Citazione di: Sariputra il 11 Febbraio 2017, 15:30:45 PM
Che bisogno ho di "dimostrare" quando ho assoluta certezza di un'esperienza? Posso dimostrare che sono vivo? Sono però certo che sono vivo e questo indipendentemente se sono vivo nella realtà, in un sogno o in un ologramma. Il dubbio riguarda le cause del perché sono vivo, non l'esperienza di esserlo. La conoscenza del reale è, a mio parere, vera ma limitata. Non posso dimostrare che una mela più un'altra fa sempre logicamente due , ma so per esperienza che, se anche passo la vita a mettere una mela accanto all'altra , mai ne vedrò tre. Similmente se anche un altro uomo passa la vita a mettere queste due mele una accanto all'altra ne vedrà sempre due e non tre. Questo fatto esperienziale crea un assoluto relativo alla condizione umana. La mia mente dispone di una certa struttura logica e semantica che mi permette di formulare un linguaggio con una certa metodologia. Questa struttura è un assoluto relativo alla condizione umana che mi permette di formulare teorie logiche e semantiche che però non possono essere assolute. Ciò che è assoluto è relativo alla sottostante struttura che rende possibile qualunque teoria su di essa. Chi presenta una nuova teoria logica o semantica si serve della logica e della semantica per poterlo fare. Egli presuppone ciò di cui desidera presentare una teoria. E' la struttura della mente che mette in grado qualunque teoria, anche una della struttura della mente, di fare ciò che tenta di fare. Anche chi parla in nome del relativismo presuppone la validità della logica in questione. La coscienza umana ha una sorta di "centratezza", o autoconsapevolezza che sembra una sorta di quid che ci impedisce di perderci nel torrente infinito delle esperienze relative. Questa centratezza serve a dare quel senso di continuità alla nostra esperienza di vita che sperimentiamo e che ci fa dire "Io sono" ( che questo 'io sono' sia permanente o impermanente e un altro discorso che investe altri fattori esperienziali). Abbiamo molti assoluti relativi alla condizione umana. Ciò che non abbiamo è una conoscenza assoluta che è una impossibilità. Ma la mancanza di una conoscenza assoluta implicva che la conoscenza (relativa alla condizione umana) è falsa? Possiamo definirla limitata, ma non falsa, a mio avviso. La mente dispone pure della capacità di annullare la distinzione soggetto-oggetto tipica del pensiero, e questo avviene a livello delle sensazioni dove si manifesta un'unità materiale in ogni impressione sensoriale. Se vedo, per es. il colore giallo non lo posso negare nemmeno se si tratta di un sogno o di una allucinazione. La sua causa è aperta al dubbio, ma l'esperienza in sé è certa e immediata. Ciò che vedo non è più il mio oggetto: esso è in me e io sono in esso.
E' qualcosa di assoluto relativo all'atto conoscitivo. In ogni atto conoscitivo è presente un'interdipendenza di soggetto e oggetto. In ogni domanda che ci poniamo è già presente qualcosa dell'oggetto su cui ci interroghiamo, altrimenti non potremmo nemmeno porre la domanda. Avere e non avere è la natura stessa degli interrogativi e chi interroga conferma questa struttura interdipendente della coscienza come un assoluto relativo agli uomini in quanto uomini.CitazionePerò, Sari assoluta certezza c'é solo del fluire delle ("proprie") sensazioni (esteriori e interiori) che immediatamente accadono (se e quando accadono), immediatamente esperite: la realtà potrebbe anche esaurirsi in esse, non eccederle, senza che nulla possa dimostrare il contrario di ciò (né dimostrare ciò).
Un soggetto (oltre che oggetti) delle sensazioni, in aggiunta ad esse, potrebbe benissimo non esserci (come pure esserci).
Come tutte le altre persone comunemente ritenute sane di mente, personalmente credo di esistere come soggetto e che esistano anche oggetti delle (mie) sensazioni (e che nel caso di quelle esterne materiali siano gli stessi delle sensazioni di altri soggetti, costituenti altre esperienze fenomeniche coscienti i cui "contenuti" esterni materiali sono reciprocamente corrispondenti -"poliunivocamente"- fra tutte le esperienze fenomeniche coscienti stesse, compresa ovviamente la mia).
Però (forse da "occidentale razionalista che cerca sempre il pelo nell' uovo"?) per me é -del tutto soggettivamente- importante questo fatto di rendermi conto che queste credenze non sono logicamente dimostrabili né tantomeno empiricamente constatabili ma solo fideisticamente, infondatamente, irrazionalmente credibili (e di fatto credute).