Buonasera Socrate. Hai rispolverato un classico argomento di discussione di questo forum. In modo molto succinto ti rispondo: sì e no. Siamo responsabili e non siamo responsabili, se presi singolarmente. Credo che la nostra responsabilità debba essere misurata in termini sociali e in termini di estensione temporale non riducibile ad un singolo atto. Per spiegare questo ho bisogno di formulare alcuni esempi.
Nel momento in cui tu stai leggendo queste righe inevitabilmente il tuo plastico cervello si sta modificando e si modificherebbe anche se stessi annusando una pizza ovviamente. Ma la pizza non fornisce criteri di giudizio e di valore mentre le parole sì. Se quello che scrivessi fosse così pieno di significato per te, il tuo cervello si riorganizzerebbe e questo scritto resterebbe inscritto in modo più duraturo fra quelle che potremmo chiamare i modelli di riferimento culturale all'azione. Se lo stesso tipo di messaggio continuasse ad arrivarti, specialmente quando sei molto giovane, o bambino, quella architettura mentale diventerebbe molto solida e tenderebbe a sopravalutare tutto ciò che la conferma e a rimuovere tutto ciò che la contraddice. Ho recentemente letto una lettera che un bambino di Napoli ha spedito a Babbo Natale: il bambino chiedeva un regalo soltanto a Babbo Natale, perché è consapevole che Babbo Natale i regali li va a rubare. Una lettera del genere sarebbe impensabile a Stoccolma per il semplice fatto che l'ambiente e le interazioni sociali sono coerenti verso un modello che rifiuta la trasgressione "rubare", ma ne accetta altre.
Un secondo aspetto è quello che tu stesso hai accennato, relativo al campo delle scoperte genetiche e neuroscientifiche, che stanno mettendo sempre più in crisi l'uomo moderno fondato sull'individualismo e sulla capacità quasi eroica di superare ogni difficoltà. Qui ad esempio si può citare il concetto di metilazione, cioè la trasmissione di generazione in generazione della predisposizione a certe azioni, percui se il padre ha usato cannabis ha attivato una parte del suo codice genetico che ha apprezzato quell'uso, e questo potenziale apprezzamento verrà trasmesso geneticamente ai figli, indipendentemente dai condizionamenti sociali che possono aumentare o diminuire il rischio di entrare in contatto con le sostanze stupefacenti (qui è solo un esempio, non voglio certo aprire il discorso sulle droghe leggere).
Un terzo aspetto è quello relativo alla parte più primitiva della nostra struttura mentale, ancora ordinata per poter fronteggiare la violenza della natura e degli altri esseri umani con altrettanta violenza, sia per paura, sia per deterrenza, sia per difesa del proprio onore.
In tutte questi tre diversi aspetti della natura umana si perviene ad una consistente riduzione del libero arbitrio in senso individuale. E' per questo che ritengo che il libero arbitrio debba essere adottato come libera volontà di un aggregato sociale sufficientemente ampio da modificare il comportamento medio dei soggetti per un periodo di tempo sufficientemente lungo. Ed effettivamente è quello che sta realmente accadendo da qualche secolo a questa parte proprio in molti paesi dell'occidente, come ho accennato in altre discussioni. Tutti i modelli di azioni che teoricamente impongono la condivisione dei comportamenti favoriscono una consapevolezza della libera volontà in termini collettivi e un declino delle ideologie e delle teorie che invece sottolineano l'irriducibilità individuale del libero arbitrio.
Questi modelli di azione sono, a livello politico, la democrazia, a livello economico, il libero scambio delle merci in un sistema capitalistico "responsabile", a livello culturale, l'illuminismo e il pensiero scientifico moderno. E' inevitabile che in società complesse come la nostra le responsabilità siano diffuse.
Detto questo va anche sottolineato che non siamo neppure degli automi lobotomizzati. Abbiamo la nostra parte di responsabilità anche individuale poichè ognuno di noi è dotato di meccanismi di resilienza agli stress ambientali diversi. Non tutti gli abitanti di Scampia sono degli spacciatori (detto per inciso a Scampia ci sono due licei, una serie di attività di contrasto all'illegalità e moltissime attività regolari). La molteplicità dei fattori individuali, fenotipici e genotipici, la complessità sociale, vista anche in chiave storica, l'interdipendenza fra soggetti sociali, i possibili parassitismi e spinte verso l'innovazione, creano un mileu dove le cause esterne e interne dell'agire umano si intersecano.
DIrei che quello che si può affermare con una certa sicurezza è la constatazione della maggiore causalità da parte di fattori esterni,rispetto a quelli individuali e la necessità proprio a partire da questa premessa di individuare dei nuovi paradigmi di responsabilità estesa e globale.
Nel momento in cui tu stai leggendo queste righe inevitabilmente il tuo plastico cervello si sta modificando e si modificherebbe anche se stessi annusando una pizza ovviamente. Ma la pizza non fornisce criteri di giudizio e di valore mentre le parole sì. Se quello che scrivessi fosse così pieno di significato per te, il tuo cervello si riorganizzerebbe e questo scritto resterebbe inscritto in modo più duraturo fra quelle che potremmo chiamare i modelli di riferimento culturale all'azione. Se lo stesso tipo di messaggio continuasse ad arrivarti, specialmente quando sei molto giovane, o bambino, quella architettura mentale diventerebbe molto solida e tenderebbe a sopravalutare tutto ciò che la conferma e a rimuovere tutto ciò che la contraddice. Ho recentemente letto una lettera che un bambino di Napoli ha spedito a Babbo Natale: il bambino chiedeva un regalo soltanto a Babbo Natale, perché è consapevole che Babbo Natale i regali li va a rubare. Una lettera del genere sarebbe impensabile a Stoccolma per il semplice fatto che l'ambiente e le interazioni sociali sono coerenti verso un modello che rifiuta la trasgressione "rubare", ma ne accetta altre.
Un secondo aspetto è quello che tu stesso hai accennato, relativo al campo delle scoperte genetiche e neuroscientifiche, che stanno mettendo sempre più in crisi l'uomo moderno fondato sull'individualismo e sulla capacità quasi eroica di superare ogni difficoltà. Qui ad esempio si può citare il concetto di metilazione, cioè la trasmissione di generazione in generazione della predisposizione a certe azioni, percui se il padre ha usato cannabis ha attivato una parte del suo codice genetico che ha apprezzato quell'uso, e questo potenziale apprezzamento verrà trasmesso geneticamente ai figli, indipendentemente dai condizionamenti sociali che possono aumentare o diminuire il rischio di entrare in contatto con le sostanze stupefacenti (qui è solo un esempio, non voglio certo aprire il discorso sulle droghe leggere).
Un terzo aspetto è quello relativo alla parte più primitiva della nostra struttura mentale, ancora ordinata per poter fronteggiare la violenza della natura e degli altri esseri umani con altrettanta violenza, sia per paura, sia per deterrenza, sia per difesa del proprio onore.
In tutte questi tre diversi aspetti della natura umana si perviene ad una consistente riduzione del libero arbitrio in senso individuale. E' per questo che ritengo che il libero arbitrio debba essere adottato come libera volontà di un aggregato sociale sufficientemente ampio da modificare il comportamento medio dei soggetti per un periodo di tempo sufficientemente lungo. Ed effettivamente è quello che sta realmente accadendo da qualche secolo a questa parte proprio in molti paesi dell'occidente, come ho accennato in altre discussioni. Tutti i modelli di azioni che teoricamente impongono la condivisione dei comportamenti favoriscono una consapevolezza della libera volontà in termini collettivi e un declino delle ideologie e delle teorie che invece sottolineano l'irriducibilità individuale del libero arbitrio.
Questi modelli di azione sono, a livello politico, la democrazia, a livello economico, il libero scambio delle merci in un sistema capitalistico "responsabile", a livello culturale, l'illuminismo e il pensiero scientifico moderno. E' inevitabile che in società complesse come la nostra le responsabilità siano diffuse.
Detto questo va anche sottolineato che non siamo neppure degli automi lobotomizzati. Abbiamo la nostra parte di responsabilità anche individuale poichè ognuno di noi è dotato di meccanismi di resilienza agli stress ambientali diversi. Non tutti gli abitanti di Scampia sono degli spacciatori (detto per inciso a Scampia ci sono due licei, una serie di attività di contrasto all'illegalità e moltissime attività regolari). La molteplicità dei fattori individuali, fenotipici e genotipici, la complessità sociale, vista anche in chiave storica, l'interdipendenza fra soggetti sociali, i possibili parassitismi e spinte verso l'innovazione, creano un mileu dove le cause esterne e interne dell'agire umano si intersecano.
DIrei che quello che si può affermare con una certa sicurezza è la constatazione della maggiore causalità da parte di fattori esterni,rispetto a quelli individuali e la necessità proprio a partire da questa premessa di individuare dei nuovi paradigmi di responsabilità estesa e globale.