Citazione di: Ipazia il 12 Febbraio 2020, 14:07:30 PM
"Uno studio del 2010 stima il numero di stelle dell'universo osservabile in 300.000 trilioni (3×1023), mentre uno studio del 2016 ipotizza che il numero totale di galassie nell'universo osservabile, comprese quelle troppo piccole per essere rilevate dagli attuali telescopi, sia di 2000 miliardi (2x1012)." WP
Moltiplicato per 13,8 miliardi di anni terrestri fa un numero di lanci di dadi capace di determinare anche l'impossibile. E' altrettanto vero che la vita, magari non con le astronavi ma in forme primordiali su un meteorite, potrebbe propagarsi anche per via esobiologica.
La vita biologica è un dato di fatto innegabile. Meglio nessuna ipotesi sulla sua origine che fingere ipotesi. La verità nol consente: tanto sul piano scientifico che etico. Piuttosto ricercare. E poi dimostrare.
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Il mio intervento era volto a far notare che ci sono persone che hanno studiato una vita queste cose, e ritiengono che il numero dei lanci possibili in un universo solo, sia pure milioni di miliardi di lanci, non basti a giustificare l'avvento della vita, per quanto sono complessi il dna e i vari meccanismi che mantengono l'integrità cellulare e per la conseguente assoluta improbabilità che questi meccanismi siano sorti per caso; e, onore a loro e alla scienza, anziché pensare a Dio e al progetto intelligente, hanno pensato agli universi multipli, una soluzione semplice e comoda, che permette di aumentare il "numero di lanci" possibili e quindi di concepire la non straordinarietà anche dei risultati più improbabili, senza necessità di ipotizzare un dio creatore o un'intelligenza a monte di qualsiasi tipo.
https://it.wikipedia.org/wiki/Eugene_Koonin
Sono poi assolutamente in disaccordo con te sulle conseguenze etiche, per me la mediocrità e la ripetizione/ripetibilità a distanza spaziale e temporale della vita (eoni cosmici come possibilità di ripetizione temporale, e universi ulteriori come possibilità di ripetizione spaziale), e anche la panspermia come ulteriore declinazione di una generale improbabilità di essere noi i primi e gli ultimi tra i viventi, sono fondamentali per costruire un'etica, o quantomeno un'etica che vada bene per me, nichlistica, antimetafisica ed eudaimonistica: niente mediocrità della vita niente eterno ritorno, niente eterno ritorno niente etica nel senso in cui la intendo io.
La non-straordinarietà statistica della vita, ben lungi dall'essere un fatto irrilevante, è la sua non-straordinarietà (e quindi ordinarietà) cosmica: l'ordine del mondo in cui siamo ci prevede e ci comprende in tutti i sensi, anche in senso probabilistico. E' nella non-straordnarità della vita che si deve trovare la continuità dell'oggetto vivente, che si deve risolvere la differenza tra vita e non vita.
