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Messaggi - Koba

#301
Tematiche Filosofiche / Re: Sulla violenza
01 Gennaio 2024, 15:37:51 PM
Citazione di: Jacopus il 22 Dicembre 2023, 08:37:32 AMRiprendo questa discussione partendo da una rilettura di Recalcati:
"Se nell'animale la violenza scaturisce dal programma dell'istinto....nell'uomo essa appare innanzitutto come una tentazione: quella di liberarsi dal peso della presenza dell'alterità dell'altro".

Recalcati, secondo me, è in errore.
Si evita la fatica nel relazionarsi con l'altro semplicemente attraverso l'allontanamento. O meglio, in termini psicoanalitici, investendo pochissima libido nelle relazioni, che infatti vengono chiuse senza dover elaborare alcun lutto non appena si manifesta un conflitto. Diciamo che nel nostro tempo affetto da narcisismo la maggior parte della libido è rivolta a se stessi, quello che rimane poi viene distribuita su un certo numero di relazioni effimere.
Non c'è quindi alcun bisogno di far ricorso alla violenza.
Si può però dire che proprio per questa scarsa propensione alla frustrazione del confronto con l'altro, frustrazione che è inevitabile, che è sempre una lotta per passare da una forma di coercizione all'altra, che è sempre scontro di potere, con tutto ciò che ne consegue in fatto di negoziazioni, strategie, dialogo, retorica etc., dicevo che proprio per questa scarsa abitudine alla frustrazione si possono comprendere gli scoppi di violenza improvvisi futili e devastanti.
#302
Varie / Re: I fuggiaschi
31 Dicembre 2023, 15:06:44 PM
Citazione di: Jacopus il 30 Dicembre 2023, 12:10:47 PMPotrebbe essere il titolo di un romanzo avventuroso e invece no. È il tentativo di riflettere sulle tante persone che se ne vanno dal forum. Spesso dopo un intervento di qualche moderatore, vissuto come una insopportabile forma di censura, altre volte, dopo un candido battibecco fra utenti, che si conclude con varie richieste di oblio telematico. A me questo posto piace. È forse un luogo simile all'accademia o al simposio ateniese, dove chiunque può esprimersi. Buffo che questa libertà di esprimersi si traduca spesso in auto-negazione della libertà di espressione. Sembra quasi che non si sia in grado di sopportare qualcuno che abbia idee differenti dalla nostra. Un brutto segno, perché è qualcosa agli antipodi dello spirito democratico.

Suvvia, Jacopus, lo sai benissimo che l'abbandono non dipende dall'incapacità di accettare le differenze di opinioni, ma dal sentire che la propria posizione è svalutata, giudicata infantile o semplicistica.
Battute più o meno divertenti che tendono a mettere in ridicolo la posizione dell'altro e che nella scrittura assumono una severità che nel dialogo dal vivo probabilmente non avrebbero, ma che comunque possono disturbare soprattutto quando non ci si ricorda del fatto che qui non ci sono scontri tra sistemi belli che finiti, ma per lo più tra posizioni aperte.

Recentemente un utente volendo fare il simpatico mi ha dato del ragazzo che sta sperimentando la via dell'arte. A parte il fatto che non sono giovane e che ho una formazione umanistica probabilmente un po' più robusta della sua, a parte il fatto che ha travisato volutamente quello che ho scritto, a parte tutto questo, ci si domanda: c'era veramente bisogno di dire una cosa del genere? Qual'è la finalità di un intervento simile?

Sia chiaro, mi va bene, non mi disturba minimamente, ma come fa notare spesso daniele22 non si può negare che ci sia una certa quantità di disprezzo anche nel forum, come in ogni interazione umana. Per cui non è così strano che, magari dopo una giornata lavorativa di stress ed episodi spiacevoli, si entri qui e una piccola provocazione diventi la classica goccia che fa traboccare il vaso...
#303
Citazione di: green demetr il 28 Dicembre 2023, 12:00:16 PMhttps://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2019/01/Gadamer-la-libert224-delluomo-ed39cdd6-6645-4367-b1a2-6da4c513b73e.html

La libertà è altrove. Lezione magnifica, che si coniuga benissimo a quello che penso del pensiero, il pensiero è già da sempre libero.
E questa libertà viene schiacciata dall'individuo e dal desiderio.
Ma in sè l'io, l'anima, l'adam o come cavolo vogliamo chiamarlo è LIBERO.

Libero anche di sperare, sopratutto libero di sperare (non sono interessato all'individuo ma al desiderio).
E' il desiderio contro cui si arrocca il demonismo.

E dunque il demonismo che resiste a Dio, e che resiste al desiderio.
Non è che per caso, come credo da molto tempo, che il desiderio è lo stesso Dio?

E nell'Eutifrone Platone non potrebbe essere più chiaro: io rispondo solo al DIO dentro di me. (Giammai fuori!)

L'esito di questa guerra è la lotta col Dio fuori di me, ossia la lotta agli DEI, alla politica, al tiranno, al messia etc...etc...infinite sono le gerarchie del potere, infiniti sono gli angeli dell'inferno.


Tu scrivi che la libertà viene schiacciata dall'individuo e dal desiderio. Purtroppo prima ancora di essere assoggettati da desideri estranei, la libertà si perde banalmente a causa di forze economico-sociali (il lavoro per esempio, nelle tipiche espressioni di questi tempi come super performance misurabile e rigorosamente controllata).
E poi essere liberi dal desiderio cosa significa? Essere in una specie di condizione di vuoto melanconico, senza vita.
Il problema semmai è sognare i propri sogni. Non regredire nei sogni prodotti su scala globale dall'industria dell'intrattenimento, ma sforzarsi di desiderare e di sognare ad occhi aperti ciò cui ci sentiamo affini.

La religione cristiana è piena di contraddizioni. Mentre la si è combattuta (e la si deve continuare a combattere) per la propria libertà quando assume la forma di potenze che ci vogliono soffocare, appare anche, nei suoi racconti notturni, come l'esatto opposto, ovvero liberazione radicale. Mostrare nelle storie di ascetismo che la fame è l'unico ostacolo che ci incatena a questo mondo, che una volta trovato il modo di conservarsi in vita il resto lo decido io, decido io se ha più valore vivere in una catapecchia con persone spezzate raccattate dalla strada o in una villetta a schiera con una famiglia tradizionale, significa iniziare a sognare in grande, o almeno preparare le condizioni interiori per un auspicabile mondo alla rovescia.

Nietzsche vedeva nell'ascetismo cristiano, nella rinuncia, nella sublimazione del desiderio sessuale, solo una strategia sotterranea della volontà di potenza. Come si sa, dopo il suo periodo illuminista, anche lui, nonostante la sua martellante critica alla metafisica si è fatto sedurre dal pensiero dell'Uno: così tutto è volontà di potenza, desiderio di dominare gli altri, di schiacciare gli altri. E così il debole si deve inventare forme alternative per arrivare in alto.
Non è sempre così, evidentemente.
#304
Citazione di: Pensarbene il 26 Dicembre 2023, 08:31:27 AMQuesto è vero se intendi un senso relativo alla specie e agli individui.Dare un senso alla specie umana  su questa terra è una impresa improba e piena di trappole.
La risposta migliore sarebbe quella di dire:"non ne ha uno, è nata casualmente e si è evoluta naturalmente"
Se questo fosse il senso, quale sarebbe quello di un individuo umano?
Non ne avrebbe uno, sarebbe qui per caso e naturalmente per poi sndarsene.
Questo risolverebbe i problemi e libererebbe specie e individui per omnia saecula saeculorum.
Però....per la Signora Umanità e per i Signori Umani ciò sarebbe troppo.poco, una banalità...QUINDI...blablabla...www.... 8)

Non credo che il senso sia comprensibile solo con lo svelamento dell'origine.
Che all'inizio della vicenda vi sia un Dio o un microrganismo, non cambia il fatto che certe esperienze siano vissute come degne di essere indagate con la massima attenzione senza escludere alcuna possibilità.
Prendiamo l'asserzione cristiana "Dio è amore". Che sia venuta prima l'idea dell'esistenza di un Dio, e poi l'associazione della sua natura all'amore, oppure il contrario, non cambia.
Perché di fatto nell'amore si vive qualcosa che sembra trascinarci verso un piano della realtà diverso. Così la domanda giusta non è: "qual'è la causa dell'amore?", ma "cos'è che mi impedisce di amare?". E la risposta potrà essere per esempio il fatto di sentirsi sotto assedio, sfruttato, incompreso, lontano. Tutte cose che contemplano l'accettazione sicura di un Io, il quale però ci incatena allo scontro con l'altro, al destino della guerra.
#305
Citazione di: bobmax il 25 Dicembre 2023, 11:52:24 AMSecondo me, occorrerebbe prima indagare il significato di "speranza".
In cosa spera chi spera?
La speranza è davvero rivolta ad un ipotetico futuro migliore, oppure va ben più in profondità, cioè vuole molto di più?
Davvero sarei soddisfatto se il mio futuro di felicità si avverasse? Se pure tutto il mondo fosse finalmente felice?
O non rimarrebbe sempre un'ombra, una tristezza per il male, la sofferenza che sono comunque stati nel mondo passato?
Questa mia speranza, non è rivolta in fin dei conti all'annullamento di ogni male passato, presente e futuro?
Non bramo forse l'impossibile, senza il quale ogni speranza sarebbe vana?
E allora dove può rivolgersi questa speranza, se non verso la Verità?
La speranza è fede, l'unica autentica fede, fede nella Verità.
Verità impossibile, ma per Dio tutto è possibile.

La speranza che rifiuta ogni limite e che si abbandona all'impossibile: è per me, per esempio, ciò che si incontra a ogni pagina del "Libro della mia vita" di Teresa d'Avila, una specie di radicale reinterpretazione della propria vita interiore ponendo come origine delle cose che contano (emozioni e pensieri potenti) Dio. Un continuo e reale dialogo con Dio.
E certo viene da considerare questo racconto intimo come il risultato della fantasticheria religiosa di una donna mortalmente annoiata (quindi una versione teologica di Don Chisciotte), poi però ci si ricorda di Edith Stein, incredibilmente colta e intelligente, piena di talento filosofico, che proprio leggendo Teresa, nel periodo in cui era assistente di Husserl, si abbandona allo stesso realismo religioso, cosa che le darà poi la forza di vivere il viaggio infernale verso Auschwitz piena di amore verso le altre vittime.

Sembrerebbe cioè che nella religione cristiana non ci possa essere misura: o con Teresa ed Edith Stein, o con la teologia colta di un Ratzinger, la quale è dialogo su Dio, non dialogo con Dio, come nel realismo dei santi, e quindi in fondo cultura, poesia. Il fascino dei simboli. Ma nessuno slancio reale "suicida" alla Francesco d'Assisi. Cioè, non si tratta propriamente di religione.

Tu scrivi che la speranza è fede nella Verità. E questa Verità è il rovescio di ciò che pensiamo sia reale. Ne è la prova il fatto che tale presunta realtà sia inaccettabile. È corretto?

Appena rifiutiamo le piccole consolazioni private veniamo investiti dall'orrore. Non la meraviglia, non lo stupore per l'essere, per una pienezza gratuita. Ma l'orrore. Il male.
Dopodiché? Nell'impotenza di un superamento razionale, di un cambiamento, che cosa facciamo? Ci facciamo una dormita e torniamo l'indomani a giocare? Ma se un bel giorno non riuscissimo più ad anestetizzarci?
#306
Un noto manuale di teologia giustifica l'esistenza della teologia fondamentale come la riflessione necessaria per "dare risposta a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi", citando la nota la frase della prima lettera di Pietro.
La speranza dei primi cristiani, ancora molto vicini all'ebraismo e poco avvezzi al platonismo, era quella dell'esistenza di un Dio che sì, li avrebbe accolti dopo la morte, ma capace anche di trasformare il mondo. Il Regno di Dio è qui, in questo mondo, appunto.
Inizia la storia. Ambigua nel miscuglio del "già e non ancora".

Questa epopea però è finita. Non si spera più nella trasformazione del mondo, per opera di un Dio o per effetto di una rivoluzione. Tantomeno si spera in una vita dopo la morte.
La speranza ora riguarda la propria salute mentale, il proprio equilibrio, il proprio benessere. La vita privata, insomma.
Tutto è concentrato nel presente. Il futuro è l'apocalisse ambientale. È l'incomprensibilità delle istituzioni in cui avvengono le decisioni politiche.

Rinunciare ad ogni speranza nel futuro è allora da una parte ciò che viene auspicato dal capitalismo (perché la speranza che si concentra nel presente privato significa soprattutto consumo e assenza di qualsivoglia opposizione organizzata), dall'altra anche un modo per sottrarsi ad un'illusione millenaria, un modo, forse l'unico, di liberazione reale.

Vorrei capire, e quindi vi chiedo:
1. se sia preferibile conservare l'attitudine a sperare in grande, nonostante tutto;
2. se invece, nel caso si decida per una rinuncia ad essa, tale rinuncia possa essere intesa come saggezza filosofica, o invece piuttosto come l'effetto definitivo di una manipolazione sociale e politica per rendere l'essere umano sempre più simile ad una macchina che produce e consuma.
#307
Tematiche Filosofiche / Re: Sulla violenza
24 Dicembre 2023, 08:16:31 AM
La grande duplice illusione della filosofia: scoprire l'origine del fenomeno in questione per modificarlo. Indagine sull'origine e cambiamento, prassi.
Scriveva Niko in altro topic: la filosofia dopo Marx non può prescindere dalla prassi.
Invece tutto rimane a livello di mondo interiore, di parole scritte o immaginate. In realtà stiamo rotolando, esausti, chi più chi meno, rotoliamo alla giornata. E ci illudiamo di avere un po' di controllo sulla vita affezionandoci a qualche teoria.
Sto leggendo il primo volume de "Il principio speranza" di Ernst Bloch. Per adesso mi sento di dire che al "principio speranza" preferisco il pentobarbital...
#308
L'atomismo o l'evoluzionismo non saziano la ricerca filosofica perché ciò che la filosofia cerca non è un'unità materiale comune, ma uno sfondo veritiero che, intuitivamente, sembra potersi dispiegare al di là di ciò che è illusorio.
Che cosa significa essere, insomma.
Però perché dire che il molteplice è illusorio quando tutto sembra concretamente diverso? Perché il molteplice, che è reale, diventa tale solo partendo dall'illusione dell'Io. Detto più semplicemente, il conflitto tra persone (che presuppone appunto la diversità) può nascere solo nella dimenticanza del fattore comune umano che attraversa i soggetti, e nella sopravvalutazione delle caratteristiche peculiari dell'Io singolo.
L'elogio della diversità è per questo un'apologia dell'individualismo. Che, certo, nella condizione sociale attuale, strutturata da narcisismo e paranoia, risulta essere l'atteggiamento più funzionale alla propria sopravvivenza... Se non ci sono le condizioni per un dialogo la cosa più sana da fare è chiudersi nel proprio soliloquio interiore.
Tuttavia la domanda filosofica sembra voler risalire al di sopra di questa frastagliata, affascinante ma, per certi versi, inconsistente molteplicità.

Non riesco a pensare al futuro della filosofia perché attualmente non è possibile pensare al futuro dell'umanità, punto. Solo presagi di un'apocalisse ecologica. E questa visione del mondo presente fatto da eventi che accadono nell'istante. Che non hanno sviluppo. E quindi non hanno senso?
#309
Tematiche Filosofiche / Re: Il perfetto vivente.
26 Novembre 2023, 11:19:33 AM
No, infatti. Però all'atto, e quindi alla creazione del male, si arriva solo a causa del pensiero illusorio che quella visione, da cui seguirà l'atto, sia definitiva, sia necessaria, sia vera in modo assoluto.
#310
Tematiche Filosofiche / Re: Il perfetto vivente.
26 Novembre 2023, 08:55:43 AM
Se il processo della conoscenza è essenzialmente dialettico significa che in ogni posizione, in ogni visione della realtà c'è della verità e nello stesso tempo c'è il limite che deriva dall'essere una posizione particolare, specifica, finita. Che va quindi superata.
Dunque anche nell'assassino della propria ex fidanzata c'è della verità. Nelle sue fantasie di vendetta, prima di passare all'azione, c'è della verità. E io, se sono onesto, sono costretto a riconoscerlo.
Il male può essere prodotto solo quando ci si convince che tale situazione particolare, in realtà parziale e per questo "ottusa", sia la propria definitiva verità, sia qualcosa che riguarda il proprio destino.
Già dopo pochi minuti la messa in atto del progetto probabilmente l'assassino comprenderà l'inutilità del proprio gesto. Si renderà conto della totale irrilevanza delle proprie azioni. Come se fossero venute fuori da un sogno.

Il male non è un'illusione, ma è dall'illusione dell'assolutezza, della "robustezza" della propria posizione che può essere prodotto.
Cosa rimane? Il fatto che tutte le posizioni sono parzialmente unite, collegate. Hanno qualcosa in comune.
La tentazione è sempre quella di oscurare questo sfondo comune nobilitando la propria particolare crociata.

Come si fa a vedere questo sfondo comune?
Come si fa a rimanere in questo sfondo comune? (È corretto dire: rimanere nell'essere?)
#311
Tematiche Filosofiche / Re: Il perfetto vivente.
20 Novembre 2023, 06:31:26 AM
Citazione di: iano il 19 Novembre 2023, 19:16:07 PMMi pare che ognuno, sia che dichiari di conoscerla o solo di cercarla, immagini una sua verità, o immagina un suo percorso di ricerca.
Ma, posto che ormai nessuno crede che l'intersoggettività sia prova, ma neanche indizio, di verità, sembra che tutti siamo interessati, e tu ne stai dando un esempio, a ridurre la verità degli altri alla nostra.
Qui per me si tratta solo di condividere domande, non convincere gli altri di specifiche risposte, che non ho.
#312
Tematiche Filosofiche / Re: Il perfetto vivente.
20 Novembre 2023, 06:18:46 AM
Citazione di: niko il 19 Novembre 2023, 18:05:24 PMSecondo me, ogni essere intelligente cerca la verita' per farsene qualcosa della verita' quale mezzo per risolvere dei problemi pratici o esistenziali e dedurre delle linee di pensiero o di comportamento a partire da qullo che da esso e' ritenuto "vero".

Quindi il sapere "vero" e' quello che e' utile alla ricerca e al conseguimento della felicita', non esiste il sapere "disinteressato", puro, perche' ogni vita misura la "verita' " del suo proprio sapere sulla sua utilita' in funzione dei suoi propri obbiettivi di vita, razionali e coscienti o irrazionali e latenti che siano.

La volonta' di verita' e' volonta' di potenza, mentre la verita' "vera", o "pura", se concepita al di fuori della volonta' di verita', e quindi al di fuori del voler sapere di qualcuno (di esistente) per degli scopi (immanenti) non esiste.


Certo. Infatti si torna a pensare alla contemplazione a partire dalla condizione infelice della nostra civiltà, dominata da iperproduzione e ipercomunicazione.
Naturalmente anche chi elogia l'inazione ha un interesse, che è quello di dare risposte al suo desiderio di fermarsi.
Dunque il discorso sul sapere che è sempre interessato è, come dire, preliminare ad ogni altro discorso, e in fondo di scarsa utilità perché ormai, tranne pochi sprovveduti, tutti sappiamo di essere materia vivente e non soggetti puri della conoscenza.
#313
Tematiche Filosofiche / Re: Il perfetto vivente.
19 Novembre 2023, 14:40:08 PM
Citazione di: Jacopus il 19 Novembre 2023, 12:46:18 PMLe due esperienze, Koba, non sono necessariamente in contrasto. Possono coesistere e infatti coesistono. Ci si può chiedere il senso del mondo anche in una prospettiva non teista, immergerci nella bellezza di una poesia ma, in un diverso momento applicare la trigonometria per calcolare un volo satellitare. Il moderno, oltre che il mito per il progresso e per il sempre nuovo, ha spezzato molte catene che rendevano la società immobile e castale. È stata inoltre la palestra fondamentale per esercitare la libertà di pensiero. Come ho già detto molte volte, se le idee che si esprimono in questo forum fossero state espresse appena 100 anni fa, per molti di noi si sarebbero aperte le porte della galera. 500 anni fa invece molti di noi sarebbero stati condannati a morte.

Jacopus, sto chiedendo con precisione e al di là di ogni intenzione polemica quale statuto di verità dare alla contemplazione, dal momento che chi fa esperienze di questo tipo sente in quei momenti uno splendore maggiore dell'esistenza.
Credo che nessuno voglia negare che anche il cultore della scienza moderna sappia sprofondare nella bellezza dell'arte.
Non è questo il punto. Il punto è provare ancora a riflettere un po', alla buona, sul termine filosofico "essere". Non siamo forse più vicini ad esso nella contemplazione, nell'abbandono? E se sì, che senso ha ritenere tale avvicinamento come qualcosa che non ha a che fare con la verità? Perché anche continuando a tenere l'accezione di verità come adaequatio, lasciando perdere le speculazioni di Heidegger, a me sembra che quelle espressioni simboliche della poesia o della mistica che siano realmente capaci di accompagnarci nei pressi di questo stato di cose più luminoso (diciamo così) siano concretamente veritiere. Non autentiche o nobili o educative, che è un modo per escluderle con stile dal piano conoscitivo. Ma veritiere.
#314
Tematiche Filosofiche / Re: Il perfetto vivente.
19 Novembre 2023, 10:28:07 AM
Ipazia, rispondi allora a questa domanda.
Da ciò che hai scritto in altri post si deduce che tu sia capace di contemplazione, di immersione nella pura immanenza della vita.
Che rapporto c'è tra queste esperienze e la verità?
Sono esperienze non veritiere? Contingenti stati emotivi e basta?

Non diamo per scontato che l'idea moderna di un progresso infinito della conoscenza sia corretta, l'ossessione romantica per il futuro, per il nuovo, per l'azione, per la trasformazione. La riduzione cioè dell'essere a un processo.
#315
Tematiche Filosofiche / Re: Il perfetto vivente.
18 Novembre 2023, 18:49:08 PM
Iano, in realtà non mi sembra di essere andato fuori tema, comunque l'ipotesi che ponevo la esprimo qui in altro modo. (Ma si tratta appunto di un'ipotesi).
Un sapiente che avesse trovato la verità semplicemente cesserebbe di cercare, di camminare. Si riposerebbe indugiando nella visione di questa verità.
Si distinguerebbe dall'automa solo per lo stato interiore, perché entrambi sarebbero fermi, ma l'automa non conosce la gioia, e tanto meno la bellezza di questo indugiare.
Ma la sua verità non sarebbe comunicabile attraverso il linguaggio della logica, ma attraverso quello simbolico. Il quale per sua natura rimanda ad altro. Il che implica che per comprendere quella verità sarebbe necessario comunque un cammino, dalla metà spezzata del simbolo all'unità. Sei tu che partendo dal frammento che è l'espressione simbolica del testo o del discorso del sapiente devi fare un percorso per cercare di raggiungere l'unità. Quello che lui ti offre in realtà può essere molto più di ciò che dici tu, cioè la rappresentazione del suo cammino. Può essere infatti l'indicazione per la direzione del tuo di cammino. A cui ti senti chiamato per la risonanza mistica che per te hanno quelle sue espressioni letterarie o poetiche. Anche nel caso in cui dal punto di vista del loro significato esplicito si tratti di "balle", come dici tu.