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Messaggi - niko

#316
Se il personaggio letterario di Gesu' e' immediatamente  il Padre (e padre di se stesso), allora l'"edipo" della vicenda cristica evangelica che in qualche modo uccide il Padre-Gesu' e' tutta l'umanita' peccatrice e teicida. Insomma il colpevole e' Roma, in quanto potere imperiale universale, e l'altro grande colpevole e' il sinedrio, in quanto potere locale ebraico. Ma il sinedrio e Roma, rappresentano tutta l'umanita', che, proprio in quanto peccatrice, non riconosce Gesu' e lo mette a morte.

Gli apostoli stessi fuggono e rinnegano.

La madonna rimane con il suo "stabat" ma appunto lei e' nata senza peccato.

Se vogliamo immagginarlo in una "trinita' di personaggi questo edipo teicida e' rappresentato da Giuda (che tradisce Gesu') Pilato (che non fa un bel nulla per salvarlo pur potendo) e Longino (che a quanto pare lo fa fuori fisicamente, o quantomeno, dimostra al di la' di ogni dubbio che Gesu' e' morto). Questi tre personggi singoli, comunque, rappresentano il fatto che tutta l'umanita' e' colpevole per la morte di Gesu', tutta l'umanita' e' teicida, tutta l'umanita' e' l'edipo assassino del "Padre" che e' Gesu'.

Del resto proprio come in Edipo il padre non e' riconosciuto: Gesu', che e' vero Padre, viene messo a morte, appunto da innocente, per il presunto crimine, di essersi proclamato falsamente, Padre.

La fede evangelica, e' credere  innocente l'accusto, nel "caso giudiziario" Gesu', e dunque propendere per la tesi dell'errore giudiziario.

Comunque per me e' assolutamente possibile che Gesu' sia colpevole, perche' se non si crede alle favole di libero arbitrio e delle varie teodicee in generale, ecco che allora Dio, in quanto creatore e Padre, e' colpevole per il male esistenziale e morale dell'uomo.

Non c'e' nessun errore giudiziario, la condanna e' giusta. Se Dio e' padre, il padre deve espiare e pagare, per gli errori presenti nella creazione, e non la (innocente) creazione stessa.

Creare nell'uomo creato la, sia pur virtuale, possibilita' del male, e' male. La scusa che tale possibilita' e' solo e soltanto "latente", e si attiva, cioe' si concretizza, "solo" se l'uomo con il suo libero arbitrio sceglie il male, non regge. Il creatore, era abbastanza potente (e onnipotente) da non creare il male nemmeno come possibilita'. Se invece imperscrutabilmente lo ha fatto, io dico che e' colpevole. Lui. E non l'uomo.

Il Padre, meritevole di una punizione infinita, meritevole cioe' dell'inferno, facendosi uomo, si rende disponibile a una punizione finita, cioe si rende disponibile al giusto, e vendicativo, teicidio per mano umana, si dona ad esso e alla prospettiva di esso. Oltre la quale, cioe' scontata la quale, esaurita la punizione nel suo essere, finalmente, esauribile, puo' iniziare il concetto di una sua sua rinnovata "innocenza", innocenza del creatore come creatore, che tutti i suoi debiti, e non i nostri, per una creazione assolutamente imperfetta, li ha pagati sulla croce... e quindi puo' iniziare la responsabilizzazione, per il suo stesso male, e quindi forse la liberazione, dell'uomo; come liberazione prima di tutto dal risentimento, verso il fantasma, di un suo presunto, e inesistente, creatore intenzionale, antropomorfico e volontario.

Il creatore, colpevole, si dona spontaneamente al suo essere messo a morte dagli uomini, proprio perche' Il massimo atto d'amore possibile per gli uomini e' restituirli all'impersonalita' della natura e alla realta' della loro condizione increata (il creatore, se mai c'e' stato, e' morto...), cioe' alla loro prospettica verita', a partire dalla quale, possono salvarsi da soli.

Poi, se l'edipo e' la possibilita' di una libido oggettuale, e non narcisitica o polimorfa, a me piace anche pensare che Gesu' abbia compiuto l'edipo, intendo il suo personale edipo, risolto il suo complesso, un attimo prima di morire, portando con se', al cielo, con il suo ultimo sguardo, durante il suo ultimo respiro, una singola donna diversa da sua madre... e non le grandi folle, di eletti e di salvati, previste da un destino in fondo paternalistico e cialtrone.
Essere uomo, vuol dire che nell'attimo in cui muori, puoi guardare e vedere, cioe' eternizzare, un singolo volto, non una piu' o meno grande e bramosa folla, folla tra cui, quel singolo volto, semmai, ancora di piu' risalterebbe.
Morire alla fine per Una, una sola, e non per Tutti e' la piu' grande dimostrazione di umanita' che quello in teoria e sulla carta venuto a morire per Tutti, l'agnello espiatore dei problemi degli altri, poteva fare. Se l'ha fatto, se e' morto per una sola e non per pochi o tutti, in un ultimo atto di amore romantico e carnale, freudiano e oggettuale, e al diavolo tutti i grandi destini profetizzati e prescritti, si spiega pure perche' il male dalla terra, infine, non e' stato tolto.

#317
Citazione di: Pio il 22 Gennaio 2025, 17:23:48 PME continui ad offendere...

Si ma dal tuo messaggio numero 9, si capisce benissimo che hai cominciato tu, a chiamare gli omosessuali froci, e  potresti anche piantarla...

Che il famoso lapsus del papa, quello sulla "frociaggine"... non sdogana proprio nessuno... voglio sperare...







#318
Tematiche Filosofiche / Re: Nietzsche e Zarathustra
22 Gennaio 2025, 18:50:37 PM
Citazione di: iano il 22 Gennaio 2025, 15:36:23 PMNon per difendere il meccanicismo, ma secondo Laplace per determinare il futuro è sufficiente conoscere il presente, o meglio i parametri che lo caratterizzano, perchè rimane sempre da vedere se il presente si possa assimilare ad essi.
Quindi se la realtà si può descrivere come un meccanismo, ciò non vuol dire che sia un meccanismo, secondo il mio parere.
La verità/Dio muore quando si smette di far coincidere la realtà con le sue descrizioni, ed è la descrizione della realtà che a turno diventa meccanicistica al tempo delle macchine, o virtuale al tempo del digitale, e domani chissà cosa altro ancora.
Se la descrizione non può coincidere con la realtà, allora non si può esprimere la verità in parole, o simboli matematici.
Dal tuo post inizio a capirci finalmente qualcosa, ma F.N. avrebbe condiviso con me che, il credere che la verità si possa esprime a parole significa idolatrarle?
Secondo me senza saperlo in tal modo ci trasciniamo dietro ancora il pensiero magico, come non fosse possibile liberarsene, forse perché non è davvero possibile liberarsene.
A volte si pensa di essersi liberati della polvere del passato solo perchè vi si è steso sopra un  pietoso tappeto. :))




Be' in parte ti sei gia' risposto da solo nel topic che tu hai aperto dopo di questo: la critica di Nierzsche alla societa' occidentale, e' proprio che la societa' occidentale, in quanto societa' cristiano/platonica, avrebbe fatto del logos un idolo e un Dio.

Il logos va ridimensionato, e Nietzsche, consapevole dell'impossibilita' di ridimensionarlo con un metodo logico (cioe' con un metodo che accetti il campo di gioco, e le regole del.gioco, del logos stesso), prova a ridimensionarlo in maniera genealogica: la morale, e in realta' la fiducia stessa nel logos, hanno una storia, e il loro stesso essere iscritte in un contesto storico, ne ridimensiona l'assolutezza.

Il logos, come tutte le convenzioni umane, risponde piu' a un criterio di utita', che non di verita'. L'utilita', a differenza della verita', che e' eterna, e' superabile al mutare di certe condizioni, e di certi  caratteri dei tipi umani, che del logos accettano di servirsi.

Quanto al meccanicismo, ok, il futuro dipende dal presente ma il presente dipende dal passato.

Come ben saprai, Il sistema, non patisce solo le forze su di esso agenti, ma l'unione delle forze e delle condizioni iniziali. Condizioni iniziali che esprimono l'unico grado di liberta',
cioe' di meta-coniscibilita' del sistema, non essendoci, invece, alcuna liberta', residua, nelle forze stesse o nello stato presente stesso.

Soprattutto nel sistema platonico (che e' il principale bersaglio polemico di Nietzsche) la strurtura aitiologica e' anche una struttura archetipica, cioe' rivolta al passato.

Sia perche' le idee/forme ideali rimandano ad una condizione disincarnata pre-natale e comunicano con l'uomo presente in una dimensione memorica (in Platone la conoscenza e' reminiscenza; il so di non sapere, socratico, e' gia' tradizionalizzato e tradito da un, piu' banale e piu' spendibile, e sostenibile "non so di sapere"), sia perche' la struttura apollinea stessa in generale pone la conoscenza come conoscenza della causa, e la causa e' in un rapporto quantomeno simbolico, se non quasi sempre anche reale, di antecedenza temporale con il suo effetto.

L'ebbrezza dionisiaca, invece, a cui Nietzsche vorrebbe almeno in parte tornare, e' la sincerita' di un sapere solo effettuale, cioe' solo esperienziale ed a posteriori.

Un so di sapere, semmai, solo quando ho provato.

Tra il sapere in teoria che il buon vino rosso del mediterraneo ti sballa, avere cioe' la conoscenza pedantesca ed eternalizzata di codesta "causa",  e il provare in prima persona; c'e', appunto... un abisso  :D  !





#319
Tematiche Filosofiche / Re: Nietzsche e Zarathustra
20 Gennaio 2025, 16:47:54 PM
Citazione di: Phil il 19 Gennaio 2025, 12:51:13 PMCredo sia necessario inquadrare attentamente il discorso: parliamo della prospettiva nietzschiana, della tua o della mia?
Se parliamo dell'autore:l'eterno ritorno esclude la libera creazione; quello che crei non potevi non crearlo, era già scritto che tu lo creassi e lo creerai infinite volte, uno per ogni ciclo dell'eterno ritorno.L'eterno ritorno nietzschiano, correggimi se sbaglio, significa esattamente questo: sono morto infinite volte, ma solo una per ogni ciclo. La mia morte non può essere un evento unico nell'eterno ritorno, che altrimenti non sarebbe tale (la mia morte deve tornare puntuale, è la necessità del fato e del ritorno).Sempre in un'ottica di eterno ritorno, la volontà è determinata dal passato e dal fato, non è affatto libera e farà infinite volte le stesse scelte (altrimenti che eterno ritorno dell'identico sarebbe?). In sostanza, come in ogni meccanicismo, l'eterno ritorno rende la volontà solo un ingranaggio, nulla di realmente creativo o che potrebbe anche volere altro (altrimenti, non si compierebbe l'eterno ritorno, ma ci sarebbe qualcosa di nuovo; inconcepibile in un'ottica di ritorno dell'identico).
Infine:sulla volontà del corpo l'esempio della malattia calza, poiché la "volontà genetica" dell'autoconservazione biologica non è la volontà della coscienza (il sistema immunitario, per nostra fortuna, funziona in modo in-volontario). Tuttavia, la volontà è solo quella puramente biologica? Non c'è forse una volontà che desidera, una volontà etica, etc? Quando vorresti qualcosa di cui senti il bisogno e non l'ottieni, o quando non vorresti che qualcosa accada, invece accade, questa volontà palesemente non è il carburante dell'eterno ritorno, perché non vorrebbe ciò che è. Faccio un esempio banale, non vorresti essere bocciato all'esame della patente, ma vieni bocciato, a tuo giudizio anche ingiustamente... questo tuo non volere la bocciatura va contro la corrente degli eventi (almeno quello della bocciatura in particolare); non credo possiamo dire che questa tua volontà, questo tuo volere altro da ciò che è, sia carburante dell'eterno ritorno. Subire un torto ti ha reso più forte? Di fatto, comunque, non lo volevi, ovvero la tua volontà non ha alimentato l'evento della bocciatura, perche non volevi la bocciatura.
Poi, chiaramente, niko e Phil possono avere una prospettiva personale che prende qualcosa di Nietzsche, ma non tutto; possiamo non prendere l'eterno ritorno, perché le sue conseguenze possono non piacerci, ma prendere altro; l'importante è chiarire se intendiamo capire o escplicitare il pensiero di Nietzsche o di niko o di Phil.


Si ma ci sono interpreti autorevoli di Nietzsche, ad esempio Severino, che chiariscono abbastanza bene questa cosa:

"dio e' morto"

In Nietzsche significa che tutto cio' che sfugge alla determinazione (determinazione che poi e' inesauribilmente creativa, per quanto tu non sia d'accordo) della volonta' di potenza e' morto.

Dunque dobbiamo porre:

Dio e' morto = tutto quello che sfugge all'umana, (culturale), convenzionale e prospettica determinazione dei valori, insomma che la trascende, e' morto. Da ora in poi, cioe' dai tempi in cui crede di vivere Nietzsche in poi, tutto (e il contrario di tutto) invece, vi rientra.

In una ulteriore sintesi che faccio, e che forse comprenderai al volo:

Dio e' morto = la verita', e' morta.

Nietzsche e' il filosofo del prospettivismo, oltreche' della volota' di potenza e del vitalismo.

Se la verita' e' morta, esiste solo la prospettiva, il caos, la convenzione, e semmai la lotta (polemos) tra varie prospettive. La filosofia, che ci piaccia o no, e' volonta' di verita', che prende atto del vuoto definitivo che si e' venuto a creare, con la morte di dio e dunque della verita', (se vuoi la verita', non la possiedi, e ammetti di non possederla) e questa volonta' di verita', che poi e' la filosofia, e' anche il culmine della volonta' di potenza, cioe' del divenire fondamentale che che manda, e sospinge, avanti il tempo e i cicli temporali, e che tu fraintendi come meccanicistico, come divenire meccanicistico, e sei in buona compagnia, ma che meccanicistico non e'.

Ora, se il Dio/verita', possiamo dire, e' l'archetipo sintetico e culturale piu' fondamentale di tutti indicante quanto in generale sfugga alla volonta' e alla creativita' umana e la sovradetermini, il primo archetipo che mediamente viene in mente a chiunque di porre in contrapposizione al volere quale arbitrio (la verita', per definizione "e' quello che e' " e non certo quello che uno piu' o meno arbitrariamente vuole... quanto a Dio... egli per definizione ha una volonta', e una Parola, eterna e immutabile che non necessariamente e' anche quella dell'uomo e vi corrisponde, e anzi, a cui l'uomo per la sua felicita' e salvezza deve, spesso con sforzo,  adeguarsi: il classico "fare la volonta' di Dio") il secondo archetipo che fa problema in questo senso, e' il passato.

Il passato propio come dio, e proprio come la verita', sfugge nel modo piu' assoluto alla "presa" della libera creazione e della volonta' arbitraria e convenzionale umana. Il passato non si puo' cambiare. La verita', non si puo' cambiare. Dio, e' portatore di una volonta' e di una parola, che non si possono cambiare.

Dio e' morto...

Deve poter significare anche

La verita'/teoresi e' morta > il passato e'
morto.

In questo senso, Severino dice che Nietzsche, subito dopo aver affermato che:

"Dio e' morto", (cioe' l'inattigibile alla volonta', e' morto), ha il problema di evitare che il passato, assurga a nuovo dio (perche' il passato, in quanto irreversibile, e soprattutto in quanto "luogo temporale" della teoresi e della certezza, proprio come Dio, e' inattingibile alla volonta', e alla creativita' umana, e simbolo grave, "pesante" di questo residuo di inattingibilita' e impotenza incombente sul desiderio di autosuperamento e di divenire umano).

Dio e' morto...

E il passato non puo' diventare un nuovo Dio.

L'attenzione di Nietzsche per il rapporto della storia con il presente (Considerazioni Inattuali), la messa in guardia del nostro contro tutta la serie di "idoli moderni" che potrebbero diventare il nuovo Dio, "vanificando", almeno temporaneamente la morte di Dio, (idoli che poi sono principalmente economia, scienza, edonismo, democrazia, hegelismo sostanzialmente pago dell'uomo attuale e della modernita', socialismo... io sono dinamite  :P ) dovrebbe farci capire che non solo dio e' morto, tante cose che pretendono di sostituirsi a dio, sono morte o stanno per morire.

Recuperare la disponibilita' del passato alla volonta', ovvero il problema del risentimento, e di come liberarsene...

Il passato insomma, in Nietzsche e' recuperato alla disponobilita' della volonta', perche' se il tempo e' ritornante, oblio a parte, si puo' sempre anche agire sul passato influenzandolo dal lato del futuro, ovvero dal lato sempre ancora disponibile... "prendendolo per la coda"... sulla curva della strada.

E questo, se permettete e' il contrario esatto di un meccanicismo, stante che il meccanicismo e' la determinazione assoluta del passato sul futuro e sul presente. Un guanto di sfida contro l'irreversibile.

Non e' il passato che ci determina.

I cicli temporali sono affermati proprio per permettere, finalmente, al passato di determinare se stesso, di avere un "effetto", non meccanico, pieno e gia' esauriente ed esaurito su se stesso, e cosi', lasciare un po' in pace noialtri. Non travalicare, non protendersi, in senso psicologico e antropologico, dove non deve.

Nel passato, c'e' tutta la storia del mondo e c'e' il mondo.

Il passato, gia' di suo, fa' senso di completezza, fa' mondo. Nel passato ci sono gia' tutti gli effetti e tutte le cause. Sta ritto, in piedi da solo, nei suoi giusti limiti, contemplando la completezza sua.

Avrete ancora il coraggio, uomini, di affermare che il passato qui e ora faccia effetto sul presente? Di affermare che il passato, sussuma il futuro come suo effetto? Come in Laplace? Come nel meccanicismo? E invece il passato, sussume gia' se stesso, come suo libero effetto. E questo, ci deve e ci puo' bastare.

E di affermare la decadenza, in cui il passato e' piu' bello del futuro? E di affermare l'escatologia millenarista, in cui il futuro, e' piu' bello del passato?
Ne avrete ancora, il coraggio?

Ooops, ma sono uguali! Vi siete finalmente accorti che sono uguali... perfettamente uguali. Due mondi gemelli.
E allora, adesso, qual'e' il piu' bello? Che ne e', di tutte le precedenti false valutazioni e ingiustizie? Saprete farvene qualcosa, oh uomini, qualcosa di nuovo di bene e male, che non sia come al solito destra e sinistra, rivoluzione e reazione, millennio e decadenza, fede e conoscenza... cioe' il gioco, eterno di collocarli, questi due ospiti, l'uno nel futuro e l'altro nel passato? E stare a guardare la presunta differenza... che non c'e'? E che sono due cicli identici, con voi in mezzo...

Nel fato, semmai, e' scritto come tu agirai, ma non e' che il fato agisca per te. Non e' che il fato sia una forza, un supporto, un sospingimento. Se sei caduto in un crepaccio, e stai morendo di fame, decisamente il fato non viene, a darti da mangiare.

Tu devi agire per te, con la tua volonta'.

Il fatto che la somma, dispiegata nel tempo, di tutte queste volonta', poi riproponga sempre l'identico, sempre infiniti cicli temporali, e' solo perche' la cosiddetta "felicita' " cioe' il voluto, in generale della volonta' e a ben vedere di ogni volonta', in fondo, e' concordanza, e di piu', consustanzialita' tra soggetto e oggetto del desiderio. C'e' una forma, infinitamente emergente nell'universo, perche' la volonta' non e' libera nel volere, ma vuole sempre la stessa "cosa", che poi non e' una cosa, ma un autosuperamento di se' stessa.

Non volonta' di volonta, ma passione del comando, volonta' di potenza.

Per questo il superuomo, che vuole cio' che c'e', che coniuga volonta' e necessita', che indossa le maschere pur sapendo che sono maschere non subisce il fato, ma ha un ruolo attivo, nel fato. Realizza l'eterno ritorno. E rende esplicita una tendenza che c'e' gia' in tutto, in ogni vita e in ogni cosa. Ognuno, vorrebbe rivivere all'infinito la propria vita. Vita in cui soffrire e negare, accattare il peso della propria parte, fino alla negazione endogena piu' seria seriosa costituita dal morire (le altre, davanti a questa impallidiscono...), non e' un opporsi al fato ma un delimitarsi all'interno di esso.

il fato evolutivo dell'uomo e' il superuomo stesso, che non puo', o non vuole, volere contro.il fato.


#320
Tematiche Filosofiche / Re: Nietzsche e Zarathustra
19 Gennaio 2025, 12:09:03 PM
Citazione di: Phil il 19 Gennaio 2025, 00:03:32 AMQualche rapido spunto, per fare un po' l'avvocato del Diavolo (non certo di Cristo):Eppure ci sono anche esseri, almeno fra gli umani, che hanno una volontà antagonista al fato; costoro infinite volte si ritroveranno a non volere che accada ciò che temono (un qualunque evento sgradevole), ma ciò invece accadrà puntualmente, contro la loro volontà (credo sia capitato anche a te, almeno una volta nella vita). Non è la loro volontà il carburante dell'eterno ritorno.Se prendiamo per buono l'eterno ritorno, quel «potrebbe anche non compiersi» sa quasi di nostalgia del libero arbitrio (o semplicemente avversione all'essere burattini del fato), di illusione che l'eterno ritorno non sia il ritorno dell'identico (come invece l'autore propone che sia).Direi che l'unico è piuttosto quello che caratterizza l'eterno ritorno: lo svolgersi degli eventi è sempre unico, sempre quello per ogni ciclo, come un film che viene riproiettato dall'inizio dopo la sua fine; sempre gli stessi attori, sempre le stesse battute, sempre quell'unico film con quell'unica trama; nulla di nuovo. Sarai sempre tu, sempre unico, non ci saranno mai altri proprio come te (nel senso che un altro te ti renderebbe meno unico se esistesse nel tuo medesimo arco temporale, ma  se l'intera esistenza viene resettata, allora tu sarai sempre unico, nel momento in cui sei; salvo qualcuno abbia memoria del tuo ciclo precedente... ma questa memoria inter-ciclo è prevista dal fato?).L'eterno ritorno, nel suo meccanicismo, non conosce il "qualsiasi" (proprio come il suddetto cucù non fa un suono qualsiasi quando rintocca la mezzanotte): il tuo ritorno sarà necessariamente su questo pianeta quando il copione del fato prevede che tu possa tornare; non sarà un giorno qualsiasi su un pianeta qualsiasi; questa nostra stessa conversazione non avverrà su un forum qualsiasi in un topic qualsiasi. Altrimenti non sarebbe un eterno ritorno dell'identico.Non ci distruggerà per sempre ma ci ucciderà sempre, infinite volte; siamo come il fegato di Prometeo (o la fatica di Sisifo): rinasceremo identici per poi esser di nuovo sacrificati all'eterno ritorno.


Scusa se non ti rispondo su tutto, ma solo il primo punto che hai detto e' fondamentale, gli altri seguono.

Certo, che la volonta' degli esseri e' il carburante dell'eterno ritorno.

Quello che non uccide fortifica, si muore al momento giusto, di' la tua parola e infrangiti, eccetera eccetera.

Il libero arbitrio, chiaramente qui non c'entra nulla.

Si intende solo del fatto che tu non puoi opporti al tuo fato se non, limitatamente e solo in un certo senso, con la tua morte.

Devi pensare al Catone dantesco, o molto piu' semolicemente, a quel tapino del padre di Schopenahuer, che si suicido' traumatizzando per sempre il figlio, che scrisse dei capolavori della filosofia, che influenzarono profondamente Nietzsche.

A loro, devi pensare, non al libero arbitrio. Senno', ti assicuro, non ci capisci niente.

Se tu davanti a una cosa che ti fa soffrire, vivi e tiri avanti lo stesso, accetti quella cosa. E nel tuo volere la vita, pure quella cosa che ti fa incavolare e ti suscita tanta "opposizione", in senso psicologico, la vuoi. Prima si vuole la sofferenza quale prezzo della gioia. Si fanno dei baratti con la vita e al bancone della vita. Poi a un certo punto, si comprende che la vita e' affermazione della differenza, tra gioia e sofferenza, e si recupera la sofferenza come termine necessitato di una differenza complessivamente contemplata e amata, non come mero prezzo, per l'altro termine, gia' nella differenza iscritto.

La cosa e' super evidente in una malattia, tanto piu' in una malattia infiammatoria o comunque in una comportante una attivazione del sistema immunitario, o anche, nel decadimento della vecchiaia, i mille acciacchi eccetera eccetera.

Esempio. Ti viene il raffreddore o, facciamo le corna, il covid. Tu (tu nel senso: il tuo io) non vuoi soffrire. Ti incazzi per le due o tre giornate di lavoro o di hobby perse, per il la tosse, per il mal di gola, per l'astenia, per la perdita del senso del gusto eccetera. Il tuo corpo si'. Vuole soffrire eccome, perche' "sa" benissimo, cioe' ce l'ha scritto nel codice genetico, nelle istruzioni di base, che l'alternativa al soffrire, cioe' all'attivare il sistema immunitario, e' morire, e morire male, cioe' con buona probabilita' prima di aver riprodotto parti rimescolate delle sue sequenze genetiche in un altro individuo, il che e' sostanzialmente l'unica cosa, che a lui, cioe' al tuo corpo, interessa e per cui e' disposto a soffrire. Mi potresti dire che, a questo punto, tu, cioe' il tuo io/ego, sei in dissidio con il tuo corpo. Che in questo senso rimane qualcuno o qualcosa ad "opporsi" al fato. Che ti ha mandato il raffreddore.
Ma veniamo al dunque, con Nietzsche, con Schopenahuer, e con tutti i materialisti e quantomeno i realisti seri di tutta la cultura occidentale; tu sei il tuo corpo. E' la volonta' della nuda vita, quella che conta. E qui dico "conta" non solo e non sempre valorialmente ed eticamente, insomma non nel senso dell'etica, delle buone intenzioni e della giustizia, ma proprio a livello di fare un corretto calcolo di cosa si opponga a cosa, e cosa no, un corretto calcolo delle forze in gioco e di quale sara' il loro esito complessivo. E la volonta' della nuda vita accetta di soffrire, cioe' di combattere quel fastidioso raffreddore, per vivere.

A ben vedere, in tutta la vicenda di quel tuo raffreddore, niente si oppone a niente. Il superuomo, che al suo fato non si oppone, e' solo il culmine di una rendenza iscritta in tutti i corpi e in tutte le vite. Perfino quando sotto i colpi della vita, si diventa servili e mediocri, e magari vittime volenterose delle piu' fuori tempo massimo illusioni metafisiche, la volonta' di potenza e' all'opera, c'e' un qualcosa di debole che diventa un qualcosa di forte.


Moriamo al momento giusto. La dike anassimandrea, per Nietzsche fosse appassionato soprattutto di Eraclito.

E finche' non moriamo, suicidi o non, superuomini o non, definiamo la quota di soffetenza che siamo disposti a  sopportare. In vita. In nome della libera creazione e della gioia.

Ti sara' successo mille volte, di incavolarti per una cosa che ti succede e di non volerla. Stento a credere, invece, che ti sia successo mille volte di morire. E quindi, non ti trovo molto credibile come baldo oppositore del fato, grazie alla forza, questa si', se cosi' concepita, liberal liberista, della tua libera volonta'.

A meno che tu non mi dica che, grazie all'eterno ritorno, sei anche morto, qualche milione di volte.

E appunto la morte, come forza endogena, e' il nostro "no!" alla vita, il nostro stabilire una quota finita, e non infinita, di sofferenza da sopportare in nome della gioia, oltre la quale il gioco non vale la candela e ha senso porvi termine. E intendo, porvi termine direttamente dal punto di vista dell'ego, se siamo dei suicidi, dal punto di vista del corpo, nella stragrande maggioranza dei casi, dal punto di vista di uno stile di vita saggio e accettante a certe condizioni anche la morte, se siamo tra i pochi individui che Nietzscge considererebbe "benriusciti".
Questo "no" alla vita, che la morte rappresenta, a comunque senso solo come confine di un "si". Non possiamo trascendere verso l'infinito i nostri limiti, ma possiamo scolpirli e definirli bene, e in questo senso, anche la morte e' un atto creativo, con cui non si sfugge "ad un destino in assoluto", ma certo, con cui si sfugge, limitatamente e prisortticamente,  ad un destino di sofferenza, e certo anche, e soprattutto, di noia, per citare quanto di Schopenahuer e' sicuramente, sopravvissuto in Nietzsche.

Il mondo, non va avanti ne' per libero arbitrio ne' per forze meccaniche. Va' avanti per volonta'. La volonta', monda avanti il tempo. Questo, naturalmente, vale dal punto di vista del corpo e della vita.
Il fatto e' che altri punti di vista, non ce ne sono.
Se ancora c'e' chi confonde la volonta' col libero arbitrio, io non so che farci.
Il ciclo, potrebbe anche non compiersi, ho detto e lo ripeto, nel senso che esso,  ha bisogno del superuomo per compiersi.

E se tu sei il superuomo, il ciclo, per compiersi ha bisogno di te.

Se questo poi per qualcuno deve voler dire che tu, allora, al ciclo stesso e alle sue fatidiche esigenze ti potresti anche negare, che le cose possono sempre anche andare diversamente, che puo' sorgere meravigliosamente e metafisicamente "l'unico", nel senso che si vive come isole e non come arcipelaghi, magari con i nostri amichetti a noi cari graziosamente invitati ed inclusi sull' "isola" e al diavolo tutti gli altri, e non ci si relaziona minimamente alle copie di noi stessi disseminate nello spazio e nel tempo che l'impersonalita' stessa della natura comporta, cioe' se non si sa prendere se stessi ad oggetto e non si riesce a capire che una necessita' di felicita', in codesto atto e' anche una necessita' di concordanza nel duale e nel molteplice (doppio mondo, e non mondo dietro il mondo, proggetto che il superuomo, compiendo l'eterno ritorno, deve realizzare: non volere altro, da cio' che c'e' ) io non so proprio cosa dire...

Se non forse, che si e' sedotti da una dialettica del negativo, e non si ama Nietzsche, se pur, magari, lo si conosce...

Ma volonta' non e' libero arbitrio, volonta' e' non essere determinati dal passato, per dirlo con una dialettica negativa, cosi' forse mi faccio capire...

E volonta' e' vita, cioe' insorgere non gia' effettuale, (come, invece, effettuale, e' nel meccanicismo, e anche, guardacaso, nel libero arbitrio, e anche, nel senso comune) ma causale, causante, retrospettivo, del futuro presso un certo determinato punto di vista, che naturalmente non puo' che essere quello di un corpo, e quindi di un vivente.


#321
Tematiche Filosofiche / Re: Nietzsche e Zarathustra
18 Gennaio 2025, 22:57:56 PM
Citazione di: Phil il 18 Gennaio 2025, 18:38:45 PMSe non sbaglio (ho ricordi vaghi in merito), l'eterno ritorno è eterno ritorno dell'identico, quindi un "meccanicismo chiuso" in cui la necessità è fato, e il fato contiene già tutto. A differenza del meccanicismo lineare, te(le)ologico o meno che sia, che è invece caratterizzato da sviluppi nuovi: ciò che sta per accedere non è mai accaduto prima in modo esattamente identico; mentre nell'eterno ritorno ciò è già accaduto infinite volte in modo identico. La stessa volontà che accetta di volere (o non volere) tutto l'accadare per come accade, ha già fatto (o non fatto) questa scelta infinite volte; sempre l'identica scelta con sempre l'identico esito.
Nell'immanentizzare l'infinito nei cicli del mondo, affinché tale infinito non sia assegnato ad unente superiore o a al tempo, si finisce comunque con il maneggiare l'infinito temporale: non è la storia umana ad essere infinita (in quanto riparte sempre e per sempre da capo), ma il tempo meta-storico lo è. Come dire che una lancetta che fa infiniti giri nell'orologio, non scandisce una giornata infinita, ma un infinito numero di giorni, tutti che ripetono le identiche ore in cui accadono fenomeni identici (prima la mezzanotte con il cucù che fa qualcosa, poi l'una di notte con il cucù che fa qualcos'altro, e così via... il cucù "vive" l'eterno ritorno secondo il fato necessario).



Si ma questo fato necessario non si manifesta contro la volontà dei singoli esseri che alla sua grande danza partecipano, ma con la loro volontà, insomma grazie ad essa.

Il suggello dell'eternità qui non scalfisce minimamente l'effimero, il che significa che di volta in volta il ciclo temporale potrebbe anche non compiersi, ma si compie.

Il senso, della vita, è dunque l'assenso, di tutti e di ognuno, alla struttura caotica, pulsante e infinitamente auto incrementantesi, o meglio, auto superantesi, che la vita stessa, cioè la natura stessa, infinitamente propone. Il senso della vita è la vitalità.

Quanto di più democratico possibile, dico io, per quanto Nietzsche stesso non sarebbe d'accordo. Il punto è che questo senso/assenso, dato alla vita e al suo eterno ritornare, diventa, elitariamente, esplicito e intenzionale solo nella figura e nel carattere del superuomo, ma non ci vuole molto, a capire come esso sia già implicito nel corpo, nella danza, nella terra e in tutti quei luoghi, atti e motti antimetafisici tanto cari al nostro. Tutti, oserei dire, amiamo abbastanza la nostra vita da preferire il suo eterno ripetersi al nulla o all'assurdo. Siamo tutti stanchi Noè che con la nostra arca, ci trasciniamo avanti non tanto curvilineamente, lungo il singolo ciclo temporale in cui attualmente siamo, ma orizzontalmente, tra un ciclo temporale e l'altro. Il superuomo, è solo un Noè piu' esplicito, più entusiasta e più pioniere (dell'identico) degli altri, e quindi assume in Nietzsche un significato individuale e cosmico.

Tutti qui dentro, voglio sperare, rivivremmo l'intera nostra vita con tutti i suoi leopardiani e leopardianissimi affanni, per alcuni singoli attimi di gioia immensa incisi nel nostro cuore; la rivivremmo in nome di essi e per quanto magari alcuni di essi "divisivi" siano nel mondo del politicamente corretto, e questo, è un grande grazie al cavolo, una grande sopportazione del male in nome del bene, una grande banalità; l'attimo, in cui capisci che questo desiderio si avvererà, è il vero punto, che ha reso grande e non banale Nietzsche per quanto tale attimo, che esista o no, che sia "vero" nella sua promessa o no, ti impegna e ti cambia eticamente per il futuro, piuttosto che per il passato o per il presente.

Quello che è reso impossibile dell'eterno ritorno, non è tanto il nuovo, quanto l'unico. Niente di nuovo sotto il sole, significa niente di unico sotto il sole.

La natura, con tutti i suoi demoni, ci promette l'eterno ritorno, ma non si piega a certe altre promesse di unicità, e quindi di solitudine, che ci hanno fatto certi altri nostri dei.

Ci sono leggi universali, che aggregano materia in uno spazio sostanzialmente omogeneo, e ben poco altro, sotto il sole. Io non posso vantare una differenza assoluto da una tartaruga, così come non la posso vantare da un sasso o da un bicchiere.

Dipendo, per la mia presenza ed esistenza da un insieme di circostanze finito e limitato, non, viva Dio, o meglio, viva il Dio ateo, da uno infinito e illimitato. Dalle "vie del Signore". Da cui prendo ben volentieri congedo.

Questo mio dipendere da circostanze limitate, fa sì per altro, che per il mio "ritorno", per la mia immanente eternità, io non abbisogno, affatto, del ripetersi dell'intero anno cosmico, ma di una singola scureggia, ricadente in un mercoledì qualsiasi, presso un pianeta qualsiasi, durante il presunto anno cosmico se mai questo esista.

Quante volte si ripete, la sequenza 234867904333194 in pi greco? Ogni volta che la sequenza si ripete, voi avete motivo di pensare che si stia ripetendo, tutto, pi greco? O che molto più semplicemente, è capitato un evento nella serie, che prima o poi capita? Noi stiamo dentro a questo universo, esattamente come la sequenza 234867904333194 sta in pi greco. Ci stiamo moltitudinariamente e disseminatamente. La morte non ci distruggerà. Ma nemmeno ci porterà un briciolo di consolazione, nè tanto meno di riposo.

O almeno, così è secondo me. Per questo, non prendo l'eterno ritorno come una metafora. E nemmeno come un mero fenomeno meccanicistico. Che meccanicistico è, ma non è tale per noi. 

#322
Tematiche Filosofiche / Re: Nietzsche e Zarathustra
18 Gennaio 2025, 17:04:41 PM
io credo che in Nietzsche l'eterno ritorno venga affermato sostanzialmente contro il determinismo: il ragionamento secondo me centrale è il seguente:

se davvero vi è l'eterno ritorno nel senso in cui lo intende Zaratustra (e non nel senso in cui lo intende il nano :-\ )

+ allora ne consegue che il futuro ha in se' tutti gli effetti e tutte le cause, e che il futuro e' dimensione temporale auto causata e autosufficiente, insomma una dimensione temporale causa sui, in grado di stare in piedi sui suoi stessi piedi; quindi, vi sono tutte le condizioni, filosofiche e psicologiche, per incominciare a pensare il futuro come qualcosa di altro, e di diverso, dal mero effetto del passato, e dunque come qualcosa di altro dall'oggetto, appunto, tipico del determinismo, il cui la struttura cosiddetta lineare, del tempo, si esemplifica, volendo anche non "geometricamente", e non spazialmente, nel chiasmo di emanazione ipostatica:

passato=causa/futuro=effetto.

Per quanto possa sembrare una sottigliezza, il vero oggetto polemico del Nietzsche Zaratustra, nel suo affermare una struttura del tempo eonica e ritornante, e' proprio questo sovraesposto chiasmo, non la struttura lineare in se'.
Il futuro, può reinnescare effettualmente il passato, e il passato dal canto suo è vita, cioè effetto, dell'avere, attualmente, per un dato ente o soggetto, un futuro. Dunque non c'e, non si verifica, nè un "cattivo" regresso all'infinito, ne' la necessità di interrompente concettualmente la serie immaginando a un certo punto un dio, o comunque un principio, creatore, se si compie l'atto mentale di risalire infinitamente indietro, o di andare infinitamente avanti, nel tempo.

Nietzsche insomma, contrapponendolo un po' impropriamente a un altro gigante della storia del pensiero ricordato più come fisico, che come filosofo o maestro spirituale, io personalmente lo vedo come un anti Laplace... più ancora che un anticristo, un anti Socrate, un anti Platone o un anti san Pietro.

Stiamo pur sempre parlando di un bravo e buon uomo che alla fine esce matto, pur affermare che la causa del futuro non è il passato, ma la volontà. Per quanto ad alcuni di voi piaccia accostarlo a baffetto e al nazismo. E vabbe'.

Anche tutti coloro che credono che il loro dio, con un colpo di bacchetta magica tragica, un bel giorno abbia creato questo mondo (sai che bel capolavoro, di creazione), possono fare questo piacere a Nietzsche, e soprattutto a loro stessi: considerare come l'attimo in cui quel famoso dio antropomorfico crea dal nulla l'uomo e con esso il mondo, conferendo ad entrambi senso e scopo, insomma l'attimo fatidico delle origini di tutto, anche ammesso che come tale esista e non sia leggenda, effettivamente, giaccia nel futuro. Non è ancora arrivato, quell'attimo fatale, e per quel che riguarda voi e i vostri cari, non arriverà. Il mondo, questo mondo per come lo conoscete e lo conosciamo, non è ancora iniziato. Almeno, cosi' facendo, direi che vi liberate da un po' di paturnie e teodicee per il presente.

Su come in Nietzsche anche il passato, sia sempre da considerarsi inesauribilmente altro, rispetto ad una mera causa del futuro, basterebbe leggere le Considerazioni Inattuali. Anche il passato, deve essere "emancipato" dal ruolo concettuale di mera causa del futuro, per essere recuperato alla volontà, e soprattutto all'immaginazione umana.

Di solito, si tende a pensare che il passato, ci determini in maniera meccanicistica, e il futuro, ci determini e ci ispiri in maniera teleologica e finalistica. Soprattutto nella seconda metà dell'ottocento in cui vive Nietzsche. Paradisi più o meno artificiali che sono tutti in un modo o nell'altro "post": post sballo, post morte, post, arricchimento, post rivoluzione, post chi più ne ha più ne metta. Che vanno a costituire l'ideale, e l'attesa del realizzarsi dell'ideale stesso, in forma prototipica, anziche', come fu in tempi più classici della storia dell'occidente, archetipica. Mostrare come anche il passato a volte, possa determinarci in maniera finalistica, teleologica nel senso aristotelico del termine, e come anche il futuro, a volte, possa determinarci in maniera materica e meccanicistica, assolutamente obliante e fatidica, decostruisce un altro importante chiasmo.

Recuperare il passato alla volontà, volere a ritroso. Cosi' volli che fosse.

Che poi, se consideriamo, (e se magari con l'aiuto di continuatore/traditore del pensiero di Nietzsche come Bergson intuiamo) come passato / e oggetto in generale dell'umana possibile coscienza e conoscenza sostanzialmente coincidano, recuperare il passato alla volontà, qui, significa recuperare, anche, tutta la coscienza e la conoscenza in generale, alla volontà e all'azione della volontà. Un volere, è di fatto richiesto al superuomo e caratterizzante di esso, che sia più forte del (in realtà sempre retrospettivo) sapere, e che però non precipiti nel solipsismo.

Volontà di verità. che è il culmine, della volontà di potenza.

Di tutti gli interpreti Nietzscheani che ho avuto occasione di studare, Karl Lowith riflette sulla aporia, secondo lui comunque feconda, tra le implicazioni antropologiche e quelle meccanicistiche del concetto nietzscheano eterno ritorno: in estreme sintesi, sarebbe contraddittorio il fatto che l'eterno ritorno è un sistema deterministico, senza nessuno spazio residuo per la libera volontà o tanto meno il libero arbitrio, ma che prevede a un certo punto l'emergere una figura antropologicamente centrale, quella del superuomo, che tale sistema non solo "accetti" o stoicamente subisca, ma che proprio lo voglia intenzionalmente e gli dia (infinitamente, perché infiniti sono i cicli temporali) suggello e compimento.
Secondo me comunque, nelle intenzioni reali di Nietzsche, la componente antropologica prevale. La sintesi tra essenza creativa della natura e determinismo, si realizza proprio nell'eterno ritorno, ovvero nell'eterna ripetizione dell'attimo creativo.

Altro interprete nicciano veramente imprescindibile, è Deleuze, di cui ricordo brevemente il nesso tra eterno ritorno e valore sintetico dell'attimo. Il fatto che ogni attimo "costituente" il tempo sia insieme passato, presente e futuro, è a garanzia del passare stesso dell'attimo, e dunque della doppia affermazione del divenire, e dell'essere del divenire.
Di nuovo, vale la pensa di focalizzare come il reale bersaglio polemico di Nietzsche nella critica di questi alla struttura lineare del tempo, non sia la struttura lineare in se', ma il fatto che la partecipazione anche e soprattutto emotiva e psicologica dei viventi a tale struttura, implichi la credenza nella realtà di attimi eternamente solo passati, eternamente solo presenti o eternamente solo futuri. E dunque un indugiare su futuri che non vedremo mai (primo tra tutti, ma non certo solo, l'aldilà cristiano), su passati irreversibili e sull'incombere di paesaggi umani e naturali immodificabili in quanto impersonali e prenatali, su "eterni presenti" consumistici, decadentistici, realistici, giusnaturalistici, mediatici che tutti implicano la valorizzazione, quasi sempre cretina, dell'effimero.

La differenza intercorrente tra tutti gli attimi, stante una serie discreta di essi, tra di loro, cioè la figura completa, moltitudinariamente costituita, del tempo, o anche solo di un certo lasso, di tempo, vale ben più della differenza, solo triplice e solo triplicemente data, tra qualità di essere passato, presente o futuro, che ogni singolo attimo di quella serie potrebbe, soggettivamente, possedere.

Il fatto che tutto il tempo possa essere contenuto in una sola dimensione temporale, il fatto cioè che che nel solo futuro, possiamo dire che "c'entra", insomma che trova spazio e contenimento, tutta la intera storia del mondo, quindi anche quello che comunemente consideriamo "passato", e così pure nel solo passato, altrettanto rientra tutta la storia del mondo e quindi anche il putativo "futuro", questo fatto dell'autocontenimento del cosmo in tutte e in ognuna delle dimensioni temporali e quindi anche di tutte le dimensioni temporali tra di loro (alle nostre spalle, c'è un'eternità...), in Nietzsche è un tentativo, di affermare, e veramente direi di gridare, un doppio mondo, dionisiaco (la realtà di, almeno, due mondi valutativamente e valorialmente uguali, assolutamente non idonei all'essere etichettati come l'uno buono, e l'altro cattivo, se non, ancora, per assoluto, capriccio e salto nella scelta casuale più insensata, di chi comunque tra di essi scegliesse e osasse scegliere) da contrapporre al mondo dietro il mondo, di matrice platonica e cristiana che egli tenta di criticare e decostruire (almeno due mondi, diversi, di cui uno migliore e uno peggiore, uno vero e uno falso, uno del bene e uno del male).

Il mondo, anche quando si tenta la scalata dal reale all'ideale, dal male al bene, non rimanda (mai) ad altro da sè, ma (sempre e solo) a se', cioè l'attesa "messianica" di Nietzsche è per un tipo di uomo che possa volere fino in fondo e senza rimorsi ne rimpianti il mondo reale, anche con tutte le sue disillusivamente e disillusoriamente svelate sofferenze. Un tipo di uomo che possa

"essere felice"

nel senso specifico di avere, di contenere, dentro di sè un mondo del voluto e del desiderio, uguale identico al mondo, percepito, o comunque abitato, della realta', e della necessità. E quindi, che possa essere semplicemente sè stesso senza nessun desiderio inappagato residuo.

Il superuomo realizza la duplicazione temporale del mondo, in due mondi identici, congiunti liminarmente nel presente e sviluppantisi l'uno nel passato e l'altro nel futuro, perché la porta già, dentro di se'; egli è già scisso nel gioco di sguardi e nel corteggiamento tra gli uguali che al limite estremo differiscono solo per l'essere l'uno realtà e l'altro desiderio, e in nulla di minimamente altro, già dentro di sè.

Questo eterno ritorno, è quello che egli vuole. Progetta, la nuova e ulteriore vita del mondo oltre il limite di un dato, singolo ciclo temporale, perché la avverte, in se' come desiderio.

L'autocontenimento, e dunque la apparentemente vana duplicazione, del passato nel futuro, e del futuro nel passato, la storia del mondo ripetuta e ripetentesi, insomma il parto del mondo che partorisce se stesso, in quanto elemento cosmico, è, anche, l'autocontenimento identico ed esaustivo di realtà e desiderio nel superuomo, nel suo strano e bizzarro cuore, in quanto elemento antropologico, e quindi la sua individuale, potenzialmente parecchio egoistica, felicità. La duplicazione disvelata nel suo avere senso per alcuni, ma non per tutti. Come si conviene ad ogni morale aristocratica.

#323
Attualità / Re: Guerra in Ucraina III
10 Gennaio 2025, 17:58:18 PM
Citazione di: Pio il 09 Gennaio 2025, 14:54:37 PMSi parla di circa 1.700 diserzioni nella brigata meccanizzata "Anna di Kiev", in addestramento in Francia. Sembra che molti soldati siano usciti in licenza e mai più rientrati. Indagini in corso.


Ma questo il cinegiornale (di antony) non lo dice  :)) :D
#324
Tematiche Spirituali / Re: La fede in Dio
10 Gennaio 2025, 16:41:34 PM
Dio va' in tribunale, ed e' colpevole, perche' a me, in quanto creatura e abitante del mondo, interessa, e soprattutto io desidero, con buona pace del dio cristiano e dei meandri della sua mente contorta, essere liberato (direttamente) dalla sofferenza, non certo dal "non senso della sofferenza".

Che sofisma del cavolo e' mai questo?

Quello che mi libera "dal non senso della sofferenza", qualunqur cosa cio' voglia dire, non potendo, o non volendo,  fare di meglio, cioe' liberarmi direttamente dalla sofferenza, non e' altro che un falso dio (non onnipotente) o al limite, un vero dio falso buono (non buono)

In ogni caso, il tutto, in cui Dio sarebbe onnipotente E buono, non sta in piedi.

E, a parte me e i miei personali gusti, trovatemi un uomo in giro nel quartiere, una sola persona reale e in carne ed ossa, che, potendo scegliere, sceglierebbe di essere liberato "dal non senso della sofferenza", piuttosto che, direttamente "dalla sofferenza" stessa, (facciamo dei questionari: sociologia applicata alla teologia, eccheccavolo) eppoi ne riparliamo...

Dunque, dicevamo, Dio e' colpevole, perche' io voglio essere liberato dalla sofferenza, e lui se ne sbatte, delle mie reali, vere, ed esistenziali necessita', e mi libera, invece "dal non senso della sofferenza", senza che questa sia (minimamente) una delle mie reali ed effettive necessita', e soprattutto senza che nessuno glielo abbia mai chiesto.

Mentre, di essere liberato (direttamente) dalla sofferenza, glielo avro' chiesto, in piu' o meno laica preghiera, forse centomila volte, e centomila volte, sono rimasto inascoltato.

Chi mi ama, fa la mia volonta', non quella che lui suppone essere, la mia volonta'.

E quindi, Dio non mi ama, semmai, pretendemdo egli di conoscere la mia volonta' meglio di quanto la conosca io stesso, fa quello che fanno tutti gli pseudo-amatori ossessivi, mi colonizza culturalmente, e narcisisticamente.

O al limite, fa quello che fanno tutti i pubblicitari: mi crea un (nuovo) desiderio e me lo soddisfa, lasciandomi nella frzstrazione di tutti i preesintenti, e inaffrontati, desideri vecchi.

Ma io resto abbastanza convinto che il papa' che viene chiamato al reparto di oncologia pediatrica per conoscere la data della morte del figlio, voglia essere liberato dalla sua, sofferenza, non dal non semso, della sua sofferenza. E giunto, forse, il momento, in generale come umanita', di non farci colonizzare e abbindolare dai pubblicitari di nessun genere.

Se dio e' colpevole, il teicidio per mano umana e' giusto.

Se uno si sente il creatore del mondo (ogni cosa, e' stata creata per mezzo di lui...) , e non e' completamente pazzo, visto quanto fa schifo il mondo, e' normale, che questo qualcuno si senta colpevole, e cerchi espiazione. La riconciliazione, tra dio e uomo, e' possibile, solo se il dio creatore, e onnipotente, paga per le proprie colpe. Perche' l'uomo, e' come e', lo capisce chiunque, e non c'e' verso, che tutto il male del mondo, possa essere colpa dell'uomo.

La responsabilizzazione, dell'uomo, puo' iniziate solo se non c'e' piu' un dio, creatore, da accusare.

#325
Citazione di: PhyroSphera il 09 Gennaio 2025, 09:46:31 AMSicuramente vale la distinzione tra materia vivente e non vivente, ma vale pure la distinzione tra materia inerte e non inerte e la scoperta che è quest'ultima ad essere stabile, mentre la prima episodica. La fisica delle particelle dopo il Principio di Indeterminazione mostra tutto questo. La coesistenza di gravitazione, relazione, indeterminazione offrono un quadro di organizzazione non ordinata: una verità che mostra l'assoluta insufficienza, precarietà, rischiosità, esizialità del mondo tecnoscientifico, che invertendo i rapporti tra scienza e tecnica riduce quest'ultima e trasforma il contenuto dei dati scientifici in teoresi fittizie, inventando sorta di giostra dove coincidenze che fanno sembrare tutto a posto sono destinate a terminare in disastri. Le esplosioni delle navicelle spaziali americane (fortunatamente ora senza astronauti dentro) sono diventate abitudine, ma anche l'industria automobilistica ne è soggetta: quando l'azienda Mercedes Benz accolse tattiche estranee, assunte dal mondo tecnoscientifico, gli accadde poi di dover richiamare indietro un numero enorme di vetture; in un caso gravissimo accadeva una ricorrente fusione imprevista di materiale sotto il cofano, il quale in marcia si alzava addirittura, impedendo la vista del conducente durante la marcia. Uno scandalo che convinse scienziati e tecnici dell'azienda a ritornare al concreto patrimonio di conoscenze posseduto prima, per quanto datato fosse.
Non solo il corpo biologico è imprevedibile, il che non è recepito da chi domina nei sistemi sanitari prevalenti, ma la materia non biologica non è una struttura ordinata né stabile. Anche gli spazi eterei sono così.
Il primo viaggio spaziale realizzato da privati, negli USA, recava immagini del tutto anomale: l'ergonomia degli oggetti, tute comprese, rendeva goffi e impacciati gli atronauti, spingendoli a muoversi similmente a scimmioni. Le loro facce erano eloquenti. La tecnoscienza è in rapporto all'evoluzionismo: la convinzione sbagliata della trasformazione uomo-scimmia influenza la costruzione di oggetti, perché se si pensa all'uomo come a uno scimpanzè modificato non si può realizzare un'impugnatura adeguata per una cloche o la forma giusta di una semplice maniglia, neppure un vetro dalla trasparenza opportuna. Negli ultimi anni la fantasia del terzo sesso, detta usando la parola trans, ha generato un'idea distorta di neutralità. Questa esiste ma non fra tre elementi, solo due, maschio e femmina. Inoltre chi suppone che esista una inversione sessuale umana e vorrebbe assecondarla con la chirurgia, di fatto praticando intrusioni e menomazioni, pensa a oggetti adatti più a robot androidi che a umani. Esempio: nei viaggi oltre l'atmosfera terrestre, praticati per il nuovo costosissimo turismo spaziale, il volto degli ospiti delle navicelle testimoniava un ambiente interno più impersonale di una autorimessa, nonostante le parvenze opposte.

Certamente uno come Dawkins è stato un protagonista di questa immane sbandata, con i suoi ragionamenti accattivanti, la cui incompletezza e fatale incongruenza è nascosta dietro una rete di riferimenti reali ma insensati.
L'illusione evoluzionista dà un aiuto al delirio del cosiddetto transumanesimo, pensandosi un divenire in realtà inesistente e facendosi supportare da illusioni di non distinzione corpo biologico / non biologico... per cui girano per strada folli che pensano che un gioiello al proprio orecchio sia un prolungamento del corpo e in studi accreditati si trovano falsi medici che trattano le protesi artificiali per nuovi organi... e l'illusione che tutto sia evoluzione finge che non ci sia alcunché di artificiale in un dente artificiale.


MAURO PASTORE



Ahi come, un dio che resuscita i morti e mette incinta le vergini... a un certo punto viene messo in crisi da un cavolo di dinosauro... ROOOARRR!!



#326
Citazione di: PhyroSphera il 09 Gennaio 2025, 10:03:13 AMContinui a confondere il dogma religioso coi dogmi sulla religione che obbediscono a convenzioni non realmente ispirate.


Si', oggigiorno in effetti lo stabilisci tu, che cosa sia ispirato e cosa no...

Pero' sei solo fortunato, a vivere in un tempo in cui, chi si inventa una sua religione personale a suo uso e consumo, e magari pure un suo puzzle di testi e brani secondo lui "ispirati" presi qua e la' e ne parla in giro... non finisce sul rogo.

 
#327
Tematiche Filosofiche / Re: Contro il rasoio di Ockham
09 Gennaio 2025, 10:09:35 AM
Citazione di: iano il 06 Gennaio 2025, 21:20:30 PMSi, questo è il punto su cui io insisto recentemente.
Senza capacità di credere nulla potrebbe apparirci, che sia la realtà o che sia la madonna. :)
Tutto il resto del tuo post non l'ho del tutto capito, ma sul succitato punto sei l'unico che converge con me.


C'e' poco da capire, ho detto fondamentalmente che che scienza e religione cristiana sono accomunate dall'idea che il futuro sia piu' importante del presente, e che l'uomo domini la natura, anziche' doversi adeguare ad essa per la sua serenita'...

E quindi, vi e' un nesso tra scienza 
e "fede" in senso lato.

#328
Tematiche Spirituali / Re: La fede in Dio
08 Gennaio 2025, 16:22:41 PM
Citazione di: Pio il 08 Gennaio 2025, 14:57:00 PMIn un mondo perfetto si cercherebbe Dio? Quale bisogno ce ne sarebbe? Turoldo mi sembra abbia scritto "Anche Dio si sente solo".

No, perche' non ce ne sarebbe bisogno.

A quanto pare, questo buonissimo e sacrificalissimo Dio, non rinuncia manco per niente ad una sua possibile, e originariamente solo per lui desiderabile relazione con me, in favore delle mie vere e reali necessita' di creatura creata, cioe' quelle di abitare un mondo perfetto.
Di abitarlo con semplicita', dalla nascita alla mia, eventuale, morte, senza dolori, vecchiaia, malattia, guerre e rotture di scatole.

Mondo perfetto che Lui non ha creato. E che, a quanto pare, non ha creato proprio al discutibilissimo fine di mantenere in essere la sofferenza. E dunque la relazione. Pur essendo Lui a quel che si dice cosi' buono.

E poco importa, che, a posteriori, ovvero a creazione fatta ed avvenuta, la necessita' di codesta relazione la avvertiamo potenzialmente in due, io e Lui. E quindi che la sofferenza stessa sembra (sembra) almeno in parte giustificata.

A priori, c'e' solo Lui, quindi, anche la necessita' di relazione in se' (a cui io obbiettivamente, quale individuo con necessita' ben diverse sono sacrificato) la avverte solo lui, e' originariamente roba, e questione, solo sua.

E quindi niente, la sofferenza c'e' e bisogna "accettarla", anzi, come diceva uno che la sapeva lunga, volerla.

Bene che vada siamo l'oggetto del trastullo, di una, eventuale, altrui, solitudine.

Sia sempre lode a Dio, e all'Eurasia comunista, in cui di Lui... non ci sara' piu' necessita'  :D  !!!


#329
Tematiche Filosofiche / Re: Contro il rasoio di Ockham
06 Gennaio 2025, 18:16:31 PM
Citazione di: iano il 05 Gennaio 2025, 20:40:25 PMDici bene.
Secondo me c'è nella storia della vita, della quale meglio conosciamo quella umana, una continuità che necessariamente viene spezzata per necessità descrittive.
Così io mi sforzerei più di vedere quale continuità c'è fra scienza e religione, impresa certamente più impegnativa che marcarne le differenze, partendo dal fatto che come dici c'è comunque un certo impegno ''scientifico'' nelle sacre scritture per descrivere il creato.
Io mi chiederei quindi se il binomio Dio e preghiera sia scindibile, e poi mi chiederei cosa conservi un equazione del tanto aver pregato.
Io direi che conserva la convinzione che la natura risponda alle nostre parole, che siano in forma alfabetica o numerica, simbolica in generale.
Sarebbe stata possibile la scienza senza la nostra profonda convinzione che '' la natura ascolti le nostre equazioni'' ?
A me pare che più che un Dio fattosi verbo, ci sia un verbo fattosi Dio., e che solo nostro sia il verbo, non di Dio , ne della natura.
Il verbo è la soggettività dell'umanità, che nella misura non gliela riconosciamo , diventa altro da noi.
Dio disse che la terra sia, e la terra fù.
Non sò se c'è questa frase nella bibbia, perchè non l'ho mai letta, ma non mi sorprenderei se ci fosse.
In effetti non c'è bisogno di parole, in forma di suppliche o di equazioni, perchè i fatti si compiano, ma le parole sono il modo in cui vi partecipiamo in qualche come umanità.




Scienza e religione cristiana hanno in comune la fede nel futuro. 

La conoscenza anche nella scenza e' in un certo senso "fede", cioe' non e' conoscenza che si produca a prescindere dalla volonta', e tantomeno conoscenza irreversibile, o dell'irreversibile, tanto che si aggiorna, e si falsifica, continuamente.

La conoscenza nel senso piu' classico, e quindi piu' storico-filosofico del termine, invece, si produce a prescindere dalla volonta' ed e' irreversibile; insomma si puo' avere, con la conoscenza, lo stesso rapporto che si ha col passato; tanto che l'oggetto teoretico, l'oggetto etimologicamente della vista e del vedere, l'oggetto di coscienza e di conoscenza per eccellenza, e' il passato stesso. 
La conoscenza insomma, tipicamente si contrappone alla fede, esattamente come il passato (o meglio, l'esperienza umana del passato) si contrappone al futuro (umanamente inesperibile... e al limite in vari modi vaticinabile) . 

La scienza e' praticamente l'unico tipo di conoscenza conciliabile con la fede, e, insieme contrapponibile al significato "classico" o "forte", di conoscenza, come ho cercato di spiegare. 
Nei suoi primi vagiti, (penso soprattutto a Galileo e Bacone) essa, la scienza, si accredita (o comunque tenta di accreditarsi) esplicitamente come una continuazione della rivelazione cristiana, o una obbedienza esplicita a doveri morali cristiani, ma ben presto, sviluppera' una discorso ideologico fideistico suo proprio, e potenzialmente antitradizionale e anticristiano, appunto lo scientismo positivista e la fede nel progresso.

Come riferimenti nel panorama filosofico italiano di adesso, vedere soprattutto Galimberti per quanto riguarda il nesso tra scienza e cristianesimo per il tramite di una certa irrealistica e anticlassica fede nel futuro instauratasi da un certo momento in poi in occidente; e Severino per come e quanto conoscenza, e fede siano, e restino, due mondi esperienzialmente e umanamente contrapposti e inconciliabili nonostante tutti i tentativi che siano stati fatti per conciliarli: in un modo o nell'altro, il tipo umano parmenideo e antinichilistico che lui stesso crede di incarnare, sceglie sempre la conoscenza, in quanto senso dell'eternita' e dell'attimo eterno, e non mai la fede, in quanto senso del, fondamentalmente impossibile, e falso, divenire.


#330
Tematiche Filosofiche / Re: Contro il rasoio di Ockham
05 Gennaio 2025, 19:09:31 PM
La scienza non rende falsa l'ipotesi di un dio creatore, la rende "solo" inutile.

Inutile come ipotesi operativa nell'ambito della scienza stessa. Che non puo', e non vuole, spiegare il naturale con il soprannaturale; la razionalita' e la verificabilita', con l'assurdo e l'inverificabile.

Grazie alla scienza, si dimostra che il mondo in se', e a livello dei fenomeni fisici e naturali studiati dalla scienza stessa, e' pienamente autosussistente, autocausato e autogenerato, e puo' stare in piedi (anche) da solo. Non c'e', e non ci puo' essere, un'ipotesi-Dio in quanto ipotesi necessaria, a spiegare fatti e cose che altrimenti, non si spiegherebbero.

Poi, che vuole continuare a credere in un creatore rimane libero di farlo.

Il fatto che sia ormai dimostrato e stradimostrato che il mondo possa, stare in piedi senza un dio, non vuol dire che in senso etico o probabilistico esso, il mondo, debba, anche farlo.

Il dio di cristianesimo, ebraismo e monoteismo e' onnipotente. E' un dio onnipotente. Oltreche' buono.
Questo vuol dire che egli, questo strano e invisibile personaggio, non solo puo' perseguire tutti i fini che vuole, ma anche, tutti i fini che vuole... con tutti i mezzi, i tramiti, le fasi intermedie, le tortuosita' che vuole.
Se vuole realizzare i suoi fini tramite un universo autosussistente e retto da leggi uguali ovunque che lo esclude come ipotesi necessaria, non sareno certo noi, comuni mortali, a fermarlo. E infatti, a qusnto pare non lo abbiamo fermato. Se per qualche strano motivo si diverte a realizzare settecentomila generazioni di dinosauri prima dell'uomo, e settecantomila pianeti disabitati tutti intorno alla terra, stelle, buchi neri eccetera lo fa, non viene certo a chiedere il permesso a noi. Di tutte le stranezze e le cose logicamente incoerenti che fa il dio abramitico, (teodicea, libero arbitrio, inferno, creazione, redenzione eccetera eccetera) questa, di predisporre un universo autosussistente e autofunzionante, sarebbe la meno strana e la meno incoerente.

L'ultima di cui gli andrei a chiedere ragione se mai un bel giorno lo incontrassi.

Piu' che altro, la metafisica occidentale classica e postclassica e' il trionfo del soggettivismo e dell'antropomorfismo, perche' i motivi per cui si continua, o meglio si insiste e si persiste, a credere in un dio, creatore e amorevole, o comunque interveniente nelle vicende umane e ad esse interessato, dopo che filosofia prima, e scienza, dopo, ne' hanno dimostrato se non, appunto, l'inesistenza, sicuramente la natura di ipotesi superflua, sono al cento per cento e senza timore di smentita, direi, motivi etici (credere in un dio soddisfa un bisogno di senso, e di giustizia), e motivi psicologici (credere in un dio e' rassicurante, tipo genitore onnipotente).

Non e' il rasoio di Ockaham la stura del soggettivismo e dell'antropomorfismo, ma tutto il ciarpame e la moltiplicazione di enti che c'e' prima.

L'essenza della religione e' la pretesa che il mondo si adatti all'uomo e non viceversa; infatti, la religione, descrive, e descrive pure entro certi limiti bene, il mondo per come dovrebbe essere, non (certo) il mondo per come e'.
Addirittura, si afferma che Dio e' uomo, si e' fatto uomo, ha creato il mondo per amore dell'uomo, ha messo l'uomo al centro dell'universo, eccetera eccetera.

Se non e' un soggettivismo e un relativismo questo...

Io ci vedo solo la volonta' di potenza all'opera, tale in cui quello che mediamente, e massificatamente, a qualcuno, (e poi a molti) piace e rassicura, e rassicuro' credere, a un certo punto diventa, e divento', la verita'.

All'animale umano pesa troppo il fardello di un mondo senza senso.

Questa, e' la verita' dietro certe "verita' ".

E quindi niente, e' veritativa solo la condizione umana, tale per cui le bugie, le illusioni e le proiezioni varie, che a vari fini, e livelli, ci hanno tenuti in vita, e reso in una certa forma data gerarchicamente ordinati, e socialmente collaboranti, sono "vere", o meglio reali, in quanto causa, (e intendo causa ancora e nonostante tutto operante) della nostra attuale, al mondo, presenza... e non estinzione o assenza. Testimoniate dalla vita, come nella miglior tradizione mistico religiosa.

Ma non mi si venga a dore che i soggettivismi sono nati con la scienza.

Semmai, grazie alla scienza sono molto diminuiti. Abitiamo un sasso qualsiasi, e non il centro del cosmo. Gia' questo e' un bel progresso. Verso una certa, e sospirata, oggettivita'.