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Messaggi - niko

#3001
Storia / Re:Le guerre civili romane e la resistenza
26 Aprile 2020, 09:54:17 AM
Citazione di: cvc il 26 Aprile 2020, 08:25:17 AM
Citazione di: anthonyi il 26 Aprile 2020, 07:19:38 AM
Al di là dei numeri, che probabilmente viator contesterà, i morti non sono tutti uguali, da una parte ci sono quelli che hanno combattuto, o quanto meno hanno rifiutato di collaborare con il nazista invasore, dall'altra ci sono quelli che hanno collaborato con il nazista invasore sostanzialmente per combattere e vessare altri italiani, contravvenendo all'ultimo ordine ricevuto il giorno dell'armistizio dal capo del governo italiano: "Interrompere le ostilità con gli alleati e reagire alle ostilità provenienti da qualsiasi altra nazione."
Certo i morti non sono tutti uguali. Ci sono morti di serie A e serie B. Quelli di serie A sono commemorati e ricordati con tutti gli onori. Quelli si serie B devono a loro volta essere commemorati come traditori nel disprezzo in eterno. Se tu nel 43/45 fossi stato arruolabile e non avessi avuto un presidio partigiano vicino, che avresti fatto? O il disertore o il traditore della patria. O magari Rambo che combatte da solo contro tutti.
Io ho solo detto il mio parere. Che sarebbe ora di farla finita con questa storia, non serve a niente la retorica della liberazione a meno che non si trovi un modo per applicarla al presente. Siamo in un paese che è agli ultimi posti come libertà di stampa, dietro al Burkina Faso, però ci gonfiamo il petto coi fatti di 75 anni fa. Ma continuiamo pure a fare partigiani contro fascisti, continuiamo a celebrare la divisione dell'Italia. Continuiamo ad idealizzare i fatti del passato. Gli USA alfieri della libertà nel 45, hanno poi fallito clamorosamente 20 anni dopo nel Vietnam. Per arrivare poi alle fialette di Powell. Invece il mito del partigiano è eterno. Io ringrazio quelli che sono morti per la libertà e l'Italia, ma non idealizzo il partigiano. Anzi proprio per rispetto evito di citare fatti e letteratura a lui contraria che potrebbe portare a galla più di una pecca. Viva la liberazione si, culto del partigiano no.





Disertare, soprattutto una guerra d'aggressione ingiusta fin dall'inizio, (attaccare la Francia, e la Grecia, e la Jugoslavia, e un piccolo paesino eurasiano che solo a guardarlo sulla mappa si capisce subito che è facile da invadere come l'urss, per non parlare di tutto il fronte coloniale) non è tradire, o almeno non è tradire niente che non valga la pena di essere tradito.
Il culto del partigiano ci dovrebbe portare oltre la retorica di guerra, retorica secondo cui disertare (usare il proprio cervello per salvare la pelle in una situazione critica e magari invecchiare facendo l'amore, mangiando e godendo della vita) è tradimento di qualcosa o qualcuno, non si sa bene come ne perché.
A un certo punto, proprio come specie umana, si evolve, e si capisce che la retorica della guerra è una gran cazzata.


Lo stigma sul traditore e sul disertore è falso, uno stigma su chi ha fatto la cosa giusta nella storia, e almeno lui è rimasto fisicamente nella storia a perseguire i suoi piccoli o grandi obbiettivi nel tempo naturale di una vita umana, tempo non violabile per motivi banali, e non è morto come un coglione appresso a uno straccio di bandiera per la storia, cioè non è morto in guerra.


Il partigiano è il disertore in armi, per questo è l'eroe, eroe della razionalità del disertore che si impone sull'irrazionalità della guerra: dal culto retorico del


"sacrifico della vita per il bene superiore della patria: la mia vita vale solo se vinco, la vita del nemico non vale niente",


al culto reale e realistico del


"il mondo non si divide in vincitori e perdenti, la mia e altrui vita valgono, e le difendo dai pazzi furiosi che mi vogliono mandare in guerra contro altri esseri umani miei fratelli, se necessario sparando anche a codesti pazzi furiosi, cioè ai miei stessi comandanti".


E' per questo che i morti partigiani e fascisti non sono uguali, non hanno fatto la stessa cosa davanti allo stesso comando e allo stesso problema.


Dire che sono diversi perché avevano due diversi concetti di patria, o due diverse interpretazioni dello stesso concetto di patria è oggettivamente orribile (mi dispiace per i vecchietti che vanno alle manifestazioni del 25 aprile col tricolore), a questo punto meglio dire che sono uguali.


#3002

La poesia è usare il linguaggio per fare, non per dire...


Quindi semmai la fai per fare qualcosa che ha già fatto, qualcun altro... di solito peggio.
#3003
Storia / Re:Le guerre civili romane e la resistenza
25 Aprile 2020, 22:38:56 PM
Citazione di: viator il 25 Aprile 2020, 22:12:34 PM
Salve niko. Secondo me hai ragione nell'affermare che la Resistenza sia stata fenomeno nato dal disfacimento (stendiamo un velo pietoso sulle presunte motivazioni ideologiche da te addotte a giustificazione dei "disertori)) delle Forze Armate. Certo poi in essa sono confluite anche altre figure (tra le quali - per valutazione mia personale - includerei un 10% di disinteressati idealisti)




Quale velo pietoso? Disertare una guerra di aggressione ingiusta e disumana è il vero onore, l'aspetto che più merita di essere ricordato, e ci includo anche i semplici imboscati, oltre ai partigiani, tra coloro che si sono ricoperti di (vero) onore, salvando la pelle piuttosto che crepare "per la gloria di Roma", "per non tradire l'alleato tedesco" e simili amenità..
#3004
Storia / Re:Le guerre civili romane e la resistenza
25 Aprile 2020, 20:25:31 PM

Non erano italiani contro italiani, ma progresso contro reazione, democrazia contro dittatura, esaltatori sadici della guerra contro disertori armati.


La posta in gioco andava ben al di là dell'Italia, e anche della guerra civile ideologica mondiale di nazifascismo contro comunismo: la resistenza è nata dalla diserzione, incarnando il grande sogno pacifico (e non pacifista) del comunismo come già esso fu diserzione dalla prima guerra mondiale e rivolta contro l'autorità, zarista prima e borghese poi, che ordinava illegittimamente e irrazionalmente la prosecuzione della guerra.


Se il re del paese ordina ai suoi sudditi: "fate una corsa coi sacchi e vincete tutti" è evidente che il comando nella sua interezza non si può eseguire. Qualcuno arriverà primo, qualcuno secondo e così via. E il re sarà insoddisfatto chiunque vinca. E anche i sudditi, se hanno provato a eseguire il comando in buona fede.


Se il re del paese ordina: "costruite una casa e aiutatevi tutti a vicenda". C'è almeno la possibilità teorica che il comando venga eseguito, e bene. Quando la casa sarà costruita, saranno tutti soddisfatti, re e sudditi, se hanno provato a obbedire in buona fede.


Insomma il primato nazionale, la guerra per la guerra, non può valere come legge universale. Il comunismo sì.

Per questo si festeggia la liberazione. Liberazione dai comandi idioti dei re idioti. La resistenza è nata dalla diserzione.
#3005
Scienza e Tecnologia / Re:Inflazione cosmica
25 Aprile 2020, 17:23:30 PM

La cosmogenesi ha lo stesso problema della biogenesi: se si ipotizza un universo finito di spazio omogeneo e privo di materia in cui a un certo punto "avviene" il big bang, per postulare che il big bang sia un evento "unico", bisogna prima spiegare come l'avvento del big bang eroda, sempre di più, nello spazio precedente, la possibilità di un altro big bang, in modo tale che più il big bang si "consolida" come evento produttivo di conseguenze, più improbabile diventa l'eventuale "gemello" del big bang; esattamente come alcune teorie sulla biogenesi, che postulano che la biogenesi, come evento che si verifica a un certo punto sulla terra, eroda la probabilità stessa che la biogenesi avvenga ancora, in modo tale che la probabilità che la vita nasca da vita, "si mangia", con il suo stesso esistere e continuare, la probabilità che la vita nasca da materia inanimata, determinando così uno stato evoluto tardo e stabile, in cui è pressoché certo che una vita individuata nello stato tardo sia nata da vita, e pressoché impossibile che sia nata da materia inanimata. Il nostro ambiente terrestre è un ambiente in cui la vita non nasce dalla materia inerte, anche e soprattutto perché è un ambiente già modificato dalla vita: lo stato "antico" della terra, da cui la vita poteva sorgere spontaneamente, è stato definitivamente distrutto e trasformato da una serie di eventi, tra cui l'evento della vita stessa, per cui non ha senso chiedersi quanto le germinazione spontanea sia intrinsecamente probabile, ma quanto sia probabile in alcune condizioni date piuttosto che in altre.
Per quanto riguarda il discorso sulla ripetibilità o meno del big bang, ipotizzando che il big bang avvenga in un qualche tipo limitato di "spazio" precedente, è esattamente lo stesso: più il big bang ha prodotto conseguenze sullo stato omogeneo precedente, più è probabile che un secondo big bang non avvenga, determinando uno stato temporale tardo, in cui noi effettivamente siamo ed esistiamo (principio antropico, per cui questo stato tardo è un punto di osservazione privilegiato per noi), in cui è pressoché certo affermare che il big bang sia unico, è pressoché demenziale affermare che sia ripetibile, esattamente come le probabilità statistiche che adesso come adesso ci sono che un batterio dei giorni nostri, individuato nei giorni nostri, sia nato da un altro batterio, confrontate con quelle che lo stesso batterio sia nato a casaccio da un goccia d'acqua (certezza assoluta da una parte, contro impossibilità assoluta, dall'altra).


Se invece ipotizziamo uno spazio infinito, o molto più grande,  e un tempo infinito, o molto più grande, in cui possa a un certo momento e in un certo punto avvenire il big bang, abbiamo, grazie alla maggior grandezza di questo spazio e di questo tempo, la "non connessione" causale necessaria tra regioni ed ere lontanissime, perché il big bang possa ri-avvenire, o anche la biogenesi, possa       ri-avvenire; ovvero per quanto la probabilità di un big bang eroda la probabilità dell'altro big bang, e per quanto la vita eroda la probabilità dell'altra vita, ci sono sempre, alzando lo sguardo all'infinito, regioni distanti di spazio, ed ere distanti di tempo, "vergini", in cui questa erosione, di una probabilità sull'altra, che nasce da un punto preciso e si espande, non ha mai fatto, ne mai farà, alcun effetto, e allo stesso tempo quelle regioni possono essere "scosse", dalla loro "inerzia",  possono "vedere la luce", della vita o della cosmogenesi, solo da un'altra biogenesi spontanea, o da un altro big bang ulteriore ad uno già avvenuto, perché la vita meramente "portata in giro" da altra vita, o l'ordinamento dello spazio meramente "portato" dall'espansione decentrantesi a partire da un punto, non le raggiungerà mai. Pensare che il big bang possa riavvenire, è come pensare che un pianeta diverso dalla terra possa avere vita intelligente, cosciente ed evoluta, come conseguenza del suo stesso assetto come pianeta, e senza una colonizzazione aliena o terrestre a giustificare l'origine e/o l'evoluzione: altissimamente improbabile in uno spazio e in un tempo piccoli, con una quantità di materia presa in considerazione piccola, ma se pensiamo all'abisso dello spazio e del tempo, alla quantità inimmaginabile di pianeti, l'improbabilità si assottiglia, e diventa probabilità: ugualmente a seconda di quanto spazio e quanto tempo siamo disposti ad immaginare abbia a disposizione per esistere e per "essere", anche in senso filosofico, l'universo, o meglio il multiverso, il big bang può essere considerato un evento unico, o al contrario, ripetibile.


L'universo è una forma di vuoto, ma è immensamente differente dal vuoto (pensato come interno) che esso stesso come universo contiene, e dal vuoto (pensato come esterno) che lo contiene o lo potrebbe contenere (lo spazio prima del big bang, o lo spazio in cui si espande l'universo che si espande): il "resto" del vuoto, il vuoto non identico all'universo, non contiene, ovviamente, il nostro universo nella sua realtà e totalità, ma la generica probabilità, in quanto vuoto in cui possono "accadere" delle cose, di (ri)generare l'universo, o quantomeno un universo: quanto sia bassa questa probabilità, esprime quanto sia raro l'universo, o un universo, e più vuoto "c'è", e perdura nello spazio e nel tempo, più gli universi sono ripetibili.


Se tutto il vuoto non è uniformemente la stessa "cosa", ma al contrario alcuni tipi di vuoto  sono diversi e diversamente probabili da alcuni altri, l'estensione del vuoto nello spazio e nel tempo, quanto "vuoto" inteso come cosa in comune a tutti i vuoti in assoluto c'è, determina il ritmo, ovvero la frequenza, finita o infinita, con cui le varie tipologie di vuoto si alternano e si sovrappongono tra di loro, tipologie di cui il nostro universo è solo una tra le tante; e questo ritmo e frequenza, determina la risposta alla domanda se l'universo sia o no unico, se ve ne siano in numero finito, o se siano infiniti.
#3006
Citazione di: viator il 14 Aprile 2020, 21:32:55 PM
Salve niko. Citandoti : "A parte che trovo veramente stupido libertà sessuale scritto con "libertà" tra virgolette, ti ripeto, trovo certi tuoi argomenti inquietanti, perché non capisco dove vuoi andare a parare (ma anche "mentalità giovanilistica", "tempi appena trascorsi", come ti ho scritto prima)". ----------------------------------Cosa sia secondo me la scelta di fare del sesso (una facoltà consentita dalle Leggi a patto di trovare persona consenziente e circostanze permettenti)-----(non certamente un diritto od una "libertà" garantito da qualcuno o da qualcosa) te l'ho già spiegato, ma non lo capirai neppure ora poichè credo di conoscere la struttura mental-ideologica di stampo giovanilistico (la mentalità per la quale tutto ciò che esisteva prima della nostra nascita è superato, tutto quello che viene dopo è o deve essere "il meglio")...... la mentalità, dicevo, di chi, come te è nato nei tempi appena trascorsi (cioè, secondo la mia ottica, i DECENNI appena trascorsi).....cioè, per intenderci, dopo il 1968. -------------------------
E' quindi ovvio che quelli come te conoscano benissimo le parole (ho detto LE PAROLE, non I SIGNIFICATI) "libertà" e "diritti" (gratis per tutti ed a spese della collettività) ed ignorino i concetti di DOVERI e FACOLTA'. Saluti.





Si vabbè, a te forse andavano bene le "circostanze permettenti" il sesso che c'erano prima del 68...
io invece non le tollero nemmeno per il tempo di una quarantena non etimologiamente letterale, cioè che esuli dalla Legge
(L maiuscola) dei quaranta giorni...
#3007
Citazione di: viator il 14 Aprile 2020, 15:38:44 PM
Salve niko. Dal tuo ultimo intervento capisco quali sono le tue preoccupazioni attuali. L'ultima sembra essere il tentativo (non si quanto efficace) di contenere il coronavirus, in quanto prima di esso tu "piazzi" i timori per svolte autoritarie, la libertà di movimento, la "libertà" sessuale, l'integrità costituzionale. ----------------------------------


Stando così le cose capisco i tuoi appelli alla mobilitazione (possibilmente oceanica) delle masse che :


       
  • da una parte possano vigilare contro i pericoli corsi dalla nostra luminosa Costituzione, evitando tentativi di colpi di stato da parte del Ministero della Sanità;
  • dall'altra, provvedere a votare, attraverso democraticissimi referendum a cadenza quotidiana quali misure adottare o cancellare sul fronte della fastidiosa e limitante pandemia che disturba le nostre abitudini e libertà.
A questo punto.........................auguroni !





A parte che trovo veramente stupido libertà sessuale scritto con "libertà" tra virgolette, ti ripeto, trovo certi tuoi argomenti inquietanti, perché non capisco dove vuoi andare a parare (ma anche "mentalità giovanilistica", "tempi appena trascorsi", come ti ho scritto prima).


Comunque io non vedo come ciò che è intrinsecamente innaturale e disumano, alienante dal contatto fisico e dalla prossimità, possa diventare abitudine: c'è qualcosa di colpevolmente idiota nel definire certe prassi abitudini, laddove si parli di abituarsi (sì, ma...) all'orrore, e si voglia insistere sulla parola/abitudine appunto perché permette di tenere in riga un popolo di "abituati"per un tempo indefinito, per giunta illudendoli di fare il bene, mentre fanno solo il meno peggio: non è necessaria l'abitudine al male e non è necessario il tempo indefinito intrinseco nella parola abitudine, questo una civiltà evoluta, come noi non siamo, lo avrebbe capito al volo, e integrato nella comunicazione politica.


Quindi il tempo indefinito intrinseco sempre nella parola abitudine, si sarebbe potuto evitare dando dei tempi e degli spazi ai divieti anche a costo di cambiarli all'ultimo momento se non fossero andati bene, l'abitudine al male, intrinseca nella parola abitudine usata in questo contesto, si sarebbe potuta evitare evitando di insistere su una retorica compensatoria e surrogatoria,   tanto psicologico-consumista che informatico-tecnologica, di cui il sesso virtuale di cui parlava Eutidemo per fare una battuta che poi tanto battuta non è, è solo la punta dell'iceberg.


Che poi tutto questo sia autoritario, o pubblicitario, o semplicemente demente, non mi pare questo il punto fondamentale, infatti sei stato tu a parlare di autoritarismo, voto, manifestazioni... insomma capisci sempre quello che vuoi capire...
#3008
Tematiche Filosofiche / Re:La potenza del caso.
14 Aprile 2020, 15:43:01 PM
Io penso che ci sia un limite a quanto il futuro possa in assoluto differire dal passato, e a quanto un luogo possa in assoluto differire da un altro (chiamo questo limite congenericità della natura). Per questo il tempo (per quanto infinito) non si divide in epoche definitive non-ritornanti e lo spazio (per quanto infinito) in regioni isolate non-comunicanti, ma è tutto un circolo e una distribuzione ubiquitaria di omologhi.                                                                                                                                                                                                                                                                   

Certo, a volte ci stupiamo di quanto il futuro possa differire dal presente, perché non ne abbiamo la visione complessiva, però a me piace pensare che se l'infinità del tempo non mi ha impedito di nascere, ci deve pur essere un ordine in questa infinità: se ogni attimo almeno tra quelli che ho dietro di me differisse dall'altro infinitamente, e se tutti questi attimi fossero infiniti nel senso di innumerabili, l'eternità, o meglio la perennità, del tempo che ho dietro non sarebbe mai trascorsa, e io non sarei mai nato. E quello che vale per l'infinito passato, cioè per una perennità, dovrebbe in linea di principio valere anche per l'altra, per l'infinito futuro.                                                                                                                                                                                                                                                 

A meno che naturalmente il mondo non abbia inizio da un punto preciso con Dio, con il big bang o con un colpo di bacchetta magica, ma questa è una banalità che da un punto di vista filosofico non mi ha mai soddisfatto.
#3009
Citazione di: Eutidemo il 13 Aprile 2020, 06:25:34 AM

Ciao Niko. :)
Hai perfettamente ragione: "non sono state date garanzie su quanto questa cosa durerà".
Pertanto, secondo me, bisognerebbe organizzare subito una bella manifestazione di massa contro quello stronzo di COVID19, affinchè, una buona volta, si decida a dirci quando ci lascerà in pace; e vedrai che il numero di contagiati diminuirà immediatamente ed il COVID19 ci abbandonerà per sempre!

***
Quanto al vaccino, ripeto per la terza volta quanto avevo scritto all'inizio: ""...sarebbe insensato attendere la scoperta del vaccino ed essere tutti vaccinati prima di riprendere a lavorare e ad uscire di casa per diletto".
Dico solo, però, che "Est modus in rebus!"

***
Quanto al riprendere a lavorare, ovviamente, mi riferivo alle attività necessarie per la sopravvivenza sociale ed economica; anche considerando che, come diceva Celentano, chi non lavora non solo non ha da mangiare, ma non ha neanche da fare l'amore.
https://www.youtube.com/watch?v=wHmt7pDq_Uo
Lavorare per produrre e poi comprarsi lo smartphone, almeno a mio avviso, è secondario; per me può benissimo avvenire più tardi o non avvenire affatto (come pure presa del campionato di calcio).
Ma lavorare per la sopravvivenza, individuale e collettiva, per me, è primario!

***
Il distanziamento sociale, non è a tempo "indefinito", bensì a tempo "determinato" da quando le circostanze consentiranno di allentarlo; il che è una cosa completamente diversa.

***
Hai invece ragione nel dire che gli amanti e le famiglie, ed anche gli amici, separati in questa situazione da muro di Berlino siano presenti nel discorso mediatico e politico sulle priorità; ed infatti, anche secondo ma sarebbe irragionevole non tenerne conto.
Ma sarebbe anche irragionevole non tenere conto di chi è morto (e sta morendo), per non aver osservato le necessarie precauzioni antivirus.

***
Nel discorso logico sulle priorità, peraltro, non si può non tenere conto del fatto che:
1)
Nei luoghi di lavoro ed in quelli  di approvvigionamento alimentare, farmaceutico ecc., si può limitare il rischio di contagio:
- usando le mascherine;
- mantenendo le distanze di sicurezza.
2)
Diversamente:
- fare sesso con le mascherine è un po' più difficile; ed infatti pare che il solo contraccettivo non preservi dal contagio del COVID19.

- fare sesso mantenendo le distanze di sicurezza, invece, è possibile facendolo con appositi "device" ONLINE, ammesso che lo si trovi soddisfacente.
[IMG]http://cdn-
<a href="http://www.imagevenue.com/MENWKVH" target="_blank"><img src="http://cdn-


***
Quanto alla "paura", non si sa mai dove si va a finire quando non si possiede la saggia paura necessaria per sopravvivere.

***
Quanto allo "stato di carcere o di libertà", dovresti cercare di capire che c'è una certa differenza tra un "carcere" ed un "rifugio antiatomico" (anche se imposto); in quanto, ovviamente, il secondo è precipuamente nell'interesse di chi ci sta dentro.
Ed infatti, per quanto concerne il COVID19:
1)
Nel caso di persone dotate di un minimo di buon senso e di un minimo di istinto di sopravvivenza, il "rifugio domestico" dovrebbe essere un'ovvia scelta personale.
2)
Nel caso di persone che ne sono prive, invece, il "rifugio domestico",  non può che essere imposto dallo Stato:
- nel loro stesso interesse;
- nell'interesse collettivo, perchè a nessuno può essere consentito, in queste condizioni, di andarsene in giro a contagiare il prossimo.

***
So benissimo quello che diceva Socrate a Santippe, ma, in determinati casi, bisogna rassegnarsi.

***
A parte il fatto che un tempo "indefinito" NON è come un tempo "eterno" (cosa, questa, molto chiara ai dannati dell'inferno), in questo caso, come ti ho spiegato sopra, si tratta di un tempo "determinato" da circostanze contingenti; le quali, come tutti gli epidemiologhi ci assicurano, per fortuna non possono che essere temporanee.
E saranno molto più brevi con uno stretto "lock down", come i fatti ci stanno dimostrando.

***
Un saluto! :)





In sintesi:


1 il rifugio antiatomico è identico al carcere dal momento che è imposto, la retorica non cambia la realtà.


2 non vuoi sublimare la sessualità e il contatto fisico andandoti a comprare lo smartphone e lavorando dodici ore al giorno, appunto, neanche io, ma rischiamo oggettivamente di fare questa fine (la fine dei robot, che hanno i loro sistemi naturali di gratificazione sostituiti con altri innaturali), da cui i miei interventi in merito.


3 il tempo "determinato dalle circostanze" è di fatto, come ho detto io, un tempo indeterminato (pane al pane e vino al vino, retorica non è realtà), anche se non eterno.


Ora, il diritto di un governo o delle regioni a sospendere la Costituzione a tempo indeterminato non esiste, da cui la temporizzazione (e la localizzazione) dei provvedimenti restrittivi con relativa comunicazione ai cittadini dei tempi (e dei luoghi), che non è incidentale e facoltativa, ma dovuta ai cittadini stessi da parte delle istituzioni, dato che la Costituzione, almeno in teoria, dovrebbe essere, e restare, vigente.
Talmente dovuta che semmai vanno rivisti di volta in volta gli spazi e i tempi in base all'evoluzione dell'epidemia, ma si dovrebbero comunque comunicare.
Questo (e non altro)
definisce l'emergenza come tale, il fatto che lo stato d'assedio si sovrapponga alla Costituzione, e non la sospenda.
Il colpo di stato invece, come evento che trascende l'emergenza, è esattamente la sospensione della Costituzione a tempo indefinito, con cui alcune (singole) istituzioni, come schegge impazzite, si arrogano diritti che non hanno ("diritto" di sospensione a tempo indefinito del diritto di tutti, che semplicemente non esiste e non è contemplato dall'ordinamento). Dal caos, emerge solo il tiranno.


Dobbiamo cambiare abitudini ci dicono (il mantra), cioè dobbiamo prendere abitudini anticostituzionali (malvage, almeno rispetto a un precedente punto di riferimento) al posto di precedenti abitudini costituzionali (buone). Proprio il tempo indefinito definisce l'abitudine come tale, come non temporanea, ovvero chi vuole imporci l'abitudine robotica non si sente in obbligo di comunicarci i tempi, dando per scontato che sia possibile vivere come robot, che questa sia un'esperienza come un'altra (ho già spiegato in che senso intendo come robot e non vorrei ritornarci).
La comunicazione dei tempi definirebbe come dignitosa -in entrambi i sensi- la scelta individuale (dell'individuo davanti all'emergenza) o di prendere un'abitudine (emergenziale) temporanea, o di ritirarsi -fisicamente e moralmente- dalla scena della vita sociale e aspettare che tutto ciò finisca (e la Costituzione sia effettivamente ripristinata); davanti a un incubo, per alcuni potrebbe essere meglio il sonno senza sogni. Invece c'è lo stigma, e l'eclissi mediatica e rappresentativa, contro chi l'abitudine "temporanea", pur senza rompere i coglioni a nessuno e rispettando per quanto possibile le regole, non la prende ed è fiero di non prenderla, che nasconde la convinzione, conscia o inconscia, che la nuova abitudine spacciata come temporanea, sia invece permanente o indefinita, cioè eticamente quantomeno neura, invece che intrinsecamente malvagia, rispetto all'etica e allo spirito che ispira la Costituzione.



La libertà di movimento, di riunione, sessuale eccetera, non è opzionale, ma concerne la realizzazione dell'individuo e della società. Comprimere tutto ciò nello spazio e nel tempo (dare risposte precise su dove si può/potrà fare, quando si può fare, a che condizioni preliminari si può fare) ha molto più senso che (pretendere di...) sospenderlo a tempo indefinito. Sospenderlo a tempo indefinito è solo dittatura.
#3010
Citazione di: Ipazia il 13 Aprile 2020, 14:02:39 PM
Io preferisco una società che rimuova all'origine le cause che spingono una persona a scegliere la morte. E che la conceda quando può affermare in buona coscienza di aver fatto tutto il possibile per evitarla.





Le cause per scegliere la morte sono spesso individuali, non è la società che deve indurci a vivere (come se la definizione di voglia di vivere fosse la stessa per tutti...) e il singolo individuo difforme che sceglie la morte e "accusa" la vita ci sarà sempre; per questo dicevo che la morte, in particolare nella forma del suicidio assistito, la si dovrebbe "concedere" caso per caso quando aggiunge qualcosa di utile per l'autodeterminazione e rimuove un ostacolo reale, non a mani basse e non come se fosse un diritto spettante a tutti, perché secondo me non lo è.
#3011

Io ci andrei piano a dire che lo stato deve aiutare a morire anche un individuo non malato, non paralizzato, pienamente cosciente e fisicamente in grado di suicidarsi da solo: non ho dubbi che sia giusto aiutare a morire chi è paralizzato o a vario titolo imprigionato nel suo stesso corpo, ma quando si arriva all'individuo sano e deambulante che chiede il bicchiere di veleno allo stato perché "fare da solo" con l'atto pratico del suicidio lo turba in qualche modo, qualche dubbio mi viene, ho l'impressione che la giusta misura sia stata passata, e una pratica di per sé giusta strumentalizzata.


Il suicidio assistito dovrebbe essere un aiuto a morire, idealmente da parte di uno stato che ama così tanto i suoi cittadini da essere disposto a lasciarli andare, nella misura in cui amare è anche saper lasciare andare: ma in amore si aiuta chi non può scegliere, aiutare chi già di suo può (benissimo) scegliere, mi sa più di condizionare la sua scelta, che non di aiutare.


Essere fisicamente non più in grado di suicidarsi per una malattia o un deterioramento fisico avanzato, è una condizione oggettivamente patologica, di un corpo che non funziona più al meglio delle sue possibilità; al contrario voler morire ma essere spaventati da alcune difficoltà pratiche connesse all'atto pratico del suicidio è una condizione interiore ed esistenziale, connaturata alla condizione umana in senso lato, e non certo patologica: lo stato che si immischia in questa seconda condizione (puramente emotiva, mentale) non è come lo stato che si immischia nella prima condizione (fisica, di paralisi) e proprio da un punto di vista liberale mi fa un po' paura: preferisco lo stato che non imponga la vita, criminalizzando il suicidio, ma nemmeno semplifichi la naturale difficoltà della morte quando una volontà disperata sfida l'istinto di sopravvivenza, fornendo veleno ad aspiranti suicidi fisicamente abili.

#3012
Eutidemo scrive:


Capisco perfettamente l'esigenza di fare sesso, ma, per continuare a fare sesso, per prima cosa bisogna cercare di restare vivi; una volta morto, infatti, non copulerai mai più!
Per cui, dammi retta: "Primum vivere, deinde copulare!"
Quanto al problema di non avere un partner sessuale residente al proprio indirizzo alla data del 10 marzo, in effetti hai ragione; ma, a parte il fatto che si spera che non sarà necessario un anno di astinenza sessuale, la cosa sarà utile per apprendere l'utilità della pazienza. Dote molto rara, benchè estremamente utile; quindi questa, secondo me, è un occasione ottima per imparare ad esercitarla!
Comunque: se, in buona parte, hai ragione sotto l'aspetto della "socialità"
per me hai invece torto sotto l'aspetto" fisiologico
Ed infatti, sotto tale aspetto, la clausura ci consente di fare sesso con la persona che amiamo di più al mondo! Ci dovrebbe bastare, almeno per un certo periodo; perchè, in tal modo, non dovremo minimamente sacrificare nessun organo; il quale, anzi, potrebbe essere esercitato addirittura più del solito.
Quanto alla "distopica
dispoticità
" consistente nei paletti legali e regolamentari imposti dai governi per limitare la diffusione del contagio, sarebbe da sciocchi lamentarsene, visto che -almeno in questo caso- sono imposti dalla circostanze, nell'interesse di tutti; si tratta semplicemente di ragionare col cervello, invece che con un altro organo, non di diventare automi!
La nostra priorità, come cittadini e come esseri viventi, è di sopravvivere; non di rischiare di morire solo per copulare prima del tempo! Capirei il problema se la cosa fosse vietata per sempre; allora, forse, potrei essere d'accordo con te che, in tal caso, tanto varrebbe morire! Ma nessuno si è mai sognato di dire o prevedere una cosa del genere.
Peraltro, a parte i conigli, non credo che l'astensione dal sesso per un periodo più o meno prolungato possa trasformare un essere vivente in un robot; in particolate, noi esseri umani, fortunatamente, non siamo come i conigli (a parte qualcuno, ovviamente)!


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Il problema è che non sono state date garanzie su quanto questa cosa durerà, e si è passati da che Conte all'inizio dell'emergenza ci diceva:

"Torneremo ad abbracciarci"

Che suona come una cosa umana e compatibile con l'uso del cervello, del tipo faremo dei sacrifici temporanei per tornare alla normalità;

A un discorso mediatico che sentiamo invece oggi, non tanto da Conte, quanto da gente come Speranza, Arcuri ed altri del tipo:

"Almeno fino al vaccino... abbracciarsi non è (più) una priorità, andare in fabbrica e al negozio a comprarsi le scarpe nuove e lo smartphone (sottointeso: popolo di schiavi e di capre, sublimerete la vostra socialità e sessualità con quello, o almeno io questo sottointeso ci vedo)".

Distanziamento sociale a tempo indefinito, quindi. Che non è sostenibile, spacciato al popolo bue come se fosse sostenibile, come se il problema fosse solo l'economia, o solo lo stare o no in casa.

Quindi qualcosa di oggettivamente distopico, in cui si è passata la misura: non si può aspettare fino al vaccino se è roba di un anno o due, il governo deve dare risposte non solo sulla società, ma anche sulla socialità/sessualità. La nostra prioritàdi esseri umani sociali non è andare  lavorare, e non è prendere il cappuccino: da cittadino esigo che gli amanti e le famiglie, ma anche gli amici separate in questa situazione da muro di Berlino siano presenti nel discorso mediatico e politico sulle priorità.

La sessualità non può essere separata, proprio come discorso, dalla socialità: non si sa mai dove si va a finire quando si instilla la paura dell'altro a tutti i livelli.

Non voglio fare il coniglio della situazione, anzi, penso di sapere cosa definisca al dì là della retorica lo stato di carcere o di libertà, stato di carcere o di libertà che si impone nemmeno a tutti, ma ad alcuni sì e ad altri no, per questo quando sento certe cose mi allarmo veramente.
E' facile dire a chi è singolo fai da solo per un anno, (guarda caso la predica viene sempre da chi singolo non lo è), io mi stufo molto prima a fare da solo, non so gli altri e non lo voglio sapere.

Tu dici tanto varrebbe morire se certi piaceri fossero negati in eterno: "l'a tempo indefinito" è come l'eterno, se non viene vissuto e tematizzato come problema, e qui (intendo qui come momento storico presente, come dibattito mediatico eccetera) il problema sembra essere sparito, sommerso sotto una montagna di cazzate, di cose che prese isolatamente (società senza socialità) non sono una priorità, e non sono un orizzonte di senso.


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Viator ha scritto:



Salve niko. Il tuo modo di ragionare circa sesso e smartphones viene da me trovato del tutto emblematico della mentàlità giovanilistica che i tempi appena trascorsi hanno fatto maturare.[/size]
Solo dall'interno di una cultura e società che abbiano perso ogni contatto con la realtà della natura e del mondo fisico si può arrivare a sostenere che LA SESSUALITA' SIA UN DIRITTO (anzichè una opportunità, una facoltà, al massimo un'opzione) !!.
Poichè in sede di Diritto i diritti sarebbero quelle cose che qualcuno DEVE NECESSARIAMENTE VENIR MESSO IN GRADO DI "GODERE" DA PARTE DI UNA COLLETTIVITA' (SOCIETA') CHE STABILISCE E DEVE GARANTIRE LA SODDISFAZIONE DEL DIRITTO STESSO...................mi sembra che a tal punto - confermandosi la tua visione della sessualità - potresti con augurabile e probabile successo far causa alla Società (lo Stato) per veder riconosciuto il tuo diritto agli sfoghi relazional-sessuali e costringere lo Stato stesso a fornirti il necessario al soddisfacimento del tuo DIRITTO.
Circa poi la tracciabilità via smartphone (circa la quale tu fai giustamente presenti le evidenti insormontabili incongruità - vedi ad esempio il fatto che il sottoscritto è dotato solo di telefono cellulare poichè interessato solamente a comunicare via voce )..........dal punto di vista giuiridico la tracciabilità dell'apparecchio non potrebbe dimostrare nulla in quanto SAREBBE IMPOSSIBILE DIMOSTRARE CHE I RICOSTRUIBILI SPOSTAMENTI DELLO STRUMENTO COINCIDANO CON QUELLI DEL TITOLARE DELLA SCHEDA SIM, in quanto quest'ultimo potrebbe lasciare a casa il telefono e spostarsi beatamente altrove, oppure affidare il proprio telefono ad altre persone, perdendo la titolarità degli spostamenti del telefono temporaneamente circolante in mani altrui !!.
Perciò solo una società di poveri imbecilli (o di ometti-formica come in Cina) accetterebbe certe procedure di controllo "pseudopersonale" in sè prive di validità legale oltre che inefficaci.L'unica soluzione potrebbe essere quella del "chip sottopelle" (vedi i cani) oppure  in via più casereccia - un bel tatuaggio obbligatorio con "QR code" situato in una collocazione corporale tale da venir facilmente raggiunta dallo Stato attraverso adatte "pistole" di lettura (ad esempio nel dintorni dell'ano).
A questo punto non mi resta che augurare a tutti buona Pasqua e - in particolare alle giovani generazioni - tanto sesso gratis garantito dallo Stato e tanto progresso tecnologico-comunicativo-intruppatorio. Salutoni.

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Vedi quello che ho scritto sopra, non sto tanto a ripetermi.


Certo che la sessualità è un diritto, ci mancherebbe altro. Non tutti i diritti vanno soddisfatti dallo stato; alcuni sono, come dire, naturali, e basterebbe che lo stato legiferasse in merito in modo sensato.


Il tuo parlare con un certo compiacimento di "tempi appena trascorsi" è un po' inquietante.
Non si capisce cosa vuoi dire e dove vuoi andare a parare, io sono contro chiunque veda lati positivi in questa tragedia, soprattutto li veda nel senso di dire: "punizione dell'occidente", "la lezione ci voleva" eccetera.

Che non è molto diverso, come discorso, dal dire "castigo divino", "punizione degli infedeli", eccetera.

Restaurare i "tempi appena trascorsi" dovrebbe essere una priorità di tutte le persone ragionevoli.

O tu ci stai bene, così ?!

Beh, io no, e quando vedo il peggio, invoco il meno peggio, non sono una che pensa che i rinascimenti sorgano dalle pestilenze, come alcuni.

Quindi che ti devo dire, forse ci siamo liberati per sempre della "mentalità giovanilistica", in favore dell'autocompiacimento nella tragedia...  bel progresso, veramente...


#3013

Rischiamo l'apocalisse totale, se non della società, quantomeno della socialità.

Senza intelligenza, e discernimento, siamo condannati. La società senza la socialità è morte, è la società degli automi e dei robot. Non si può pensare solo al lavoro e al consumo senza la libertà sessuale, di manifestazione politica, e di contatto fisico.


E non esistono solo gli adulti, esistono anche i giovani sessualmente attivi (dai quattordici ai venticinque anni, per dire), e altri, anche non giovani, i quali non avevano partner sessuali conviventi alla data dell'entrata in vigore dello stato d'assedio (cominciamo a chiamarlo per quello che è, senza eufemismi)  e non si può pensare che tutti questi, milioni di persone, stiano in astinenza sessuale "per un anno o due", "fino al vaccino", visto che non possono raggiungere altre persone, e non possono farsi raggiungere da altre persone.


Si sta dicendo a milioni di persone: "scontate il grave crimine di non avere un partner sessuale residente al vostro stesso indirizzo alla data del 10 marzo con un annetto o due di astinenza sessuale. Multa a chi esce di casa per andare a scopare (o scambiarsi carezze, effusioni eccetera)".
Il che è di fatto un annetto o due di prigione per questi milioni di persone, anche nello scenario più ottimista e realista in cui riaprano scuole, negozi e quant'altro di, mi si consenta, "fisiologicamente inutile", molto prima. E questi milioni di persone a cui viene richiesto un "piccolo" e "fisiologicamente naturalissimo" sacrificio per un anno o due, sono i nostri giovani, che tanto sotto i diciotto non votano, e sopra se votano sono pochi rispetto alla media della popolazione.
Perché ritengo il diritto di fare sesso (ma guarda un po'...) prioritario rispetto al diritto di comprarsi i libri, la macchina o lo smartphon, quindi è quello che definisce la condizione di carcere o di libertà, è inutile girarci intorno. Sublimare la sessualità andando al lavoro o in negozio è esattamente il tipo di distopia robotico-consu-mistica che io vorrei evitare, e che invece sembra si stia imponendo all'orizzonte.

Organismi cibernetici diventeremo, che hanno alcuni organi attivi, altri no, e compensano questa loro mancanza con attività pseudo sociali (in realtà puramente economiche) che dovrebbero, in linea teorica, essere gratificanti "quasi" quanto quelle connesse agli organi sacrificati? E' su questo quasi che si giocherà vera la partita, tra democrazia e dittatura, discernimento e follia, di cui nessuno parla. La ricompensa, anche a livello proprio organico e cerebrale, a livello di principio del piacere, del lavoro e del consumo dovrebbe essere paragonabile, commensurabile, in questa che non esito a chiamare una distopia,  a quella connessa alla socialità e alla sessualità, per vivere "legalmente", secondo i paletti legali e regolamentali imposti dai governi.
E di fatto non lo è, e se lo sarà vorrà dire che saremo tutti impazziti, che la trasformazione di massa del popolo in automi avrà funzionato.

Comparso prepotentemente, dopo più di mezzo secolo di rimozione, sulla scena culturale e mediatica occidentale il discorso sulla morte, è scomparso, fateci caso, completamente quello sul sesso. C'è una rimozione mediatica e politica del discorso sul sesso altrettanto imbarazzante di quanto fino a due mesi fa era imbarazzante la "solita", solita dal dopoguerra in poi, rimozione del discorso sulla morte.
A leggere l'articolo di giornale medio, o a guardare il servizio televisivo medio, sul fantastico programma di riaperture del governo (fase uno, fase due, fase tre eccetera), pare che la nostra priorità, come cittadini e come esseri viventi, sia di andarci a prendere un bel cappuccino al bar, non di scopare. Ma chissà perché.


Diventare robot (cyborg) per un anno o due cambierebbe il nostro cervello, dopo non saremmo più come prima. Oltre all'eclissi del sesso per i non conviventi, per completare il quadro dobbiamo pensare all'eclissi della protesta politica nella forma della manifestazione di piazza. Quindi in conclusione, il ragionamento -isolato- sulla società, senza il ragionamento -complementare- sulla socialità è intrinsecamente folle, mi vengono i brividi anche solo a farlo...






Andando sul pratico, per il resto, mi sembra che ok, sarebbe forse utile mettere le mascherine obbligatorie, ma non è possibile perché non tutti le hanno, non tutti le trovano le trovano vista la fila alle farmacie e la poca disponibilità di esse che c'è, non tutti hanno i soldi per comprarsela (esistono anche i poveri veri...) e infatti già in Lombardia hanno messo obbligatoria la mascherina o in alternativa una sciarpa, fazzoletto o simili, per dare una possibilità anche a chi la mascherina non ce l'ha.
Anche perché come farebbe un eventuale vigile o poliziotto a verificare che uno è uscito proprio per andare a comprare la mascherina, e non per altro? L'alternativa mascherina o sciarpa dà qualcosa di oggettivo da controllare, in un mondo in cui distribuire qualcosa, qualsiasi cosa, a sessanta milioni di persone è difficile,  quindi è più fattibile.


Il termoscanner non so, se davvero come dicono per un sintomatico ci sono in giro dieci asintomatici, è la classica presa per i fondelli, una macchina che "becca" forse una situazione pericolosa su dieci che ne fa passare, insomma dicessero la verità, se sono pericolosi solo i sintomatici, se anche gli asintomatici, quale proporzione numerica c'è tra gli uni e gli altri, e solo se questo ha senso, mettessero i termoscanner.


Il tracciamento via cellulare, sono d'accordo eventualmente come indagine di polizia a posteriori, non ne faccio insomma una questione di privacy, e anzi in generale penso sempre che sia meglio sacrificare la privacy piuttosto che la libertà...


ma non sono però più d'accordo se diventa un obbligo a priori di comprarsi un certo tipo di cellulare, che supporti un certo tipo di app, anche per chi non ce l'ha (l'obbligo di installare una app o fare altre cose gratuite per chi sia già utente e possessore di un cellulare moderno invece mi sembra giusto), insomma come se metti la mascherina obbligatoria la devi far arrivare agli indigenti, se metti il cellulare ultima generazione obbligatorio lo devi far arrivare agli indigenti, e anzi non basta perché ci sono anche gli analfabeti informatici totali, quelli che proprio anche a prescindere dal reddito se gli dai un cellulare moderno non lo sanno accendere, e appunto si parla di proteggere gli anziani, bisognerebbe prima capire e rispettare come sono fatti, e che limitata abilità hanno in certi campi alcuni di loro...


ma tutto questo non è sostenibile nel tempo, e non possiamo aspettare un vaccino a tempo indefinito, a un certo punto bisognerà vedere per luogo e per classi di età chi si può incontrare e chi no, perché uccide la malattia, uccide la fame, ma anche la deprivazione dell'incontro e del contatto fisico uccide, e non solo per l'aspetto sessuale, pensate al muro di Berlino, con famiglie separate nel giro di in una notte, stiamo rischiando di fare quella fine, quella di Berlino del dopoguerra, al netto del fatto che col muro di Berlino se sgarravi ti sparavano, qui se sgarri rischi al massimo una multa, ma un anno o due, cioè il tempo stimato per l'arrivo finalmente del vaccino, non è un tempo ragionevole per continuare a multare chiunque vada a trovare un parente, amicofidanzato o amante non convivente: si stanno sacrificando la civiltà e la dignità, prima ancora che la libertà, a un malinteso e folle concetto di salute, e se lo facciamo sarà irreversibile, ci saremo fregati per sempre, non solo per un anno o due. Insomma non è tanto la multa, è lo stigma sociale per chi vuole vivere in modo naturale, cioè non ridotto alla dimensione economica, a non stare ne in cielo ne in terra.












#3014
Tematiche Filosofiche / Re:Viaggio su Platone.
09 Aprile 2020, 14:03:54 PM
Citazione di: giopap il 07 Aprile 2020, 17:02:50 PM
Citazione di: Ipazia il 07 Aprile 2020, 12:29:00 PM


Qui forse si dirada la nebbia delle ragioni del contendere e appare l'opposta concezione idealistica (platonica) o materialistica (milesia): esiste, a priori, il cervello (natura, universo,...) pensato o quello che pensa. Da materialista propendo per la seconda, ma non nego che la prima concezione abbia le sue buone ragioni. Questa indecidibilità è molto philosophisch. Più deciso, col suo bias materialistico, il modo di procedere della scienza, a cui mi sento, di fronte all'aut aut anche metafisico, di aderire.


Invece personalmente aderisco al modo di procedere filosofico (che ovviamente non nega quello scientifico, solo lo critica razionalmente): non assumere a priori quanto dalla scienza conosciuto ma sottoporlo sistematicamente al dubbio metodico onde valutarne per quanto possibile significato, attendibilità, fondatezza, "grado" e condizioni di verità e di certezza; e inoltre, se fosse il caso, inquadrarlo in un' eventuale ontologia più generale (qualora esistesse altro di reale oltre a quanto scientificamente conosciuto e soprattutto e in modo meno banale eventualmente anche oltre a quanto scientificamente conoscibile).


Ma tra materialismo e idealismo "tertium (e quartum, e quintum...) datur.


E, sempre per quanto mi riguarda, mi sembra evidente che l' empiricamente constatabile irriducibilità e l' impossibilità (insensatezza) di pretese "emergenza" "o sopravvenienza" della materia (intersoggettiva, ma non per questo più reale; e misurabile) al pensiero (meramente soggettivo, ma non per questo meno reale; e non misurabile) ovvero parimenti del pensiero (meramente soggettivo e non misurabile) alla materia (intersoggettiva e misurabile) falsifichino irrimediabilmente entrambi i monismi.




Secondo me sono i rapporti (e a livello più complesso le successioni) tra diverse concentrazioni, stati e posizioni di materia ad essere basilarmente (cioè involontariamente e istintivamente) pensati (ovvero percepiti), non "la materia" stessa, che è un'astrazione, e pure delle più raffinate e complesse, e quindi come dominio appartiene spudoratamente al a posteriori di un pensiero discorsivo e riflessivo già generato e ben strutturato, non certo "alla" materia -e si dovrebbe dire alle materie!-. Per giunta essa sta solo nel pensiero umano, che non ho mai conosciuto un gatto che pensasse alla materia, per dire.
La coscienza è dunque un fenomeno aggregato, un'idea dell'uno che emerge dalla complessità, quindi dall'almeno due. Almeno due stati o posizioni o espressioni proporzionali quantitative della materia (l'urto tra gli atomi, che genera tutte le cose compresa l'anima e la coscienza), materia che non è una finché non arriva il filosofo di turno, (penso sia stato Platone il primo) a pensarla come una.
Pensare la materia come una è la tipica operazione di chi vuole attribuirle il pensiero dall'esterno: la materia è una perché deve ricevere le forma che il pensiero (l'anima del mondo) le dà; essa è il senza forma, quindi qualcosa di vero, sia pure in negativo, si può predicare unitariamente della materia. Ovviamente il senza forma spiega anche perché la forma nel passaggio dallo spirituale al materiale  si imprima imperfettamente: si imprime imperfettamente perché si imprime nel senza forma, e se il senza forma (materia) è condizione necessaria e residuale di esistenza dell'ente mondano, per definizione non è mai eliminato del tutto da una impossibile perfezione assoluta delle forme nell'esistente. Ciò che fa essere il mondo, è anche ciò che lo fa essere imperfetto. In Paltone pensare (conoscere) è anche causare, e plasmare, e quel residuo ineliminabile di "senza forma", vale anche come "senza causa" e "senza conoscenza".
Quello che anima questo tipo di pensiero, è l'idea che il pensiero non abbia in assoluto le caratteristiche della materia: sia intemporale, inesteso eccetera. La differenza tra materia e pensiero è in linea di principio incolmabile, e nella loro sovrapposizione tale differenza rimane come relativa imperfezione dell'una rispetto all'altro. Nel bene assoluto che è Uno, i molti non ci sono, nel mondo delle idee, che è una prima frammentazione di questo uno, ci sono i molti ciascuno con la sua causa (il numero), e quindi questa frammentazione è ancora un bene, ma un bene relativo, ciascuna idea è normativa rispetto a un suo valore e un suo scopo;  nel mondo materiale ci sono i molti senza causa (l'innumerevole e la cattiva infinità), ovvero cose che, rispetto all'idea da cui derivano, hanno sempre un fondo di incausato e di inconoscibile; quindi il percorso che va dall'Uno, alle idee, alle cose è un percorso dal bene assoluto, al bene relativo, alla possibilità del male. Cause efficienti che vanno dall'essere una, all'essere molte, all'essere potenzialmente troppe, troppe perché possa emergerne una dominante che riconduca gli innumerevoli e i frammenti scissi ai molti numerati o all'uno.


Invece tendenze di pensiero diverse da quella di Platone, che vogliano pensare come il pensiero si generi dalla materia, e non come la materia "riceva" il pensiero dall'esterno, non attribuiscono caratteristiche ne unitarie ne solo negative alla materia, perché è ben chiaro che il pensiero può generarsi dai rapporti materiali, e una materia di cui si possa predicare una cosa sola non è mai in rapporto con sé stessa (cioè non ha strutture, proporzioni, configurazioni eccetera), ed è necessario che tanto la forma quanto il divenire e il movimento appartengano alla materia e riverberino dal grande al piccolo. Il pensiero si genera da tali rapporti intercorrenti tra stati differenti della materia e (quindi)  li pensa. Il mondo riflesso nella pupilla è un buon esempio, il pensiero ci appare inesteso, ma deriva da microstrutture reali, meno estese di quelle che lo hanno generato, ma pur sempre estese: qualcosa ha modificato la superficie (pupilla) e la profondità (cervello) del corpo e il rapporto tra questa modifica e la macrostruttura che l'ha generata (le cose esterne di cui l'immagine nella pupilla è solo un riflesso) è l'oggetto del pensiero, che si riferisce a qualcosa di micro esteso copia di un'originale più grande, e non di inesteso.


Quindi doppio equivoco, l'anima non è unitaria, è aggregato, e la materia non è unitaria, è aggregato. Aggregato di più eventi, quindi, a volerlo pensare a posteriori, aggregato di più cause. Il pensiero di essere liberi non è realtà, ma non è neanche pura illusione, perché su una cosa e una sola cosa la pretesa di libertà umana ha ragione: la multicausalità; non siamo liberi, ma non deriviamo nemmeno da un unica causa (anche pensare di derivare da un'unica causa sarebbe superbia e illusione dell'unico) quindi dal punto di vista della vita non possiamo nemmeno renderci pienamente conto di non essere liberi, alcune cause nel grumo di cause che siamo, sono relativamente più libere, più variabili e indeterminate, di altre.


Un vivente ha una sua zona di indeterminazione in cui si muove, non si scinde tra le vari tendenze direzionali anche opposte che lo muovono, ma ha un sistema interno per preferirne una e renderla almeno temporaneamente dominante sulle altre. Il determinismo meccanico del grande orologio del mondo, l'armonia tra tutte le cause per cui "non si muove foglia che Dio non voglia" (sia se assumiamo che Dio abbia costruito l'orologio una volta e poi se ne disinteressi sia che lo ricarichi ogni giorno) vale in tutto il cosmo ma non vale per esso, esso (il vivente) non sa che valga, e questo suo soggettivo non sapere produce effetti, se non di libertà, quantomeno di indeterminazione. La bi genitorialità è caratteristica della vita complessa, che in muore di vecchiaia, copula e non si sdoppia, ed è un ottimo esempio della multicausalità del vivente complesso, che anche solo per venire al mondo ha bisogno di due cause diverse pertinenti alla vita degli altri che esistono prima di lui. Dall'almeno due derivano anche il pensiero discorsivo e il linguaggio, che è socialmente appreso, e senza di quello non potremmo neanche fare discorsi complessi su come dalla materia si generi il pensiero.


Per me pensare significa essere memori e coscienti, si pensa quando si è svegli e quando si sogna; il pensiero discorsivo è solo una micro parte del pensiero che si riferisce a parole (suoni carichi emotivamente e di significato) che stanno nella memoria e vengono organizzate e rivissute in modo complesso da una attività che ha una sua causa deterministica come tutto il resto ma a tratti ci sembra attiva, dal punto di vista della nostra libertà. Ma guai se tutto il pensiero si riducesse solo al pensiero discorsivo, o anche solo all'immaginazione, capacità matematica, geometrica eccetera: saremmo già estinti da un pezzo. Il pensiero vive della sua componente metabolica e involontaria, la percezione, è essere coscienti, di se stessi e/o del mondo.





Per riprendere quanto hai scritto:



"E, sempre per quanto mi riguarda, mi sembra evidente che l' empiricamente constatabile irriducibilità e l' impossibilità (insensatezza) di pretese "emergenza" "o sopravvenienza" della materia (intersoggettiva, ma non per questo più reale; e misurabile) al pensiero (meramente soggettivo, ma non per questo meno reale; e non misurabile) ovvero parimenti del pensiero (meramente soggettivo e non misurabile) alla materia (intersoggettiva e misurabile) falsifichino irrimediabilmente entrambi i monismi."


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Direi che nel corpo dell'essere pensante sfuma l'intersoggettività e la misurabilità della materia come comunemente intesa; l'essere pensante è multicausato e non conosce tutte le cause di se stesso, e nessun osservatore esterno può conoscerle di lui e attribuirgliele. Sta nella sua zona di indeterminazione, il suo pensiero (la sua attività cosciente) è determinato esattamenteperché, e nella misura in cui, le sue linee d'azione e i suoi stati corporei sono entro certi limiti indeterminati nel passato e nel futuro. Un minerale è sotto dominio meccanico puro, prevedibile, un vivente no. La soggettività del suo pensiero, "contamina" il suo essere fisico, rendendolo non più tanto misurabile e tanto intersoggettivo come ci si aspetterebbe.
E parimenti dal pensato, che spesso erroneamente si crede si trovi esclusivamente nell'"interiorità" del vivente, non rendendosi conto di come ogni pensato sia anche modificazione corporea, sfuma il meramente soggettivo e il non misurabile, perché anche la percezione è pensiero, e il pensiero (interfaccia del pensante col mondo) è la prima e unica forma di percezione, quindi il pensiero risente dei rapporti materiali tra enti materiali che correlazionandosi e strutturandosi lo generano, e in un certo senso li misura: non è soggettivo e non è non misurabile nel modo in cui ci si aspetterebbe, soprattutto se con soggettivo si intende volontario, e con non misurabile non dipendente da rapporti tra oggetti reali. Il pensiero è in grandissima parte involontario, inconscio, inavvertito, si contamina col mondo che lo genera, perdendo la sua "soggettività". Insomma anche il pensiero è contenuto mondano ed ente, solo che non tutti gli enti sono mono causali e meccanicamente prevedibili.
Materia e pensiero si generano l'uno dall'altro perché sono già polarità interdipendenti e collegate da un termine medio, direi che sono i due estremi il cui medio è la realtà.






PS scusate i problemi di formattazione...
#3015
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Eutanasia
08 Aprile 2020, 11:56:56 AM

L'istinto di sopravvivenza si sconfigge in favore della vita (e quindi di altri istinti), non di un ideale.


Come insegna Schopenauer ci si può suicidare al limite contro la vita, non mai contro la volontà di vivere: la disponibilità del suicidio come opzione tra le opzioni è l'intenzionalità della vita umana stessa, che va (o non va) riscelta quotidianamente perché non siamo bestie, perché il nostro vecchio (incrinato) istinto non la sostiene più in tutti i membri della specie dall'inizio alla fine in modo assoluto, e tutto questo è coscienza, è un dato di coscienza: poeticamente è la Morte che ci accompagna, lo scheletro con la falce e il volto della persona amata; filosoficamente ci accompagna -quantomeno- la disponibilità del suicidio. E continuerà a farlo, che ci piaccia o no.


Naturalmente l'intenzionalità della vita non prova (e non sconfessa) il valore della vita, è solo indice di una volontà di vivere che si fa conscia nella mente del vivente, e quindi in assoluto si affievolisce, contempla le prima incontemplate alternative: proprio perché la morte non è una soluzione, perché non esiste una felicità negativa, ci vuole auto dominio assunto come valore fine a se stesso, introiezione dell'istinto proprio e altrui, per suicidarsi. Chi si suicida vuole un'altra vita, protesta contro la sua, di vita, e quindi l'atto definitivo del suicidio è un modo con cui una vita solo virtuale e desiderata, che sta solo nella mente del suicida e magari negli archetipi e nelle priorità della sua comunità, agisce su una vita reale e materiale, distruggendola. Mai come in questo caso la morte "scende" come un fulmine da un mondo spirituale a colpire una vittima corporea, materiale. La vita desiderata e mancante, il vero io.
Si pretende che il nulla sia esperibile, e, se resta inesperibile, allora per frustrazione si nega il tutto.


La storia della de-animalizzazione, della civiltà dell'uomo.