l'essere umano è cattivo e invidioso? La risposta non è così semplice. Le religioni creano sì vincoli tra gli individui ma ribaltano da sempre tra i popoli in modo ancora più critico e violento la conflittualità individuale e tanto più quanto si predica un Dio che deve valere per tutti, con comandamenti prestabiliti per l'universo intero a cui è strettamente doveroso convertirsi e convertire. La religione, come le ideologie, risolvono di fatto il problema della convivenza a mezzo di un sentimento di appartenenza comunitaria imposta che si rivela ancora più catastrofico del problema che si intendeva risolvere, perché in esse ciò che vince è la volontà di potenza del Noi, ben più pericolosa e spietata di quella dell'Io.
Dire a coloro che emigrano dal Sud del mondo, da parte di chi gode di un grado di benessere assai maggiore, costruito sul loro malessere: non siate invidiosi, non siate materialisti, non curatevi dell'avere suona assurdo, perché non sono loro a essere invidiosi, non sono loro i materialisti, non sono loro che hanno e si preoccupano dell'avere, ma sono loro che crepano di fame, loro che chiedono con la loro esistenza messa a repentaglio il perché di tanto dolore e sofferenza, è qui, come dice Simone Weil, che occorre imparare a distinguere le domande.
A noi sta dare una risposta alla domanda del loro bisogno, non una lezione morale e la risposta è solo in quel piccolo che individualmente insieme possiamo e sappiamo fare, sperando che questo piccolo di bene che possiamo fare in qualche modo ripari quel grande di male che è stato fatto a loro, che continuiamo a fare a loro. Sperando che si possa arrivare, nel sentimento del loro bisogno, a ravvisare l'umanità comune che sempre ha chiesto in cuor suo il perché del male e della sofferenza che si affligge.

#37
Purtroppo non ho la lista, si tratta solo in quello che si fa di farlo per quanto possibile secondo senso di giustizia, di bellezza e verità non ignorando mai l'intenzione per cui si agisce in un dato modo o in un altro e interrogandosi sempre in merito ad essa procedendo con continui riaggiustamenti.
Un atto specifico non è di valore di per se stesso (ad esempio soccorrere, fare la carità, opporsi all'oppressione), ma nel modo in cui lo si attua e lo si sente. Non è quello che si deve fare a istituire la regola, ma il come e il perché lo si fa che è di volta in volta importante e che va sempre tenuto presente. E se il perché di riferimento sarà sempre mantenuto fisso il come dovrà sempre essere riaggiustato, rimodulato proprio per poter mantenere fisso il perché.
#38
Solo un paio di considerazioni Paul.
La prima è che la rivoluzione industriale ha certamente determinato l'inurbamento di grandi masse di popolazione, ma prima di determinare una migrazione interna ha provocato una migrazione verso i paesi già industrializzati e gli Italiani che sono partiti sono stati milioni. Erano migranti economici, ma costretti a migrare spinti dalla miseria e dalla fame, perché ai tempi al Nord come al Sud del Belpaese si poteva letteralmente morire di fame e si moriva nelle campagne. Dirò di più: la stessa rivoluzione industriale si è resa possibile negli Stati Uniti, il faro del progresso industriale, solo grazie al rapimento di decine e decine di milioni di schiavi dall'Africa, senza questa enorme quantità di manodopera nera non ci sarebbe stato nessuno sviluppo industriale, proprio come adesso il nostro livello di benessere residuo è consentito solo dallo sfruttamento e depredazione sistematica di quel continente, che oggi viene affamato e sistematicamente rapinato in virtù degli accordi di libero commercio a casa loro, imposti con il ricatto del debito a tutto vantaggio delle multinazionali e con il mantenimento di continue ferocissime guerre intestine alimentate da noi con il traffico di armi per essere sicuri di garantirsi l'asservimento completo al business a casa loro. Per questo è ributtante lo slogan "aiutiamoli a casa loro", piuttosto, per carità, smettiamo di aiutarli a casa loro nei modi in cui abbiamo sempre praticato questo aiuto, perché lo slogan 'io ti fotto, ..............ma volemmose bene" è stato in primo luogo la nostra cultura cristiana a farlo suo, esattamente in questi termini e, una volta crollata, è rimasto solo l' "io ti fotto", in nome dell'economia.

I migranti in giro per il mondo oggi sono più o meno un 60-70 milioni, la stragrande maggioranza dei quali migra in altri paesi del Sud del mondo che noi continuiamo a devastare uno dopo l'altro, solo il 15-20% si spostano a Nord, nei paesi del benessere economico, che ora scoprono di aver paura di perdere le loro amate tradizioni, le abituali vessazioni quotidiane che fanno tanto focolare, compresa quella vocazione schiavista che ha consentito il benessere del cosiddetto progresso. Forse, con il cambiamento climatico che renderà l'Africa per 70% inabitabile, quei flussi decuplicheranno e sarà ancora tutto merito nostro, di poveri imbecilli come l'attuale presidente USA o gente del suo stampo, non della loro così riprovevole "invidia" e non basterà pagare miliardi all'Erdogan di turno o altrettanto bestiali aguzzini per sentirsi al sicuro a crepare dietro i muraglioni eretti alle frontiere. Per quale miserando motivo paghiamo Erdogan per bloccare nei suoi campi i profughi di guerra siriani? Per quale abominevole ragione un'Europa miserabile e infinitamente stupida ripete ancora una volta una simile nefandezza?
Tu dici che non vedi speranza, perché questa risulta sempre la natura umana, votata al suicidio per illusioni di potenza  e in questo posso concordare. Forse non ci resta allora che invocare un Dio che ci venga a salvare, ma sul serio stavolta non come la volta precedente, oppure non ci resta che continuare a sperare, tentando di fare quello che sentiamo giusto fare, in nome della giustizia, della bellezza e della verità, sottoponendo a questi principi la stessa economia: usiamo l'economia come mezzo di giustizia, di bellezza e di verità. Possiamo farlo nel piccolo del quotidiano che si vive ogni giorno, ben prima che lo facciano "le istituzioni nazionali e sovranazionali" e non certamente facendo un po' di elemosina per quietarsi la coscienza che poi tutto va come è sempre andato. Poi se non servirà a nulla, se la forza prevarrà comunque a sterminare come sempre sia chi la subisce che chi la usa, avremo tentato  per qualcosa di giusto, bello e vero, perché c'è grandezza anche nel perire.
Oggi possiamo solo sperare nella forza immensa di coloro che sono senza forza. 
#39
Paul, a proposito di quanto detto in precedenza, mi paiono significative queste parole di Simon Weil che ho letto proprio oggi (rif. "La persona e il sacro"):

CitazioneLa giustizia consiste nel vigilare che non sia fatto del male agli uomini. Viene fatto del male a un essere umano quando grida interiormente "Perché mi viene fatto del male?". Spesso egli si sbaglia non appena cerca di rendersi conto di quale male subisce, di chi glielo infligge, del perché glielo si infligge. Nondimeno il grido è infallibile.
L'altro grido così spesso udito: "Perché l'altro ha più di me?" e relativo al diritto. Bisogna imparare a distinguere i due gridi e a mettere a tacere il secondo quanto più si può, con la minore brutalità possibile, servendosi di un codice, dei tribunali e della polizia. Per formare gli spiriti capaci di risolvere i problemi appartenenti a questo ambito, basta la Facoltà di Giurisprudenza.
Ma il grido "Perché mi viene fatto del male?" pone problemi totalmente diversi, per i quali è indispensabile lo spirito di verità, di giustizia e di amore

Ora, mi pare che noi riusciamo a intendere solo il grido "Perché l'altro ha più di me?" e facciamo di tutto per metterlo a tacere quando viene da altri, mentre lo manteniamo ben sacro in noi stessi, poiché proprio su questa "invidia" si basa la società dei consumi in cui viviamo.
Ma qui è l'altro il grido che preme alle nostre frontiere e che non si vuole minimamente intendere, fino a tapparsi le orecchie, qui è la disperazione a chiedere giustizia, non l'invidia da cui ci si ripara con la Giurisprudenza.

In un'intervista ad Agorà, su Rai 3, oggi Stefano Esposito Ha detto:

CitazioneCi sono alcune ong che hanno una posizione ideologica (o ideale dal loro punto di vista) per cui il tema è esclusivamente salvare vite umane, noi non ce lo possiamo permettere.

Noi non ci possiamo permettere di salvare vite umane? Cosa ci resta allora da poterci permettere nel calcolo che ne facciamo?
#40
Citazione di: paul11 il 29 Luglio 2017, 17:15:59 PMSono inutili discorsi, morali, nemmeno politici, il paradigma su cui regge una società è l'economia, perchè  è quì che si mostra la vera natura umana.
Sono d'accordo su molto di quanto hai scritto, Paul, ma non su questo punto. Il paradigma su cui regge una società non è economico, economica può essere una chiave di lettura che oggi è diventata l'unica chiave rimasta, non ne sappiamo usare altre e i risultati disastrosi sono sotto gli occhi di tutti. Il paradigma su cui si regge una società è la necessità stessa di nascere come individui (nascita che è sempre in atto), poiché la società è fatta di individui, ma senza una società umana nessun individuo è possibile, lo stesso egoismo, come l'altruismo, hanno senso solo in un contesto sociale. La necessità di avere un contesto sociale va ben oltre qualsiasi calcolo economico, perché anche il calcolo economico è un prodotto sociale, non viene prima, non è perché "conviene" tra esseri separati che si formano le società. E perché funzioni una società deve mantenersi equa di modo che nessuno degli individui che ne fa parte si senta umiliato e annichilito dall'ingiustizia che patisce, annichilito nell'anima.
La giustizia non ha nulla a che vedere con la legalità, viene prima di ogni legalità e se è ha delle leggi si tratta di leggi non scritte sulla carta, nasce da un modo di sentire giusto ed è proprio questo modo di sentire giusto che non si può enunciare o imporre dall'esterno per insegnarlo che è andato perso nelle nostre prassi. E la pena immensa con cui si affronta oggi in Europa il discorso dei migranti ne dà solo l'ennesima dimostrazione.
#41
Sto leggendo "La consistenza del passato" di Carrera, scaricabile anche da internet in pdf: https://www.academia.edu/24047938/2007_-_La_consistenza_del_passato._Heidegger_Nietzsche_Severino?auto=download
Interessante la sua lettura critica di Severino (che muove dal punto di vista siniano), collegate a quella di Heidegger e  a "l'eterno ritorno" di Nietzsche.
Tra l'altro con numerosi riferimenti al testo "La filosofia futura" di Severino che fu il primo che lessi dell'autore e diede origine al mio interesse. Ecco, forse un testo che aiuti inizialmente a capire meglio Severino potrebbe essere proprio questo.
#42
Paul, fatto salvo che invidia e volontà di potenza sono caratteristiche umane e che le stesse masse non desiderano altro che un padrone che le guidi e le tolga il peso del rendersi consapevoli e quindi dall'esercitare il controllo democratico, non riesco a considerare allo stesso modo chi sfrutta e chi è sfruttato, anche se chi è sfruttato non desiderasse altro di prendere il posto dello sfruttatore, e se ci riesce mi sentirò ancora dalla parte dei nuovi sfruttati, dalla parte di chi perde la gara.
Se l'invidia e il conflitto sono ineliminabili vanno gestite e il diritto (come l'economia) non basta, occorre anteporre ad esse il duro lavoro di una costruzione sociale equa, sapendo che sarà sempre in via di costruzione, che sarà sempre in buona misura non equa, ma in cui l'iniquità residua servirà da continuo stimolo. E' un lavoro da fare insieme questo, partecipandovi ognuno per le proprie capacità e non delegando. L'obiettivo è una società che riconosce il valore fondante degli individui che la compongono e la costruiscono venendone a loro volta costruiti, il valore di ogni individuo per quello che è, per la propria etnia, religione, cultura, tradizioni, superstizioni da superare, colore della pelle o altro che sia. E' letteralmente una società che comprende gli individui stimolandoli a comprendersi, anche nel conflitto inevitabile, persino nell'invidiarsi.
#43
Attualità / Re:Africa: come aiutarli a casa loro?
29 Luglio 2017, 14:05:19 PM
Da Laurent Louis
"Se volete aiutare l'Africa, Signor Macron, andate via da questo continente, lasciate che gli Africani gestiscano le loro ricchezze naturali, piuttosto che depredarle, e, soprattutto, mettete fine a questi "aiuti allo sviluppo", che non servono altro che a dare sovvenzioni agli Occidentali"
Sottoscrivo. Il problema sono gli interessi dell'Occidente a casa loro, non il contrario e i Francesi in questo spiccano. Sarebbe ora che i Francesi cominciassero finalmente a starsene a casa loro.
#44
Paul, tu mi parli di iniquità sociale da risolvere, di necessità di un controllo democratico, di un aumento di consapevolezza e di istruzione e io sono perfettamente d'accordo con te.
Ma non puoi concludere che questo è tutta colpa del servo che invidia il padrone, perché è ovvio che il servo invidia il padrone e si sottomette a lui in quanto spera in tal modo di esercitare a sua volta il suo piccolo potere residuo di padrone su servi che sono più servi di lui e sognando di cogliere l'occasione di sostituirsi prima o poi al padrone (e questo prima o poi capita sempre). Direi anche che l'invidia tormenta il servo, ma fa sempre un grande piacere al padrone, i padroni non desiderano altro che di essere invidiati. Non credo sia mai esistita una società senza invidia. Come si può imporre di non essere invidiosi? Chi potrà mai decretare una simile legge?
I migranti non vengono qui spinti dall'invidia, ma in primo luogo dal loro bisogno e dalla loro speranza di  vivere. Vogliamo che ne arrivino di meno perché non abbiamo la capacità di gestire il fenomeno? Combattiamo insieme a loro il bisogno che li spinge o almeno cerchiamo di non acutizzarlo ancora di più rapinandoli a casa loro in nome dei nostri fondamenti economici raccontandoci che andiamo là per aiutarli, ma non diamo a loro lezioni di etica, perché non siamo minimamente credibili in materia. L'etica è fatta di prassi, non di principi e, mentre i nostri principi sono grandiosi, in fatto di pratiche etiche siamo sempre stati assai carenti e oggi lo siamo ancora di più.


#45
Paul, non vedo il nesso tra il capitalismo (con la sua avidità bulimica di profitto inteso in senso assoluto sempre più autoreferenziale) e il più che legittimo desiderio di chi vive nella miseria e nello sfruttamento di desiderare una vita migliore, meno misera, meno sfruttata, meno infelice e di desiderarla per i propri figli. La morale non serve a reprimere questo desiderio, ma al contrario a tentare di percorrerlo per realizzarlo, la morale tenta di stabilire i limiti ai bordi di un sentiero da percorrere che è il sentiero dei desideri che si intrecciano, non viene a bloccarlo dicendoci oltre non puoi proseguire, oltre non puoi desiderare, nessuna morale ha mai avuto potere sul desiderio, nemmeno se questo viene rimosso. Il limite che istituisce serve ad aiutarci a non cadere insieme ai compagni di viaggio che si muovono anch'essi, come noi, spinti da un sogno di felicità che, beninteso, sarà sempre un sogno, ma proprio nel suo essere un sogno che conserva la fiducia di non esserlo un domani, sta la sua assoluta necessità. La felicità in realtà è questo stesso percorso. E non sto parlando di felicità nei termini di un poter usufruire di un numero illimitato di beni materiali, ma all'esatto contrario, perché il percorso lo si deve percorrere leggeri, la felicità cresce con la propria leggerezza, con il ritrovarsi nudi come a venire al mondo, fiduciosi solo gli uni degli altri. Ma per conquistare tutta la leggerezza della propria nudità occorre non sentirsi più in preda alla miseria, solo se ci si sente di avere avuto in sovrappiù si potrà a un certo punto decidere, liberamente e saggiamente di rinunciare anche all'essenziale. La povertà può nascere solo dalla ricchezza, da un senso di avere in sovrappiù e solo in questa povertà nata dalla ricchezza ci si potrà sentire ancora più ricchi, di una ricchezza che non ha bisogno di nulla avendo rinunciato a tutto. Altrimenti non ha senso, non ha senso imporre la rinuncia a chi è nella miseria. In nome di cosa si potrà mai imporgliela? Nemmeno la stessa sopravvivenza del genere umano nel mondo che abita, per quanto sacrosanta, è una ragione sufficiente.
E per questo l'economia con i suoi bilanci non è sufficiente a dare ragione dell'essere umano, non dà ragione né del suo desiderare né dei suoi sogni, né dell'angoscia mortifera in cui precipita quando il bisogno attanaglia le viscere tanto da non riuscire più a sognare, non sa calcolare la felicità di tentare di condividere e realizzare insieme i propri progetti di modo che essi non siano più solo propri. L'economia nasce dal concetto di scarsità e non può rinunciarvi in nessun modo, men che meno con il capitalismo che esige il consumo continuo di ogni risorsa pur di garantirsela.

Citazione di: paul11 il 26 Luglio 2017, 00:26:33 AM
Penso  che adesso si capisca, meglio perchè ponevo la misura umana del controllo sociale delle comunità come "antidoto" anticapitalista.Perchè nelle comunità si imparava a vivere insieme, a cucinare a pulire i sentieri, a gestire i pozzi, ecc.non che fosse da santificare, non c'è nulla di perfetto, ma era qualcosa più vicino alle relazioni,ai rapporti  sinceri umani.D'altra parte le comunità spirituali perchè infatti sono organizzate in un certo modo?
E certamente è questo che occorre fare e occorre anche una misura appropriata di controllo sociale che istituisca dei limiti di contorno mantenendosi esso stesso entro i suoi giusti limiti di contorno. E non è mai poi stato così facile, né ieri né oggi, neppure nelle comunità spirituali, la storia ce lo racconta. La nostra immagine del passato tende spesso a essere o troppo idilliaca frutto di nostalgie falsamente rimemoranti o troppo negativa in nome di un progresso inesistente a cui si vuole credere. In ogni epoca  poter realizzare una vita comunitaria felice in modo durevole è stata una grande impresa che ha avuto rarissimi successi temporanei e oggi la sfida è ancora maggiore, ma è una sfida che non si può evitare, magari pensando di poter tornare agli ambiti ristretti di un passato che non c'è più.

CitazioneA me pare Maral che tu ne faccia solo un problema culturale e intellettuale, io invece ritengo che questa cultura deve necessariamente avere un legame ,un aggancio profondo con la nostra natura"ambigua".
Perchè in fondo ho un pò allargato la discussione sui migranti? Io passeggio per la strada della mia città e vedo una persona che chiede carità. mi colpisce intimamente e gli dò quel poco.Giro l'angolo della strada e appare un viale colmo di persone che chiedono la carità:cosa faccio?
Possiamo correre dietro ad una emergenza se è solo poca cosa, se è grande vuol dire che è sistemica che   la natura del  problema deve essere risolta oppure ci invaderà fino a noi stessi magari a chiedere la carità.

In primo luogo non è che nel passato, dal medioevo alla seconda rivoluzione industriale,  il numero di chi chiedeva la carità nelle campagne e nelle città fosse percentualmente inferiore, anzi. La figura del mendicante è stata nel passato assai frequentata. Forse si sperava, nel dopoguerra, di essersi lasciati il problema alle spalle con l'aiuto dello sviluppo tecnologico che più che risolvere il problema costruiva per noi un paravento, ma oggi ci accorgiamo che non è stato così, che la miseria c'è sempre come una volta e per questo vorremmo tanto tenerla fuori dalle mura per non vederla muoversi accanto a noi a venirci a mostrare la nostra stessa miseria, come in uno specchio.

CitazioneQuello de i"barconi" è un fenomeno irrisorio rispetto le migrazioni da transumanze per le vie del mondo che stanno accadendo e nulla potrà tornare come prima, perchè le tradizioni man mano si perderanno di generazione in generazioni poichè dentro un ciclo economico post-industriale che non è più naturale stressa i tempi e gli spazi .E' i l metabolismo che si adatta agli stress sociali e non viceversa. E questo è sintomo che il capitalismo e la tecnica non sono natura

Come le migrazioni (anche quelle da transumanza) accadono sempre, Le tradizioni si perdono sempre. Il problema è sì che le stiamo perdendo assai più rapidamente di un tempo, il mutamento tecnologico incalza e il divario tra ciò che possiamo fare (e quindi non possiamo non fare) e il senso di questo fare si perde continuamente e continuamente ci si arranca dietro venendo distanziati sempre di più. Ma non è certo tenendo fuori dalla porta i migranti che risolveremo la questione, anzi, non lo so, ma forse proprio l'incontro con la domanda che le loro culture antiche rivolgono al nostro mondo che vuole essere sempre nuovo ci aiuterà a ritrovare un più giusto equilibrio. L'importante è coglierla bene questa domanda, saperla intendere e pronunciare. Sì, lo so,
forse questa è solo una speranza, solo un sogno, ma non possiamo smettere di sognare, procedendo. Non possiamo smettere di avere fiducia con tutte le cautele che una seria fiducia impone e se la cosa fallirà almeno potremo sentirci soddisfatti di aver tentato ancora la strada per costruire una comunità giusta, come sempre hanno tentato gli uomini nei loro momenti migliori.
Alla fine comunque è sempre la natura che vince su ogni nostro disegno per quanto grandi siano le tecniche messe all'opera per realizzarlo e per quanto grandi siano i sogni umani che la natura ci fa sognare.