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Messaggi - sgiombo

#3121
A me sembra che se si pone il problema nei termini più astratti ("io mento"; in questo momento , facendo questa particolare affermazione; "questa affermazione é falsa") ci si imbatta nel paraodsso senza particolari ambiguità.

Concordo con Baylham che i concetti di "verità" (epistemologica) e "sincerità" (morale) sono diversi.
#3122
Attualità / Re:risultati elettorali inaspettati
11 Novembre 2016, 12:37:43 PM
Citazione di: Sariputra il 11 Novembre 2016, 11:08:07 AM
P.S. Dicono che il Trump non sia propriamente un genio...penso che il partito repubblicano, dopo averlo osteggiato, adesso, contento della vittoria e della maggioranza al Congresso, stia progressivamente "civilizzandolo"...il vice Pence appare fondamentale per assicurare l'equilibrio necessario tra i vecchi senatori che reclamano posti di potere e il Tycoon che sembra disposto a concederli. Penso che ne uscirà un governo di ricchi conservatori, abbastanza moderato in politica estera, tendenzialmente isolazionista ( ma non tanto da inficiare gli interessi economici degli stessi uomini di governo e dei loro affari internazionali) e che varerà leggi più restrittive sull'immigrazione, ma senza muri ( 3.600 Km di confine...quante divisioni di Guardia Nazionale ci vogliono solo per presidiarlo?).
L'ambiente ne soffrirà con la cancellazione degli aiuti alle energie rinnovabile e il ritorno massiccio all'uso di petrolio e carbone...tutta salute!! :'(

CitazioneSpero per lui che Trump riesca a"civilizzarsi", cioé fare ciò che "loro" vogliono faccia anche (non solo) nei casi in cui ciò sia l' esatto contraio di quanto ha promesso in campagna elettorrale, altrimenti non ci penseranno su due volte a farlo fuori fisicamente (se fosse stato più intelligente avrebbe scelto un vice più simile a lui o magari ancor più polticamente scorretto, che tanto non avrebbe perso molti voti e due omicidi di presidenti in pochi mesi sono un bel po' più difficili da far digerire al popolo bue che uno).

Molto interessante comunque il fatto che ora, dopo la squillante vittoria di Trump (o meglio: la penosa sconfitta della Clintone, di Obama e c.), tutti ammettono (ma non dubito che fra qualche giorno torneranno allegramente a propalare balle) che in USA hanno letteralmente le pezze sul culo (stanno probabilmente ancor peggio di noi economicamente; intendo dire il popolo, non i magnati ovviamente).
E questo dopo che miserabili bocconiani, giornalisti, "esperti vari" da anni un giorno si e l' altro anche ci facevano una testa così con la balla che lì le cose andavano molto meglio (la disoccupazione sarebbe scomparsa. SIC!) grazie alll' ancor più forsennata che da noi brutalizzazione e sottrazione di diritti ai lavoratori, che dunque andava "virtuosmente" imitata anche da parte nostra.
#3123
Tematiche Filosofiche / Re:Realtà e rappresentazione
11 Novembre 2016, 12:14:21 PM
Citazione di: davintro il 10 Novembre 2016, 23:01:05 PM
Credo che, nel momento in cui di dice che la pretesa di una corrispondenza tra il contenuto fenomenico e le "cose in sè" oggettive è sempre arbitraria ed oggetto di un atto di fede, e che qualunque discorso sulla realtà deve sempre partire dall'analisi dei vissuti soggettivi della coscienza, si sia già concesso tantissimo al solipsismo, o più precisamente, all'ammissione della considerazione della possibilità del solipsismo come presupposto indispensabile di una valutazione il più possibile critica e razionale della realtà.

CitazioneD' accorrdo.
Ma non vedo una dimostrazione della falsità del solipsismo.
Ergo: sono costretto a fare queste concessioni (se qualcuno mi dimostrasse come uscire con certezza razionalmente o empiricamente fondata dal solipsismo sarei ben lieto di evitarle).




Quello che per me è importante è riconoscere la distinzione tra l'idea di poter razionalmente "saturare" la conoscenza del reale con tutte le nostre concrete e particolari manifestazioni fenomeniche delle nostre rappresentazioni, pensando ad una piena aderenza tra fenomeno e cosa in sè, e l'ammissione razionale dell'esistenza di un mondo oggettivo, in senso molto più vuoto e indeterminato, cioè ammettiamo che una realtà oggettiva genericamente intesa esiste in modo razionale, mentre lasciamo alla fede (o al limite ad una ragionevolezza probabilistica non apodittica) il ritenere di poter riempire la X con tutto ciò che noi pensiamo e percepiamo di essa. Solo la prima ipotesi va iscritta al realismo ingenuo del senso comune, la seconda è realismo critico, perchè la realtà viene riconosciuta a partire dalla certezza della coscienza, e trascendentale, perchè di questa realtà oggettiva ci si limita a parlarne entro precisi limiti, i limiti della giustificazione dei vissuti soggettivi della coscienza, il punto di partenza indubitabile.

CitazioneMi sembra che sia quanto vado sostenendo anch' io (a parte una certa mia diffidenza verso l' aggettivo "trascendentale" che mi ricorda  Kant, col quale non concordo in toto; e salvo la precisazione che ritengo i nostri discorsi circa la realtà oggettiva, in sé o noumeno, "riempibili" con tutto ciò che noi pensiamo di esso, ma da nulla di percepito o percepibile ovviamente; ma forse questa é una precisazione pleonastica).

Fra l' altro non riesco a cogliere un senso all' espressione "aderenza tra fenomeno e cosa in sè"; la cosa in sé non può che essere tutt' altro rispetto ai fenomeni, anche solo per definizione, per il fatto che si intende essere reale -se lo é, come credo indimostrabilmente- anche indipendemntememnte dall' accadere realmente dei fenomeni, anche se e quando questi ultimi non sono reali; secondo me la parola più adatta a suggerire le relazioni fra noumeno e fenomeni è "corrispondenza biunivoca".
Per me il realismo ingenuo é appunto il confondere fenomeni e cose in sé: credere che questo albero qui davanti che vedo quando lo vedo, che é costituito unicamente di sensazioni fenomeniche (determinate forme e colori) esiste anche quando non lo vedo (e duque tali forme e colori -ergo: tale albero- non esistono), il non rendersi conto che "esse est percipi".

Inoltre ci terrei aprecisare che per "giustificazione dei vissuti soggettivi della coscienza" secondo me si può intendere solo "spiegazione" (ipotesi esplicativa) di alcune loro caratteristiche, come l' intersoggettività delle loro componenti materiali e la corrispondenza biunivoca fra coscienza (certi determinati "contenuti fenomenici di" certe determinate esperienze coscienti) e cervello (certi determinati eventi neurofisiologici in certi determinati cervelli), non dimostrazione; non invece "dimostrazione di tale ipotesi": per me di "indubtabile" c' é solo il "punto di partenza fenomenico".




Il problema che voglio sollevare è: qual'è il rapporto del solipsismo con la seconda posizione? Cosa si intende per solipsismo?  "Solipsismo" è una declinazione di "solus", solo.  Ma la solitudine è qua un concetto ambiguo, e l'ambiguità determina due diverse acccezioni di solipsismo. La prima, più "moderata", considera la non esistenza di altri soggetti. Io sono solo nel senso che sono l'unico Io percepiente o cosciente al mondo. La seconda, ancora più, dal punto di vista del  senso comune, delirante ed estrema, pone tale solitudine non come assenza di alter ego, ma  di qualunque cosa altra differente dal mio Io, non solo altri soggetti, ma anche la natura meramente fisica, non esiste alcuna altra cosa al mondo che il mio pensiero con il suo contenuto fenomenico. Quest'ultima posizione non può che dedurre l'assolutizzazione, la divinizzazione dell'Io. Inteso in questo modo il solipsismo non può che porre l'Io, non solo come "l'unico e solo", ma anche come Dio non limitato da altro da sè, perchè nulla esisterebbe di fuori di sè

CitazioneLa seconda forma più radicale di solipsismo che consideri (che ammette l' esistenza reale seolo di me e dei contenuti fenomenici, sia "di pensiero" o mentali che materiali, della mia coscienza) secondo me non implica comunque l' identificazione dell' "io" con Dio, almeno nell' accezione più comune del concetto, implicante l' onnipotenza.
Concordo infatti con quanto Phil ha obiettato a Sariputra circa la differenza fra l'essere-percipiente, l'essere-"ingegnere della percezione" e l'essere-causa (Risposta #79 di questa discussione).


Inoltre considererei una terza forma ancor più radicale e delirante di solipsismo (che invero più correttamente sarebbe da denominare "scetticismo"; o per lo meno "solfenomenismo"): il limitare la credenza all' accadere dei fenomeni, senza (nemmeno) un soggetto in sé (oltre che senza oggetti in sé) di essi.




L'ipotesi moderata invece è assolutamente conciliabile con il realismo critico. Infatti negando l'esistenza di altri soggetti da me, ma non di una realtà oggettiva in generale, il solipsismo inteso così respinge la pretesa della coincidenza tra determinate rappresentazioni e realtà (la percezione di altre coscienze, l'empatia, rientra certamente nei miei fenomeni eppure il suo contenuto non sarebbe realtà oggettiva ma illusione), ma salverebbe una realtà oggettiva di cui riconosco l'esistenza, ma le cui proprietà non coincidono con le qualità fenomeniche dei miei vissuti su essa. Insomma, a me pare che una discussione sul solipsismo debba per forza risolvere la questione e stabilire di quale solipsismo si sta parlando, a quale delle due accezioni ci riferiamo quando parliamo di esso. O almeno, questa è la mia esigenza personale di chiarimento...
CitazioneNon vedo perché, se ammetto l' esistenza di una realtà oggettiva di cui riconosco l'esistenza, ma le cui proprietà non coincidono con le qualità fenomeniche dei miei vissuti su essa, e dunque seguo un realismo critico, non dovrei spingermi anche a credere alla verità e sensatezza di quanto mi dicono gli altri uomini (superare il dubbio non confutabile trattarsi di mere coincidenze, un po' come le rocce che in Sardegna sembrano sculture intenzionali di elefanti e non eventi casuali) e dunque uscire dal solipsismo. Certo, in teoria non é strettamente necessario, tuttavia trovo che, per arrivarci, "il passo é breve").
D' altra parte soggettivamente trovo che faccia ben poca differenza credere che ci sono solo io con i fenomeni della mia coscienza o invece credere che oltre a ciò esiste una realtà in sé (eccedente il mio io cosciente) e tuttavia meramente "inerte", materiale, non implcante altri soggetti di sensazioni coscienti simili al mio "io" (a me): tra solipsismo compatibile con realismo critico e realismo critico implicante la credenza nell' esistenza di altri soggetti di esperienza fenomenica cosciente trovo -beninteso soggettivamente- molta più differenza che tra solipsismo "forte" senza realismo critico e solipsismo "debole" con realismo critico ma senza altri soggetti di esperienza cosciente).
#3124
Citazione di: Apeiron il 08 Novembre 2016, 23:03:22 PM
Allora se non c'è nulla di non riproducibile allora non c'è differenza qualitativa tra me e un mio clone. Questo significa che puoi ancora parlare di persone, identità ecc ma il problema è che non tratteresti più gli esseri umani come "unici". Ora siccome una cosa di valore è in un certo senso unica ne segue che se c'è un'"anima" non riproducibile allora abbiamo in effetti molto valore proprio perchè siamo unici. Il discorso fenomeno-noumeno intendilo in questo senso: se anche riuscissi a creare una mia copia che si comporta esattamente come me, ha tipo il mio stesso corpo ecc, allora chiaramente considerando solo il fenomeno siamo identici e quindi l'eventuale differenza c'è nel noumeno (il "vero sé").

Parlavo dei cicli perchè l'unico modo di identificare una persistenza nel tempo è verificare la presenza di una struttura temporale. Se pensi ad un fiume (sì ancora  ;D ) questo cambia continuamente le acque (è diverso ogni istante) ma rimane lo stesso fiume proprio perchè ha una struttura spazio-temporale. Chiaramente però non ha una identità fissa, una certa convenzionalità nel definirlo "identico" c'è.

L'analogia con Kant c'è (è uno dei pensatori che mi ha influenzato in questo aspetto...) ma con grosse differenze come hai rilevato.
CitazioneNon comprendo bene la faccenda dell' anima.
Io e un mio clone (ammesso e non concesso che sia realizzable di fatto) potremmo essere due differenti cose  identiche all' inzio, che subito iniziano a differenziarsi vivendo separatamente e avendo esperienze diverse.

Per parte mia non ritengo necessariamente che per avare valore si debba essere unici.

Diamo evidentemente ai termini "fenomeni" e "noumeno" signgnificati diversi (per questo non avevo inteso).
Per me l' esperienza interiore o mentale é "fenomeni" (apparenza fenomenica cosciente) quanto l' insieme delle sensazioni esterne - materiali.
"Noumeno" o cose in sé (reali enche indipendentemente dalle esperienze coscienti, dai fenomeni, anche allorché queste non accadono) possono essere per me il soggeto e gli oggetti di esse.
#3125
Citazione di: Eutidemo il 08 Novembre 2016, 14:52:12 PM
In un certo senso, il SUPERINDIVIDUO (simile per certi versi al Geist Hegeliano) in cui le nostre coscienze e intelligenze sono "collegate" ma ancora individuali, già c'è: INTERNET!
Ed è in continua evoluzione "sinaptica", in quanto:
1)
Il Web 1.0 ha interconnesso per la prima volta, ONLINE MILIONI di esseri umani, collegati tra loro dalle "sinapsi" dipartentesti in entrata ed uscita dagli assoni e dai dendriti dei loro modem a 57 kbs; l'arcaica connessione "a stella" di ARPANET, si era evoluta in quella a "rete neurale" di INTERNET.
2)
Il Web 2.0, a 2 mega, ha rivoluzionato il nostro modo di usare e pensare la rete: gli utenti, divenuti MILIARDI, da fruitori passivi, diventano creatori collaborativi di contenuti, il web diventa più interconnesso, assumendo quasi le caratteristiche un "metasistema" intelligente analogo alla SWARM INTELLIGENCE.
3)
Il Web 3.0 connetterà  praticamente TUTTI gli esseri umani, con più integrazione di contenuti, motori di ricerca evoluti ecc.: insomma avremo una rete che è in grado di interpretare se stessa e senza ridondanza di informazione, divenendo il più fantastico repository di conoscenza mai visto, e lo scambio in tempo reale di informazioni, opinioni, e idee, diventerà sempre più rapido e "integrato", come in un MEGACERVELLO!
Già dal 2004, Thomas Vander Wal ha creato il neologismo "Folksonomia" (fondendo le parole 'folk' (popolo) e 'taxonomy' (tassonomia)): applicando etichette (tags) agli oggetti digitali nella rete, si  possono identificare contenuti e informazioni e creare liste orizzontali di metadati, con lo scopo di semplificare il recupero delle informazioni in rete, poiché le stesse parole di ricerca corrispondono alle 'meta-informazioni', generate dagli agenti umani...un po' come nelle sintesi biochimiche e biolettriche delle sinapsi neurali.
Questo significa rinunciare totalmente alla nostra libertà individuale, e trasformarci in semplici "neuroni" pensanti di un megacervello?
:(
Non credo proprio...se non in mero senso metaforico.
O, almeno, così spero!
;)
CitazioneConcordo unicamente con quest' ultima osservazione, in quanto più cervelli reciprocamente comunicanti, e dunque in qualche misura condizionantisi (ciascuno corrispondente a un' unica certa determinata esperienza cosciente individuale distinta, separata, trascendente tutte le altre), sono ben altro che un unico cervello (con parti funzionalmente integrate in maniera ben determinata e non semplicemente in qualche misura reciprocamente condizionantisi; e corrispondente a un' unica esperienza fenomenica cosciente "integrata o complessiva": anche se siamo collegati tramite Internet, non ho accesso diretto ai tuoi "contenuti di coscienza", ma solo ai miei; e viceversa)
#3126
Citazione di: Apeiron il 08 Novembre 2016, 13:37:39 PM


A sgiombo, Eutidemo e Sariputra rispondo con la mia attuale concezione dell'identità. A mio giudizio se fossimo solo formati dal "nostro corpo" e fossimo riducibili ad esso (voglio dire: se per spiegare la nostra identità "servisse" solo la conoscenza completa di ciò che è osservabile) allora mi pare chiaro che se mi clonassi adesso e morissi un istante dopo allora io e il mio clone saremo "similissimi" proprio perchè appunto in me nulla non è riproducibile. Chiaramente se in me nulla non è riproducibile allora tutto in me è contingente e condizionato: ne consegue che appunto "non c'è in realtà nessun io". Viceversa se c'è qualcosa di unico di non riproducibile allora ciò si identificherebbe con la mia (vera) identità quindi io e il mio clone saremo due persone diverse se vogliamo a livello noumenico. Ora la procedura della disedintificazione che probabilmente è la grande scoperta del Buddha a mio giudizo non ci fa vedere che non c'è nessun io ma invece ci dovrebbe far scoprire il nostro "vero io" (un po' come il Neti- Neti dell'Advaita Vedanta).
Il motivo per cui dico ciò è etico. Se non esistesse nulla di me non-riproducibile allora mi pare ovvio che potrei essere "rimpiazzato", potrei d'altronde essere sostituito. Perciò anche se cognitivamente ho difficoltà ad accettare l'esistenza di un "vero sé" dal punto di vista etico mi pare quasi un assioma di partenza.

Infine per sgiombo: il fatto che non indentifico me stesso come un'identità in divenire è perchè al massimo potrei identificarmi come un "pattern" temporale, una sorta di "ciclo". Tuttavia mi sembra pur chiaro che tale ciclo ad ogni istante non sarebbe sempre identico a sé stesso ma sarebbe "identico e diverso" allo stesso tempo.

CitazioneNon vedo perché non potrebbe esserci in realtà un io (soggetto -in sé, noumenico- della mia esperienza fenomenica cosciente) che fosse riproducibile -in linea puramente teorica, di principio, non di fatto, realizzandone altri similissimi- e contingente.
E credo che io e un mio eventuale clone (ammesso e non concesso che potesse esistere di fatto) saremmo "cose diverse" sia a livello fenomenico che noumenico.

Mi sembra che un io in divenire (ciclico; o meno) secondo logica dovrebbe essere identico allo stesso tempo, diverso in tempi diversi (salvo la periodica ripetizione di ogni e ciascun istante in tutti i diversi cicli).

Mi sembra di rilevare un' analogia (non di più; e inoltre parziale) fra il ricorso kantiano alla Ragion Pratica per credere in Dio e nell' anima immortale (non dimostrabili dalla Ragion Pura o teoretica) e il tuo superamento della difficoltà cognitiva ad accettare l'esistenza di un "vero sé" mediante l' adozione di un punto di vista etico.
#3127
Citazione di: Eutidemo il 08 Novembre 2016, 12:41:10 PM

Hai detto una cosa molto saggia:
"Sulla realtà ontologica di un supposto sé universale ( il mare soggiacente di cui i vari sé personali sono epifenomeni), faccio mio il famoso "silenzio" del Buddha. Perché mi sembra che sia una conclusione per inferenza non dimostrabile."
E' giusto!
Però, anche l'esistenza di un mondo fenomenico, materiale ed esterno, mi sembra una conclusione per inferenza non dimostrabile, in quanto io "sperimento direttamente" soltanto "idee mentali" -olfattive-visive-tattili-auditive-gustative; il fatto, poi, che si tratti di "percezioni" provocate in me da oggetti esistenti in un mondo al di fuori di me, è anche questa sicuramente una conclusione per inferenza non dimostrabile (tanto è vero che spesso si tratta solo di allucinazioni e miraggi).
Persino un rigoroso "empirista inglese" come Berkely ha dovuto riconoscerlo; per cui, inferenza per inferenza, siamo liberi di scegliere quella che più ci aggrada!
Anzi, considerando che le uniche AUTENTICHE ESPERIENZE DIRETTE che abbiamo sono solo di natura mentale, solo "la mente" è effettivamente sperimentata; il resto è meramente supposto!
Da questo punto in poi, però, a sostenere che esista una "mente universale" ce ne passa; dire, cioè, che il mio "IO" mentale è un epifenomendo di un SE' universale, infatti, a "livello meramente logico" è indubbiamente una "inferenza" di carattere argomentativo...come, appunto, dici tu.
La mia "inferenza" di carattere argomentativo, si basa sul fatto che trovo contraddittorio che l'intero Universo possa essere "il sogno" di uno "specifico individuo mentale"; perchè se esistono REALMENTE specifici individui, questi sono tali in quanto differenziati (per genere prossimo e differenza specifica) all'interno di un tutto che li contiene, e, quindi, "la parte contenuta non può essere anche parte contenente", per la famosa "contradizion che nol consente".
Ma, se è vero che sperimentiamo direttamente UNA MENTE (e non direttamente una realtà esterna ad essa) , e se questa non può essere quella di uno "specifico individuo mentale", deve trattarsi di qualche altra cosa: UNA MENTE UNIVERSALE, appunto, che "crede" (questo non so perchè) di essere soltanto individuale...cioè un'onda che è sicuramente onda (non lo nego), ma che non capisce che la sua "sostanza" è il mare.
Forse tu non pensavi ch'io löico fossi !!!
:D
Ma, come ho detto in altra sede, oltre un certo punto la logica va in "corto circuito"; anche perchè, se è vero che tutto è soltanto ESSERE UNO (che è in tutti i numeri, ma è diverso da tutti i numeri), è ovvio che NON E' UNA COSA CHE SI POSSA SPERIMENTARE, bensì è soltanto una COSA DI CUI PRENDERE COSCIENZA...se ci si riesce.
O, come nel mio caso, appena, molto vagamente, "intuire".
:-[

CitazionePersonalmente preferirei, per chiarezza, dire che tutti fenomeni cui abbiamo accesso sono "esperienza"; che si divide in una parte "mentale" (pensieri, concetti, desideri, ecc.) e una parte "materiale", parimenti (cioé entrambe in quanto apparenze fenomeniche: "esse est percipi") reali.

Non sono d' accordo che se si ammette una pluralità di esperienze fenomeniche coscienti per logica si debba anche ammettere una "coscienza universale che starebbe a quelle come il mare sta alle sue onde: mi sembra perfettamente logico (e preferibile per il rasoio di Ockam) ritenere che ciascuna personale esperienza fenomenica cosciente é una parte dell' insieme o della somma o del totale delle esperienze fenomeniche coscienti 
(che é e crede ovviamente di essere individuale, singolare) senza bisogno di un' ulteriore coscienza universale (ma casomai, per spiegarne i rapporti di parziale intersoggettività e di corrispondenza poliunivoca, di una realtà in sé o noumeno).
#3128
Tematiche Filosofiche / Re:Nulla è contro-natura
08 Novembre 2016, 21:05:43 PM
Citazione di: green demetr il 08 Novembre 2016, 15:19:53 PM
@sgiombo

Appunto! le mappature (della neuroscienza dei pallini che si accendono) del cervello sia mentale che sensoriale coincidono.

E' esattamente quello che ho detto: Sei un monista radicale CVD.

Che fa a pugni col tuo essere un comunista engeliano, che invece sa benissimo che la storia di quei pallini se ne infischia.

Quindi grazie Hume e Occam che fate capire a Sgiombo, che la cosa è perlomeno non dimostrabile.  ;)


CitazioneInnanzitutto sono comunista e non dogmatico (non seguo il materialismo dialettico; ma malgrado questo apprezzo moltissimo Friederch Engels, anche più che Karll Marx): ai tempi del grandissimo Stalin sarei stato un simpatizzante, un "compagno di Strada" come fu per qualche anno Jaen Paul Sartre, mentre non mi sarebbe stato possibile iscrivermi al Partito, né avrei preteso di farlo.
Non vedo perché, senza necessariamente cadere in un piatto eclettismo senza principi, non si possa apprezzare criticamente di un autore come di un movimento filosofico o più generalmente culturale, o anche politico, parte delle tesi di fondo respingendone altra parte.

Comunque come "comunusta engelsiano" (e soprattutto proprio come engelsiano) non posso non pensare che, lungi dall' "infischiarsene" della storia naturale (compreso quanto ne dicono le neuroscienze), la storia umana ne é parte integrante e ne é condizionata, anche se ovviamente non si limita ad essa ma "la supera dialetticamente" (in accordo con il materialismo dialettico).

Secondo le neuroscienze, per come personalmente ritengo vadano rettamente intese e filosoficamente criticate, coscienza e cervello non sono la stessa cosa anche se non si dà l' una senza l' altro e -sottolineo- viceversa. E anche se molti neuroscienziati (filosoficamente molto "scarsi") pensano a parer mio assurdamente che la coscienza sia nel cervello (dove non si trova altro che neuroni, assoni, potenziali d' azione, ecc.: tutt' altro!), mentre invece é il cervello (osservato) ad essere nella coscienza di chi lo osserva ("esse est percipi") e la coscienza biunivocamente corrispondente a tale cervello osservato non é né in esso, né ovviamente in alcuna altro luogo delle coscienze degli osservatori del cervello stesso.


Insomma un cervello é una cosa (nell' ambito di determinate esperienze coscienti), l' esperienza cosciente ad esso biunivocamente corrispondente é un' altra, diversa cosa (diversa dalle esperienze degli osservatori delle quali tale cervello osservato fa parte).


Non sono un "monista assoluto" o "radicale" ma un "dualista dei fenomeni, monista del noumeno" (dunque per lo meno relativo e "moderato" come monista; e chissenefrega? Penserai; e probabilmente non solo tu: beh, credo sia mio diritto correggere le interpretazioni errate delle mie convinzioni): penso che in un certo senso, per così dire un certo cervello e la corrispondente esperienza fenomenica cosciente siano "la stessa cosa in sé" quale "fenomenicamente si manifesta" rispettivamente ad altri soggetti di esperienza fenomenica e a se stessa (nel primo caso come oggetto di percezione fenomenica altrui, nel secondo come oggetto di percezione fenomenica propria, ovvero come sia soggetto che oggetto).


Non finirò mai di ringraziare il grande Guglielmo di Ockam e soprattutto il grandissimo David Hume per tutto ciò di fondamentale che mi hanno insegnato!
#3129
Citazione di: Sariputra il 08 Novembre 2016, 09:31:22 AM
Citazione di: sgiombo il 08 Novembre 2016, 09:19:37 AM
Citazione di: Sariputra il 08 Novembre 2016, 09:08:47 AMLe nostre personalità non possono avere realtà ontologica, a parer mio, perchè cambiano e si trasformano continuamente. Mentre , citando il sabatino-Coletti ( tanto per usare un metro più possibile comune di definizione linguistica): Ontologico: filos. Che si riferisce all'essere in generale, alle sue strutture immutabili, oggettive e reali; che riguarda l'ontologia. Se , in un ego o sé personale, non posso, come effettivamente non posso, definire un carattere immutabile, oggettivo e reale, visto che è un processo in divenire, non posso, a rigor di termine, dargli una "realtà ontologica".
CitazioneMa nulla vieta (nemmeno Emanuele Severino potrebbe farlo) di seguire un' ontologia (realtà in generale) implicante il mutamento.

Certo, ma allora mi sembra che la "realtà ontologica" viene trasferita "in toto" alla realtà in generale, al suo complesso, all'insieme e non più al fenomeno in sé. O per meglio dire...il fenomeno ha realtà ontologica perchè parte di una realtà ontologica che lo comprende e di cui ne è manifestazione. Intiendo bien??
Non sono sicuro , a questo punto, che ci siano grosse  differenze con l'argomentazione di Eutidemo ( la famosa realtà ontologica del mare di cui le onde sono epifenomeni....) :-\
CitazioneA me sembra che quella della fissità - divenire e della appartenza - realtà in sé siano due diverse questioni.

E sulla seconda non mi sembra di trovare una convergenza fra me ed Eutidemo (ma vedremo cosa risponderà lui).
#3130
Citazione di: davintro il 07 Novembre 2016, 19:54:58 PM
Meno d'accordo se con "lavoro", va intesa l'idea di "fatica". Dal mio punto di vista la fatica non è un valore positivo, ma un male necessario, un surrogato della mancanza di talento nell'esecuzione di un'attività. Quanto più ho talento quanto meno faticherò a realizzare un'opera. Pensare che la fatica sia un valore porterebbe all'assurdo di pensare che una composizione musicale creata dal genio di Mozart abbia meno valore di un'opera creata da un mediocre dilettante, solo perchè quest'ultimo ha dovuto impegnar maggiore fatica.


CitazioneTalento e fatica non si escludono, anche se il primo ceteris paribus può consentire di limitare la seconda e la seconda entro certi limiti può sopperire a una non eccessiva carenza del secondo.

Un grande talento che si sforza poco produce opere comunque meno pregevoli che se si sforzasse di più.
Michelangelo (che forse potrebbe essere considerato il massimo talento artistico, per lo meno figurativo, di tutti ti tempi, ammesso e non concesso che una simile baggianata all' americana avesse senso), prodigava sforzi titanici e soffriva tantissima fatica (e non solo fisica) nel dipingere e nello scolpire.
E i risultati si vedono!

La cosa é più evidente in un campo più banale come  lo sport (a parte il fatto che oggi l' uso generalizzato del doping, sopattutto da parte di chi ipocritamente lo nega e si scandalizza nei casi in cui, spesso non casualmente -mi scuso per il gioco di parole- viene a galla, rende problematico il concetto di "talento naturale o innato"), ove talenti inestimabili non di rado deludono per scarso impegno (faticoso) in allenamento; e talora soggetti limitatamente meno dotati naturalmente con grande fatica (e destando per questo un "di più di ammirazione") battono avversari più quotati.

In conclusione considero da parte mia valori tanto il talento artistico o generalmente intellettivo quanto l' impegno e lo sforzo faticoso di esprimerlo.

All' ultimo intervento di Green Demetr non obietto: troppa è la distanza che ci divide (su questo argomento anche più che in altri) impedendo a mio parere un confronto produttivo (comunque, solo per la cronaca, per fortuna non sono un potente -fortuna1- e sto piuttostobene -fortuna2- anche perché credo di sapermi accontentare).
#3131
Citazione di: Sariputra il 08 Novembre 2016, 09:08:47 AM
Le nostre personalità non possono avere realtà ontologica, a parer mio, perchè cambiano e si trasformano continuamente. Mentre , citando il sabatino-Coletti ( tanto per usare un metro più possibile comune di definizione linguistica): Ontologico: filos. Che si riferisce all'essere in generale, alle sue strutture immutabili, oggettive e reali; che riguarda l'ontologia.
Se , in un ego o sé personale, non posso, come effettivamente non posso, definire un carattere immutabile, oggettivo e reale, visto che è un processo in divenire, non posso, a rigor di termine, dargli una "realtà ontologica".

CitazioneMa nulla vieta (nemmeno Emanuele  Severino potrebbe farlo) di seguire un' ontologia (realtà in generale) implicante il mutamento.

#3132
Citazione di: Eutidemo il 08 Novembre 2016, 06:51:44 AMb) SOTTO IL PROFILO NOUMENICO
Dal punto di vista, per così dire "metafisico", invece, anche se veramente si potesse riprodurre "tel quel" un individuo atomo per atomo, secondo me non cambierebbe nulla circa la questione dell'"anima"; come non cambia, a mio parere, nei casi di personalità multipla.
Il problema sussiste solo se noi attribuiamo REALTA' ONTOLOGICA alle nostre specifiche "personalità" o "anime" individuali; in tal modo, invero, i fenomeni di cui sopra non possono che lasciarci interdetti e sconcertati.
Ma se invece consideriamo le nostre specifiche "personalità" o "anime" individuali come semplici "epifenomeni", di una UNITA' ONTOLOGICA SOSTANZIALE che tutte le sottende (come le onde nel mare), secondo me tale "sconcerto" si dissolve in uno sbuffo di fumo; ed infatti, un conto è l'"EGO" di ciascuno, ma cosa diversa è il suo "SE'"...che non è qualcosa di astratto o iperuranio, bensì la nostra più intima e "personale" natura ancestrale.
Ed infatti, come stava scritto sul Tempio dell'Oracolo di Delfi: "Uomo, conosci te stesso, e conoscerai l'universo e Dio".

CitazioneQui non capisco.

Se noi attribuiamo REALTA' ONTOLOGICA alle nostre esperienze fenomeniche coscenti é del tutto ragionevole pensare (non dimostrabile né mostrabile) che a ciascuna di entrambe le "copie", l' "originale" ovvero quella naturale" (copia-1) e l' "artificiale" (cpia-2), corrisponda realmente una certa determinata di tali esperienze fenomeniche coscienti, ben distite l' una dall' altra anche se inizialmente molto o forse completamene simili (come due auto dello stesso modello uscite dall stessa catena di montaggio); esperienze fenomeniche coscienti che non so in che senso possano essere intese come meri "sbuffi di fumo epifenomenici": in quanto tali, eventi fenomenici, sono ben reali (e più o meno soddisfacenti, gratificanti o al contrario dolorosi): in fondo la nostra vita é questo, e non vedo come si potrebbe svilire con una simile valutazione (sia pure soggettiva esattamente come la contraria, ciò che ne penso io ad esempio).
E questo indifferentemente sia nel caso siano "espressioni sensibili" di una "cosa in sé" o noumeno, sia in quello che esauriscao in toto la realtà.

La differenza fra l' ego e il sé non la colgo, e così pure la citazione dell' oracolo di Delfi.
#3133
Tematiche Filosofiche / Re:Nulla è contro-natura
07 Novembre 2016, 23:32:09 PM
Citazione di: green demetr il 07 Novembre 2016, 20:00:11 PM
Citazione di: sgiombo il 07 Novembre 2016, 07:49:14 AM
Non posso non precisare che, contrariamente a quanto attribuitomi da Green Dementr, non sostengo che soggetto e oggetto (dell' esperienza fenomenica; e men che meno della conoscenza) coincidono.
Sostengo solo che tanto il soggetto che l' oggetto dell' esperienza fenomenica cosciente, indimostrabili, né tantomeno mostrabili esistere, (se esistono; come comunque di fatto credo arbitrariamente; come tutte le persone comunemente ritenute sane di mente, secondo me) sono cose in sé, noumeno e non fenomeni.
C' é una certa difficoltà di spiegarci / comprenderci fra alcuni di noi e mi pareva il caso di fare questa precisazione da parte mia (é per lo meno meglio sapere che non ci si comprende che attribuisìrci reciprocamemte convinzioni che non abbiamo, illudendoci falsamente di comprenderci).

Premesso come al solito che fai bene a precisare.

E abbi pazienza! secondo il buon senso come fanno 2 noumeni a incontrarsi?????? Se non a buon senso concludendo che coincidano (indimostrabilmente) come soggetto e oggetto?????(almeno questo l'ho capito????)

Come fai bene a specificare, effettivamente non ci capiamo proprio noi 2. Ma per necessita di portare quello che io ritengo un errore, parlo dell'errore stesso, mi spiace metterti in mezzo.
Perchè non è detto che Maral condivida la mia ipotesi di errore che fai, con la sua.

CitazioneSono abbastanza paziente.

Ma chi ha mai detto che soggetto e oggetti dell' esperienza fenomenica cosciente, i quali non possono essere che "cose in sé" o nuomena (dal momento che si postula esistano anche allorché i fenomeni coscienti non accadono: per esempio ciascuno di noi esiste anche durante il sonno senza sogni; o no?) "si incontrano???????
Io no di certo!!!!!!!!

Io affermo semplicemente che si può ipotizzare e credere (non: dimostrare né tantomeno mostrare) che a una certa determinata situazione del soggetto in rapporto con altre "entità noumeniche" da esso diverse corrispondono certe determinate sensazioni naturali materiali e non altre nell' esperienza cosciente "propria" di quel soggetto e a una certa determinata  situazione del soggetto in rapporto con se stesso vi corrispondano certe determinate sensazioni mentali e non altre.

E che per esempio (secondo quanto dimostrato dalle neuroscienze) quando nelle esperienze coscienti di cui sono soggetti osservatori (ricercatori, sperimentatori) compaiono certi determinati stati fisiologici di un certo determinato cervello e solo quelli (di fatto indirettamente per il tramite dell' imaging neurologico funzionale), allora nell' esperienza cosciente di cui é soggetto quella stessa entità noumenica in sé che é oggetto delle loro osservazioni (nelle quali si manifesta fenomenicamente come tale certo determinato cervello in tale certo determinato stato funzionale) compaiono certe determinate sensazioni fenomeniche coscienti (materiali e/o mentali a seconda dei casi) e solo quelle.
#3134
Tematiche Filosofiche / Re:Realtà e rappresentazione
07 Novembre 2016, 23:27:02 PM
Citazione di: green demetr il 07 Novembre 2016, 19:51:24 PM
Citazione di: sgiombo il 07 Novembre 2016, 08:10:50 AM
Citazione di: green demetr il 07 Novembre 2016, 01:14:14 AM


Sulla teodicea di Berkley non so veramente nulla, mi affido semplicemente a quel che scrivi.
Lo faccio velocemente in quanto si è fatto veramente tardi, e dormire solo 4 ore al giorno comincia a diventare difficile. Ne parleremo ancora suppongo.

Il punto è che se ammettiamo che esiste un DIO senziente, poniamo il lato alle critiche di SGIOMBO, che si contrappone col suo delirante (per me) solipsismo. Critiche che concordo (formalmente) allora nel rivoltarti contro, perchè deve esistere un agente esterno e non un soggetto assoluto? (si tratterebbe come dice lui, di addizioni o sottrazioni fenomeniche, del tutto arbitrarie).


CitazioneMi dispiace, ma anche qui mi fraintendi completamente:

Non sostengo il solipsismo ma solo (cosa ben diversa!) la non confutabilità logica né falsificabilità empirica del solipsismo (e più in generale la insuperabilità razionale -logica e/od empirica- dello scetticismo).

Non sono un solipsista (e se lo fossi mi considerei anch' io "delirante"; fra l' altro non discuterei in alcun forum con interlocutoiri ritenuti inesistenti), sono un crirìtico razionalista del significato, delle condizioni (in ultima analisi indimostrabli né empiricamente constatabili), dei limiti delle mie credenze.



Lo so, fai bene a specificarlo.

Ma sempre per polemos:

Il fatto è che se io credo che razionalmente è dimostrabile (mostrabile) che il soggetto esista, ecco che allora per me tu diventi un solipsista o monista radicale, che poi è peggio, quando ti richiami al buon senso.
Come diceva il buon Carmelo Bene. Il caro buon senso da CONDOMINIO.
CitazioneNo, il fatto che tu affermi di ritenere, secondo me erroneamente, che razionalmente sarebbe dimostrabile (mostrabile) che il soggetto esista non ti autorizza a pretendere che chi, come me, lo crede rendendosi invece conto che é indimostrabile né mostrabile sia, contro il significato comunemente accettato delle parole in lingua italiana, un solipsista.
Il "monismo radicale", poi, non vedo che ci azzecchi.
#3135
Sinceramente non apprezzo minimamente la fantascienza (se Eutidemo, come ho già scritto nel forum, non mi avesse subito fatto un' ottima impressione mi sarei ben guardato dal leggere il lungo diamonologo).

Due osservazioni preliminari: trovo lo scenario scarsamente realistico: le difficoltà di realizzare l' impresa sono enormi e probabilmente fra un secolo ci saremo già estinti come specie umana o saremo sul punto di arrivarci.
Ma questa é una valutazione puramente soggettiva (e sì che sono considerato da me stesso e da chi mi conosce decisamente ottimista).
Inoltre replicare un cervello funzionante é di gran lunga più difficile (data la complessità dell' oggetto) che duplicare il resto di un corpo umano (oggetto di gran lunga meno complesso anatomicamente e fisiologicamente).
Inoltre trovo semplicistici gli accenni neurofisiologici ai neurotrasmemettitori

Ma tutto ciò si può ben perdonare a un testo letterario (teatrale), che é ben diversa cosa da un trattato scientifico o filosofico.

Più volte si é accennato nel forum alla realizzabilità di una "persona umana artificiale".
La mia opinione é che questo sia possibile in linea torica, di principio, impossibile di fatto.
La questione filosofica fondamentale a questo proposito é:
Realizzata una persona umana artificiale con materiale non biologico (un robot), si può pensare che essa abbia anche un' esperienza cosciente o no?
Per me é impossibile stabilire una risposta certa: ritengo insuperabile razionalmente lo stesso solipsismo e dunque indimostrabile l' esistenza di altre esperienze coscienti oltre la "propria" immediatamente esperita, corrispondenti agli altri uomini e animali "naturali".
In questi ultimi casi é ragionevole ammetterla (ci credo di fatto ingiustificatamente); e questo é anche il caso della piece teatrale: se ammetto come ammetto l' esistenza di un' esperienza cosciente per ogni cervello naturale (vivo e funzionante ) mi sembra ovvio ammetterla anche per un cervello artificiale materialmente identico a un cervello naturale.
Non sarei così sicuro per un hardware diverso, per esempio di silicio; ma a questo proposito ritengo che (ammesso e non concesso che venisse mai realizzato un cervello in silicio funzionalmente identico a un cervello umano) si dovrebbe applicare un principio etico di prudenza: nel dubbio meglio rischiare di trattare come un uomo cosciente un manichino che rischiare di trattare come un manichino un uomo (sia pure artificiale) dotato di coscienza e autocoscienza.


Commenti e obiezioni particolari:

1 - "Tutto quella che c'era nella mia mente...anzi, la mia mente stessa... è stata trasferita nel computer circa un'ora fa.

No!
E' stato copiato, non trasferito [primo errore, falso], tutto ciò che c' era nel cervello e non nella mente [secondo errore, falso].

La mente (l' esperienza cosciente) originale di monna Lina continua ad esistere ed é altra (per quanto simillima) cosa da quella che si può ammettere (non: dimostrare) corrisponda biunivocamente alla replica artificiale del suo cervello.

Il mio cervello é una "cosa" (nell' ambito della tua esperienza cosciente, se lo stai osservando), la mia esperienza cosciente é un' altra cosa, per quanto non possa darsi l' una senza l' altra e viceversa e vi sia una necessaria corrispondenza biunioca fra di esse, e viceversa.


2 - Se mi trovassi in fin di vita, potrei sempre fare un altro "Mind Uploading", come abbiamo fatto un'ora fa, e il mio "Io" sarebbe salvato nuovamente...su un altro supporto più moderno del tuo."

No!.
Vivo sarebbe un' altro io con un' altra esperienza cosciente, per quanto simillima alla mia.


3 - Noi DUE siamo UNO."

No! Voi due siete due, molto simili.


4 - Un cosa è il cervello sotto il profilo materiale e neurologico...ed un altra cosa i pensieri e la memoria che ne scaturiscono.

No!
Un cosa è il cervello sotto il profilo materiale e neurologico...ed un altra cosa i pensieri e la memoria, d' accordo (vedi sopra alla fine dell' obiezione 1); ma dal cervello (che esiste e funziona, almeno potenzialmente nell' ambito di talune esperienze coscienti (chiamiamole "a", "b", "c", ecc.) non scaturisce affatto (causalmente, secondo le leggi biologiche riducibili a quelle fisiche-chimiche) alcuna esperienza cosciente (in particolare l' esperienza cosciente -chiamiamola "d"- con la quale esso é biunivocamente corrispondente), ma solo potenziali d' azione lungo vie nervose periferiche che determinano il comportamento del corpo a cui il cervello appartiene (movimenti muscolari, al limite secrezioni ghiandolari, ecc.) nell' ambito di esperienze coscienti altre, diverse dalla "sua" (quella biunivocamente corrispondente ad esso: nell' ambito delle esperienze coscienti "a", "b", "c", ecc., ma non -o almeno non necessariamente- in quella "d").


5 - "Così accadrebbe di me...se mi spaccasero la testa."
Computer:
"A meno che tu non abbia una copia del disco; nel qual caso, potrai riascoltare la stessa identica musica del disco rotto.
Se questo computer si rompe, basterà reinstallare memoria e programmi in un altro identico PC...ed è come se non fosse successo niente; sempre che, ovviamente, siano stati salvati, per tempo, su una memoria di massa esterna.
E si ricomincia da capo.


No!
Così si creerà (probabilmente) un altra persona con relativa esperienza cosciente simillima a te, ma tu sarai irrimediabilmente morta!


6 - Dopodichè, una volta morto, gli eredi potranno utilizzare i dati memorizzati, per "ristampare" il defunto..."anima e corpo"(se mi consenti l'espressione), all'età da quest'ultimo stabilita per testamento.

No!
Casomai per ricostruire una copia simillima del defunto (che non tornerà certo in vita: non più che se ne venisse fatta una statua di marmo)!


7 - E' arduo concepire un simile scenario.
Però, già dopo qualche giorno, i due soggetti avrebbero accumulato memorie diverse...come accadrà anche a noi due (uno).
Ma questo li farebbe diventare due persone diverse?


 

Due distinte persone, per quanto uguali, lo erano già ab initio.


8- "In effetti, siamo più uno stesso "Io", io e te, adesso e qui (separati solo da un'ora), che "Tu" ed il tuo "Tu" di 30 anni fa.
Quantomeno, ci assomigliamo mentalmente molto di più.

No!
"somigliare" =/= "essere"!


9 - "Ma, adesso, tu sei, sì, la mia stessa mente...ma esterna fisicamente e psicologicamente rispetto a me.

No!

Sei un' altra mente, uguale alla mia (come la mia macchina potrebbe essere perfettamente identica, fino all' ultimo optional, a quella di un altro: sono due diverse cose che si assomigliano in tutto e per tutto).


10 - Quindi direi che siamo due IO diversi, anche se, in un certo senso, identici."

Esatto! (Sarebbe meglio -meno equivoco- dire "uguali" piuttosto che "identici").


11 - E, se le duplichiamo come ora è possibile fare ora, dureranno per sempre."

No!

Dureranno per sempre ben altre cose: le copie!


11 - Sono la stessa cosa, sia quello nella cartella d'origine, sia quello nella cartella di destinazione...anche sotto un profilo ontologico.

NO!
Sono due cose uguali (non la stessa cosa)!


12 - Ci sarebbe continuità di identità, coscienza e memoria, nell'esemplare rimasto?

No!
Ci sarebbe solo uguaglianza, ben altra cosa che identità!