CitazioneSartori ,in merito all'Islam ,ha ragione su un punto, la difficoltà della costruzione del rapporto Stato/religone, vale a dire spinte laiche verso forme repubblicane e liberali e spinte fanatiche di teocrazie.
Non c'entra nulla il monoteismo, tutta la cristianità occidentale ha accettato storicamente il ruolo dello Stato sovrano e la libertà di culto.
Il problema è che se arrivano fanatici e si coagulano fra loro contrapponendo alla teocrazia dello Stato, allo Stato repubblicano e liberale, approfittando proprio della libertà di culto, allora saranno problemi non solo in oriente, ma anche in occidente.
Non è però così assodato come scrive Sartori, è un rischio certo, ma non è detto che si avveri. Bisogna vedere l'integrazione fra seconde, terze generazioni, solo il tempo può giudicare, ma l'arrivo massiccio e repentino non gioca a favore di un tranquillo, semplice metabolismo fra diversità che si incontrano per poi integrarsi e mescolarsi.
Come spesso gli accade, Paul ha colto il nocciolo della questione. Non credo che esista nel Corano un passo simile a Matteo 22. 15-21. La diversità consiste nell'assorbimento dell'ellenismo nella religione cristiana e quindi l'affermazione (ovviamente dialettica, con alti e bassi) della distinzione fra ragione di stato e ragione teologica, ovvero la distinzione fra potere temporale e potere spirituale, ovvero la distinzione fra pastori, cani e gregge, come voleva una immagine diffusa nel Medioevo, ovvero la distinzione fra Polis ed Oikos. Il problema fondamentale dell'islam è la sua tendenza a teocratizzarsi a non saper distinguere fra legge dell'uomo e legge di Dio e come riuscire a far interagire questi due piani. Inoltre vi è un altro piano che differenzia i due diversi orizzonti culturali. Da un lato "Inshallah", ovvero "se Dio vuole", ovvero una dimensione fatalista della vita. Tutto dipende da Dio e noi siamo delle marionette nelle sua mano. Dall'altro "Ora et labora", ovvero una visione dinamica della storia, in cui, sia pure sotto l'ombrello divino, l'uomo è chiamato ad operare.
Ma la storia a saperla interrogare non è mai univoca. Il grande successo dell'impero Ottomano derivava da una grande tolleranza e dalla capacità di porre ai posti di comando le persone meritevoli, indipendentemente dal loro censo e dalla loro religione o dalle loro amicizie clientelari. Questo fu un collante potentissimo per un impero che nel suo apogeo giungeva dalla periferia di Vienna all'Iran. Tutti abbiamo qualcosa da imparare dagli altri e la mescolanza ci permette questo, se sappiamo ascoltare e non cadere nei pregiudizi.