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Messaggi - paul11

#301
ciao Cvc

Dipende, quale è il fine del filosofo che spiega a persone che vogliono essere introdotte nel pensiero di un filosofo  o della tematica trattata.
Se volesse essere essenziale ad esempio nella descrizione del pensiero di un filosofo davanti ad una platea non introdotta alla tematica, dovrebbe utilizzare gerghi tecnici di quel filosofo o di quella tematica. Non comunicherebbe e sarebbe astruso.
Il difficile è spiegare senza perdere il pensiero del filosofo da trattare o della tematica e dall'altra utilizzare termini più comunicabili, ed è chiaro che entrano in gioco sinonimi,ecc.
In questo caso c'è un lavoro di codificazione e interprete come intermediario comunicativo.


All'opposto gli psicologi come  Le Bon  (anche W.Reich) che spiegavano come gli "imbonitori" della massa e della folla, riescono con parole semplici, banali, ripetitive, a giocare sui sentimenti e passioni : antesignani della pubblicità  e del marketing.
E' il modo opposto di fare l'ipnotista della parola giocando anche sulle tonalità e forza della voce parlante che accompagna frasi "forti" passionali.
Due facce della stessa medaglia?


La comunicazione è un arte.
#302
 ciao Ipazia,
grazie per le precisazioni....
la mia risposta è "non so", non sono un filologo delle opere complete di Nietzsche.
Mi colpisce la tua sicurezza , perentorietà sul pensiero di Nietzsche.


Che il dionisiaco venga utilizzato per scardinare i pensieri divinizzanti è già praticamente nella sua prima e seconda opera sulla tragedia e sull'analisi dei filosofi greci. Se poi si vuole bypassare le opere di Nietzsche e stabilire che invece la verità del suo pensiero stia nei frammenti postumi......mi lascia molto perplesso. Altri autori sul pensiero di Nietzsche  dicono il contrario di ciò che scrivi,
Che la fase cosiddetta del meriggio, di Così parlò Zarathustra è la più alta , poi negli iscritti del tramonto si assiste a nevrotiche prese di posizioni contro tutti e tutti.
Ho guardato il sito in tedesco di Nietzsche: hai presente il numero di frammenti e di lettere che sono archiviati? I frammenti da te indicati sono datati nel periodo dello scritto "Genealogia della morale" che ho studiato un paio di anni fa e infatti si assiste ad una accidiosa polemica sul crocefisso con pagine anche fastidiose e altre  invece molto perspicaci.
Che la cosiddetta fase giovanile di Nietzsche sia superata rispetto alla prima fascinazione  per Schopenhauer e Wagner, è vero è un dato di fatto inequivocabile. Che vi siano tali e tante operazioni editoriali, come per Heidegger, che dicono tutto e il contrario di tutto, è altrettanto vero. Girano più editorie sul pensiero di Nietzsche che non le sue opere vere e proprie edite alla stampa.
La mia posizione, oltre al "non so", è interlocutoria, in sospensione perché Nietzsche è contraddittorio nel suo pensiero, ma è una caratteristica come ho ribadito in più post, che mi affascina.
Che vi sia una stesura omogenea, oserei dire sistematica, da filosofo ante litteram, di Nietzsche, si intravede, ma penso che non fosse il suo intento fare il filosofo "classico".
Personalmente, ma è un giudizio il mio da prendere con le dovute "sospensioni", c'è una gerarchia da seguire, prima le opere, poi le lettere e i frammenti. Già Nietzsche è un pensatore che dice e non dice e quindi si fa parecchio interpretare nelle sue opere, figuriamoci se corriamo dietro alle lettere e ai frammenti.
Ma soprattutto il mio intento nell'aprire questa discussione non è un processo del totale pensiero
nietzschiano. Man mano, visto che lo studio cronologicamente,  che trovo alcune considerazioni che potrebbero aprire colloqui fra noi nel forum , come ho fatto per il sileno,lo farò volentieri.




Sull'etica,che non è poiesis, di Nietzsche ho fortissime perplessità. Continuo a ribadire che la morale non è l'etica.
La morale o si fonda su un sistema di pensiero o sparisce nelle pratiche comportamentali che sono più propriamente l'etica, entrano paurosamente in contraddizione fra loro, non essendovi nessuna misura di giudizio, se non l'abitudine, le convenzioni, gli usi e costumi. La morale implica a sua volta il concetto di giustizia e la storia delle scienze giuridiche, cosa che l'etica può sbrigativamente e superficialmente glissare. Il bene non è necessariamente il bello e il bello non è il paradigma dove " è bello ciò che piace". Il piacere e il desiderio non sono identificabili con i concetti di giustizia e di virtù morali. E in questo, a me pare, Nietzsche fallisce.
E fallirà qualunque posizione che non sappia sitematizzare prima il paradigma morale....come sta avvenendo nelle pratiche odierne, individuali, sociali, famigliari, lavorative, finanziarie,....perchè senza morale e quindi  giustizia, diventano precari sia la libertà che l'eguaglianza, delegate al branco naturale...del più forte.


Sono d'accordo che Nietzsche non trascende e pensa allo spirito della terra.


Grazie comunque per le tue osservazioni e conoscenze che hai portato
#303
 Ciao Ipazia,
scusa ,ma non riesco a seguirti, forse ho interpretato male il tuo post precedente al tuo ultimo
Se vuoi esplica meglio.


Ciao Aperion,
La contraddizione ha senso dal punto di vista logico formale. Dal punto di vista umano, e non ha importanza che sia filosofo, scienziato o esteta, oserei dire che è necessario quanto lo è l'imperfezione. A mio parere non avrebbe senso il divenire senza imperfezione ( che senso avrebbe il divenire della perfezione?) quindi contraddizione: Severino forse lo capì in senso logico, Nietzsche in senso estetico.
E'  una delle tematiche fondamentali in tutti  i campi del sapere.


Sono d'accordo con te sula poliedricità e sull'errore. Il logico Odifreddi dice che i paradossi furono e sono motore del sapere.


Non sono così addentro al pensiero di Nietzsche per dare un' interpretazione sull'eterno ritorno dell'identico. Lessi a suo tempo diverse interpretazioni di alcuni filosofi ovviamente contemporanei a noi , ma tutte con la sensazione che mancasse qualcosa  nel pensiero di Nietzsche per  poterlo definire chiaramente.
La mia impressione attuale è che Nietzsche si riferisce più alla cultura umana che alle regole, dicamo così, della natura, come aspirazione, come motivazione che nasce da una insoddisfazione.


Nietzsche è contro-culturale a suo modo, non accetta l'aver demandato al divino grossa parte delle aspirazioni umane, a suo dire.Questo toglie motivazioni all'uomo mondano di poter e voler cambiare il suo approccio nel mondo.


E' chiaro che se tutte le tradizioni culturali sul pianeta Terra hanno a che fare con il divino, non è un Nietzsche che potrà mai cambiare il mondo e tanto meno cambiare l'uomo. Se il dionisiaco non vince sull'apollineo, avrebbe dovuto approfondire anche altre  strade. Ma il suo schema non è logico e quindi non è filosofico ante litteram, è manchevole e quindi lascia troppo da interpretare sui suoi vuoti, voluti o non voluti.


Ma vedi che a tuo modo l'imperfezione la metaforizzi nel polemos fra le tensioni degli opposti in Eraclito che ha influito anche Nietzsche? C'è qualcosa di vero. E' frustrante? Sì e a mio parere Nietzsche non può dare valide risposte dal suo punto di vista, e forse l'eterno ritorno dell'identico è più una constatazione che una soluzione


citaz.
Secondo me, l'anelito a superare - in qualche modo - questa 'imperfezione' è un importante elemento della spiritualità (in generale). Ovvero è un profondo anelito di libertà.


Esatto, sono d'accordo con te.
#304
 ciao Ipazia,
In fondo siamo tutti interpreti e lo sono a loro modo da Anassimandro a Nietzsche e poi fino a noi.
Nietzsche non spiega e non vuole farlo parecchie problematiche che sono filosfiche. E' un atto voluto e per questo meritevole di una  interpretazione sulla sua intenzionalità che si esprime contro la tradizione culturale, ma che nasce da un disagio intimo umano.


L'artificio umano derivato dalle proprie qualità di imbrigliare le forze naturali è qui nel nostro tempo da osservare e riflettere. Noi modifichiamo apparenze, non le essenze della natura.
La scienza manipola vita, ma non la crea , e la natura si riprende con la forza ciò che manipola l'uomo. Nietzsche a mio parere ha una sua intepretazione sulla natura e soprattutto dell'uomo.
La norma non è il ditirambo dionisiaco, bensì l'apollineo. Non è esaltando l'uno che scompare l'altro, ma anche viceversa.
L'etica che poggia sull'estetica non ha nessun potere di norma perché non coincide con ordini e regole ; può denunciare la norma, ma non cancellarla.


Il caos è parte dell'imperfezione naturale che le è intrinseca, che le permette di adattarsi, di spogliarsi e rimodularsi, è una modalità di riequilibrarsi e in quanto tale risponde a regole ben superiori che sono universali.
L'ebbra danza delle baccanti, del satiro e dei fedeli compagni, è una parte intima umana.
Il mio parere è che Nietzsche non è affatto alternativo al filosofo metafisico e magari pure morale, ne rappresenta l'altra faccia della stessa medaglia.
E se questa mia considerazione fosse corretta, solo Heidegger ci ha provato a modo suo a connetterle.
Mancherebbe  una filosofia capace di sintetizzarle.
#305
Tematiche Filosofiche / Re:Al di là dell'aldilà
05 Maggio 2020, 14:48:13 PM
caro Jean,
Il controllo sociale si è man mano affinato dagli anni Settanta, nel riflusso "dal politico al personale", dal rampantismo anni Ottanta dal WTO che passa appena crollato al Muro di Berlino alla globalizzazione.
Eppure nonostante tutto sono altrettanto convinto che non potrà mai essere totale il controllo sociale. Perché i potenti sono in competizione fra loro, perché gruppi di Stati sono in competizione e qualcosa sfugge sempre: appunto un coronavirus.


Quel che temo di più, e si evince da alcuni discussioni in questo forum, è che si sta perdendo il contatto con i valori di libertà, di democrazia e giustizia. In questo stanno vincendo i controllori del sociale. Più ci allontaneremo dalla fine della seconda guerra mondiale, dove lì sì hanno capito cosa fosse democrazia, libertà e giustizia sociale e il coronavirus sta "epurando" una generazione di superstiti, che hanno visto, vissuto, pagato e anche conquistato a duro prezzo quello che nuove generazioni odono ormai come un eco sempre più lontano.


Anni fa studiai attentamente le teorie "sugli ultimi giorni", quelle apocalittiche.
In effetti si stanno prefigurando gli scenari.
E persino Newton che amava di più l'alchimia e certe letture esoteriche che trovarono in una cassapanca pieni di appunti, arrivò a definire persino una data della fine....è lontana per le nostre età, ma non tanto per l'umanità. Lo yuga è il  ciclo attuale del tempo di decadimento,secondo le dottrine indiane di stampo vedico. Ci sono parecchi indizi che non so se costituiscono una prova, manca solo che appaia l'Anticristo sotto mentite spoglie e troverà una umanità pronta ad accoglierlo , ululante che corre dietro alle stupidate e musichette indegne anche di uno Zecchino d'oro che visualizzano a milioni  i ragazzini di una generazione opulenta e con "cacasenno". I media stanno facendo di tutto per creare i terreni adatti alla coltura (non cultura) della banalità e superficialità . I politici sono indaffarati a tutt'altro, ai rendiconti, ai PIL e sono in fondo come diceva, se non erro,  Lukacs , " piccoli borghesi pagati dalla grande borghesia".


E' da anni che vedo il viatico decadente, spacciato per opulente e quindi nascosto alla vista dei superficiali. Come scriveva De André nella "Domenica delle salme"..... andrò con ...."gli ultimi viandanti si ritirarono nelle catacombe , accesero la televisione e ci mandarono a cagare".
Gli umani ancora sensibili, esteti, poetici, hanno quella qualità dell'oracolare, del profetico.
#306
Presentazione nuovi iscritti / Re:Un arrivederci
04 Maggio 2020, 21:11:56 PM
 Ciao Sari
in tuo onore:
il Buddha si rivolse a Shariputra con le seguenti parole: "Shariputra, il modo migliore per far fronte alle malevoli e infondate intenzioni degli altri è mantenere la perfetta equanimità libera da ogni tipo di reazione. Più uno reagisce più rimane invischiato in quelle azioni compiute dagli ignoranti e le accresce involontariamente."

...e un altro pezzo quasi si stacca....e mi spiace.E' frustrante, ma è così, e mi aspetto di peggio. Anni fa nel vecchio forum scrivevo molto di più in spiritualità, adesso quasi mai.
Prenditi del tempo, stacca, ma  mai dire mai.Comunque fatti "vedere", metti lì qualcosa di tuo e qualcuno leggerà, capirà, bisogna tentare.
Arisentirci e arrivederci.
Ciao
#307
Citazione di: viator il 03 Maggio 2020, 21:19:43 PM
Salve Paul11. Citandoti : "Il pensiero calcolante in sé e per sé non porterebbe conoscenza, incapace di andare oltre al calcolo dei segni e simboli, non può creare altri segni e simboli, necessita di creatività e intuto per costruire nuova conoscenza per mettere in discussione i suoi stessi teoremi e algoritmi".

Dal mio umilissimo punto di vista non sono d'accordo. Creatività ed intuito non sono altro che il frutto dell'attività interpolatoria od estrapolatoria di una mente che stia appunto "manipolando" ("mentalpolando") delle quantità precedentemente apprezzate dal "pensiero calcolante". Nessuna nozione o conoscenza è ricavabile al di fuori dei sensi, in quanto nessuna capacità di elaborazione astratta o foss'anche spiritualistica mai si verificherà in nessuna mente o spirito che - essendosi incarnati in un corpo - non vengano mai raggiunti da alcun messaggio esperienzial-sensoriale.


In parole semplici, chi nasca privo  dei cinque sensi non imparerà mai a calcolare ma ad ancora a ben maggiore ragione non possiederà mai alcun retroterra che gli consenta di sviluppare facoltà mentali o spirituali poichè i suoi fantomatici "creatività ed intuito" mancherebbero di "dati" da elaborare. Saluti.


ciao Viator


E dove sta scritto che dica il contrario di ciò che argomenti? Mi sembra implicito che la relazione fra il soggetto umano come agente conoscitivo e il mondo esterno abbia relazioni anche con i sensi , con i nervi che portano informazioni dal mondo  esterno al cervello.
#308
 ciao Aperion
E questa volta mi viene alla mente, Bob Dylan con il suo ultimo brano musicale: "I contain multitudes" , ispirato dal poeta Whalt Whitman che scrisse il seguente aforisma:
Do I contradict myself ? Very well, then I contradict myself, I am large, I contain multitudes. 
Tradotto dovrebbe essere
Forse che mi contraddico?  Benissimo, allora vuol dire che mi contraddico, sono vasto, contengo moltitudini.
... e c'è una verità in questo che i poeti sanno pescare dagli abissi.


La poliedricità, la contraddittorietà, porta con sé le moltitudini di pensieri che ci avvolgono fra intuizione e ragione. A volte intravvediamo qualcosa, come raggi di luce fra nubi ed è assai difficile tirare il filo di senso che unisce le nostre moltitudini senza mai essere contraddittori. In fondo è la condizione umana di noi tutti, e mi ci trovo in questo anelito in Nietzsche. Siamo cercatori di luce, di verità, ma non l'abbiamo sul palmo della mano e fra la nostra intimità e il mondo che pulsa di vita cerchiamo la ragione del nostro esserci di farne parte. E' un impulso mistico prima di tutto, prima di essere ragion calcolante, logica.


Il fallimento implica la vittoria come il nascere  il morire, al fine ciò che conta  forse è il provarci, è un modo di essere. Il provarci a sua volta implica il non paralizzarsi, ad avere coraggio, non frustrarsi. C'è un punto di vista positivo verso la vita, un andare incontro alla vita,


Mi sono fatto un'idea, forse sbagliata, che Nietzsche non svolga tematiche politiche perché sarebbe inutile pensare di cambiare la società costruita sulla mediocrità umana. Senza il presupposto di un uomo nuovo, del superuomo, l'umanità riproporrebbe come per l'eterno ritorno, le sue contraddizioni dentro le istituzioni sociali. Se fosse così ancora vi trovo una verità.
Quando si spera ,spesso ma non sempre, si pensa ad una "fortuna", ad una casualità che scompigli le carte per addivenire ad una situazione desiderata. L'errore è non lavorare su  se stessi, ma sperare che eventi esterni ci portino a situazioni migliori. Ma noi cosa veramente facciamo affinché le cose siano migliori? Spesso il risultato è un'attesa....di qualcosa. Questo nasconde frustrazioni interne. In un modo tutto suo, se si vuole anche contraddittorio, Nietzsche lavora sul pensiero umano intimo, un voler essere che non è un avere.
La dialogia è confronto ed è dialettica. Ci si scambiano convinzioni, punti di vista, e ognuno se vuole impara. Non c'è una perfezione cristallizzata, non ci sarebbe il fluire, la trasformazione
L'imperfezione è il presupposto del divenire, la perfezione di una verità  è ferma, non necessita del movimento del mutare, persino Darwin scrisse che l'imperfezione nella natura  permette nuovi adattamenti, trasformazioni evolutive. Questo moto perpetuo  di tutto che muta è come  se cercasse una perfezione per fuoriuscirne , ma può? Sarebbe la fine di tutto?
#309
 Ciao Inverno,
taglio corto e chiedo semplicemnte:
c'è mai stata una forma democratica che esprimesse la volontà popolare?
L'attuale forma di democrazia nei sistemi politici formali degli Stati soprattutto occidentali esprimono una "vera" democrazia intesa come volontà del popolo?
A chi trae fortuna da  questo sistema pseudo democratico attuale e a chi invece ne trae malessere?


Il partitismo, una libera associazione, nato nella modernità è l'unica forma intermedia fra popolo e Stato?
Ricorderei che le due forme di democrazia diretta e rappresentativa hanno una sostanziale differenza. Nella diretta il delegato ha il potere i delega, ma non di rappresentanza, non è "un procuratore" che negozia i diritti dei rappresentanti, in quanto sarà l'assemblea del popolo a decidere; quindi il delegato non ha potere decisionale.
Nella democrazia rappresentativa l'eletto nelle liste elettorali che sono compilate in ordine gerarchico dai partiti e non dal popolo , quest'ultimo sceglie chi è già stato scelto, si fa la sua crocetta sulla scheda elettorale e non partecipa affatto alla vita politica, la subisce.
Questa è democrazia della volontà popolare?
Il partitismo ha letteralmente annientato persino i canoni del Parlamento italiano.
Quando ,tempo fa, i cinque stelle chiedevano che vi fosse una legge che vincolasse il deputato  o senatore al partito e non trasmigrasse, nello stesso periodo del mandato, in altri partiti, dissero una fesseria costituzionale. Perchè il Parlamento nelle intenzioni dei padri costituenti è il luogo in cui si formano i gruppi che hanno idee politiche simili, e non prima ancora di entrare in Parlamento.
Così il passaggio dalle liste elettorali al Governo, che alcuni partiti politici ormai vorrebbero già eletto dal popolo, di fatto esautorano il ruolo del Parlamento come sede istituzionale del dibattimento politico, del voto non sancito apriori dalle segreterie di partito, ma dalla libera associazione su idee, riforme, decreti, leggi, ecc.
Non confondiamo quindi il consenso partitico elettorale e il suo ruolo ormai abnorme con la democrazia.
Se poi internet è un problema, vi chiederei come mai i politici tutti utilizzano social addirittura privati come Facebook, Istagram, e quant'altro per comunicare? Vi sembra sensato?


Se prima non vi+ una disamina corretta dei problemi e mali delle attuali forme repubblicane social-liberali dentro una democrazia a elezione per suffragio universale, continueremo a criticare senza cavare un ragno da un buco.
Perchè la prossima fase della storia politica istituzionale sarà abolire o ridurre il Parlamento, così avremo finalmente chiaro che le aristocrazie e oligarchie da sempre e sotto la mentita spoglia democratica, governano e "menano il gregge" per i pascoli che vogliono loro.


Il secondo aspetto è la territorialità  giurisdizionale, del campo applicativo degli istituti giuridici,
Senza controllo sociale da parte della volontà popolare, chiunque può fare le leggi ai suoi desiderata e per un certo numero di anni che le leggi stabiliscono.
Comincerei dal basso a formulare la democrazia diretta tramite la telematica: dai comprensori che per me dovrebbero abolire comuni province e regioni, ovvero l'amministrazione indiretta dello Stato, florilegi di ridondanze di miriadi di persone accomunate da "servitori di partito" non cert odel popolo. L'italia verrebbe suddivisa in comprensori, dove ad esempio vi sarebbe un solo delegato per una intera valle, così come un'area metropolitana è già un comprensorio di una grande città con le sue innumerevoli frazioni. La federazioni di comprensori è la periferia dell'ordinamento al centro vi è un Governo su tutto il territorio italiano.
Si tratterebbe di riformulare l'intero ordinamento senza toccare i principi  di diritto della Costituzione italiana.
Ma il tutto voluto e controllato dal popolo, in quanto sarà lui che decide per via diretta se un disegno di legge, un dibattimento, dovrà diventare legiferazione nell'ordinamento legislativo giuridico.


Ciao Jacopus, la stima è reciproca.
Se vuoi, se volete, prendila per provocazione,  ma è quel che penso.
Lo conosci il celebre discorso di Calamandrei ad un'assemblea di studenti in giurisprudenza/legge?
Calamandrei è un padre fondatore nella Costituente. Disse che non può esserci libertà senza eguaglianza, per cui i politici debbono salvaguardare gli "ultimi" affinchè la differenza fra ricchi e poveri si colmi. Quindi sfondi una porta aperta.
E quindi? Avrei la soluzione, ma è troppo "radicale", semplicemente si sancisce il limite quantitativo  d ricchezza patrimoniale oltre il quale il singolo individuo e/o gruppo famigliare non può andare. Quell'oltre viene confiscato dallo Stato e ridato all comunità. Lo sai che nella tradizione ebraica, e c'è nella Bibbia veterotestamentale, il Giubileo, esisteva l'azzeramento del debito e gli schiavi e prigionieri venivano liberati ? Erano più stupidi gli antichi o noi tecnologici moderni?


Lo so benissimo che il salto ad una democrazia diretta presenterebbe delle difficoltà, soprattutto iniziali.Ricorderei che la Comune di Parigi, i soviet, i kibbutz ebrei furono  o avrebbero dovuto essere autogestione diretta dei partecipanti.
Ricorderei anche che partecipante, astante, osservante hanno significati diversi.
Se la democrazia è partecipazione attiva del popolo, ebbene lo sia.
Anche la democrazia rappresentativa attuale secoli fa la ritenevano impossibile e impensabile dap rte dei nobili aristocratici.


Ti ricorderei che proprio i Governi tutti, non solo italiano, hanno interesse a rincoglionire il popolo a mantenerlo gregge, a dargli mediaticamente fesserie per bambini scemi, a non coltivare nessuna
cultura perché è inutile e non porta soldi.  E'come dire che il pastore dice che il suo gregge è stolto, certo se lo tratta da pecora e intanto lo mena per i tratturi  che vuole il pastore.
#310
 Ciao Aperion,


il problema di dare nomi a cose che mutano signifca dare un principio d'identità e da questa poi
seguire le regole categoriali, tassonomiche, di come e dove collocare quel nome.Ogni nome dichiara un significato, una caratteristica. Anche se non conosciamo perfettamente la galassia più lontana all'occhio umano, non vuol dire che non si debba dargli un nome. Il fiume è composto da acqua ed è l'acqua che muta nei suoi cicli, non il nome del fiume. Infatti da i nomi, dalle causazioni, dalle forme e sostanze , si arriva all'essenza delle cose, degli enti. Anche noi umani mutiamo fisicamente con gli anni, ma non cambiamo nome ogni giorno.
Se si "corre dietro" al divenire nulla sarebbe conoscibile, mutiamo noi e ogni fenomeno in divenire.
Ma una legge fisica è un poco come "bloccare" e fissare una conoscenza che ha però dentro di sé variabili e costanti, ha il divenire e la sua essenza che non muta.


L'essenza del divenire è la contesa, a mio parere Eraclito e Nietzsche dicono qualcosa di ragionevolmente vero. La pace è un equilibrio fra opposti, ma che non nega la contesa interna.
Persino dottrine moderne di politica dicono che un ruolo importante dello Stato è "la pacificazione del conflitto" .Così come particelle atomiche confliggono fra loro e tutto tende ad alterarsi nelle sostanze, come in natura vita e morte e di nuovo vita e poi morte, esistono momenti di quiete apparente, ma dove tutto tende a trasformarsi. Trovo, a mio parere, che le organizzazioni umane, l'universo e il mondo terreno, seguano strade identiche, dove la trasformazione è una contesa di forze che agiscono sulle sostanze, sulle persone umane nel sociale, e rompono vecchi equilibri per riaprirne altri con sempre una contesa.


La crudeltà della vita è un fatto nella natura e per me la natura non ha morale, ha dei suoi ordini e regole, per cui i forti carnivori sono pochi e gli animali nella scala predatoria più deboli prolificano molto di più, affinché il conflitto sia dentro un equilibrio che così si perpetua. E' una lettura prendere le cose per quello che sono ed è altrettanto vero ciò che dici, l'uomo non si è fermato a questa regola, pur essendovi partecipe come corpo fisico, si è posto domande, ha anche altre motivazioni profonde ed ha il potere di intervenire sull'ordine e regola naturale, modificando, trasformando, creando. Questo lo chiamiamo cultura.. Ma anche prendere la natura per quello che è priva di morale è cultura, poiché a sua volta la convinzione determina motivazioni.


Altro a mio parere è il crimine interno fra umani. Ed è mia convinzione che la morale sia nata proprio per questo e che Nietzsche "glissa" tutta la politica umana, vale a dire ciò che istituisce le istanze di giudizio dentro le organizzazioni umane. Quì Nietzsche è debolissimo, perché la cultura non si regge sulle sole regole e ordini naturali, l'uomo può creare i lager per sterminare i propri simili, come gli ospedali per curare con "pietas" la condizione umana.E' necessaria la regola morale per costruire una comunità, una società e per questo vennero a costituirsi i valori morali come le antiche virtù. Platone influito dalla dottrina eraclitea seguirà invece le virtù socratiche premesse dei valori morali fra cui la giustizia.


Sono d'accordo con te che ad un acuto dolore segue una ancora più acuta fantasia. Un voler fuggire da uno stato di malessere profondo. In fondo anche l'estetica, a suo modo,tenta di medicare oltre che denunciare lo stato di sofferenza umano nel proprio vissuto individuale e sociale.
La posizione di Nietzsche non è affatto cinica, direi interlocutoria, non chiarita filosoficamente ,bensì narrata come ad esempio in "Così parlò Zarathustra". Ospita nella sua grotta anche i "mediocri", vive nella natura con i suoi compagni l'aquila e il serpente e ama il sole che lo nutre. Non trovo cattiveria, anzi e il forte desiderio di comunicare con i propri simili. Non c'è il conflitto se non interiormente a sé provocato dalla condizione umana degli altri.
Ci sono diversi Nietzsche, gli studiosi lo suddividono in fasi, e prendono corpo nella cronologia delle sue opere.


Penso che invece Nietzsche ci credesse a questa spinta motivazionale di un umano oltre la mediocrità. Nietzsche vive un tempo in cui il germanesimo era decadente ed inevitabilmente il pensiero e gli scritti di chiunque sono legati al proprio tempo. Ma ciò che vola oltre il tempo è un'idea, un messaggio che in Nietzsche ha comunque influenzato anche tuttora  molti pensatori a venire dopo di lui.
#311
 Ciao Iano,


Personalmente inserirei il pensiero filosofico e calcolante dentro l'insieme della teoria della conoscenza, vale a dire la relazione che intercorre fra soggetto come agente conoscitivo e oggetto della realtà. Laddove sia per soggetto che per realtà intenderei di significato molto ampio e comprendente tutto. La relazione costituirebbe la forma linguistica scelta in funzione dell'ambito conoscitivo. Il mistico presenterebbe quindi un linguaggio fortemente soggettivato, come vissuto esistenziale; il calcolante avrebbe un linguaggio segnico e simbolico dove il vero e il falso sono dirimenti, sarebbe povero di soggettività e ricco di conoscenza scientifica soprattutto quantitativa e meno qualitativa.
La via scelta per la conoscenza è multiforme e gli scopi e modalità possono essere diversi, anche se alla fine le esigenze e motivazioni nascono intimamente nell'uomo. Le vie più mistiche sono tendenti all'individualismo, quelle più convenzionali che necessitano di intersoggettività e convenzioni linguistiche sociali.Quindi la scienza moderna sceglie per necessità un linguaggio formale calcolante, il filosofo alterna il formale e l'informale, fra il logico e  l'estetico.
Affinchè il pensiero calcolante abbia effetto ha necessità di un linguaggio assertivo superficiale per necessità se vuole condividere il metodo sperimentale che è riterazione dell'esperimento e giustificazione nel sensitivo. Fin qui va bene anche un Wittgenstein, oltre non aiuta in nulla perché l'uomo non funziona per algoritmi se vuole creare e non paralizzarsi al fenomeno visivo.
Ma adatto che uno scienziato ed un artista o pensatore sono tutti umani con medesime qualità e caratteristiche intellettive e psichiche, le due forme di conoscenza si intersecano, laddove allo scienziato serve la creatività e all'artista la tecnica materica.


Quindi penso, se non ho capito male, che anche tut segua il medesimo ragionamento detto in altro modo.
Il pensiero calcolante in sé e per sé non porterebbe conoscenza, incapace di andare oltre al calcolo dei segni e simboli, non può creare altri segni e simboli, necessita di creatività e intuto per costruire nuova conoscenza per mettere in discussione i suoi stessi teoremi e algoritmi.
#312
 Non confonderei la democrazia con i sistema repubblicano liberale, così come non confonderei  i criteri dei cosiddetti valori. di giustizia di libertà e uguaglianza.
La demos-crazia è volontà del popolo. Perché anche un tiranno potrebbe essere "giusto" e "saggio" a soppesare i valori fra loro nella fattualità della vita sociale.
Il problema fondamentale è che la democrazia rappresentativa parlamentare contemporanea ha chiuso da tempo, ha fatto capire che si finge di scegliere ciò che il partitismo ha già deciso nelle liste elettorali e che si sceglie e soprattutto non si può cambiare il sistema che è stato ingessato astutamente e scaltramente. Si vota per non cambiare mai nulla.
I grandi numeri delle quantità delle persone che votano dimostrano conservatorismo e non progressismo, perché questa è la consuetudine la motivazione vera del popolo, salvo alcuni momenti storici.
Il problema è se la volontà popolare è davvero l'anima di una società da seguire , e dall'altra se il voto a suffragio universale ha davvero senso nella forma dei partirti politici che hanno boicottato anche , nel caso italiano, la Costituzione. La malattia democratica è onnicomprensiva, dalla volontà del popolo alla formazione dei governi in un parlamentarismo che non ha più senso e viene infatti boicottato, da decreti del governo perché l'urgenza dei tempi di risposta non permette inutili dibattiti parlamentari decisi dalle segreterie di partito.


Quindi sì e da subito alla democrazia diretta, togliere di mezzo comuni, province che non ci sono ma ci sono, regioni, enti autonomi periferici, enti autarchici e tutta la ridondanza incapace nemmeno di gestire un coronavirus, creare comprensori territoriali a sistema federale, per cui rimarrebbe la dialettica fra centralità e periferia, fra governo centrale e quello periferico. Utillizzo di una firma certificata elettronica, niente matite e carta ridicole, manca solo il calamaio e il pennino per l'inchiostro, tanto falsano le schede elettorali quando lo vogliono fare..........costi ridotti e velocità sulla risposta di domande sociali importanti.
O è potere al popolo o non lo è. Questo già lo diceva Rousseau nel "Contratto sociale" quando faceva l'esempio dei tribuni nelle assemblee dell'antica Roma.
Trovo che sia il passaggio inesorabile per responsabilizzare il popolo a partire dal proprio territorio e chiaramente deve essere accompagnato da una riforma totale degli organismi attivi, consultivi e di controllo e i giudici del potere giudiziario devono essere anch'essi votati dal popolo direttamente senza liste di partito, con il solo pre requisito della conoscenza delle scienze giuridiche, così come il politico deve conoscere le basi delle scienze politiche e giuridiche della formazione dello Stato, appunto gli istituti giuridici.
#313
ciao Aperion,


Mi veniva in mente un dialogo socratico di Platone "Cratilo" (discepolo "estremista" di Eraclito), che tratta sull'origine dei nomi.
Così Socrate dice: " La rotazione simultanea riguarda sia il cielo, che chiamano "poli", sia l'armonia del canto che viene denominata sinfonia,perché tutto questo, come affermano gli esperti di musica ed astronomi, "gira" insieme secondo una certa armonia. E Apollo presiede all'armonia, sia presso gli dei che gli uomini."
"Il nome di Ermete riguarda il discorrere e l'essere e il dio interprete e messaggero e ladro ingannatore nei discorsi e commerciante: tutta questa attività riguarda il potere del discorso . Il discorso si muove sempre ed è duplice: vero o falso. La parte vera di esso è levigata e divina e dimora in alto, tra gli dei, mentre quella falsa abita in basso, tra la moltitudine degli umani, ed è ruvida e caprina : qui nella vita tragica, si trova infatti, la maggior parte dei miti e della menzogna.
Pan, figlio  della duplice  natura di Ermete, liscio nella parte superiore, ruvido e caprino nella parte inferiore."
...e ancora dice Socrate: "I nomi sono stati dati alle cose come se si muovessero e scorressero e divenissero totalmente...La saggezza significa pensiero del moto e del flusso....Comprendere significa che l'anima procede insieme con le cose. Sapienza significa " raggiungere il movimento".
....Bene significa ciò che è ammirevole in tutta la natura.....Necessario è ciò che resiste; volontario è ciò che cede e non resiste....Verità è il divino movimento dell'ente, la menzogna è il contrario del movimento."
..infine Socrate dice: " Chi  ha posto i nomi non intendeva indicare gli oggetti che vanno e si muovono , bensì quelli che permangono...Le cose vanno imparate e cercate non a partire dai nomi, bensì a partire da se stesse molto più che dai nomi.....Ma non è neppure ragionevole parlare di conoscenza, se tutti gli esseri mutano e nulla permane.

Quindi la visione finale di Socrate è che la conoscenza permane e non fluisce ed è il superamento dell'eraclitismo e fondamento della conoscenza.


Questa premessa lunga tocca sia Nietzsche che Eraclito. Perché entrambi vedono una sola parte del vero. Non mi convince la divisione apollinea e dionisiaca in Nietzsche. Se studiano attentamente i miti e i gli scritti di Esiodo ed altri si vedrà che c'è una costante nel divorare da parte del padre il figlio , in Crono il titano, da cui si salva Zeus;, in Apollo, in Dioniso stesso che finisce divorato.
Qualche studioso addirittura ritiene che Apollo e Dioniso siano la stessa persona, la duplice faccia di una stessa medaglia,  e chi ritiene Dioniso e Orfeo la stessa persona. Non è così semplice e banale
entrare nei reconditi sotterranei della cultura greca.
C' è una duplice visione nella cultura greca che riescono a far convivere, come ad esempio da una parte rispettare gli dei in Socrate, ma dall'altra credere al culto dell'orfismo e della trasmigrazione  delle anime(metempsicosi) che esprime chiaramente in un altro dialogo socratico.
Le costanti e le variabili, come in matematica, gli enti fermi e le essenze e il divenire del fluire dei movimenti, la vita e la morte, la conoscenza , la verità e la menzogna.
Nietzsche non risponde a tutto questo, come ho già scritto "glissa" per vedere solo una parte.


Eraclito e Nietzsche, concordano sul "fatto interpretato". Intendo dire che osservano il mondo quale è e lo leggono a loro modo e in questo caso il conflitto il polemos è interno al procedere del mondo.
Hanno a mio parere in questo delle buone ragioni che la storia umana evidenzia.


Citaz Aperion
Mi sono espresso male, probabilmente. Non intendevo dire che Nietzsche raccomanda una 'passività' di fronte alla vita. Volevo semmai dire che la sua raccomandazione è quella invece di viverla col 'massimo coinvolgimento' possibile, senza 'scartare' ogni aspetto di essa, anche quelli che sono dolorosi, tragici, terrificanti... Ed è per questo che a me sembra una filosofia 'estrema'. 


Faccio un esempio del tutto naturale, un carnivoro che crudelmente inizia a divorare una preda quasi torturandola, perché non è ancora morta.
E' una atto rabbrividente, ci da fastidio . Si tratterebbe di capire quanto è morale per noi e quanto è invece è naturale per quello che è. Che cosa davvero nasce in noi da quell'atto. Noi utilizziamo termini morali :terrificante, crudele, ecc. Ma se dovessimo spogliare i termini morali dai vocabolari, la natura sarebbe rappresentata per quello che è. Risulterebbe forse contraddittoria e forse emergerebbe qualche altra verità. Il mio ,ribadisco, è un tentativo di capire la "mente" di Nietzsche.


Penso, ma non sono così sicuro, perché dovrei addentrarmi in turi gli scritti di Nietzsche, che il super uomo e l'eterno ritorno, sono coerenti nella sua visione del mondo e dell'uomo.
Se tutto fluisce e se si pensa che non abbia origine e fine ,perché ciò che importa è cosa e come si da il mondo e quindi niente filosofie teleologiche o verità incontrovertibile, si apre il solo fluire del tempo che viene ,va e ritorna come una rotazione su se stessa, appunto un eterno ritorno.
Il super uomo è l'abbandono totale della tradizione culturale intrisa da morali che hanno sottomesso gli umani agli dei e a Dio. Per Nietzsche , penso ma ribadisco non ho mai approfondito più di tanto, sarebbe un automatismo.
#314
 Ciao Cvc,
citaz cvc
Nietzsche vede la ragione come  ostacolo delle forze vitali profonde


Esatto, ed è una chiave di lettura molto importante a parer mio per capire Nietzsche.


E' tutta interessante la tua disamina.


Uno dei problemi per cui Nietzsche sbaglia è che qualunque società umana, aggregazione, comunità, società, che sia una tribù nella più inestricabile foresta o sia nella City delle metropoli tecnologiche, c'è sempre qualcosa di "più alto" della bassezza umana in cui lo stesso uomo crede. Che sia un totem per i propri tabù, che sia la City come cuore della finanza che fa battere i ritmi economici e della stessa vita tecnologica occidentale, tutti guardano a qualcosa che è oltre l'uomo come principio generativo. Non esiste comunità senza un istituto che poggi su principi statuari condivisi e identitari che siano sopra la condizione umana singola, sopra la natura stessa dispensatore di gioia e dolore, che in qualche modo renda giustizia di ciò che l'uomo pensa e non riesce a compiere, ad essere sereni, felici.
E non si può glissare tutto questo,senza cadere in una in-temporalità priva di senso. Il rischio è declamare un uomo che non c'è, che è altro dalla sue vere e reali motivazioni, errori, incombenze, da tutto ciò che è realtà della vita. E' come se l'uomo debba avere una necessità di un metro esterno a lui e questo impulso prima ancora di essere ragione ha costituito e costruito la storia nelle sue bestialità come nelle grandezze.
Nietzsche da più importanza al momento comune della festa che a ciò che ho poc'anzi esposto, ma in realtà è il contrario . E' la festa ebbra di gioia che è solo un momento dentro un tempo scandito da regole e ordini che dichiarano ben altro, non può essere la regola e l'ordine che governa il conflitto e il polemos eracliteo.
E' un martire perché crede in una umanità altra dalla realtà che tutte le storie ,non solo occidentale, narra.  La parte sociale ,delle organizzazioni umane ,non può avere come principio l'ebbrezza orgiastica e il ditirambo dionisiaco, lo può avere come contraltare, come opposto, come denuncia a quella società umana. Così l'estetica, con le Muse , ispira l'artista ad essere contro, a denunciare le ipocrisie sociali, a osservare a trecentosessanta gradi per poterne cogliere gli aneliti umani, i bisogni profondi e mortificati dalla realtà, dalle condizioni sociali.
#315
ciao Aperion,


Eraclito, di cui ci giungono parecchi frammenti, scriveva per aforismi, come parecchie opere di Nietzsche. E' più complesso di quel che sembra.
"La natura ama nascondersi" e riteneva che tutta la realtà fosse riconducibile ad un principio originario, primo. La natura trova in Eraclito una complessità che non ha il significato odierno, è più propriamente filosofico, non è il meccanismo soltanto è ciò che avvolge il meccanismo. E' un logos cosmico. L'universo è un ordine unico ed eterno . Credeva agli opposti, ad una dualità che diventava unità, per questo il polemos, il conflitto è interno al cosmos. Quindi il divenire è il passare da un opposto all'altro. Questo sistema per contrasti è chiaramente non allineato all'armonia pitagorica e di altri pensatori. L'armonia per Eraclito si trova quando gli opposti sono in tensione.
Ama la guerra, il polemos, perché è una forma di giustizia naturale, definendo la relazione fra forza e debolezza. Il frammento che dice: " Negli stessi scendiamo e non scendiamo, siamo e non siamo " è stato interpretato in mille modi negli scopi dell'interpretante:il "tutto scorre" è poco eracliteo e molto di Cratilo, maestro di Platone (in seguito sceglierà Socrate per le virtù) e si trova come personaggio in dialogo socratico. Cratilo diventerà un sofista, in quanto se tutto scorre ogni nome dato a ciascuna cosa non ha senso visto che muta continuamente, mentre il nome rimane uguale.
Il termine logos non è fisso, ma già in Eraclito. Logos lo definisce come legame, relazione, o discorso, oppure come principio,ecc.


L'uno primigienio si trova in "Nascita della tragedia" di Nietzsche, opera giovanile.
Nietzsche non è un filosofo ante litteram, ci sono pezzetti di pensieri filosofici riconducibili dentro tutte le sue opere, e per pensiero filosofico  e magari classico, intendo un ragionamento logico che definisca l'intera struttura interpretativa del mondo, dell'universo. Non ha schemi di questo tipo, e penso lo abbia appositamente voluto.  In questo modo ha lasciato buchi che altri filosofi e critici hanno riempito ognuno a loro modo. Ed è per questo che mi fido poco dei critici e filosi su Nietzsche.
Ognuno lo interpreta come vuole.
Non penso che credesse alla bontà del mondo, più semplicemente questo mondo è da prendere quale è perché è impossibile fare diversamente e a mio parere ha delle buone ragioni a porsi in questo modo. E' come dire, riprendendo il discorso precedente, è inutile interpretare il mondo o l'universo, si prende per quello che è  e quindi rifiuta la filosofia in termini di interpretazione appunto del mondo.
A mio parere ha un limite ed un pregio allo stesso tempo, è una contraddizione di impostazione filosofica, perché comunque anche Nietzsche è un interpretante della vita, della natura, dell'estetica, ecc. Ma forse l'uomo è contraddittorio per sua natura, in fondo ragioniamo per comparazioni, per contrasti, per dialettiche e viviamo questi contrasti, opposizioni, come nostre tensioni razionali, emotive, esistenziali. Riesce a farne un pregio della contraddizione, in un modo tutto suo. Quindi sì, è un'affermazione del mondo, ma nel vissuto umano, è la vita umana che interpreta.
Non direi che è accettazione passiva del mondo, entra il gioco la volontà, la forza vitale, la capacità umana di creare, di sognare, di rivivere la stessa natura come opera sua, come opera d'arte, quindi di rappresentarla, di rivivificarla in tragedia con il coro greco, con il ditirambo dionisiaco. E' tutt'altro che passività, è esplosione di estaticità, di potenza, di volontà, perché permettono momenti di gioia, di felicità, di ebbrezza.
Direi che Nietzsche ha fiducia nel mondo e negli umani ,in un certo senso. Abbatte la morale come metodo coercitivo ,condizionante, che piega la volontà umana ad una volontà superiore che per Nietzsche non esiste, se non per quello che è il mondo. Quindi vi è l'esaltazione della forza, della volontà, del guerriero, del coraggio, ma non in termini morali o amorali, non ci sono più perché non ci sono proprio ne mondo, sembra dire Nietzsche. Non significa che il forte stermini, il debole, già nella Tragedia greca vi è l'esaltazione del canto popolare , di uomini uniti e non divisi che festeggiano ebbri d questa unità. Metaforicamente per fare un esempio banale, potrei dire è la gioia esplosiva di quando la nazionale del calcio vince il mondiale, ognuno gode della gioia altrui. In quel momento è all'unisono la moltitudine di persone, è un popolo ebbro. In quel momento non ci sono divisioni di ruoli sociali, di censo, tutti sono eguali.


Dovrei studiare approfonditamente Nietzsche, e non so se ci riuscirò, avrei bisogno di altre...vite.
Ci sono fasi nel pensiero nietzschiano che gli studiosi hanno suddiviso. A mio parere ad un certo punto della sua vita, che presumibilmente corrisponde con la sua malattia, conciano scritti fortemente polemici e poco costruttivi che fece allontanare anche amicizie. Il suo massimo presumibilmente lo tocca con "Così parlò Zarathustra", poi scema.


Il problema della sofferenza è che nel credente viene, per così dire, sublimata e accanto vi è il peccato, il timor di Dio. Questo è un blocco in quanto la sofferenza non viene accettata e allora si teme ala vita come portatrice di dolore e sofferenza che arriva come un ladro senza bussare alla porta.
Un uomo cinico che ne "infischia" di Dio ha gioco facile in umani abituati a sopportare, mansueti nell' abitudine divenuta attitudine all'obbedienza, Più si sopporta e più per contrappasso si avrà di più nell'aldilà. Questo meccanismo è molto chiaro in Nietzsche. L'errore non è nella Sacra Scrittura, ma in chi ha ritenuto di interpretare quelle scritture per  il proprio potere.....umano e ben poco o niente di divino. La fattualità è la storia ed è propria degli uomini che fanno la storia comprese le loro contraddizioni, paure, timori, forze ,debolezze, volontà, passioni.
La sofferenza in Nietzsche è una necessità data nel mondo che a sua volta sublima, se mi è concesso, con la volontà, con la potenza. Non avrebbe esaltato l'estetica ,sarebbe stato un pessimista come Schopenhauer che aveva introdotto la volontà.


Il paradosso  morale che a mio parere c'è in Nietzsche, è che l'uomo proprio per la sua potenza data dalle qualità intellettive e da uno sviluppo psichico che non ha pari in natura , è che qualunque organizzazione umana non è sorretta da un principio istintivo, ma proprio perché esistono strutture culturali, fra le quali la morale, i comportamenti etici sono su opportunità, motivazioni, convenienze, in cui la forza vitale ,la potenza, la volontà giocano un ruolo sui rapporti di forza interni al sistema umano che è soprattutto culturale e non direttamente istintivo come quello animale.


Citaz Aperioni
Non sono sicuro che N. volesse 'sublimare' la sofferenza e il dolore. Secondo me, invece, N. voleva fare proprio il contrario, ma forse qui ti fraintendo. Per lui il problema era qualsiasi desiderio di 'andare oltre' la sofferenza e il dolore e la 'tragicità della vita'. N. voleva che si accettasse completamente la 'tragicità' - "non voler niente di diverso", dolore, sofferenza e tragicità incluse.
Sì, è cosi, forse non mi sono espresso bene.


Nietzsche rimane interessante come punto di vista del pensiero, ha il merito di far pensare, riflettere.
E soprattutto penso che certa filosofia, come in Heidegger e parecchi francesi, sarebbe difficile capirli senza passare per Nietzsche.