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Messaggi - 0xdeadbeef

#301
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Statistica
18 Febbraio 2019, 18:02:15 PM
Ciao Viator
Che vuoi dire? Che la storia la fanno le elites? ;D 
saluti
#302
Citazione di: Jacopus il 17 Febbraio 2019, 18:58:05 PM
Per OX. Eppure di prove ce ne sono innumerevoli, a meno che non si voglia per l'ennesima volta dimostrare il contrario con la reductio ad hitlerum, che potrebbe anche essere stato un incidente di percorso.

Ciao Jacopus
Se fosse come dici nella storia avremmo assistito ad un continuo, per quanto labile, progresso morale...
I tempi più cupi sarebbero dunque quelli, per certi versi fulgenti, dell'antichità classica, cui il
medioevo avrebbe rappresentato un superamento in termini qualitativi.
Non dico poi dell'Umanesimo e del Rinascimento, tanto splendidi sul terreno delle arti quanto
decadenti ed immorali su quello etico.
Insomma, io questo progresso non lo vedo; e se è certamente vero molto di quel che affermi è però
altrettanto vero che non la sola Germania nazista ha destato "scandalo" durante il sanguinario 900.
Che dire poi di aspetti molto meno considerati ma a mio avviso altrettanto significativi della, diciamo,
non rilevanza del progresso morale lungo la storia...
Guardiamo, ad esempio, alla condizione degli anziani, il cui ruolo da quello di guida e saggi
consiglieri è passato a quello di "zavorra". Oppure all'estrema indifferenza con cui ormai noi, pingui,
rammolliti ed immorali, guardiamo a quello che ci succede attorno...
Non voglio con questo dire che prima c'era un'"età dell'oro"; un "paradiso perduto"; un "tempo dei
patriarchi" di cui, allontanandoci nel tempo, si sono perse le virtù positive. Il mio non è un
discorso opposto ma speculare al tuo: io sostengo che la moralità è "più o meno" (appunto a seconda
di periodi storici medio-brevi) stata sempre la stessa.
saluti
#303
Citazione di: Jacopus il 17 Febbraio 2019, 17:01:20 PM
Mi ricollego all'ultimo discorso di Ox. A mio parere ci sono aspetti biologici che implementano i valori etici, se con questi indichiamo la predisposizione ad aiutare e sostenere i nostri simili.

Ciao Jacopus
Ma sì, dicevo infatti che un fondamento istintuale dell'etica è rilevabile in gruppi "parentali", cioè in
"comunità" che però, e lo trovo dirimente, la modernità sta sempre più obliando.
Solo che ritengo non si possa "esagerare" con il materialismo, ed affermare (come fa Ipazia) che l'etica
si fonda su un "bene comune di tutti i viventi" come concetto materiale (a quanto io ho capito lei sostiene
addirittura che questo vale anche per gli animali...).
In altre parole, ciò che io sostengo è, sì, che l'etica si fonda su un "bene comune di tutti i viventi", ma
che questo è un concetto culturale (e perdipiù fatto proprio in maniera "sacrale", visto che da esso è stata
espunta ogni traccia di relatività...).
Non sono d'accordo con te (o perlomeno lo trovo molto problematico) laddove affermi che è rilevabile una
tendenza di lungo periodo che conduce all'allargamento di spazi etici.
Non ritengo sia rilevabile un simile processo né in quella direzione né in quella contraria, nel senso che
trovo semmai siano rilevabili (entrambi) nel breve-medio periodo, non nel lungo.
saluti
#304
Citazione di: viator il 16 Febbraio 2019, 22:44:20 PM
Salve Ox. Non sono assolutamente d'accordo nell'identificare l'etica come l'insieme dei comporatamenti e delle scelte orientate al bene.
Questo è il significato corrente, consuetudinario, discorsivo del concetto di etica all'interno della nostra cultura, largamente quanto "inconsapevolmente" ipocrita. E' stato recentemente coniato pure l'aggettivo opposto : "disetico", cioè "privo di etica o contrario all'etica" ma, poichè "etica" significa solo COMPORTAMENTO senza implicare alcuna ulteriore specificazione, DISETICO sarebbe allora "privo di comportamento !!".


Ciao Viator
Non so, questa è la prima voce che al mio pc appare quando su Google digito "etica definizione": "Dottrina o
indagine speculativa intorno al comportamento pratico dell'uomo di fronte ai due concetti del bene e del male".
Per quanto riguarda il rapporto fra etica e morale, riprendo la nota affermazione di Hegel per cui l'etica altro
non è se non la morale collettivamente intesa (concetto che mi pare condiviso anche dall'amico Jacopus).
Quindi, ecco, si tratta solo di mettersi d'accordo sui significati...
saluti
#305
Citazione di: Ipazia il 16 Febbraio 2019, 21:17:24 PM
Certamente perché il cuculo non ha mica i pregiudizi metafisici sul Bene che hai tu. Per il cuculo l'etica è esattamente quella che è nella sua semantica: ethos techne, tecnica del vivere e dell'abitare. Che nel suo caso è, diciamo, originale, ma funzionalissima al suo "bene" riproduttivo. Così come insegnare al cucciolo carnivoro la predazione è basilare per il suo massimo "bene": sopravvivere.

Certamente l'etica umana e la sua interazione con la coscienza è un fenomeno molto più complesso, ma nelle sue fondamenta c'è il Bene comune di tutti i viventi.


Ciao Ipazia
Esattamente questo è il punto centrale; che cerco di dirimere e spiegare (evidentemente male, visto
che non vengo compreso) in alcuni dei miei posts (in particolare ne: "La volontà di potenza da
un altro punto di vista").
Il cuculo, come gli anglosassoni, ha una concezione del "bene" come utile particolare...
Senonchè, a differenza degli anglosassoni che poi ammantano di metafisica questo crudo assunto (la
"mano invisibile", cioè Dio, fa sì che la somma degli utili particolari risulti nell'utile collettico
- che è tra l'altro la teoria filosofica a fondamento del liberismo), il cuculo persevera in maniera
coerentissima a considerare (...) il proprio utile come indiscusso bene (come di fatto E' nel liberismo...).
Ripeto quanto detto altrove: non mi sogno neppure di dire che è "vero" quel che io sostengo (e quel che
sostengo è la sacralità dell'etica). Mi limito a dire che quella del cuculo non è "etica", ma utilitarismo
(e, di conseguenza, che la concezione anglosassone, laddove "depurata" dal grossolano elemento metafisico,
risulta essere il medesimo utilitarismo del cuculo).
In altre parole, a fondamento del "bene comune di tutti i viventi" non può in alcun modo esservi l'utilitarismo
del cuculo (che infatti fa cadere le uova dal nido di un'altra specie per deporvi il proprio senza alcun riguardo
per il "bene comune di tutti i viventi".
Non esiste, in natura, un simile concetto, esso può essere solo e soltanto il "parto" culturale di una specie (l'uomo)
che lo assume in maniera "sacrale", cioè in maniera ab-soluta, unitaria, senza riguardo per un molteplice da cui NON
può originarsi.
saluti
#306
Citazione di: Ipazia il 15 Febbraio 2019, 10:27:18 AM
La natura non è la fata Turchina, ma chi sopravvive per tutta la vita saprà che deve la sua vita all'altro/a. Tale imprinting etico primordiale è talmente forte da aver, in un secondo tempo, generato una coscienza - ma questo è un tratto specificamente umano - pro-gettata in un sogno provvidenziale in cui la Madre, ovvero il Padre (anche il patriarcato accampa diritti in campo etico) ti assicura la vita, incluso il post mortem.

La mia opinione è che la filosofia abbia un ruolo importantissimo nella formazione della coscienza, intesa anche metafisicamente come assunzione di forma, quindi essenza umana. Ma abbia altrettanto nulla da dire sui meccanismi che rendono possibile questo,

Ciao Ipazia
A parer mio stai troppo generalizzando (cioè stai troppo cercando di ordinare il molteplice caotico in
un "kosmos" dal chiaro sapore metafisico).
Se, ad esempio (ma ne potrei fare moltissimi), io ti citassi il Cuculo, che fa cadere le uova del, diciamo,
legittimo proprietario per sostituirle con il suo parleresti sempre di "imprinting etico primordiale"?
Sulla coscienza sono assolutamente d'accordo che la filosofia non ha nulla da dire circa il sapere specialistico,
che è proprio della scienza. Però individuerei il "problema" nell'esatto contrario di questo, e cioè nella
pretesa di certa scienza di occupare ogni spazio (il problema è cioè lo "scientismo").
Da questo punto di vista, la "neurofilosofia" è un termine privo di senso e significato...
saluti
#307
Citazione di: viator il 14 Febbraio 2019, 23:43:33 PM
Salve Ox. Citandoti : "Non vedo proprio come nella prima poppata/beccata possa essere riscontrato l'innatismo delle pulsioni etiche...".
Dal momento che l'ethos non è altro che il comportamento, alla base di esso non può esserci che appunto l'istinto. Cioè l'innatismo. Dopo di che ci sarà molto tempo per far diventare l'etica una manifestazione molto complessa e molto nobile. Al punto da non poterne più riconoscere la base istintuale, come infatti avviene da parte di quasi tutti.

Citando invece Jacopus, la definizione "pensare se stessi nel mondo", molto bella e persino un poco poetica, mi sembra pecchi di tautologia.

Secondo me e come ho detto altrove poco fa in Lo spirito privo di sensi, la coscienza è, autocitandomi, "la funzione cerebrale che permette ad un corpo vivente (organismo) di trasformarsi da oggetto in soggetto".

Ciao Viator
Beh no, direi che l'etica e/o la morale non è "tutto" il comportamento, ma il comportamento rivolto al
"bene" (ove quello rivolto al "male" è ovviamente l'immoralità).
Da questo punto di vista, non penso proprio che nella prima poppata/beccata possa essere individuato
un comportamento rivolto al "bene", bensì una istintualità propria di ogni specie animale.
Con ciò non voglio svalutare l'importanza "etologica" di questa istintualità, ma semplicemente ricondurre
le parole al loro significato proprio.
Probabilmente il punto dirimente della questione è contenuto nella seguente domanda: "ma l'etica e/o la
morale hanno il loro fondamento nell'istintualità, diciamo, "animale"?
Secondo me se ne può discutere, perchè un fondamento istintuale è tutt'al più rilevabile in gruppi "parentali",
cioè in gruppi in cui valgono legami di sangue o di "cultura" (ad un livello superiore e specificatamente
umano), MAI fra gruppi rivali (voglio citare l'esempio degli scimpanzè, per non dire degli umani...),
nei quali, al contrario, il fondamento istintuale sembra essere di segno diametralmente opposto.
Di una cosa sono profondamente convinto: laddove si cerca di "ordinare" il molteplice e di ricondurlo
all'unità (come nell'affermazione "tranchant" che l'etica è innata) si compie un'operazione dal chiaro
sapore filosofico (magari credendo di pensare in maniera "analitico/scientifica").
Sulla "coscienza" la tua definizione mi sembra piuttosto condivisibile.
Come già dicevo, con la "coscienza" nell'essere umano si dà la capacità di pensar-si; e pensarsi sia
come soggetto pensante che come oggetto pensato.
Questo però ha a mio parere una importante implicazione. Se l'essere umano ha la capacità di pensarsi
come soggetto e come oggetto, questa avrà necessariamente la conseguenza di produrre un "giudizio".
Un giudizio su se stesso e sull'"altro" da lui che è, simultaneamente, il mondo e se stesso come oggetto
del pensiero del sé soggettivo.
E un giudizio sul "sé" sarà necessariamente formulato su un fondamento etico/morale.
saluti
#308
Citazione di: Ipazia il 13 Febbraio 2019, 21:04:55 PM
L'etologia umana (e non solo) si fonda sull'innatismo delle pulsioni etiche negli animali sociali, dalla prima poppata o beccata, in cui il mondo è la tetta/becco della madre, a tutto quello che segue. La formazione e formalizzazione di questa pulsione etica non è naturale, ma culturale, epifenomenica. La coscienza umana è sociale ab origine e può benissimo essere indagata a prescindere dalla forma(lizzaz)zione etica, ma non dalla pulsione originaria che è genetica.


Ciao Ipazia
Non vedo proprio come nella prima poppata/beccata possa essere riscontrato l'innatismo delle pulsioni
etiche...
Noto, da campagnolo verace, come piuttosto nelle cucciolate vi sia sempre un soggetto più debole degli
altri, che viene semplicemente lasciato morire quando, magari, la madre dispone di poco latte.
Ma direi di non andare troppo fuori tema, e tornare a quello della coscienza.
Sento disquisire molto sugli aspetti scientifici riguardanti neuroni, sinapsi, processi chimici o/e
elettrici, ma non sento nessuno dire che tutto questo riguarda semmai il, chiamiamolo, "vettore"
della coscienza, non LA coscienza...
Perchè per dire cosa è la coscienza bisogna per forza usare la filosofia ed i suoi termini propri,
ed a tal proposito ho proposto di adottare la definizione di Jacopus ("pensare se stessi nel mondo"),
ma vedo che la cosa è presto caduta nel dimenticatoio...
La coscienza dal punto di vista filosofico E' essenzialmente lo sdoppiarsi della dimensione unica.
Individueremo quindi un "io" e un "altro"; una interiorità ed una esteriorità; l'essere umano sarà
ritenuto capace di pensar-si come soggetto pensante e come oggetto pensato e così via con le varie
declinazioni che nella storia si sono succedute.
Del resto non ce lo ha ordinato il medico di occuparci di "coscienza", e se pensiamo che essa sia
riducibile a sinapsi, reti neurali etc, possiamo anche, semplicemente, smettere di parlarne (come infatti
fa una scienza degna di questo nome, che non si occupa certo di tali questioni).
saluti
#309
Citazione di: Ipazia il 13 Febbraio 2019, 19:20:35 PM
Certo, e nell'ultimo post l'ho chiarito, non nego la specificità e originalità della coscienza umana nel contesto evolutivo generale. L'etica preferisco lasciarla a margine del discorso perchè introdurrebbe elementi di involuzione della coscienza umana rispetto al suo decorso evolutivo nel mondo dei viventi. Maiali e carote inclusi. Involuzione il cui tanfo non c'è incenso "magnifiche e progressive sorti" che possa coprire.



Ciao Ipazia
In un discorso sulla "coscienza" (prendo per buona la definizione di Jacopus - che pur mi appare
riduttiva: "la capacità di pensare se stessi nel mondo") l'etica non può certo essere lasciata ai
margini, visto che è centrale.
Il "pensare se stessi nel mondo" non può che, come dicevo, voler dire pensarsi allo stesso tempo sia
come soggetto pensante che come oggetto pensato, e quindi come tale giudicar-si (e non ci si giudica
se non su una base etica/morale).
L'incenso lasciamolo alle chiese, come pure le "magnifiche e progressive sorti" dell'umanità a coloro
che, ingenuamente, credono all'innatezza dell'etica/morale...
saluti
#310
Citazione di: Jacopus il 13 Febbraio 2019, 14:59:33 PM
Ciao Ox. Non a caso ho aperto questa discussione in filosofia e l'ho intitolato "neurofilosofia, mente, cervello". Heidegger è molto appropriato. Grazie per lo spunto. Approfondirò la tematica e proverò a rispondere.
Questo è il link per saperne di più sulla neurofilosofia:
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Neurofilosofia

Si può ulteriormente suddividere la neurofilosofia in tre grandi campi di indagine: quella empirica, la prima a cui fa riferimento la Churchland, per la quale esiste solo il cervello (io come cervello), la neurofilosofia pratica, che è proprio quella che si occupa di questioni etiche o neuroetiche  e la neurofilosofia teoretica che tende a conciliare e integrare le scoperte neuroscientifiche con un discorso logico argomentativo tradizionalmente filosofico, che è la prospettiva che più mi attrae.

Ciao Jacopus
A mio modo di vedere esistono i saperi particolari (che possono essere più o meno particolari...) ed
esiste la filosofia, che è il sapere generale che "unifica" i saperi particolari (senza per questo
essere il sapere gerarchicamente più importante, come diceva Aristotele).
Per questo motivo non può esistere la "neurofilosofia", ma al più un discorso di tipo filosofico
sul sapere neuroscientifico.
Non sembri un discorso cavilloso...
saluti
#311
Citazione di: Jacopus il 13 Febbraio 2019, 14:15:02 PM
Ciao Ox. Ho precisato il mio significato di coscienza proprio per evitare fraintendimenti. É il significato accettato in campo neuroscientifico. Il tuo é collegato alla tradizione filosofica idealistica, quella che emerge anche nel linguaggio comune: "ma dai, abbi un po' di coscienza". Anche questa interpretazione del termine coscienza ha dei corrispettivi genetici e cerebrali (cosiddetto circuito dell'empatia,) ma a me interessava Una interpretazione più legata ai processi vitali e ai fondamenti dell'identità umana in quanto essere vivente consapevole di sé stesso. Una interpretazione che comunque si riverbera indirettamente anche nell'ambito del significato da te preferito di coscienza.


Ciao Jacopus
A parer mio le neuroscienze dovrebbero occuparsi di cose "materiali" (sinapsi, recettori etc.), non
spingersi in ambiti che non gli competono...
Da questo punto di vista, se esse dicono che la coscienza è la capacità di pensare se stessi nel mondo,
ritengo appunto che si spingano troppo "oltre" le proprie competenze (che sono, intendiamoci, indubbie).
Cosa vuol dire, infatti, capacità di pensare se stessi nel mondo? E' forse, questa definizione, poi
tanto diversa da quella di Heidegger quando dice: "l'esserci dell'uomo nel mondo progetta il suo essere
in possibilità"?
Forse che il "pensare se stessi" può escludere un pensar-si come relazione intima con un "sé" che, appunto
per questo, riesce e veder-si come un oggetto; come un "altro da sé" e, dunque, giudicar-si?
Perchè, ritengo, eccola qui la differenza: l'essere umano riesce a pensar-si e perciò a giudicar-si.
Ed ecco perchè l'etica non può essere esclusa...
saluti
#312
Citazione di: Jacopus il 12 Febbraio 2019, 22:02:48 PM
Scusami Ipazia ma la tua risposta non mi convince, anche se condivido in parte la tua tesi. Credo che anche molte specie di animali superiori siano dotate di coscienza, intendendo con essa la capacità di pensare sé stessi nel mondo. Ma nel caso specifico di homo sapiens sono intervenuti diversi fattori che hanno amplificato la coscienza di base che condividiamo con i primati, i cetacei e i mammiferi più evoluti.
Con coscienza intanto intendo l'attitudine dell'essere umano di essere sempre sé stesso, con il passare del tempo e di avere consapevolezza di questa sestessita'. Nessun collegamento all'etica.

Ciao Jacopus
Scusami ma finchè non ci si mette d'accordo sul significato dei termini risulta molto difficile
intavolare una discussione...
In un precedente intervento citavo la definizione che di "coscienza" dà il Dizionario di N.Abbagnano.
Sulla base di quella, ritengo la tua definizione corrispondente non al significato di "coscienza", ma
a quello di "consapevolezza".
Il significato proprio di "coscienza" non può non aver a che fare con l'etica...
saluti
#313
Citazione di: Ipazia il 12 Febbraio 2019, 22:32:45 PM
Lungi da me negare la specificità antropologica cui ho perfino riconosciuto una capacità trascendentale rispetto all'evoluzione naturale basata sulla trasmissione del DNA.
Ciao Ipazia
Beh, "lungi da te" non tanto, visto che nel primo dei tuoi interventi affermavi: "escluderei fin
dall'inizio l'idea di una (auto)coscienza specificamente umana" (cui io ho risposto: "Al contrario:
piuttosto fin dall'inizio parlerei di una coscienza specificatamente umana...").
Non ho, ovvero, affermato né santi né madonne (elementi che, permettimi, tu vedi dappertutto), ma
proprio quella specificità dell'uomo che adesso sembri condividere.
Visto appunto questa tua condivisione non mi sembra il caso di risponderti sui maiali e sulle carote.
saluti
#314
Citazione di: Ipazia il 12 Febbraio 2019, 20:23:12 PM
Aldiqua della nostra ignoranza, limitiamoci dunque all'unica intelligenza animale di cui abbiamo sufficiente conoscenza: la nostra. Magari evitando da subito di ingarbugliarci tra (auto)coscienza ed etica come suggerisce Ox, vezzo che lascia trasparire una matrice religiosa che mi è estranea e su cui non mi voglio immischiare.



Scusami la "cruda franchezza", ma devi solo spiegarmi perchè io ho l'intenzione di diventare vegetariano
laddove "altre" specie animali non si pongono questo problema.
Non serve tirare sempre in ballo Padre Pio o la Madonna di Medjiugorje...
saluti
#315
Citazione di: sgiombo il 12 Febbraio 2019, 19:26:43 PM
Sono convinto che autocoscienza (pensiero consapevole del proprio esistere, con un passato e un presumibile futuro, che potrebbe accadere in diversi modi) l' abbiano solo gli uomini, mentre glia altri animali (non credo vegetali, batteri e altre forme viventi) siano dotati di coscienza.


La prima cosa da fare è, ritengo, mettersi d'accordo sul significato del termine...
Così il Dizionario Filosofico di N.Abbagnano lo definisce: "relazione intrinseca all'uomo interiore,
per la quale egli può conoscersi in modo privilegiato e perciò giudicarsi".
E lo distingue dalla "consapevolezza" ("percezione che l'uomo ha dei propri stati, idee, sentimenti,
volizioni etc.").
Ora: possiamo dire che un animale è consapevole ed un uomo cosciente? A me sembrerebbe plausibile.
Su questa base ripeto quanto dicevo: la mia intenzione di diventare vegetariano. come scelta etica,
è riferita al mio "sé" interiore, che ritengo di conoscere in maniera privilegiata e che giudico
su base etica e/o morale.
saluti