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Messaggi - Loris Bagnara

#31
Tematiche Filosofiche / Re:Esistenza dell'eternità
17 Aprile 2018, 12:07:26 PM
Citazione di: viator il 16 Aprile 2018, 23:15:21 PM
Salve. Per Loris Bagnara. Finalmente leggo una risposta chiara ad un quesito chiaro. E, ti assicuro, ciò indipendentemente dal tipo di argomentazioni (che condivido completamente) e dalla loro maggiore o minore correttezza logica. Ma sembra difficile trovare chi parli chiaramente, perché chi parla chiaramente purtroppo non può fare molto sfoggio di cultura o pseudocultura.
Grazie Viator  ;) , anch'io apprezzo particolarmente chi parla chiaro e conciso, e per questo mi sforzo di fare altrettanto.

Angelo ha scritto:
CitazioneMa quindi quale viene ad essere il contenuto, il significato, della parola "Dio", ora che tu l'hai usata, visto che hai detto che non è possibile parlarne? Se non è possibile parlarne, come hai fatto tu a parlarne?
Angelo, non far finta di non conoscere la teologia negativa!   :D  Sei troppo ben preparato per non sapere che di Dio si può dire solo ciò che NON è...

L'Assoluto è al di fuori della manifestazione, e quindi totalmente inafferrabile (trascendente) per noi che siamo dentro la manifestazione, pur essendo "tessuti" con la sua "materia"...
Il Dio personale delle religioni è un essere già calato nella manifestazione; non un creatore, ma un sub-creatore (intendendo per "creazione" la trasformazione di ciò che già c'è, e mai "creazione dal nulla").

Dall'infinità dell'esistente emergono altre interessanti implicazioni.
Se è vero che nell'Assoluto vi sono tutte le infinite potenzialità, il compito della manifestazione è quello di tradurre in atto tutte le potenzialità.
Le coscienze individuali sono fra queste potenzialità. E' logico assumere allora che nella manifestazione si realizzi una gerarchia infinita di esseri senzienti a tutti i possibili livelli evolutivi, dalla coscienza più vaga e limitata, a quella più perfetta; da quella più focalizzata nell'individualità, a quella più espansa nell'universalità...
in poche parole, nella manifestazione si troverà pure qualcosa di molto simile al Dio delle religioni: un essere (anzi, infiniti esseri) talmente superiore all'uomo da apparire, appunto, come Dio creatore dell'universo.

Da ciò segue anche che la coscienza, non nelle piccole individualità, ma nelle sue espressioni più estese, è coeterna alla manifestazione.
#32
Tematiche Filosofiche / Re:Esistenza dell'eternità
16 Aprile 2018, 21:40:02 PM
Citazione di: viator il 14 Aprile 2018, 16:19:06 PM
Salve. Esiste l'eternità secondo voi ?
Che l'Esistente sia eterno io lo dò per scontato.
Il ragionamento è semplice.
Se l'Esistente non fosse eterno, vorrebbe dire che ha avuto un inizio.
Se ha avuto un inizio, vuol dire che prima dell'inizio dell'Esistente, non c'era nulla.
Ma se non c'era nulla, non c'era nemmeno alcuna Causa Iniziale che potesse trarre alcunché da quel Nulla.
Dunque, l'inizio dell'Esistente a partire da un precedente Nulla è palesemente assurdo.
Pertanto, è da rigettare l'ipotesi iniziale che l'Esistente abbia avuto un inizio; e se l'Esistente non ha avuto un inizio, per una sorta di simmetria non potrà avere nemmeno una fine, altrimenti dovremmo assumere la sussistenza di una Causa Finale che, nell'atto di cancellare la manifestazione, cancella anche se stessa.

Detto questo, e assodato che l'Esistente è eterno, la domanda più interessante mi sembra questa:
l'Esistente, oltre che eterno, è anche Infinito?

Anche in questo caso è innanzitutto un senso di simmetria a suggerire che la risposta è sì.
Ma si può fare anche un altro ragionamento.
Alcune migliaia d'anni di filosofia hanno appurato che un ente finito, limitato, contingente, non può essere causa di se stesso.
Un essere contingente richiede una causa esterna a se stessa.
Ora, l'unico modo di sfuggire all'esigenza di una causa, è assumere che l'Esistente sia infinito,
intendendo l'infinito come infinità di tutte le possibilità.
In questo infinito vi saranno tutte le possibili cause di tutti i possibili effetti.
E quindi il problema si dissolve.

Infine, è evidente che questo ente infinito è l'Assoluto, nel senso di assolutamente privo di attributi e definizioni, e dunque immobile in un eterno presente. L'infinito non può divenire, perché già contiene in sé tutti i suoi possibili stati.
Il divenire è una pura illusione, un gioco che si gioca all'interno dell'Infinito, una delle infinite possibili esplorazioni delle sue infinite possibilità.

E naturalmente, questo ente infinito non ha nulla a che fare con il Dio delle religioni.
#33
Tematiche Spirituali / Re:Infusione dell'anima
07 Aprile 2018, 12:16:53 PM
Citazione di: Socrate78 il 07 Aprile 2018, 11:49:08 AM
Per quanto riguarda un individuo che muore in tenera età, certo credo che sia accolto in Paradiso, ma è anche possibile che Dio lo sottoponga ad una prova nell'al di là, per vedere se è veramente degno, come anima, di stare con Lui.
Se è così, qual è la funzione della vita terrena, se è vero che si può esser accolti in paradiso senza averla vissuta?
Quanto a una possibile prova nell'aldilà, è molto più coerente e semplice pensare che la prova avvenga qui sulla Terra, in una nuova incarnazione.
Altrimenti dovremmo pensare a un ulteriore regno oltremondano, il "regno delle prove", oltre al paradiso, all'inferno e al purgatorio...
#34
Tematiche Spirituali / Re:Infusione dell'anima
07 Aprile 2018, 09:57:09 AM
Un altro tema che andrebbe discusso, e non semplicemente lasciato nell'ombra del mistero, è quello dell'individuo che muore in tenera età, o che è gravemente menomato dal punto di vista intellettivo.
Stiamo nell'ambito della costituzione tripartita dell'essere umano.
Lo spirito, la scintilla divina, non è minimamente condizionata da quel che accade al corpo; ma l'anima sì, la sua formazione resta incompleta e imperfetta.
Che accade dunque allo spirito di questo individuo? Qual è il suo destino nella visione cattolica? Paradiso o purgatorio (escludendo a priori l'inferno, perché l'eventualità mi parrebbe mostruosa)?
#35
Tematiche Spirituali / Re:Infusione dell'anima
05 Aprile 2018, 12:40:34 PM
Citazione di: Socrate78 il 05 Aprile 2018, 11:53:24 AM
Io non credo e non crederò MAI nel karma e nelle reincarnazioni, a mio avviso queste cose portano la persona anche a mancare di compassione verso i suoi simili, infatti si potrebbe benissimo dire che una persona che fa una vita pessima, piena di malattie e di miseria (o che nasce con un handicap...) debba scontare un karma dovuto ai peccati della vita precedente, quindi meriti di soffrire e le sue sofferenze non vadano neanche alleviate, altrimenti si ritarderebbe la purificazione. Madre Teresa di Calcutta infatti polemizzava contro chi nel contesto indiano attribuiva al karma le sofferenze dei derelitti, proprio per il motivo che ho appena esposto sopra! Non si capirebbe inoltre perché mai ci siano persone fortunate che però sono grette, egoiste e malvagie: se il destino prospero è il frutto di una purificazione precedente non dovrebbe essere così. Quindi anche se la soluzione del karma sembra razionalmente brillante e coerente, non è detto che per questo sia VERA: ciò che è conforme alla nostra ragione non è per questo vero.
Queste obiezioni di solito denotano una conoscenza superficiale del karma e della reincarnazione.
Tanto per cominciare, questa dottrina NON è affatto una scusante per tollerare alcun genere di sofferenza: basti considerare l'esempio del Buddha, il cui percorso spirituale parte proprio dalla compassione per le sofferenze degli esseri umani, eppure il contesto in cui si inserisce la sua dottrina è proprio quello del karma e della reincarnazione.

Ma poi, molto più semplicemente, se io osservo sofferenza intorno a me, ed egoisticamente non faccio nulla per alleviare tali sofferenze, sono io stesso ad accumulare karma negativo che poi dovrò scontare. Ripeto, nessuna scusante.

Per quanto riguarda le apparenti incongruenze nel destino delle persone (persone grette e fortunate, persone ammirevoli e sfortunate etc), la dottrina del karma e della reincarnazione le spiega in questo modo: causa ed effetto non si completano necessariamente in una sola vita, anzi molto raramente ciò accade. Per cui bisognerebbe considerare il complesso di più vite (cosa possibile solo a un illuminato) per poter vedere come cause ed effetti (vizi e pregi, fortune e sfortune) si bilancino in armonia. Ogni individuo segue un percorso evolutivo differente che è esattamente prodotto dalle cause che egli stesso ha messo in moto.

Per contro, il cristianesimo come spiega le medesime incongruenze che ravvisi?
Col nulla più totale. Sono semplicemente incomprensibili. Il fedele è costretto a rimettersi alla insondabile volontà di Dio, alla superiore sapienza divina, al mistero... E se il destino di un individuo è palesemente ingiusto, be' allora sarà ricompensato nell'aldilà.
Meglio questa visione?
#36
Citazione di: Angelo Cannata il 02 Aprile 2018, 16:45:27 PM
[...] È un'operazione che ho visto compiere a tanti, partire dalla religione cristiana e poi proseguire la riflessione attenendosi a presupposti ad essa estranei, come per esempio il monismo a cui hai fatto riferimento. Non è vietato fare questo, ma bisogna anzitutto avere consapevolezza che si stanno applicando ad un contesto delle regole ad esso estranee; in secondo luogo, sarà senz'altro di giovamento alla discussione chiarire che si sta facendo quest'operazione, altrimenti si pesca nel torbido. In questo senso non è vietato che tu parta dal Cristianesimo e poi decida di proseguire applicandovi qualsiasi tua ideologia. È bene però aver chiaro che cosa si sta facendo, cioè non ti stai più muovendo nel Cristianesimo, ma stai producendo una tua libera creazione. Con operazioni del genere non ha senso poi lamentarsi col Cristianesimo per eventuali incoerenze che ne risultano: è ovvio che devono risultare delle incoerenze, perché hai deciso di applicare idee che al Cristianesimo sono estranee. [...]
Certamente Angelo, hai ragione. Infatti non intendo giudicare il Cristianesimo alla luce del monismo.
Io dico questo: ognuno di noi parte dall'esigenza di avere risposte ai problemi che sente più pressanti,
e per cercare queste risposte si trova di fronte ad una vasta "offerta" di religioni e dottrine filosofiche.
Ora, la prima cosa che io sento di dover fare è di scegliere una visione di fondo: monismo o dualismo?
(Per quanto mi riguarda, la mia scelta va al monismo.)
Da ciascuna delle due opzioni discendono poi diverse altre scelte più specifiche; ma è chiaro che una volta fatta la prima scelta,
non ha più senso confrontare fra loro dottrine e religioni che non appartengono allo stesso filone.
#37
Tematiche Spirituali / Re:Infusione dell'anima
05 Aprile 2018, 10:51:47 AM
Citazione di: viator il 03 Aprile 2018, 23:32:38 PM
Quindi potremmo dire, ad esempio, che l'anima in sé sia entità e funzione (potenziale od attuale a seconda dell'età del soggetto) separata dalla coscienza (la quale matura successivamente sia al concepimento che alla nascita, mi sembra).

E che, poiché è il possesso di una coscienza che rende responsabile il soggetto delle proprie azioni, l'anima in sé non avrebbe la capacità di peccare, perciò risulterebbe improprio parlare di eventuale dannazione o beatificazione delle anime. In sostanza, alla morte non dovrebbero essere le anime ad andare in Paradiso o all'Inferno, ma dovrebbero essere le coscienze.

Ma ancora - salvo smentite dottrinali - credo che anche la Chiesa Cattolica sostenga che - alla morte di un corpo - la coscienza si spenga definitivamente (la coscienza per inciso svanisce temporaneamente anche in caso di sonno, svenimento e coma reversibile).

Oppure alla morte, secondo la dottrina, sopravvivono sia l'anima che la coscienza ?? Se la coscienza non sopravvive alla morte non si capisce poi come - da incoscienti - si possano poi soffrire le eventuali pene dell'Inferno o beatitudini del Paradiso, inclusa l'eventuale contemplazione dell'Ineffabile.
Io credo che gran parte delle indubbie difficoltà logiche che Viator giustamente ravvisa, derivino dall'aver dimenticato che l'essere umano non è bipartito (anima/corpo), ma tripartito (spirito/anima/corpo). E' stato lo stesso catechismo cattolico ad aver propugnato questa semplificazione, dimenticando che nel NT e anche nell'AT la visone tripartita è piuttosto chiaramente affermata.
Lo spirito è la scintilla divina, sede della coscienza imperitura dell'individuo e della sua libera volontà.
L'anima è la "cinghia di trasmissione" fra lo spirito e il corpo, ed è la sede della personalità peritura dell'individuo soggetto ai vincoli della materia.
Il corpo è la macchina, lo strumento a disposizione dello spirito per interagire, tramite l'anima, con il piano materiale.
In paradiso o all'inferno ci va lo spirito, non l'anima e tanto meno il corpo materiale che l'individuo usò nella vita terrena. Pensare diversamente, significa aprire la porta ad una serie di situazioni paradossali e grottesche come quella delle "sette mogli", o come quella dell'individuo che muore in tenera età, o che è gravemente malformato. Con quale anima o con quale corpo va in Paradiso (o all'Inferno) un'individuo morto in tenera età o gravemente malformato?

La tripartizione dell'essere umano è dunque un concetto imprescindibile anche in ottica cristiana, benché sappia dispiegare tutto il suo potenziale esplicativo soprattutto se combinato con la dottrina del karma e della reincarnazione.
A questo proposito, vorrei dire qualcosa sul Purgatorio.

Il Purgatorio è stato introdotto tardivamente dalla Chiesa per sopperire a una manchevolezza evidente: come può l'anima di un individuo appena deceduto essere pronta e degna di entrare subito in Paradiso? Come si può passare in un attimo da una condizione di imperfezione (anche se non irrimediabile) ad una di perfezione?
E' chiaramente assurdo, e per questo è stato introdotto un periodo intermedio di purificazione: il Purgatorio, appunto.
Ora, è chiaro che la dottrina del karma e della reincarnazione risolvono il problema in maniera molto più brillante e coerente: per purificarsi, l'individuo ha a disposizione non una sola vita, ma più vite. Lo scopo della vita terrena è proprio quello che la Chiesa assegna al Purgatorio: perfezionare l'individuo, costruire la sua santità.
In questa visione non serve un regno intermedio dove l'anima stazionerebbe dopo la dipartita; ma non serve nemmeno il regno infernale, perché è impensabile che con molte vite a disposizione un individuo non riesca a perfezionarsi. L'individuo continuerà a incarnarsi sul piano fisico finché non sarà pronto ad andare oltre. In quest'ottica, il fallimento estremo e irrimediabile non esiste.
#38
Innanzitutto grazie, Angelo, per la tua risposta: ora comprendo che hai intrapreso un tuo personale, e forse anche difficile, percorso di ricerca.

Citazione di: Angelo Cannata il 01 Aprile 2018, 17:12:26 PM
Loris, la fede non si può costruire su basi scientifiche per il semplice fatto che Dio non potrà mai essere individuato dalla scienza, né dimostrato in maniera stringente, capace di resistere alla critica, da alcun tipo di ragionamento filosofico. Ciò è dovuto non a qualche limite di misura della scienza o della filosofia, nel senso che ci sia pur sempre speranza di arrivarci in futuro, ma ad una differenza fondamentale di ambiti di azione.
Dio, per definizione, trascende il mondo fisico, si pone in modalità relazionali con l'uomo che pongono in questione ogni nostra concezione del mondo fisico. [...]

Ora, sembra che tu però interpreti la trascendenza di Dio di cui ho appena parlato come inevitabilità, per conseguenza, di dover interpretare la Bibbia in maniera letterale. A dire il vero, sei stato proprio tu a reclamare come migliore l'interpretazione letterale della Bibbia, nel messaggio n.22 di questa discussione, quindi, se c'è qualcuno che manderebbe al rogo persone, saresti proprio tu.
Hai chiamato ipocrisia il dialogo della fede con la scienza, ma ciò sarebbe vero se si dimostrasse che in questo dialogo venga tradita almeno una delle due, la scienza oppure la fede. Ciò non è mai stato dimostrato, se non da chi abbia preteso di avere qualche monopolio su come la fede debba essere interpretata.

Riguardo ai punti di cui sopra, aggiungo quanto segue a chiarimento del mio pensiero.

1) La trascendenza di Dio. La mia visione è assolutamente monista: l'universo (o meglio, gli infiniti universi) sono manifestazioni dell'UNO, e dunque tutto partecipa della stessa sostanza fondamentale. In questo contesto il concetto di trascendenza non ha senso, e pertanto, invece acquista pienamente senso e legittimità il percorso che suggerisco io, dal basso verso l'alto, dalla scienza verso il divino attraverso l'uso della ragione. Questo non per definire scientificamente e matematicamente il divino (un'area inafferrabile resterà sempre e comunque), ma per mettere a fuoco e per restringere il campo della ricerca e delle possibili soluzioni. E poi perché, come dicevo, ritengo che il cosmo sia armonia, che l'alto sia come il basso (fondamentale principio ermetico) e che tutti gli strumenti convergano verso la stessa verità.

2) Interpretazione letterale della Bibbia. Io credo che in primo luogo si debba verificare se l'interpretazione letterale del testo possa avere un significato concreto (magari anche teologicamente scomodo), prima di proporre interpretazioni allegoriche, simboliche, o comunque più alambiccate. A mio avviso, moltissimi passi dell'AT potrebbero essere semplicemente letti in senso letterale, ma questo condurrebbe verso uno scenario incompatibile con la teologia. Per me, quindi, l'AT è essenzialmente un documento storico, un resoconto di fatti concreti (un resoconto magari, a volte, ingenuo e semplificato) dove alcuni di questi fatti sono raccontati in un linguaggio che, ai nostri occhi, diventa "mito". Insomma, io non manderei nessuno al rogo perché non crede a quel che è riportato in un documento storico...

3) L'ipocrisia del dialogo scienza fede. A mio avviso, proprio la fede è stata tradita, usandola come strumento contro la scienza, e poi ritraendo la mano, facendo quasi finta di nulla. Con l'imposizione delle verità di fede (una fede ottusa e dogmatica) Galileo è stato prima costretto all'abiura, e poi riabilitato quattro secoli dopo. Peggio è andata a Giordano Bruno, che, oltre ad aver perso la vita, non so se sia nemmeno stato riabilitato. Ora la chiesa propone delle verità di fede più sfumate, più aperte all'interpretazione simbolica, ben attenta a non andare contro le verità della scienza; ben attenta a mantenere il proprio "orticello" e a conservare il controllo sulle coscienze. Una sorta di spartizione di territori fra grandi potenze: la Chiesa riconosce la sovranità della Scienza nel suo territorio, e la Scienza restituisce il favore. E' questo che intendo per ipocrisia.
#39
Citazione di: Angelo Cannata il 31 Marzo 2018, 23:13:52 PM
Come hai scritto tu stesso, la fede fa il tragitto più breve, cioè non ha bisogno di fondarsi sulla scienza, né sulla filosofia; ha il dovere di mantenersi in dialogo con esse, ma dialogare è diverso da fondarsi. Se per avere fede intendi aspettare di avere prima sufficienti elementi forniti dalla scienza o dalla filosofia, allora non solo non giungerai mai alla fede, ma l'eventuale fede a cui giungerai sarà una fede falsa, distorta, perché fondata su elementi che non possono fondare la fede.
La tua concezione della fede è esattamente quella che ha mandato al rogo milioni di persone per eresia, stregoneria e simili. Allora si doveva credere alla lettera della Bibbia e ai dogmi, anche se i concetti espressi nelle lettera della Bibbia e nei dogmi erano palesemente in contrasto con nuove le nuove acquisizioni della scienza, e perfino in molti casi difficilmente sostenibili dal punto di vista logico e razionale.
Hai ammesso tu stesso, Angelo, che la Chiesa ha dovuto rivedere il proprio atteggiamento, e che ha capito di dover evitare di mettersi in contrasto con la scienza. Il dialogo di cui tu parli, fra fede e scienza, per me è pura ipocrisia: la fede cerca disperatamente di conservare il proprio potere sulle coscienze degli individui, e per far questo cautamente apre alle nuove scoperte, ma un po' alla volta, per timore d'essere spazzata via in un sol colpo.

Io credo che se gli esseri umani sono dotati di sensi e ragione, debbano usare questi strumenti fin dove è possibile spingerli. Non è pensabile che il creatore ci abbia fornito di strumenti di conoscenza che non devono essere usati, e che usandoli si arrivi a una conoscenza (tu la chiami "fede") "falsa e distorta". Allora Dio sarebbe davvero lo Yaldabaoth degli gnostici.
La verità è una, e non ci può essere disaccordo fra gli strumenti che ho a disposizione per raggiungerla.

La fede è uno strumento potente, che però ha il difetto di non impedire che si possa credere ciecamente anche alle più incredibili fesserie. La storia è piena di questo, e anche il cristianesimo, purtroppo.

Quindi, che cosa può farci evitare di cadere in madornali errori? Semplice, gli altri strumenti che abbiamo a disposizione: sensi e ragione.
Anziché correggere le verità di fede man mano che la conoscenza scientifica progredisce, faccio l'operazione contraria.
Prima costruisco un solido basamento di conoscenze scientifiche, e questo mi evita gli errori più madornali.
Su questo basamento, costruisco un secondo livello con la ragione, con la filosofia, e questo mi evita gli errori più sottili, incongruenza interne e varie assurdità (ad es. i concetti di un Dio infinito e di creazione dal nulla, che sono incompatibili fra loro).
Infine, quando ho scartato tutto quello che so per certo comportare errore, solo allora uso lo strumento della fede, per sostenere innanzitutto di fronte a me stesso la verità che mi pare più adatta a fornire le risposte che cerco.
Certo, la fede fa il percorso più breve ed è quella che raggiunge il cielo, ma solo se parte dal punto più favorevole: altrimenti, il cielo non lo raggiunge. Se non per puro caso o per predestinazione, per grazia divina; ma a me ripugna credere che uno si salvi e l'altro no "per puro caso", o perché predestinato...

Mi interessa però approfondire la tua personale visione cristiana, Angelo.
Da quel che dici non puoi essere cattolico. E da quel che hai scritto riguardo al Dio dell'antico testamento, e alle sue "colpe" nei riguardi del peccato di Adamo ed Eva, ci avviciniamo alla posizione degli gnostici per i quali il Dio dell'AT, Yaldabaoth, era un Dio malvagio, e il vero Dio "buono" era oltre.
Lo gnosticismo, nelle sue varie correnti, è stata forse la concezione prevalente fra i cristiani fino a quando la chiesa non si è saldata con l'impero, per pure questioni di potere, e allora tutte le correnti gnostiche furono messe al bando e perseguitate, fino a farle quasi scomparire. Anche la messa al bando del concetto di reincarnazione, molto diffuso fra i primi cristiani, fu bandito per una pura questione di potere.
Potrebbe essere gnostica, la tua visione? E perché non potrebbe accogliere l'idea di reincarnazione, che non è esclusa in alcun luogo del NT?
Mi chiedo anche, Angelo, quale sia la tua posizione riguardo al dogma trinitario. Questo dogma è certamente frutto di un'elaborazione teologica successiva, proprio come il concetto del peccato originale e del potere salvifico del sacrificio di Cristo.
E sulla resurrezione fisica dei corpi? Questo è un concetto che personalmente trovo fra i più - chiedo scusa, ma è il mio sentire - grotteschi (e anche inutili, considerato che l'anima già è immortale) fra quelli mai elaborati da una religione.
E ci sarebbero molte altre questioni, ma mi fermo qui. Grazie, se vorrai rispondere.
#40
Ciascuno di noi si pone certe domande, a cui cerca di dare risposta in vario modo.
Per quanto mi riguarda, esprimo il concetto con una metafora.
Se immaginiamo che le risposte che cerchiamo siano lassù in alto, nel cielo iperuranio,
io cerco di raggiungerle con un razzo a tre stadi:

  • il primo stadio, quello che fa il tragitto più lungo, è la scienza;
  • il secondo stadio è la filosofia;
  • il terzo stadio, quello che fa il tragitto più breve, è la fede.
Evito partire in volo direttamente col terzo stadio...
#41
Buona questa!  :D
E' vero, ma questo significa dire che il cristianesimo è stato inventato dai Padri della Chiesa, quelli che peraltro hanno selezionato i testi che supportavano la teologia da loro elaborata, e scartato gli altri come apocrifi.
Questo significa mettere in crisi un bel po' di cose.
Intanto ci sarebbero tutti gli apocrifi da considerare, con tutti i diversi punti di vista.
E poi, potrei mettere in dubbio la realtà stessa della resurrezione: e se fosse frutto di una manipolazione per supportare una certa teologia?
Aggiungiamoci quel che dice Angelo, e cioè che l'AT è un atto di accusa contro Dio. Sono pienamente d'accordo.
Tanto d'accordo che, a mio avviso, l'AT non è nemmeno da considerare in generale un insieme di testi di ispirazione divina.
Ma allora? L'AT è inservibile. Quanto al NT, come detto sopra, si spalancano molti dubbi e incertezze.
Stando così le cose, mi pare impossibile trarre dalla storia di Gesù Cristo più che un messaggio di carattere etico. Elevatissimo, certo.
Ma nessuna delle grandi risposte che io, ad esempio, cerco, e che mi fanno propendere per altre dottrine (la teosofia, nello specifico).
#42
Citazione di: Angelo Cannata il 30 Marzo 2018, 18:11:43 PM
Per quanto riguarda lo schema che hai proposto sul racconto del peccato originale, esso trascura totalmente la condizione di asservimento in cui Adamo si trova posto prima del peccato. Trascurando questo o quell'aspetto è facile costruire sul testo tutto quello che vogliamo e difatti è così che si è costruita la dottrina della colpa di Adamo. Se invece il testo viene rispettato in tutto ciò che dice, senza operare selezioni preferenziali, il suo significato viene a risultare ben diverso.
Certo, Adamo è totalmente asservito a Dio: Dio è Dio, e Adamo è la creatura, totalmente insufficiente a se stessa. Proprio per questo Dio è in grado di imporre ad Adamo le sue leggi. E' il testo che imposta il rapporto Dio-Adamo in questo modo (similmente al rapporto Dio-Israele).
E con questo, cosa intendi dire, Angelo? Forse che il comportamento di Adamo va valutato alla luce della sua condizione di asservimento, appunto? Come quando si giudica un ladro alla luce del fatto che è povero e che ha bocche da sfamare? Un'attenuante?
Tu poi farlo, certo, ma l'interpretazione è tua: non deriva dal testo biblico e non è quella che è poi stata sviluppata dai teologi.

Se poi vogliamo dire che il comportamento di Yahwè nell'AT è più simile a quello di un ottuso e feroce feudatario, che a quello di "Dio", siamo anche d'accordo. Ma questo significa che nella teologia ebraica e cristiana ci sono molte, molte cose da rivedere, se proprio non vogliamo buttare via tutto.
#43
Rispondo in particolare a Angelo e a Suttree.
Premetto che non sono qui a difendere il cristianesimo, poiché non sono cristiano.
Vorrei solo stabilire la verità storica e teologica del cristianesimo.
E allora, quale fonte migliore del catechismo ufficiale della Chiesa Cattolica?
A questo indirizzo http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p1s2c1p7_it.htm trovate la seguente citazione:
Citazione
389 La dottrina del peccato originale è, per così dire, « il rovescio » della Buona Novella che Gesù è il Salvatore di tutti gli uomini, che tutti hanno bisogno della salvezza e che la salvezza è offerta a tutti grazie a Cristo. La Chiesa, che ha il senso di Cristo, 506 ben sa che non si può intaccare la rivelazione del peccato originale senza attentare al mistero di Cristo.

Mi pare molto, molto chiaro.
E' la Chiesa cattolica a dirlo, non sono certo io.
Chi la pensa diversamente, può farlo, ma non è cattolico.

P.S. InVerno, non sono io a ragionare dogmaticamente. E' la Chiesa che lo fa. E chi non accetta questo, non è cattolico. Tutto qui.
#44
Citazione di: Angelo Cannata il 28 Marzo 2018, 17:55:39 PM
Non è questione di essere o non essere assurdo, il fatto è che già il testo stesso non dice affatto che ci fu una colpa, né di Adamo, né di Eva. Quindi ragionare in questi termini significa già fabbricare su fondamenta inventate da noi, dal nulla, piuttosto che riflettere su ciò che si trova nel testo.

Anche l'idea che i primi esseri umani creati godessero di un contatto con la divinità più diretto rispetto agli esseri umani successivi è una nostra fabbricazione che non ha basi sul testo.

Allora prima bisogna stabilire se vogliamo procedere fantasticando in libertà, su una Bibbia immaginaria totalmente inventata da noi partendo da zero, oppure cercando di basarci sul testo.

Per eventuali approfondimenti specifici sul racconto di Adamo ed Eva, sono stati già effettuati in lungo e in largo in questa discussione su Logos.
In quell'occasione ho anche scritto un commento dettagliato del racconto, esaminandolo in alcuni punti anche parola per parola.
Ancor prima di discutere se è vero che "il testo stesso non dice affatto che ci fu colpa, né di Adamo, né di Eva", vorrei fare la seguente considerazione.
Se non c'è colpa da parte di Adamo ed Eva, non c'è il peccato originale.
Se non c'è il peccato originale, non c'è l'umanità da salvare.
Se non c'è l'umanità da salvare, cade il senso dell'incarnazione e sacrificio di Cristo, figlio di Dio.
In poche parole, il Cristianesimo stesso perde le sue basi.
Quel che resta è, naturalmente, l'altissimo valore etico del messaggio evangelico; ma nessuna teologia cristiana si può costruire se non sulla base del peccato originale.
O meglio, uno può costruire la teologia che crede, ma non è più cristianesimo, se non c'è il peccato originale.

Venendo al punto dell'interpretazione, io in questo caso non vedo alcuna incertezza nel testo biblico.
C'è un divieto che Dio impone alle sue creature: Non mangiate di quell'albero.
C'è un "cattivo consigliere" apertamente qualificato come ingannatore: il Serpente.
Eva segue il cattivo consiglio del serpente, e Adamo poi segue il cattivo consiglio di Eva.
Dio, scoperta la disobbedienza delle sue creature, reagisce come segue:

  • maledice il serpente
  • punisce espressamente Eva
  • punisce espressamente Adamo
  • rende entrambi mortali
  • caccia entrambi dal paradiso terrestre
Ora, ci si deve aspettare - soprattutto da Dio, somma giustizia - che una severa punizione segua proporzionalmente una colpa.
Quindi, non vedo proprio come si possa intendere diversamente il testo biblico.
Ho letto il tuo commento sulla narrazione biblica, ma a me pare che la lettera del testo invece sia ben chiara.
#45
Citazione di: Angelo Cannata il 28 Marzo 2018, 17:20:14 PM
Fare ipotesi di questo tipo significa trascurare del tutto la critica del testo e la critica storica. I primi capitoli della Genesi sono strapieni di contraddizioni e incoerenze, a tal punto che se le si dovesse affrontare come avete fatto ce ne sarebbe abbastanza per scrivere intere biblioteche di racconti fantasiosi. In realtà queste intere biblioteche di racconti fantasiosi furono davvero scritte dalla stessa tradizione ebraica, la quale era giustificabile perché ai tempi non esistevano metodi scientifici e critici di analisi testuale e storica.

Un primo criterio di serietà e scientificità è quello di non dare mai per scontato che ciò che dice il testo sia vero. Questo è un criterio più che elementare seguito da qualsiasi storico, archeologo, o studioso di qualsiasi antichità.

L'analisi del testo biblico ha ormai mostrato più che abbondantemente che i testi della Genesi che abbiamo a disposizione sono il frutto di una stratificazione formata lungo i secoli, fatta di tradizioni orali, tradizioni extrabibliche di altre religioni, errori di copiatura, intersecazioni con altri racconti, cuciture, tagli. Questo non significa procedere alla cieca e spiegare tutto con queste scuse; significa soltanto tenerlo presente, con la dovuta prudenza e col dovuto rispetto del testo che abbiamo a disposizione.

Non ha alcun senso far dire al testo ciò che il testo non dice, né dedurre dal testo conseguenze che appartengono esclusivamente ai nostri ragionamenti. Chi scrisse quei testi non li scrisse ragionando a tavolino, anche perché, come ho detto, non fu né un'unica persona né un'unica epoca a produrre quei testi.

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Un altro criterio ancora da tener presente è che comunque, alla fine della stratificazione del testo, ci fu una persona, o poche altre persone, che effettuarono dei tentativi di armonizzazione dei materiali che avevano a disposizione. Queste persone vengono giustamente chiamate non autori, ma redattori. Il redattore faceva qualche sforzo di cucitura, armonizzazione, tra i racconti che si trovava a ricopiare e risistemare, ma bisogna tener presente che egli, pur non avendo la nostra mentalità scientifica e critica, aveva comunque un suo modo di rispettare il testo. In questo senso il redattore interveniva dove riteneva opportuno, ma spesso il suo rispetto del testo costringeva anche lui a lasciare nel testo certe contraddizioni o improprietà, nonostante se ne accorgesse.
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Ho evidenziato in grassetto il concetto chiave del tuo post. A mio avviso, un atteggiamento del genere, di fronte a un testo, sortisce l'effetto esattamente contrario a quello che dici tu: ossia, rischia di far dire al testo cose che non voleva dire.
Infatti, se assumo che il testo non dica necessariamente il vero, come mi comporto di fronte a esso? Semplice: quando il testo dice cose conformi a quel che io mi aspetto possa dire, allora lo prendo per veritiero. Quando invece il testo dice cose non conformi a quel che mi aspetto possa dire, allora il testo è alterato, corrotto, simbolico e così via. In pratica, è l'interprete ad assegnare il significato del testo, in base a quelli che sono i suoi paradigmi.

Il racconto di Caino, ad esempio: se assumo che il testo possa dire il vero e lo interpreto alla lettera, dice semplicemente che esistevano altri gruppi umani. Dio dunque non avrebbe creato l'umanità, ma soltanto selezionato e sviluppato un particolare gruppo di ominidi. Ne verrebbe fuori tutt'un'altra interpretazione teologica (o forse nessuna interpretazione teologica). Se accetto che il testo possa dire il vero, non ho bisogno di inventare nulla e di arrampicarmi sugli specchi: mi attengo ad esso.

Facciamo un altro esempio: il carro di Ezechiele. Naturalmente lo studioso della Bibbia non può accettare per veritiere le fantasiose visioni del profeta, che quindi vengono interpretate a livello figurato, allegorico e simbolico. Se invece le prendo alla lettera, vedo che possono descrivere con molta precisione e coerenza un veicolo volante (il kavod, tradotta come "gloria di Dio"). E allora anche tante incomprensibili descrizioni che troviamo nel Pentateuco, se prese alla lettera, assumono un significato ben concreto.

E che dire allora della resurrezione di Cristo? La prendo alla lettera, o la interpreto in senso simbolico? E cosa resta del cristianesimo se interpreto la resurrezione di Cristo in senso solo simbolico? Ben poco, credo. Ma da cosa dipende la scelta dell'una o dell'altra via? Naturalmente, dipende dagli schemi mentali di chi legge il testo.

Siamo dunque nel'arbitrio più totale. Difficile costruire una teologia su un testo che ciascuno può interpretare a piacimento, partendo dall'assunto che non dice necessariamente il vero...