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Messaggi - sgiombo

#3046
Citazione di: bluemax il 09 Novembre 2016, 14:49:26 PM
Citazione di: giona2068 il 09 Novembre 2016, 13:14:52 PM
Citazione di: bluemax il 09 Novembre 2016, 13:05:06 PM
E' appurato, e accettato, e consolidato, senza alcun dubbio, che il tutto avviene come semplice reazione chimica all'interno del cervello.

Non c'è spiritualità, non c'è dolore ne gioia (se non ricompense chimiche volute dall'evoluzione), non c'è mente se non processi cerebrali, ma sopratutto non vi è un Se' un io... se non come sovrapposizione di mappature tra quel che l'occhio vede e quel che il corpo prova (è il mondo a muoversi o la testa ? Per valutare questo serve la creazione di un IO illusorio).

E non c'è amore, non c'è odio, non c'è Libero arbitrio...

la filosofia muore lentamente, l'arte pure, la spiritualità diviene inutile di fronte la realtà dei fatti... ossia che non siamo molto differenti da un minerale...

E già, ma chissà perché queste sensazioni/sentimenti nei minerali e nell'uomo morto/senza anima non esistono!
Perchè non esistono neppure nell'uomo vivo, se non come mere illusioni create dal cervello... sono semplici reazioni chimiche che il cervello identifica come "emozioni". Le emozioni servono unicamente per stabilire se una qualsiasi azione (che ricordiamoci non deriva in alcun modo da libero arbitrio) ha effetto benefico sul corpo oppure no. Anche l'amore materno, che molti identificano come la piu' grande forma di amore, è del tutto semplice frutto di evoluzione.

Pare che a differenza dei rettili che deponevano uova, e che quindi si disinteressavano della prole, i mammiferi (tutti) abbiano sviluppato la secrezione di certe sostanze all'interno del cervello (che noi definiamo amore perchè ricompensano con oppiacei quindi contentezza) quando la prole era al sicuro. Altrimenti i mammiferi non avrebbero potuto evolversi (come del resto chissà quante prove fallimentari nella scala evolutiva vi sono state).

Quindi, pare che non vi sia alcun chè di magico, trascendentale, inspiegabile al di fuori del cervello.
Cervello e mente coincidono. Superstizioni, Religioni, Credenze... tutto frutto di serotonina con il semplice scopo di far progredire la specie.
Anche la bontà e aggressività fanno parte di tutto questo...

insomma... a quanto pare è finita l'era della filosofia e della spiritualità in quanto prettamente superate dai fatti...

questo inizialmente angoscia (come ogni nuova idea che distrugge credenze precedenti pensate come vere ed inconfutabili) ma dopo aver assimilato il concetto (e visto che non c'è alternativa) devo ammettere che tutto diviene.... sereno...

ma inizialmente l'angoscia è notevole...


Questo sarebbe vero se i pensieri li consideri come "TUOI". 

Penso invece che i pensieri non sono affatto tuoi ma presi in prestito da altri. Entrano, usano il tuo cervello e se ne vanno. 

Come dicevo penso che i pensieri o riflessioni in realtà non sono assolutamente i "tuoi" (dove per tuo intendo un qualcosa che ti appartiene o generato da un tuo << Sè >> che abbiamo visto non esistere)  ma possono essere paragonati ad ospiti che per motivi causali (diverso da casuali) utilizzano il tuo cervello come ambiente per svilupparsi e nulla di piu'.


CitazioneInnanzitutto la "morte della filosofia" é già stata proclamata innumerevoli volte da svariati scientisti, e la filosofia é sempre viva e vegeta più che mai!

Poi non é affatto appurato, e accettato, e consolidato, senza alcun dubbio, che "il tutto" avviene come semplice reazione chimica all'interno del cervello.
Ciò che é appurato oltre ogni ragionevole dubbio (e non senza alcun dubbio in assoluto; dubbio che la scienza deve sempre coltivare autocriticandosi continuamente per poter progredire) é che necessariamente a una certa determinata condizione di una certa determinata esperienza fenomenica cosciente corrisponde sempre necessariamente una certa determinata condizione (neuro-) fisiologica di un certo determinato cervello e viceversa; che é ben altra cosa da una pretesa identificazione di eventi di coscienza ed eventi cerebrali (nell' ambito -direttamente o più spesso di fatto indirettamente- di determinate esperienze coscienti): non é la coscienza (con i suoi elementi mentali e del tutto parimenti con i suoi elementi materiali) ad essere nel cervello, ma al contrario é il cervello (sono i cervelli) ad essere nella coscienza (nelle coscienze). Fin che non si renderanno conto di questo, fin che non compiranno questa necessaria "rivoluzione copernicana" neurofisiologi in vena di proclami filosofici e filosofi della mente monisti materialisti non faranno che affermazioni errate.

Il cervello é un insieme di sensazioni direttamente esperite o di deduzioni da sensazioni direttamente esperite circa sensazioni in linea teorica direttamente esperibili.
Esattamente come "spiritualità", dolore e gioia (e altri sentimenti) e come la mente (in generale la "res cogitans"), proprio allo stesso identico modo, anche i corpi e gli eventi materiali (in generale la "res extensa"), e in particolare i cervelli, sono insiemi e successioni di sensazioni facenti parte di esperienze fenomeniche coscienti: gli uni non sono in alcun modo più reali degli altri: entrambe le "cose", "extensa" e "cogitans" sono del tutto ugualmente reali fenomenicamente, come insiemi e successioni di sensazioni (presentemente in atto o potenzialmente esperibili come tali).

E in questo davvero non c' é proprio nulla di magico e inspiegabile (di trascendente sì, perché per la chiusura causale del mondo fisico eventi materiali non possono interagire con eventi mentali e viceversa, ma solo, per così dire, "divenire parallelamente, di pari passo su piani diversi e incomunicanti, ovvero reciprocamente "trascendenti").

Inoltre nel cervello non entrano affatto "pensieri" o "riflessioni", ma solo impulsi elettrici condotti lungo i nervi sensitivi (che sono ben altre cose!); e così pure ne escono solo impulsi elettrici condotti lungo nervi motori o comunque efferenti (idem!).
E i pensieri e le riflessioni (come anche i sentimenti, i ricordi, le immaginazioni, i desideri, le aspirazioni, ecc.), mentre accadono, sono una cosa; mentre le trasmissioni di impulsi lungo fasci di assoni, le eccitazioni ed inibizioni trans-sinaptiche, ecc. che necessariamente vi corrispondono biunivocamente in determinati cervelli sono un' altra, diversa cosa, anche se le due "cose" necessariamente coesistono" (tra identificarsi e coesistere c' é una bella differenza!).
#3047
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
07 Gennaio 2017, 18:45:44 PM
Citazione di: maral il 07 Gennaio 2017, 18:34:38 PM
CitazioneSulla necessità dell'introspezione non ho dubbi, ma che questa debba essere necessariamente razionale non credo, se per razionale si intende uno sguardo del tutto oggettivo che rifiuta il proprio essere fondamentalmente irrazionale, anche quando si opera da osservatori. Più sopra ho accennato a Jung che nel "Libro rosso" compie un'introspezione del tutto irrazionale, lasciandosi guidare dalle proprie allucinazioni per tentare di arrivare al "Sé". E in un certo senso trovo sia quello che fanno in genere i poeti. Chissà se può esservi una "via terapeutica della poesia"... 


CitazioneL' oggettività della conoscenza secondo me é un ideale a cui tendere quanto più possibile (sempre messo in dubbio -criticato razionalmente- dall' insuperabile dubbio scettico), tanto più difficile da raggiungersi circa se stessi; ma questo secondo me proprio perché é difficile distaccarsi dall' irrazionale (da pregiudizi e inclinazioni soggettive) nell' esaminare se stessi e adottare un atteggiamento razionalistico fino in fondo (che dunque resta per me un' esigenza necessaria della ricerca della verità e della felicità; di fatto non sempre conseguibile pienamente, ma comunque da ricercare quanto più conseguentemente possibile).
#3048
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
07 Gennaio 2017, 18:35:28 PM
Citazione di: Garbino il 07 Gennaio 2017, 16:40:22 PM----------------------------------------
----------------------------------------
CitazioneBeh, se non altro devo dire che consento sui dissensi (e che non mi é costata neanche tanta pazienza il leggerti).

Più di questo (e di un reciproco cortese rispetto) penso che fra concezioni così reciprocamente contrastanti come sono le nostre non sia possibile pretendere.
Quindi stiamo sereni e cerchiamo di goderci al meglio la vita!
                                                                                                     (Sgiombo)
#3049
Citazione di: filofisico il 06 Gennaio 2017, 23:20:12 PM
X Sgiombo( e tutti)



Dal libro dell'autore cito testualmente (pag 539)
-una versione debole della teoria asserirebbe che la coscienza si fonda sul linguaggio, ma invece che
essere un fenomeno cosi' recente, ebbe inizio proprio con il sorgere del linguaggio,forse anche prima
della civilizzazione,diciamo 12000 anni A.C,pressappoco con l'inizio della mentalita' bicamerale
di udire le voci.Entrambi i sistemi mentali (mente bicamerale e coscienza) sarebbero potuti procedere
assieme fino all'abbandono della mente bicamerale................Questa e' una posizione estremente
debole,poiche' potrebbe spiegare quasi tutto, ed e' pressoche' inconfutabile (N.B metodo popperiano,
posizione mi pare accostabile all'intervento di Sgiombio).
La versione forte e' di maggior interesse ed e' quella enunciata nell'introdurre il concetto di  mente bicamerale.Essa stabilisce una data sorprendentemente vicina per l'ingresso nel mondo di questa
straordinaria privatezza di eventi non manifesti che chiamiamo coscienza..........la data e' all'incirca
il 1000 A.C. questa datazione puo' essere individuata nelle testimonianze provenienti dalla
Mesopotamia, dove il disgregarsi della mente bicamerale e' ben evidente.Esso fu dovuto alle
caotiche disfunzioni sociali,alla sovrappopolazione e probabilmente al successo della scrittura
nel rimpiazzare le modalita' orali di comando (indebolimento delle voci allucinatorie dell'emisfero
destro). questa disgregazione diede origine a molte pratiche che ora chiameremmo religiose, che furono sforzi per reintegrare le voci perdute degli dei.-

Le precisazioni di Sgiombo,condivisibili in quanto da me malamente interpretata la suddetta teoria, non inficiano il ruolo
portante della scrittura nella genesi della coscienza "moderna".
Altro punto di estremo interesse, che qualifica la ricerca jaynesiana come assolutamente eccentrica, e' il concetto di
autocoscienza come precipua caratteristica dell'uomo rispetto alle altre specie viventi.
Cio' viene recisamente negato all'autore:-Quando ci poniamo la domanda "che cosa e' la coscienza?" diventiamo
coscienti della coscienza.E la maggior parte di noi ritiene che proprio  questa coscienza della coscienza
sia la coscienza. MA NON E' COSI'.-(pag 37 ib)
Ho riflettuto a lungo sul fatto che Jaynes ricusasse l'autocoscienza come caratteristica eminentemente umana, poi piu'
avanti nel libro ho trovato la soluzione:- La metafora e' il fondamento costitutivo del linguaggio(pag 70 ib).......
Se capire una cosa significa pervenire ad una metafora che ce la renda familiare, possiamo vedere che nel
comprendere la coscienza ci sara' SEMPRE una DIFFICOLTA'. dovrebbe essere immediatamente chiaro
che nella nostra esperienza immediata non c'e' e non puo' esserci alcunche' di simile all'esperienza immediata stessa.
Si puo' dire percio' che in un certo senso noi non saremo mai in grado di capire la coscienza nello stesso modo in cui
possiamo capire le cose di cui siamo coscienti.-

Questo potrebbe definirsi forse "il problema difficile" di Chalmers, ma mentre in Chalmers non approda a niente,


https://it.wikipedia.org/wiki/David_Chalmers


In Jaynes mi trasmette una strana sensazione di pace interiore,di appagamento
CitazioneE' ovviamente impossibile criticare in due a parole un libro di centinaia di pagine.
 
Quel che posso dire (anche avendo letto l' intervento di Paolo Zardi da te linkato in un precedente intervento) è che questa teoria mi fa la netta impressione di una serie di fantasiose ipotesi "in libera uscita a briglia sciolta dall' immaginazione", anche se con pretese "prove documentali" (un po' come le elucubrazioni sulle "scie chimiche nel cielo").
Fra l' altro, salvo che in quest' ultimo tuo intervento, mi sembra che da parte di chi illustra questa teoria (compreso Paolo Zardi) si faccia una costante confusione fra coscienza (che per me è ragionevolissimo pensare sia posseduta anche da molte altre specie animali) ed autocoscienza (che per me, contrariamente a Jaines, che qui dici negarlo recisamente, è esclusivamente umana e probabilmente richiede, come conditio sine qua, non elevate capacità di pensiero astratto che per lo meno sono alla base del linguaggio e che dal linguaggio sono potentemente favorite e sviluppate).
 
Non sono nemmeno d' accordo che la metafora (una metafora, fra le tante altre possibili) sia da identificarsi con la comprensione di un problema; per me una metafora al massimo può costituire un aiuto nella comprensione o un tentativo di "adombrare" (e non realmente spiegare) ciò che si intende comunicare a chi non sia dotato dei mezzi teorici necessari per comprenderlo realmente (una autentica, reale spiegazione – comprensione di un problema per me richiede una serie di argomentazioni più o meno astratte costituenti un discorso logico inferenziale).
 
ll "problema difficile di Chalmers è tutt' altra cosa, cioè quello del nesso o relazione fra l' esperienza cosciente da una parte e il cervello dall' altra.
Chalmemers non lo risolve (almeno non soddisfacentemente per me; proponendo comunque un' ipotesi panpsichistica a mio avviso poco convincente e non sufficientemente esplicativa), ma ha l' immenso merito di riconoscerlo di rendersene conto, al contrario di pressocché tutti i neurofisiologi e gran parte dei filosofi della mente che credono che l' individuare e il definire sempre meglio, con crescente precisione e completezza, i correlati neurofisiologici della coscienza (con i quali indebitamente, erroneamente tendono ad identificarla, mentre di si tratta di ben diverse "cose"!) risolva tutti i problemi (molti del "problema difficile" nemmeno si rendono conto).
#3050
Citazione di: filofisico il 06 Gennaio 2017, 14:55:54 PM
Citazione di: paul11 il 05 Gennaio 2017, 23:29:34 PM


Non è quindi la struttura fisica del cervello il risultato, ma il rapporto uomo-coscienza-linguaggio che storicamente ha mutato le civiltà, per cui prima il linguaggio è descrittivo della realtà, poi coscienza-simbolo esteriore, infine coscienza interiore-metafora.


In questa tua conclusione non vedo contraddizioni con il pensiero di Jaynes
E' chiaro che le tesi dell'autore si inseriscono
in un contesto darwiniano. Interessante invece l'importanza della scrittura rispetto alla parola nelle concause  del crollo della mente bicamerale;
la voce e' ancora gesto, denotativa direbbe De Saussurre, mentre l'alfabeto e' connotativo, crea foreste di simboli e gli spazi mentali nei quali
l'uomo moderno crea i suoi spazi interiori. Parafrasando il celebre incipit di Descartes forse Jaynes si potrebbe semplificare dicendo:
Scrivo quindi sono.


CitazioneIl linguaggio (come mezzo di comunicazione interpersonale; e anche il pensiero linguistico, il linguaggio come modo di pensare), anche solo parlato ("detto e  sentito"), cioé prima dell' invenzione della scrittura, é già simbolico: una parola anche solo detta o sentita e non scritta può sia denotare oggetti (enti ed eventi) concreti - materiali, sia connotarli e inoltre può connotare (ed eventualmente denotare) concetti astratti e altre esperienze mentali, oltre che connotare oggetti concreti fantastici, inesistenti (privi di denotazione reale).
Anche prima dell' invenzione della scrittura gli uomini conoscevano e pensavano concetti astratti e concetti di stati mentali, raccontavano ricordi, sogni (a occhi chiusi e a occhi aperti), fantasie, inventavano miti (e magari mentivano anche di proposito); e dunque avevano tutti i "mezzi mentali" necessari per essere autocoscienti (coscienti lo sono sempre stati, al pari -si può ragionevolmente presumere- di molte altre specie animali, purché dotate di sistemi nervosi sufficientemente sviluppati e complessi).

Secondo me la parafrasi cartesiana calzante sarebbe "parlo, dunque sono" (che non é poi molto diversa dall' originario "cogito": Cartesio, per lo meno quando meditava di metafisica, pensava linguisticamente, cioé "parlava con se stesso innanzitutto e con gli altri").
#3051
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
06 Gennaio 2017, 19:24:39 PM
Citazione di: maral il 06 Gennaio 2017, 09:40:06 AM
Citazione di: sgiombo il 05 Gennaio 2017, 19:33:11 PM
Intanto mi sembra che Freud considerasse la psicoanalisi una scienza (medica) e non una filosofia. Quindi anche da un "presumibile punto di vista freudiano ortodosso" la tua interpretazione filosofica mi sembra per lo meno decisamente discutibile.
Probabilmente sì, ma il concetto di inconscio ha risvolti filosofici fondamentali, in parole povere implica che nessuno, con la sua parte razionale (e a dispetto del mito platonico dell'anima che sta alla base del pensiero occidentale successivo, classico e poi cristiano nella sua forma teologica razionale), può essere davvero padrone di se stesso, poiché quella parte razionale proviene comunque dall'irrazionale inconscio. L'unica terapia praticabile per la malattia psichica è quindi la presentazione di questa matrice profonda e oscura alla sfera razionale che essa produce tramite il discorso e il linguaggio psicoanalitico, affinché ci si possa riconoscere in quello che si è, nella propria radicale genealogia e credo che questo rappresenti una novità assolutamente non trascurabile rispetto al pensiero classico.
CitazioneAnche secondo me nessuno può essere davvero padrone di se stesso. Secondo me perché anche se a un certo punto si decidesse di essere in un certo modo dettato dalla propria volontà, eventualmente mutando se stessi (per quello che si fosse stati fino ad allora), comunque questa decisione nascerebbe dal come si fosse allora (prima di essere come di deciderebbe di essere, ovvero di diventare); e il come si fosse allora (prima di decidere di essere nel modo che si vuole; compreso il fatto di essere tali da desiderare di diventare diversi da allora) non dipenderebbe dalla propria volontà ma sarebbe comunque subito non per una libera scelta da parte propria.

Inoltre le neuroscienze dimostrano che il divenire della coscienza va di pari passo con (N.B.: non é la stessa cosa di; e nemmeno é causato da) il divenire (in certe circostanze e non in altre) del cervello di ciascuno.
E gli stati del cervello di ciascuno che vanno di pari passo con la sua coscienza sono determinati (conseguono) secondo le leggi di natura dal divenire degli stati precedenti, i quali non sempre necessariamente corrispondono a stati coscienti (spesso non vi corrispondono). In questo senso potrei concordare che la coscienza (sia i suoi aspetti razionali che quelli irrazionali) derivano dall' inconscio (cioé gli stati neurofisiologici che con la coscienza vanno di pari passo derivano da altri stati neurofisiologici che non sempre e necessariamente hanno un corrispettivo cosciente).
Dissento invece che l
'unica terapia praticabile per la malattia psichica sia la presentazione dell' inconscio (per definizione non esperibile coscientemente) alla sfera razionale cosciente, la quale vi consegue nel senso di cui sopra, men che meno attraverso il discorso e il linguaggio psicoanalitico. "Presentazione alla coscienza dell' inconscio" é un' espressione contraddittoria, ciò che pretende di esprimere é impossibile; casomai si può cercare di fare ipotesi su cosa di "noumenico, di non cosciente poteva accadere nel proprio cervello mentre non si era coscienti ed a cui sono conseguiti stati fisiologici cerebrali con corrispettivo cosciente.
E penso che riconoscersi in quello che si è, nella propria radicale genealogia richieda introspezione razionale (già praticata da molti pensatori da gran tempo) e non certo le elucubrazioni irrazionali della psicoanalisi.
Che quest' ultima abbia avuto non trascurabile influenza in una certa fase della cultura occidentale (secondo me negativamente) concordo.
#3052
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
05 Gennaio 2017, 19:33:11 PM
A Maral:
Citazione
Anche a me, leggendo le tue risposte, sorge il dubbio di essermi rincoglionito con l' età (evidentemente, come al solito, ci è per lo meno molto difficile intenderci).

Intanto mi sembra che Freud considerasse la psicoanalisi una scienza (medica) e non una filosofia. Quindi anche da un "presumibile punto di vista freudiano ortodosso" la tua interpretazione filosofica mi sembra per lo meno decisamente discutibile.

Inoltre se "da sempre" (per lo meno dai tempi di Epicuro, se non anche prima) era nota (in occidente e probabilmente anche altrove) la differenza - complementarietà fra impulsi irrazionali ad agire (desideri, aspirazioni, ambizioni ecc.) e (possibile) considerazione razionale degli stessi, della loro realizzabilità (soddisfabilità) realistica o meno, dei mezzi a ciò necessari, ecc. (ed Epicuro, gli Stoici e altri, antichi e moderni, sostenevano e sostengono che la considerazione razionale la più rigorosa e corretta possibile degli impulsi irrazionali soggettivi e delle eventuali condizioni oggettive del loro soddisfacimento è necessaria per vivere una vita la più felice ovvero la meno infelice possibile), come mi sembra anche tu ammetta, allora non vedo proprio che cosa di buono possano averci dato in più le irrazionalistiche e inverificabili elucubrazioni fantasiose di Freud e seguaci sull' inconscio (ignorato da Epicuro semplicemente perché sarebbe risultato da un certo punto di vista un inutile e infondato orpello non necessario alla sua filosofia, da un altro punto di vista un ovvio corollario).
Anche il fatto che pretendere di negare e ignorare determinati impulsi ad agire (anziché cercare razionalmente di soppesarne la forza e di valutarne la realizzabilità o meno congiuntamente ad altri impulsi e con quali mezzi) fosse foriero di infelicità mi sembra evidentissimamente "sottinteso" dall' epicureismo, cioè un' ovvio corollario della filosofia del Giardino (e forse perfino che oltre certi limiti fosse un comportamento decisamente psicopatogeno; cosa questa comunque se non altro molto facilmente arguibile).

Quanto al fatto che le patologie psichiatriche non siano curabili farmacologicamente, se non in modo decisamente palliativo onde attenuarne (ovviamente non senza effetti collaterali più o meno indesiderabili) le sofferenze sintomatiche (per i pazienti e per "il loro prossmimo"), beh non mi sembra un buon motivo per abbracciare acriticamente pretese terapie "analitiche" fondate su fantasiose teorie non verificabili/falsificabili e non testate scientificamente onde discriminarne eventuali risultati episodici reali dal mero effetto placebo.
Né men che meno per interpretare queste pretese teorie scientifiche come non voluta filosofia (a mio modo di vedere irrazionalistica, non sottoposta a serrata critica razionale delle sue tesi, e che perciò comunque personalmente rifiuto).


A Garbino

Innanzitutto ci tengo a precisare che se non ho mai letto Nietzche non è certo per il timore di una sua presunta "esplosività": uno come me, che ha letto (e in complesso approvato in varia misura, e per quanto riguarda alcuni di essi sostanzialmente in toto), fra gli altri, Machiavelli, Robespierre, Babeuf, Buonarroti, Bakunin, Blanqui, Engels, Marx, Lenin, Stalin, Mao Tsetung non teme di certo la eventuale "esplosività" di nessun altro autore!
Probabilmente non ti riferivi a me con questa espressione, ma mi sono comunque sentito in dovere di fare questa precisazione.
Non ho mai letto Nietzche perché su di lui ho sentito dire e letto (anche da parte di suoi più o meno entusiastici ammiratori dichiarati) che ritenesse infondata qualsiasi morale (secondo lui di infausta ascendenza ebraico-cristiana) basata sull' altruismo, la compassione e la solidarietà verso i più sfortunati, deboli. bisognosi di aiuto (per intenderci "la morale del buon samaritano"), nonché sull' uguale dignità personale di tutti gli uomini, e che propugnasse invece un preteso più "nobile" atteggiamento (di presunta origine "classica - precristiana", ma forse da "sviluppare" ulteriormente) forsennatamente elitario, disegualitario (al limite o forse oltre il limite del razzismo), egoistico, cinico, spietato, aggressivo, che pretenderebbe fondato sul (falso) presupposto che gli uomini sarebbero profondamente diversi fra loro quanto a dignità personale, nel senso che si distinguerebbero (fin dalla nascita -congenitamente- e incorregibilmente) fra "superiori", "ben riusciti", "dominatori" da un parte e "inferiori", "mal riusciti", inetti", "pavidi e codardi", "servi per vocazione"  dall' altra; atteggiamento da lui propugnato secondo il quale i primi possono e devono servirsi per i propri scopi dei secondi ad libitum, senza limiti di sorta, senza scrupolo alcuno, anche danneggiandoli, opprimendoli, depredandoli, sfruttandoli, schiavizzandoli e financo sterminandoli senza pietà (ritenuta un pessimo vizio ebraico-cristiano) onde perseguire a qualsiasi costo (ovviamente per gli altri!) il proprio egoistico, insindacabile interesse.
Proprio come di fatto "Big pharma" fa con i veri o presunti malati (anche se sostanzialmente sani), dal momento che, come anche da te affermato, "Da dove impera il profitto [...] ci si può attendere di tutto, anche l' assenza di senso etico dove [...] non dovrebbe mai mancare".
Ora, se tu mi assicurassi che queste sono solo fregnacce di malevoli denigratori in malafede o magari di idioti ammiratori e pseudoseguaci in buonafede che non hanno capito un accidente (e magari mi consigliassi uno scritto nel quale Nietzche condanna drasticamente tutto ciò sostenendo tesi nettamente contrarie), allora forse potrei anche prendere in considerazione l' ipotesi di cominciare a leggerlo prima o poi (altre più desiderabili letture permettendo).
Ma già da quanto sostieni in questa discussione circa la pretesa necessità di porsi "Al di là del bene e del male" (N.B.: non di ciò che oggi sarebbe erroneamente ritenuto da alcuni, da molti o magari dai più essere bene ed essere male onde seguire una concezione di ciò che è bene e di ciò che è male più autentica, più corretta, più vera)  mi sembra con tutta evidenza andare proprio nel senso nel quale ho sempre sentito parlare del pensiero di Nietzche, e che me lo ha fatto sempre disprezzare toto corde, quale espressione ideologica (dunque falsa), forse la più genuina e probabilmente a tutt' oggi insuperata, del capitalismo giunto a uno stadio del suo corso storico ormai ampiamente superato oggettivamente dallo sviluppo delle forze produttive, in una fase di "ingravescente putrefazione" *

Non vedo comunque come con tutto ciò "a livello filosofico" (ma forse quello etico non è forse uno dei più importanti problemi, interessi, argomenti della filosofia?!) possa conciliarsi "una sempre maggiore considerazione e serietà su ciò che si ritiene debba essere il nostro codice di comportamento sia individuale che sociale": cos' altro se non il bene e il male (ciò che si ritiene sia bene fare e male non fare e ciò che si ritiene male fare e bene non fare; ovvero: l' etica) potrebbe dettarci un codice assiologico, deontologico di comportamento?
Se le parole in lingua italiana hanno un senso, allora cercare, proporre, seguire un codice di comportamento etico implica necessariamente il restare "Al di qua della distinzione fra il bene e il male", magari per superare determinati limiti ed aspetti o elementi superati, storicamente transeunti del modo in cui viene di fatto oggi prevalentemente declinata; mentre invece pretendere di trascenderla non può significare altro che rifiutare qualsiasi codice di comportamento morale.

___________________
* Come vedi, non sono un moralista politicamente corretto e non mi astengo dal descrivere senza ipocrisia e "diplomaticistica delicatezza" ciò che penso; anche perché immagino che altri (e tu fra questi) disprezzino altrettanto cordialmente le mie convinzioni egualitaristiche, altruistiche, solidaristiche, e probabilmente ancor più le mie convinzioni politiche ("vetero")-comuniste (che potremmo impropriamente denominare "staliniste", tanto per intenderci); ma se anche così non fosse per me non cambierebbe nulla.
#3053
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
01 Gennaio 2017, 17:34:15 PM
Continuazione:

SGIOMBO:
C' é pensiero "classico" (o antico) e pensiero "classico". Nell' epicureismo (non é classico? Certamente é antico) questo dualismo non c' era.

 E nemmeno in molti altri filoni di pensiero antichi e moderni molto più razionalistici della psicoanalisi.



MARAL:
Certo, intendevo l'epicureismo come pensiero classico (per questo ho scritto "nell'epicureismo e nelle altre forme di pensiero classico", ove l'epicureismo è una di queste).
La differenza con la psicanalisi è proprio qui: mentre nel pensiero classico, epicureismo compreso (per come ci è pervenuto), c'è un dualismo contrapposto tra razionalità del logos governante e irrazionalità della natura, con il pensiero post nicciano e con la psicanalisi questo dualismo viene superato nella posizione di una fondamentale matrice inconscia pulsante che sta alla radice di tutto, è il regno della pulsione e dei suoi vitali che precedono ogni razionalità e di conseguenza ogni irrazionalità, è questa matrice che dà forma a ogni forma vitale (stabilendo così anche ciò che è irrazionale agli occhi del razionale).  
I punti "razionali" (e credo perfettamente condivisibili anche da un freudiano) che tu presenti sono le regole con cui la razionalità esercita il suo dominio raziocinante (quindi soppesante e calcolante) sugli impulsi irrazionali dettati da una necessità che Freud intende fondamentalmente biologica. Ma questa sfera pulsionale, non è altra cosa, ma l'unica matrice sovra individuale di quella stessa razionalità che consente all'essere umano di costituirsi come individuo realizzando la propria autonomia esistenziale. E' il flusso da cui ogni nostro pensiero e sentimento trae origine e questo né Epicuro, né le altre forme di pensiero classico, mi sembra lo avessero pensato (forse un'intuizione simile la si ritrova nel pensiero filosofico-mitologico orientale, proprio perché in tale ambito la filosofia non ha mai inteso annullare la mitologia come ha fatto il pensiero logico occidentale fin dalle sue origini).



SGIOMBO:
Non trovo alcun dualismo fra pretesa razionalità umana e irrazionalità naturale nell' epicureismo )e in altre filosofie razionalistiche di tutti i tempi).
 
Ciò che "sta oggettivamente alla radice di tutto" non è neé razionale né irrazionale, è reale e basta: più o meno razionale o irrazionale può essere l' uomo nell' atteggiarsi di fronte alla realtà.
 

Epicuro non ignorava certo l' irrazionalità dei desideri, ma giustamente rilevava che per essere felici (il più umanamente possibile) essa va razionalmente valutata, e in base a questa valutazione razionale si deve agire (senza farneticazioni mitologiche inutili e fuorvianti).
#3054
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
01 Gennaio 2017, 17:29:35 PM
Citazione di: maral il 31 Dicembre 2016, 22:35:26 PM
CitazioneRIESCO ANCORA A DARE UNA RISPOSTA PRIMA DELL MIE BREVI FERIE 


Citazione di: sgiombo il 31 Dicembre 2016, 16:51:31 PM
se si ammette per veri (si crede infondatamente veri) un minimo di assunti indimostrabili né logicamente né empiricamente, allora si può distinguere fra verità (predicati circa la realtà tali che la realtà é ad essi "conforme", così come essi predicano che sia) e falsità (per lo meno in un numero limitato di casi, non esistendo da nessuna parte la perfezione).

E che la verità della scienza "in sé" non sia condizionata socialmente, che non sia "valida nel contesto sociale che la rende vera" ma sia invece vera oggettivamente.

Il punto è che qualsiasi assunto indimostrabile si assuma come punto di partenza esso è "assunto" sulla base di un percorso storico e sociale che va ben al di là di qualsiasi scelta razionale degli individui, è assunto sulla base di un modo di sentire la "verità" che resta negli individui e nei gruppi fondamentalmente inconscia e di cui la posizione assuntiva di certi principi è un effetto contingente e mai assoluto.

CitazioneCome ha fatto ben notare Davintro in apertura di questa discussione, se ci si appella ll' "inconscio" non è possibili per definizione alcuna verifica/falsificazione empirica; all' inconscio si può attribuire tutto e (o meglio, per coerenza logica: o) il contrario di tutto senza tema di smentita né speranza di conferma.
 
Da seguace del materialismo storico credo che qualsiasi scelta (oltre che pratica) teorica, razionale o meno, è condizionata socialmente (in ultima istanza, attraverso complesse mediazioni, dalle relazioni dialettiche fra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione); ma credo che si tratti di un condizionamento ben diverso da quello fra Dio-dettatore e Corano-dettato a Maometto secondo la religione musulmana.
Credo che si tratti del fatto che, a seconda dei casi, i rapporti sociali favoriscono od ostacolano in maggiore o minor misura la ricerca razionale della conoscenza, la critica razionale della conoscenza stessa, la scelta se assumere o meno credenze logicamente indimostrabili né empiricamente constatabili come premesse indispensabili di conoscenza vera in generale e di conoscenza scientifica in particolare, l' acquisizione o meno della consapevolezza del carattere non razionalmente fondato (non dimostrabile né constatabile) di li credenze, ecc. Il che (i quali risultati teorici) non è di per sé così com' è (non sono quelli che sono e non invece altri) in quanto conseguenza del condizionamento sociale ma invece di ragionamento, di riflessione (più o meno corretti), che i rapporti sociali possono favorire o meno nel raggiungimento della correttezza e della verità in maggiore o minor misura a seconda dei casi.
Una critica razionale delle conoscenza (e in particolare delle conoscenze scientifiche; e anche una concezione della realtà in generale, un' ontologia) può essere più o meno correttamente razionale per quello che afferma e per come lo afferma (e le condizioni sociali possono favorire od ostacolare in maggior e o minor misura il suo raggiungimento); e non è invece correttamente razionale se raggiunge determinati risultati teorici (afferma determinate tesi) in determinate circostanze sociali e altrettanto correttamente razionale se raggiunge determinati altri risultati teorici (afferma determinate altre, diverse tesi), diversi e incompatibili con i precedenti, in altre diverse, determinate circostanze sociali.
Solo in questo senso accetto che qualsiasi assunto indimostrabile si assuma come punto di partenza esso è "assunto" sulla base di un percorso storico e sociale che va ben al di là di qualsiasi scelta razionale degli individui.

Questo vale anche per la scienza attuale che potrebbe essere "oggettivamente" vera (ossia vera in sé, come se con la scienza si potesse godere dello sguardo dell'assoluto, di un Dio che può vedere ciò che è in modo panoramico) solo se fosse al di fuori di ciò che interpreta e descrive (appunto come Dio), ma non è così, poiché anche il modo di pensare scientifico è il prodotto (e non l'origine trascendente) di una storia sociale sterminata, fatta di un numero infinito di prassi che sono andate modificandosi e continueranno a modificarsi reciprocamente, dunque continuerà a modificarsi il senso di quegli stessi assunti e quindi quelle stesse verità e metodologie scientifiche che ora si ritengono oggettivamente incontestabili, in modo del tutto ovvio. Questa non è una affermazione scettica o solipsistica, è la pura constatazione che nessun osservatore storico (quindi non trascendente come una divinità creatrice fuori dal mondo) può considerarsi al di sopra della storia che genera il suo modo di osservare, di fare e di pensare il significato di ciò che pensa e osserva e nel contempo che ogni osservatore partecipa della realtà nel contesto specifico che gliela presenta. Non è allora possibile raffrontare la verità ritenuta vera un tempo con quella ritenuta vera oggi, proprio perché tale giudizio comporterebbe un situarsi fuori dalla storia che produce ogni ieri e ogni oggi, ogni osservatore e ogni principio a cui ci si affida. Non c'è alcun percorso progressivo verso la verità, un simile progresso può apparire tale solo relativamente alla verità attuale che solo oggi funziona come verità vera, solo relativamente al contesto che oggi la produce che non può essere il contesto (sociale, culturale) che produceva la verità nel passato. Il difetto di buona parte della scienza (e anche di molta filosofia) è, per usare un termine psicanalitico, quello di rimuovere il fatto di essere sempre e comunque il risultato di una storia immensa di cui ogni attribuzione di senso è sempre arbitraria, poiché sempre in realtà si partecipa della verità nel continuo divenire dei suoi significati relazionali.
La scienza, proprio in quanto prodotto del fare umano (delle tecniche umane), è sempre condizionata dai modi di fare che generano modi di capire e di pensare che non possono essere gli stessi in tempi e luoghi diversi e nemmeno possono pretendere di essere più veritieri rispetto a quelli di altri tempi e luoghi.
Le classi dominanti che incarnano le idee dominanti in realtà sono sempre transienti; esse si affermano in quanto interpretano esigenze storiche e tentano di resistere anche quando i contesti che proponevano quei significati culturali e sociali che le favorivano sono mutati. Pensano allora di poter imbrigliare la storia con il mantenimento inamovibile di quei principi di cui proclamano l'oggettività formale incontestabile, ma che essi stessi, senza saperlo, con le loro pratiche, hanno contribuito a mutare e, con la violenza ferocemente conservatrice di tale pretesa, inevitabilmente tramontano, insieme a quelle idee che ora sono diventate come gusci vuoti, strutture artificiose e soffocanti prive di senso (e in questo consiste l'abbattimento della vecchia morale che effettua Nietzsche per affermarne una nuova oltre i vecchi concetti di bene e di male, ma anche il pensiero politico economico e sociale di Marx si muove nella stessa direzione, poiché ogni classe sociale è portatrice di aspetti congruenti di realtà nel divenire storico).
L'unica certezza su cui sarei pronto a scommettere è che le nostre attuali "visioni oggettive" tra qualche secolo (o forse prima) appariranno del tutto inconsistenti in ragione delle nuove prassi che verranno, e che le nuove visioni saranno intese come doverose correzioni e rivisitazioni in senso oggettivo e razionale di quelle che le hanno fondate. Così è per la meccanica quantistica di Copenhagen, così è per la psicanalisi e per qualsiasi principio morale o di cura medica e così sarà per tutte le teorie che vengono e verranno a sostituirle nella pretesa di guida delle prassi.

CitazioneLa scienza non ha mai preteso alcuna perfezione e completezza "divina" (casomai l' hanno fatto e lo fanno pessime filosofie irrazionalistiche; "scientistiche").
Può però pretendere a ragione l' oggettività (e la verità relativa, parziale, limitata) delle sue teorie se sono vere alcune sue premesse indispensabili (non confutate dall' esperienza né dalla logica ma non constatabili empiricamente né dimostrabili logicamente: possibili, non necessarie, che potrebbero, non devono necessariamente, essere vere; premesse e infondabilità razionale delle premesse stesse spesso implicite, di cui cioè molti suoi cultori sono di fatto ignari), quali l' esistenza di più esperienze fenomeniche coscienti oltre la "propria" immediatamente esperita, l' intersoggettività delle componenti materiali (esteriori) delle diverse esperienze fenomeniche coscienti (cose "suggerite" da quanto gli altri uomini ci comunicano verbalmente se -cosa indimostrabile- non si tratta di pseudocomunicazioni del tutto fortuite di inesistenti significati solo apparentemente ma falsamente indicati da pseudosimboli verbali; oppure di "maliziosi inganni" del tipo del cartesiano "genio maligno" o del putmaniano scienziato maligno che ha messo il nostro "cervello nella vasca"); e inoltre il divenire di tali componenti materiali – naturali (esteriori) ordinato, relativo o parziale, secondo modalità o leggi universali e costanti astraibili col pensiero dai fatti particolari e concreti e "confermabili" (e non: verificabili) o falsificabili (letteralmente) attraverso adeguate osservazioni e misurazioni empiriche ("spontaneamente offerte dalla natura" o ad essa "estorte" cimentandola adeguatamente in maniera più o meno artificiosa e ingegnosa).
A queste condizioni la conoscenza scientifica è vera ed oggettiva e le circostanze sociali possono (non certo "dettarne i contenuti teorici", ma solo) favorirne od ostacolarne in maggiore o minor misura l' acquisizione e lo sviluppo (che consiste in un progressivo, non lineare "sfrondamento" di elementi di falsità e loro sostituzione con elementi di tendenzialmente crescente verità, o comunque con l' acquisizione ex novo di elementi di verità, nella successione -modificazione più o meno "riformistica" o sostituzione più o meno "rivoluzionaria"- delle teorie scientifiche (sviluppo socialmente agevolato od ostacolato in maggiore o minor misura nelle diverse circostanze storiche).
 
Dunque il fatto che nessun osservatore storico (quindi non trascendente come una divinità creatrice fuori dal mondo) può considerarsi al di sopra della storia che genera il suo modo di osservare, di fare e di pensare il significato di ciò che pensa e osserva, a certe indimostrabili né confutabili condizioni è del tutto compatibile con la verità oggettiva (ovviamente parziale, limitata) della conoscenza scientifica.
E infatti a quanto pare essa funziona (ha sempre funzionato, nei suoi limiti ovviamente, fin dai suoi esordi più rudimentali o primitivi, poi in gran parte superati).
E infatti nessuna persona comunemente considerata sana di mente agisce in contrasto alle sue conoscenze (nella misura in cui ne dispone di fatto); per esempio nessuna persona comunemente considerata sana di mente si getta dal 100° piano di un grattacielo in quanto, non essendovi certezza razionale in grado di superare il dubbio scettico più radicale circa le leggi della gravità, in teoria la possibilità di sfracellarsi da un momento all' altro contro il soffitto è pari a quella di sfracellarsi al suolo, e dunque di tanto in tanto, prima o poi, tanto vale provare a farlo.
 
Dunque (nei limiti e alle condizioni di cui sopra) é possibilissimo raffrontare la verità ritenuta vera un tempo con quella ritenuta vera oggi, poiché tale giudizio non comporta un impossibile situarsi fuori dalla storia che produce ogni ieri e ogni oggi, ogni osservatore e ogni principio a cui ci si affida.
Ed infatti ciò è accaduto più di una volta (un caso celebre è quello dell' osservazione dell' eclissi di sole del 1919 che consentì di confrontare la teoria della gravitazione di Newton con quella di Einstein e di stabilire che fra le due la seconda è oggettivamente da ritenersi più vera (ieri, oggi e domani; salvo l' emergere di errori od omissioni, sempre umanamente possibili e di cui le scienze non hanno mai preteso infallibilmente di essere esenti, ovviamente).
 
Non può darsi contesto culturale in grado di far sì che la teoria tolemaica sia vera e quella copernicana sia falsa (ve ne è stato uno che ha fatto sì che questo fosse creduto falsamente vero quasi universalmente, ma non certo che fosse reale! I fatti hanno la testa molto più dura della più ottusa e coriacea ideologia dominante nel più opprimente e oscurantista contesto sociale!).
 
Marx non confonde di certo per niente l' inevitabile superamento delle ideologie non più al passo con lo sviluppo delle forze produttive con la pretesa non oggettività e ideologicità della conoscenza scientifica!
Quanto a Nietzche vedo affermate da te e da Garbino cose che non avrei mai immaginato; pensavo che per lui qualsiasi morale fosse artificiosa e falsa e che gli uomini "ben nati", pretesi "superiori agli altri" potessero e dovessero disporre degli altri a loro piacimento senza scrupolo alcuno (come fanno per esempio gli imprenditori di "big pharma", che se ne fregano altamente della salute della gente poiché la loro brama di profitto giustifica ampiamente ai loro occhi, ma -e me ne compiaccio!- non agli occhi di Garbino, il fatto di rovinare eventualmente la salute della popolazione, alla faccia della detestabile ed esecrabile compassione, pietà e carità –fra l' altro, ma non solo- cristiana): quasi quasi mi convincente a cominciare a leggerlo!
 
Le attuali concezioni scientifiche (dunque non la psicoanalisi) verranno certamente superate, migliorate, integrate (se l' umanità sopravvivrà abbastanza a lungo; cosa di cui dubito); ma non nel senso che verranno riabilitate magie, taumaturghi, astrologie, superstizioni, psicoanalisi e via irrazionaleggiando, bensì nel senso che saranno sostituite da teorie tendenzialmente (ma non: linearmente) meno limitate da errori e falsità, più corrette e dotate di verità oggettiva, cioè più conseguentemente scientifiche.



#3055
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
31 Dicembre 2016, 17:13:26 PM
Citazione di: Garbino il 31 Dicembre 2016, 16:35:45 PM
Pensieri sull' inconscio.

X Sgiombo.
Mi sembra strano che proprio tu non ravveda la differenza tra curare una malattia o supplire ai suoi effetti. Certo sempre di curare si tratta, ma al di là del miglioramento o della possibilità di vita che questi farmaci offrono, rimane il fatto che questi farmaci non curano il male. E questo era importante sempre in merito a ciò che avevo affermato e cioè che una patologia di carattere genetico non è curabile, a quanto mi risulta e almeno per il momento.

Per quanto riguarda la medicina alternativa ho sempre il sospetto che la ricerca farmaceutica si sia indirizzata su farmaci sintetici più per un motivo di lucro che di salvaguardia della salute. Del resto mi sembra, ma posso sempre sbagliare, che la medicina anticamente non era proprio così sprovveduta come molti ritengono. E questo pur non disponendo dei mezzi che lo sviluppo scientifico nell' epoca moderna ha messo a disposizione in campo medico.

Il discorso sul senso etico, specialmente sulle differenze tra etica e morale, ci porterebbe lontano, e probabilmente finiremmo fuori tema. Due cose volevo però sottolineare. La prima è che, pur essendo un cultore di Nietzsche, questo non vuol dire che io non possa avere mie idee sull' eticità. La seconda è che ho sempre più frequente il sospetto, tanto che ormai è diventato quasi una certezza, che molti ritengono che l' autosuperamento o l' autoannullamento della morale ( quella corrente imposta si identifica nella liberazione dell' uomo ) in Nietzsche sfoci in una amoralità assoluta. Questo è falso. Le cose stanno proprio all' opposto. E cioè che in tale condizione l' individuo dovrebbe impegnarsi nella ricerca di una moralità maggiore.

Rinnovo a tutti gli auguri di buona fine e di buon inizio d' anno.

Garbino Vento di Tempesta.


CitazioneLa medicina scientifica non pretende di curare il "male metafisico", ma le malattie fisiche, naturali.
 
Le cure mediche scientifiche (prescindendo dalla prevenzione, che è almeno parimenti uno scopo spesso conseguito dalla medicina scientifica) possono essere a seconda dei casi eziologiche (eliminano la malattia, conseguendo la guarigione) o in varia misura sintomatiche o palliative (attenuano i sintomi della malattia, alleviano le sofferenze dei malati, ne limitano l' invalidità, ne procrastinano la morte).
 
Non poche malattie genetiche sono attualmente curabili (se per "male" non si intende metafisicamente il genoma dell' individuo, ma i suoi effetti epigenetici, sia corporei che psichici. Modificare il genoma non può comunque tantomeno alcuna pratica pretesa "terapeutica" alternativa e non scientifica; e inoltre queste ultime non ottegonoe neppure niente di minimamente paragonabile ai successi della medicina scientifica nemmeno nella cura della malattie genetiche).
 
Sugli scopi delle imprese farmaceutiche ti ho già risposto.
 
Dunque, pur essendo un cultore di Nietzche, tu non sei "al di là del bene e del male" ma per la ricerca di una moralità maggiore di quella corrente.
Ne sono contento.
 
Di nuovo buon anno a tutti!
#3056
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
31 Dicembre 2016, 16:51:31 PM
Citazione di: maral il 31 Dicembre 2016, 10:31:45 AM
Citazione di: sgiombo il 30 Dicembre 2016, 09:41:47 AM
Notando en passant che nello stesso modo, per questi stessi motivi potrebbero essere  oggettivamente interessante anche la frenologia di Gall o le teorie di Lombroso che hanno comunque segnato la visione culturale di un'epoca rispettivamente a livello mondiale e italiano.
Certamente anch'esse lo sono dal punto di vista interpretativo del significato, rimanendo, come la psicanalisi, discutibili. Qualsiasi ipotesi che si afferma storicamente è valida nel contesto sociale che la rende vera, quando questo ambito muta la pretesa di verità di quell'interpretazione scompare ed essa appare come una pseudo scienza rispetto al nuovo modo di vedere le cose che si viene affermando mostrando una diversa verità (e quindi una diversa realtà nelle cose), la quale sarà a sua volta messa in discussione dagli ulteriori contesti culturali e sociali che andrà a produrre. E' questa la storia del pensiero umano in cui non si può mai raggiungere nessuna teoresi definitiva, ma ogni volta l'interpretazione che emerge appare quella più scientificamente e realisticamente valida.  La differenza tra vera scienza e pseudoscienza emerge in ogni epoca solo nel presente, non in una pretesa di una verità universalmente valida in sé, al di fuori dal tempo e dai contesti.

CitazioneRitengo lo scetticismo (radicale; e anche il più limitato solipsismo) insuperabile razionalmente; cioé attraverso indubitabili dimostrazioni logiche e/o osservazioni empiriche.
Ma che, se si ammette per veri (si crede infondatamente veri) un minimo di assunti indimostrabili né logicamente né empiricamente, allora si può distinguere fra verità (predicati circa la realtà tali che la realtà é ad essi "conforme", così come essi predicano che sia) e falsità (per lo meno in un numero limitato di casi, non esistendo da nessuna parte la perfezione).

E che la verità della scienza "in sé" non sia condizionata socialmente, che non sia "valida nel contesto sociale che la rende vera" ma sia invece vera oggettivamente.

I diversi contesi sociali condizionano i tempi dell' affermarsi della verità scientifica oggettiva (talora favorendone in maggiore o minor misura l' acquisizione e lo sviluppo, nell' uno o nell' altro campo della ricerca, talaltra contrastandolo in maggiore o minor misura), ma non dettano affatto alla scienza i "contenuti" delle sue verità oggettive (che tali inevitabilmente non sarebbero, mentre lo sono, ammesso un minimo di tesi indimostrabili né mostrabili) così come secondo l' Islam Dio avrebbe dettato a Maometto il Corano.

E inoltre condizionano pesantemente, ideologicamente (producendo e diffondendo falsa coscienza "di regola", ovvero generalmente, nell' interesse delle classi dominanti e del mantenimento del loro potere e dei loro privilegi) il "contesto culturale di contorno" che accompagna, favorendolo o meno a seconda dei casi, lo sviluppo delle scienze; e questo in generale (nel caso del contesto culturale ampiamente inteso), e in particolare fra i cultori professionali della ricerca scientifica, i quali non di rado disprezzano "positivisticamente" la filosofia e pretendono di poterne fare a meno, e comunque a mio modesto parere "di regola" non sono dei buoni filosofi razionalisti conseguenti (questo è a mio parere esemplificato particolarmente bene dall' imporsi a tutt' oggi fra gli scienziati, anche se recentemente tendono a crescere le "voci critiche", dell' interpretazione filosofica irrazionalistica "di Copenhagen" della meccanica quantistica).


CitazioneChe la pulsione del piacere nel suo progressivo articolarsi è la matrice della psiche non capisco che cosa possa significare se non la banale ovvietà che il piacere è soddisfazione di desideri (cosa arcinota dai tempi di Epicuro e anche precedenti).
Che il piacere consista nella soddisfazione (razionale) dei desideri è certamente un'idea antica, presente nel pensiero epicureo e in generale in tutto quello classico; la novità freudiana consiste nel ritenere che l'istanza razionale che guida la realizzazione del desiderio (l'io) non è che il prodotto di matrice inconscia di quella stessa pulsione che si illude di poter dominare, controllare e censurare moralmente. Questo significa che mentre nel pensiero classico c'è una dualità tra natura (irrazionale) e pensiero (razionale), ovvero tra materia e spirito in cui il secondo giunge a prevalere sulla prima, con la psicanalisi questa dualità scompare, poiché in ogni caso la razionalità non è che il prodotto della pulsione e solo da essa prende continuamente forma.

CitazioneC' é pensiero "classico" (o antico) e pensiero "classico". Nell' epicureismo (non é classico? Certamente é antico) questo dualismo non c' era.
E nemmeno in molti altri filoni di pensiero antichi e moderni molto più razionalistici della psicoanalisi.

E a partire dal pensiero epicureo (e anche stoico, a mio parere, volendo limitarsi all' antichità) un atteggiamento razionalistico ha secondo me dimostrato di poter conseguire un buon (non perfetto, ovviamente, poiché la perfezione non esiste) autocontrollo razionale dei desideri.

Cioé la ragione consente a mio avviso molto meglio di qualsiasi irrazionalismo, psicoanalisi compresa, di:

a) stabilire quali singoli desideri siano realisticamente considerabili con buona approssimazione e probabilità soddisfabili (e quali no) e attraverso quali mezzi;

b) valutare quali insiemi di desideri siano realisticamente considerabili con buona approssimazione e probabilità tali da essere soddisfabili nel loro complesso in alternativa a quali altri insiemi (e quali insiemi non siano invece realisticamente soddisfabili nel loro complesso: "botti piene e mogli ubriache"), e con quali mezzi;

c) "ponderare" o "soppesare" con molta approssimazione e una certa inevitabile incertezza fra più insiemi di desideri realisticamente soddisfabili gli uni alternativamente agli altri quali siano complessivamente più forti o intensi, e dunque la ricerca della soddisfazione di quali fra di essi sia da preferire in quanto foriera di maggiore piacere, felicità, ecc. (ovvero, per chi per sua sfortuna fosse pessimista, di minor dispiacere, infelicità, ecc.).

Purtroppo sto per partire per una breve vacanza e non potrò rispondere alle obiezioni che mi aspetto prima dell' Epifania ("circa").
Buon anno a Maral e a tutti!

 
#3057
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
30 Dicembre 2016, 09:41:47 AM
Citazione di: maral il 29 Dicembre 2016, 23:33:37 PM
CitazioneChe siano interessanti o meno é ovviamente del tutto soggettivo (personalmente trovo molto più interessante le favole di Biancaneve o di Cenerentola; che peraltro non hanno mai indebitamente preteso alcuna dignità scientifica, contrariamente a quelle di Freud).
No, sono oggettivamente interessanti avendo comunque segnato la visione culturale di un'epoca.

CitazioneSu questo non posso non concordare.

Notando en passant che nello stesso modo, per questi stessi motivi potrebbero essere  oggettivamente interessante anche la frenologia di Gall o le teorie di Lombroso che hanno comunque segnato la visione culturale di un'epoca rispettivamente a livello mondiale e italiano.


Che poi tu possa trovare piú interessanti le favole di Biancaneve o di Cenerentola, anche questo è sicuramente interessante, potresti provare a fondare una teoria della psiche partendo dall'interpretazione di queste due fiabe, magari fondando una nuova teoria della psiche dagli effetti epocali.

CitazioneNo, grazie!

Contrariamente a Freud non mi va di millantare pseudoscienza.

L'idea per nulla banale di Freud è che la pulsione del piacere nel suo progressivo articolarsi è la matrice della psiche (idea piuttosto innovativa rispetto ai tempi in cui si riteneva che la psiche fosse un ente di matrice del tutto spirituale, non credi?) e questa rappresenta un'autentica rivoluzione che ha base filosofica nel pensiero nicciano e origine in quello di Brentano. 


CitazioneChe la pulsione del piacere nel suo progressivo articolarsi è la matrice della psiche non capisco che cosa possa significare se non la banale ovvietà che il piacere è soddisfazione di desideri (cosa arcinota dai tempi di Epicuro e anche precedenti).
#3058
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
29 Dicembre 2016, 09:10:03 AM
Citazione di: maral il 28 Dicembre 2016, 23:36:25 PM
CitazioneAvere l' affetto (materno) della madre =/= possedere sessualmente la propria madre.
E' diverso per un adulto, non per un bambino piccolo. La sessualità adulta è certamente diversa da quella vissuta da un bambino (e anche nel bambino in età edipica appare un'eccitazione fallica che impara presto a stimolare). Freud comunque si riferisce alla libido intesa come pulsione originaria vitale che si traduce nel principio del piacere che è sempre presente e attraversa le fasi pregenitali (orale e anale) prima di fissarsi sull'organo sessuale maschile e quindi poter essere sublimata e controllata razionalmente proprio a seguito della crisi edipica (giacché il desiderio del bambino non trova soddisfazione e quindi viene rimosso e sublimato con la formazione del super io che introietta inconsciamente proprio la figura del padre che viene a costituire la dimensione ideale e la regola sociale). Certamente tutto questo possiamo ritenerlo discutibile, come qualsiasi teoria riguardante l'inconscio, ma è comunque un punto di vista interpretativo assai interessante.
Comunque l'uccisione del vecchio capo tribù da parte dei pretendenti alla successione dinastica è tutt'altro che rara, anche se talvolta viene effettuata solo in forma simbolico rituale. D'altra parte basta considerare le cosmogonie mitiche e in primo luogo quella greca: Urano (che impediva a Gea di partorire i suoi figli temendo di venire esautorato) viene evirato da Kronos il quale a sua volta, per essere sicuro di conservare il potere, i propri figli li divora, finché Zeus, ultimo nato, non lo sconfigge, lo detronizza e lo costringe a vomitarli.
E i miti raccontano molto delle più profonde pulsioni psichiche dell'umanità, proprio perché l'umanità che li ha "inventati" o "sognati" era in questo senso molto più "innocente" di quella attuale.  
CitazioneChe anche un bambino piccolo possa avre limitate eccitazioni sessuali (ma non sia in grado di avere veri e propri rapporti sessuali attivi, tantomeno con la propria madre essendo inconsciamente intenzionato ad uccidere il padre per questo) negli anni nei quali Freud fantastica di complessi di Edipo non significa affatto che il suo affetto e attaccamento verso la madre non sia tutt' atra cosa (fra l' altro si tratta di ecctazioni "falliche, ergo "genitali" e non affatto "anali" né "orali") .

Che a tutte le età si cerchi piacere (ma in modi e attraverso esperienze in gran parte nettamente diverse da età a età) mi sembra proprio la scoperta dell' acqua calda!
E chiamare la generica ricerda del piacere, alla latina, "libido" non aggiunge nulla a questa ovvietà.

Le altre considerazioni freudiane cui accenni non mi sembrano meno eclatantemente irrazionali, oltre che gratuite, di quelle sul complesso doi Edipo.
Che siano interessanti o meno é ovviamente del tutto soggettivo (personalmente trovo molto più interessante le favole di Biancaneve o di Cenerentola; che peraltro non hanno mai indebitamente preteso alcuna dignità scientifica, contrariamente a quelle di Freud).

Le cosmogonie mitiche sono una cosa (anche le leggende sulle "rivoluzioni -ma soprattutto le controrivoluzioni- che divorano i loro padri" se é per questo: Stalin che "divota" Trotsky -ma non Lenin!-, Krusciov che "divora" Stalin, ecc.), le uccisioni storiche di regnanti da parte degli eredi ai troni sono un' altra cosa, non dovute al desiderio di avere rapporti sessuali con le regine madri ma a brama di potere, come pure i molto più numerosi fratricidi.

Si, i miti, proprio per loro ingenuità, possono anche contenere qualche verità, magari interessante, circa la psiche umana; ma vanno presi con le pinze e sottoosti a serrata critica razionale, non trasformati in pretese teorie scientifiche tout court.
#3059
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
28 Dicembre 2016, 13:33:48 PM
Citazione di: Garbino il 27 Dicembre 2016, 21:14:32 PM
Pensieri sull' inconscio.

X Sgiombo.  
Non avevo dubbi che avresti reputato le mie opinioni opinabili. Se la si pensa in modo diverso è difficile che si possa essere d' accordo in qualcosa, anche se è già successo, tanto che lo hai persino sottolineato con enfasi.
Comunque quando ho affermato che la medicina farmaceutica nulla può nei confronti delle malattie di carattere genetico mi riferivo in particolar modo a quelle psichiche, ma soprattutto sottintendevo nel senso di curare. E mi scuso se non sono stato sufficientemente chiaro. Ma anche per le altre, il farmaco non cura, come ad ad esempio nel caso a cui ti riferisci. Infatti, se non ho capito male, supplisce ad una carenza genetica, dando la possibilità all' organismo di produrre o fornendo in modo diretto sostanze che per motivi genetici lo stesso non riesce a produrre o a sintetizzare. La differenza sta appunto tra il supplire e il curare, che a mio avviso è determinante nel quadro di ciò che intendevo esprimere.

Per quanto riguarda i farmaci di fattura chimico-sintetica non metto in dubbio le tue conoscenze mediche né la veridicità di quanto affermi, ritenendoti una persona di una certa onestà intellettuale, e scusa il certa ma diffido anche di me stesso, ma volevo esporre due cose che mi fanno vertere su quanto ho espresso in merito. La prima è che le sperimentazioni su questi farmaci, anche se a volte più che decennali non ci dicono gli effetti collaterali a lunga scadenza degli stessi, e per lunga scadenza intendo anche sulle successive generazioni, ma che soprattutto diffido profondamente di tutto ciò che ci viene propinato come certo anche purtroppo dalla ricerca di carattere farmaceutico. Da dove impera il profitto, in altre parole, ci si può attendere di tutto, anche l' assenza di senso etico dove appunto non dovrebbe mai mancare.

CitazioneMi sembra ovvio che Se la si pensa in modo diverso è difficile che si possa essere d' accordo in qualcosa, anche se è già successo (sta succedendo anche proprio in questo momento!), e infatti l' ho sottolineato con enfasi.

Non vedo che cosa possa significare, se non "curare" il "supplire ad una carenza genetica, dando la possibilità all' organismo di produrre o fornendo in modo diretto sostanze che per motivi genetici lo stesso non riesce a produrre o a sintetizzare", così limitando e talora evitando del tutto le sofferenze, le invaldità e spesso le morti "premature" che ne derivano.

Ovviamente tutte le conoscenze scientifiche (non solo in medicina e farmacologia!) sono relative e fallibili (né alcun serio cultore delle scienze ha mai preteso di negarlo), ragion per cui a volte succede che a distanza di tempo dall' uso si evidenzino effetti collaterali di farmaci precedentemente ignorati e magari gravi.
Inoltre dell' onestà intellettuale (e generale) delle grandi imprese farmaceutiche c' é tutt' altro che da fidarsi (altro raro caso di concordanza da parte mia: "Da dove impera il profitto, in altre parole, ci si può attendere di tutto, anche l' assenza di senso etico dove appunto non dovrebbe mai mancare" *).
Malgrado ciò i fatti dimostrano che il bilancio costi/benefici complessivo della medicina scientifica "occidentale" é "spettacolarmente positivo", in misura assolutamente non paragonabile ai risultati di qualsiasi pratica "alternativa" non scientifica (che ovviamente può anche talora portare a benefici per effetto placebo; e soprattutto in campo psichiatrico).

Ti ringrazio per l' apprezzamento della mia onestà intellettuale, che mi ha molto gratificato e che ricambio con convinzione (poiché diffidi anche di te stesso, di più non potevo sperare)
__________________
* En passant: rimango alquanto perplesso al sentir parlare di "senso etico che almeno in certi casi non dovrebbe mai mancare" un convintissimo seguace e cultore di Nietzche come te; ma non conoscendo se non per sentito dire questo autore potrebbe anche darsi che in realtà non ci sia nulla di cui stupirsi).

#3060
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
28 Dicembre 2016, 13:05:19 PM
Citazione di: maral il 27 Dicembre 2016, 19:31:43 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2016, 21:37:21 PM
Circa il "razionalismo" della psicoanalisi intesa come "tentativo di dare una lettura razionale all'irrazionale" mi limito a chiedere quale mai "razionalità" ci sarebbe nel postulare (indimostrabilmente)  che i bimbi sessualmente del tutto immaturi proverebbero "fisiologicamente" il desiderio inconscio di uccidere il proprio padre e possedere sessualmente la propria madre.

Ma questa del complesso di Edipo non è una postulazione a priori, come se Freud si fosse svegliato una mattina e gli fosse improvvisamente venuto in mente dal nulla che i bambini non desiderano altro inconsciamente che uccidere il padre e fare sesso con la propria madre, è piuttosto una conseguenza dell'assunzione della volontà di potenza in forma libidica. Questo semmai è il postulato che si può o meno trovare o no condivisibile. Posso concordare che le conclusioni che tira Freud sul complesso di Edipo possano risultare scandalose, inudibili in certi contesti, ma proprio nell'illustrare il complesso edipico egli tenta di superarne l'irrazionalità che sta nel rimuoverlo o nel reprimerlo. Oltretutto ponendolo come universale (tutti, Freud compreso, secondo la lettura psicanalitica, hanno attraversato il complesso edipico; se così non fosse la maturazione dell'individuo adulto e razionale risulterebbe impossibile, giacché la sua psiche rimarrebbe legata a forme pre edipiche di tipo psicotico  narcisistico). Personalmente non ci trovo nulla di così scandaloso, penso che sia normale che il bambino desideri sostituirsi al padre nella sua vicinanza con la madre e che, nelle antiche società tribali, l'assassinio del re-padre da parte del cuccessore-figlio era praticata e non solo nella forma simbolica che ci hanno tramandato i miti (che peraltro sono comunque rappresentazioni del reale, come i sogni). Certo, sotto la visione psicanalitica (e questo accomuna Jung e Freud) c'è l'idea di una fondamentale "innocente" perversione fondamentale, ma la vera perversione che determina il disturbo mentale e la sofferenza che ne consegue sta nel nascondersi questo fondamento umano-biologico, nel non accettarlo nella sua natura fondamentale, nel non voler vedere che esso è la radice da cui pesca, si alimenta e matura realizzandosi la vita umana.
Ringrazio Garbino per aver ricordato che, certo, anche Marx è allineabile nella filosofia del sospetto a Freud e Nietzsche. Anche Marx scoperchia (o pensa finalmente di poter scoperchiare) quello che davvero ci sta sotto alla situazione sociale e per fare questo, compie una grande genealogia, o una sorta di "psicanalisi" storica delle classi sociali, proprio per rivelarne l'inconscio che le alimenta, interpretandolo secondo i termini della ragione economica . umanistica. E qualcosa del genere lo aveva già effettuato Feuerbach (per non parlare di Nietzsche) nei confronti del cristianesimo.

CitazioneA priori o meno, non vedo come si possa trovare razionalistica (e men che meno un "tentativo di superare una qualsiasi forma di irrazionalità") l' idea che ogni bambino "fisiologicamente" desideri sessualmente sua madre in un' età nella quale i suoi organi  genitali non sono sviluppati e le sue ghiandole sessuali non funzionano, e anche di uccidere (per questo; e sebbene per fortuna non sia quasi mai necessario uccidere un rivale per possedere la sua donna) suo padre (inconsciamente, com' é ovvio, dato che "incoscio" = " inverificabile" e dunque anche infalsificabile, come ha ben evidenziato Davintro in apertura di questa discussione.

Non ho affermato che il complesso di Edipo sia scandaloso (non mi scandalizzo più di quasi nulla, dopo ciò che ho constatato nella mia lunga vita), bensì (e lo ripeto) che é irrazionalsitico; ed ovviamente lo é di conseguenza tutto ciò che se ne può dedurre.

Avere l' affetto (materno) della madre =/= possedere sessualmente la propria madre.

Il parricidio da parte dei principi é evento rarissimo (e, se é per questo, é molto più frequente il fratricidio), mentre Freud pretende che il complesso di Edipo sia generalizzato, universale; inoltre é motivato dalla brama di potere e non dalla brama sessuale della propria madre. C' é una bella differenza (per quanto abbietto e malvagio, non é comunque irrazionalistico)!

Che i miti siano (corrette, veritiere, per quanto metaforiche) rappresentazione del reale (se non del tutto casualmente) é per lo meno discutibile, anche perché molti miti di diverse religioni sono reciprocamemte alternativi.

Marx, come tutti i grandi (e i piccoli) può essere "stiracchaito" più o meno correttamente da molti in molti modi.
E poiché sono tutti morti si può certo negare che Freud e Nietzche fossero irrazionalisti, mentre Marx era razionalista, e che Nietzche fosse reazionario mentre Marx era rivoluzionario senza tema di smentita da parte loro.
Si tratta di opinioni che mi sembrano con tutta evidenza enormemente errate e false (ma non ho tempo e voglia di fare l' esegesi dei loro testi: pensatela pure come volete in proposito).