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Messaggi - sgiombo

#316
La filosofia comprende la critica razionale della conoscenza (scientifica o meno: gnoseologia, epistemologia), la quale é altro dalle scienze naturali e non vi può essere letteralmente "integrata" ma casomai "allegata", aggiunta.

E inoltre l' ontologia (conoscenza razionale della realtà in generale: in ciò che é scientificamente conoscibile e in ciò che non lo é).

Perché infatti della realtà fenomenica é conoscibile solo la parte materiale (in quanto misurabile quantitativamente e postulabile -indimostrabilmente: Hume"!- essere intersoggettiva); e non la parte mentale, che manca di queste due ineludibili conditiones sine qua non della conoscibilità scientifica e che alla parte materiale non si identifica, non é riducibile, non ne emerge né sopravviene.
Inoltre é per lo meno ipotizzabile un' ulteriore parte, ambito o componente della realtà (eventualmente, se reale) non conoscibile scientificamente ma solo filosoficamente: le cose in sé o noumeno.
#317
Secondo me casualità e determinismo sono reciprocamente incompatibili (se non nel probabilismo, che però altro non é che casualità dei singoli eventi, determinismo delle proporzioni fra gli eventi: casuale per certi aspetti, deterministico per certi altri).

Che un determinismo locale ("einsteiniano") non sia reale in natura non implica che non lo sia un determinismo non locale ("belliano").
#318
Citazione di: iano il 05 Maggio 2019, 17:34:43 PM

Ciò che ha rilevanza , anche da un punto di vista filosofico, è la dimostrazione scientifica che possano esistere , in quanto siamo adesso in grado di produrli, sequenze numeriche autenticamente casuali.
Ciò a mio parere fa' passare quasi in secondo piano la difficoltà diffusa nel digerire e/o interpretare la MQ.
Ma come si definisce una sequenza numerica autenticamente casuale?
Per poter dire che una sequenza è casuale bisogna infatti che esista una precisa definizione operativa di casualità , e a me questa definizione sfugge.


Sfugge anche a me.

E inoltre mi sfugge come un elaboratore, trattando algoritmicamente (calcolando in base a regole determinate) determinati input (somministratigli secondo il divenire naturale -per lo meno "macroscopico": azioni umane- deterministico), possa dare come output sequenze numeriche autenticamente casuali: dove e come si passa (si potrebbe mai passare), nel corso dell' elaborazione, dalle computazioni deterministiche (algoritmiche) al puro, autentico caso?
#319
Citazione di: Phil il 05 Maggio 2019, 15:13:32 PM


A tal proposito è forse significativo notare che le prime istruzioni che vengono inculcate nei bambini (cuccioli di uomo non inculturati) sono quelle a fondamento delle società: non bisogna essere violenti (il bambino tende ad aggredire alcuni dei suoi simili), non si ruba (il bambino tende ad appropriarsi di ciò che vuole, non ha il concetto di proprietà privata), non si mente (il bambino tende a dire solo ciò che gli conviene / gli piace), etc. Al cucciolo di uomo vanno dunque impartite le regole della convivenza "civile" perché, naturalmente, egli non le possiede (ciò che possiede è invece una serie di istinti volti all'autosussistenza: cercare il seno-nutrimento, aggrapparsi per non cadere, etc.).

Ma se Al cucciolo di uomo si possono impartire le regole della convivenza "civile" perché, naturalmente, egli non le possiede, allora egli naturalmente deve necessariamente possedere la predisposizione ad acquisirle.

Il cucciolo d' uomo nasce che non sa nulla e non sa fare nulla che ecceda lo strettamente indispensabile alla sua sopravvivenza (come piangere, succhiare la tetta, respirare, evacuare, sudare, ecc.).
Nemmeno sa parlare, per esempio.
Eppure l' evoluzione biologica l' ha fatto tale da avere la potenziale capacità di imparare a parlare, a camminare e a fare tutto ciò che riesce a fare col passare del tempo grazie al suo proprio ingegno e agli insegnamenti degli uomini adulti o comunque più sviluppati).
Compreso sentire gli imperativi etici e adempiervi o meno, comportarsi eticamente o meno e valutare in senso etico il proprio e l' altrui comportamento.
Ma l' evoluzione biologica l' ha fatto anche tale da avere la potenziale capacità di imparare a erogare un pluslavoro (oltre quello necessario per sopravvivere e riprodursi), e conseguentemente fra l' altro, per esempio, pure a creare opere d' arte.
La natura (biologica) ha fatto l' uomo tale da sviluppare sulla natura stessa (senza ovviamente impossibilmente superarla; divinamente, soprannaturalmente, per l' appunto) la cultura, la storia umana come sviluppo coerente ma peculiare, "creativo" della storia naturale.
E questo spiega come mai, al pari dell' estetica, anche l' etica presenta caratteri generalissimi universali e costanti e caratteri relativamente più particolari, relativamente meno universali e costanti, in varia misura socialmente condizionati e storicamente transeunti.
#320
Citazione di: iano il 05 Maggio 2019, 17:34:43 PM

Penso che questo accesso possa essere agevolato dalla popolarizzazione di alcuni risultati della MQ che colpiscano la fantasia è mettano in moto quindi una discussione diffusa e la filosofia che ne consegue (la filosofia aiuta a digerire la natura ? ) , e la riflessione sulla casualità rivitalizzata dalle risultanze sperimentali potrebbe essere forse un buon inizio a ciò.


CitazioneSecondo me una buona divulgazione scientifica dovrebbe rifuggire come dalla peste da esposizioni che colpiscano la fantasia attraverso vere o presunte "scoperte mirabolanti", ma invece sobriamente esporre quanto la scienza scopre senza irrazionali enfatizzazioni o "spettacolarizzazioni ad effetto" ad usum portfolii (dei divulgatori).

Dovrebbe invece assumere un atteggiamento e un linguaggio razionalistici diametralmente opposti a quelli della pubblicità (come sono soliti dire i mestieranti della politica e dal giornalismo dovrebbe "parlare alla testa e non alla pancia" dei fruitori).

La filosofia (una buona filosofia razionalistica) é secondo me indispensabile, oltre che per comprendere la natura, anche per fare della buona ricerca scientifica (evitando per esempio di  scadere al livello delle "ipotesi a molti mondi" e del "principio antropico").
#321
Citazione di: Ipazia il 05 Maggio 2019, 14:38:21 PM
Citazione di: Apeiron il 05 Maggio 2019, 11:31:26 AM

@Ipazia,

Nella (presentazione usuale dell')interpretazione di Copenaghen, non vi è alcuna 'azione a distanza', ma solo una correlazione (inspiegabile in termini classici). Come dicevo sopra, nell'interpretazione di Copenaghen si pone una forte enfasi su ciò che si osserva e - anzi - in genere viene detto che la MQ è uno strumento predittivo delle osservazioni. Ergo, nel caso di due particelle entangled, il fatto che misurando lo spin di una particella si sappia anche il valore dello spin che verrebbe trovato nella misura sull'altra non implica (secondo loro) una 'influenza', 'connessione' ecc tra le due particelle.

In generale, tutte le interpretazioni concordano nel dire che l'entanglement non può essere usato per  la trasmissione di segnali. Più precisamente, tutti concordano nel dire che se le predizioni della MQ sono soddisfatte non si può usare l'entanglement per la comunicazione - il motivo è che non può essere controllato.

Con tutto il rispetto per Copenhagen pare che qualcuno sia riuscito a controllarlo e a farci sopra pure un affare.

Fatto salvo volerci fare metafisica su controllare, comunicare e predire. Nel qual caso Tutto è dicibile.
Citazione
Non mi é chiaro come questo consentirebbe una trasmissione  superluminale di segnali (cosa che mi sembrerebbe in realtà da escludersi).

Ma (ancora una volta): "sant Apeiron, salvaci tu"!


Comunque in metafisica non affatto "tutto é dicibile" ! ! !
La metafisica può ben essere non meno razionalistica e logicamente coerente della scienza (fisica ecc.).
E la buona metafisica di fatto la é.
#322
Citazione di: odradek il 05 Maggio 2019, 12:47:06 PM
a Apeiron

citazione :
.Anzi, se uno accetta, ad esempio, il super-determinismo, può anche mantenere la località.

Il superdeterminismo io non lo accetto per nulla.

citazione :
Come dice @sgiombo, conferme della violazione delle disuguaglianze di Bell non implicano il rigetto del realismo.

Manca però la spiegazione del perchè le conferme  delle disuguaglianze di Bell non implicano i rigetto del realismo locale. Un conto è il realismo, un conto è il realismo locale.
Citazione
Credo che si tratti di un banale lapsus fra realismo (locale) e realismo non locale: le diseguaglianze (confermate sperimentalmente) di Bell implicano il realismo non locale; ovvero implicano (non: non implicano)  il rigetto del realismo locale.

A questo proposito non posso non ripetere che

Secondo me dobbiamo sempre insindacabilmente inchinarci di fronte agli inappellabili verdetti dell' empiria (fatta salva sempre la possibilità di errori nostri di interpretazione) quali che fossero i pregiudizi (letteralmente e senza sfumature negative) che avevamo prima del cimento sperimentale: le interazioni fisiche possono sembrare più comprensibili se hanno un limite di velocità (== il realismo locale può sembrare più comprensibile del realismo non locale) solo in base a un pregiudizio infondato in tal senso che avevamo prima delle osservazioni empiriche dirimenti.

#323
Citazione di: Apeiron il 05 Maggio 2019, 11:31:26 AM
@sgiombo e @iano,

In linea di massima, il motivo per cui la non-località è interpretata come una effettiva azione a distanza nella teoria di de Broglie-Bohm e non lo è nell'interpretazione di Copenaghen è molto sottile. Per essere concreti, mi restringo al caso di due particelle entangled.

Nel caso della teoria di de Broglie-Bohm, il motivo è che il moto di una particella dipende dalla posizione dell'altra particella in modo istantaneo.Questa dipendenza sembra implicare che le due particelle siano per così dire 'connesse', ci sia una sorta di 'influenza' tra di loro.

Nel secondo caso, ovvero nell'interpretazione di Copenaghen, vi è una lettura epistemologica - ovvero, quello di cui possiamo parlare sono le misure. Nel caso in cui misuriamo lo spin delle due particelle entangled, dobbiamo ragionare nel modo seguente. Supponiamo che le due particelle devono avere spin opposto. Prima della misura, però, lo spin non ha valore definito. Poniamo che alla misura fatta da Alice, lei osserva spin 'positivo'. A questo punto Alice sa che se Bob misura lo spin dell'altra particella otterrà spin 'negativo'. Tuttavia, ciò non viene interpretato come un'influenza della misura di Alice sull'altra particella ma solo come un mutamento della conoscenza che Alice ha. Quando Alice osserva che lo spin misurato è 'positivo', sa che Bob deve ottenere spin 'negativo'. Se Bob eseguirà la sua misura e comunicherà l'esito ad Alice, la seconda vedrà confermata la sua predizione.
Citazione
Chiedo se non sarebbe possibile interpretare i fatti nel senso che le due particelle hanno una misura di spin definita "da sempre" (da quando si sono formate dalla trasformazione di altra materia, massiva o energetica) indipendentemente dall' eventuale fatto che la si misuri o meno; anche in questo caso ovviamente Alice troverebbe al tempo t1 lo spin "positivo" (quale era già da prima della misurazione di Alice) nella "sua" particella e Bob troverebbe al tempo t2 "negativo" lo spin dell' altra particella (ma lo era già a t1 e anche prima).

E anche in questo caso Alice saprebbe già al tempo t1, prima della misurazione di Bob sulla "sua" particella" che questa avrà spin "negativo", non come un'influenza della misura di Alice sull'altra particella ma solo come un mutamento della conoscenza che Alice ha.

Quel che non mi quadra é in che senso allora -come mi sembra indiscutibile sia- il realismo e il determinismo implicherebbero necessariamente la non località (che peraltro per me non é minimamente problematica).



Riguardo al super-determinismo, parafraso l'esempio che si trova in questo post su physicsforums: (fonte: https://www.physicsforums.com/threads/why-all-the-rejection-of-superdeterminism.904230/#post-5693447). L'esempio non ha niente a che fare con la MQ ma è, secondo me, chiaro. L'ho già riportato, in realtà.
Ad ogni modo, si viene invitati ad immaginare lo scenario in cui una persona riesce ad indovinare sempre perfettamente i numeri della lotteria. Ci possono essere varie spiegazioni. (1) In qualche modo imbroglia (ad esempio, la lotteria è truccata in modo da fare vincere tale persona tutte le volte...). (2) Ha dei 'super-poteri'. (3) In realtà, c'è solo una correlazione tra le due cose - semplicemente succede che tale persona riesca sempre ad indovinare tutti i numeri della lotteria ogni volta.
La terza spiegazione è essenzialmente quello che afferma il super-determinismo. Per il super-determinismo non c'è nessuna 'influenza', nessuna 'connessione', nessuna 'azione istantanea a distanza' tra le particelle, ma solo una correlazione.
Citazione
Veramente non riesco a comprendere questa differenza fra determinismo e superdeterminismo: basta e avanza un "normalissimo determinismo" affinché ci sia una correlazione fra tutti gli eventi.
Non vedo perché mai un "normalissimo determinismo" non dovrebbe "involve fine tuning of initial conditions [comprendere i minimi, precisi dettagli delle condizioni iniziali -?-].
E se your "choice" is predetermined by initial conditions (which is just determinism, and is not problematic), allora mi sembra semplicemente un' ovvia conseguenza altrettanto per niente problematica che it is also strongly correlated with the measurement outcomes: i risultati delle misurazioni non possono infatti che essere predeterminati dalle condizioni iniziali esattamente come qualsiasi altro evento.



Per quanto riguarda, l''hypotheses non fingo' di Newton non ha niente a che fare con il super-determinismo ma mostra comunque quanto è strano il concetto di 'azione istantanea a distanza'. Per Newton, ovviamente, c'era una 'influenza' o una 'connessione' tra il moto dei corpi e, inoltre, ebbe la geniale idea di dire che tale 'influenza' era la stessa sia nel caso Terra-Luna che nel caso della caduta dei gravi. Un 'Newton super-determinista' avrebbe detto, invece, che, in realtà, non c'era alcuna 'influenza', 'connessione' o 'azione a distanza' ma i corpi si muovevano in modo da far sembrare che c'era tale 'influenza', 'connessione' o 'azione a distanza'.
Citazione
Questo non mi é per niente chiaro: che significa <<che, in realtà, non c'era alcuna 'influenza', 'connessione' o 'azione a distanza' ma i corpi si muovevano in modo da far sembrare che c'era tale 'influenza', 'connessione' o 'azione a distanza'>>; a me sembra esattamente lo stesso arrampicarsi vanamente sugli specchi per pretendere di negare l' evidenza dei fatti che la chiesa cattolica compie allorché afferma che dopo la "consacrazione" nel corso della messa le cose stanno << in modo da far sembrare che>> ci troviamo sempre di fronte a un pezzo di pane e un bicchier di vino, mentre <<in realtà>> della carne e del sangue di Cristo si tratta (le mie citazioni fra virgolette sono ovviamente maliziose).



L''hypotheses non fingo' si riferisce, invece, alla spiegazione di cosa consiste tale 'influenza', 'connessione' o 'azione a distanza'. In fin dei conti, se è istantanea non può avere, ad esempio, una spiegazione 'Cartesiana' (ovvero: come conseguenza di interazione di contatto tra i vari corpi). Rimaneva pertanto per Newton misteriosa.
Chiaramente, un limite alla velocità delle interazioni le rende più comprensibili. Si capisce, dunque, perché a molti non piace tale idea di 'azione a distanza'. In più, nel caso quantistico, non vi è dipendenza dalla distanza.
Citazione
Non vedo come un limite alla velocità delle interazioni dovrebbe renderle più comprensibili.
Secondo me dobbiamo sempre insindacabilmente inchinarci di fronte agli inappellabili verdetti dell' empiria (fatta salva sempre la possibilità di errori nostri di interpretazione) quali che fossero i pregiudizi (letteralmente e senza sfumature negative) che avevamo prima del cimento sperimentale: le interazioni fisiche possono sembrare più comprensibili se hanno un limite di velocità solo in base a un pregiudizio infondato in tal senso che avevamo prima delle osservazioni empiriche dirimenti.



Infine, una nota sui 'molti mondi'. Il nome può essere fuorviante: in realtà c'è solo un 'universo'. Tuttavia, la storia non è 'lineare'. I 'molti mondi' si riferiscono alle varie 'ramificazioni' della storia (ad esempio, nel caso della misura dello spin dell'elettrone, l'universo si 'ramifica' nel 'ramo' in cui viene misurato spin 'positivo' e nel ramo in cui viene misurato spin 'negativo'). Ad ogni modo, anche io dissento fermamente dai molti mondi (e anche dalla retro-causalità).  
Citazione
Secondo me siamo a un livello di irrazionalismo del calibro del mistero dell' unità e trinità divina.



Una nota per @sgiombo: il termine 'realismo einsteniano' in fisica viene solitamente usato per riferirsi al realismo locale. Dunque, strettamente parlando, la teoria di de Broglie-Bohm non è 'realista 'in senso einsteiniano'' ad essere pignoli.
Citazione

Grazie mille per la precisazione (si tratta di sacrosanta, doverosa precisione e non di gratuita "pignoleria")!
#324
[quote author=0xdeadbeef date=1557000962 link=topic=1553.msg32670#msg32670]
Ciao Phil
E dunque sono sostanzialmente d'accordo con la tua risposta, con il distinguo però
rappresentato proprio dalla "finzione" con cui viene velata la (almeno presunta) natura
convenzionale del valore morale.
Che ne sarebbe del valore morale laddove emergesse chiaramente tale natura? Credi forse
che non ci sarebbe una generale presa d'atto che, in fondo, è solo la volontà di potenza
che fonda la moralità? E che fine fa la "autorità" nel senso classico in un tal quadro
(e forse sarebbe già il caso di dire che fine ha fatto...)?

Citazione

Per quel che mi riguarda rispondo:

Certamente no ! ! !

Severino Boezio ha affrontato serenamente l' ingiusta condanna a morte non perché la religione fondava oggettivamente la moralità (cosa in cui pur credeva, ma che ritenne in tale circostanza suprema irrilevante), ma invece perché sentiva di fatto (pur senza poterlo dimostrare), alla maniera degli Stoici, che "la virtù é premio a se stessa".
E dunque il virtuoso la segue non per la gretta e meschina aspirazione al paradiso o per la gretta e meschina paura dell' inferno, ma invece perche é proprio premio a se stessa: "anche se per assurdo -parole di Severino Boezio- la vita cessasse con la morte corporea, il virtuoso seguirebbe comunque la virtù, come fine a se stessa".

Spero non mi ripeterai per l' ennesima volta che con la secolarizzazione (o "morte di Dio") tendono ad imporsi le peggiori violazioni dell' etica.
In questo caso comunque non ti ripeterei per l' ennesima volta che violazioni dell' etica ci sono sempre state "alla grande" anche quando "Dio era ben vivo e vegeto" (quesi nessuno non credeva alla sua esistenza.

Infatti:

violazione dell' etica =/= inesistenza reale dell' etica (di fatto: non provabile ma "perfettamente" spiegabile, comprensibilissima).

Per il semplice fatto che sono convinto che una tesi falsa non diventa meno falsa a forza di ripeterla e una vera non diventa meno vera se non comtinuamente ripetuta, e che non ho voglia di perdere tempo a ripetere all' infinio le stesse obiezioni alle stesse affermazioni.

Saluti.



#325
Citazione di: Ipazia il 04 Maggio 2019, 21:03:27 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 04 Maggio 2019, 19:20:00 PM
Quindi riformulando l'amico Socrate78 io direi così: se non esiste una realtà-altra ove questi concetti, per così dire, "acquistano oggettività", i valori morali sono mera illusione.
saluti

Ipazia:

Se esiste una realtà-altra fittizia ove questi concetti, per così dire, "acquistano oggettività", i valori morali sono mera falsificazione.
saluti

CitazioneSgiombo:

Inoltre dall' "essere" (ontologia) non si può in alcun modo ricavare alcun "dover essere" (etica) - Hume.

Ma malgrado non siano razionalmente provabili (dimostrabili logicamente, né leggibili empiricamente su alcuna "tavola della legge" scritta da alcuna pretesa "entità reale altra" che pretenda di "dare loro oggettività"), tuttavia i valori etici sono ben reali ed empiricamente constatabili (esattamente come i valori estetici).
E per quanto non dimostrabili, tuttavia compresibilissimi, spiegati "perfettamente" (significato delle virgolette: inappuntabilmente per quanto umanamente possibile) dall' evoluzione biologica e dal rapporto dialettico fra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione.
#326
Phil:

Oggettività e moralità risultano per me incompatibili, poiché la prima si ritiene, in generale, assoluta e indipendente dal soggetto (che si limiterebbe a constatarla, con le inevitabili deformazioni "prospettiche"), mentre la seconda, almeno nel (mio) pensiero laico, è puramente arbitraria, convenzionale e soggettiva (per quanto sia culturalmente canonizzata in regole comunemente accettate).
La differenza di base è quella del fondamento: difficile che l'oggettività e la moralità abbiano un fondamento comune, perché la prima si basa sui fatti (Tizio colpisce Caio), la seconda sulla loro valutazione (non è giusto / non è bene che Tizio abbia colpito Caio).
Quindi, secondo me, si può dire che «i valori morali sono mera illusione» (cit.) solo se ci si aspettava che potessero essere oggettivi; non sono invece un'illusione nel momento in cui regolamentano nella prassi (e nel diritto) la vita di una società, affermandosi come forma di (pseudo)oggettività concordata e condivisa (l'oggettività autentica dovrebbe essere eventualmente condivisa, ma non concordata).
Fra la soggettività individuale e l'"oggettività del reale", c'è inevitabilmente la mediazione alterante di una convenzione contingente (linguaggio, cultura, etc.).



Sgiombo:

Espongo le mie convinzioni dissenzienti, in questo caso senza pretendere di addurre argomentazioni apodittiche in quanto non si tratta di una questione semplice, logicamente risolvibile con un' algoritmo lineare, costituito da qualche passo deduttivo o induttivo e/o da immediatamente chiarissimi dati empirici.
Quelle in fatto di etica, esattamente come quelle in fatto di estetica, o sono semplicistiche intuizioni pregiudiziali scarsamente meditate (di solito proclamate sotto forma di slogan ad effetto tipo "Se Dio é morto tutto é permesso" o "senza religione -o in alternativa meno popolare senza metafisica- non c' é morale"; generalmente senza precisare che si tratta della "propria" religione o metafisica), oppure sono convinzioni che maturano in seguito a molteplici e approfondite osservazioni, letture, riflessioni.
E questo per il fatto, rilevato da David Hume, che dall' "essere" (ontologia: religiosa, metafisica o meno) non é possibile inferire in alcun modo il "dover essere" o il "dover fare", "dover agire" (etica).

Concordo dunque che i valori morali "non hanno un fondamento oggettivo" nel senso che non li si può provare (né logicamente né empiricamente).
Ma dissento dalla considerazione che non sono invece un'illusione [unicamente] nel momento in cui [e per il fatto che] regolamentano nella prassi (e nel diritto) la vita di una società, affermandosi come forma di (pseudo) oggettività concordata e condivisa" attraverso "una convenzione contingente".
Anche se possono essere e di solito di fatto sono convenzionalmente "tradotti in leggi e in altre più informali "regole di condotta condivise", indipendentemente da ciò sono comunque di fatto nelle loro caratteristiche più generali astratte universalmente constatabili universalmente presenti nell' umanità (e in qualche embrionale misura in altre specie animali) come tendenze o potenzialità comportamentali (compreso il comportamento consistente nel valutare il comportamento proprio e altrui; fatto ottimamente spiegabile, comprensibile nel suo naturale realizzarsi dalla scienza naturale della biologia, e in particolare dall' evoluzione delle specie viventi).
Universalmente constatabili tuttavia in quanto "concretamente declinate" e integrate da altre caratteristiche più particolari concrete le quali sono variabili nei diversi contesti sociali, storicamente e geograficamente (fatto ottimamente spiegabile, comprensibile nel suo culturale realizzarsi dalla scienza umana del materialismo storico, e in particolare dalla relazione dialettica fra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione).

L' analogia con l' estetica mi sembra particolarmente illuminante.
Anche che la cupola di Santa Maria del Fiore del Brunelleschi o la Pietà di Michelangelo o il canone di Pachelbel sono dei sommi capolavori nei rispettivi ambiti artistici non lo si può in alcun modo dimostrare, ma nessuno che non sia gravemente psicopatico può non rendersi conto, non avvertire, non godere la loro sublime bellezza, qualsiasi sia la sua cultura di appartenenza; e anche se vi sono sia tantissime altre opere d' arte universalmente apprezzate in maniera "indiscutibile" (sia pure in diversi gradi a seconda delle diverse culture), sia altre "minori" (che spesso vanno a inflazionare l' ormai per me screditatissimo insieme dei "patrimoni dell' umanità UNESCO" accanto anche a vere e proprie indegne "ciofeghe": opere d' arte, sia pure per lo più "minori", messe insieme a "cani e porci"), sia ancor più tante grandemente apprezzate solo nell' ambito di talune culture e molto meno presso tante altre.
#327
Citazione di: Phil il 04 Maggio 2019, 15:57:45 PM
Citazione di: sgiombo il 04 Maggio 2019, 15:25:23 PM
Se le parole con le quali parliamo hanno un senso, gli unici modi che hai per ottenere percezioni localizzate (di ciò che realmente c' é e accade) nella tua testa sono uno specchio e qualcuno che ti scopra chirurgicamente la volta cranica, oppure indirettamente l' imaging diagnostico (o al limite l' elettroencefalogramma o altri più moderni e sofisticati modi di rilevare le attività elettriche cerebrali).
Intendi che quando sento il mal di testa (o, dopo un po' di lavoro "mentale", mi sento mentalmente stanco) e lo localizzo nella testa, mi inganno?
Citazione
Beh, la sensazione di mal di testa é una cosa (che sente come esperienza materiale: proviene dalla stimolazione delle numerose terminazioni sensitive delle meningi), la sensazione di stanchezza un' altra cosa (anzi varie altre cose: stanchezza muscolare o mentale?), la (pretesa, falsa) sensazione dei pensieri nella propria testa una terza cosa.

Con le parole che citi intendo che quando affermi di percepire i tuoi pensieri nel tuo cranio dici che:

o hai un specchio davanti e la calotta cranica asportata e invece di vedere il tuo cervello vedi (o meglio: credi falsamente di vedervi) i tuoi pensieri;

o stai osservando il tuo encefalogramma o più fini rilevazioni della attività elettrica del tuo cervello e invece di vedervi registrazioni di correnti elettriche vedi (o meglio: credi falsamente di vedervi) i tuoi pensieri;

o stai osservando la fRM o la PET del tuo encefalo e invece di vedervi il flusso del sangue e/o il consumo di glucosio e/o di ossigeno nelle varie parti del tuo cervello vedi (o meglio: credi falsamente di vedervi) i tuoi pensieri;

o al limite ti tocchi il cervello (avendo la calotta cranica asportata; pratica decisamente sconsigliabile!) e vi avverti (o meglio: credi falsamente di avvertirvi) sensazioni tattili costituenti (?) i tuoi pensieri.






Citazione di: sgiombo il 04 Maggio 2019, 15:25:23 PM
"Output che resta interno" é una perfetta contraddizione in termini.

Infatti alla frase (o meglio: alla sequenza di caratteri tipografici) "l'output resta interno al sistema che lo elabora / lo vive" non vedo come possa mai attribuirsi un senso.
Provo a spiegarmi con un esempio (restando nel parallelismo): un sensore interno al case rileva che la temperatura del processore inizia a farsi critica (input), quindi (output) aumenta la velocità di rotazione della sua ventola per raffreddarlo. Il tutto accade dentro il case, dentro il "sistema" di cui il video è solo la periferica esterna che ne rende visibile parte del contenuto (il video potrebbe mostrare indicatori per il controllo della temperatura, la velocità delle ventole, avvisi di rischio, etc.).
Giocando ancora metaforicamente con input/output: se leggo una frase (input) il mio cervello le dà un senso, la associa a ricordi, etc. (output) e ciò avviene all'interno del mio sistema cerebrale.
Citazione
Se leggi una frase il tuo cervello semplicemente presenta determinate attività neuronali (principalmente, soprattutto e comunque per lo meno nelle aree visive dell' lobo occipitale e del linguaggio -di Wernicke- del lobo temporale: nessun pensiero sensato, ricordo, ecc. vi accade
Nessun omuncolo vi legge, come sullo schermo di un computer, alcun pensiero linguistico sensato, ricordo, ecc.:  queste cose accadono casomai nell' ambito della tua esperienza cosciente*, e non nel tuo cervello che normalmente (per lo più potenzialmente; o indirettamente) si trova in altre esperienze coscienti** diverse dalla tua* (di osservatori); e comunque é tutt' altra cosa che pensieri sensati, ricordi, ecc.. 
#328
Phil:

Il mio sentire i pensieri nella testa è una percezione localizzata, non un mero atto linguistico non pronunciato ad alta voce. Posso sbagliarmi, tuttavia, fino a prova contraria, mi fido della mia percezione.

Sgiombo:

Se le parole con le quali parliamo hanno un senso, gli unici modi che hai per ottenere percezioni localizzate (di ciò che realmente c' é e accade) nella tua testa sono uno specchio e qualcuno che ti scopra chirurgicamente la volta cranica, oppure indirettamente l' imaging diagnostico (o al limite l' elettroencefalogramma o altri più moderni e sofisticati modi di rilevare le attività elettriche cerebrali).
Non credo proprio che ti sia mai successo e che in tali modi vi abbia scorto i tuoi pensieri.

Che ciò che realmente vi si trova e vi diviene sia costituito dai tuoi pensieri é invece un tuo pensiero (errato, falso: puoi percepirvi, e dunque vi possono essere-accadere, soltanto cose ben diverse come una roba roseogrigiastra molliccia, viscida e gelatinosa, flussi variabili di sangue e consumi variabili di glucosio e ossigeno, correnti elettriche, ecc.: nessun pensiero!).




Phil:

Il parallelismo fra computer (case, in inglese, per essere esatti) e cranio ha senso finché non si mischiano i due piani del paragone; la differenza fra un output a una periferica esterna (computer/video) e un output che resta interno (cervello/cervello) non prevede l'ingerenza di "omuncoli" o simili, ma è proprio ciò che differenzia i due piani del parallelismo e spiegherebbe come mai aprendo il cranio non si vedono i pensieri (l'output resta interno al sistema che lo elabora / lo vive).
La scommessa sulla plausibilità di questo parallelismo è chiaramente mia personale, la scienza seria "gioca" a ben altri "giochi".

Sgiombo:

"Output che resta interno" é una perfetta contraddizione in termini.

Infatti alla frase (o meglio: alla sequenza di caratteri tipografici) "l'output resta interno al sistema che lo elabora / lo vive" non vedo come possa mai attribuirsi un senso.

Tutto ciò che é materiale naturale (e non soprannaturale o trascendente) se é fisicamente alla portata dei nostri organi di senso (magari "potenziati" da strumenti e artifizi più o meno sofisticati) é osservabile (o per o meno indirettamente deducibile da quanto osservato).
Solo cose come le pretese "anime soprannaturali", i "demoni" o gli "dei" non lo sono.

Scoprendo il cranio non vi si vedono i pensieri (e ingenerale i "contenuti coscienti", la coscienza* che esperisce ovvero vive il "titolare" del cervello che unicamente vi si può vedere, per il semplice fatto non ci sono. Vi sono e vi si vedono solo cellule, assoni, potenziali d' azione, ecc. dai quali si può dedurre solo l' esistenza di cellule, membrane, molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.
Infatti non é la coscienza* ad essere nel cervello, come vorrebbe il senso comune, ma invece sono i cervelli ad essere nelle coscienze** (di chi li percepisce, diverse alle coscienze* dei "titolari" dei cervelli stessi).
#329
Sgiombo:

Il problema di come l' immateriale interagisca col materiale é tutto interno a qualsiasi accezione naturalistica (e non soprannaturalistica) del materiale:...

Ipazia:

Fin qui d'accordo. La realtà è perfettamente spiegabile nella sua immanenza, lasciandola al riparo da questioni cui nessuno, e tantomeno le religioni e le filosofie idealistiche, sa dare una risposta incontrovertibile.

Sgiombo:

Ma non é spiegabile dalle filosofie monistiche materialistiche (che non hanno come uniche alternative religioni e filosofie monistiche idealistiche), né da quelle dualistiche interazionistiche (fra le quali -se posso permettermi senza pretese presuntuosamente saccenti l' apprezzamento- mi sembra tu tenda ad oscillare).



Sgiombo:

... o questo diviene unicamente secondo quelle modalità universali e costanti che sono le leggi di natura (immediatamente fisiche o "perfettamente" riducibili alle leggi fisiche), oppure subisce inteferenze non-naturali (che renderebbero impossibile la sua conoscenza scientifica: qualsiasi verifica sperimentale di qualsiasi ipotesi potendo benissimo essere nient' altro che effetto di interferenza soprannaturale, anziché di causazione naturale secondo le leggi fisiche)

Ipazia:

Su questo invece dissento. Noi delle "modalità universali e costanti" sappiamo una piccola parte e continuiamo a scoprirne di nuove. La questione è epistemologica, non ontologica: senza scomodare il sovrannaturale, ci sono emergenze naturali che non siamo in grado di ricondurre a formule chimiche, fisiche o matematiche. Questo accade anche nella parte chiarificata del sapere laddove si è costretti a ricorrere a leggi probabilistiche e statistiche, ad algoritmi, perchè nessuna formula deterministica ci permette di trattare quello specifico fenomeno in tutto il suo spettro fenomenologico.
Apeiron rammentava che deterministico significa data una condizione iniziale poter calcolare con certezza la condizione finale. Molto in natura, inclusa la parte psichica di Ipazia, sfugge a questa definizione. Perfino ad Ipazia stessa che ne ha una vaga conoscenza.

Sgiombo:

Ma é una premessa indispensabile, una conditio sine qua non della conoscenza (conoscibilità) scientifica del mondo fenomenico materiale (indimostrabile: Hume!) il suo divenire ordinato == inderogabilmente secondo inviolabili modalità generali astratte (astraibili dal pensiero scientificamente conoscente) universali e cosanti ("meccanicistiche" o deterministiche "forti" o per lo meno "probabilistiche" ovvero deterministiche-indeterministiche a piacimento "deboli".
Sicuramente non un mutare disordinato o caotico ovvero indeterministico "forte".
Il naturale ignoto, se la conoscenza scientifica é possibile, non può che essere deterministico per lo meno debole, o se si preferisce per lo meno indeterministico debole, senza deroghe (== eventi sopra- o preter- -naturali == miracoli), ovvero integralmente naturale.

Non bisogna confondere determinismo (forte oppure debole == indeterminismo debole) ontologico (cioè proprio della realtà) e indeterminismo (forte oppure debole) gnoseologico o epistemico (cioè proprio della conoscenza che può aversi e in molti casi di fatto si ha della realtà): é questo il caso, fra l' altro della parte psichica di Ipazia (della quale, per l' appunto essa stessa ha una conoscenza vaga, limitata).



Sgiombo:

Pertanto la cultura non può violare la natura (umana ed extraumana) e necessariamente, ineludibilmente diviene conformemente alle inderogabili regole universali e costanti di essa.

Ipazia:

La cui prima regola universale e costante è che ci sono ambiti naturali in cui non c'è nulla di regolare e costante e nel caso ci sia non lo conosciamo (per fortuna, altrimenti i poteri forti che comandano la ricerca avrebbero già vinto prima di scendere in campo). Per cui la tua affermazione non va al di là ad un atto di fede, come opportunamente spiega il tuo Hume. Estendere il campo della regolarità e costanza dei fenomeni è la mission della scienza, e in essa io ripongo la mia fede, ma quando quello che si crede di sapere si fissa in postulati assoluti la fede si converte in ideologia, in ismo.

Sgiombo:

Se ci sono ambiti naturali in cui non c'è nulla di regolare e costante (e non in cui tutto é regolare e costante anche se non ne conosciamo le regolarità e la costanza), i quali non sono assolutamente trascendenti, non comunicanti, ininfluenti rispetto al resto della realtà naturale stessa, allora quest' ultima non é scientificamente conoscibile (muta caoticamente nel suo complesso).

Ma certo che la mia credenza nelle verità scientifiche, esattamente come quella di chiunque altro, é in ultima analisi un atto di fede: infatti, come ci ha insegnato il grande David Hume, le verità scientifiche non sono in alcun modo provabili essere vere (né logicamente, né empiricamente; ma casomai, come "a mo' di corollario a Hume", ci ha insegnato il relativamente piccolo Karl Popper, sono empiricamente provabili essere false).
Il compito (amo la mia meravigliosa lingua italiana!) della scienza non é un' impossibile (divina!) Estensione del campo della regolarità e costanza dei fenomeni, ma invece, una volta assunta indimostrabilmente (con un atto di fede) la regolarità e costanza del divenire dei fenomeni materiali, ottenerne ed estenderne per quanto possibile (limitatamente) la conoscenza delle modalità universali e costanti del suo divenire stesse.
E in questa regolarità e costanza del divenire dei fenomeni materiali noi tutti che crediamo alla scienza riponiamo la nostra fede, ma quando quello che si crede di sapere si fissa in postulati assoluti, acriticamente assunti, la fede si converte in ideologia irrazionalistica.



Sgiombo:

E a sua volta ha prodotto un universo artificiale di oggetti materiali creati dall'evoluzione dell'ingegno umano unicamente in quanto sviluppo creativo ma coerente (non contraddittorio) dell' evoluzione naturale, basato uniocamente su processi fisico-chimico-biologici (al cui interno, in posizione del tutto "paritaria a qualsiasi altro aspetto della materia," troviamo l'ereditarietà genetica).

Ipazia:

fisico-chimico-biologici e ... intellettivi, capaci di intervenire intellettivamente su di essi creando l'artificiale e le regole di convivenza civile. Natura ? Certamente. Ma natura allargata: natura umana.

Volendo farci della metafisica sopra: dialettica uomo-natura. Su cui i Maestri del pensiero hanno detto cose pregevoli che vale sempre la pena di leggere e rileggere, adeguando le loro riflessioni all'etologia umana del proprio tempo.

Sgiombo
:

La natura allargata o sviluppata nella natura umana non si autocontraddice assurdamente, non contraddice assurdamente se stessa in quanto natura tout court o "natura in generale", genericamente intesa; con la quale é in relazioni che possiamo, volendo, anche chiamare "dialettiche" (anche se a me, contrariamente a quei nostri grandi maestri non piace, ritenendola con Sebastiano Timpanaro un residuo di idealismo non rovesciabile in alcun modo in senso razionalistico e naturalistico).
#330
Cose arcinote da decenni (già provate dagli espeimenti del fancese Aspect) e che non falsificano affatto il determinismo ontologico qantistico.