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Messaggi - memento

#31
Interessante vedere come le persone caschino,anche fragorosamente,dal pero quando si tratta di uscire dal "confine" segnato dai Vangeli e dettato dal Cristianesimo,e si comincia ad esplorare l' "universo" dell'Antico Testamento. Io non trovo alcuna contraddizione nel parlare di schiavitù in un libro sacro,ma forse oggi abbiamo un'altra concezione della parola "sacro",a cui deve necessariamente far rima "misericordia","compassione",tutti insegnamenti,appunto,cristiani e non ebrei. Il sacro in termini generali è un altra cosa,è l'evento storico che segna la memoria di un popolo e non può essere discusso ,ma solo venerato. Considerando anche il contesto storico,è normale che l'esercizio del potere e la violenza ne facciano parte. 

Oltretutto ritorna la domanda: cos'è morale? Per l'ebraismo lo è una forte discendenza,promessa e garantita dal Dio che li ha scelti. Oggi la coscienza morale è cambiata radicalmente,anche se abbiamo la pretesa,tutta moderna,di considerarla "universale",patrimonio dell'umanità. Un'ultima cosa: che un libro sacro sia lo strumento  della classe sacerdotale per domare la massa è altrettanto ovvio.
#32
Citazione di: sgiombo il 15 Aprile 2016, 17:15:01 PMVeramente non riesco a trovare nulla di problematico nella possibilità di contravvenzione alla morale, intendendola come tendenza comportamentale radicata nel singolo (in tutti i singoli della specie umana) in conseguenza dell' evoluzione biologica: esistono pure altre tendenze (e controtendenze, rispetto a quelle etiche) comportamentali.
Non mi risulta che nessuna teoria dell' etica abbia mai implicato l' impossibilità dell' azione malvagia o immorale.

La mia era una semplice perplessità al fatto che un comportamento derivante dall'evoluzione biologica (spiegazione molto minimalista che non tiene conto dei contesti storici e sociali in cui una varietà enorme di moralità e costumi si è potuta affermare) possa avere delle contro-tendenze: se l'organismo si ribella alla morale da cui esso stesso è connotato forse la sua origine non è propriamente naturale. O essere amorale è contronatura? Almeno Kant collocava la dimensione morale oltre la realtà del mondo fenomenico,perché sapeva che il libero arbitrio che ne era alla base non poteva spiegarsi con la necessità delle leggi di natura.
#33
Citazione di: sgiombo il 14 Aprile 2016, 19:52:32 PME' certamente utile per intenderci il chiarimento circa le filosofie di ispirazione platonica/parmenidea (più o meno remota e mediata); ora ti intendo meglio.


Tuttavia mi sembra che siano inconciliabili con la scienza filosofie che postulino l' esistenza di enti e/o eventi sopra- o preter- naturali immanenti, cioè interferenti con la realtà naturale - materiale e il suo divenire (per la chiusura causale del mondo fisico, a mio parere necessaria, indispensabile perché possa darsi conoscenza scientifica).
Filosofie che implichino enti e/o eventi sopra- o preter- naturali trascendenti, cioé non interferenti con il divenire della realtà naturale - materiale ritengo invece siano tranquillamente conciliabili e integrabili con le scienza (io stesso, nel mio piccolo, coltivo una filosofia, che ho più volte esposto nel vecchio forum, la quale implica la non riducibilità del pensiero alla materia ma un loro divenire per così dire "parallelo su diversi piani non interferenti", che non inficia la chiusura causale del mondo fisico e dunque é perfettamente conciliabile con la conoscenza scientifica; che non condiziona ma casomai integra).


Non vedo proprio come l' esistenza di una "morale universale", o un "imperativo categorico" per dirla come Kant, farebbe sì che non si ponga il problema: il problema della sua esistenza? Ma non é detto che tutto ciò che é reale debba anche essere immediatamente evidente nella sua realtà, e il fatto che vi sia chi dubita di qualcosa non dimostra che tale qualcosa non esista (per esempio per secoli c' é stato chi ha dubitato dell' esistenza di atomi e molecole, che però oggi é pressocchè universalmente accettata; il problema delle contravvenzioni a tale imperativo? Ma l' esistenza di una morale di fatto universale (in parte) non implica che sempre e comunque venga osservata, anzi!
Il concetto di violazione e di colpa, non meno che quello di osservanza e di onestà (o alla maniera degli stoici "virtù")  é quasi implicito in quello di morale; l' imperativo categorico é sempre stato inteso da Kant senza alcuna perpessità come passibile di essere disatteso.


Non credo che benessere collettivo universale e benessere individuale coincidano mai perfettamente: contrasti interumani ce ne sono sempre stati e sempre ce ne saranno, anche se di natura profondamente diversa nelle diverse epoche storiche.
La maggiore o minore adeguatezza allo sviluppo delle forze produttive umane dei diversi assetti sociali (per me innanzitutto e suprattutto dei  "rapporti di produzione" su cui si fondano) si "misura", per così dire alquanto metaforicamente, proprio dalla maggiore o minore estensione e intensità di queste contraddizioni fra benessere collettivo e individuale.


Non credo proprio che esista un nesso inevitabile fra il nichilismo morale e il progressivo estendersi di uno stile di vita agiato; casomai fra il nichilismo morale e l'imporsi di disuguaglianze e iniquità crescenti negli stili di vita e nei rispettivi agi (dunque il diffondersi di "stili di vita" agiatissimi e anche di "stili di vita miserrimi).


Che Stia alla filosofia porsi queste domande. E che ogni filosofia che si dica "amante della sapienza" non possa essere disgiunta dalle conoscenze scientifiche, anzi debba comprenderle in un progetto di più ampia portata sono perfettamente d' accordo.

La filosofia scevra da discorsi metafisici non deve postulare alcun ente o evento che contraddica la versione scientifica o che interferisca con la realtà naturale cosi conosciuta. È ovvio che metafisica e Scienza non possano interferire l'una con la materia dell'altra,ma questo per me è lontano dall'essere una vera conciliazione,quanto invece una "separazione consenziente".

Sul problema della morale:se tu intendi la coscienza morale come tendenza comportamentale radicata nel singolo,come mi pare di capire,allora non capisco come possa tu considerare una sua contravvenzione,altresì se appartiene alla coscienza collettiva questa morale "universale" non può non mostrarsi. In ogni caso l'universalità della morale è cosa più sostenuta che dimostrata (e questo l'hai detto anche tu,ma mi chiedo se possiamo riferirci a un concetto cosi arbitrario).

Per me benessere collettivo e benessere individuale non solo non coincidono ma divergono necessariamente,per propria natura,ostacolandosi quando possibile. Nel momento in cui si decide di fondere i due "sentimenti" in un unico grande ideale ,"benessere dell'umanità",questo rappresenta già di per sé una forzatura. Nessuna delle discipline scientifiche sarà mai in grado di garantire questo scenario cosi astratto e fuori dal mondo.
#34
Volevo fare un po' di precisazioni in merito al mio ultimo post.
Innanzitutto quando parlo di una filosofia ancora radicata nel pensiero religioso (ma sarebbe più consono dire metafisico,cosi chiarisco ogni dubbio) intendo riferirmi a quell'antico retaggio di origine platonica/parmenidea di porre il Logos al di là della realtà sensibile e apparente,che si fonda appunto sulla fede in un ente trascendente,qualsiasi esso sia. In questo senso ogni tentativo di conciliare filosofie di questo stampo (ancora largamente presenti) e scienza risulta vanificato in partenza. Non sto assolutamente equiparando filosofia e religione: la critica è proprio questa.
Sgiombo,credo che se esistesse una "morale universale",o un "imperativo categorico" per dirla come Kant,non ci staremmo nemmeno ponendo il problema.
Il "benessere dell'umanità" è un concetto "arbitrario e antiquato" perché presuppone che il benessere della collettività coincida con quello del singolo individuo. E in cosa consiste? Nessuno di voi ha mai supposto il legame fra il nichilismo morale e il progressivo estendersi di uno stile di vita agiato? Che il benessere non sia propriamente un argomento a favore della morale,sebbene si presenti come suo scopo?
Sta alla filosofia porsi queste domande. E ogni filosofia che si dica "amante della sapienza" non può essere disgiunta dalle conoscenze scientifiche,anzi deve comprenderle in un progetto di più ampia portata. Ma non è solo di filosofia che si tratta,so benissimo.
#35
Citazione di: cvc il 12 Aprile 2016, 11:40:07 AM
Da donalduck e maral è stata accennata la questione su cosa si intenda o si debba intendere per natura. Le origini del pensiero filosofico greco hanno come una delle sue premesse fondamentali quella di osservare le cose nella loro totalità. Ed è in questa visione totalizzante o, meglio, in questo tentativo di trovare un elemento comune in cose apparente diverse ed eterogenee che si dovrebbe collocare il concetto di natura, inteso come ordinamento del tutto. Questo tentativo di mettere ordine nel caos del divenire e del molteplice, che è l'approccio filosofico greco, diverge profondamente dalla prassi scientifico-sperimentale per cui si parte dal singolo evento, l'esperimento, per poi giungere a concetti via via più generali. Quindi non si tratta del fatto che una qualche nuova scoperta possa cambiare la precedente visione del mondo. Si tratta di visione top-down contro visione bottom-up. La differenza è nel metodo, non nelle scoperte.

Condivido ,ho già espresso l'origine di questo "dislivello" nel mio primo post. La filosofia è ancora essenzialmente radicata nel pensiero religioso (basti pensare alla dialettica hegeliana),mentre la scienza,come ho avuto motivo di approfondire nell'altro thread,utilizza un metodo di matrice atea,esclude cioè qualsiasi teoria che non possa essere valutata empiricamente. Il contrasto perciò è molto forte. Collocare il Logos al di là del dato apparente,divinizzare la natura,è un pensiero che non può e non deve appartenere al fare scientifico. Ma quando smetteremo di guardarci indietro? Dio è morto e nessuno che tragga le conseguenze.
Non si può parlare di etica come se esistesse un'unica morale..si continua a reiterare nell'errore.
Il sapere scientifico ci mostra che gli usi che si possono fare delle forze naturali sono molteplici e svariati. Perciò dovrebbe essere chiaro che anche gli scopi per cui la scienza può e viene utilizzata sono tanti e disparati. Il "benessere dell'umanità" è un concetto arbitrario,filosoficamente antiquato. Ancora una volta la scienza dovrebbe riferirsi ad un dato totalmente trascendente per definire sé stessa? Dovrebbe andare alla ricerca di questo irraggiungibile Santo Graal?
#36
Citazione di: donquixote il 09 Aprile 2016, 20:13:49 PMLa questione basilare è sempre la stessa: l'incapacità di comprendere che cosa si intende con Dio. Oltre ovviamente a tutti i testi sacri e i loro commentari,  qualunque studioso, qualunque teologo (anche fra i più ignoranti e ormai lo sono quasi tutti) e addirittura qualunque prete (o monaco) oltre ad una pletora di persone mediamente acculturate, pur non conoscendo Dio saprebbero perlomeno dire che è "spirito", e quindi impossibile da percepire con i sensi. Siccome tutte le "prove" pretese da costoro sono basate sul metodo scientifico e quindi sulla percezione sensoriale è ovviamente impossibile averne. Ma continuano ad insistere sul medesimo tasto: sarà anche affrontare il problema in modo scientifico e razionale, ma sicuramente non intelligente e totalmente inutile.

Per quanto riguarda la dottrina dell'ateismo che tu affermi non esistere io ho in casa il "Trattato di ateologia" di Michel Onfray, filosofo francese  che è uno dei più autorevoli pensatori in questo campo, e addirittura il "Catechismo di ateologia" (sottotitolo: in cosa crede chi non crede) di Paul Desalmand, scrittore e docente universitario, sempre francese. Ma secondo me se vai su IBS e digiti ateismo troverai diversi volumi che trattano di questa dottrina (e anche se per evitare gli "ismi" usano il suffisso "logia" il risultato è il medesimo)

Sono d'accordo,non è necessario esplicitare che l'idea di un Dio sia completamente irrazionale. Anche se questo puro spirito assomiglia sempre più ad un puro nulla..
Sul secondo punto: intendevo una dottrina di tutti gli atei. Non ho mai letto i libri che tu hai citato,eppure mi ritengo un non credente a tutti gli effetti. Accostare l'ateismo ad una religione non ha molto senso.
#37
Citazione di: donquixote il 09 Aprile 2016, 16:52:02 PM

Se fosse vero quello che affermi nella prima frase allora dovresti spiegare il senso di tutto quel proliferare di siti internet, di letteratura e di saggistica attraverso cui autori (scienziati, professori, giornalisti) che si dichiarano atei o quantomeno agnostici discutono eccome di queste "teorie", e tentano di convincere in tutti i modi i cosiddetti "credenti" che il loro "credere" è un atteggiamento da poveri idioti.
E la fede è esattamente il contrario di un atteggiamento miope, per il semplice fatto che è fede in qualcosa di universale, ovvero in qualcosa che più grande non si può, mentre l'atteggiamento del non credente, che si rivolge a ciò che può vedere e quindi a ciò che a lui è più prossimo, è invece rigorosamente miope (miopia= capacità di vedere chiaramente solo gli oggetti vicini, e contestuale incapacita di vedere quelli lontani).
E infine, tanto per la precisione, la parola ateismo si scompone in a-teismo con "a" privativo, ovvero "senza" e teos, ovvero dio; l'ateismo è quindi la dottrina dei senza dio.

Effettivamente il lavoro di questi scienziati,professori,giornalisti,eccetera,tende a sminuire la posizione atea più che a rafforzarla,se la si intende come reazione e antitesi alla fede religosa. D'altra parte va sempre sottolineato come la fede sia un errore che la ragione non può permettersi. Perciò non ho alcun dubbio che la maggior parte di questi autori abbiano affrontato il problema scientificamente e razionalmente,e che,in mancanza di prove in sostegno dell'esistenza di Dio,ne abbiano decretato la non validità. Quindi,per rispondere alla tua domanda,in alcun modo si è usciti dal campo dell'esperienza come criterio di valutazione di una teoria.

La fede è un atteggiamento miope nel momento in cui non vede la contraddittorietà delle proprie ipotesi. L'occhio miope quando guarda da lontano semplifica e sfuma le forme esattamente come il credente in Dio elimina tutte le irregolarità e le contraddizioni universali. Colui che ha un'ottima vista invece sa cogliere il particolare e l'eterogeneità delle forme che osserva. Fondamentalmente la metafora voleva essere questa.

Sulla scomposizione della parola ateismo volevo evidenziare il suffisso -ismo,che indica come tu stesso hai detto una dottrina,inesistente fra gli atei.
#38
Ciao Garbino,ben ritrovato anche a te :)
Dall'ultima volta in cui si è trattata la filosofia nicciana,ho deciso di rimettermi in pari e incominciare a rileggere "genealogia della morale" . Almeno cosi spero di seguire con una certa cognizione di causa i tuoi commenti all'opera.

Il titolo che hai scelto è abbastanza indicativo del pensiero di Nietzsche,il filosofo del divenire per eccellenza. In particolare egli ritiene gli uomini superiori gli unici in grado in garantire un futuro a sé stessi e agli altri: cos'è questa se non la vera definizione di potenza,spesso confusa con il concetto di forza ("non la forza,ma la costanza di un alto sentimento fa gli uomini superiori",aforisma 72 di "al di là del bene e del male") . Chi ha letto l'Anticristo,si ricorderà certamente il forte rammarico di Nietzsche per l'eredità dell'impero romano andata perduta proprio a causa dell'azione nichilista messa in atto dal cristianesimo. 

Quali sono i valori che sostengono la vita? E quali quelli che l'attecchiscono?
A questo proposito genealogia della morale si propone di indagare l'origine degli ideali,le motivazioni che si celano dietro la loro creazione ("quanto sangue e quanto orrore è al fondo di tutte le cose buone"),l'effetto fisiologico che ne consegue. Presa in questo senso quest'opera può essere considerata il primo passo verso la "trasvalutazione dei valori" che il filosofo tedesco non fu purtroppo in grado di proseguire dopo il già citato Anticristo.
#39
Citazione di: Duc in altum! il 09 Aprile 2016, 12:37:19 PM
**  scritto da memento:
CitazioneInnanzitutto l'ateismo non è una visione del mondo,ma un diverso approccio verso la realtà
Potresti anche dire che l'ateismo è un'ipotetica verità alternativa a Dio, con uguali probabilità di essere davvero la giusta.
Infatti, l'approccio di cui parli è una scelta soggettiva e non una Verità oggettiva.
Anch'io, cattolico, posso sostenere d'avere un approccio verso la realtà diverso da quello di mio fratello che si autoproclama ateo, o mio cugino che è buddista praticante.
Siamo sempre allo stesso punto, si pensa (o ci s'illude) che "l'Io Credo in..." è solo rivolto presso Dio.

Bisogna confrontarsi lealmente e francamente con noi stessi per riflettere che è possibile rimpiazzare Gesù, Maometto o Manitù, con l'Ego, il Lavoro, il Caso, il Nulla, il Danaro, il Vizio, lo Studio, ecc. ecc. :-\
E' che questo processo umano è inevitabile.

L'approccio verso la realtà sono azioni fisiche e spirituali (o sentimentali per capirci), quindi chi decide quali siano quelle corrette? L'Ateismo? E da quando l'ateismo è sinonimo di Verità incontrovertibile?   ???



CitazioneLa persona atea,areligiosa,non cerca e trova le ragioni da un mondo al di là (un mondo dietro un mondo,parafrasando Nietzsche),ma dalle cose e dai fenomeni di cui può fare esperienza. Il metodo scientifico può essere considerato nelle sue finalità una metodologia atea,forse la prima in assoluta,perché non ricerca la causa finale,il principio ultimo della realtà,bensì la causa efficiente che ha originato l'evento e che può osservare.
Belle parole, ma che possono essere credute per certe solo grazie alla Fede in esse, giacché esse, e nei concetti, opinioni, o idee relative in esse contenuti, non c'è verità oggettiva certa.

Se uno desidera incontrare le ragioni del Mistero nell'aldiquà, benvenuto, ma non è che fino ad oggi questa "Scienza" abbia potuto affermare incontrovertibilmente che c'è una ragione certa di come è nato Saturno o Maradona.
Può dirci, inconfutabilmente, di che sono composti e quali sono le loro funzioni materiali, ma non può "sapere" qual è la loro vera ragione d'esistere.



CitazioneCos'è l'ateismo? Capire che l'idea di Dio non è necessaria (probabilmente anche deleteria) per conoscere le forze che regolano la natura.
Certamente, può darsi, ma per distinguere le forze che regolano la tua esistenza impossibile. Ma se vuoi fidarti di essa, è solo per fede, con la "religione" che ne consegue.Pace&Bene
Pensavo fosse implicito nella parola "approccio" la soggettività della scelta atea. L'ateismo non può costituire in nessun modo verità alternative alle religioni perché appunto non ha alternative metafisiche e non è intenzionato a crearne di nuove. Il non credente non ha interesse a discutere di teorie da cui non può trarre esperienza,è questo il diverso "approccio" nei confronti della realtà. Non ho escluso che possa credere in altre cose,dopotutto l'ateismo non è un sistema di pensiero unitario come quello religioso,ma include un'insieme di istanze a volte molto diverse fra loro. Anche la parola "ate-ismo" è abbastanza fuorviante,non esiste alcuna dottrina.
Volevo fare un'altra distinzione,tra credere e avere fede. La fede,cosi come la si intende religiosamente,non può essere discussa e smentita,si caratterizza come un atteggiamento miope nei confronti della realtà; è possibile invece che il non credente possa cambiare opinione su un argomento,se gli sarà mostrata una ragione per farlo,o semplicemente per convincimento personale. È possibile,dico,perché l'ateismo non è esente dalla tentazione di credere in maniera assoluta,dall'avere fede in altri idoli.
#40
L'argomento è stato abbondantemente dibattuto nell'altro forum,ma il problema di fondo era e rimane lo stesso: quando si incontrano due posizioni cosi diverse e lontane la discussione tende a sfociare in un continuo tentativo di persuasione dell'una sull'altra. E la tesi portante del topic è uno fra questi. Mi limiterò perciò solo a esplicitare il "problema" dell'esistenza di Dio da una prospettiva atea. Io credo infatti (si ho usato il verbo credere,prego non strumentalizzate anche l'uso della lingua) che vedere nell'ateismo una fede,un certo dogmatismo,una convinzione faccia ancora parte di una visione religiosa delle dinamiche di pensiero,per cui sostanzialmente le premesse metafisiche (in questo caso l'esistenza di una divinità) divengono il fondamento e il criterio di valutazione di ogni affermazione. In sintesi questa prospettiva si difende sostenendo che,per quanto l'idea di Dio non possa essere più dimostrata,rimanga tuttavia un problema (è un assurdo,lo so,ma la religione esclude volontariamente ogni razionalità). Non voglio giudicare questo modo di vedere le cose,nè convincere nessuno,ma vorrei sottolineare la distanza del punto di vista ateo da questi preconcetti di origine religiosa. Innanzitutto l'ateismo non è una visione del mondo,ma un diverso approccio verso la realtà. La persona atea,areligiosa,non cerca e trova le ragioni da un mondo al di là (un mondo dietro un mondo,parafrasando Nietzsche),ma dalle cose e dai fenomeni di cui può fare esperienza. Il metodo scientifico può essere considerato nelle sue finalità una metodologia atea,forse la prima in assoluta,perché non ricerca la causa finale,il principio ultimo della realtà,bensì la causa efficiente che ha originato l'evento e che può osservare.
Cos'è l'ateismo? Capire che l'idea di Dio non è necessaria (probabilmente anche deleteria) per conoscere le forze che regolano la natura. E forse anche se stessi,per chi vuole osare a tanto. Bisogna specificare che l'ateismo si è evoluto e si sta evolvendo ancora,accoglie con sé qualsiasi tipo di filosofie,spesso contrastanti. E in questo senso si può condividere in parte ciò che dicono Duc e Freedom: l'ateo crede ancora. Ma non in un non-Dio (il nulla,il caso,etc),ma in certezze a cui si aggrappa per non vedersi travolto all'improvviso. Troppe contraddizioni si rivelano per chi non vede alcun Dio,ci si perdoni di essere un po' incoerenti e ipocriti a volte. 
Per rispondere alla domanda del thread,assolutamente no,si fa un torto al non credente nel pensarlo credente. Il rispetto di due opinioni cosi divergenti si ottiene solo nel rispetto della loro irriducibile diversità.
#41
Citazione di: maral il 04 Aprile 2016, 16:18:03 PM
Le frontiere che le biotecnolgie stanno aprendo sembrano sempre più venire a sfidare la concezione che abbiamo dell'individuo vivente. Appare evidente che ciò che il biotecnologo sa di poter fare travalica di gran lunga il significato di quello che possiamo comprendere e  quanto, soprattutto le biotecnologie, rendano tragicamente antiquato l'uomo nel suo modo di sentirsi e di pensarsi, di stabilire un'etica.
La questione che qui pongo alla vostra attenzione è quale rimedio si può porre a questo "dislivello prometeico" (secondo la felice espressione di Gunther Anders) e quindi se la filosofia può ancora dire qualcosa in merito o non le resta che affidarsi alla biologia, lasciando alla sua capacità di fare (e che comunque farà) il compito di istituirsi come unica filosofia possibile.
Innanzitutto ben ritrovati a tutti in questo forum nuovo di zecca,speriamo abbia la fortuna del primo.
Che la Scienza possa stabilire una propria filosofia,ossia dei valori propri,è fuorviante. La conoscenza scientifica non si dà scopi che non gli siano stati già precostituiti,ma pone all'uomo uno sguardo per comprendere la realtà cosi come lo circonda,il modo in cui si organizza e si disfa,si trasforma. Ma non fa filosofia; L'uso distorto che si può fare delle biotecnologie,anche se non sei entrato troppo nel merito,non è imputabile alla disciplina stessa. Ma,al contrario,denota un grosso limite della ricerca filosofica moderna.
Come si pone rimedio a questo dislivello? Senza dubbio riportando la filosofia a guardare la VITA per saperla poi affrontare,per scoprire ragioni non in enti trascendenti e assoluti ma insite nell'uomo e nella sua natura. Se la filosofia osserva le nuove teorie delle scienze con indifferenza,fondamentalmente è perché guarda la realtà con la stessa indifferenza. Quanto può valere una filosofia che tratti di principi ultimi e non del qui e ora,una filosofia della morte? Potrà mai essere amica della conoscenza?