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Messaggi - niko

#3031

Incredibilmente Viator si è sbagliato: anche se siamo in Italia, alcune "importanti" partite di calcio le hanno già sospese per emergenza virus...


Perfino partite di serie A! Perfino la partita dell'Inter, non so se rendo... La situazione è grave, o almeno è grave il livello di allarme che si sta creando...
#3032
Ciao Niko,
letto con piacere e condividendo in gran parte i tuoi passaggi, ringraziandoti per la premura, arrivo alla fine del tuo discorso dove però devi scusarmi se mi distanzio: Il nulla relativo è pur sempre un essere che in quanto essere non può divenire un non-essere.
Il nulla assoluto non è un sottoinsieme del nulla relativo né viceversa, poiché non-essere. Quindi è vero che fra i due esiste solo il nulla relativo, che quindi è un essere, mentre il nulla assoluto non esiste, quindi non è.
Il paradosso che ne deriva e di cui parli alla fine... esiste e fa parte dei problemi del fondamento e io non parlo qui del fondamento, ma è un problema formalmente e semanticamente risolto in "Infinito. Principi supremi" (un  libro). Ma non importa: sospendiamo qui il discorso, scusandomi se qui e ora mi fermo alla sola discussione del paradigma in esame, evitando ogni discorso intorno al fondamento.






Capisco cosa vuoi dire ma non lo condivido, il non essere è una negazione continua autoproducentesi, non basta dire che non è: o non lo si pensa proprio e si sospende il giudizio, (per questo prima parlavo di teologia negativa e silenzio mistico) ma se lo si pensa, bisogna ammettere che almeno una parte compositiva o un effetto determinato del suo non essere (se non la totalità, del suo non essere) è proprio l'essere; in senso modale, una singola qualsiasi determinata cosa che è, è un modo accidentale di non essere del nulla valido quanto "il nulla" stesso, in modo che non si può dire quale sia il vero modo di non essere del nulla, e ce ne sono infiniti.


Il nulla non preferisce non essere in sé stesso piuttosto che in una stella o in un uccello o in un granello di sabbia, il nulla è nulla, una doppia negazione che afferma, che si toglie da sé perché altro si dia, e se lo si pensa, lo si pensa identico all'essere, come sfondo e sorgente di tutto equivalente allo sfondo e sorgente di tutto che anche l'essere è. Se nel modo più assoluto non è, non è neanche se stesso, non può coincidere stabilmente neanche con sé stesso (da cui l'elemento dinamico, produttivo della sua essenza), e ha una identità residuale nell'altro da sé, in ciò che lo contraddice, che lo nega.


Il non essente anche come definizione, come parola/nulla, non si riferisce a niente se non a un generico altro da sé, all'insieme delle alternative non nulle al nulla incidentalmente reperito in una data circostanza e indicato dalla parola, e in questo senso anche il nulla assoluto è un nulla relativo, come dire: "non c'è niente sul tavolo.": l'espressione non si riferisce al tavolo in sé, o a una condizione o a un modo di essere particolare del tavolo, o a una circostanza atmosferico-ambientale di tempo e di luogo, all'aria, al "vuoto" vicino o intorno al tavolo, ma semplicemente all'insieme numerosissimo, quasi infinito, delle cose che ci potrebbero essere sul tavolo, e che questa volta, incidentalmente, non ci sono. Nessuna cosa spicca sulle altre, nessuna cosa si distingue, quindi nessuna cosa c'è. Nessuna cosa, si riferisce di base a una molteplicità di cose. Le cose possibili che ci possono essere su un tavolo, virtualmente nell'espressione ci sono tutte, anche se, al momento, nessuna è accessibile.


L'identità, tra essere e pensiero, non può prescindere dalla differenza, tra essere e pensiero, dal fatto che ogni pensiero è fallibile e ha un necessariamente un oggetto, una proiezione
incompiuta intrinseca verso l'altro da sé e l'esterno, verso il non pensiero, verso il mondo, verso l'essere dell'altro da sé che il pensiero vorrebbe cogliere. Non si dà il pensiero infallibile, e non si dà il pensiero vuoto.
#3033
Citazione di: Vito J. Ceravolo il 17 Febbraio 2020, 17:10:43 PM
In sequenza Sampitura e Ipazia, Boomax, Nico, Pauli11 e Phil

Ciao Sampitura (e Ipazia),
alla tua affermazione «L'autorità definisce la 'verità'», contrappongo quella di Ipazia «La verità dell'universo antropologico non è la verità dell'universo fisico». Lo faccio perché dobbiamo riconoscere diversi livelli di verità (es. oggettiva, intersoggettiva, soggettiva)  e che tu nei hai parlato a livello di categoria politica, ma poi appunto c'è anche la verità come categoria naturale e poi... io qui parlo di tali distinzioni di verità: cap. 8  https://www.azioniparallele.it/30-eventi/atti,-contributi/174-verita-realismo-costruttivismo.html
"Mondo = Luogo come risultato di leggi universali e particolari" Dizionario Vito

Ciao boomax,
«Ma la Verità assoluta non ha alcun condizionamento. Non necessita di alcuna falsità da negare [e non l'ha]».

Ciao Nico,
ti segnalo questo tuo errore: «Non se ne esce, se il nulla non ha determinazioni ha almeno una determinazione, quella di non avere determinazioni, ed è il fantasma dello sfero di Parmenide.» L'errore sta in questo:

Con la proprietà A posso dimostrare se B ha la proprietà A oppure no ØA.
Quindi, con la determinazione A posso dire se B è determinabile A o indeterminabile ØA.
"Determinare che è indeterminabile", "determinare che non è determinabile", significa pertanto "non essere in grado di determinarlo", "non essere determinabile".
Cfr:
cap. 3 https://filosofiaenuovisentieri.com/2019/04/14/unificazione-generale-della-logica-classica-e-non-classica/
cap. 5 https://filosofiaenuovisentieri.com/2017/05/14/teoremi-di-coerenza-e-completezza-epimenide-godel-hofstadter/

Il tuo presupposto, di determinare il niente, decade. Quindi decade il discorso che ne derivi, anche se poi ci puoi aver detto dentro cose intelligenti, decade comunque il tuo discorso.
Questa è la "quinta" forma con cui ti rispondo, permettimi quindi di invitarti a leggere qualcuno dei miei articolo di questo "gioco" (quelli sopra sono formali), così alziamo il tenore della discussione e mi eviti copiaincolla.













Io non voglio determinare il niente né affermare che il niente non ha determinazioni, io dico che il nulla assoluto non esiste se non come caso limite (come "caso estremo" se vogliamo) del nulla relativo: quello che per te è il nulla assoluto per me è il nulla relativo dell'essere, il concetto di quello che anche  tu hai chiamato "vuoto" o "nulla relativo" applicato però non più ad una cosa o circostanza  determinata, come chiedersi cosa ci sia sul tavolo, ma all'essere come totalità. Dire nulla assoluto, è come estendere un concetto già noto e dire, invece che "non c'è niente sul tavolo", "non c'è niente nell'universo mondo, nel cosmo": non è un concetto nuovo, ma l'estensione di un unico e già definito concetto a una circostanza diversa.


Ogni nulla relativo ha determinazioni, e anche il nulla relativo dell'essere ha determinazioni, infatti è identico all'essere, la sua determinazione è l'essere: il modo specifico, empiricamente prima che logicamente riscontrabile, in cui l'assenza di ogni cosa non c'è, e c'è invece qualcosa, è la presenza di ogni cosa. La meraviglia che ci fa la l'esistenza di noi stessi e del mondo, il fatto che ci sia qualcosa e non il nulla, è una conseguenza tanto dell'essere che del nulla, perché il nulla "sparisce" nell'essere, e non nel nulla. Tramonta, nel senso di diventare altro, andare oltre. La differenza tra essere e nulla, non è "a parte" nella realtà delle cose e non merita di essere indicata un concetto a parte, è identica, come differenza, a quella già empiricamente ed intuitivamente nota intercorrente tra essere e niente (ovvero tra essere e vuoto, o nulla relativo). Non è un concetto solo logico, ma un concetto che ha una componente osservativa: si riscontra che c'è qualcosa piuttosto che il nulla e questo qualcosa è anche e soprattutto un modo specifico -che si dà a prescindere da un'eventuale e ulteriore modo aspecifico- di essere nulla (di non manifestarsi) del nulla. La differenza tra essere e nulla va pensata come differenza non tra essere e non essere, ma tra sé e altro: una cosa x non è un'altra cosa y, e non è tutte le altre cose (tutte le altre cose indicate da tutte le altre lettere, meno x), ma questo è quanto: non c'è un altro modo di non essere che non sia l'essere altro, ulteriore all'essere altro. Una cosa non è un'altra cosa, ma il nulla non esiste se non in questa forma, non esiste come concetto ulteriore a questo.


L'effetto del caso limite è che si va a definire non una distinzione tra una cosa e il suo contrario, o la sua assenza, o ciò che la sostituisce nel flusso del divenire, come nei normali casi in cui diciamo "non c'è niente sul tavolo", ma  una distinzione nominale tra due indiscernibili perché la determinazione dell'essere è l'essere, e anche quella del nulla lo è. Questo è il difetto di applicare un concetto che vale per circostanze limitate a una totalità: di solito la differenza tra due cose, o tra una cosa e il suo divenire, è discernibile, quella tra essere e nulla no, quindi si dà una determinazione del nulla che va bene anche per l'essere.


Riassumendo il mio sillogismo non è


non avere determinazioni è una determinazione
il nulla non ha determinazioni
dunque il nulla ha determinazioni




ma è:


il nulla relativo, o vuoto, ha determinazioni, che in linea generale vanno cercate non nella differenza tre essere e niente, ma tra sé e altro a partire della specifica cosa di cui si predica il nulla relativo.


il nulla che alcuni chiamano "assoluto" è un'elemento dell'insieme del nulla relativo, non è che un suo caso possibile (è sbagliato chiamarlo assoluto).


dunque il nulla assoluto ha determinazioni.




Insomma nella mia concezione c'è solo il nulla relativo. Il nulla assoluto non indica nemmeno il non essere o il niente o il non essente, è un caso limite, e un fraintendimento frequente, del nulla relativo.


Se invece si stabiliscono un nulla assoluto e un nulla relativo, come due cose diverse,descritte da due concetti diversi, e non l'uno un caso particolare dell'altro, succedono alcuni paradossi, il cui più ovvio è che l'essere non descrive più la totalità: se c'è un x non essente, la totalità è l'insieme di tutti gli essenti + x, dunque l'essere è meno della totalità, che è il superinsieme di essere e nulla. Tra essere e nulla c'è un terzo termine. Cosa che non sarebbe necessaria laddove la totalità fosse interamente descrivibile dall'essere, o dal nulla.
#3034
Citazione di: Phil il 16 Febbraio 2020, 19:07:12 PM
Citazione di: paul11 il 16 Febbraio 2020, 17:26:33 PM
Il problema è in effetti fra tautos ed esperienza. Ma la scienza pura e non quindi applicata inserisce tautologie e non esperienze nei paradigmi. [...] Eppure la geometria ,la logica, la matematica, funzionano applicativamente quando ad un segno tautologico applico un segno esperienziale fenomenico.
L'applicazione pratica è ciò che spesso fonda a posteriori, retroattivamente, la legittimità del paradigma, del tautos (inteso come tautologia di sistema) e del dizionario di definizioni su cui esso si fonda. Prescindendo da tale applicazione di verifica, si rischia di cadere o nella petitio principii (o altre psudo-dimostrazioni circolari e autoreferenziali) oppure nel regressus ad infinitum, che sposterebbe asintoticamente il "luogo" del fondamento.
Ci mise già in guardia lo scettico Sesto Empirico:
«Quando qualcuno afferma che si danno delle verità, presenta questa affermazione o senza dimostrazione o con una dimostrazione. Se senza dimostrazione, deve essere consentito porre senza dimostrazione anche la tesi opposta, cioè che non si danno verità. Se con una dimostrazione, chiedo: con una falsa o una vera? Se con una falsa, l'intera affermazione non vale niente. Se con una vera, domando: con che cosa ha potuto dimostrare che la sua dimostrazione è vera? Con un'altra dimostrazione? Ma così ce ne vorrebbe sempre una nuova, per cui il nostro lavoro non potrebbe mai finire» (Sesto Empirico, Contro i logici, II, 15 s.).
Se invece la verità (senza addentrarci qui nella sua definizione) si manifesta nell'applicazione del paradigma, non c'è bisogno di ulteriore verifica, perché l'esperienza (sempre entro i suoi limiti interpretativi) risolve le perplessità teoretiche. Viceversa, se per la natura del tema o della questione, è preclusa la possibilità di verifica applicativa, e ciò nonostante si aspira ad un'unica "verità", allora si innesca il conflitto fra le tautologie dei differenti sistemi interpretativi (ed una meta-tautologia che metta tutti d'accordo, sposterebbe solo il problema del "dove" sia fondata definitivamente la sua autorevole verità).
Proprio come
Citazione di: paul11 il 16 Febbraio 2020, 17:26:33 PM
In geometria dichiaro il punto, dichiaro la linea dichiaro un piano, costruiti i fondamenti posso con coerenza e consistenza costruire figure geometriche regolari, teoremi
parimenti in filosofia "dichiaro il noumeno, dichiaro l'intuizione, dichiaro la ragione in sé, etc. e posso con coerenza e consistenza (ma non completezza) costruire validi (≠ veri) ragionamenti interpretativi del reale" (dove «dichiaro» vale «definisco»).
Il problema applicativo di ogni formalismo resta, secondo me, la sua "compilazione", ovvero l'assegnazione dei valori (e delle esperienze, vissuti, fatti, etc.) relativi alle varie "x", "A", etc. senza tali compilazioni, la formalità non è pragmaticamente utile, pur restando una preziosa cornice di "validità teor(et)ica" (≠ verità).



Non se ne esce, se il nulla non ha determinazioni ha almeno una determinazione, quella di non avere determinazioni, ed è il fantasma dello sfero di Parmenide. Ci sono dunque due sfere, una dell'essere e una del nulla. Tutte le non-determinazioni dell'una, vanno bene per l'altra.
Vale la pena ricordare che l'essere parmenideo è costruito per negazione di determinazioni, come il Dio di una teologia negativa: non ha determinazioni temporali (l'eterno presente in cui si trova lo sfero non è una determinazione temporale, ma un tempo nullo), non ha parti, non ha movimento, non ha elementi visibili e l'occhio della mente lo rivela uniforme, non ha confini spaziali (la curva della sfera vuole essere un non confine, come l'eterno presente un non tempo). E come tutte le teologie negative, anche quella di Parmenide a un certo punto si scontra con il fatto che anche non avere determinazioni è una determinazione. Il passo successivo, dopo aver tolto tutte le determinazioni a Dio, è il silenzio, non l'affermazione sguaiata, e stupida, che esso non ha determinazioni.

Con Hegel possiamo dire che anche l'essere è l'assolutamente indeterminato, proprio come il nulla, ed essere e nulla non si distinguono realmente (non si de-astrattificano) se non nel divenire. Sia l'essere che il nulla hanno l'unica determinazione di non avere determinazioni. Sono indicati dalla stessa determinazione, quindi sono la stessa cosa. L'essere e il nulla sono vuoto. Sono falsi dei finché non stiamo in silenzio.

Perché l'essere se stesso del nulla sia il non essere, il non essere deve esistere in senso forte, deve indicare una condizione di esistenza possibile, quella che il parlante attribuisce al nulla, alla cosa che designa come nulla. Se invece si ammette che, in generale e senza eccezioni, il non essere di una cosa non esiste realmente, o almeno non esiste realmente per quella cosa, non designa uno stato di quella cosa, ma uno stato di altro, il  non essere relativo di una cosa è quello che la nasconde e la sostituisce nel divenire (storico o naturale) o che gli si contrappone immediatamente nella determinazione logica sé/altro. E ciò che vale senza eccezioni, vale anche per il nulla. Se si toglie dal discorso il
non-essere, si deve togliere dal discorso anche il non-essere del nulla.

La natura ha tempo e spazio per sopportare la contraddizione manifestandola in opposti distinti spazialmente e temporalmente, nel pensiero la contraddizione è immediata perché il pensiero è inesteso, non declina la definizione contraddittoria in luoghi e tempi diversi ma la contempla come unità.
Ma che si sia nella natura, o nella storia, o nel pensiero, una volta eliminato il nulla assoluto come possibilità, il non-essere di una cosa è solo il suo essere-altro, la sua determinazione ulteriore extra-liminare interna o esterna che il pensiero, o la storia, o la natura, pone; da questo punto di vista posso ben dire che l'essere del nulla è l'essere, perché il nulla non è il buco nero, non è quello che fa sparire -nel nulla- quello di cui è nulla, ma che lo fa progredire verso una determinazione-altra, gli sostituisce o gli sovrappone qualche altra cosa o qualche altro concetto. Il nulla non sparisce nel nulla, ma nel suo opposto, cioè nell'essere, e l'azione propria e continuativa del nulla è lo sparire.

Il discorso che relativizza il nulla ha senso solo se relativizza anche il nulla assoluto, se afferma che l'essere del nulla è l'essere ed esiste almeno un livello della realtà in cui essere e nulla si distinguono solo nominalmente: il discorso che introduce il nulla relativo volendo mantenere però anche il nulla assoluto, il discorso che relativizza tutti i nulla tranne uno, quello assoluto, il discorso del niente, è un colabrodo, perché in questo discorso l'"uno", l'unità logica e matematica a cui corrisponde il nulla assoluto, l'unica cosa residua che con esso si vuole designare quando con gli ulteriori concetti di "essere" e di "nulla relativo" si è designato tutto il resto, ha la stessa perfezione, la stessa indeterminazione e la stessa genericità dell'essere, e quindi è un discorso che raddoppia l'essere, da cui appunto le due sfere: sia con "essere" che con "nulla" si designa qualcosa di perfetto, indeterminato, atemporale, unico, non ripartito eccetera.
Tipicamente poi come unica distinzione all'essere si attribuisce il potere di causare qualcosa e al nulla no, ma questa è solo malafede.

O tutto o niente, quindi: non si possono relativizzare alcuni nulla sì e altri no: bisogna piuttosto stabilire in generale se la forma del non essere sia lo sparire, -e con lo sparire intendoil cessare meramente di essere e, al limite, nel caso estremo dell'essere e del nulla, il non essere mai (per il nulla) o l'essere sempre (per l'essere)-, o il tramontare, e con il tramontare intendo il declinare nell'opposto contraddittorio di quello che non è, il non essere come essere altro. Se si scegli il tramontare, poi deve valere anche per il nulla, non si possono fare eccezioni di comodo.
#3035
Attualità / Re:Il caso Salvini-Gregoretti
16 Febbraio 2020, 17:30:21 PM
Citazione di: Ipazia il 16 Febbraio 2020, 14:43:07 PM
Citazione di: niko il 15 Febbraio 2020, 21:06:11 PM
Pensa che pure Churchill e Stalin dovettero allearsi tra loro, mischiando whisky e vodka




Anche all'assurdo dei paragoni storici c'è un limite...

Ma non c'è limite agli assurdi della storia, irriverenti verso ogni disegno variamente intelligente.


Si ma il tuo paragone è doppiamente infelice (per non dire trash), primo perché Stalin e Churcill si erano alleati contro Hitler, e non mi pare che l'alternativa a Salvini sia Hitler nemmeno in senso lontanissimamente figurato, secondo perché in precedenza Hitler e Stalin avevano pensato bene di allearsi tra di loro -a maggior gloria del socialismo in un solo paese-, e questo sì che ben esprime il livello politico, culturale e umano del sovranismo attuale, mezzo staliniano e mezzo nazista (e mezzo nulla), basta sentire cinque secondi di Fusaro.
#3036
Citazione di: paul11 il 16 Febbraio 2020, 13:35:23 PM
Citazione di: niko il 15 Febbraio 2020, 12:32:30 PM
Io non vedo contraddizione nel nichilismo, l'essere è l'essere nulla del nulla.

Il nulla non è dunque indeterminazione totale, nebbia uniforme e oscurità, non è lo stato larvale, la morte o il sonno senza sogni, ma, a ben guardare, ha in sé almeno un modo determinato di essere nulla, ovvero di non essere, ovvero di essere se stesso, che è l'essere.

La parola chiave qui è determinazione: se l'essere è un modo determinato di essere nulla del nulla -quindi riguardo a l'identità tra essere e nulla non si afferma semplicemente A = non A, semmai A = (A e non A)- la mancanza di qualcosa nel nulla non fa segno a una nientità, di questo qualcosa che manca, ma ad una volontà, di questo qualcosa che manca e di altro. Il niente deriva dall'essere e non può prescinderne, non può darsi nel nulla come sua definizione o partizione, il nulla ha in sé delle possibilità di determinazione, ma, pur determinandosi, non si divide mai in tanti piccoli niente. Ogni niente è legato all'ente di cui è niente e ne prevede l'esistenza, la volontà no, non è legata alle singole cose che vuole allo stesso modo e nello stesso senso in cui i niente dei singoli enti sono legati a quegli enti di cui sono un niente determinato, quantomeno perché la volontà può volere più cose rimanendo se stessa, rimanendo una, mentre l'insieme dei niente è un insieme di negazioni tutte differenti, ciascuna differente dall'altra. L'insieme dei niente non fa mai un tutto o un uno per qualcuno, anche a volerlo pensare come già pieno, già completo come insieme dei niente, è ancora, come "insieme", solo una metà e quindi non un vero insieme, una parte che deriva dall'essere e ha bisogno dell'essere per completarsi, l'insieme delle cose volute invece sì, fa un tutto e un uno per chi le vuole, che le cose siano presenti o no.

Quindi abbiamo la volontà, che si definisce come mancanza di oggetto (qualsiasi), e il niente, che si definisce come mancanza di ente, di oggetto che esista, di oggetto derivato dall'essere e non dal nulla, e sono due cose distinte. Mi sembra abbastanza chiaro che la determinazione possibile del nulla nel nichilismo sia volontà, e non niente, che presupporrebbe a monte l'essere come distinto dal nulla.

Il nulla non è il niente di tutte le cose, ma l'essere di tutte le cose, poiché essere e nulla non differiscono realmente, ma nominalmente.
sei quasi nel ragionamento di Severino, nella dialettica negativa. che è paralogica.
Dal punto di vista formale ha ragione Vito. C..
Severino però spiega che A= A è regola logica dell'identità ed è ETERNO
Nel momento in cui vi fu l'aporia del fondamento, attribuita se non erro a Platone, che accetta l'eterno e il divenire nasce la contraddizione.
A= nonA che è il DIVENIRE .Ed è operato dalla volontà umana poichè accetta che la VERITA'incontrovertibile e quindi eterna operi nel DIVENIre  e quindi non può più essere verità, ma opinione temporale nel divenire.
Il divenire c'è, questo è il salto fra Severino e Parmenide.Parmenide fu fermo nell'ESSERE che non può anche non ESSERE (A=A).
Accettando la contraddizione A=nonA, da Platone in poi, secondo la logica dialettica negativa di stampo severiniano, noi vivamo tutti gli essenti nel divenire come negazione .Qualunque essente che appare e scompare è negazione, in quanto NULLA può venire dal Nulla, essendo tutto eterno. Il credere quindi nel divenire segna la cultura dell'Occidente.


Il divenire non c'entra molto col mio discorso; al massimo c'entra il rapporto tra Parmenide e Platone, nel senso che Platone recupera il non-essere come essere-altro della singola cosa che non è, tanto che il nulla, o meglio il niente, o meglio ancora il ni-ente, in Platone si può predicare del particolare ma non del generale/universale (l'idea che sola ha l'essere e lo conferisce temporaneamente agli esistenti);  il non essere è solo il negativo della determinazione che rende possibile ogni discorso. Dunque in un mondo "pieno", in cui non rimane spazio e tempo residuo per il non-essere, ogni cosa è necessariamente qualcosa, e se x non è A, allora è B (e non certo il nulla parmenideo, che in questo mondo pieno non esiste, se non nel discorso che determina le cose).
La mia metafora del mondo pieno per descrivere il mondo di Platone, e poi anche di Aristotele, non è casuale, vuole ricordare che l'altro grande tentativo di conciliazione di Parmenide con l'esperienza umana di un mondo diveniente fu l'atomismo, cioè il mondo vuoto, in cui si muovevano intrinsecamente gli atomi. Il mondo vuoto è il divenire come aggregazione e disgregazione atomica, il mondo pieno è l'ipotesi della contiguità immediata degli oggetti componenti il mondo, distinguibili, proprio per la loro contiguità, solo dal logos cognitivo immateriale che tutti li ricomprende: la parola si rende necessaria proprio perché non c'è spazio e tempo vuoto tra gli oggetti, non c'è tra di essi distinzione preverbale, intrinseca: solo la parola può dire che una cosa non è tutte le altre. in questo senso Democrito recupera in non-essere come realtà fisica, Platone come realtà logica, attinente al discernimento e al discorso.

Anche io, nel mio piccolo, affermo che il nulla non può non-essere nel senso banale e immediato che dite voi, ovvero nel senso di una cosa che "semplicemente" non è niente, e non causa, e non vale, niente (il valere nulla del nulla). Il nulla che, come tutte le altre piccole e grandi cose del "mondo pieno" non può semplicemente e direttamente non essere, nel senso di non essere niente, di sparire nel nulla, come tutte le altre cose del "mondo pieno" può invece essere altro, può avere il suo (relativo) non-essere solo nella determinazione che lo individua e lo descrive. Insomma l'essere non è il nulla come la penna non è la matita, e questo per necessità logica, a prescindere da se la penna o la matita esistano, o se esista una sola di esse, o se esistano tutte e due, o nessuna delle due; poiché, come dite anche voi, nulla è nulla, il nulla può manifestare il suo non-essere solo essendo altro, essendo una cosa che è l'altro (e quindi il niente, il nulla relativo) di un'altra cosa; e siccome operando con termini metafisici quali essere e nulla siamo ai massimi sistemi e ai termini convenzionali che tentano -invano- di descrivere la totalità, si dà il caso che l'essere altro del -e dal- nulla sia proprio l'essere.

Il discorso che relativizza il nulla (nulla è nulla) è giustizia distributiva, dà a ognuno il suo: Il nulla della notte è il giorno, il nulla dell'acqua è il fuoco, e il nulla del nulla è l'essere. Non è solo una danza degli opposti, è proprio che se il nulla dell'indeterminato è il determinato, l'equazione tra nulla e indeterminato, e quindi tra essere e pensiero, cade, deve essere abbandonata. Si prefigura il mondo degli istinti, di quello che sta oltre il pensiero.
Stando così le cose, non rimane più niente del vecchio concetto del nulla come indeterminazione totale, del nulla come cosa tabù, di cui non si può pensare e parlare (per questo prima dicevo nebbia e ombra): il nulla assume in sé la determinazione almeno parziale dell'essere, e quindi lo supera, lo causa e lo contiene.

Il nulla è pieno di determinazione, quindi non di niente, ma di volontà: si definisce a partire dalla mancanza di oggetto, pur non identificandosi completamente con questa mancanza e rimanendo anche-nulla, anche-se stesso, sicché il nulla del nulla è l'essere. Il nulla è la mancanza di una o più cose, ma, se anche la mancanza nel suo complesso è nulla, grazie al nulla una o più cose sono.

In questo senso dicevo A=(A e non A), a prescindere da tanti formalismi logici, quando vuoi una cosa, ad esempio quando vuoi l'acqua, non vuoi solo l'acqua, vuoi l'acqua e vuoi continuare a volere; è la volontà che pone A e non A, perché se il tuo appagamento in presenza dell'acqua fosse istantaneo (come lo è la corrispondenza diretta dell'ente col niente) non sarebbe possibile: devi rimanere, per una durata non inestesa, col desiderio in presenza dell'oggetto del desiderio: è questo il nullificarsi del nulla che genera l'essere come processo e insieme rimane sé stesso, è questo che apre lo spazio al tempo e al divenire, questo rimanere desideranti nella totalità nulla delle cose mancanti pur in presenza dell'oggetto del desiderio; la contraddizione è psicologica, non è logica, perché nel nulla c'è una volontà, non un ni-ente.

Oltre a Nietzche, l'altro grande padre del nichilismo è Schopenhauer. In Schopenhauer la volontà vuole solo sé stessa e la volontà che si protende oltre se stessa, la volontà d'oggetto, è pia illusione, tanto che la volontà umana cambia continuamente oggetto solo per mantenersi; in Nietzche la volontà vuole davvero sé stessa e l'oggetto (l'unico oggetto possibile che si può trovare al fondo di in un mondo nullo fatto di volontà: la volontà dell'altro), è una volontà diveniente, incantata dal mondo ma in grado di trasformarlo.
#3037
Oltretutto da me il niente non deriva dall'essere, da me il niente assolutamente non esiste, non può esistere, non è mai esistito, quindi non deriva e non può derivare da alcun che, tantomeno portare possibilità di determinazione.




quindi ogni volta che dici: "non c'è niente sul tavolo" ti riferisci al nulla parmenideo?
#3038
Attualità / Re:Il caso Salvini-Gregoretti
15 Febbraio 2020, 21:06:11 PM
Pensa che pure Churchill e Stalin dovettero allearsi tra loro, mischiando whisky e vodka




Anche all'assurdo dei paragoni storici c'è un limite...
#3039
Io non vedo contraddizione nel nichilismo, l'essere è l'essere nulla del nulla.

Il nulla non è dunque indeterminazione totale, nebbia uniforme e oscurità, non è lo stato larvale, la morte o il sonno senza sogni, ma, a ben guardare, ha in sé almeno un modo determinato di essere nulla, ovvero di non essere, ovvero di essere se stesso, che è l'essere.

La parola chiave qui è determinazione: se l'essere è un modo determinato di essere nulla del nulla -quindi riguardo a l'identità tra essere e nulla non si afferma semplicemente A = non A, semmai A = (A e non A)- la mancanza di qualcosa nel nulla non fa segno a una nientità, di questo qualcosa che manca, ma ad una volontà, di questo qualcosa che manca e di altro. Il niente deriva dall'essere e non può prescinderne, non può darsi nel nulla come sua definizione o partizione, il nulla ha in sé delle possibilità di determinazione, ma, pur determinandosi, non si divide mai in tanti piccoli niente. Ogni niente è legato all'ente di cui è niente e ne prevede l'esistenza, la volontà no, non è legata alle singole cose che vuole allo stesso modo e nello stesso senso in cui i niente dei singoli enti sono legati a quegli enti di cui sono un niente determinato, quantomeno perché la volontà può volere più cose rimanendo se stessa, rimanendo una, mentre l'insieme dei niente è un insieme di negazioni tutte differenti, ciascuna differente dall'altra. L'insieme dei niente non fa mai un tutto o un uno per qualcuno, anche a volerlo pensare come già pieno, già completo come insieme dei niente, è ancora, come "insieme", solo una metà e quindi non un vero insieme, una parte che deriva dall'essere e ha bisogno dell'essere per completarsi, l'insieme delle cose volute invece sì, fa un tutto e un uno per chi le vuole, che le cose siano presenti o no.

Quindi abbiamo la volontà, che si definisce come mancanza di oggetto (qualsiasi), e il niente, che si definisce come mancanza di ente, di oggetto che esista, di oggetto derivato dall'essere e non dal nulla, e sono due cose distinte. Mi sembra abbastanza chiaro che la determinazione possibile del nulla nel nichilismo sia volontà, e non niente, che presupporrebbe a monte l'essere come distinto dal nulla.

Il nulla non è il niente di tutte le cose, ma l'essere di tutte le cose, poiché essere e nulla non differiscono realmente, ma nominalmente.
#3040
Tematiche Filosofiche / Re:Lo spazio dell'assoluto
14 Febbraio 2020, 18:44:46 PM
La filosofia indaga il rapporto tra nomos e fisis, tra convenzione e natura, ma se vi dico che non potete prescindere nemmeno dal diritto mi sa che vi viene un colpo...
#3041
Citazione di: Ipazia il 14 Febbraio 2020, 13:49:06 PM
Se il popolo muore di fame, sfruttamento, malattia, degrado, sai cosa gliene cale della famiglia Cucchi e dei napoletani ? La politica ha le sue priorità oggettive malgrado i politicanti e i loro pupari. E visto che i ruoli sono interscambiabili, di volta in volta il popolo premia chi dimostra, fatta la tara dell'enorme potenziale di fuoco della mistificazione mediatizzata, di ignorarlo di meno. Il che è più sensato della tessera e distintivo, che spesso assume l'aspetto di una sindrome sado-masochista per i più puri del gregge incapaci, o timorosi, di affondare la testa nel marcio. Mentre per gli altri è solo business, interesse di classe.


Ma me ne cale a me... io non faccio parte del popolo?!
#3042
Citazione di: Ipazia il 14 Febbraio 2020, 09:55:44 AM
La cialtroneria è l'anima della politica. Lo si è scritto fin dai tempi di Machiavelli e lo si sa da molto prima. Ma ci sono cialtroni che assecondano gli interessi del popolo, per quanto possibile nel mandato dei loro pupari; e cialtroni che lo contrastano per partito preso, o più probabilmente perchè servono altri pupari più antipopulistipolari. Meglio i primi, tenuto però conto che, a seconda della materia (interessi in gioco), i ruoli si scambiano a velocità luminali. Ergo, la fedeltà di voto è una fesseria. E quasi sempre, nello stato liberal-liberista, l'astensione è l'unica forma etica di fare politica.



Per quello che significa la locuzione "interesse del popolo", cioè niente,  io ho tutto il diritto di pensare che l'interesse principale del popolo in questo momento sia di essere governato, possibilmente, da qualcuno che non insulta la famiglia Cucchi e i napoletani.

Anche il mio cane va bene.
#3043
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Pandemia
14 Febbraio 2020, 02:02:56 AM
Citazione di: viator il 13 Febbraio 2020, 15:43:19 PM
Salve niko. Avevo omesso di replicare al tuo punto di vista che riprendo citandomi-citandoti :

Da me per Baylham : "Intendevo ironicamente affermare che il genere umano, tutto preso nello sviluppare nuovi modi di vita basati - ad esempio - sulla sempre maggiore facilità di spostamento, non si rende conto di offrire tale facilità di spostamento e diffusione anche ai virus e batteri di cui diventa portatore.
Baylham................ti rendi conto che se il coronavirus approda in Africa (continente in cui non ci possono essere controlli e prevenzione paragonabili con quelli del Primo Mondo) di lì si diffonderebbe quasi senza controllo ? Capisci cosa arriverebbe ad esempio in Italia attraverso i migranti ammassati lungo i nostri confini-colabrodo ? Sarebbe un giusto premio per le nostre "politiche dell'accoglienza", non trovi ?. Saluti"
.

Da te per tutti noi : "E figuriamoci se non saltava fuori il nesso virus-migranti.
Una scemenza degna di Salvini, che ha avuto la faccia tosta di accostare in un suo recente intervento virus e "frontiere aperte", per quanto è risaputo che fino adesso e fino a prova contraria il virus è diffuso da turisti e viaggiatori regolari, non da clandestini sui barconi. Ma per fare sciacallaggio e terrorismo psicologico vale tutto".


Ma io non ho stabilito o scoperto alcun nesso attuale tra l'esistenza del virus e l'esistenza dei migranti. Nessuno dei due ha colpa, merito o causa dell'esistenza dell'altro.
Mi sono limitato a paventare una eventuale futura conseguenza (in forma che credo ampiamente ragionevole) di una certa dinamica socio-cultural-sanitaria.

Son quelli che la pensano come te (tutto è politica e i proletari hanno sempre ragione  !) che nutrono una visione monomaniacale di tutto ciò che accade o potrebbe accadere a questo mondo. Saluti.



Ma fammi il piacere Viator, se tu apri un argomento e paventi le tue brave dinamiche socio-cultural-blablabla che ti stanno tanto a cuore in modo palesemente politicizzato, aspettati quantomeno un'eventuale risposta altrettanto politicizzata da qualcuno degli altri utenti, invece di dire che il problema sono io.

O vuoi farmi credere che volevi fare della sociologia e dell'antropologia puramente descrittiva e poi confini-colabrodo col trattino e "politiche dell'accoglienza" tra virgolette alla fine di un tuo intervento, per altro esplicativo del tuo intervento iniziale, ti sono scappati fuori dalla tastiera per caso?

Perché vedi, io ho tanti difetti, ma non tiro il sasso e nascondo la mano come il populista medio...
#3044
Citazione di: Ipazia il 12 Febbraio 2020, 18:11:04 PM
Non dubito che il multiverso sia laico quanto l'universo. Ma la questione è un'altra: come già ha fatto notare Jacopus, la vita si è manifestata in questo pianeta in condizioni microclimatiche che ucciderebbero tutti i viventi aerobici, cominciando da noi. Tale ipotesi è accertata, almeno analogicamente, dagli organismi che vivono in ambienti riducenti, sulfurei e anaerobici sui fondali marini vulcanicamente attivi. Non possiamo pensare alle condizioni microclimatiche attuali quando si formarono i primi nuclei di materia organica, e non sapendo quali erano esattamente quelle condizioni non possiamo nemmeno riprodurle in laboratorio. Una bella sospensione del giudizio non fu mai scritta. Ma è il caso di farlo fino a nuove conoscenze. E nel frattempo ricercare, ricercare, ricercare.


Si ma pur non sapendo esattamente quali fossero quelle condizioni, si tenta di riprodurle artificialmente andando per errori e tentativi e non ci si riesce; dal che si può arguire con ragionevole certezza che quelle condizioni da cui scaturì la vita, che pure non si sa bene quali fossero, erano molto rare, molto improbabili, singolarmente e nel loro complesso, perché se non lo fossero, saremmo riusciti a riprodurle, e a creare vita artificiale. Anche se la vita distrugge le condizioni stesse a partire da cui la vita germina spontaneamente, si tenta di riprodurre quelle condizioni, e non ci si riesce.

In questo senso, per rispondere anche a bobmax, il caso c'entra con la volontà, perché se non riesco a scrivere un'opera di poesie bella, lunga e perfetta come la divina commedia volontariamente, ancora meno ci riuscirò buttando in giro a caso le lettere dello scarabeo: il caso è per la vita lo stato minimo della volontà, la volontà impersonale, la volontà di nessuno, ma non l'assenza totale di volontà, che dal punto di vista della vita è un'assenza impossibile...
#3045
Citazione di: bobmax il 12 Febbraio 2020, 16:22:51 PM
Concordo con Ipazia.

Etica è la fede nella Verità.
Una fede che non vuole ingannarsi in alcun modo.

Di modo che invece di fantasticare su progetti intelligenti o multi universi si dovrebbe a mio avviso accettare l'evidenza: siamo qui per caso.

Sì, il puro caso ha fatto in modo che io fossi qui, ora.

Il caso, che non ha niente a che fare con la probabilità, ma è semplicemente la manifestazione del Caos.

Che il Caos sia poi Amore dipende solo da me.
Da me, figlio del Caos.


Non ci siamo capiti, gli universi multipli sono un'ipotesi e un argomento che permette di continuare a sostenere l'origine casuale della vita anche qualora la probabilità di questo evento in un universo solo fosse trovata estremamente bassa, troppo bassa per essere plausibile: quindi gli universi multipli sono un'ipotesi che potrebbe diventare necessaria contro quella del disegno intelligente, qualora divenisse possibile, se non riprodurre l'origine della vita in laboratorio, almeno stimarne in modo abbastanza affidabile la probabilità, e questa probabilità dovesse essere interpretata, interpretata anche nella sua eventuale implausbilità a verificarsi in uno spazio e in un tempo troppo piccoli.

Nessuno vuole credere a una scimmia che lancia i dadi e ottiene un milione di sei senza fare il giusto numero di miliardi di tentativi, appunto perché non crediamo nel destino e non siamo allocchi.

E' il problema dei miracoli e del loro rapporto con la fisica moderna, soprattutto la meccanica quantistica: non c'è niente di fisicamente impossibile nel fato che il lago di Bracciano si congeli ad agosto o che un elefante cominci a volare, semplicemente questo non si verifica perché la probabilità che si verifichi è troppo bassa, anche aspettando tutto il tempo dell'universo; in tutta la storia dell'universo l'elefante non riesce a volare mai, nemmeno una volta, per quanto sono più frequenti la configurazioni interne delle sue particelle che non lo fanno volare, rispetto a quelle, possibili ma non realisticamente probabili, che invece  lo farebbero volare. Non si può fare scienza aspettandosi che l'elefante voli, e non si può fare scienza aspettandosi che un batterio nasca per caso da una goccia d'acqua, se la probabilità che questo evento si verifichi dovesse essere stimata e trovata troppo bassa, anche avendo a disposizione tutta l'acqua, tutto il tempo e tutto lo spazio dell'universo.

Che l'evento di germinazione spontanea della vita (abiogenesi) sia rarissimo è autoevidente per il fatto che non lo si osserva mai avvenire, esattamente quanto rarissimo non lo sappiamo, ma che sia rarissimo alle attuali condizioni terrestri certo che lo sappiamo, anche senza bisogno di essere scienziati, semplicemente perché non vediamo mai la vita nascere dal nulla e per caso, e pur con tutta la nostra inelligenza e tecnologia, non siamo affatto in grado di produrre noi artificialmente la vita a partire dalla materia inerte o di simularla correttamente al computer, e il non riuscire a fare una cosa volontariamente, depone ulteriormente a favore dell'estrema improbabilità che essa si verifichi per caso.

Per questo si pone il problema di quanti "lanci di dado" servano: milioni? Miliardi?

Invece che siamo qui per caso non è affatto un'evidenza, ma un'ipotesi. Sappiamo che la vita è fortemente voluta dalla vita, che la vita tende ad espandersi e conservarsi. Questa è un'evidenza. Solo che per la prima vita non si può ipotizzare la cosa tipica e logica che si ipotizza per tutte le altre vite, che sia stata voluta, o comunque creata, da un'altra vita, senza entrare in un circolo vizioso, per cui la prima vita non è la prima vita. E quindi ipotizziamo come causa il caso, che è antievidente, è contro ogni evidenza, ma almeno evita la contraddizione. O anche Dio, il creatore increato eccetera.
Il caso è più che altro l'ipotesi più semplice, quello che resta scartando tutte le altre ipotesi. Ma caso è anche ignoranza delle cause, quindi caos deterministico: se per ipotesi conoscessimo meglio i meccanismi all'origine della vita, questa origine non ci sembrerebbe più "un caso", ma un evento ben preciso, che si verifica a certe condizioni sì e ad altre no. La conoscenza di tutte le cause escluderebbe il caso.

Anche che siamo soli nell'universo non è un'evidenza, ma un'ipotesi. Non ci sono contatti alieni certificati, ma appunto gli alieni potrebbero esistere e non interagire mai con noi, probabilmente a causa delle distanze intergalattiche.
Ma i contatti radio dovrebbero essere frequentissimi, secondo appunto le stime dell'equazione di Drake, e invece non captiamo nemmeno quelli, il che vuol dire che o esistono pochissimi alieni in assoluto, o esistono pochissimi alieni in grado di inventare e usare la radio.