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Messaggi - PhyroSphera

#301
Citazione di: Eutidemo il 22 Settembre 2024, 19:17:34 PM
Il governo ha spiegato, nel seguente modo, almeno secondo i suoi professionali comunicatori, le motivazioni del cosiddetto "divieto di vendita della Cannabis Light".
----------------------------------------------------------------------------------"ll "DDL Sicurezza" non criminalizza né incide sulla coltivazione e sulla filiera agroindustriale della canapa, in quanto non vieta, né limita la produzione della Cannabis Sativa L., così come previsto dalla legge n. 242/2016, e non crea contrasti normativi e giuridici con altri Paesi EU, essendo in linea con la normativa europea (Direttiva 2002/53/CE del Consiglio del 13 giugno 2002) e la Convenzione Unica sugli Stupefacenti di New York del 1961 che annovera tra le sostanze stupefacenti (tabella I) la pianta della cannabis e la resina di cannabis, consentendo la possibilità di utilizzare i semi e il fusto della pianta (parti non contenenti principi psicoattivi) solo per scopi industriali.
Con l'entrata in vigore della legge 242/2016 è stata avviata, illecitamente, anche la produzione e la commercializzazione, nei cosiddetti "cannabis shop", di inflorescenze e suoi derivati, acquistati per un uso ricreativo, insinuando nella collettività la falsa idea di legalizzazione di una cannabis definita, erroneamente, "light". A tal proposito è opportuno evidenziare che il nome scientifico di tale varietà di pianta è "Cannabis Sativa Linnaeus", e pertanto l'abbreviazione "L." non significa "light". Lo stesso fenomeno si è creato con il CBD, derivato dalla cannabis, prodotto contenente principi attivi tali da averne reso necessario l'inserimento nella Tabella dei medicinali, sezione B, allegata al DPR 309/90.
L'emendamento al DDL è stato, dunque, proposto al fine di evitare che l'assunzione di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa (Cannabis sativa L.) o contenenti tali infiorescenze possa favorire, attraverso alterazioni dello stato psicofisico del soggetto assuntore, comportamenti che espongano a rischio la sicurezza o l'incolumità pubblica ovvero la sicurezza stradale e, non limitando la produzione dei derivati dalla Cannabis, prevista dalla legge 242/2016, non incide e non altera il mercato da essa derivato, consentendo la prosecuzione delle attività di chi ha investito nel settore.
Infatti, la Legge 2 dicembre 2016, n. 242, "Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa". infatti, autorizza la coltivazione e la trasformazione della "Cannabis Sativa L." solo al fine di ottenere i seguenti prodotti: alimenti e cosmetici, prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori; semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico; materiale destinato alla pratica del sovescio;  materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia; materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati; coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati; coltivazioni destinate al florovivaismo. L'uso della canapa come biomassa ai fini energetici è consentito esclusivamente per l'autoproduzione energetica aziendale.
Per le finalità sopra indicate la Cannabis Sativa L. è inserita nel "Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole".
In merito ad alcuni prodotti si evidenzia che:
- le fibre per impiego tessile vengono ricavate dalla lavorazione del fusto e dei rami della pianta;
- gli alimenti, le bevande e i cosmetici possono essere prodotti solo dalla lavorazione dei semi della Cannabis Sativa L. e dagli olii derivanti sempre dalla lavorazione dei semi. I semi della cannabis contengono una quantità irrilevante di THC (quasi pari a zero) e che comunque non deve superare i 2 mg/kg (0.0002%)
- la biomassa, prodotto contenente anche inflorescenze, è consentita solo per autoproduzione energetica industriale
La produzione di cannabis per uso medico è regolamentata da altra normativa e pertanto, è esclusa dalla coltivazione e dalla filiera agroindustriale della canapa.
Le inflorescenze e i suoi derivati non sono contemplate tra i prodotti ammessi dalla legge 242/2016, come anche evidenziato nelle motivazioni della sentenza della Sezioni Unite Penali della Suprema Corte di Cassazione del 30 maggio 2019, in quanto soggette al "Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti", DPR n. 309/90.  Pertanto, la produzione e la vendita delle stesse è sempre avvenuta al di fuori delle Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa."
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***
Tali motivazioni sono molto ben argomentate, ed in esse c'è nulla di "tecnicamente" falso, che possa essere dichiarato come tale; tuttavia, ad un "occhio più attento", è evidente che esse intendono chiaramente gettare "fumo in un occhio meno attento" e più riflessivo.
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Ed infatti, ad un  "occhio più attento" e più "riflessivo", risulta subito evidente che l'utilizzo, perfettamente legale, di alcolici al di sopra del 40° (fino a 70° gradi), è senz'altro molto più pericoloso dell'uso della CANNABIS di mimima concentrazione, sia per gli stessi utilizzatori, sia per la guida di veicoli.
***
Ed infatti solo un cretino istituzionalizzato, può affermare che, l'uso perfettamente legale, di alcolici al di sopra del  40° (fino a 70° gradi) sia meno pericoloso dell'utilizzo  della della CANNABIS , non  superiore 2 mg/kg (0.0002%)
***
Se poi ci siano interessi collusi ad evitare che la distirbruziuone della CANNABIS LIGHT venga legalizzata, per favorire  il lucro della criminalità organizzata che la distribuisce senza problemi anche oltre i limiti, consentiti, ovviamente,non sta certo a me sta a me supporlo; ciascuno  ne tragga le conclusioni che ritiene più plausibili.
***
P.S.
Circa tale questione, ovviamete, non ha alcuna rilevanza che il padre di Giorgia Meloni fosse uno "spacciatore di droga".

Il testo di légge che è stato incluso qui su, come si dice volgarmente, lascerebbe il tempo che trova, se non ci fossero delle difficoltà di fatto.
In esso ci si riferisce a una tutela che non può restare legittimamente sempre in essere, dati i diritti sanciti in Costituzione. Si tratta cioè di affermazioni che valgono solo a certe determinate condizioni. Esempio lampante: una sostanza che può provocare problemi alla guida non è una sostanza che li provoca. Un rischio non è una certezza, solo una incertezza. La richiesta di certezze dello Stato al Cittadino, quali limiti riceve dal diritto costituzionale?
Che io sappia è vietato impedire l'esercizio delle capacità. Uno che sa guidare una macchina ed è sprovvisto di patente non deve essere impedito nell'azione solo per la mancanza di un attestato ufficiale. Se lo si facesse, si rischierebbe concretamente di tutto: infatti un cittadino può anche trovarsi in necessità di agire da solo per evitare una catastrofe, anche se privo di un riconoscimento. Se lo si blocca, si invade la cittadinanza con imprese poliziesche che ignorano la sostanza dei fatti in favore di apparenze, e si possono così fare innumerabili morti e danni... e l'intera umanità deve vegliare affinché questo pericolo non continui.
Una sostanza che può essere di ostacolo, può quindi anche non esserlo. Una légge che pretende categoricamente di vietarla non sarebbe corretta. Potrebbe essere causa di disastri immani: c'è chi può salvare una intera città guidando in stato di ebbrezza (tanto per fare un esempio), dipende dal rapporto che si può avere con tale stato. In certi casi può essere favorevole. Gli esperti, a riguardo, una volta non mancavano, adesso pare proprio che prevalgono consulenze incomplete o falsate, come dimostra l'operazione del test alcolico ridotta a routine. Ma di guai ne sono stati evitati e di grossissimi, per declassare la procedura dei test, il che è appunto avvenuto e in condizioni difficilissime. Io mi impegnai tanto con alcuni miei messaggi, anche alle Istituzioni, per far capire che una distrazione da parte del legislatore poteva essere fatale. Se infatti una procedura standard di tipo meccanico o meccanica viene adottata per unica e primaria, la cittadinanza diventa vittima di un meccanismo che può rivelarsi infernale. La macchina che fa il test, come tutte le macchine, di per sé non si adatta alla varietà delle circostanze, nonostante i sofismi possano far sembrare diversamente; e scienza e tecnica non sono tutto, esistono anche altri saperi.
Il testo accluso spiega che non si tratta di proibizioni ma di esclusioni. Cioè: il resto è fuori disposizioni, a rischio e pericolo; e non bisogna contrastare quanto disposto, ma potendone starne fuori. Questa esternità è purtroppo assai trascurata da molti nello Stato che, spinti soprattutto dalla malasanità, pretendono di avere la chiave per sapere e capire di tutto. È una tragedia, se ci si pensa bene, perché si finisce, con la presunzione, ad impedire libertà e capacità.

Poniamo l'attenzione sulla medicina. Non esiste solo quella dello Stato, ne possono o potrebbero esistere anche di non ufficiali o non ufficializzabili. Fu mostrato l'effetto terapeutico, anzi gli effetti terapeutici, della canapa indiana con un certo successo ma tra difficoltà enormi e gravi violenze contro chi si impegnava nello scopo. Intervennero, in Italia e USA, i militari di Stato per consentire studio completo e applicazione, tra minacce e proteste immani: eppure l'uso di tale sostanza è utilissimo per tante cose; per aiutare i malati di cancro, per evitare o limitare gli impieghi di oppiacei, che sono, perlopiù o sempre, assunzioni critiche o fortemente nocive.
La dimostrazione che gli effetti di hashish e marijuana possono essere utili a evitare limitazioni di libertà agli schizofrenici fu ricoperta anche di insulti. Ciò accadde perché essa metteva completamente a nudo una dinamica sociale, o in certi casi antisociale, di deliberata non sopportazione. I pazienti schizofrenici erano tollerati sotto effetto dei prodotti menzionati non perché guarissero o migliorassero, ma solo perché in condizioni alterate. Ciò senza dubbio può salvare da obblighi assurdi, da internamenti, devastanti sovradosaggi di oppiacei o peggio; ma perché mai costringere a drogarsi invece che intervenire con l'Esercito e fermare il delitto di massa? Di fatto, così accadde in alcuni casi; e solo mettendo in resta violenze sociali o peggio antisociali si è potuto introdurre l'uso di farmaci più blandi e meno limitanti — fermo restando che il rimedio proprio per le malattie mentali è la psicoterapia e le sostanze comunque sono solo dei palliativi!
Manca purtroppo cultura e capacità sociali a riguardo. Io fui presente a un intervento di militari che bloccarono un "medico" e varie persone dall'infierire su uno psicotico, il quale semplicemente si arrangiava a vivere nella sua difficilissima condizione; un'altra volta uno schizofrenico si metteva a fumare hashish e, alla presenza di militari, i sanitari attorno, fino a quel momento più che minacciosi verso i soldati assieme a vari altri, desistevano per via degli effetti della droga. Gli studi pubblicati a riguardo costituirono un necessario progresso nell'uso farmacologico: poiché il vissuto più arduo delle psicosi è tale a causa della società o della mancanza di una società non ostile, allora quanto si riusciva a capire serviva e serve a evitare penose sottoposizioni: la gente non accetta, il malcapitato finisce nelle mani di "medici" che pensano di dover curarlo, non rendendosi conto della dinamica psicosociale sottostante e purtroppo fraintendendo o ignorando le comunicazioni della vittima. Meno peggio, se l'errore è attuato psicoterapeuticamente, lasciando in pace i corpi da impegni 'ingombranti', debilitanti, limitanti, certe volte fino al decadimento. Ma anche i soli sintomi sono oggetto di violenza, spesso più grave, perché tanti o troppi stimano la cosa diabolica, capendo al rovescio; e peggio accade quando non si vuole ammettere che psicosi e schizofrenie sono a volte stati del tutto sani. Tutti i veri medici lo sanno, ma le masse, anche senza affollamenti, ricorrono in tali casi alla calunnia sistematica e, se non riescono, a finzioni massicce che creano immani confusioni per gli inquirenti realmente tali.
La droga, in questo, usata per farmaco sociale, è un escamotage che può salvare ma — attenzione — mai del tutto! Purtroppo sono in moltissimi a non accettare l'idea della psicoterapia e molti nella Sanità si impegnano a scoraggiare o diffidare chi vuole provare a capire.

Medicina a parte, c'è la questione etnica. Le sostanze possono mutare effetti a seconda dell'appartenenza etnica dei soggetti. Il peyote in America è stato permesso agli indiani in certe situazioni e agli altri no. Idem come in Italia: la vera légge, non permettendo, non vieta veramente. È per questo che la situazione è, criminologicamente, meno disastrosa di quanto sembri; e i crimini sono in inganni, truffe, mancate informazioni, presunzioni...
E se lo Stato dichiara certe azioni fuori, non si tratta di una nullità. È o dovrebbe essere l'indicazione di situazioni e condizioni anomale. Se le léggi sono vere, fatte bene, bisogna prenderle molto sul serio e non scherzare con le anomalie. Ma resta che l'eccezione non è una cosa da negare se è reale e non inventata. Non dico nel senso che non siamo uguali di fronte 'alla légge', mi riferisco invece alle eccezioni di eventi, cose, situazioni.
Sulla canapa indiana, si pensa generalmente che per gli occidentali risulti una sostanza per certi versi insidiosissima; ma anche il mondo arabo sin dal Medioevo stimò ugualmente, perlopiù. È nota la vicenda degli 'hashishin', dei killer instradati all'omicidio con l'ausilio dell'hashish. Ma bisogna evitare falsi miti: è ovvio che nessuna sostanza può convincere di delitto!!

Da decenni la canapa indiana è una droga consentita in Olanda dove, almeno fino a tanti anni orsono, era venduta e consumata legittimamente in locali appositi. Senza queste zone franche, la medicina non avrebbe fatto i progressi che ha fatto, con gli studiosi coperti da accuse, torti, calunnie, continue sollecitazioni di indagini non solo inutili o inopportune ma proprio illegali. Il problema grosso è questo: vi è una diffusissima, volontaria dabbenaggine di massa con le droghe, che molti sedicenti politici e appartenenti agli Stati vogliono tacere o peggio negare. È una diffusissima "légge non scritta", non una vera légge, tacciare di delitto chi vuole capire seriamente qualcosa sulle droghe e cercare di punirlo per dissuaderlo. Questo in pratica significa che pepe, caffè, tabacco, canapa indiana, oppio ed eroina, cocaina, morfina ed altro, droghe sintetiche... sono tutte gestite male da vaste moltitudini, che le usano perlopiù per non capire e accusano chi solo cerca di informarsi seriamente di possibili usi innocui o finanche necessari.

Per concludere, una solo apparente divagazione. Una risposta, direi, viene dal mare: a volte miasmi e stranezze marine possono essere più spietati della imposizione attuata da un criminale, sia uno spacciatore o sedicente medico.
Quindi si dovrebbe diffondere una cultura della attenzione e della informazione, contro l'essere prevenuti e contro il coltivare pregiudizi reiterati.


Mauro Pastore
#302
Citazione di: green demetr il 27 Settembre 2024, 16:00:55 PMPoteva aver senso la questione del non dare giudizi affrettolati, naturalmente io so poco o meglio niente del dogma, ho appena sbirciato il Barthes.(ma già lì...come mai non è stato tradotto in italiano la sua opera intera?), posso anche capire che tu non capisca l'acredine, il "serfo" è abituato al suo sistema di riferimenti, di dogmi e pregiudizi familiari e sociali.
Naturalmente in un discorso pubblico sensato, l'acredine porta male.
Ma questo del forum è un discorso pubblico da bar, se no sarebbe già stato chiuso da tempo.
Questo non vuol dire che non si possa ragionare al bar dei presupposti amici, amici anzitutto della discussione pubblica.
E' anche vero in senso privato, l'errore di Nietzche su Platone è veramente non all'altezza delle sue critiche sociali e sopratutto personali ed è dovuto all'acredine qui posta in gioco.
Quando poi però mi citi l'ONU come punto di riferimento mi dimostri però che ti manca uno sguardo d'orizzonte più largo.
Il rispetto delle religioni è semplicemente parte del piano più ampio dell'Islam per farsi prima rispettare e poi una volta acquisito per negare questo stesso rispetto alle altre religioni.
Il Papa è stato colto in un discorso di clamoroso relativismo dal mio maestro in questo senso.
Direi quindi che un cristianesimo morale dovrebbe essere riscoperto al più presto.
Naturalmente in termini di status quo, non vedo come ciò possa avvenire.
E quindi ti rimando a tutte le critiche rivoluzionarie del Nietzche.
Manca in te quindi una chiara visione d'insieme politica per poter capire che questa acritudine non deriva tanto dalla religione in sè, quanto dai frutti che quella stessa aveva piantato nei secoli nel sistema di abitudini, che Nietzche chiama appunto morale.
La morale nicciana, analizzata e fatta a pezzi, è tutt'altro da quella sostenuta da Platone che abita l'iperuranio.
La cosa strana che è sfuggita a Nietzche è che Socrate è una maschera negativa, in Platone la difesa dell'individuo naturale contro lo stato, ossia contro il tiranno, infatti coincide con quella dello stesso Nietzche.
Due autori una stessa meta, ora mi rimane da verificare che anche in Agostino sia così, strano perchè io ne avevo una idea diversa, ma come al solito io stesso sono stato educato a non porre attenzione su autori chiave contro il capitalismo (alias gli effetti nocivi che la società stessa si è procurata di darsi).
salve!
Il rispetto per la religione non serve a un piano islamico di dominio del mondo.
Se l'Occidente è in gran parte disamorato dell'Assoluto ovvero di Dio, non ha che provvedere a riprendere in mano la situazione dedicandosi alla fede.
La relatività della condizione umana ha bisogno del ricorso al Mistero e il passo compiuto dall'ONU è stato necessario e va difeso ed è anche accaduto nel luogo giusto. Certo non c'è molto potere nelle Nazioni Unite, ma è meglio che niente, anche perché il mondo è colmo di poteri soltanto apparenti o pressoché.
Non rispettare la religione, oltre che essere un torto, è anche una immane contrarietà alla saggezza. La religione impedisce il degenerare della prepotenza o la evita. Essa oltre ai poteri salvifici può albergare anche la possibilità dell'errore. Ma senza religione è peggio; ed esiste anche la spiritualità. Non tutto si risolve in riti e culti; anzi il più accade oltre, al di sopra di essi.

Mauro Pastore 
#303
Citazione di: taurus il 29 Settembre 2024, 13:49:44 PMLa letteratura sulla costituzione di questi astrusi/stravaganti dogmi della croce è vasta.. e che ora NON è più monopolio della santa ekklesia !


Basterebbe approfondire la rocambolesca storia del 1.0 dogma di questa eccelsa religione redentrice.. quello della consustanzialità del primitivo "Duetto" divino di Nicea (325).
Quante lacerazioni (e relative sante randellate) ha causato, tra i vari primi patriarcati  e/o tra i vari sapientoni greci, quelli stessi che sarebbero stati illuminati dal (futuro) terzo-dio..

Per nostra immensa fortuna non viviamo più in quel funesto periodo oscurantista.. Imposto (!) a suo tempo proprio dalla santa gerarchia catto-romana ! 

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Tu scrivi: manchi proprio di un vero punto di partenza.


E quale sarebbe questo "fatidico" punto di partenza ?

Forse alludevi alle.. fantastiche lettere dell' auto-beatificatosi:
- esperto architetto dottrinario...(il Tarso) ?

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Tu scrivi: Sulla vostra acredine, non ne dico; mi limito a citarla; parla da sola.



Infatti ognuno ha (purtroppo) un proprio "vissuto" ! Prima di emettere sentenze bisognerebbe conoscere le cause.. e solo DOPO gli effetti ! 

Riporto di proposito un detto tratto dal testo del primo monoteismo _ il Pirke Aboth ( Detti dei Padri _ II, 4):

- NON giudicare il tuo prossimo senza esserti messo nei suoi panni !

come dire non emettere sentenze in merito ai pensieri e/o azioni di altri !  E poi chi sei tu, veramente?
Cos' riportava il famoso Hillel.......

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Tu scrivi: Dato che v'è in essi anche cecità, c'è da parte vostra qualcosa di criminoso nell'accomunare esempi veri con falsi e nel fraintendere i primi...


Qualche esempio _ bitte ?


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Tu scrivi: Il rispetto per la religione è anche in Agenda ONU, da molti anni, e il cristianesimo è una religione.



E quando mai proprio il cristianesimo (una delle 3 nocive religioni mono-teiste) ha rispettato il pensiero altrui ?

Durante il "glorioso" (.. si fa per dire) periodo della chiesa Trionfante, bastava esternare una pur minima critica, non solo al baraccone dogmatico di questa religione salvifica.. ma al comportamento lussurioso della nefasta gerarchia catto-cristiana _ di certo il destino era segnato: si veniva arso VIVO !

Adesso questo clero-stregone "pretende" il rispetto ! 

Ma grazie ai nuovi tempi (eredi delle idee illuministe e al Modernismo) si può tranquillamente criticare/contstare aspramente le mega-Bufale spacciate come verità RI-velate così come il comportamento scandaloso della santa gerarchia.. SENZA alcun rischio ! 


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Non si tratta di fare la somma delle sciocchezze dette e dei torti fatti in nome di Cristo.
C'è da comprendere un vissuto collettivo non arbitrario.
A questo è adatta la considerazione archetipica. La religione è un fenomeno collettivo.
La fede ne è anche fuori, al di sopra.

Mauro Pastore 
#304
Citazione di: green demetr il 05 Ottobre 2024, 22:43:56 PMMario io non ho fatto l'elogio della psicanalisi lacaniana, anzi ne ho fatto una critica feroce, sulla scorta del mio maestro di psicologia.
Non ho detto che i simboli junghiani manchino di senso, ho solo provato a fare una distinzione, per come la ho capita dal mio maestro: ossia la distinzione che riguarda la pulsione.
La pulsione è di origine sessuale e nella teoria libidica di Freud diventa oggetto, non un oggetto astratto, ma un oggetto fisico reale.
Freud insomma si è fermato a qualcosa di tangibile.
La psicanalisi di Jung invece si concentra sull'inconscio, tanto che la liberazione dell'io è sostanzialmente una battaglia dentro l'inconscio (vedi Libro Rosso e altri testi del tardo Jung, quando le loro strade si erano separate già da tempo).
Non è quindi un giudizio sulla filosofia di Jung, ma sul metodo tradito da parte sua di quello di Freud.
Insomma era solo una precisazione  ;)
Se leggi inotre il mio 3d sul leggiamo la bibbia insieme, inoltre vedrai che io ho molto a cuore i simboli biblici  ;) .







Si faccia una rilettura di quello che aveva scritto.

Mauro Pastore 
#305
Citazione di: green demetr il 03 Ottobre 2024, 00:04:48 AMQuesta estate ho avuto l'avventura di capire cosa sia il transfert, e devo ringraziare una persona su youtube, potrei dirlo un secondo maestro.
Il punto della terapia è proprio ciò che riguarda il transfert, il transfert lacaniano è l'esatto opposto di quello freudiano, in quanto invece che alla cura delle fissazioni della pulsione infantile, si pone come super-io, come mera cura placebo.
"Pensi di stare meglio? bene allora stai meglio!" è questo il leit motif che c'è dietro.
Ma la teoria della pulsione freudiana è assai più ampio che al tema della terapia.
Infatti la pulsione come dice Freud si apre nella direzione dell'apertura dell'io al senso.
Ovvero che c'è una bella differenza tra prendere coscienza della ricerca di senso, e pensare di aver preso coscienza di questa ricerca.
In questo senso Freud richiama al grande sforzo di liberazione individuale a cui alludevano gli antichi.

In realtà non c'è questa grande differenza, come mi pareva prima di questa estate, al metodo analitico usato dai due grandi psicanalitici.
L'errore di Jung è quello però di pensare che l'apertura di senso non sia dentro l'individuo, ma che sia là fuori, da qualche parte nell'inconscio.
In questo senso però la teoria della pulsione si trova di nuovo senza oggetto.
E infatti Jung cade poi vittima della sua stessa proiezione, creando un mondo fantastico popolato da gnomi e fate.
In freud invece la pulsione ha sempre un oggetto, si tratta semplicemente di liberare questo oggetto dai suoi guardiani.
La critica di Fromm a Freud è invece di ordine sociale.
Infatti per Freud l'oggetto è sempre un oggetto individuale, e giammai sociale.
Naturalmente io sto con Freud, infatti un oggetto sociale non esiste in sè, bensì come orizzonte di senso dell'individuo libero dalle sue catene, dai suoi pregiudizi, e sopratutto dalle sue fantasie, o proiezioni.
Questo oggetto è l'amico.

Idem per la religione, se la religione non si interroga del suo carattere fantastico, averà sempre grossi problemi di affermazione.

La tua è una risposta "da manuale", ma non un vero buon manuale. Esiste un cliché, che tu e molti altri seguite. Circostanze ingannatrici o proprio ingannatori fanno sembrare plausibili e reali le vostre affermazioni a chi manca di conoscenze o anche di sole informazioni.

Quel che dici sul presunto mondo da fiaba di Jung è il risultato della paura di voi altri verso i contenuti di alcune sue osservazioni scientifiche. La psicologia studia anche la religione, senza poter entrare nel merito delle verità ultime che essa afferma di contemplare; e dunque gli psicologi descrivono anche metafore e simboli di miti e allegorie. L'ateo intollerante cerca disperatamente una scienza che assecondi la propria rabbia negatrice e anche Freud si illuse per un periodo sui suoi studi scientifici, benché gli fosse divenuto chiaro che esiste altro di più dall'oggetto di scienza.
Tu mi dici del transfert lacaniano... Io col mio messaggio non ho negato i risultati ottenuti da Lacan, neppure quelli ottenuti da Freud... quando ne ottenevano e per quel che ne ottenevano... ma appunto ci può essere e c'è anche altro per mezzo.

Non è vero che Jung prescindeva dalla individualità. Anzi affermava con chiarezza il principio di individuazione (voi altri fate sempre finta di non sentire quando vi imbattete nella sua espressione).
Quanto alla società... Sicuramente l'individualità è sovraordinata alla collettività, ma questa non è semplicemente un assommarsi di elementi. La tua critica quindi non solo è un disastro psicologico ma pure un'azione oscurantista. Esiste anche la scienza della sociologia!

Le scienze non affermano di un carattere fantastico della religione, bensì tutto il contrario: sia psicologia che sociologia che antropologia ne descrivono una funzione reale, rispettivamente distinta dalla semplice immaginazione, dal semplice sogno comunitario, dal semplice distacco da sé.
Se voi leggete su un testo di scienza dell'archetipo della Grande Madre o di Cristo simbolo del Sé e vi convincete che allora si tratta di una fantasia, ciò denota da parte vostra anche distrazione dal linguaggio. Le metafore dei miti e i simboli allegorici non sono giochi di parole; infatti recano un senso, hanno un significato.

Reagite sempre allo stesso modo ai messaggi che richiamano l'attenzione sulla limitatezza e non originarietà della sfera erotica: vi dedicate disperatamente a negare il valore dei simboli e tentate di ridurre le metafore dei miti a insensate fantasie. Invece le fantasie mitiche sono sensate — sapete che ci sono fantasie che hanno un senso misterioso? e che ci sono simboli che rimandano a realtà non comprensibili in base alla sola decifrazione dei segni? Non sono questi interrogativi risolvibili in termini di linguaggio dell'inconscio... Eppure esso ve li pone di fronte; ed è inutile fare l'elogio di Lacan, che tanto se ne era occupato, se a fronte dei rimandi linguistici della nostra profondità psichica si preferisce la superstizione atea... Né conviene negare l'ambivalenza dell'orizzonte intellettuale della psicologia lacaniana.
Inoltre: non esiste solo la psicologia del profondo.

P.S.
Perché la vostra reazione? I preti (cattolici) di una volta, anche durante le lezioni scolastiche di religione, la spiegavano in termini morali e spesso diventavano repressivi verso la sfera sessuale — la prassi "cattolica" ufficiale di fatto è rimasta questa. Sicuramente si cela nella vostra disperata voglia di negare le affermazioni dell'amore non erotico un grave problema etico: siete deleteri ogni volta che pensate una psicoterapia.


MAURO PASTORE
#306
Si consideri l'articolo del link seguente:

https://www.alzogliocchiversoilcielo.com/2024/09/solo-il-desiderio-ci-puo-salvare.html?m=1

Il punto determinante ai fini della nostra discussione è questo:

"Il desiderio è erotico per definizione. Eros è il Dio che apre, che allarga l'orizzonte della vita, che porta fuori da sé stessi..."

Si sa benissimo che non esistono solo i desideri erotici. Che razza di parere è quello di Recalcati?

La scienza applicata alla terapia fa giustamente riferimento alla vita, deve aiutare a potenziarla. Ma qui ci troviamo di fronte a una chiusura rispetto alla integrità della vita.
Si sa che C. G. Jung fu analista di Freud e ne descrisse l'ossessione erotica, l'oscillazione tra il confinare le sue ricerche nel solo subconscio o nel preconscio e il precipitare nella profondità oscura della mente. Lacan, cui Recalcati intende riferirsi, era tornato alla "ortodossia freudiana" ma per completarne il quadro e superarne le chiusure. Il risultato raggiunto poteva essere a sua volta occasione di altre chiusure e anche di ritorni alla stessa occlusione mentale... e la fine che ha fatto Recalcati lo attesta.
Si potrebbe tracciare una linea da Freud a Lacan a Fromm, il quale si ricollegava alle ricerche junghiane sulla libido, che non è fatta solo degli istinti erotici e delle pulsioni sessuali ma invece è totale istinto di vita...
E si può anche notare che scienza applicata alla terapia e filosofia fatta per trovare la saggezza possono convivere; e così le tattiche profane di guarigione con gli alti messaggi religiosi.
Il principio di individuazione inquadrato da Jung è accanto all'invito di Schopenhauer a trascenderlo, il che non significa negarlo! Il desiderio descritto dalla psicoanalisi postfreudiana può stare assieme al biblico non concupire.
Ma l'esito cui M. Recalcati nella intervista (definita, ironicamente forse, "fulminante" nello stesso articolo) mostra di essere giunto preclude una armonia tra offerta tecnica e professionale di aiuto e appartenenza di fede, tra scienza e religione.

Lo stesso Recalcati si era occupato di origini della psicoanalisi dal cristianesimo. Non c'è dubbio che la non concupiscenza non mortifica l'autentico desiderio ma lo conferma e che nei Vangeli è annunciata la liberazione del desiderio... Ma è pur vero che ciascuna religione ha un valore terapeutico, non solo quella del Cristo, come mostrava Jung a proposito di inconscio collettivo. Questi indicava nei colloqui pastorali delle chiese evangeliche la preistoria della psicoterapia professionale contemporanea, mentre le ascendenze della psicoanalisi sono in Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche; la preistoria della nozione contemporanea di inconscio va dal neoplatonismo a Spinoza fino all'irrazionalismo filosofico di quei tre che ho detto, passando anche per Leibniz. Ne dava un cenno Jung nella sua Introduzione alla psicologia analitica. Recalcati e tanti altri come lui invece sono rimasti agli scrupoli di S. Freud, incapace di comprendere che il mondo inconscio col quale era venuto in contatto da ricercatore (interdisciplinare, più neurologo che psicoanalista!) gli si era mostrato solo in minimissima parte... Dalla paura di sprofondare nella non-ragione, la seduzione di abbandonarsi alle pulsioni più oscure, in particolare erotiche... Questa è analisi già esistente, conclusa da Jung a suo tempo, ma ancora se ne deve rifare, rinnovare per gli strani ortodossi che ruotano attorno ai rifiuti di Sigmund Freud, professionisti che imitano illuministi e neoilluministi e che non sanno pensare limiti dei propri successi, grandezze dei propri insuccessi e infelicità delle proprie intromissioni, condotte non solo ai danni del mondo della cultura.

Nel video posto alla fine dell'articolo del link, Massimo Recalcati propone il suo disastro: ne ho seguito solo l'inizio, contenente delle indicazioni atte soltanto a mettere da parte la vera nozione di inconscio, per la gioia degli appassionati di drogaggi e altri sistemi impropri e per saccheggiare le tasche del prossimo con percorsi psicoterapeutici e psicoanalitici inutili. Questi sono sostituibili con l'ammissione della inevitabile difficoltà che una società tanto timorosa di sentimenti profondi e ragioni realmente mature procura a chiunque, sempre e in ogni caso. Lasciare che si diano veri giudizi sulla società, anche a prescindere dalle scienze sociali, invece che insospettire vere autorità di chi si dedica a coltivare l'intelligenza e la sensibilità; e così la terapia la si offre a chi ne ha veramente bisogno e davvero la vuole. Purtroppo questo non sta accadendo. Chi ha consapevolezza non è ben visto da un falso Stato oggi assai invadente accanto al Vero e deve lottare contro costrizioni e imposizioni. In questa situazione l'insavio e per nulla professionale concentrarsi sul solo eros non solo non offre reali soluzioni e impedisce anche le piene realizzazioni erotiche — non è restando sul piano erotico che si realizzano i possibili desideri erotici — ma risulta un appello odioso, offensivo.

Cosa altro dire? In riferimento al cristianesimo, è necessario comprendere che la liberazione del desiderio promossa dalla missione, dal segno di Gesù di Nazareth è in relazione all'invito paolino di non concupire: cioè con la identificazione — che non è una semplice individuazione — di un desiderio di troppo, inopportuno, datoché la presenza di Dio, la sua azione, la Agape divina, il riconoscerla, implica una abolizione!
L'assolutezza con la quale Recalcati invita al desiderio è senza equilibrio: per compensarne bisogna riflettere sui limiti della volontà di potenza, sulla impossibilità dell'ego a realizzarsi senza altro... o Altro, l'Altro che è Dio, il Mistero che a volte si deve accettare per vivere.


MAURO PASTORE
#307
Citazione di: PhyroSphera il 27 Settembre 2024, 09:46:38 AMSi legga l'articolo scaricabile al link seguente:
https://www.caritas-ticino.ch/riviste/elenco%20riviste/riv_0903/semplicemente%20uomo.pdf
In che senso secondo voi l'autore parla di storicità della resurrezione? Lui vuole un riscontro fenomenologico, ma come fare a comprendere la differenza tra il racconto di Lazzaro e quello di Gesù, senza comprendere l'interiorità? E in che senso l'interiorità degli esseri umani è parte della storia? Chi ha studiato o vuole studiare la storia del pensiero cristiano del '900, ha trovato o troverà, tra coloro che propendono per la storicità della resurrezione, Pannenberg. A quanto pare lui solo o quasi, tra i grandi teologi protestanti. Cosa intendere per 'storia'? Come rapportarla alla affermazione del 'risorgere'? Evidentemente, la questione, posta come la pone Di Feo, assume una dimensione filosofica.
Si trova nel suo discorso, pur senza espressione specifica, il concetto heideggeriano di 'essere per la morte', ma senza un orizzonte chiuso. Heidegger fece disegnare sulla sua tomba il simbolo del paganesimo... Il pensiero cristiano non ha gli stessi limiti e dice del fine-vita diversamente. Nella Bibbia Lazzaro pare già finito e non è vero, così anche Gesù di Nazareth, ma il risuscitare di quest'ultimo era un risorgere, invece nel racconto di Lazzaro si descrive solo il potere di stare nel limitare della morte ma poi ritornare indietro. Risorgere è di più... E come allora questa dimensione interiore entra nella storia? E perché, nell'invitare a integrare la fede nel Risorto nel racconto storico dei fatti, si svaluta l'àmbito religioso?
È proprio la religione — dico io — a consentire questa integrazione, a rendere visibile la realtà della fede per lo storico; e non esiste solo la credenza separata e in contraddizione con la fede, esiste anche una religiosità che non cede alla crisi.
Dovremmo forse dimenticarci della vastità della cristianità e della pochezza e mancanza di indirizzo della critica atea, da Marx fino ai nostri giorni, e fare questo per disattenzione, seduzione o stanchezza?
MAURO PASTORE
Penso proprio che ci sia bisogno di una precisazione.
Dire di fine-vita a proposito della resurrezione, così come ho fatto io, sembra una trovata triste e per niente intelligente. Allora preciso che fine-vita non significa fine della vita... C'è insomma nel concetto di fine-vita la possibilità di pensare un'altra vita, ulteriore.

MAURO PASTORE
#308
Citazione di: green demetr il 24 Settembre 2024, 14:35:44 PMPer superare le ombre bisogna diventare DEI.

Per questo mentre la sua mente corrosa dalla nevrosi lentamente scivolava nella psicosi, riuscì negli ultimi attimi del suo pensare in grande, di poter diventare S.PAOLO, solo lui aveva capito che NOI SIAMO IL CRISTO.
E cosi il buon nice si firmava IL CRISTO.

Alta cosa è il cristianesimo, questa aberrazione contro-natura, moltiplicatore di ombre, di leggi contro l'uomo e contro gli DEI.

Ma quando MAI il cristo si è mai permesso di dire l'immondizia che ha creasto il cristianesimo.

ha talmente seppellito le coscienze di letame, che persino coloro che erano lontano dalle sue leggi fasciste, sono MORTI dall'odore nauseabondo delle sue masse deliranti e infami.

l'anticristo è quello che ci voleva, io non mi permetterei MAI di avvicinarlo a quell'opera di suprema CABALA che è il GIOBBE.

Nietzche è LUCE SOLARE, il GIOBBE è LUCE LUNARE, o forse LUCE NERA, come meglio si capisce da quel: " e la terra era vuota e desolata" che in ebraico vuol dire mille altre cose.
Un passo per volta, la BIBBIA è immensa...e immense sono le sue storie.

Ma Nice poco ne sapeva, forse si avvicinò troppo tardi allo Heine.
Di cui purtroppo non so ancora niente.
Ma se Nice ne capì la grandezza, è mio compito capirla anch'io.

Insomma la cosa a me non pare così netta.

Invece su Platone Nietzche ha sbagliato e non si è mai discolpato per esempio...sono due casi differenti Platone e Cristo.

Eppure il Cristo è fatto ad immagine di Platone.

Come dire Platone già conosceva il Cristo.

etc....sono  mille le storie....approfondiamo caro amico
Non bisogna mai dare giudizi basandosi sulle apparenze o lasciandosi ingannare da falsi rappresentanti. Io ti consiglierei di continuare i tuoi pensieri con una filosofia del disinganno. Il pensiero di Nietzsche è sprovvisto a riguardo ed egli non ne aveva tenuto nel dovuto conto.
Aggiungo pure: cerca di prendere le informazioni giuste sui dogmi cristiani. Anche tu, come Nietzsche, manchi proprio di un vero punto di partenza.
Sulla vostra acredine, non ne dico; mi limito a citarla; parla da sola. Non è buona cosa tanta veemenza nei giudizi. Dato che v'è in essi anche cecità, c'è da parte vostra qualcosa di criminoso nell'accomunare esempi veri con falsi e nel fraintendere i primi. Il rispetto per la religione è anche in Agenda ONU, da molti anni, e il cristianesimo è una religione.

Mauro Pastore
#309
Si legga l'articolo scaricabile al link seguente:

https://www.caritas-ticino.ch/riviste/elenco%20riviste/riv_0903/semplicemente%20uomo.pdf

In che senso secondo voi l'autore parla di storicità della resurrezione? Lui vuole un riscontro fenomenologico, ma come fare a comprendere la differenza tra il racconto di Lazzaro e quello di Gesù, senza comprendere l'interiorità? E in che senso l'interiorità degli esseri umani è parte della storia? Chi ha studiato o vuole studiare la storia del pensiero cristiano del '900, ha trovato o troverà, tra coloro che propendono per la storicità della resurrezione, Pannenberg. A quanto pare lui solo o quasi, tra i grandi teologi protestanti. Cosa intendere per 'storia'? Come rapportarla alla affermazione del 'risorgere'? Evidentemente, la questione, posta come la pone Di Feo, assume una dimensione filosofica.
Si trova nel suo discorso, pur senza espressione specifica, il concetto heideggeriano di 'essere per la morte', ma senza un orizzonte chiuso. Heidegger fece disegnare sulla sua tomba il simbolo del paganesimo... Il pensiero cristiano non ha gli stessi limiti e dice del fine-vita diversamente. Nella Bibbia Lazzaro pare già finito e non è vero, così anche Gesù di Nazareth, ma il risuscitare di quest'ultimo era un risorgere, invece nel racconto di Lazzaro si descrive solo il potere di stare nel limitare della morte ma poi ritornare indietro. Risorgere è di più... E come allora questa dimensione interiore entra nella storia? E perché, nell'invitare a integrare la fede nel Risorto nel racconto storico dei fatti, si svaluta l'àmbito religioso?
È proprio la religione — dico io — a consentire questa integrazione, a rendere visibile la realtà della fede per lo storico; e non esiste solo la credenza separata e in contraddizione con la fede, esiste anche una religiosità che non cede alla crisi.
Dovremmo forse dimenticarci della vastità della cristianità e della pochezza e mancanza di indirizzo della critica atea, da Marx fino ai nostri giorni, e fare questo per disattenzione, seduzione o stanchezza?

MAURO PASTORE
#310
Ieri il Tg3 delle 19 trasmetteva un aggiornamento di un caso di cronaca nera.
Una famiglia trucidata da un suo membro, minorenne. Gli inquirenti al momento non trovano moventi. Purtroppo il Tg3 raccontava la cosa trasformando l'ignoranza dei giudici in inesistenza dell'oggetto di ricerca: si voleva persuadere il pubblico che il movente non esisteva, con tono falsamente scientifico.
Per mezzo c'è la sopravvalutazione delle scienze giuridiche. La scienza viene applicata anche alla légge e lo scientismo o proprio la falsificazione trattano risultati di indagine alla stregua dei dati teorici degli scienziati, i quali peraltro possono avere a che fare solo indirettamente con la légge.
Seguiva il peggio: fingendo la certezza assoluta della inesistenza del movente, un sedicente esperto, intervistato, comunicava la falsa deduzione di un grave disagio sociale alla base del fatto, come se non vi fosse per mezzo anche una interpretazione dello stesso, la quale non potrebbe mai essere scientifica. In tale comunicazione si fingeva che la società possa determinare l'individualità nelle sue scelte. In verità nessuna scienza afferma questo ed anzi la sociologia ha già precisato che l'individuo non è una determinazione della società. Non è un caso che il confronto politico tra collettivisti e individualisti si basava e si basa su considerazioni diverse, ma non sulla negazione della libertà individuale né della opportunità collettiva!
Ma, tant'è: ancora adesso si dice di "omicidio stradale" alla stregua di "omicidio familiare" come se la strada possa essere compartecipe di un delitto e per giunta al modo di una persona (in verità il Codice Penale non reca questa dizione!) e insomma le illazioni imperversano invadendo caserme, televisioni, le case dei cittadini e tanto, tanto altro!

MAURO PASTORE
#311
Citazione di: Eutidemo il 30 Agosto 2024, 12:25:59 PM
A seguito della recentissima sentenza sentenza n° 135 del 2024 della Corte costituzionale, che ha ribadito i contenuti vincolanti della Legge 219/2017, ora molti medici che si rifiutano di interrompere i "trattamenti sanitari salvavita" (qualora tali "trattamenti" siano ricusati dai pazienti che preferiscono morire), rischiano di essere imputati:
- per il reato di "rifiuto di atti d'ufficio" (quali previsti dalla Legge 219/2017), ai sensi e per gli effetti dell'art. 328 Codice Penale, che, per tale condotta illecita, prevede la reclusione da sei mesi a due anni;
- per il reato di "tortura", ai sensi e per gli effetti dell'art. 613 bis del Codice Penale, il quale, per tale condotta criminale,  sanziona con la reclusione da quattro a dieci anni chiunque  cagiona sofferenze fisiche o psichiche a una persona affidata alla sua assistenza, ovvero lo sottopone, contro la sua volontà, ad un trattamento degradante per la dignità della sua persona.
***
E' questo il caso di Martina Oppelli, una architetta triestina di 49 anni affetta da "sclerosi multipla progressiva",  la quale, tramite i suoi avvocati, ha presentato una denuncia alla Procura di Trieste per "rifiuto di atti d'ufficio" e per "tortura" nei confronti dei medici dell'azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina; ed infatti, come dichiarato dall'avvocata Filomena Gallo che la segue,  la sua assistita è tutt'ora costretta ad un trattamento inumano e degradante, essendo condannata a una vera e propria "forma di tortura" da parte dei medici che la "assistono".
***
In altri casi, le strutture sanitarie, onde evitare anch'esse denunce penali, dopo la citata sentenza sentenza n° 135 del 2024 della Corte costituzionale e l'esempio di Trieste, "ci hanno ripensato", lasciando liberi i propri pazienti di morire tramite "morte assistita"; ovviamente, laddove ricorrevano i presupposti della Legge 219/2017, ora ben chiariti dalla Corte Costituzionale (NOTA 1).
***
E' questo, ad esempio, il caso di una donna toscana di 54 anni, che ha preferito mantenere l'anonimato, la quale,  dopo mesi, ha finalmente ottenuto il parere favorevole dell'Azienda sanitaria Toscana Nord-Ovest alla richiesta di "morte assistita"; ed infatti lo scorso 20 marzo, la 54enne, dopo il rifiuto della Asl, il 29 giugno aveva diffidato penalmente l'azienda sanitaria alla revisione della relazione finale con riferimento alla sussistenza del requisito del trattamento di sostegno vitale (visto che la donna era totalmente dipendente da altre persone e avendo consapevolmente rifiutato la nutrizione artificiale).
***
Mi auguro vivamente che il coraggioso esempio delle due donne venga seguito da tutti coloro che si trovano nelle loro condizioni; e che i loro riluttanti medici, la smettano di nascondersi i(p)pocritamente "dietro il dito" del "Giuramento di Ippocrate".
***
Ed infatti, almeno secondo me, il "Giuramento di Ippocrate" attualmente richiesto a tutti i medici, va interpretato nel seguente modo:
.
a)
L'attuale "Giuramento di Ippocrate" vieta categoricamene al medico di compiere atti finalizzati a "provocare la morte" del malato; però non lo obbliga affatto a "prolungare artificialmente la sua vita", quando ormai costui, senza i "trattamenti" della moderna medicina (ignoti ai tempi di Ippocrate)  sarebbe "naturalmente già morto e sepolto".
Ed infatti, almeno secondo me, dubito fortemente che Ippocrate avrebbe ritenuto lecito "seppellire permanentemente un uomo nel suo corpo" (invece che nel suo sepolcro), tenendolo in "animazione artificiale", contro la sua volontà, tramite tubi conficcatigli:
- nel naso;
- nella gola;
- nella pancia;
- nel'uretra;
- nel sedere.
Come, purtroppo, mi è toccato di vedere! :-X
.
b)
Inoltre, l'attuale "Giuramento di Ippocrate" impone al medico di  perseguire:
- la "tutela della salute fisica e psichica del malato", e non certo la "tutela della prosecuzione più lunga possibile delle sue malattie irreversibili";
-  il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della "dignità e libertà della persona".
E se non si rispetta la "libertà della persona di morire", quantomeno nei limiti ed alle condizioni previste dalla LEGGE 219/17, allora, secondo me, si viola sia tale legge, sia lo stesso "Giuramento di Ippocrate".
Il quale indubbiamente prescrisse ai medici di salvare, ove possibile, la vita dei loro pazienti, guarendoli dai mali che li affliggevano; fermo però restando il principio di base della vera medicina, e, cioè: "PRIMUM NON NOCERE":
Il quale principio, come spiega Wikipedia, è uno dei principi che si insegna per primo nelle facoltà di medicina, soprattutto in relazione alla "iatrogenesi"; cioè che, nella scelta di una terapia, bisogna innanzitutto "evitare di arrecare danno al paziente".
E, per tale motivo, tra i trattamenti possibili, "va sempre privilegiato quello che ha meno effetti collaterali per lui penosi."
Quindi, a mio parere, una "terapia" che consista nel seppellire permanentemente "un uomo nel suo corpo" (invece che nel suo sepolcro), tenendolo in "animazione artificiale", contro la sua volontà, tramite tubi conficcatigli:
- in gola;
- nella pancia;
- nel'uretra;
- nel sedere;
non rispetta sicuramente il principio di Ippocrate di privilegiare il trattamento medico che ha per il paziente effetti collaterali per lui meno penosi (soprattutto se il paziente li rifiuta).
***
***
.
***
NOTA 1
Vedi, al riguardo, il mio seguente post:
***


C'è da considerare il caso dell'accanimento terapeutico ma anche quello delle false terapie, dietro le quali ci possono essere offese al corpo e alla mente.
Negli ambienti della cosiddetta sanità non sempre si utilizzano i risultati delle scienze ma li si vorrebbe produrre con i trattamenti al paziente; inoltre non si distingue tra scienze basate su esperimenti, per esempio fisica, chimica, ottica, acustica, e scienze basate su esperienza, ad esempio biologia, psicologia, neurologia, fisiologia.
C'è poi l'idea che il prolungamento della vita a tutti i costi sia còmpito e dovere assoluto del medico. In realtà tale prolungamento può essere anche causa di problemi sanitari e malattie o peggio.
La mancanza di un orizzonte mentale sufficientemente aperto crea poi ossessività nei cosiddetti sanitari. Ecco (per esempio) che a fronte di una malattia incurabile infilano tubi dappertutto perforando anche il corpo e facendo finanche conto che la perforazione faccia bene perché nel "quadro della terapia", fingendo una misura rigorosa dei pro e i contro, senza voler ammettere che se la malattia è incurabile ciò significa che non si ha a propria disposizione proprio niente di rigoroso per valutare e fare veramente qualcosa.
Non c'è capacità di capire il valore della integrità fisica se si trattano le perforazioni come se fossero una prassi da svolgere senza emergenza e senza fortissimi limiti. Si dimenticano che i corpi aperti stabilmente in quel modo sono soggetti a virus e morbi e anche gli altri presenti possono incorrervi e soprattutto col corpo perforato si vive meno. Usano le statistiche in maniera fideistica senza capire o ammettere che senza tanti trattamenti inutili e brutali il malcapitato potrebbe vivere di più. Invece di infilare tubi, si potrebbe ogni giorno studiare una posizione diversa per il paziente nella speranza di una ripresa e sarebbe ciò non antiscientifico né contro l'etica. Ma prevale lo scientismo o proprio la falsa scienza, ma pure fantasie da morfinomani. I medici usano e fanno usare analgesici e antidolorifici e anche la stessa morfina ed evidentemente l'ambiente sociale della "sanità" non è capace di gestire la situazione: si fanno distrarre dalla percezione del dolore, idiotizzandosi solo a notare gli effetti delle sostanze negli altri. I morfinomani si trovano spesso a sognare ferite e amputazioni come in un cartone animato dove è tutto un gioco. Così la malasanità, nella smania ignorante e criminale di sperimentare, perduta negli effetti di analgesici e antidolorifici anche solo a contemplarli negli altri, compie il suo macello giornaliero.
Cosa direbbe la vera légge? Innanzitutto che a fronte di un male incurabile un vero professionista non dovrebbe fare proprio niente. In secondo luogo che l'accanimento terapeutico non è accettabile. Soprattutto: ridurre la vita a oggetto di esperimento non è accettabile, tantomeno con la costrizione. Ma la malasanità intromessa negli Stati sta abusando del nome stesso della légge.

MAURO PASTORE
#312
Citazione di: anthonyi il 27 Agosto 2024, 09:15:15 AMQuesto è un pò tautologico. Per definire il Cristianesimo come religione universale bisognerebbe allargare l'analisi ad eventi extra cristiani. Sarebbe interessante discutere della profezia di Virgilio, che parla di un bimbo divino nato da una vergine, o anche delle narrazioni della religione induista sulla figura di Khrisna, che propongono molteplici simmetrie con la storia di Cristo narrata dai Vangeli.
Se è tautologico, perché non pensare a ciò che muove alla tautologia?
Comunque la universalità di una religione non è la sua unicità. E' lo stesso cristianesimo che deve essere scoperto universale.

Mauro Pastore
#313
Citazione di: Phil il 20 Agosto 2024, 16:39:54 PMPlausibilmente l'incarnazione è la forma di rivelazione che rende para-dossale il cristianesimo, è ciò che quindi dà un senso alla fede, come antitesi del ragionamento e dello storicismo in cui tutto ha (o tende ad avere) una sua logica umanamente trasparente e coerente. Quell'ancoraggio è in realtà il "punto temporale e secolare" in cui il cristianesimo ha tolto l'ancora per salpare oltre l'alveo ebraico; senza il sollevamento di quell'ancora fino al Cielo, non ci sarebbe cristianesimo.
Il (momentaneo) collasso della storia nel "vortice" dell'incarnazione umana dell'eternità divina, è la pietra angolare della fede (cristiana); non deve essere evento com-prensibile per la ragione, ma avvenimento, anzi "scandalo", misterioso (altrimenti la fede non sarebbe tale). Senza la convergenza storica di Gesù e Cristo, il cristianesimo resterebbe un "messianismo vergine".
Non è possibile limitare l'evento-Cristo a un solo episodio storico. Si tratta di un evento più grande, altrimenti il cristianesimo non sarebbe una religione universale.
Concordo sul fatto che in Cristo Dio entra nel tempo. Irrompe nella storia.

Mauro Pastore
#314
Citazione di: PhyroSphera il 01 Maggio 2024, 09:05:02 AMEsistenzialismo o filosofia dell'esistenza? Quest'ultima la si ritrova già in Platone. Propriamente l'esistenzialismo inizia con Kierkegaard, non senza l'ambivalenza che poi lo caratterizzerà. Dall'analisi del negativo contenuta ne "La malattia mortale", alla descrizione religiosa di "Timore e tremore", dalle apologie del cristianesimo alle oscurità del Diario: un quadro assai variegato dove si possono individuare due tendenze: una verso l'affermazione della singolarità, l'altra verso il confinamento nei particolarismi.
Sicché troviamo accanto alla descrizione universale degli stadi dell'esistenza (estetico, etico, religioso), la concentrazione su una spiritualità che non sa badare più all'essenziale e che si aggrappa disperatamente ai fatti storici (Gesù di Nazareth e Ponzio Pilato) per non ammettere la propria crisi... Così l'affermazione del Singolo che in mezzo alla Folla è in rapporto assoluto con l'Assoluto, la giusta smentita del razionalismo hegeliano, sono assieme — e senza motivo — alla caduta nell'ossessione del dolore, che si fa muto (sempre nel Diario) fino all'afasia.
Personalmente sarei propenso a ritenere che se il pensiero di Kierkegaard non avesse oscillato tra questi due poli, l'uno salvifico per il futuro non solo del pensiero occidentale, l'altro espressione di una grave crisi in Europa, lo stesso suo autore non sarebbe morto anzitempo e accanto alla grande opera di "Max Stirner" "L'unico e la sua proprietà", avremmo avuto l'altra "Il singolo e la folla"; e il totalitarismo, sia di destra che di sinistra, non si sarebbe impadronito delle strutture politiche.
Ma le contraddizioni della vicenda, non solo culturale, di S. Kierkegaard non vanno intese semplicemente pensando al già noto e al risaputo. Proprio all'inizio del suo Diario si trova un riferimento demonologico, a segnare l'ombra che aveva da sempre accompagnato le sue meditazioni... Non quindi nella sua biografia, ma nel caso sfavorevole che non solo lui aveva dovuto affrontare senza tutta l'accortezza, si può trovare la causa dell'impedimento; che non deve diventare un ostacolo.

Mauro Pastore
Nel frammento 1355 del Diario l'autore è sulla via giusta: "Chi veramente crede nella divinità di Cristo [...] saprà ben regolarsi con le difficoltà della storia. [...] E' un assurdo pensare che il particolare storico sia decisivo per credere in Colui che si ha presente in sé, con il quale si parla ed a cui ci si rivolge tutti i giorni. [...] 'In rapporto a Lui il particolare storico non ha affatto l'importanza che ha per Socrate', perché Cristo è il Cristo, un presente eterno, essendo vero Dio."
Nel frammento 3109, si trova invece: "Cristo è il Modello: la Sua vita è l'esame dell'eternità. [/] Per il fatto ch'Egli è vissuto 1800 anni fa, l'esame non è affatto mutato". Certo, non c'è dubbio che in Gesù Cristo i rapporti tra eternità e tempo sono paradossali. ma perché dire direttamente di Cristo, della figura teologica, collocarla nella storia dopo aver definito il suo eterno presente? Che senso ha per un filosofo che aveva intuito tutta la novità e sorpresa dello smarrimento e tradimento nella società danese del suo Secolo, sprofondare nei fatti della Palestina di Ponzio Pilato e di Yeshua ovvero Gesù di Nazareth, come se il suo titolo, il suo nome (Cristo, appunto), fossero ancorati a un luogo e un tempo?
Il medico che lo assistette negli ultimi tempi della vita disse che S. Kierkegaard affermava di essersi ridotto male a causa dello sforzo mentale, dovendo assolutamente svolgere un còmpito che lui solo poteva. Il paziente stesso si lamentava dell'assistenza medica ricevuta, giudicandola antiquata e non commisurata, perché si insisteva sul fisico e non sulla mente. Non mancò chi si convinse che gli sarebbe bastato riavere fiducia nella vita, per riprendere tutte le forze come nulla fosse stato.
Nell'ultima pagina dello stesso Diario, l'Autore annotò: "Lo scopo di questa vita è di essere portati al più alto grado di noia della vita".
Penso che il venir meno dell'energia psichica corrispondesse anche all'ossessione e dissipazione nei particolari. L'individuo storico Gesù di Nazareth resta un particolare della storia, entro un 'Evento' più grande e indeterminabile che non dipende da nessun uomo singolo.

MAURO PASTORE
#315
Citazione di: PhyroSphera il 16 Agosto 2024, 08:43:48 AML'omosessualità di per sé non è un vizio ma uno stato naturale. Per ciò che attiene alle scelte volontarie, possiamo parlare di eventuali vizi; stando attenti però a non invadere la sfera dei bisogni naturali e di quelli necessari ad essi connessi...

Quando si pensa a una mente o a una mentalità di sesso diverso dal corpo o dalla corporalità si sta proiettando sui dati scientifici una propria fantasia. Molto semplicemente il maschio e la femmina non sono due realtà diametralmente opposte ma la natura di ciascun sesso è di contenere qualcosa di uguale all'altro e in certe circostanze le cose uguali possono aumentare o diminuire, non essendo ciò una rottura dell'equilibrio naturale. In tal senso si può tranquillamente affermare che nel dire di "transessualità" si sta attuando una costruzione subculturale, cioè non completamente culturale ma che è inserita in un quadro culturale. Tale costruzione è dovuta spesso a errori di interpretazione del dato scientifico e purtroppo è accompagnata sovente da fermissime quanto fallaci convinzioni di aver scoperto una realtà per un verso evidente, per un altro nascosta. Per esempio a tali costruttori di fantasie e ai loro accoliti pare del tutto evidente che se un maschio si muove uguale a una femmina o viceversa una femmina uguale a un maschio, allora ci sia qualcosa "dentro" la persona che non corrisponde proprio. Movimenti a parte, ci sono situazioni più forti. Capita perfino che alcuni individui abbiano avuto difficoltà nello sviluppo sessuale, anche a livello fisico, e manifestino meno il proprio sesso; o anche incertezze e oscillazioni nella formazione del sesso e ne abbiano i segni anche fisici... Ma in tal ultimo caso resta sempre solo uno il sesso di cui si è dotati e ciò che pare un mescolamento è invece solo una difficoltà, passata o presente che sia. Il buon lettore si immaginerà quale illusione di certezze avrà chi dedito alle fantasie della "transessualità" o della "intersessualità" a fronte di apparenze non del tutto evidenti! E se per mezzo ci sono gli inganni sociali, la situazione può diventare disperata.
Molto semplicemente, l'idea di valutare un risultato scientifico a prescindere dalla esperienza non è a sua volta scientifica e dipende dalla pretesa di far dire alla scienza ciò che essa proprio non può dire. Quindi tutto deve passare sempre dalla constatazione della dotazione sessuale; e se questa esiste in parte o accanto a difficoltà o incertezze di crescita, bisogna nondimeno attenersi sempre solo ad essa. E' del tutto antiscientifico che una persona dotata, anche solo in minima parte, di attributi maschili, o femminili, venga ritenuta dell'altro sesso. Non è questione di far comandare i fisiologi. La stessa psicologia scientifica si attua nell'accogliere la presenza fisica di chi si sta studiando. La psicologia, e anche la neurologia e la biologia e l'altro restante, si attuano attraverso le manifestazioni fisiche!

Quanto ai link che hai postato:
La medicina usata come strumento di conoscenza del malato, dell'umanità o anche di altro, dà luogo sempre a degli errori, a delle prospettive falsate. Si tratta cioè di un uso improprio che parte da un errore e le cui conclusioni sono tutte inficiate in partenza. La malattia è uno stato, una condizione, non è il soggetto stesso malato; il medico studiando le malattie non comprende i soggetti che studia ma solo le loro condizioni, i loro stati.
La vera medicina non è diffusa come sembrerebbe. Manca spesso distinzione, tra le scienze di cui si avvalgono i medici e le tecniche che con le scienze essi attuano. "Scienza medica" è una espressione che può essere del tutto ambigua perché in realtà la medicina è una prassi di ordine tecnico o tecnica. Può esistere ed esiste una medicina scientifica, a condizione che si abbiano idee chiare su scienza, tecnica e malattia. Una medicina è scientifica non nel senso che le diagnosi del medico sono scienza e che non possono essere sbagliate; e molto semplicemente si può affermare che la medicina, in sé e per sé, non è scienza ma si può avvalere di scienze - difatti ci sono anche altre medicine oltre a quelle scientifiche (filosofiche, artigianali, perfino etniche) e non è solo l'azione scientifica a poter avere successo... anzi la scienza non è una base adatta per tutte le situazioni che si devono affrontare nel mondo.

E' evidente che nell'aver a che fare con la sofferenza di chi desidera essere diverso da ciò che è non bisogna assumere la posizione psicologica del sofferente. Ci sono vere e false testimonianze. Molti che si illudono di persone con doppie appartenenze sessuali, di cui una vera e l'altra falsa, o di altre cose così, lo fanno iniziando col dare ascolto a chi nutre desideri in conflitto con la realtà. La vera psicologia dice di conflitto tra desiderio e realtà, il che tra l'altro è una situazione in cui passa chiunque. Alfred Adler, l'iniziatore della psicologia individuale, mostrava chiaramente che in noi c'è una volontà di potenza, cioè un principio di desiderio che prescinde dalla realtà e che è legato all'Io. La nostra mente è fatta proprio così. Tutti nella vita si trovano almeno una volta a dover gestire un dramma psicologico tra i desideri dell'Io e la realtà del mondo. Soggetto e oggetto cioè non sono per noi umani uniti da un verbo divino e il còmpito di trovarne il giusto nesso a volte può essere molto difficile, indipendentemente da eventuali stati di malattia. Anzi questi sono segnati dal disagio, quindi la persona malata ha un avvertimento, anche nel caso della cosiddetta follia conclamata. I malati, detto alla buona, non sono mai dei veri pazzi e sanno della propria condizione meglio di chiunque altro. Oltretutto il nostro sistema mentale è intrinsecamente tendente all'equilibrio e al riequilibrio. Anche a livello neurologico è stato stabilito questo: il nostro sistema mentale è anche una bussola, la quale non si può guastare perché è l'intero sistema che è fatto così. Ciò corrisponde ai risultati della scienza psicologica: Carl Gustav Jung aveva dimostrato che il Sé alla fine prevale sempre, anche nelle psicosi più gravi; i disturbi cronici non durano mai sempre (lo dice la parola stessa: cronico non significa realmente 'sempre', ma: 'che dura')... E appunto non ci sono solo i disagi dei malati, ci sono anche le mancanze di saggezza, le inaccortezze continue, le insavie. Anche le non accettazioni volontarie, che sono assimilabili a suicidi volontari. E' del tutto assurdo principiare un'impresa in accordo con desideri in conflitto con la realtà, supporre patologie da risolversi con educazioni ad atteggiamenti e comportamenti dell'altro sesso o finanche con cambiamenti artificiali dei corpi. Il fatto è che molti che hanno còmpito ufficiale di interessarsi della questione sono spesso partecipi di desideri irrealizzabili. La cosa non si risolve chiamando "il medico giusto" ma escludendo dal còmpito chi non si attiene alla realtà e diffondendo idee giuste sulla realtà stessa. V'è infatti anche il problema di illusioni sul mondo, non è solo questione di desideri... Ancora una volta: non si tratta, fondamentalmente, di questione di malattia. C'è chi non è stato in grado o non ha voluto sapere tanto del mondo anche umano; chi non sa farsi una idea precisa della natura umana e scambia le fantasie per realtà.

Se non c'è vera capacità di inquadrare la scienza, di distinguerla dalla tecnica, se ci sono desideri in conflitto con la realtà, idee erronee sulla realtà, ecco che non ha senso applicarsi a fare qualcosa. Aggiungo sarcasticamente: nei casi più estremi si potrebbe provare a fare i mendicanti per strada, invece che pubblicare sciocchezze in lingua inglese o in altra lingua su scienza, tecnica, medicina, natura umana, casi umani e del mondo; e stare lontani dalla politica, cosa purtroppo non accaduta.
Sicuramente la filosofia ha un ruolo importante per problemi di questa sorta, inerenti la conoscenza non solo scientifica e la saggezza o sua mancanza; senza escludere con questo l'apporto che può venire dal considerare il lato misterioso della realtà, che è oggetto di religioni e fedi - si sa dopo gli studi di C. G. Jung che le religioni sono un sistema terapeutico non una sublimazione di una follia e si sa anche la funzione favorevole o decisiva nella vita che può essere svolta da una fede... Invece se si affida alla medicina la questione, si resta senza risoluzione (come dicevo, non sono dei malati le vere e proprie follie).


Mauro Pastore
Ho dovuto apportare una correzione e delle migliorie al testo. Il senso tuttavia era chiaro già prima. Le modifiche sono visibili direttamente nel primo messaggio inviato (per chiarezza del lettore specifico: non ho fatto nuovo invio, ma modificato lo stesso, entro il tempo massimo a disposizione - difatti i messaggi non sono modificabili sempre).

Mauro Pastore