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Messaggi - sgiombo

#3136
Tematiche Filosofiche / Re:Realtà e rappresentazione
07 Novembre 2016, 08:10:50 AM
Citazione di: green demetr il 07 Novembre 2016, 01:14:14 AM


Sulla teodicea di Berkley non so veramente nulla, mi affido semplicemente a quel che scrivi.
Lo faccio velocemente in quanto si è fatto veramente tardi, e dormire solo 4 ore al giorno comincia a diventare difficile. Ne parleremo ancora suppongo.

Il punto è che se ammettiamo che esiste un DIO senziente, poniamo il lato alle critiche di SGIOMBO, che si contrappone col suo delirante (per me) solipsismo. Critiche che concordo (formalmente) allora nel rivoltarti contro, perchè deve esistere un agente esterno e non un soggetto assoluto? (si tratterebbe come dice lui, di addizioni o sottrazioni fenomeniche, del tutto arbitrarie).


CitazioneMi dispiace, ma anche qui mi fraintendi completamente:

Non sostengo il solipsismo ma solo (cosa ben diversa!) la non confutabilità logica né falsificabilità empirica del solipsismo (e più in generale la insuperabilità razionale -logica e/od empirica- dello scetticismo).

Non sono un solipsista (e se lo fossi mi considerei anch' io "delirante"; fra l' altro non discuterei in alcun forum con interlocutoiri ritenuti inesistenti), sono un crirìtico razionalista del significato, delle condizioni (in ultima analisi indimostrabli né empiricamente constatabili), dei limiti delle mie credenze.

#3137
Tematiche Filosofiche / Re:Nulla è contro-natura
07 Novembre 2016, 07:49:14 AM
Non posso non precisare che, contrariamente a quanto attribuitomi da Green Dementr, non sostengo che soggetto e oggetto (dell' esperienza fenomenica; e men che meno della conoscenza) coincidono.
Sostengo solo che tanto il soggetto che l' oggetto dell' esperienza fenomenica cosciente, indimostrabili, né tantomeno mostrabili esistere, (se esistono; come comunque di fatto credo arbitrariamente; come tutte le persone comunemente ritenute sane di mente, secondo me) sono cose in sé, noumeno e non fenomeni.
C' é una certa difficoltà di spiegarci / comprenderci fra alcuni di noi e mi pareva il caso di fare questa precisazione da parte mia (é per lo meno meglio sapere che non ci si comprende che attribuisìrci reciprocamemte convinzioni che non abbiamo, illudendoci falsamente di comprenderci).
#3138
Citazione di: Eutidemo il 06 Novembre 2016, 13:32:46 PM
Citazione di: sgiombo il 06 Novembre 2016, 10:21:25 AM
Citazione di: maral il 05 Novembre 2016, 19:31:23 PM
CitazioneP.S.: Mi sia concesso complimentarmi con Eutidemo per la sua notevolissima competenza (va beh, essendo "del mestiere" può essere considerata ovvia; però personalmente conosco non pochi colleghi -miei- che in pratica "se la cavano" senza una grande preparazione professionale) e chiarezza di esposizione e argomentazione (e questa non é scontata).
(Fine sviolinata; peraltro sincera. Spero prima o poi di dissentire anche con lui per poterlo un po' anche "maltrattare dialetticamente" e naturalmente essere ripagato della stessa moneta; non mi va di passare per "buonista").

Ti ringrazio molto per gli (immeritati) complimenti.

Ma, secondo me, qui non siamo "in gara" per far prevalere dialetticamente la nostra tesi; come è invece (anche deontologicamente) necessario in un'aula di giustizia...o in politica!
Qui, invece, io cerco -come ho già detto in un'altra discussione- di attenermi il più possibile ai principi dialogici della c.d. "Nuova Scuola di Francoforte", ed in particolare al primo (Giustezza-Richtigkeit); che è il più difficile da osservare.
Esso, infatti, prescrive di rispettare sempre  le norme della situazione argomentativa, e, cioè, di cercare di capire VERAMENTE le tesi altrui; e, eventualmente di ritirare o correggere le proprie, qualora si siano dimostrate false o, comunque, opinabili.
Ma, come ho detto, la cosa non è affatto facile!
:)
CitazioneConcordo sia sul principio sia sulla non facilità (in molti casi) dell' applicarlo (la mia finale era solo una battuta dettata dall' imbarazzo di poter passare per "buonista").
#3139
Tematiche Filosofiche / Re:Nulla è contro-natura
06 Novembre 2016, 20:52:39 PM
Citazione di: paul11 il 06 Novembre 2016, 12:05:05 PM

Non nego la possibilità di includere ,ma non so se come sottoinsieme, l'uomo che si fa cultura dentro le regole di natura, perchè la cultura umana vuole negare la morte ,la propria morte individuale o di appartenenza e sarebbe capace di tutto , di alterare l'intera natura, pur di raggiungere il proprio fine.
Questa qualità, questa capacità è impossibilitata da gli altri essere viventi come vegetali o animali.

Il prodotto culturale può non solo essere plastica, ma un lagher, un'ideologia di sterminio o di prevaricazione: è ancora natura?
La natura a mio modesto parere non è solo la tavola degli elementi chimico-fisici che l'uomo per sua qualità ha potuto conoscere e addirittura manipolarle e plasmarle.
Ma se la natura ontologicamente è un ordine, è un dominio, non è assolutamente detto che la cultura ne sia parte solo perchè l'uomo è fisicamente naturale e composto da quegli stessi elementi chimico-fisici che può manipolare.

CitazioneAllorché (nei casi in cui) la cultura umana vuole negare la morte, la propria morte individuale o di appartenenza e sarebbe capace di tutto , di alterare l'intera natura, pur di raggiungere il proprio fine, essa del tutto naturalmente (come insieme di fenomeni naturali) pretende illusoriamente, inanemente di contraddire le "regole" oggettive e non alterabili ad libitum della natura (ma invece impiegabili, adeguandosi ad esse, come mezzi per il conseguimento di scopi, purché  realistici).
 
La natura ontologicamente è un ordine, è un dominio, e la cultura ne é parte e non può non esserne parte nel senso che l'uomo è fisicamente naturale e composto da quegli stessi elementi chimico-fisici che può manipolare: non dispone (né l' uomo, né altri) di "poteri soprannaturali" in grado di sospenderne il corso secondo le leggi oggettive che lo regolano alterandole o contravvenendo ad esse ad libitum.

#3140
Tematiche Filosofiche / Re:Realtà e rappresentazione
06 Novembre 2016, 20:48:06 PM
Citazione di: davintro il 06 Novembre 2016, 17:25:41 PM
Sgiombo scrive

"Mi sembra che tu distingua "sensazione" come mero evento fenomenico (passivo; aggettivo che presuppone però già la realtà di un oggetto agente e un soggetto paziente che sarebbe da dimostrare; oppure da ammettere, come faccio io, che ci si crede arbitrariamente, letteralmente "per fede") e "percezione" come attenzionamento, considerazione teorica (attiva da parte del soggetto; sempre da dimostrarsi previamente o credersi fideisticamente), che per me è soltanto un' ulteriore sensazione fenomenica o un insieme di sensazioni fenomeniche (mentali in questo caso) che accadono "in aggiunta" alla mera sensazione (materiale o anche mentale)."



Esattamente, la penso così. La distinzione percezione-sensazione è la base fondamentale del mio discorso. In assenza di questa distinzione sarebbe a mio avviso impossibile giustificare la capacità che ha la sensazione di modificare il corso normale della percezione dell'oggetto. Quante volte ci sembra di percepire una figura e poi, con l'immissione di nuovi dati fenomenici riconosciamo che la figura corrisponde a un oggetto diverso da quello percepito inizialmente?  E tale situazione presuppone da un lato il protendersi della percezione al di là del contatto fisico del singolo lato con i campi sensoriali del corpo soggettivo, che immagina lati nascosti in sisntesi con quello appreso attualmente, ed è questa anticipazione che poi può venir confermata o "delusa, dall'altro l'esistenza di un'alterità esteriore che costringe l'io percepiente a modificare i prori schemi e regole percettive. Se l'Io percepiente fosse un Soggetto assoluto, divino, non limitato da alcunchè di esterno a lui, non troverebbe alcuna necessità di tale modifica, nè ovviamente sarebbero possibili degli errori da correggere, la realtà oggettiva conciderebbe pienamente con la visione soggettiva che l'uomo ne avrebbe. Ecco perchè, pur a mio avviso all'interno di una tesi secondo me errata, la soluzione teologica di Berkeley era perfettamente coerente e consequenziale internamente con i suoi presupposti. Una volta identificato il reale con i fenomeni, annullando la distinzione tra il soggetto ed un'oggettività che lo limita, occorreva ammettere la possibilità che il soggetto umano, cioè un soggetto imperfetto, contingente, scomparisse, e fosse allora necessario ammettere l'esistenza di un Soggetto percepiente eterno e che  non potrebbe scomparire, Dio, per salvaguardare l'esistenza del reale. Almeno per come mi pare di aver capito Berkeley, pur non essendo d'accordo con le premesse, la conclusione religiosa è coerente con essa. Volendo fare una battuta si potrebbe dire, citando il Polonio di Shakespeare, "è follia ma c'è del metodo"!

CitazioneConcordo che la conclusione teistica di Berkeley è coerente (compatibile; ma secondo me –in questo dissento- non necessaria) con la sua critica della realtà del mondo materiale (l' "esse est percipi"), e che citando Shakespeare si può dire che "è follia ma c'è del metodo"; e anche se personalmente non lo seguo in tale conclusione per me possibile ma non necessaria (compatibile ma non inevitabile) perché trovo più soddisfacenti, cioè più razionalistiche secondo il principio del rasoio di Ockam, altre ipotesi). 
 
E' vero che se l'Io percipiente fosse un Soggetto assoluto, divino, non limitato da alcunchè di esterno a lui, non troverebbe alcuna necessità di adeguare i suoi giudizi errati circa le sensazioni per adeguarli ad esse.
Però in alternativa a un simile Soggetto idealistico (hegeliano? Punto interrogativo necessario per la mia "atavica allergia" ad Hegel e conseguente ignoranza in materia) credo sia sempre ammissibile un semplice solipsismo poiché, come notava Phil in risposta a Sariputra nella risposta #79 di questa discussione:
"Distinguerei l'essere-percipiente, l'essere-"ingegnere della percezione" e l'essere-causa: percepisci qualcosa e di questa tua percezione non dubiti (puoi invece dubitare della realtà dell'esterno alla percezione o di quanto tale percezione sia affidabile), ma ciò non significa che tu possa progettarla e decidere che tipo di percezione essa debba essere (piacevole o spiacevole), tantomeno che tu sia la causa della percezione".

#3141
Tematiche Filosofiche / Re:Nulla è contro-natura
06 Novembre 2016, 11:29:35 AM
Citazione di: paul11 il 06 Novembre 2016, 00:24:33 AM
L'uomo appartiene ala natura ,ma è anche cultura.
Mi sembrerebbe strano ,per assurdo, che due marziani in un futuro remoto, spero, vedano esplodere il pianeta Terra per la terza guerra mondiale  a suon di bombe atomiche e dicano è il prodotto naturale di un bipede terrestre.

CitazionePersonalmente non mi pare che dovrebbero avere difficoltà a considerarlo naturale (oltre che artificiale nel senso di "un particolare sottoinsieme di ciò che é naturale").
Anche tante altre specie si sono estinte naturalmente per avere abusato delle risorse disponibili nelle loro nicchie ecologiche.
(Per la cronaca, temo che se la Clinton vincerà le lezioni americane il rischio di olocausto nucleare aumenterà terribilmente).


I lavoro è trasformazione, ma all'interno di leggi naturali. nel momento cui l'uomo ha raggiunto un livello di conoscenza e quindi di cultura tale da alterarne la biochimica o la fisica della particelle ha la possibilità di uscire dalle regole naturali attraverso la propria conoscenza culturale.L'inquinamento non è un prodotto naturale, ma altera i cicli naturali ,gli ecosistemi, portiamo ormai fuori dai loro Habitat naturali animali attraverso aerei, navi e non conosciamo affatto gli impatti degli ogm. Salvo accorgerci che parecchi tumori purtroppo emergono grazie alla sintesi artificiale
di molecole non naturali
CitazionePreciserei (scusa la pignoleria) che se, come concordo, il lavoro è trasformazione, ma all'interno di leggi naturali, allora l' uomo non ha la possibilità di uscire dalle regole naturali attraverso la propria conoscenza culturale (ma solo di impiegarle utilmente e finalisticamente adeguandovisi nel suo agire). Ed é proprio per questo che imprudentemente rischia di autodistruggersi (ma forse é anche quello che intendevi dire tu).
#3142
Tematiche Filosofiche / Re:Nulla è contro-natura
06 Novembre 2016, 11:16:39 AM
Citazione di: maral il 05 Novembre 2016, 20:12:56 PM
CitazioneDi fatto c' é un' accezione "forte", un senso più immediatamente letterale (ma "estensionalmente più largo") del concetto di "natura" come "res extensa in toto", genericamente intesa, includente (anche) tutto ciò che é umano o culturale o artificiale, ecc.; e c' é un' accezione più "debole" o meno immediatamente letterale (ma "estensionalmente più limitata") del concetto di natura come "res extensa ad esclusione di ciò che é umano".

Si potrebbe dire che c'è un'accezione ancora più forte (che condivido) che include nella "natura" (intesa, come dice Voltaire, nel senso di realtà per come si manifesta) anche la res cogitans, o, se si vuole, "l'autocoscienza" che è un fenomeno del tutto naturale in quanto realmente accade (anzi potremmo dire, che è solo in relazione ad essa che qualsiasi cosa effettivamente accade, res extensa e cogitans comprese come tali). Ma il problema che chiede ragione della natura della "natura" dando risposte forti o deboli, non è ovviamente solo una faccenda linguistica, a cui basta il vocabolario giusto a risolverlo, perché l'uomo effettivamente, proprio in quanto "naturalmente" cosciente dell'accadere e del proprio accadere si vede gettato fuori dalla natura e questo da un lato lo terrorizza e lo angoscia, dall'altro gli dà il senso di poter progettare il proprio dominio umano sulla natura che gli si presenta davanti in visione panoramica. Poi magari scopre che non è per nulla così, che non domina proprio nulla, in quanto comunque egli resta sempre nella natura, ma ci resta, lo ripeto, sentendosene in qualche misura sempre rigettato tanto da considerare "artificiale" quello che lui naturalmente fa.
Per il lombrico ad esempio non è così, il lombrico è del tutto nella natura e lì ci sta contento e soddisfatto (mi si perdonino i termini antropomorfici e mi perdonino i lombrichi, ma è per rendere l'idea tra esseri umani). In realtà tra il lombrico e l'uomo esistono forme di coscienza e probabilmente anche di autocoscienza intermedie che sarebbero interessanti da esplorare, ma non vi è dubbio a mio avviso che l'uomo è di per sé una grande anomalia naturale, una sorta di contraddizione vivente, ossia è veramente nella natura sentendosene al di fuori.


CitazioneConsiderazioni che trovo interessanti e in gran parte condivido.
Dissento soprattutto sull' affermazione  che "l' autocoscienza" (...) è un fenomeno del tutto naturale in quanto realmente accade" [e fin qui sono d' accordo; anche se accade al di fuori della res cogitans: non é naturale-materiale] "(anzi potremmo dire, che è solo in relazione ad essa che qualsiasi cosa effettivamente accade, res extensa e cogitans comprese come tali)".
Per me qualsiasi cosa effettivamente accada (salvo ovviamente fatti di coscienza e autocoscienza), accade anche indipendentemente dalla nostra (eventuale) coscienza (e conoscenza) di ciò che accade (compresa l' esistenza di noi stessi, ossia anche dalla nostra autocoscienza).
Ma ne abbiamo già ampiamente dibattuto senza trovare un consenso in altre discussioni e non vorrei riaprire la questione.
#3143
Citazione di: maral il 05 Novembre 2016, 23:31:16 PMGoogle comunque ci conta, proprio come ai suoi tempi il grande Barnum con il suo circo, e c'è davvero da contarci, la idiozia della clientela aumenta progressivamente con l'offerta tecnologica di cui non si finisce comunque con il non poterne fare a meno. per quanto demenziale inizialmente si presenti.

CitazioneBen detto, Maral!

E non solo circa l' "offerta tecnologica": dal mio paese sono partiti diversi pullmann carichi di gente che ha gettato via una domenica (oltre che un po' di soldi) per andare a farsi prendere per il c... (il fondoschiena) da quel sedicente "artista" che aveva fatto montare una penosa passerella di plastica sul lago d' Iseo (per la cronaca: é passato qualche mese e per fortuna non ne parla più nessuno, alla faccia di certi giornalisti e anche critici d' arte che ci mancava poco che paragonassero l' indecorosa pagliacciata alla rivoluzione apportata da Giotto nella pittura).
#3144
Citazione di: maral il 05 Novembre 2016, 19:31:23 PM

Di quali individui dunque le nostre leggi si prendono davvero cura per esercitare la funzione in ragione della quale sussistono?  Questa è una domanda che non trova risposta nell'ottemperanza formale della lettera della norma in quanto tale, le leggi non sono degli assoluti semplici per i quali basta la lettera, occorre comunque per esse l'assunzione di una coscienza politica.

CitazioneE infatti quella dell' ottemperanza alla "legge" (in senso lato: alle decisioni "legali" che in sostanza venivano fatte risalire direttamente a Hitler) é stata la principale "scusante" dei propri comportamenti avanzata in sede legale (in qualche caso anche in sede puramente etica) dai principali gerarchi nazisti sconfitti e non suicidatisi.

P.S.: Mi sia concesso complimentarmi con Eutidemo per la sua notevolissima competenza (va beh, essendo "del mestiere" può essere considerata ovvia; però personalmente conosco non pochi colleghi -miei- che in pratica "se la cavano" senza una grande preparazione professionale) e chiarezza di esposizione e argomentazione (e questa non é scontata).
(Fine sviolinata; peraltro sincera. Spero prima o poi di dissentire anche con lui per poterlo un po' anche "maltrattare dialetticamente" e naturalmente essere ripagato della stessa moneta; non mi va di passare per "buonista").
#3145
Citazione di: maral il 05 Novembre 2016, 22:53:07 PM
Il significato valoriale del lavoro inizia con l'affermarsi del modo di pensare e di vivere borghese. Ecco che allora entra in gioco il significato di dignità legata a quello che si dimostra di saper fare, cosa che implica che fondamentalmente, prima di saper fare non vi sia alcuna dignità nella esistenza in sé. Il lavora instaura la dignità nell'essere umano che si rivela a se stesso, mediante il proprio lavoro, capace di conquistarsi la propria autonomia esistenziale, di costruirsela con le proprie mani senza dipendere da nessun altro che da se stesso. In tal modo il lavoro è lo strumento di realizzazione della propria individualità autentica, della propria libera ontogenesi e letteralmente, a questo punto, per vivere occorre lavorare.

CitazioneConcordo e personalmente ritengo (da marxista) un progresso di civiltà di cui siamo debitori alla borghesia mercantile, artigianale e manifatturiera e "protocapitalistica" (la borghesia nella sua ormai remotissima fase progressiva e rivoluzionaria da gran tempo tramontata) questo passaggio dall' attribuzione di dignità umana dai natali al personale operare.
Il che non esclude che anche nell' antichità nobili e aristocratici talora non fossero dei semplici parassiti ma operassero con molta dignità umana; questo si può dire, oltre che di filosofi da me più apprezzati e forse perfino del da me disprezzato Platone, dello stesso Aristotele che spesso viene citato (non saprei dire con quale fondamento: per me è un semplice "sentito dire") come esplicito teorizzatore dell' essere degradante e indegno di un uomo realizzato il dover lavorare per vivere e l' attendere di essere pagati per il lavoro che si svolge.


Green Demetr giustamente dice che il soggetto si viene a conoscere (conosce se stesso) nel suo rapporto con l'oggetto, il lavoro costruisce questo rapporto ed è sempre il lavoro che costruisce una relazione pubblica tra soggetti che reciprocamente si rispettano e si ammirano per quello che sono capaci di fare l'uno per l'altro: è il lavoro che permette l'esistenza di una società, di un senso oggettivo della realtà e di una stabilità di se stessi in questa realtà, non vi è dubbio.

CitazioneNemmeno per me.
Il "lavoro in senso biblico" (o la fatica alla latina), cioè il doversi sacrificare e dovere svolgere attività non affatto piacevoli e gratificanti in sé ma solo come mezzi indispensabili per conseguire ben altri fini desiderabili, oltre che per la stessa sopravvivenza che è condizione di qualsiasi possibile soddisfazione, può (in teoria e "di per sé" non per tutti, non equamente) essere limitato dai progressi della tecnica (soprattutto) e della scienza, ma mai completamente essere eliminato: sarebbe "contro natura", "sopra-" o "preter-" naturale, se per assurdo accadesse (e infatti lo scientismo, che ideologicamente lo promette a vantaggio delle classi dominanti privilegiate e parassitarie, é irrazionalismo, non molto diverso dalla superstizione e dalla religione; anzi, per certi versi molto peggiore).

E la sua più o meno equa ripartizione (oltre che la sua riduzione in sinergia con i progressi della tecnica con la quale sono in rapporto di complesso condizionamento reciproco) dipende dagli assetti sociali (e dunque in determinante misura dalla lotta di classe).

Ma ogni progresso tecnico e scientifico (e probabilmente anche puramente sociale) è inevitabilmente relativo, limitato, comportando anche effetti collaterali non desiderati e indesiderabili (i quali oggi comprendono perfino la –scusate l' ennesima ripetizione del concetto- estinzione prematura e di sua propria mano dell' umanità; oltre che di moltissime altre specie biologiche).


Ma, ammettiamolo, c'è lavoro e lavoro, questo è il punto, e non tutti i lavori vanno nella direzione della dignità, anzi direi che questo accade sempre di meno, perché la necessità di un continuo incremento di potenza non richiede dignità, anzi.

CitazioneSecondo me (da convinto seguace del materialismo storico) perché i rapporti di forza nella lotta di classe sono pessimi (per le classi lavoratrici) e gli attuali assetti sociali oggettivamente sono ormai abbondantemente superati dallo sviluppo delle forze produttive, sono "in avanzato stato di putrefazione".
#3146
Tematiche Filosofiche / Re:Nulla è contro-natura
05 Novembre 2016, 16:37:48 PM
Citazione di: Voltaire il 05 Novembre 2016, 13:32:58 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Novembre 2016, 07:23:43 AMCredo che la questione sembri ingarbugliata semplicemente perché non si sta tenendo conto dei linguaggi in cui ci si vuole muovere; in base ai linguaggi scelti cambia anche la definizione di natura. Se scegliamo di usare un linguaggio che si sforza di essere radicale, basilare, fondamentale, teorico, possiamo affermare che natura coincide con realtà e dunque anche un'automobile fa parte a tutti gli effetti della natura. Se invece scegliamo di muoverci in un linguaggio più superficiale, corrente, quotidiano, più vicino agli usi sociali, allora natura non coincide con realtà, ma con ciò che viene ritenuto tale nel liguaggio sociale corrente. In questo contensto un'automobile non fa parte della natura. Una volta chiarito ciò, è facile renderci conto che il secondo tipo di linguaggio, essendo dipendente dalle condizioni storico-geografiche di ogni società, è soggetto a variabilità, cosicché ciò che può essere ritenuto naturale in una certa società può non esserlo in un'altra. Anche il primo linguaggio, ovviamente, è soggetto alle sue variabilità, poiché siamo pur sempre noi a stabilire se e in che misura un linguaggio può essere considerato davvero radicale e teorico. Sarà comunque più facile addentrarsi anche in questa questione, una volta chiarito in che tipo di discorso ci si sta muovendo. C'è naturalmente (!) anche la possibilità di intrecciare, porre in dialogo i due linguaggi; anche in questo caso, comunque, credo che aver almeno tentato di distinguere i due linguaggi consenta di muoversi in tutta la questione in modo molto più agevole.
Non è una questione di definizioni, il fatto che la natura coincida con la realtà non è una definizione astratta ma è frutto di un processo logico che parte dalla definizione d'uso comune.
Un automobile non è contro natura perché è manifestazione evolutiva e spontanea dell'uomo.
Così come non lo è un alveare o un formicaio, poiché questi sono espressioni delle necessità e bisogni della propria specie: le api costruiscono un alveare perché gli va a favore.
L'invenzione dell'automobile va a favore degli uomini, l'unica differenza tra l'ape e l'uomo è che l'ultimo conosce molto più dell'ape, ha valore evolutivo maggiore e di conseguenza ha più impatto sul mondo.
Se si identifica il "contro natura" come qualcosa che si oppone al regolare svolgimento delle cose, ci si può rendere conto di come la natura sia contro natura. (I dinosauri se ne stavano lì tutti belli e tranquilli nella loro evoluzione, e poi arriva la natura ad ucciderli)
Allora voi direste :"si ok ma la natura non è contro natura perché mantiene la caratteristica comune della natura: l'istintività, l'essere inconscia, mentre ciò che fa l'uomo è conscio e quindi può essere contro natura"
Al che io vi rispondo con una domanda: se l'uomo è conscio delle sue azioni allora perché ha voluto che si creassero fabbriche che inquinassero il suo stesso ambiente fino a soffocarlo?
Ricapitolando:
Se si assume il "contro natura" come qualcosa che si oppone alla natura allora anche la natura è contro natura
Certe azioni dell'uomo ritenute "contro natura" per via della sua consapevolezza sono in realtà ciò di più naturale ed istintivo possa esistere
Dunque la soluzione è che la natura coincida col reale e che di fatto nulla sia contro natura

Edit:
E' ovvio che se si cambiano le definizioni alle parole si riesce a dire quello che si vuole, ma allora a sto' punto dico che un pomodoro è una mela e un albero è una cicogna

CitazioneIl concetto di "valore evolutivo" non é scientifico (biologico) e non vedo che senso possa avere (se non di pura, arbitraria preferenza soggettiva): l' evoluzione della vita non risponde a finalità e non si realizza "più" o "meglio" in qualche specie piuttosto che in qualche altra.
E la morte (di individui e specie: estinzione) non é affatto incompatibile con la vita ma ne é anzi parte integrante e conditio sine qua non: il suo contrario non é "vita", bensì "nascita", ed entrambi sono aspetti ineliminabili della vita: senza ciascuna di esse -nascita e morte- non ci sarebbe vita e senza vita non ci sarebbe nessuna di esse, né nascita, né morte).

La coscienza (a livelli più o meno complessi e sofisticati a seconda dei casi) ragionevolmente può essere considerata comune a moltissime specie animali (per lo meno; e forse addirittura a tutte), oltre a quella umana (non c' é ragione per ritenere che non ne siano dotati, fra le tantissime altre specie, cani, gatti, cavalli, scimmie, ecc., al contrario dell' autocoscienza, che é quasi sicuramente unicamente umana, almeno sul pianeta Terra).

Il fatto di fare (anche) danni a se stessi (giacché non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, e spesso la soddisfazione, magari "eccessiva", dell' una impedisce un' adeguata soddisfazione dell' altra esigenza)
non é affatto innaturale: spesso molti animali cadono naturalissimamente in "trappole mortali" (sia artificiali che naturali, queste ultime) in quanto per assicurarsi un vantaggio limitato (solitamente cibo) si procurano uno svantaggio "individualmente illimitato" (la morte).

E oggi l' umanità possiede i mezzi per procurarsi in molti modi lo svantaggio "collettivamente illimitato" dell' "estinzione prematura e di sua propria mano" (in cambio di "piatti di lenticchie" alquanto miserabili).

Nella "res extensa" nulla può accadere di sopra- o preter- -naturale, se di essa é possibile conoscenza scientifica (vera); e di essa fa parte a pieno titolo l' umanità (non esaurendosi in essa, secondo me: ne é parte ma non é limitato all' esserne parte, é anche altro: la "res cogitans").
Dunque ciò che si riferisce alla parte materiale dell' uomo, al corpo degli individui della specie "homo sapiens" e alla specie considerata come concetto biologico é in ultima istanza naturale, anche se in particolare é (anche) "artificiale", "culturale", (che non sono concetti contrari e inconciliabili rispetto a quello di "naturale": ne sono sottoinsiemi caratterizzati da importanti peculiarità unicamente loro proprie, che non contraddicono i modi e le caratteristiche più generali o generici del divenire naturale, ma ne sono espressioni, o casi particolari: un po' come l' essere un "mammifero" non contraddice l' essere un "vertebrato", né un "animale", nè un vivente", né un  "oggetto naturale").

Di fatto c' é un' accezione "forte", un senso più immediatamente letterale (ma "estensionalmente più largo") del concetto di "natura" come "res extensa in toto", genericamente intesa, includente (anche) tutto ciò che é umano o culturale o artificiale, ecc.; e c' é un' accezione più "debole" o meno immediatamente letterale (ma "estensionalmente più limitata") del concetto di natura come "res extensa ad esclusione di ciò che é umano".  
#3147
Mi sembra (da profano, totalmente inesperto di diritto; "a lume di buon senso") che tutto dipenda dal fatto che ciò che é "propriamente, particolarmente umano", contrariamente a ciò che é "genericamente naturale", per così dire, di cui il peculiarmente umano fa comunque parte, l' eccezione (obiezione di coscienza) conferma la regola (legge scritta, uguale per tutti).

Mentre nelle scienze naturali (secondo me; so che molti dissentono, anzi che la mia convinzione "laplaciana" é decisamente minoritaria), in linea di principio, e non di fatto (perché spessissimo ciò richiederebbe una conoscenza di precisione praticamente infinita di un numero elevatissimo di variabili reciprocamente interagenti in maniere certe e precise ma complesse), tutto é calcolabile, tutto segue inderogabilmente (senza eccezioni, per l' appunto) "regole ferree", invece nelle scienze umane (e nell' agire umano pratico di fatto), 2 + 2 fa quasi sempre 4, ma talora fa 3,99 o 4,01.

Come rilevato anche da altri nell' altra discussione "nulla é contro natura", la cultura é una sorta di "sviluppo particolare della natura" o di "seconda natura", che non contraddice ma é complementare alla "prima natura" (la natura in generale), introducendovi caratteristiche alla sola cultura peculiari.

P. S.: Una curiosità personale (le cui motivazioni i più perspicaci e fra coloro che mi conoscono meglio nel forum facilmente comprenderanno): l' articolo da te citato dello statuto del Brandeburgo quando é entrato in vigore (prima o dopo la caduta del muretto di Berlino e quella che personalmente, e anche in questo caso alquanto anticonformisticamente, considero l' annessione della RDT alla RFG)?
#3148
Citazione di: Apeiron il 03 Novembre 2016, 18:45:57 PM


Tuttavia, secondo me, alcuni diritti sono inviolabili, come quello della vita (legittima difesa a parte ).
CitazionePer me la legittima difesa non é una negazione o una deroga, bensì un' affermazione del diritto alla vita (intendo dire la legittima difesa correttamente intesa; e anche se sentenze per me scandalosissime hanno assolto indebitamente per pseudo-"legittima difesa" chi ha inseguito un ladro in fuga e lo ha ucciso, come se il furto -o magari il "tentato furto"- meritasse la pena di morte, comminata sui due piedi senza processo; un po' come il superterrorista Obama -non per niente insignito di quell' autentico marchio di infamia che é il cosiddetto Premio Nobel "per la pace" fa ogni settimana decretando chi i suoi letali droni elimineranno in compagnia di persone che casualmente siano nei paraggi).

Comunque é una discussione interessante.
E ancora una volta, se devo dire la mia, dico che concordo soprattutto con Sariputra, (malgrado il molto che mi diversifica dalle sue convinzioni; molto ma forse non molto importante...); ma anche con Apeiron ("e chissenefrega?" Penserete giustamente: interessante é sentire argomenti pro e contro una tesi, non mere professioni di adesione; avete ragione: chiedo scusa).
#3149
Io proverei a chiedergli:
"Se qualcuno ti chiedesse se la porta "A" é questa cosa gli risponderesti?"

Ipotesi che la porta "A" sia effettivamente quella indicata;
risposta nel caso il secondino sia sincero:
SI;
risposta nel caso il secondino sia mentitore:
SI
(per mentire a chi gli chiedesse se é la porta "A" dovrebbe dire NO; ma per mentire circa questa ipotetica risposta menzognera deve dirmi SI.

Ipotesi che la porta "A" non sia quella indicata ma l' altra;
Risposta nel caso il secondino sia sincero:
NO;
Risposta nel caso il secondino sia mentitore:
NO
(per mentire a chi gli chiedesse se é la porta "A" dovrebbe dire SI; ma per mentire circa questa ipotetica risposta menzognera dovrebbe dirmi NO).

Come due negazioni affermano, così due menzogne (l' una circa l' altra: "moltiplicate", non "sommate"; e in generale "moltiplicazioni" di un numero pari di menzogne) dicono il vero.
Invece sommandosi o moltiplicandosi fra loro in numero indefinito le affermazioni vere non possono che produrre verità (come una serie di affermazioni non può che affermare).
#3150
Tematiche Filosofiche / Re:Nulla è contro-natura
03 Novembre 2016, 12:39:00 PM
Citazione di: green demetr il 03 Novembre 2016, 12:07:14 PM
Citazione di: sgiombo il 03 Novembre 2016, 11:37:43 AM

Per me sperare in un mirabolante incremento della produzione di fattori nutritivi grazie agli OGM, oltre che irrealistico (e non affatto ingenuamente e disinterssatamente porpagandato da imprese transnazionali e ricercatori), é, allo stato attuale delle conoscenze, pericoloso;


Pericoloso? ti riferisci al problema degli allergeni?

Indubbiamente servirebbe più tempo per constatare gli effetti sopratutto se si vorrà allargare il discorso di vendita in scala mondiale.

Sul problema politico, siamo d'accordo, anche se immagino di diversa opinione su come questo avverrà.

CitazionePenso che sia pericoloso, oltre all' uso massiccio che sarebbe necessario di OGM, soprattutto cullarsi nell' illusione che possa dare un importante contributo alla soluzione del problema (come sembrerebbero suggerire i professoroni spesso intervistati in TV).