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Messaggi - 0xdeadbeef

#31
A Paul e Baylam
Voglio premettere che la mia ammirazione per Von Hayek (come del resto quella per Nietzsche) non è
l'ammirazione per il "creatore"; per il "maitre a penser" che fonda un modo di pensare cui gli
altri vanno dietro o si adeguano. Ma è l'ammirazione verso l'"interprete" del proprio tempo, come
colui che più di ogni altro sa "guardare in profondità" e mettere a nudo ciò che il proprio tempo
pensa (ma questo vale un pò per tutti i pensatori).
Non sono d'accordo che lo "spontaneismo" sia un concetto solo economico. Von Hayek su questo punto
è molto chiaro: ogni entità collettiva nasce come idea degli individui che compongono quella
collettività. Quindi di "reale" ci sono solo gli individui (come non vederci quel concetto che parte
da Cartesio, passa per Locke e Hume - e pure per Kant -, ed arriva dritto fino al liberalismo
politicamente inteso?).
E se ogni entità collettiva nasce come idea degli individui che compongono quella collettività,
argomenta Von Hayek, allora è solo dalla relazione, dall'interscambio fra gli individui, che nasce
l'entità collettiva (qui è evidentissima la radice filosofica dell'attuale "contrattualismo", cioè
dell'idea che ogni cosa sia risolvibile con un rapporto di tipo contrattuale fra individui intesi
come "parti contraenti private").
A me sembra evidentissimo come tutto questo rappresenti una specie di "legittimazione filosofica"
di quel concetto economico che, originariamente, ebbe origine fra i Fisiocratici francesi ("laissez
faire, laissez passer"), e cui nemmeno il Liberalismo inglese classico sepper dare tanta radicalità
e coerenza.
Quindi, se questi concetti sono derubricabili a mera economia io sono bello, ricco e famoso...
E questi concetti "incontrano" il discorso che cercavo di fare sull'oblio del fine proprio sulla
innaturalità e anzi dannosità, dice Von Hayek, di porsi "costruttivamente" un progetto.
Come le api non hanno bisogno di alcuna "mente" per edificare strutture molto complesse, così
gli uomini, continua Von Hayek, devono affidarsi ai loro atti intenzionali immediati (cioè
perseguire il proprio utile immediato), perchè le conseguenze inintenzionali (cioè non progettate)
costituiranno necessariamente il miglior "sistema" possibile (come già Marx con il "valore" come
"valore-lavoro" edifica un intero sistema filosofico/politico, così Von Hayek arriva a queste
conclusioni filosofiche dalla considerazione del "valore" come valore di scambio).
Sul fatto, Baylam, che Von Hayek sia stato "demolito" da Keynes e Nash permettimi di sorridere...
Giusto adesso si sta parlando di "sforamenti" del rapporto deficit/PIL da parte del nostro
governo e della contrarietà dell'Europa o mi sbaglio?
Ma non vorrei con questo iniziare un discorso sull'attualità economica...
saluti
#32
A Baylam
Stai dando, dell'uomo moderno, un giudizio qualitativo che è tutto da dimostrare.
Quanto al non fare figli, beh, sai bene che puoi parlare di scelta individuale ma non certo
collettiva, a meno che con quello tu voglia dire che l'occidente sceglie deliberatamente di
non fare figli perchè gli altri ne fanno troppi...
Quanto a Von Hayek non credo di sopravvalutarlo. Ti dirò anzi che per me è, dopo Nietzsche,
il pensatore più rappresentativo della modernità.
Non credo che altri prima di lui abbiano pensato con eguale rigore e coerenza le intime relazioni
che intercorrono fra economia e società. Non credo che altri prima di lui abbiano teorizzato
con una simile chiarezza lo svilupparsi "spontaneo" delle istituzioni collettive e di ogni altra
cosa (che è il punto che su questo discorso maggiormente mi interessa).
Von Hayek, come certo saprai, dice semplicemente che non occorre nessuna progettazione, quindi
che non occorre porsi nessuno scopo, visto che le cose si sistemano spontaneamente per il meglio.
Occorre quindi, continua, che ognuno persegua il proprio utile immediato, senza essere o sentirsi
"legato" da qualsivoglia idea, progetto o istituzione collettiva.
A me sembra proprio che chi lo ritiene superato non veda come le dinamiche economiche e sociali
(e direi persino antropologiche...) ne ricalchino alla perfezione le impronte.
saluti
#33
Citazione di: paul11 il 08 Giugno 2019, 02:11:40 AM
Non è chiaro l'argomento, per cui se non si comprende la logica è difficile avere un esercizio critico.
"Presentificare" non è irrazionale o illogico, è una scelta in una storia  in cui domina ,come nel forum, fisicalismo, materialismo e naturalismo.
Significa non rimandare al doman e vivere l'attimo, perchè la morta è il "nulla",  fine di tutto. Domani essendo già oltre il presente,
potrebbe già essere la fine.
La precarietà esistenziale impone la presentifcazione del fare quì e ora.
Se è questo che si vuol dire, non hanno importanza le definizioni di mezzo o fine, e nemmeno di debiti o crediti, perchè rimandano ancora al domani.



A Paul e Jacopus
In realtà lo scopo che mi ero prefisso presentando questo argomento era proprio quello di mostrare come
venendo meno la finalità, diciamo, escatologica ogni altra finalità segua necessariamente il medesimo
destino.
Perchè, come ben dice l'amico Jacopus, "ogni progetto è un unico progetto". E se alla vita manca il
"senso ultimo" allora non ha senso né l'intenzione di lasciare un mondo migliore alle nuove generazioni
né l'impegno per una, chiamiamola, "ricompensa futura" (qualsiasi cosa questo voglia dire).
Credo del resto che se non si fanno figli non è perchè si abbia un senso di immortalità, ma perchè i
figli costano e sono un impegno, e gli individui egotici contemporanei vogliono spendere per se stessi,
e non vogliono intralci.
Tutto ciò non rimane materia di studi sociologici o di riflessione filosofico/religiosa sui "massimi
sistemi". Tutto ciò ha una ricaduta reale, concreta, che vediamo tutti i giorni e che condiziona
pesantemente le nostre vite (pensiamo solo, come dicevo, alle ricadute politiche ed economiche).
Ed è per questi aspetti immanenti che le definizioni di "mezzo" e "scopo" hanno grande importanza.
Perchè la contemporaneità mostra chiaramente di aver obliato, con il "fine ultimo", qualsiasi parvenza
di progettualità futura.
E del resto (e su questo punto ritengo sia palese ciò che intendo), nello "spontaneismo" hayekiano,
che è l'autentico fondamento filosofico su cui poggia tutta la cultura attuale, lo scopo non ha
nessun senso, visto che la realtà si viene formando, appunto, spontaneamente (Von Hayek chiama, con
evidente intento derisorio, "costruttivisti" coloro che credono necessario darsi una progettualità
economico/politica).
saluti
#34
Ciao Davintro
Devo francamente dire di non condividere il tuo punto di vista.
Sicuramente il titolo che ho scelto per questa discussione non è azzeccatissimo, ma credevo fosse chiaro
che non era mio intento affermare l'oblio del, chiamiamolo, "retto fine"...
Dicevo infatti che uno dei tratti più peculiari della contemporaneità è l'indistizione fra il mezzo e il fine.
Riprendendo gli esempi che facevo, alla luce delle tue annotazioni mi sembra di rilevare che, ad esempio
nel caso della proliferazione incontrollata di massa monetaria, il fine (i soldi) coincide con il mezzo (sempre
i soldi). Cioè i soldi servono a fare altri soldi, come diceva Weber...
Cosa c'entra l'utile? Mi sembra chiaro che la finanza globale ritiene che il proprio utile sia fare soldi per
poi poterne fare altri; ma proprio per questo a parer mio si può parlare di indistinzione fra mezzo e fine,
non credi?
Come si fa a non vedere che nella contemporaneità è assente non "una certa" progettualità (ad esempio
quella "retta"...), ma la progettualità stessa?
Ad esempio nel caso di coloro che decidono di non metter su famiglia o/e di non fare figli (o, per meglio
dire, che decidono di vivere la vita giorno per giorno). Certamente ritengono sia questo il loro utile, ma è
forse questa "progettualità"?
Magari si dirà: beh, anche questa è una forma di progettualità, perchè costoro, bene o male, sono persuasi
di star perseguendo il proprio utile. Certo, chi lo mette in dubbio, ma la progettualità è un'altra cosa, perchè
si situa necessariamente nel futuro laddove questo utile si situa nell'immediato.
Alla fin fine anche un criminale può avere un progetto, un fine, quindi non è di questo che si tratta...
saluti
#35
Ciao Paul
Mi chiedo se questo non sia lo sbocco "necessario", il "destino dell'occidente" che è ormai destino di
tutto il mondo, visto che tutto il mondo è occidente.
Se così fosse, starei guardingo prima di parlare di "cretinismo", come se la situazione attuale
riguardasse in fondo solo una parte (appunto quella dei cretini).
Alla fin fine se la nostra vita è come quella degli animali perchè non godersela finchè si è in
tempo e se se ne hanno le possibilità (dice, in punto di morte, il nichilista Bazarov - "Padri e Figli"
alla donna amata: "vivete, questo è importante, e approfittatene finchè siete in tempo".
E allora: non sono forse più cretini quelli che, pur potendo, non "vivono e non approfittano della vita"?
Non ne era forse, di questo, consapevole anche Leopardi laddove sembrava rattristarsi di avere uno
"spirito" incline allo studio e non alla "vita"?
saluti
#36
Citazione di: viator il 06 Giugno 2019, 21:41:43 PM
Salve Ox. Cinicamente, come mio solito, preferisco dare la mia approvazione alla mancanza di un fine.
Mi sembra tu sottintenda che - in epoche passate - l'operare umano fosse finalistico mentre oggi non lo sia più.


Ciao Viator
No. non mi riferisco tanto a questioni, per così dire, finalistico-escatologiche quanto a questioni
molto più concrete e terra-terra, come ad esempio quelle cui accennavo (l'economia che da scienza dei
mezzi diviene "decisore politico" sui fini; i soldi - che fino a prova contaria sono un mezzo - che
nella finanza divengono fine - tant'è che ormai la massa monetaria circolante ammonta a decine di
volte il PIL mondiale), cui se ne possono aggiungere tante altre, come la mancata programmazione
di farsi una famiglia, acquistare una casa, mettere al mondo dei bambini.
Manca una qualsiasi progettualità forse perchè, in fondo, è un senso ed uno scopo questa volta
finalisticamente inteso che manca (lo scopo, il "senso" della vita, insomma). Ma, sia chiaro, questo
non si risolve nella solita ed ormai stucchevole diatriba fra, chiamiamoli, fisici e metafisici, bensì
si riversa in maniera drammatica nella realtà di tutti i giorni (mi viene in mente anche l'esempio di
una politica - beninteso di tutti i partiti - che abbandona ogni programmaticità e vive ormai di "tweet"
e di messaggi che hanno la loro unica ragion d'essere nell'immediatezza del "qui ed ora")
saluti
#37
L'esempio forse più eclatante è quello dell'economia ("lo studio dei mezzi più efficaci per
raggiungere un fine prestabilito" - L.Robbins); ma un pò dappertutto lo scientismo dilagante
attribuisce alla scienza compiti che non solo non le sono propri, ma che le sono spesso
addirittura antitetici.
E', questo dell'indistinzione fra mezzo e fine, uno dei tratti più peculiari della contemporaneità.
Già M.Weber, ne: "L'etica protestante e lo spirito del capitalismo", edita mi pare nel 1904,
intuiva come il capitalismo fosse entrato in una "gabbia d'acciaio", ovvero in una forma-mentis
nella quale i soldi servivano solo a fare altri soldi (concetto ormai macroscopicamente evidente
nella speculazione finanziaria).
Il concetto è ribadito in una ormai vasta saggistica, fra cui particolarmente interessante mi
sembra quella di E.Severino ("Intorno al senso del nulla"), il quale afferma che scopo della volontà di
potenza è di accrescere se stessa; e ciò vuol dire che non vi è uno scopo, un fine, perchè ormai il mezzo
ne ha preso il posto rendendo anacronistica la loro distinzione.
Mi sono spesso chiesto quali processi e quali dinamiche abbiano potuto determinare tutto questo,
e sono arrivato alla "conclusione" (si fa per dire...) che tutto questo è accaduto perchè nell'
uomo moderno, che è essenzialmente individuo, si è obliato il tempo.
Si sono obliati sia il passato che il futuro, e l'uomo moderno vive ormai in un "eterno presente"
che non è più "nel" mondo, come intendeva Heidegger, ma nel luogo "del" mondo ove l'individuo si
trova in quel momento presente.
Che senso ha "progettare" qualcosa in vista di un certo fine quando si vive solo ed esclusivamente
nel presente?
saluti
#38
Tematiche Filosofiche / Re:Materia e sostanza
02 Giugno 2019, 20:12:27 PM
Citazione di: viator il 02 Giugno 2019, 17:51:48 PM
Piccola perla di illogicità (in realtà, di scarsa chiarezza) da parte di un Maestro.
Se Kant intendeva sostenere l'inesistenza di Dio, avrebbe dovuto scrivere "l'esistenza di Dio non ha più realtà dell'esistenza di cento talleri nella mia tasca vuota".


A Viator
Una risposta alle tue (acute) considerazioni non può che essere articolata...
No, sono convinto che Kant non dice a quel modo per caso o per scarsa chiarezza. Viceversa, penso
che dica a quel modo perchè considera irreale l'idea non riferita a qualcosa di reale (ad esempio
l'idea stessa dell'ippogrifo, oltre che l'ippogrifo, è irreale).
Sul reale come "ciò che è" e sull'idea come avente un effetto ti rimando alla risposta a Odradek.
saluti
#39
Tematiche Filosofiche / Re:Materia e sostanza
02 Giugno 2019, 20:02:04 PM
Citazione di: odradek il 02 Giugno 2019, 18:12:01 PM
Vi domando : secondo voi esistono idee prive di qualsiasi effetto ? Saluti.

A domanda secca risposta secca.  
No, secondo me non esistono idee prive di qualsiasi effetto.


A Odradek
Capisco l'obiezione. In effetti è proprio per questo che mi chiedevo se l'idea non possa essere assimilata all'energia (ed  essere in
tal modo "materiale")
saluti
#40
Tematiche Filosofiche / Re:Materia e sostanza
02 Giugno 2019, 19:58:14 PM
Citazione di: Ipazia il 02 Giugno 2019, 14:48:42 PM
Se per economia intendi l'Economics, si tratta di teologia, ovvero "scienza" del Capitale, che come ogni teologia é religione mascherata da scienza.


A Ipazia
No, avviene dappertutto, non solo nell'economia. E si chiama, ripeto, "scientismo", che è
l'estensione indebita ed "ontologizzante" dei principi della scienza ad ogni ambito del vivere.
Naturalmente, e qui mi riallaccio a quanto vado affermando da tempo in questo forum, si tratta
proprio di una autentica religione mascherata da scienza; ma , ed è questo il punto, è solo il
sapere troppe volte definito "favolistico" della filosofia a poterlo e saperlo mostrare.
saluti
#41
Tematiche Filosofiche / Re:Materia e sostanza
01 Giugno 2019, 23:27:27 PM
Citazione di: Ipazia il 01 Giugno 2019, 22:35:15 PM
La scienza non può darci risposte etiche, ma l'etica non può precindere dalle conoscenze scientifiche.

A Ipazia
Non è esattamente così. Nell'economia, ad esempio, molti credono che la "scienza" (economica, in
questo caso) sia in grado di stabilire, oltre ai mezzi più efficaci per raggiungere un certo fine,
anche il fine stesso...(si chiama "scientismo", e nella mia insignificanza lo vado denunciando in ogni dove).
Non è, ovvero, questione di etica, ma di logica.
saluti
#42
Tematiche Filosofiche / Re:Materia e sostanza
01 Giugno 2019, 23:19:39 PM
Citazione di: sgiombo il 31 Maggio 2019, 22:01:25 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 31 Maggio 2019, 21:20:16 PM
Ad ogni modo, per come io la vedo, a questo punto il problema è innanzitutto quello di dire se la
"res cogitans", l'idea, è assimilabile all'energia, e quindi alla materia ed alla realtà.
Citazione
Assolutamente no!
L' energia é materia a tutti gli effetti: quello che Cartesio (coi limiti delle conoscenze scientifiche dei suoi tempi ovviamente) identificava con la "res extensa".





Se lo è, e io non lo escludo, allora ha ragione l'Idealismo, ed Hegel in particolare, che equipara
il reale al razionale.
Citazione
Infatti io (ma credo anche la scienza attuale) invece lo escludo assolutamente!





Se non lo è, allora ha ragione Kant e, per certi versi, hanno ragione i "realisti".
Con tutto quello che ne consegue, naturalmente (e che non è certo poco...). E su quel che ne consegue,
o che ne può conseguire, la scienza non è in grado di dire un bel niente (la scienza vede bene ma vede
corto...).
saluti
Citazione
La scienza vede benissimo nel suo campo di indagine: non si può certo chiedere a Ibraimovic (CR7 per me gli fa una pippa!) di vincere il Giro d' Italia o a Marc Marquez di vincere il Roland Garros!

Che l' energia (essendo materia al 100%) non abbia nulla a che vedere con la mente cosciente (ma casomai col cervello) non implica di certo che abbia ragione Kant (a meno che non  abbia affermato questa negazione, ovviamente; non mi parerebbe).
A Sgiombo
Hai ripetutamente sostenuto che anche laddove l'oggetto dell'idea non fosse reale (l'ippogrifo),
l'idea lo era comunque (reale).
Sulla base di quanto adesso affermi ti chiedo: se l'idea non è assimilabile all'energia (non è
quindi materia), come fa ad essere "reale"?
Ritengo ci voglia un ben discutibile concetto della realtà per considerare un qualcosa "reale ma
non materiale"...
Quanto a Kant, io volevo dire che se l'idea non è assimilabile all'energia non può essere materia,
cioè realtà (tralascio l'estensione spaziale per evidenti motivi). Ma questo può solo voler dire
che l'idea, quando non è riferita ad un qualcosa di reale, è essa stessa irreale (Kant dice infatti
che: "l'idea di Dio non ha più realtà dell'idea che io abbia cento talleri in tasca", cioè che l'idea
di Dio è, essa stessa, irreale).
Con ciò, sia ben chiaro che io non so (e qui devo dire che invidio sinceramente i tanti "assoluti"
dei tuoi saperi...) se l'idea immaginifica abbia o non abbia realtà (con Kant, presumo di no, ma non lo so).
saluti
#43
Tematiche Filosofiche / Re:Materia e sostanza
01 Giugno 2019, 18:41:54 PM
A Ipazia
La conoscenza effettiva, ovvero scientifica, è sempre e solo una conoscenza particolare (quindi non
può per sua stessa natura estendersi alla relazione che lega fra loro i saperi particolari - ed
è esattamente in questo che consiste il grande limite della conoscenza scientifica).
Naturalmente saremmo dei pazzi se non tenessimo conto dei dati della scienza (che non sono
esattamente "oggettivi" ma che sono senz'altro validi - oltre che assunti "come se" lo fossero)
ed equiparassimo ogni enunciato. Ma lo saremmo allo stesso modo se pretendessimo dalla scienza
quelle risposte che la scienza non può darci.
Quali risposte? Non mi riferisco certamente a quelle che sono materia della teologia o della
religione. Mi riferisco a quelle risposte che presuppongono ed esigono una conoscenza "larga",
"relazionale" (come ad esempio quelle concernenti la politica e/o l'economia).
Una conoscenza, beninteso, che forse non è nemmeno in grado di fornirle, quelle risposte; ma
che certamente è in grado di metterci in guardia verso chi, quelle risposte, pretenderebbe
di fornircele con, diciamo, "scientifica faciloneria"...
saluti
#44
Tematiche Filosofiche / Re:Materia e sostanza
31 Maggio 2019, 21:20:16 PM
A Ipazia
Beh, l'intuizione dei filosofi non è certo basata su sogni, allucinazioni o "stati non ordinari
di coscienza" (il fatto che i filosofi abbiano intuito la composizione della materia come somma di
massa ed energia già dal 1600 credo sia significativo). E' bensì basata innanzitutto sulla logica,
poi sull'osservazione empirica e sull'evidenza. Quindi perchè non "divertirci" (perchè ormai di
questo si tratta, visto che la filosofia non riveste più alcun ruolo nella modernità) con questa
antica pratica?
Non ne avete forse abbastanza di una scienza che permea ogni aspetto del corporeo e dell'incorporeo?
Perchè, in ultima istanza, voler per forza "morire scientisti"?
Ad ogni modo, per come io la vedo, a questo punto il problema è innanzitutto quello di dire se la
"res cogitans", l'idea, è assimilabile all'energia, e quindi alla materia ed alla realtà.
Se lo è, e io non lo escludo, allora ha ragione l'Idealismo, ed Hegel in particolare, che equipara
il reale al razionale.
Se non lo è, allora ha ragione Kant e, per certi versi, hanno ragione i "realisti".
Con tutto quello che ne consegue, naturalmente (e che non è certo poco...). E su quel che ne consegue,
o che ne può conseguire, la scienza non è in grado di dire un bel niente (la scienza vede bene ma vede
corto...).
saluti
#45
Tematiche Filosofiche / Re:Materia e sostanza
31 Maggio 2019, 20:02:35 PM
A Ipazia
No, non è tanto la distinzione fra potenza e atto, quanto l'affermazione, netta, per cui la
materia è "potenza"("tutte le cose prodotte, sia dalla natura che dall'arte,
hanno materia, giacche la possibilità che ha ciascuna di essere o di non essere, questa è,
per ciascuna di esse, la sua materia").
Altrove, Aristotele sostiene come tale potenza abbia anche un carattere attivo (oltre che
passivo come nel brano che riporto).
Non so, non mi intendo molto di argomenti scientifici, ma questa di Aristotele (la materia come
potenza) mi sembrerebbe una definizione che si addice più all'energia che non alla massa (a
meno che non si voglia attribuire ad Aristotele addirittura l'intuizione per cui massa ed
energia coincidono - mi sembrerebbe eccessivo, pur con tutta la stima che ho per lui...).
Come già dicevo (in risposta a Carlo Pierini), Leibniz afferma che la materia, oltre che dalla
"res extensa" cartesiana, è composta anche da un altro elemento: la "antitipia", che egli
definisce come "forza passiva di resistenza" (Kant la definirà come "forza motrice" anche in
modo attivo).
Mi sembrerebbe dunque evidente che in questi due filosofi è presente l'intuizione per cui la
"materia" è composta dalla massa (res extensa) e dall'energia (antitipia o forza motrice),
pur se (e ci mancherebbe altro...) essi intendono questi due elementi non come coincidenti o,
diciamo, interscambiabili (come mi pare sia secondo Einstein e la scienza moderna).
Solo un'ultima cosa non mi è ancora chiara: mi sembra tu stia parlando della materia come
del "principio" di conservazione della massa + l'energia. La intendi proprio a questo modo
(la materia come "principio") o la intendi "oggettivamente", come LA conservazione della
massa e dell'energia?
saluti