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Messaggi - viator

#3001
Salve Ipazia, briosa conversatrice purtroppo non troppo democratica.

Non sono ancora riuscito a capire quale filtro dialettico, certamente appunto poco democratico, tu hai deciso di usare nei tuoi interventi.

Male feci a non inziare per tempo una raccolta di tue locuzioni, citazioni in lingua originale, motti, latinismi, siglature, iniziali per iniziati acculturati.

LW per Wittgenstein, FN per Nietzsche, KM perMarx,  FE per Engels, SB per Berlusconi.........latino, tdesco........, tutto ciò mi sembra un modo di esprimersi più elitario che bonariamiente popolaresco.

Io, che non sono l'ultimo degli ignoranti bensì - con grande sforzo - son riuscito a divenirne il penultimo, ti confesso che trovo ogni tanto irto di ciottoli appuntiti il mio percorrere la tua prosa. Benevoli saluti.
#3002
Salve Ox. Infatti qesto desideravo veder focalizzato, omettendo di farlo per (confesso !) mia pigrizia ed augurandomi che qualcun altro lo affrontasse, come infatti è avvenuto. Perdona il mio parassitismo, d'altra parte coerente con il mio rigetto dell'egualitarismo.

Quindi famiglia (diciamo da tre a a una dozzina di individui) e clan (fino a un centinaio di individui) sarebbero nuclei riconducibili all'ambito privatistico.

Tribù (o "nazione" tribale)(da un migliaio a molte decine di migliaia), classe (da molte decine di migliaia a qualche miliardo) e società (idem ) sarebbero riconducibili all'ambito collettivistico.

Dici bene quando affermi che la proprietà privata si instaurò con l'inizio delle pratiche agricole.

Per forza. Dal nomadismo si passò alla residenzialità come modalità che consentisse la sopravvivenza. Occorreva costruire dei bei recinti possibilmente sovegliabili da casa. Animali selvatici e sfaticati non avevavo affatto apprezzato tale novità, mentre il novello proprietario intendeva controllare il frutto delle sue personali e PRIVATISSIME dure fatiche non evaporasse nottetempo. Che animali e sfaticati si arrangiassero, come lui stava facendo all'interno del PROPRIO recinto.

Comunque la residenzialità agricola venne preferita e si diffuse poichè permetteva di sostituire alla prestanza fisica richiesta dalla caccia le nozioni ereditabili utilizzabili in agricoltura, alla deperibilità delle prede carnacee fornite dalla caccia la miglior gestibilità e conservabilità delle risorse agricole, all'imprevedibile aleatorietà della ricerca ed uccisione della preda, tipica della caccia, la prevedibilità almeno delle stagioni.

Ovvio che il territorio diventasse sempre meno bene comune (di qui anche le attuali difficoltà delle teorie collettivistiche ed ecologiche) e sempre più bene di Tizio e Caio.

Dici poi che il concetto di "proprietà privata" non è scomparso neppure durante "il socialismo reale". Infatti, come tu stesso noti, esso non può venir totalmente abolito per il semplice fatto che il possesso di qualcosa è aspetto la cui assenza toglierebbe ogni senso al significato dei termini "individuo" e "persona".

Il problema è sino a quale limite si possa spingere una collettivizzazione, ovvero sin dove, all'interno del comunismo, ci si può spingere senza eliminare l'individuo.
Il problema, quindi, tutto sommato, è quello della proprietà dei mezzi produttivi.

Sapete qual'è la differenza fondamentale tra il regime privatistico e quello collettivistico ?
La proprietà privata permette al contadino di decidere cosa seminare nel proprio campo, escludendo gli altri dai rischi e dai benefici delle prorie CAPITALISTICHE scelte.

Il collettivismo impone che una qualche gerarchia fissi un DIRIGISTICO piano quinquennale che scelga cosa dovrebbe andar bene per tutti.

In entrambi i casi diventa solo questione di RISCHIO. Ovvio che il rischio affrontato in chiave privatistica produrrà capaci ed incapaci, premiati e puniti.
In chiave collettivistica invece, il rischio ha prodotto l'afflosciamento dell'ex URSS. Saluti.
#3003
Salve. Eh già ! Sinchè l'uomo era cacciatore-raccoglitore, non poteva che considerare il territorio come bene comune. Non certo perchè allora prevalessero ideologie, etiche o morali egualitarie. Forse forse perchè le prede avevano il brutto vizio di scappare e sarebbe stato molto molto laborioso nonchè del tutto vano vano e ridicolo ridicolo convincerle a rispettare dei confini.
La terra era di tutti, i frutti e le prede di nessuno, ma poichè tutti ne erano golosi, ci si mise d'eccordo a colpi d'ascia :
- i frutti son di tutti a patto che non ci sia nessuno entro un certo raggio, diventano di tutti solo se chi sta entro un certo raggio li trascura, altrimenti appartengono a chi sta in quel certo raggio.
- le prede sono anch'esse di tutti sinchè non passano all'interno del territorio occupato da qualcuno etc. etc.

Forse che il diritto di proprietà del suolo si rese necessario quando si passò ad allevamento ed agricoltura ?
Forse successe perchè occorreva istituire un qualche tipo di diritto che potesse sostituire la pura abilità, fortuna e forza che agivano (poco democraticamente) quando territorio, frutti, prede toccavano solo a chi se li prendeva ?
#3004
altamarea, per quanto riguarda l'ideale di bellezza femminile attraverso i tempi e le culture, sono poco d'accordo.
Da noi in tempi non lontanissimi, ed ancora oggi in culture diverse dalla nostra, i canoni della bellezza femminile occidentale peccano di quella mancanza di floridità che potrebbe sottintendere l'incapacità di generare e sostenere una prole numerosa. Perchè veniva/viene considerata bella colei che mostrava di possedere i mezzi per svolgere la funzione femminile fondamentale, non i cervellotici canoni cultural-modaioli.
#3005
Salve Carlo. Forse, come paventavo, mi sono infatti sbagliato.

Mi capita di comportarmi VOLONTARIAMENTE, senza che mai creda che le mie od altrui azioni concorrano a generare un fine ultimo. Invece mi accontento di sperare che i miei atti e comportamenti realizzino l'effetto (cioè la finalità passo-passo sempre provvisoria) da me desiderato ed aleatoriamente previsto.

Che poi l'evoluzionismo darwiniano non sia scientificamente dimostrabile, è cosa nota.

Attendibile invece è termine completamente vago che non esprime nulla.

Si tratta tuttora di una semplice tesi o teoria di successo della quale non è stato finora possibile dimostrare la falsità. Saluti.
#3006
Salve amici. Solito confusionistico bordello poichè nessuno si preoccupa di definire cosa possa essere la felicità ("avvenuta evasione od eliminazione di ogni bisogno e desiderio") ed in qual modo possa distinguersi dalla soddisfazione ("avvenuto adempimento di un solo o solo di alcuni bisogni"), per non parlare del concetto squisitamente esistenziale e perfettamente soggettivo di serenità ("condizione di variabile ma complessivamente soddisfacente equilibrio dinamico che si instaura tra  i 5 bisogni (mangiare, bere, respirare, traspirare, deiettare), l'unica necessità (la riproduzione), e le infinite facoltà"). Saluti.
#3007
Salve Carlo. Non capisco dove dovrebbe approdare la tua insistenza su armonia e finalismo.

L'armonia (da me definibile come "flusso di eventi od informazioni provenienti dall'esterno che si mostrano in sintonia con i preesistenti nostri contenuti interiori) di un processo può da noi venir valutata solo a posteriori, nel senso che troveremo armonico solo ciò che riproduce quanto già si è verificato, è stato da noi sperimentato, trovato piacevole od utile, memorizzato come tale ed infine riconosciuto all'interno della sua attuale reiterazione che stiamo appunto riconoscendo.

Quindi la rassicurante armonia verrà da noi risonosciuta non in ciò che cambia, si evolve, ma solo in ciò che ci fornisce la conferma della invariante persistenza di ciò che apprezziamo.
Per quanto poi riguarda il finalismo, simili considerazione secondo me valgono ^2, (al quadrato) poichè l'esistenza di un fine, relativamente a processi che sfuggono alla nostra volontà, non è in alcun modo  affermabile sino a che esso non si concreti. Quindi sempre a posteriori.

Se l'evoluzione o qualsiasi altro processo raggiunge il proprio fine-scopo, significherà quindi che esso cessa. Quindi scopo dell'evoluzione sarebbe il suo cessare. Nel caso del mondo nel suo assieme, scopo del mondo = fine del mondo.

Spero di non star sbagliando come mio solito. Saluti.
#3008
Salve Ipazia. Lapidaria, sincera, veritiera come piace a me. Considerazioni che più filosoficamente e (scusami) ancor più lapidariamente io riassumo tenendo sempre ben presente il seguente concetto :
"MENO SI E', PIU' SI E' COSTRETTI A CERCARE DI APPARIRE". Salutoni
#3009
Attualità / Re:Cosa è accaduto a Corinaldo?
11 Dicembre 2018, 17:53:11 PM
Salve. Si è realizzato uno degli effetti negativi dell'eccesso di socializzazione, sotto forma di assemblearismo coatto basato non su obiettivi di puro e sano intrattenimento ma sull'anarchismo giovanilistico.
Paradossalmente le persone immature, per cercare la propria identità individuale sono quelle più propense ad aggregarsi a qualsiasi costo poichè si sentono rassicurate dall'essere in tanti nelle stesse condizioni.
"Da solo son nulla, in tanti saremo una forza".
Naturalmente, una volta che l'immaturo si trovi a far parte di una folla di immaturi, emerge la tipica  pulsione giovanile del sentirsi confortati dalla presenza dei propri simili combinata con la pulsione speculare opposta, cioè l'affermazione individuale.
Naturalmente il modo più immediato, facile, divertente di affermare la propria diversità (così il giovane chiama la propria immaturità) è rappresentato dal rifiuto anarcoide delle regole  create dai "maturi" daim quali egli ambisce distinguersi.
E quindi via con la trasgressione.
I cui classici sono appunto alcool, sesso, droghe e droghette, piccola delinquenza, asocialità, strumenti difensivi (peperoncino) trasformati in offensivi.
Parliamoci francamente : discoteca è termine da dismettere. Occorre sostituirlo con tromboteca o sniffoteca. La musica è solo un comodo alibi sociale. Saluti.
#3010
Salve Oxdeadbeef. Quando uno (magari me) possiede solo la propria ignoranza gli riesce difficile abbandonarla sostituendola con tesi che non comprende.

Secondo me la crescita si aiuta incrementando il volume della produzione e/o l'efficienza della produzione, non i consumi (il PIL è aspetto connesso ma separato del quale non intendevo occuparmi).

Non capisco come, senza aumentare la produzione (nota 1) e/o la sua efficienza (nota 2), si possano aumentare le risorse necessarie per espandere i consumi.

Naturalmente qualcuno potrebbe farmi notare che si tratta della vecchia storia dell'uovo e della gallina.
A questo punto potremo decidere se cominciare dallo spendere soldi che non abbiamo (ma potremmo sempre indebitarci all'estero !) per stimolare la produzione oppure cominciare dal fronte "efficienza" che non possediamo per generare le risorse che ci permettano di spendere di più. Saluti.

Nota 1) La produzione si può aumentare in due modi :
        a) investendo
        b) lavorando più ore

Nota 2) L'efficienza si può migliorare in due modi :
        a) acquistando (magari dall'estero) nuove macchine e nuovi brevetti
        b) formando ed organizzando meglio l'organizzazione ed i dipendenti
#3011
Salve Anthonyi. La tua è - più o meno - la risposta che dalla mia ignoranza io attendevo.
Pure secondo me il risparmio non riduce la domanda.....infatti si limita ad impedirne la crescita. Trasforma il potenziale consumo in POTENZIALE investimento.
E ripeto POTENZIALE investimento perché l'interesse della banca, dopotutto, non è quello di rendere florida un'economia (se ci riuscisse, l'impresa diverrebbe autosufficiente e non si rivolgerebbe più alla banca). L'interesse della banca consiste nel centellinare il credito facendo in modo che l'impresa sopravviva restando nella condizione di aver bisogno di nuovi finanziamenti.
Con i risparmi che vengono loro affidati le banche devono anzitutto garantirsi i propri utili. Il metodo preferito non è quello della remunerazione dei prestiti fatti all'impresa ma quello degli investimenti nel mercato finanziario.
Il consumatore quindi alimenta l'economia produttiva, il risparmiatore quella in larga parte speculativa.
La scelta più saggia ed insieme "eticamente egoistica" sarebbero le tipologie di risparmio volte a finanziare lo stato.
Peccato che quest'ultimo - incarnazione di un impersonale interesse pubblico - per via della sua tragica inefficienza e dell'invincibile parassitismo della classe politica riesca solo a spendere più di qualsiasi importo gli venga prestato, dandoci l'esempio di come si fa a consumare risorse senza produrre benefici proporzionali.

Quindi il cittadino consumatore deve nutrire il capitalismo accontentandosi delle briciole.
Il cittadino risparmiatore invece, ha almeno la possibilità di scegliere se nutrire la speculazione bancaria o l'inefficienza pubblica.

Altro che incremento dei consumi !! Mia madre, persona saggia con la quarta elementare, sapeva benissimo cosa occorre per aumentare la prosperità di un Paese : PRODURRE DI PIU', ESPORTARE, CONSUMARE DI MENO. Saluti.

#3012
Salve Oxdeadbeef ed altri amici. Seguo distrattamente questa discussione essendo profano. Leggo (da Ox) : "In altre parole, la crescita si aiuta soprattutto incentivando i consumi" e vedo confermata la mia profonda ignoranza.

Vediamo quali profondità essa raggiunge: l'aumento dei consumi privati alza gli introiti del commercio, dei servizi e dell'industria, consentendo a questi settori di investire di più, di assumere di più, di ricavare maggiori utili. Sarebbe interessante conoscere in quali proporzioni un maggiore introito d'impresa (ad esempio un 20% (e non parlo di fatturato, ma di fatturato incassato + evaso incassato, quindi appunto di introito reale) risulti nei fatti distribuito tra investimenti, retribuzioni ed utili. Chiaramente poi una parte del maggior introito genererebbe anche un aumento in assoluto dell'imponibile fiscale sul fatturato).

Quello che non capisco è come potrebbe fare il consumatore a darsi da fare per aumentare le proprie spese : l'unica soluzione che trovo consisterebbe nell'intaccare la quota del proprio risparmio (per chi ha dei risparmi). Cioè il consumatore dovrebbe puntare ottimisticamente sull'effetto globale dell'aumento dei consumi cui decide di contribuire, distogliendo il proprio denaro da un risparmio (forma statica e poco remunerativa di investimento ma anche tutela contro l'imprevedibile) per gettarlo nel vortice dell'augurabile sviluppo.

Ma in base a quale sensata prospettiva il consumatore-risparmiatore dovrebbe decidere di consumare di più e risparmiare di meno quando, a fronte di un +20% di maggiori esborsi egli potrebbe sì godere di un +20% di beni e servizi ma poi, in termini di benefici "stabili e certi" per sé - generati dagli effetti dello sviluppo economico cui ha contribuito, dovrà accontentarsi (se percettore di redditi fissi) di una misera quota (3%?..4%?...quanto percento?) di ciò che ha dato in pasto all'economia ??.

Mi piacerebbe che qualcuno più "ferrato" di me, compatendo la mia ignoranza, mi spiegasse le storture delle mie considerazioni. Saluti per tutti.
#3013
Salve and1972rea. Beh, hai forse ragione.

Secondo me però è meglio morire da consapevoli che sopravvivere da superstiziosi per morire poi comunque senza saperne il perché. Saluti.
#3014
Salve Lou. Prendere una decisione, fare una scelta, e' comportamento che si può adottare in due precise condizioni :

1- il pensare che nulla di esterno ci stia condizionando e che quindi la scelta sorga spontaneamente da nostri contenuti mentali gestibili unicamente dal "sè" (attraverso la coscienza) e costituenti la funzione mentale del nostro "libero arbitrio".

2 - l'essere consapevoli che il nostro "sè", le nostre menti e funzioni mentali, le nostre scelte e decisioni, la nostra coscienza.....sono tutti stati generati da ciò che ci preesisteva, sono connessi con tutto ciò che ci circonda, sono in balia di cause che continuamente ci influenzano.

Ora, è chiaro che la maggior parte della gente è convinta che il libero arbitrio esista e funzioni. E' tutta gente che non ha mai avuto occasione, voglia o capacità di riflettere sul funzionamento complessivo del mondo, limitandosi od essendo costretta a confrontarsi solamente con gli aspetti più immediati, contingenti, utili e limitati dell'esistenza.
Costoro fanno bene a credere così, visto che la riflessione sul funzionamento complessivo del mondo non ha mai arricchito nessuno, guarito nessuna malattia, risolto alcun problema pratico. Così il (loro) mondo funziona, Perchè cercarne uno più complicato e del tutto infruttuoso ? Per costoro quindi vale la condizione nr, 1.

C'è poi la minoranza che riflette giungendo a conclusioni opposte. Costoro sono - esistenzialmente e socialmente - quasi tutti dei privilegiati, essendo liberi  da preoccupazioni stringenti, bisogni impellenti, angosce devastanti.
Ciò permette loro di dedicarsi alla riflessione improduttiva, cioè di utilizzare il loro "presunto libero arbitrio" proprio per stabilire che il libero arbitrio individuale e sovrano è solamente una illusione.

Perciò gli "1" vivono il l.a. come questione puramente soggettiva (esistenziale, pragmatica), mentre i "2" arrivano ad afferrare l'oggettività della sua inesistenza.

Nota : La fenomenologia (intesa, credo, come studio dell'insieme dei fenomeni da noi riconoscibili) riguarda la filosofia ma, mi sembra, molto di più la prassi. Saluti.
#3015
Salve. Per Lou. Il titolo di questa discussione dice tutto sull'argomento. Il libero arbitrio a livello soggettivo rappresenta una funzione mentale, e quindi come tale è (soggettivamente) reale.
Filosoficamente invece rappresenterebbe una condizione oggettiva, ma purtroppo come tale non esiste.

Quindi esso è reale ed illusorio contemporaneamente. Questione di punti di vista. Quante dimensioni ha un parallelepipedo visto di fronte ? Due. Quante ne ha se visto di lato ? Due. Quante ne ha visto di sbieco e da una posizione un poco elevata ? Tre.
Questione di punti di vista. Ma continuiamo a discutere di libero arbitrio semplicemente perchè ci piace farlo.

Inoltre, volendo essere precisi nel considerare la sua "realtà" in ambito mentale, dovremmo notare che esso non consiste in una libertà, bensì appunto - nella propria veste di FUNZIONE - nella possibilità di esprimere una scelta.

E le scelte si possono compiere sia in presenza che in assenza di "libertà" ad esse esterne.