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Messaggi - Jacopus

#3016
Tematiche Filosofiche / Re:Un motivo per vivere
29 Dicembre 2017, 23:19:17 PM
La speranza. La speranza che i riflessi angelici dell'uomo riescano a dominare quelli demoniaci. Qui, sulla terra. E' cio' implica un duro lavoro terreno.
#3017
Senza attendere la manipolazione genetica e' la stessa evoluzione dei principi morali a modificare tendenzialmente il patrimonio genetico dell'umanita'. Negli anni 30 e  40 dello scorso secolo i miti osannati dalle folle e presumibilmente anche dalle ragazze fertili erano gli assi dell aviazione militare e i comandanti dei sottomarini. 20 anni dopo furono i cantanti e i calciatori. Quando i pensatori e gli scienziati riusciranno ad eccitare le masse femminili sara' un grande passo verso il miglioramento dell'umanita'.
Effettivamente bisognerebbe domandarsi quali sono i valori dell'uomo idealizzato dalla donna come padre dei propri figli. E' questa la reale politica eugenetica sul lungo periodo.
Un'ulteriore annotazione. La genetica puo' cambiare l'uomo in meglio ma se il mondo resta una chiavica, la genetica rimodifichera' in modo negativo l'uomo. Non esiste una genetica indipendente dall'ambiente.
#3018
La mia idea non e' quella di escludere i condizionamenti genetici, epigenetici, sociali, storici, familiari... ma di far rilevare che accanto ad una parte che ci determina c'e' anche una parte necessariamente libera. Quella parte che ad esempio innova e che e' pertanto intimamente connessa con lo sviluppo dell'uomo.
Inoltre il tuo esempio e' tipicamente riduttivo. Forse conosci gli esperimenti di Libet che credette di dimostrare l'assenza di libera volonta' perche' dimostro' che l'azione fisica di schiacciare un tasto precedeva la volonta' di schiacciarlo di qualche micromillesimo di secondo. Ma la vita sociale non consiste nello schiacciare bottoni o viaggiare su strade controllate. Le scelte umane possono essere estremamente complesse, conflittuali, tragiche. Non le risolviamo con gli esperimenti tipo "lanciamo l'uomo grasso".
#3019
CitazioneChe la realtà sia deterministica o indeterministica è una questione aperta, presumo insolubile: la realtà potrebbe avere, manifestare entrambe queste componenti. Un modello in questo senso è l'evoluzionismo darwiniano che combina un processo indeterministico, le variazioni genetiche casuali, con uno deterministico, la selettività ambientale. Un altro esempio è il gioco dei dadi che combina relazioni deterministiche per un risultato strutturalmente indeterministico.

Perciò anche se la relazione tra due fatti A e B  fosse di natura deterministica (A->B), nulla vieta che il sistema deterministico A->B nel suo insieme possa essere considerato come il prodotto di un processo indeterministico.

Ritengo invece fuorviante, confondente, la contrapposizione tra libertà e determinismo. La libertà è contrapposta alla servitù, all'oppressione, non al determinismo. Che da A segua B necessariamente non dà alcuna indicazione sulla libertà o costrizione della relazione tra A e B.

Per complicare il tema, la libertà forse non si accompagna con la responsabilità, ma con l'irresponsabilità, il non dover rispondere di qualcosa a qualcuno. Inoltre la libertà forse non si accompagna con la volontà o la scelta, ma con l'essere sciolto dalla volontà e dalla scelta.

Sul primo periodo sono parzialmente d'accordo, poichè comunque non c'è spazio anche in quella interpretazione, di spazio alla libertà umana.
invece la contrapposizione libertà/determinismo è vecchia di almeno duemila anni e con essa si sono confrontati tutti i maggiori pensatori umani almeno dal momento in cui è stata creata la prima religione (re-ligo: legare a consuetudini e azioni, e quindi determinarle). La libertà è opposta alla servitù in un senso ma se indico il mio comportamento come determinato da fattori che non controllo, allora è ovvio che ci si deve interrogare sulla mia libertà e fatto ancora più pregnante sulla mia responsabilità morale. Infatti per quanto ci si possa argomentare, se sono determinato non ho nessuna responsabilità e posso tranquillamente macchiarmi di qualsiasi nefandezza ed essere assolutamente innocente, a meno che di non voler dividere il mondo in determinati malvagi e determinati buoni, il che mi sembra ancora più assurdo.

Sul fatto che la libertà non si accompagna alla responsabilità è un altro tema molto interessante e bisogna ovviamente intenderci con cosa si intende con libertà e con responsabilità. La libertà di fare quello che si vuole è una libertà di natura, ma come ho detto precedentemente noi ormai ne siamo fuori, poichè la cultura che abbiamo costruito nel corso degli ultimi seimila anni ha prodotto delle conseguenze ineluttabili sulla nostra storia, per quanto continuiamo ad essere organismi biologici.
E quindi la libertà andrebbe ricompresa all'interno di una visione etica della vita, alla luce di principi di responsabilità appunto che la rendono in qualche modo, questa sì, necessaria, ma senza la certezza che questa necessarietà sia determinata una volta per tutte. L'uomo può fare delle scelte, queste scelte condizionano altre scelte, ma grazie a quella che si chiama genericamente "coscienza" possiamo anche estraniarci da noi stessi e fare scelte non determinate. Di questo sono sostanzialmente convinto, ed è anche per questo che non continuiamo a vivere nelle caverne.
#3020
Rilancio. Attraverso Dostoevskij. Sempre lui. Dimitri uno dei fratelli Karamazov, e' follemente innamorato della figlia del capitano del suo reggimento. Si da il caso che il codesto capitano si indebiti al punto da tentare il suicidio e pertanto Dimitri propone a lui un regalo di Tremila rubli per ripianare il debito a condizione che sia la figlia a ritirarlo. Quando vede la fanciulla a casa sua Dimitri viene posseduto da una serie contrastante di intenzioni che rende poco convincente ogni teoria deterministica pura applicata all uomo.
Il primo pensiero e' quello di profittare in modo violento, trattando la ragazza come una prostituta (approccio negativo), poi si riprende e pensa che il "beu geste" gli permettera' di chiedere la sua mano l'indomani (approccio morale) ma ancora una voce gli suggerisce che l'indomani sara' scacciato dai servi visto che ormai la donazione e' stata fatta e giunge ad odiare quella ragazza prima adorata (approccio negativo) e quindi al momento dei fatti la irride e le dice che non ha intenzione di donare alcunche', salvo darle all'ultimo momento 4.000 rubli invece di 3.000.
L'esempio dimostra come l'essere umano concreto sia mosso da motivazioni contrastanti ben poco determinabili in assoluto e rispetto alle quali le decisioni sono adottate sempre in funzione di un senso morale libero e autonomo e scarsamente prevedibile. La scienza se veramente si vuole occupare di comportamento umano non puo' adottare categorie sperimentali da hard science ma deve confrontarsi con la storia del pensiero umano poiche' da almeno 6000 anni siamo usciti dalla natura pur continuando a farne parte e ipotizzare un determinismo assoluto e', ripeto, una copertura ideologica di un assolutismo politico.
#3021
Parafrasando Lenin si potrebbe definire il fascismo come "parte ancestrale del cervello umano più elettrificazione". Prima che il fascismo fosse inventato le società occidentali avevano ancora nei loro sistemi politici numerose pratiche, tradizioni, metodi che si armonizzavano con la parte più antica e mai rimossa del nostro cervello: quella che richiede la presenza di un maschio alfa che possa difenderci dai pericoli della natura, un cervello che si è sviluppato nel corso di decine di migliaia di anni e che anche se ora è sommersa dalla parte più recente e più evoluta del cervello, continua a mantenere la sua vitalità e può essere comunque riattivata nella misura in cui l'ambiente sociale fosse favorevole (esempio pratiche violente, cultura del più forte, darwinismo sociale).
Nel corso degli ultimi duecento anni, i sistemi politici si sono trasformati nel mondo occidentale introducendo dei cambiamenti che hanno relegato le concezioni da "maschio alfa" sempre più ai margini. Immagina soltanto che successo potrebbe avere ora la mimica di Hitler o di Mussolini.
Il perchè di questo mutamento è dato da tante ragioni diverse ma credo che la principale sia che il commercio e il capitalismo non sono un gioco a somma zero: hanno bisogno della compartecipazione e della collaborazione fra individui liberi e diversi, mentre l'autoritarismo è un gioco a somma zero: ci arricchiamo attraverso la violenza, la predazione, la supremazia mia a danno della tua.
Finchè il capitalismo riesce a governare le inevitabili contraddizioni che produce i movimenti autoritari nel mondo occidentale sono destinati a vivere ai margini. Quando invece il capitalismo entra in crisi perchè sostanzialmente non riesce a redistribuire equamente la sua ricchezza, ecco che i movimenti autoritari riprendono fiato, riproponendo modelli culturali, storici che abbondano nel nostro passato, ma che fanno anche riferimento appunto ad una parte specifica del nostro corredo cerebrale.
All'epoca dei fascismi storici questo percorso "reattivo" di fronte alle crisi capitalistiche fu anche considerato l'alba di un mondo nuovo, contro le potenze capitaistiche plutocratiche...alla luce del progresso tecnico che in quegli anni fu davvero un fenomeno straordinario: in pochi anni si passò dal cavallo all'aereoplano.
Sta al capitalismo riuscire a mantenersi al timone in modo intelligente per la sua stessa sopravvivenza, altrimenti questi processi che sono "dormienti" dentro ciascuno di noi, possono darci delle brutte sorprese.
#3022
Su un punto Sgiombo ha ragione. Il metodo della scienza moderna necessariamente presuppone il determinismo. E nel mondo naturale questo principio ha funzionato e funziona benissimo. La causa produce degli effetti, che sono riproducibili sperimentalmente e si possono misurare. A sua volta altre cause potranno produrre altri effetti, fino a creare il nostro mondo "artificiale" e "scientifico".
Mi inchino a questa potenza che mi permette di dormire al caldo, circondato da gadget elettronici e con la pancia piena.
Tuttavia sempre in nome della conoscenza (che è pur sempre un "desiderata" della scienza) credo che questo metodo se portato, come oggi accade, a paradigma esclusivo non può che far danni, poichè l'uomo è indivisibilmente, in questa diatriba fra libera volontà e determinismo, sia il soggetto che vuole conoscere che l'oggetto da conoscere. Una situazione piuttosto incresciosa e ben poco scientifica.
Inoltre gli esseri umani sono curiosi. Se un signore di Amburgo si irrigidisce nella convinzione che le sue azioni sono deterministicamente calibrate si comporterà di conseguenza, riuscendo ad essere determinato e un pò noioso. Invece un signore di Parigi, nella convinzione di essere un libero sognatore si comporterà in modo astruso e irrazionale proprio per conformarsi al suo anticonformismo.
L'obiezione che comunque entrambi sono determinati dalla loro costituzione e dalle loro ideologie non mi convince, o meglio mi rende ancora più convinto della necessità di lasciare uno spazio alle ideologie che sono benevole rispetto al libero arbitrio, visto che in questo modo possiamo potenziare un certo grado di libertà "costruito socialmente" agli individui.
Sulla scia della tradizione del "sospetto" che accomuna pensatori eterogenei come Marx e Nietzsche, a costo di ripetermi, ritengo che l'espansione del metodo scientifico all'azione umana non debba e non possa colonizzarla del tutto, poichè questa espansione è soltanto il frutto di un pensiero unidirezionale e classificatorio, che nasce in modo potente a partire dall'Illuminismo, splendida creatura bifronte ed ambigua come poche.
Il determinismo in fondo è lo strumento ideale per un potere che voglia creare il suo giardino, potenziare certe capacità, assorbirne altre, organizzare il mondo sociale, come se fosse una grande fabbrica dove ognuno risponde ad una esigenza deterministicamente creata. L'idea di progresso è un'idea deterministica, come quella del comunismo, come quella del nazismo, come quella della eugenetica.
Il determinismo mi sembra facilmente associabile a tutti i tentativi politici di uniformare e di assolutizzare il conflitto e la dialettica fra i gruppi di esseri umani, mentre il libero arbitrio lo collego inevitabilmente alla fenomenologia, all'esistenzialismo, alla scoperta dell'essere umano, singolo individuo, indeterminabile, indecifrabile, mosso da passioni ambigue e contraddittorie, capace di amare il proprio cane e sterminare milioni di persone.
Il determinismo scientifico estremo, quello incompatibilista, è il braccio teorico dell'autoritarismo se applicato all'azione umana.
Chiudo la pappardella citando Hans Jonas: "A suscitare in noi un senso di dovere è la semplice verità, nè esaltante, nè sconfortante, che l'uomo autentico è già sempre esistito in tutti i suoi estremi, nella grandezza e nella meschinità, nella felicità e nel tormento, nell'innocenza e nella colpa; in breve in tutta l'ambiguità che gli è connaturata. Volerla eliminare significa voler eliminare l'uomo e la sua incommensurabile libertà".
A voi la parola.
#3023
CitazioneSe la conoscenza scientifica (vera) della natura materiale é possibile, allora il divenire naturale é deterministico (per lo meno in senso "debole" cioè probablistico.
Questo é indimostrabile (Hume!); ma é una conditio sine qua non della conoscenza scientifica.
 
Prescindendo dalla questione del tipo di determinismo considerare ("forte" o "meccanicistico" oppure "debole" o "probabilistico"), in ogni caso bisogna distinguere fra determinismo epistemologico (personalmente preferirei denominarlo "gnoseologico") e determinismo metafisico (personalmente preferirei denominarlo "ontologico").
Il caso dell' auto é quello di un determinismo metafisico e anche epistemologico: tutto diviene secondo leggi universali e costanti ed é prevedibile, calcolabile sia in linea di principio (d. m.) sia in linea di fatto (d.e.).
Invece il caso della meteorologia (es.:pioggia oggi a Livorno) e quello della neurologia (tanto più quanto più complessa é la neurologia; il massimo noto di complessità neurologica é quello della neurologia umana: es: scelte comportamentali umane) é quello di un determinismo metafisico ma non epistemologico: tutto diviene secondo leggi universali e costanti ed é prevedibile, calcolabile solo in linea di principio (d. m.), ma non in linea di fatto (non d.e.).
Il d.m. "sottostante" oggettivamente al soggettivo non d.e. consente però, almeno talora, di realizzare conoscenze per lo meno probabilistiche: esempi.: la probabilità che oggi a Livorno piova é dell1%; la probabilità che trovando un portafogli cerchi il proprietario che l' ha perso per ridarglielo e dl 90%.
A farci pensare che la meteorologia di Livorno o la mia decisione di restituire il portafogli trovato siano deterministici (metafisicamente) é il fatto che crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera): se crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera) e riteniamo non metafisicamente deterministici il tempo che fa oggi a Livorno e la mia decisione circa il portafogli trovato, allora adiamo in contraddizione.
Se invece non crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera), allora possiamo credere che il tempo che fa oggi a Livorno e la mia decisione circa il portafogli trovato non siano deterministici senza cadere in contraddizione.

Un passo davvero ben scritto. Effettivamente la conoscenza scientifica moderna presuppone che i fenomeni naturali, l'oggetto della conoscenza, siano prevedibili e possibilmente "ripetibili in laboratorio". La scoperta dell'America nasce dall'applicazione di questo metodo, ad esempio. Purtroppo nel caso delle società umane questo metodo si scontra con molteplici problemi, indipendentemente dal problema che via sia un'anima, un fantasma nella macchina, usando le parole di Ryle, o se preferite una coscienza. Ed anche applicando un metodo probabilistico, che ritengo parzialmente condivisibile, i problemi restano.
Ovviamente riconosco alla scienza enormi meriti, relativamente all'ampliamento della conoscenza dei fattori causali che possono far comprendere come evolvono, come pensano, e come agiscono gli uomini e le organizzazioni umane. Scienze di svariato genere, dalle modaiole neuroscienze alla criminologia, dalla sociologia  alla psicologia e alla storia. Un campo dove si vive in bilico fra soft sciences e hard sciences
Ma andiamo per ordine.
Intanto coloro che devono decidere sul binomio L.A./D. sono allo stesso tempo soggetti alle leggi del L:.A./D. e ciò condiziona parecchio la loro ricerca, non essendo scienziati neutrali che si occupano di protoni o di vasodilatazione. Un pò come chiedere a dei nazisti di giudicare il nazismo (semplifico).
In secondo luogo il libero arbitrio è inevitabilmente condizionato dal clima culturale di una data epoca. Se milioni di persone pensano che sia inevitabile mangiare cavallette perchè un totem lo impone, la maggioranza di quelle persone lo faranno. Saranno ampiamente determinate in quella scelta dal conformismo di quella epoca. Se emerge un pensiero critico, dove si impone la necessità di valutare in modo più razionale le scelte, è possibile che quella scelta non venga più rispettata in modo così vasto. Si creeranno le premesse per l'avvento di stili comportamentali differenti. E il processo viene accelerato da tutta una serie di mutamenti di lungo periodo, per cui all'uomo moderno è concesso di scegliere il suo destino in un modo mai accaduto nel passato.
Se quel pensiero critico viene ristretto, ad esempio dall'avvento di una dittatura, le opzioni potrebbero nuovamente diminuire. Se ci si oppone all'emersione delle masse, si può accettare l'idea nobile del cavaliere romantico che si oppone con la sua volontà alle "magnifiche sorti e progressive". E' stato anche questo pensiero romantico fondato sul mito del superuomo, slegato da ogni legame universale, a creare le premesse della seconda guerra mondiale, che forse non ci sarebbe stata, se quella corrente culturale non si fosse profondamente innestata in Germania, con decorrenza fratelli Grimm e Sturm und Drang.
In terzo luogo, l'essere umano deve potersi pensare libero, almeno parzialmente, nella sua volontà. C'è un passo significativo di Dostoevskij, dove lo scrittore dice a proposito dell'uomo, trasformato da uno scienziato in tasto di un pianoforte: "ma questo non basta, perfino nel caso che diventasse un tasto di pianoforte, a dimostrarglielo perfino con le scienze naturali e matematicamente, anche allora non rinsavirebbe, ma, al contrario, farebbe apposta qualcosa, unicamente per pura ingratitudine: precisamente per tenere duro...se voi direte che anche tutto questo si può calcolare secondo la tabella, il caos, la tenebra, la maledizione, sicchè la sola possibilità di un calcolo preventivo fermerebbe tutto e la ragione riprenderebbe i suoi diritti, in questo caso l'uomo diventerà pazzo, apposta per essere privo di ragione e tenere duro! Io ci credo, ne rispondo, perché infatti tutto il compito dell'uomo pare che consista effettivamente solo in questo: che l'uomo dimostri a se stesso ogni momento che è un uomo e non una canna d'organo".
Non ha valore scientifico quello che dice Dostoevskij, eppure questa frase risuona in me in modo molto vero.
Per concludere (ma davvero leggete tutto?): viviamo in un ambiente deterministico, con freni deterministici diversi in ognuno di noi, perché le possibilità di scelta non sono uguali per tutti, c'è chi ne ha di più e chi meno, ma che tuttavia appunto permette una libertà di azione che è in parte "casualità", in parte fondata dai processi storici e culturali, in parte dall'esigenza interiore e fortissima di ognuno di noi di sentirsi fautore del proprio destino.
#3024
Tematiche Culturali e Sociali / Re:La donna è mobile
06 Dicembre 2017, 12:33:29 PM
Ma abbi pazienza Acquario (con la c), tu la rispetti la donna equiparandola ad un cavallo da domare? Ma ti rendi conto di quello che scrivi? Se proprio vuoi spiegati meglio ma le parole che hai scritto a me davvero sono sembrate orribili e originate da un passato oscurantista. Poi ovviamente posso anche sbagliarmi.

ps: "però" in italiano si scrive con l'accento.
#3025
Tematiche Culturali e Sociali / Re:La donna è mobile
06 Dicembre 2017, 11:20:53 AM
CitazioneIo penso che la donna in cuor suo vuole soltanto "essere presa" che trovi qualcuno che la "domi" e che sappia perciò canalizzare le sue incredibili facoltà ed energie che andrebbero disperse e che altrimenti la "distruggerebbero" ...il resto per lei rimangono solo chiacchiere incomprensibili

Ce da aggiungere secondo me che la cultura "consumista" degli ultimi 50-60 anni non ha certo contribuito a ravvicinare i due sessi ma al contrario a metterli in competizione e separarli, come rientra d'altronde nella stessa logica di questo stesso modello..
In queste due frasi, scusa la franchezza Aquario, vedo solo un pregiudizio arcaico e una visione assurda della modernità. Che la donna debba essere domata la equipara ad un animale e questo è già un atteggiamento detestabile, oltre a non essere assolutamente vero. Mia moglie non è stata certamente domata da me, nè tantomeno lei ha domato me e credo che questa sia la maggioranza delle situazioni, a parte alcuni rapporti psicopatologici sadomasochistici che pure esistono.
Secondo la tua ultima affermazione, ad essere coerenti bisognerebbe ripristinare tutte le differenze razziali, di status (ad esempio cittadino, liberto e schiavo, oppure signore, borghese, chierico e servo della gleba), perché anche l'eliminazione di quelle distinzioni ha aumentato la competizione. Io credo che se una donna è più brava a fare il generale dei corpi anfibi anti-terrorismo che lo faccia. Non c'è un codice genetico per cui gli uomini sono più bravi a fare certe cose e le donne altre. Questa idea è l'idea tipica di un certo islam tradizionalista. Ma allora in questo caso per essere coerenti non bisogna difendere l'occidente contro l'Islam, ma anzi abbracciarne la causa e difendere il burqa, poichè questi discorsi non sono altro che "burqa" politicamente corretti.
Per il resto sono d'accordo con l'intervento di Angelo.
#3026
CitazioneSgiombo says:
Un mondo deterministico non é affatto incompatibile con un mondo che può essere cambiato anche attraverso il nostro intervento e il fatto di crederci (soggetto agente deterministicamente) modifica anche la realtà (oggetto).
Ma se è deterministico, quel cambiamento era già scritto nel determinismo e quindi può essere cambiato in un solo unico senso, quello che la storia compie e quindi ad essere deterministici fino in fondo è razionale la shoah, facebook, la corruzione, il terremoto di Lisbona, il crollo di Wall Street, l'infibulazione, i processi per stregoneria, la religione pastafariana, curarsi con la medicina cinese, il colonialismo e tutto il resto.
Se invece lasciamo spazio alla possibilità di molti mondi possibili, solo alcuni dei quali portatori del senso di eudaimonia (guarda cosa mi tocca citare!), allora il senso del libero arbitrio, temperato da un'ovvia cornice deterministica, ha anche un valore etico e di responsabilità nei confronti della storia, che il determinismo in sè non ha e non può avere.
Essere responsabili in questo senso è davvero un senso di responsabilità che esula dall'azione singola e diventa responsabilità collettiva. Immagino in modo paradossale che il libero arbitrio possa essere esercitato solo collettivamente, solo allargando le possibilità di azione delle persone.
Il determinismo e il libero arbitrio, se ci pensate fanno riferimento a due mondi ideologici contrapposti: da un lato il determinismo presuppone che ognuno stia al suo posto, incasellato dal suo essere in quel modo in quel momento. Il libero arbitrio ci permette di pensare altrimenti ed è stato inevitabile confrontarsi con esso proprio quando le possibilità di vita e di scelta si sono moltiplicate.
Pensare a questo dilemma solo in termini logici non è corretto, a mio parere, e questa mi sembra una chiara lezione marxiana (lasciatemi amare Marx pur non amando il socialismo reale) che mi ha insegnato a trattare la sovrastruttura culturale come un modello da indagare, perché nasconde sempre in sè relazioni di dominio.
#3027
Chi crede esclusivamente al libero arbitrio o al determinismo fa di solito una scelta on/off di tipo cibernetico. Fortunatamente o sfortunatamente la vita umana è più complessa. Se io voglio uccidere qualcuno ma non ci riesco per cause esterne alla mia volontà come ad esempio nel caso che fra il mio proiettile e l'obiettivo si frapponga inaspettatamente un ostacolo, il determinismo è assolutamente casuale mentre il libero arbitrio voleva ben altra conseguenza.
Comunque tornando al tema richiesto da Il Dubbio. Posso volere la mela deterministicamente perchè ho fame, perché voglio dimostrare alla mia amante che ho dei denti forti, perchè sono egoista oppure perchè voglio donarla al povero. Essendo noi umani di solito confusi e poco chiari anche con noi stessi non è escluso che vogliamo anche cose contraddittorie. Vorremmo mangiare la mela ma anche sentirci buoni e donarla al povero. Magari quello che facciamo oggi in preda all'egoismo non lo facciamo domani in preda all'altruismo.

Sarà la mia forma mentis (magari deterministicamente organizzata) ma a me non risulta così difficile coniugare nello stesso spazio determinismo e libero arbitrio. Un libero arbitrio assoluto non può esistere: significherebbe semplicemente essere preda di un delirio di onnipotenza ed essere curati dal più vicino centro di salute mentale. Un completo determinismo invece è più sottile da scardinare. Iniziamo però con il considerare due aspetti: uno è quello che ci ha fornito Phil. La psicologia ci ha mostrato con mille esempi che spesso ciò che vogliamo consapevolmente non è uguale a ciò che è inscritto nella nostra parte interiore più profonda (inconscio, secondo un termine famoso). Eppure già sapere che esiste questa parte inconsapevole ci mette in guarda, lavorare con essa e su di essa ci rende sicuramente più consapevoli e più liberi delle nostre azioni.
Allora l'azione parte dall'Io razionale e consapevole o da quello affettivo e fortemente caotico dell'inconscio o da un giusto mix fra i due? Anche in questo caso dipende: dipende dalle persone, ci sono persone che sono una specie di equazione di secondo grado vivente ed altre che si lasciano condurre dal fiume sotteraneo delle emozioni.
ma c'è un altro aspetto da considerare che è quello storico. Il libero arbitrio è una invenzione recente. Per secoli vigeva un determinismo di fatto nella vita umana: pensate che il contadino medievale potesse pensare di sposare la principessa o più semplicemente di fare il mugnaio? Il suo libero arbitrio si limitava al massimo nello scegliere che tipo di potatura fare.
E' la modernità per prima a far crescere la domanda sul libero arbitrio, connessa allo sviluppo del pensiero critico e della scienza moderna, ma quella stessa domanda produce delle conseguenze sul libero arbitrio. Purtroppo o per fortuna siamo contemporaneamente l'oggetto e il soggetto del nostro studio sul L.A., che non è dato una volta per tutte e che cambia in relazione ai periodi storici e alle culture. Una cultura fatalista "alla sia fatta la volontà di Dio" lascia ben poco spazio al libero arbitrio e porta di solito a violenze inaudite. Una cultura calvinista per la quale occorre dimostrare sulla terra il proprio valore attraverso il lavoro, libera le potenzialità dell'uomo e pur nel determinismo apparente, permette all'uomo di incidere in modo potente nel suo rapporto con il mondo e quindi ampliare le possibilità di scelta, che rendono il determinismo sempre più un canale solo parzialmente preordinato, come un castello dove ad ogni sala si aprono comunque sale diverse dove poter entrare.
Questo discorso che sto facendo non è privo di conseguenze etiche, perchè come ho già detto, un mondo completamente deterministico è l'unico mondo possibile, oltre al migliore e ci esime da ogni responsabilità. E' stato detto che il determinismo è un'etica per pigri. Un mondo dove vige anche un libero arbitrio ben temperato ci orienta ad un mondo che può essere cambiato solo attraverso il nostro intervento e come dicevo prima il fatto di crederci (soggetto) modifica anche la realtà (oggetto).

Se volete aggiungo altra carne al fuoco perchè pur ritenendo il compatibilismo il criterio che più mi si addice è interessante anche quello che viene chiamato "indeterminismo causale": " lungo la catena causale che conduce all'azione interviene in qualche punto rilevante un cruciale elemento di indeterminismo. E' tale elemento a rendere possibiile il fare altrimenti: in questa prospettiva infatti le azioni non sono il prodotto di una causazione deterministica, quindi potrebbero non accadere, anche se in presenza dello stesso passato e delle stesse leggi di natura...l'idea è quella di una causalità indeterministica che non necessiti l'effetto ma aumenti semplicemente le probabilità che esso accada: in questo modo l'effetto non è sempre determinato da una stessa causa" (De Caro, libero arbitrio, una introduzione, Laterza). E' un modo per far entrare la fisica quantistica nel conflitto in discussione fra L.A. e D.
Ed anche questo aspetto di indeterminatezza dovrebbe essere considerato come terzo elemento che interagisce con gli altri due e che rendono altamente imprevedibile l'azione umana.
In tutto ciò però dobbiamo continuare ad avere la nostra bussola, i nostri valori, la nostra "fede" nell'autonomia e nella libertà dell'uomo e nella capacità di criticare il reale e le istituzioni mondane.
Al termine di questo post un pò confuso vi ringrazio per l'attenzione e vi saluto.
#3028
CitazionePer questo ho chiesto un si o un no. Perche un ni mi sembra una risposta del tipo democristiana (partito di maggioranza relativa ormai scomparsa dopo la prima repubblica, per chi è abbastanza vecchio da ricordarselo   )
Se è per questo allora dovremmo annoverare fra i democristiani Sigmund Freud e tutta una lunga serie di suoi seguaci, gran parte della scuola di Francoforte, Eschilo, Shakespeare e probabilmente molti altri che adesso non mi vengono in mente.
Tra l'altro il "ni" è la risposta che viene data a questa domanda da parte di una posizione delle scienze sociali e filosofiche in merito al problema della opposizione libero arbitrio/determinismo: il compatibilismo.
Ultima annotazione: rispetto alla attuale classe politica inizio a provare della sincera nostalgia per la democrazia cristiana.
#3029
Essendo un "compatibilista" la mia risposta non può che essere sì/no. Non siamo responsabili perché la nostra storia individuale e sociale e lo stesso indeterminismo casuale ci conducono a fare quello che facciamo ma siamo responsabili perché accanto a questa innegabile verità c'è sempre una possibilità di scelta individuale irriducibile e opaca alla spiegazione causale. E' innegabile che ogni essere umano che fosse inchiodato ad un rigido determinismo non farebbe altro che rivoltarsi contro di esso e fare "cose a caso" proprio per rivendicare la propria libertà.
Si potrebbe anche rovesciare il problema e dire che siamo responsabili individualmente della storia e dell'evoluzione della società, ovvero se crediamo in una certa idea di società, le nostre azioni devono essere rivolte all'attuazione di quell'ideale, proprio per mutare i presupposti deterministici dell'azione vista in termini generali.
Inoltre ad un rigido determinismo si presentano due problemi di non poco conto: quello della responsabilità delle proprie azioni, che può essere risolto in modo stoico, come fa Sgiombo, rivendicando la necessità di una responsabilità individuale per la serena convivenza civile, anche se logicamente essa sarebbe  inesistente. C'è inoltre da capire come il determinismo rigido possa giustificare l'evoluzione del mondo, poichè se tutto è deterministicamente orientato, siamo sempre vissuti e sempre vivremo oltre che nel migliore, anche nell'unico dei mondi possibili, il che mi sembra riduttivo e poco edificante per la storia dell'umanità.
#3030
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Capitalismo
28 Novembre 2017, 23:40:14 PM
CitazioneNon ritengo una caratteristica del capitalismo "lo spregio delle norme giuridiche quando conviene, secondo una logica strettamente delinquenziale". Le altre due contestazioni sono invece il risultato secondario della logica di funzionamento di un'economia capitalistica.

Sostenere che l'economia capitalistica è destinata al suicidio sulla base del fatto che le risorse non sono illimitate mi appare insensato: le risorse sono sempre date, finite, proprio per questo il capitalismo funziona.

Il nazionalismo non è l'antitesi, ma l'esaltazione del capitalismo, la trasposizione della logica competitiva dall'individuo al gruppo.
Per gestire la globalizzazione economica (avviata dalla scoperta e colonizzazione dell'America) c'è bisogno di una globalizzazione politica, una comunità politica internazionale.
buonasera a tutti. La mancanza di tempo non mi permette di seguire le discussioni come vorrei. Mi soffermo su questa risposta di Baylham.
Sulle capacità delinquenziali del capitalismo non credo che vi sia molto da discutere. La rapacità di molti imprenditori sfiora il livello del dispotismo orientale all'interno delle organizzazioni e della guerra di tutti contro tutti di hobbesiana memoria all'esterno. Credo che il capitalismo abbia attraversato periodi di differente intensità moralistica ed attualmente sta vivendo una fase di bassa risonanza morale a causa di molteplici cause, una delle quali mi sembra fondamentale: l'assenza di un meta-competitore, come è stato il socialismo reale fino a 25 anni fa. Da ciò è derivato un progressivo smantellamento di tutti quei livelli di redistribuzione del reddito e non è un mistero che attualmente la classe media sia sempre meno diffusa e si riversi nella sua maggioranza in una nuova classe di povertà dignitosa, che sarà sempre più presente accanto ad una minoranza estremamente affluente. Il riferimento ad un istinto delinquenziale sta proprio in questa indifferenza psicopatica, non tanto nel rispetto formale delle leggi, che sono legiferate spesso proprio nell'interesse di chi detiene il potere economico.

Anche sulle risorse limitate/illimitate ci sarebbe da discutere. E' possibile che le capacità rigenerative della terra siano sottovalutate dalle varie correnti ecologiste, ma fa una certa impressione sapere che sul Pacifico navigano isole di spazzatura grandi come l'Italia o che vi sono già i primi insetti che si stanno geneticamente modificando per poter adattarsi ad ambienti contaminati. Il suicidio non è soltanto un suicidio di assenza di risorse ma anche un suicidio estetico. Tutta la pianura padana è stata trasformata dalla industrializzazione. Capannoni, autostrade, striscie di automobili in fuga, spazzatura. Quanto questa situazione incide sul nostro senso estetico e riesce ad abbruttirci? Credo che Angelo abbia ragione quando dice che dovremmo rivedere i nostri canoni in termini di consumo per ridurre questa tendenza, ma possiamo dirlo noi con le nostre casette ben agghindate, ma tutti i popoli della terra che si affacciano ora al magico mondo "IKEA"? Come li convinciamo. Non gli daremo certo il buon esempio tornando a vivere nelle baracche di tufo dei nostri bisnonni? O Sì?
Ad un mondo ristretto di buone maniere c'è un mondo allargato dove vige lo sfruttamento, il dispotismo, l'inquinamento e la morte per inquinamento e questo in un mondo globale per forza di cose produce conseguenze globali.

Anche il rapporto nazionalismo/capitalismo non è un monolite. E' un rapporto dinamico che è cambiato nel tempo e che è stato strutturato in modo diverso in rapporto allo stato e alla nazione interessata. La centralizzazione statale è servita per creare mercati sufficientemente grandi nella prima epoca della industrializzazione capitalistica. Il mito dello stato è servito poi per allargare quei mercati al mondo coloniale in un ottica di dominio piuttosto che di commercio equo (cosa che permane tuttora attraverso i meccanismi del neo-colonialismo che sono ben lungi dall'essere stati superati). Quello che c'è di nuovo, ancora una volta a causa della mancanza di competitors, è che il capitalismo inizia a percerpirsi come possibile stato a sè: il corporate-state. Una situazione inevitabile visto che non era mai accaduto che singole imprese potessero accumulare un PIL superiore a quello di interi stati. Non che in passato non vi fossero state denunce, anche famose, a questa subordinazione dello stato all'economia, ma il periodo delle dittature comuniste, guardacaso, è stato quello più prolifico di diritti e di rivendicazione di diritti in Occidente. Il Comunismo ed anche in Nazifascismo, due tipi di regime che non giustifico affatto, furono strategicamente i pilastri dell'emancipazione della classe media e della sua prosperità nella seconda metà del XX secolo.
Anche in questo senso avverto i caratteri delinquenziali del capitalismo. Come il delinquente che si comporta bene solo se sa di essere pedinato dalla Polizia, il capitalismo si è "comportato relativamente bene in una piccola parte di mondo" solo finchè sapeva che vi era un suo possibile sostituto.
Con tutto ciò però, allo stesso tempo, non va dimenticato quello che il capitalismo ha realizzato: ovvero una situazione di prosperità e di pace data dalla supremazia del concetto di commercio e di lavoro rispetto ai concetti di dominio e di potere tipici del feudalesimo prima e dei governi dittatoriali nazi-fascisti e comunisti poi.
Grazie per l'attenzione.