L'affermazione di Nietzche non è solo Dio è morto, ma è "Dio è morto, lo abbiamo ucciso noi". E' un teicidio per mano umana che non ha niente di originale come posizione, paradossalmente è la stessa identica posizione del cristianesimo, secondo il quale da duemila anni Dio è morto e lo abbiamo ucciso noi (teicidio per mano umana), al netto del fatto che il dio cristiano, ucciso dagli uomini (e si badi bene da tutti gli uomini, passati, presenti e futuri) dopo tre giorni risorge. Ma Nietzche attribuisce specificamente l'invenzione della balla della resurrezione e quindi la fondazione del cristianesimo come religione a San Paolo, che dunque è il suo vero bersaglio polemico, e non cristo.
In epoca illuminista (o meglio in chiusura dell'epoca illuminista, mentre furoreggia la rivoluzione francese) compare sul cimitero di Parigi il famoso cartello con la scritta "La morte è un sonno eterno" affermazione materialista e rivoluzionaria contro chi, preti e moralisti vari, sostiene l'esistenza dell'aldilà: l'effimerità della vita deve spingerci a viverla al meglio e senza rinuncie. Il sonno non ci pagherà di quello a cui abbiamo rinunciato, la scommessa di Pascal non è a costo zero se si scommette di credere.
Ma l'eterno ritorno è oltre anche l'affermazione secondo cui la morte potrebbe essere un sonno eterno, si sbarazza anche del nulla della morte come ultimo luogo in cui poteva rifugiarsi il soggetto...
il nulla non c'è, quindi il soggetto che alla dissoluzione del corpo trasmigra nel nulla, trasmigra pur sempre in un altrove metafisico, non è distrutto come soggetto, mantiene per sempre la sua verità, contrapposta alla verità dell'oggetto, del mondo: non c'è nessuno stato del mondo corrispondente al nulla che (non) percepisce il morto, il mondo è pieno di essere, e quindi i morti che vanno nel nulla sono "fatti fuori" dalla realtà e dal mondo, delocalizzati, ma non eliminati, sono in uno stato di bimondismo o di altermondismo simile a quello in cui si trovano, secondo Nietzche, le verità della metafisica...
lo stato larvale presunto dei morti, la morte come buio, come oblio, è pur sempre immaginarsi delle potenzialità percettive del soggetto, sia pure vuote dell'oggetto: nella morte continua a fluire il nulla, cioè continua la vigilanza dei sensi e del soggetto, sia pure senza intelletto ne sensazione, senza che niente riempia questa vigilanza (in un certo senso continuano le categorie kantiane, sia pure come pura potenzialità, come vuote in assenza di fenomeno); incatenando la vita al ritorno del corpo, mettendo punti di luce intermittenti a distanza di eoni in questo buio, corrispondenti all'attimo eterno in cui la vita si riforma identica a se stessa, si elimina definitivamente il soggetto, cioè si può dare un pensiero della vita come pura effettualità, corrispondente alla causa (e casualità) del corpo. Il corpo è un nodo di cause, nulla può scioglierlo se non riformandolo altrove. I suoi effetti vanno solo in letargo, sono pronti a riattivarsi ad ogni configurazione del mondo "favorevole".
L'uomo per Nietzche è figlio del caso e della pena, dalla pena a volte si può prescindere, dal caso no.
In epoca illuminista (o meglio in chiusura dell'epoca illuminista, mentre furoreggia la rivoluzione francese) compare sul cimitero di Parigi il famoso cartello con la scritta "La morte è un sonno eterno" affermazione materialista e rivoluzionaria contro chi, preti e moralisti vari, sostiene l'esistenza dell'aldilà: l'effimerità della vita deve spingerci a viverla al meglio e senza rinuncie. Il sonno non ci pagherà di quello a cui abbiamo rinunciato, la scommessa di Pascal non è a costo zero se si scommette di credere.
Ma l'eterno ritorno è oltre anche l'affermazione secondo cui la morte potrebbe essere un sonno eterno, si sbarazza anche del nulla della morte come ultimo luogo in cui poteva rifugiarsi il soggetto...
il nulla non c'è, quindi il soggetto che alla dissoluzione del corpo trasmigra nel nulla, trasmigra pur sempre in un altrove metafisico, non è distrutto come soggetto, mantiene per sempre la sua verità, contrapposta alla verità dell'oggetto, del mondo: non c'è nessuno stato del mondo corrispondente al nulla che (non) percepisce il morto, il mondo è pieno di essere, e quindi i morti che vanno nel nulla sono "fatti fuori" dalla realtà e dal mondo, delocalizzati, ma non eliminati, sono in uno stato di bimondismo o di altermondismo simile a quello in cui si trovano, secondo Nietzche, le verità della metafisica...
lo stato larvale presunto dei morti, la morte come buio, come oblio, è pur sempre immaginarsi delle potenzialità percettive del soggetto, sia pure vuote dell'oggetto: nella morte continua a fluire il nulla, cioè continua la vigilanza dei sensi e del soggetto, sia pure senza intelletto ne sensazione, senza che niente riempia questa vigilanza (in un certo senso continuano le categorie kantiane, sia pure come pura potenzialità, come vuote in assenza di fenomeno); incatenando la vita al ritorno del corpo, mettendo punti di luce intermittenti a distanza di eoni in questo buio, corrispondenti all'attimo eterno in cui la vita si riforma identica a se stessa, si elimina definitivamente il soggetto, cioè si può dare un pensiero della vita come pura effettualità, corrispondente alla causa (e casualità) del corpo. Il corpo è un nodo di cause, nulla può scioglierlo se non riformandolo altrove. I suoi effetti vanno solo in letargo, sono pronti a riattivarsi ad ogni configurazione del mondo "favorevole".
L'uomo per Nietzche è figlio del caso e della pena, dalla pena a volte si può prescindere, dal caso no.
