X Cvc
Il pensiero calcolante costruisce categorie e classificazioni per caratteristiche omogenee.
A mio parere è una necessità razionale che nasce dalla natura stessa come logica di energia , di efficienza, vale a dire memorizzare, sistematizzare acquisizioni di informazioni, di conoscenze.
Perché aiuta il confronto di nuove conoscenze con quelle già acquisite.
Penso che l'intuizione venga prima del pensiero calcolante, come avviene nell'evoluzione nei bambini. Il pensiero calcolante non è uno "strumento" a parte di quello intuitivo. Quello intuitivo si sviluppa per immediatezza, ha necessità dell'immagine del segno e simbolo. Una volta "assimilato" il segno e simbolo si sviluppa il linguaggio che diventa riflessivo, nel senso che si possono confrontare i segni e i simboli fra loro, le parole o le lettere dell'alfabeto per la dizione, come le cifre nei numeri e da lì iniziare la complessità della semantica e sintassi e dall'altra dell'aritmetica, matematica, algebra, insiemistica, ecc. I due "strumenti" non sono antagonisti fra loro, l'artistica necessita di tecniche oltre che di intuizioni, viceversa lo scienziato. L'intuito lavorando per immagini segniche e simboliche è più veloce ed immediato, ma può più facilmente sbagliare; il calcolo, il formalismo nei sistemi linguistici necessita di regole e ordini che l'intuito "salta". Penso che l'innovazione artistica e scientifica nasca soprattutto da un atto intuitivo è un'immagine "mentale" che necessita di un calcolo odi una tela nel pittore o dello spartito nella musica, ecc. L'intuito può aiutare un blocco un impasse di calcolo. Penso che un ricercatore scientifico oltre che di notevole conoscenze tecniche necessita di un buon intuito.
X Aperion
citaz.
Einstein diceva che il mistero del mondo è la sua comprensibilità
Esatto a mio parere è davvero un grande mistero soprattutto se quel mondo appartiene allo stesso umano come rappresentazione di quel mondo, appunto con intuizione e calcolo.
Riprendo volentieri i tuoi interessanti spunti:
1) e' vero, tant' è che nell'antichità i pitagorici erano "chiusi" nella dottrina ermetica, esoterica. Avevano capito che geometria e matematica potevano spiegare il mondo e ciò era un grande potere umano e in quanto tale meglio non diffondere. C'è stata una geometria "sacra".
L'Accademia di Platone, si dice che non vi si potesse accedere senza conoscenze della geometria.
Euclide fu discepolo di Platone, e Teeteto , illustre matematico/geometra ,appare in un dialogo socratico.
2) è esatta la tua formulazione del problema, è un mistero al di là della nostra comprensione
3) esatta anche questa tua formulazione, ci aggiungerei anche qualunque formulazione non
necessariamente religiosa. E questo è un tema "forte" nella metafisica se lo si relaziona a ciò che hai citato in Einstein. Come può presentarsi un ordine e una regolarità che in sé permette la sua comprensione. Se non ci fosse, ogni giorno la nostra esperienza precedente verrebbe azzerata, vi sarebbe caos ,irregolarità, disordine. Nessuna possibilità di tesaurizzare conoscenze ed esperienze.
Ne mio personale modo di pensare è il principio "forte" per cui c'è qualcosa di intelligente, ribadisco, non necessariamente postulatile come un Dio, dei, ecc. Questa è per me "la verità incontrovertibile" e che Nietzsche, visto che è nel tema della discussione, chiama " uno primigenio".
4) è "debole" questa posizione, perché un muro è un muro e se "ci sbatto contro" fa male e questo prescinde dalla mia mente, perché contro quel muro chiunque vada a sbatterci si fa male come me.
C'è una realtà naturale e fisica incontrovertibile che non è invenzione mentale umana.
L'uomo può con intuito e ragione attraverso la tecnica, manipolare quel muro materico, abbatterlo, trasformarlo in altro confacente al suo scopo. L'uomo come creazione, per quanto potente ma anche limitata, è artefice. Ed è qui che "sorge" Nietzsche.
In questo periodo studio anche Nietzsche seguendo cronologicamente le sue opere.
Questo è ,almeno per ora, le considerazioni che a mio parere posso fare.
Nietzsche glissa volutamente la morale, opponendo l'estetica.
Perché accetta il mondo come si presenta all'uomo, senza illusioni morali (a parer suo...).
E' una posizione che non riesco a condividere ,ma ha un sua "forza".
Provo a spiegare.
Il credente , ateo, agnostico, tutti non possono negare che nel mondo vi sia il dolore e sofferenza(anche gioia e felicità) e il destino umano sia segnato nella morte.
Credere ad un Dio o agli dei significa che sono artefici anche di questo. E questo è almeno un poco contraddittorio : che colpa abbia mai la stirpe umana da dover soffrire? La teodicea è un tentativo di risposta sull'effetto, ma rimarrebbe il mistero del perché il "demiurgo" abbia creato anche il dolore.
Le religioni rispondono attraverso le "Sacre Scritture": prendere o lasciare.....o avere dubbi.
Insomma, o ci si crede o non ci si crede. E' un atto di fiducia, di fede. L'aldilà è necessario se si segue lo schema logico religioso, oppure Dio o chi per Lui, deve apparire come "profeta incarnato" per ridare pace all'umanità e al mondo terreno, togliendo il dolore e la morte; quest'ultimo è vicino al pensiero ebraico.
Nietzsche ritiene che tutto ciò sia invenzione umana, quindi mantiene la posizione "forte" di un "uno primigenio" dentro la regolarità e ordine dei fenomeni universali, ma accetta tutto ciò che è natura senza illudersi di un Dio religioso e non vede alcuna morale nelle regole naturali .Vede il forte e il debole nella natura e nell'umanità il coraggio e la viltà, la compassione: è questa per Nietzsche la vera misura naturale in cui l'uomo deve a sua volta misurarsi. Quindi sparisce ogni regola morale, e la odia in quanto rende l'uomo debole, mortificato, in attesa......, e quindi non vive come forza vitale i suoi giorni. A questo punto l'uomo è artefice della propria esistenza, nel senso che vive come forza e potenza e non deve rispondere a nessuno se non a se stesso, all'ordine e regolarità naturale e non c'è ribadisco alcuna morale; il comportamento umano, l'etica risponde alla sua stessa forza vitale come qualunque vivente, come potenza . Il "mentale" umano ,se così posso dire, allora diventa estetica, estasi della propria forza come artefice creativo e ne accetta la tragedia per cui anche quest'ultima diventa rappresentazione epica. L'uomo non è più a misura di un Dio, è a misura di se stesso. Questo non toglie a Nietzsche la compassione umana, la solidarietà, l'umanità intesa come "sentire" umano, il mistico. Ma mutando lo scenario è chiaro che l'uomo diventa guerriero naturale, e quindi vengono esaltate le forze , le qualità umane più potenti, quell' istintive che sono crudeltà da una parte, e solidarietà dall'altra. Ma l'agire non è più relazionato al"timor di Dio", ma al solo sentire umano. C'è, sempre amio parere, una forma di spontaneismo istintivo umano ,derivato dall'impulso naturale e mediato dalle qualità umane sia concettuali che passionali.
E' chiara quindi l'esaltazione estetica, nel suo significato più ampio.
Quindi se il credente sublima il dolore e la sofferenza come "prova" da vivere per un mondo migliore nell' al di là, abbassa la testa e sopporta le prove della vita, che è l'atto di sottomissione ad un Dio, in quanto misura dei propri passi nel mondo.
Se non si accetta invece che la misura della propria esistenza sia Dio, è necessario comunque accettare dolore e sofferenza e fin la morte come regola dell'ordine naturale, ma si apre il mondo delle possibilità non più ristrette dal peccato morale e diventa naturale l'ebrezza per sublimare il dolore e la sofferenza rappresentate dentro l'estetica e quindi anche nella rappresentazione della tragedia. E' una forma di "spirtualità" atea. L'estasi, il mistico si spostano nel godere dei frutti della natura, negli esseri viventi che ne brulicano vivendo.
Sì, Nietzsche deve molto ad Eraclito, che è un filosofo complesso, molto più di quel che comunemente si vuol far passare. Deve qualcosa anche a Schopenhauer, di cui non approva la visione pessimistica sulla volontà.
Il conflitto è interno alla regola naturale, è nelle catene alimentari, è quello che con termini morali definiamo ferocia, ma il leone se vuole sopravvivere deve essere feroce e non come termine morale. Il mimetismo animale non è forse un inganno? Ma non è più un termine morale se lo si applica alle regole naturali per sopravvivere, ecc.
P.S. E' mia interpretazione sul pensiero di Nietzsche e miei pure i ragionamenti, quindi prenderli
con il "beneficio d'inventario". Mi sembrava onesto specificarlo.
Il pensiero calcolante costruisce categorie e classificazioni per caratteristiche omogenee.
A mio parere è una necessità razionale che nasce dalla natura stessa come logica di energia , di efficienza, vale a dire memorizzare, sistematizzare acquisizioni di informazioni, di conoscenze.
Perché aiuta il confronto di nuove conoscenze con quelle già acquisite.
Penso che l'intuizione venga prima del pensiero calcolante, come avviene nell'evoluzione nei bambini. Il pensiero calcolante non è uno "strumento" a parte di quello intuitivo. Quello intuitivo si sviluppa per immediatezza, ha necessità dell'immagine del segno e simbolo. Una volta "assimilato" il segno e simbolo si sviluppa il linguaggio che diventa riflessivo, nel senso che si possono confrontare i segni e i simboli fra loro, le parole o le lettere dell'alfabeto per la dizione, come le cifre nei numeri e da lì iniziare la complessità della semantica e sintassi e dall'altra dell'aritmetica, matematica, algebra, insiemistica, ecc. I due "strumenti" non sono antagonisti fra loro, l'artistica necessita di tecniche oltre che di intuizioni, viceversa lo scienziato. L'intuito lavorando per immagini segniche e simboliche è più veloce ed immediato, ma può più facilmente sbagliare; il calcolo, il formalismo nei sistemi linguistici necessita di regole e ordini che l'intuito "salta". Penso che l'innovazione artistica e scientifica nasca soprattutto da un atto intuitivo è un'immagine "mentale" che necessita di un calcolo odi una tela nel pittore o dello spartito nella musica, ecc. L'intuito può aiutare un blocco un impasse di calcolo. Penso che un ricercatore scientifico oltre che di notevole conoscenze tecniche necessita di un buon intuito.
X Aperion
citaz.
Einstein diceva che il mistero del mondo è la sua comprensibilità
Esatto a mio parere è davvero un grande mistero soprattutto se quel mondo appartiene allo stesso umano come rappresentazione di quel mondo, appunto con intuizione e calcolo.
Riprendo volentieri i tuoi interessanti spunti:
1) e' vero, tant' è che nell'antichità i pitagorici erano "chiusi" nella dottrina ermetica, esoterica. Avevano capito che geometria e matematica potevano spiegare il mondo e ciò era un grande potere umano e in quanto tale meglio non diffondere. C'è stata una geometria "sacra".
L'Accademia di Platone, si dice che non vi si potesse accedere senza conoscenze della geometria.
Euclide fu discepolo di Platone, e Teeteto , illustre matematico/geometra ,appare in un dialogo socratico.
2) è esatta la tua formulazione del problema, è un mistero al di là della nostra comprensione
3) esatta anche questa tua formulazione, ci aggiungerei anche qualunque formulazione non
necessariamente religiosa. E questo è un tema "forte" nella metafisica se lo si relaziona a ciò che hai citato in Einstein. Come può presentarsi un ordine e una regolarità che in sé permette la sua comprensione. Se non ci fosse, ogni giorno la nostra esperienza precedente verrebbe azzerata, vi sarebbe caos ,irregolarità, disordine. Nessuna possibilità di tesaurizzare conoscenze ed esperienze.
Ne mio personale modo di pensare è il principio "forte" per cui c'è qualcosa di intelligente, ribadisco, non necessariamente postulatile come un Dio, dei, ecc. Questa è per me "la verità incontrovertibile" e che Nietzsche, visto che è nel tema della discussione, chiama " uno primigenio".
4) è "debole" questa posizione, perché un muro è un muro e se "ci sbatto contro" fa male e questo prescinde dalla mia mente, perché contro quel muro chiunque vada a sbatterci si fa male come me.
C'è una realtà naturale e fisica incontrovertibile che non è invenzione mentale umana.
L'uomo può con intuito e ragione attraverso la tecnica, manipolare quel muro materico, abbatterlo, trasformarlo in altro confacente al suo scopo. L'uomo come creazione, per quanto potente ma anche limitata, è artefice. Ed è qui che "sorge" Nietzsche.
In questo periodo studio anche Nietzsche seguendo cronologicamente le sue opere.
Questo è ,almeno per ora, le considerazioni che a mio parere posso fare.
Nietzsche glissa volutamente la morale, opponendo l'estetica.
Perché accetta il mondo come si presenta all'uomo, senza illusioni morali (a parer suo...).
E' una posizione che non riesco a condividere ,ma ha un sua "forza".
Provo a spiegare.
Il credente , ateo, agnostico, tutti non possono negare che nel mondo vi sia il dolore e sofferenza(anche gioia e felicità) e il destino umano sia segnato nella morte.
Credere ad un Dio o agli dei significa che sono artefici anche di questo. E questo è almeno un poco contraddittorio : che colpa abbia mai la stirpe umana da dover soffrire? La teodicea è un tentativo di risposta sull'effetto, ma rimarrebbe il mistero del perché il "demiurgo" abbia creato anche il dolore.
Le religioni rispondono attraverso le "Sacre Scritture": prendere o lasciare.....o avere dubbi.
Insomma, o ci si crede o non ci si crede. E' un atto di fiducia, di fede. L'aldilà è necessario se si segue lo schema logico religioso, oppure Dio o chi per Lui, deve apparire come "profeta incarnato" per ridare pace all'umanità e al mondo terreno, togliendo il dolore e la morte; quest'ultimo è vicino al pensiero ebraico.
Nietzsche ritiene che tutto ciò sia invenzione umana, quindi mantiene la posizione "forte" di un "uno primigenio" dentro la regolarità e ordine dei fenomeni universali, ma accetta tutto ciò che è natura senza illudersi di un Dio religioso e non vede alcuna morale nelle regole naturali .Vede il forte e il debole nella natura e nell'umanità il coraggio e la viltà, la compassione: è questa per Nietzsche la vera misura naturale in cui l'uomo deve a sua volta misurarsi. Quindi sparisce ogni regola morale, e la odia in quanto rende l'uomo debole, mortificato, in attesa......, e quindi non vive come forza vitale i suoi giorni. A questo punto l'uomo è artefice della propria esistenza, nel senso che vive come forza e potenza e non deve rispondere a nessuno se non a se stesso, all'ordine e regolarità naturale e non c'è ribadisco alcuna morale; il comportamento umano, l'etica risponde alla sua stessa forza vitale come qualunque vivente, come potenza . Il "mentale" umano ,se così posso dire, allora diventa estetica, estasi della propria forza come artefice creativo e ne accetta la tragedia per cui anche quest'ultima diventa rappresentazione epica. L'uomo non è più a misura di un Dio, è a misura di se stesso. Questo non toglie a Nietzsche la compassione umana, la solidarietà, l'umanità intesa come "sentire" umano, il mistico. Ma mutando lo scenario è chiaro che l'uomo diventa guerriero naturale, e quindi vengono esaltate le forze , le qualità umane più potenti, quell' istintive che sono crudeltà da una parte, e solidarietà dall'altra. Ma l'agire non è più relazionato al"timor di Dio", ma al solo sentire umano. C'è, sempre amio parere, una forma di spontaneismo istintivo umano ,derivato dall'impulso naturale e mediato dalle qualità umane sia concettuali che passionali.
E' chiara quindi l'esaltazione estetica, nel suo significato più ampio.
Quindi se il credente sublima il dolore e la sofferenza come "prova" da vivere per un mondo migliore nell' al di là, abbassa la testa e sopporta le prove della vita, che è l'atto di sottomissione ad un Dio, in quanto misura dei propri passi nel mondo.
Se non si accetta invece che la misura della propria esistenza sia Dio, è necessario comunque accettare dolore e sofferenza e fin la morte come regola dell'ordine naturale, ma si apre il mondo delle possibilità non più ristrette dal peccato morale e diventa naturale l'ebrezza per sublimare il dolore e la sofferenza rappresentate dentro l'estetica e quindi anche nella rappresentazione della tragedia. E' una forma di "spirtualità" atea. L'estasi, il mistico si spostano nel godere dei frutti della natura, negli esseri viventi che ne brulicano vivendo.
Sì, Nietzsche deve molto ad Eraclito, che è un filosofo complesso, molto più di quel che comunemente si vuol far passare. Deve qualcosa anche a Schopenhauer, di cui non approva la visione pessimistica sulla volontà.
Il conflitto è interno alla regola naturale, è nelle catene alimentari, è quello che con termini morali definiamo ferocia, ma il leone se vuole sopravvivere deve essere feroce e non come termine morale. Il mimetismo animale non è forse un inganno? Ma non è più un termine morale se lo si applica alle regole naturali per sopravvivere, ecc.
P.S. E' mia interpretazione sul pensiero di Nietzsche e miei pure i ragionamenti, quindi prenderli
con il "beneficio d'inventario". Mi sembrava onesto specificarlo.