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Messaggi - PhyroSphera

#316
Citazione di: Jacopus il 09 Giugno 2024, 20:49:30 PML'ignoranza è una brutta bestia, che a sua volta può creare bestie ancor più brutte nelle società. Una ad esempio è quella relativa al fatto che omosessualità, femminilità o mascolinità in uomini e/o donne sia una situazione "viziosa", una sorta di fatto contronatura.

Oggi mi sono imbattuto in questo articolo:
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/7477289/

nel quale viene proposta una visione del problema del tutto naturale, ovvero che femminilità e mascolinità sono un continuum, generato a livello somatico da una distinzione relativamente "netta" fra maschio e femmina, ma che a livello neurologico è definita in modo molto meno netto, essendo condizionata dal flusso ormonale che ogni individuo produce e dalla stessa struttura del cervello, o meglio di alcune parti del cervello, che sono deputate proprio alla identificazione di genere. Fatto sta che il genere sessuale morfologico non sempre coincide con quello neurale e questa è una constatazione scientifica, che trova sempre più prove.
A fronte di questa evidenza, però, c'è una vasta parte dell'opinione pubblica che ancora considera lo stato di transessualità come uno situazione da baraccone, una pagliacciata che evidentemente dovrebbe al massimo essere tollerata (un arcobalenata al massimo da esibire in privato e con grande senso di colpa!!). Le evidenze scientifiche invece inducono a promuovere una necessità di prendersi carico di queste situazioni e di fare il possibile affinchè si possa conciliare l'identità di genere con l'identità sessuale morfologica.

Per chi volesse scendere nei particolari, di seguito un articolo molto denso.
https://rep.bioscientifica.com/view/journals/rep/133/2/1330331.xml

L'omosessualità di per sé non è un vizio ma uno stato naturale. Per ciò che attiene alle scelte volontarie, possiamo parlare di eventuali vizi; stando attenti però a non invadere la sfera dei bisogni naturali e di quelli necessari ad essi connessi...

Quando si pensa a una mente o a una mentalità di sesso diverso dal corpo o dalla corporalità si sta proiettando sui dati scientifici una propria fantasia. Molto semplicemente il maschio e la femmina non sono due realtà diametralmente opposte ma la natura di ciascun sesso è di contenere qualcosa di uguale all'altro e in certe circostanze le cose uguali possono aumentare o diminuire, non essendo ciò una rottura dell'equilibrio naturale. In tal senso si può tranquillamente affermare che nel dire di "transessualità" si sta attuando una costruzione subculturale, cioè non completamente culturale ma che è inserita in un quadro culturale. Tale costruzione è dovuta spesso a errori di interpretazione del dato scientifico e purtroppo è accompagnata sovente da fermissime quanto fallaci convinzioni di aver scoperto una realtà per un verso evidente, per un altro nascosta. Per esempio a tali costruttori di fantasie e ai loro accoliti pare del tutto evidente che se un maschio si muove uguale a una femmina o viceversa una femmina uguale a un maschio, allora ci sia qualcosa "dentro" la persona che non corrisponde proprio. Movimenti a parte, ci sono situazioni più forti. Capita perfino che alcuni individui abbiano avuto difficoltà nello sviluppo sessuale, anche a livello fisico, e manifestino meno il proprio sesso; o anche incertezze e oscillazioni nella formazione del sesso e ne abbiano i segni anche fisici... Ma in tal ultimo caso resta sempre solo uno il sesso di cui si è dotati e ciò che pare un mescolamento è invece solo una difficoltà, passata o presente che sia. Il buon lettore si immaginerà quale illusione di certezze avrà chi dedito alle fantasie della "transessualità" o della "intersessualità" a fronte di apparenze non del tutto evidenti! E se per mezzo ci sono gli inganni sociali, la situazione può diventare disperata.
Molto semplicemente, l'idea di valutare un risultato scientifico a prescindere dalla esperienza non è a sua volta scientifica e dipende dalla pretesa di far dire alla scienza ciò che essa proprio non può dire. Quindi tutto deve passare sempre dalla constatazione della dotazione sessuale; e se questa esiste in parte o accanto a difficoltà o incertezze di crescita, bisogna nondimeno attenersi sempre solo ad essa. E' del tutto antiscientifico che una persona dotata, anche solo in minima parte, di attributi maschili, o femminili, venga ritenuta dell'altro sesso. Non è questione di far comandare i fisiologi. La stessa psicologia scientifica si attua nell'accogliere la presenza fisica di chi si sta studiando. La psicologia, e anche la neurologia e la biologia e l'altro restante, si attuano attraverso le manifestazioni fisiche!

Quanto ai link che hai postato:
La medicina usata come strumento di conoscenza del malato, dell'umanità o anche di altro, dà luogo sempre a degli errori, a delle prospettive falsate. Si tratta cioè di un uso improprio che parte da un errore e le cui conclusioni sono tutte inficiate in partenza. La malattia è uno stato, una condizione, non è il soggetto stesso malato; il medico studiando le malattie non comprende i soggetti che studia ma solo le loro condizioni, i loro stati.
La vera medicina non è diffusa come sembrerebbe. Manca spesso distinzione, tra le scienze di cui si avvalgono i medici e le tecniche che con le scienze essi attuano. "Scienza medica" è una espressione che può essere del tutto ambigua perché in realtà la medicina è una prassi di ordine tecnico o tecnica. Può esistere ed esiste una medicina scientifica, a condizione che si abbiano idee chiare su scienza, tecnica e malattia. Una medicina è scientifica non nel senso che le diagnosi del medico sono scienza e che non possono essere sbagliate; e molto semplicemente si può affermare che la medicina, in sé e per sé, non è scienza ma si può avvalere di scienze - difatti ci sono anche altre medicine oltre a quelle scientifiche (filosofiche, artigianali, perfino etniche) e non è solo l'azione scientifica a poter avere successo... anzi la scienza non è una base adatta per tutte le situazioni che si devono affrontare nel mondo.

E' evidente che nell'aver a che fare con la sofferenza di chi desidera essere diverso da ciò che è non bisogna assumere la posizione psicologica del sofferente. Ci sono vere e false testimonianze. Molti che si illudono di persone con doppie appartenenze sessuali, di cui una vera e l'altra falsa, o di altre cose così, lo fanno iniziando col dare ascolto a chi nutre desideri in conflitto con la realtà. La vera psicologia dice di conflitto tra desiderio e realtà, il che tra l'altro è una situazione in cui passa chiunque. Alfred Adler, l'iniziatore della psicologia individuale, mostrava chiaramente che in noi c'è una volontà di potenza, cioè un principio di desiderio che prescinde dalla realtà e che è legato all'Io. La nostra mente è fatta proprio così. Tutti nella vita si trovano almeno una volta a dover gestire un dramma psicologico tra i desideri dell'Io e la realtà del mondo. Soggetto e oggetto cioè non sono per noi umani uniti da un verbo divino e il còmpito di trovarne il giusto nesso a volte può essere molto difficile, indipendentemente da eventuali stati di malattia. Anzi questi sono segnati dal disagio, quindi la persona malata ha un avvertimento, anche nel caso della cosiddetta follia conclamata. I malati, detto alla buona, non sono mai dei veri pazzi e sanno della propria condizione meglio di chiunque altro. Oltretutto il nostro sistema mentale è intrinsecamente tendente all'equilibrio e al riequilibrio. Anche a livello neurologico è stato stabilito questo: il nostro sistema mentale è anche una bussola, la quale non si può guastare perché è l'intero sistema che è fatto così. Ciò corrisponde ai risultati della scienza psicologica: Carl Gustav Jung aveva dimostrato che il Sé alla fine prevale sempre, anche nelle psicosi più gravi; i disturbi cronici non durano mai sempre (lo dice la parola stessa: cronico non significa realmente 'sempre', ma: 'che dura')... E appunto non ci sono solo i disagi dei malati, ci sono anche le mancanze di saggezza, le inaccortezze continue, le insavie. Anche le non accettazioni volontarie, che sono assimilabili a suicidi volontari. E' del tutto assurdo principiare un'impresa in accordo con desideri in conflitto con la realtà, supporre patologie da risolversi con educazioni ad atteggiamenti e comportamenti dell'altro sesso o finanche con cambiamenti artificiali dei corpi. Il fatto è che molti che hanno còmpito ufficiale di interessarsi della questione sono spesso partecipi di desideri irrealizzabili. La cosa non si risolve chiamando "il medico giusto" ma escludendo dal còmpito chi non si attiene alla realtà e diffondendo idee giuste sulla realtà stessa. V'è infatti anche il problema di illusioni sul mondo, non è solo questione di desideri... Ancora una volta: non si tratta, fondamentalmente, di questione di malattia. C'è chi non è stato in grado o non ha voluto sapere tanto del mondo anche umano; chi non sa farsi una idea precisa della natura umana e scambia le fantasie per realtà.

Se non c'è vera capacità di inquadrare la scienza, di distinguerla dalla tecnica, se ci sono desideri in conflitto con la realtà, idee erronee sulla realtà, ecco che non ha senso applicarsi a fare qualcosa. Aggiungo sarcasticamente: nei casi più estremi si potrebbe provare a fare i mendicanti per strada, invece che pubblicare sciocchezze in lingua inglese o in altra lingua su scienza, tecnica, medicina, natura umana, casi umani e del mondo; e stare lontani dalla politica, cosa purtroppo non accaduta.
Sicuramente la filosofia ha un ruolo importante per problemi di questa sorta, inerenti la conoscenza non solo scientifica e la saggezza o sua mancanza; senza escludere con questo l'apporto che può venire dal considerare il lato misterioso della realtà, che è oggetto di religioni e fedi - si sa dopo gli studi di C. G. Jung che le religioni sono un sistema terapeutico non una sublimazione di una follia e si sa anche la funzione favorevole o decisiva nella vita che può essere svolta da una fede... Invece se si affida alla medicina la questione, si resta senza risoluzione (come dicevo, non sono dei malati le vere e proprie follie).


Mauro Pastore
#317
Citazione di: iano il 14 Agosto 2024, 21:59:05 PMUn saggio proverbio genovese dice che, nell'acqua che non si vuole bere ci si annega, e le illusioni sorseggiate il giusto, hanno un buon sapore per me.
La ''vera illusione'' è che la realtà possa presentarsi a noi diversamente che come illusione, che perciò è da rivalutare a mio parere e santificare come il pane quotidiano, perchè nella misura in cui le illusioni non sono gratuite esse stanno di fatto al posto della realtà, e nella misura in cui lo sono possiamo sempre verificare se vi possano stare.
Perchè ciò possa avere un senso però queste illusioni devono essere condivise, perchè nel mondo che esse rappresentano è essenziale viverci insieme. Ciò è già avvenuto se è vero che aprendo gli occhi condividiamo la stessa illusione di realtà, e attraverso la scienza ciò può ancora avvenire rinnovandosi le nostre illusioni da condividere. Che senso ha invece credere a un solo Dio, che però è diverso per ognuno?

Tornado al tema del discorso, la sensazione di libero arbitrio esiste in quanto tale, ma ciò che conta è ciò che la genera, cioè la realtà che questa sensazione ha intercettato.
Senza fare voli pindarici il libero arbitrio è ciò che ci distingue dalla materia, per cui, seppur soggetti alle leggi naturali, non perciò le nostre scelte sono prevedibili, al punto che io non posso prevedere quali decisioni prenderò. a meno che non scelga di non scegliere, obbedendo a presunte leggi divine, come la materia obbedisce a quelle naturali.

Abbiamo tutti un debole verso i mezzi di comunicazione, per cui essi diventano oracoli, e le religioni monoteistiche si riduco ad idolatrare un libro in particolare, monoteistiche perchè unico è il libro, ed ecco cosa intendo dire che nell'acqua che non si vuole bere ci si annega, se quel libro ti insegna invece a fuggire gli idoli.
Chi può negare che nei libri ci si può immedesimare fino credere di viverci dentro?
Questo in se non è male , perchè è nella nostra natura immedesimarci in un racconto fino a credere di viverci dentro.
Il male è non considerare che il libro non è uno, ma tanti, e ad ogni lettura un Demone diverso si impossessa di noi e dentro a quel libro ci conduce a vivere in una esperienza che può essere illuminante fino a lasciarci abbagliati.
Allora se un libro devo scegliere, scelgo ''la storia infinita'', e ognuno potrà scegliere il suo, secondo il suo arbitrio, essendocene tanti.
La Bibbia è un tomo fatto di tanti libri... Umorismo a parte, io non stavo pensando a dei libri quando vi dicevo di rapportare il vostro pensiero a un oggetto appropriato. Si sente da parte tua una abitudine alle convenzioni.
Tu dici le illusioni, anche Leopardi ne diceva. Se la voglia di sapere di un uomo è eccessiva, gli restano le illusioni, oppure queste sono i sogni che ci fanno conoscere la realtà. Ma nella vita ci sono tante cose e il rapporto con l'Assoluto pure può essere vario.

Sicuramente il tuo ragionamento sullo scegliere di non scegliere e le leggi divine è corretto. Quello che va aggiunto ad esso, come tentavo di far comprendere con un mio messaggio di un po' di tempo fa', è il rapporto col lato negativo del mondo. In tal caso ci troviamo nella situazione opposta: non dobbiamo abbandonarci, come si fa invece con la realtà di Dio. Ciò significa quindi una limitazione dell'arbitrio, perché comunque non possiamo fare tutto ciò che vogliamo. L'arbitrio è da considerarsi libero solo nella misura in cui non lo consideriamo in rapporto con la Realtà Ultima o l'imprevedibilità del negativo. Difatti l'universo è infinito. Certo non in senso assoluto come Dio, ma pur sempre una infinità che a fronte delle nostre capacità costituisce una limitazione... E dato che nel mondo esistono gli imprevisti non solo positivi, ecco che dobbiamo tener conto di questo. Infatti, dicevo in quel precedente messaggio, anche durante i processi si dovrebbe valutare i limiti del nostro arbitrio. Lo si dica in termini cattolici, evangelici, ortodossi, o orientali, la sostanza non cambia. Nel caso del negativo il nostro limite si esprime nella necessità di doversi rifiutare a farsi travolgere dalle evenienze. Cioè: in tal caso siamo del tutto responsabili dell'abbandono al negativo, poi non possiamo capire in quali guai ci siamo messi, potendone uscire solo ricorrendo al principio assoluto (Dio, appunto). Rispetto all'Assoluto, all'Eternità, abbiamo il limite opposto: non ha senso guardarsi da Dio, non significa niente provare ad evitarne le azioni. Invece con le insidie del mondo è necessario il rifiuto.
Dicevo in quel messaggio, del fatto che dai tempi di Lutero ad oggi le legislazioni degli Stati europei e di molti altri Stati sono cambiate, indipendentemente dalla accettazione o non accettazione della Riforma. Ma restano situazioni da correggere. Spesso non si vuol capire dei casi dei criminali la differenza tra l'abbandono volontario al negativo e l'incomprensione che ciò crea in loro stessi. Non si tratta ovviamente di non potersi fermare o non più fermare dal delitto, ma del fatto di non capire il potere del negativo cui ci si è abbandonati. Penso che negli USA non riescano ad abolire la pena di morte perché in un modo o nell'altro c'è qualcuno che non vuol badare a questi principi.


Mauro Pastore
#318
Citazione di: iano il 14 Agosto 2024, 17:48:07 PMPer quanto delicatezza io voglia usare nei tuoi confronti, avendo compreso  quale brava persona stia dietro il tuo nickname, sarebbe però anche giunto il momento di farti notare il modo impreciso che hai nell'esprimerti (vedi postato), ciò che non sarebbe in se una colpa, se non fosse che facendo leva su questa logica inesistente, tu vorresti convertirci ai tuoi punti fermi da assumere giornalmente contro l'ansia del vivere.
Io impreciso? Voi invece sezionate i discorsi e non intendete chi non si è fatto travolgere dalle vostre stesse illusioni.
Io vi faccio presente che i vostri irrigidimenti e i vostri rifiuti ad aprire un nuovo orizzonte conoscitivo pur interessandovi agli oggetti contenuti in esso sarebbero adatti a una vita di fede, non a valutare la scienza di Heisenberg. Non è questo mio un atto di proselitismo.
Insomma metteteci un po' di buona volontà nel leggere i miei messaggi.

Mauro Pastore
#319
La distinzione tra naturale e soprannaturale non fa più presa come un tempo. L'affermazione dell'uomo quale essere culturale è usata, anzi direi abusata, per negare l'altra dell'uomo quale essere naturale. Entrambe in realtà sono vere, così come è vera la distinzione tra fedi monoteiste, che fanno riferimento a un evento soprannaturale, e fedi politeiste, che si riferiscono ai misteri presenti dietro gli eventi naturali.
Al suo apparire la filosofia di Spinoza suscitò alcune reazioni indignate e non mancarono le violenze. Il potere rabbinico maledisse ufficialmente il filosofo portoghese, colpendo nell'anatema anche i suoi bisogni primari. Lo si riteneva colpevole. In definitiva però il Deus sive Natura di Baruch Spinoza non costituisce un attacco contro le dottrine monoteiste, che nel considerare il soprannaturale devono pur sempre includere il pensiero della naturalità. Il primo significato della parola latina 'sive' è: 'o se': Deus sive Natura sta a significare una proposta: se noi pensassimo Dio quale la natura stessa, la natura assoluta? Se facessimo questa ipotesi, ci accorgeremmo che dire Dio significa dire Natura! Questo indignò intelletti poco inclini all'acume, pensando costoro che così si stava confondendo Dio e mondo. Altri, che pure nutrivano la stessa incomprensione, invece ne apprezzarono perché ciò avrebbe permesso loro di divinizzare un'altra volta (o forse per la prima volta) le cose; altri ancora salutarono una grande liberazione, pensando che siffatta filosofia riducesse e finalmente facesse scomparire Dio nelle leggi naturali.

In definitiva la Natura cui inoltrava il filosofo portoghese non è quella cosmica, ma quella che è dietro all'ordine cosmico, dalla quale questo discende; e ciò non serve a smentire le fedi monoteiste, ebraismo compreso. Certo in tal modo si riporta il discorso alla essenza di Dio, oggetto principale dei culti pagani nonché politeisti; ma la stessa essenza è oggetto di necessaria meditazione per i credenti nell'unico Dio, pur non assurgendo a riflessione centrale.
La storia del pensiero teologico ebraico e giudaico fu segnata nel Medio Evo dalla nascita di un immanentismo, nella dottrina celebre della Cabala. Questa aboliva l'antagonismo con il pensiero degli dèi: essi sono in ogni cosa, la realtà è piena di dèi. L'universo è il corpo di Dio, Dio lo ha creato con sé stesso, non dal nulla. La storia antica degli ebrei li vede protagonisti di un conflitto coi pagani intorno; la religione ebraica visse della separazione e del giudizio nei loro confronti quando non nello scontro. L'ebraismo ha una concezione rigida dell'unità di Dio: i suoi fedeli non rivolgono niente delle proprie preghiere alla divinità di Dio. La Cabala invitava loro, anzi metteva loro a fronte di una nuova prassi: escludere dal proprio culto il Divino, ma non dalle proprie conoscenze o perlomeno non dalla propria cultura. Terminare il grave dissidio col mondo pagano, trasformare l'antagonismo in semplice alternativa o concorrenza: questo nuovo orizzonte non solo intellettuale veniva fermamente rifiutato dal potere sacerdotale prevalente tra giudei ed ebrei, dal Medio Evo alla Modernità.
Spinoza portava nella filosofia occidentale l'immanentismo della Cabala ebraica, dopo che nei suoi Dialoghi italiani Giordano Bruno aveva temerariamente detto di materia materiante a proposito di Dio Creatore. Non si trattava di un linguaggio fissato, di una terminologia, ed infatti la filosofia europea ne recepiva quale Dio Sostanza. Entro questo quadro, oltre che nei nuovi esiti del pensiero mistico e teologico ebraico, va collocata la filosofia di Spinoza. Questi appuntava la sua attenzione sull'aspetto immanente di Dio, sulla base naturale della realtà, dopo che Bruno aveva inoltrato alla trascendenza-immanenza di Dio attraverso il pensiero neoplatonico. Non si affermava metafisicamente ma eticamente: si dimostrava (geometricamente) la necessità di dovere includere, nella considerazione del reale e della stessa natura del mondo, il riferimento a Dio. Lungi dall'essere affermazione o proponimento di ateismo, si faceva valere il teismo anche nelle questioni naturali. Molti intendevano tutto al contrario.

Un'altra grande difficoltà interveniva nella vicenda della accoglienza della Etica spinoziana: era già presente in quegli anni una forte tendenza a concepire la Causa dell'universo in termini meccanici. Le fantasie a riguardo erano già degli antichi, alle prese col deus ex machina e le decadenze dei miti e dei culti nel tardo Impero Romano. Evidentemente, coloro che si sentivano a torto imprigionati nelle spire della etica geometricamente dimostrata concepivano la Causa in maniera arbitraria e per nulla necessaria. Causa come si direbbe in un tribunale, dove i coinvolti e parte in essa continuano ad essere liberi, o come si direbbe alle prese con le nuove mappe non statiche del sistema solare, le quali mettevano in scena un meccanismo celeste rigidamente definito (i pianeti venivano mossi o se ne indicava con frecce il movimento attorno al sole)? Chi propendeva per l'ultima visione, non riusciva a trovare in tale Etica niente di accettabile. Eppure il determinismo contenuto in essa è così estremo che per converso non risulterebbe filosoficamente possibile concepire detta Causa totalizzante! Insomma la questione dipendeva dalle differenti premesse culturali, o subculturali, di cui ci si avvaleva leggendo tale Opera. Questa poteva esser vista anche trascendendo i limiti coi quali il suo stesso autore la interpretava; ma non erano questi ad essere tragici, piuttosto quelli dei suoi persecutori e falsi intenditori. Difatti la questione non riguarda la critica filosofica nonché letteraria, ma l'ignoranza e l'avversione ingiustificate.

I lettori atei dell'Etica spinoziana nel corso degli anni ne tradivano del tutto scopi e contenuti e resero reali gli incubi dei rabbini ortodossi alle prese col famigerato libro del filosofo portoghese Spinoza. Davvero nacque il pregiudizio di un mondo esclusivamente naturale ove tutto sarebbe fatale e già determinato senza alcuna vera libertà per nessuno neppure per Dio. Ma maledire il suo autore - che in realtà aveva scritto altro - accompagnargli i pasti, le bevande, il sonno e il resto con una minaccia adatta a suscitare i criminali comuni che vagavano per strada in cerca di delitti, non aiutò la cultura europea a capire il da farsi. Il marxismo interpretò l'incubo dei falsi interpreti come una sconsolata ma necessaria accettazione della realtà... E così il dramma culturale e filosofico si protrasse fino ai nostri giorni, pur senza aver prevalso e prevalere. Una presenza che non è cosa da poco.

(Avevo intenzione di un messaggio assai breve, ma l'argomento e la passione non me lo ha consentito.)


Mauro Pastore
#320
Citazione di: Il_Dubbio il 09 Agosto 2024, 10:44:39 AMSolitamente la scienza fa delle previsioni. La m.q. fa delle previsioni su una globabilità di osservazioni. Nulla può dire sul singolo evento (cioè non può prevederne il risultato). Quindi la m.q. è una scienza "statistica", dove le probabilità date sono verificate dagli esperimenti svolti in un gran numero di osservazioni.
Se io lancio un sistema sapendo che avrebbe due sole direzioni probabilisticamente uguali, cioè 50% destra o 50% sinistra, è poco interessante conoscere la direzione di un singolo sistema. Mentre se lanci un gran numero di sistemi noterai che si distribuiranno con una precisione molto interessante piu o meno 50% a destra e 50% a sinistra.
Non ha senso fare come voi, che anziché prendere le informazioni necessarie valutate la scienza direttamente con delle idee e ripetete sempre la stessa cosa. In definitiva le beghe tra gli scienziati vi hanno dato alla testa, dico cioè dei contrasti dovuti a invasioni di campo tra colleghi; ma il vostro è anche lo sfondo di queste beghe, lo sfondo subculturale. In parte siete vittime di voi stessi. Su Heisenberg e il Principio di Indeterminazione come si fa? Se si ha un'idea sbagliata sulla realtà, se si attribuisce all'eziologia (il pensiero delle cause) un ruolo nell'ordine cosmico che essa non ha, non c'è rimedio: non si potrà mai accedere alla scienza di Heisenberg.
Voi scrivete su un forum di filosofia senza profittarne: è infatti la filosofia che è adatta a vincere prevenzioni e pregiudizi. Certi irrigidimenti ideologici si vincono decidendo di porsi in discussione: la filosofia, l'amore per la sapienza, insegna innanzitutto a mettersi di fronte alla realtà in una disposizione diversa da quella di chi dà tutto per scontato. Questa diposizione ha i suoi pregi ma anche i suoi possibili difetti. Il caso limite del dubbio iperbolico mostra chiaramente che l'apertura mentale della filosofia non è esente da eventuali rischi, perché senza riferimenti il pensiero non è al sicuro. Ma se c'è un'ansia di sicurezza questa va risolta col volgersi al mondo della fede, dico di una vera fede il cui oggetto cioè è proprio quello adatto. Se insomma avete bisogno di punti fermi, andatevi a trovare una religione adatta e nel frattempo lasciate in pace la scienza. Poi riprovate con la filosofia invece di elucubrare inutilmente.

Mauro Pastore
#321
Citazione di: iano il 07 Agosto 2024, 22:08:12 PMSe non entra per mezzo di Dio, i credenti intolleranti si rassegnino.
Uno pari, palla al centro.

Io non ho bisogno di questo consiglio.

Mauro Pastore
#322
Citazione di: Il_Dubbio il 08 Agosto 2024, 23:27:58 PMLa probabilità di ottenere un risultato (un valore), non la probabilità che l'oggetto sia in possesso di quel valore prima di ottenere il risultato. Facendo lo stesso esperimento, avendo sempre le stesse probabilità, per un gran numero di oggetti, si ottengono dei risultati che si avvicinano alle probabilità date per ogni singolo oggetto (quantistico). Altrimenti la m.q. sarebbe gia fallita e quindi falsificata.
Cioè se un fotone avesse il 50% di essere polarizzato verticalmente e 50% di essere polarizzato orrizontalmente, spedendo contro il polarizzatore posizionato verticalmente ci aspettiamo di ottenere il 50% degli oggetti quantistici passati da un polarizzatore verticale. Non il 70% o 80%.

Senza prenderlo alla lettera, ma solo per capire dove si può andare a parare, se la Luna fosse fatta solo di particelle quantistiche e tu avessi in mano una tabella con l'indicazione della probabilità che quegli elettroni hanno di stare vicino alla posizione dove sta la Luna, vedresti che la tabella ti fornisce una probabilità molto ampia che sia in quella zona, anche se è diversa dallo zero la probabilità che ogni elettrone siano da un'altra parte dell'universo. Ma quello che vedi è la Luna, perchè la piccola parte di probabilità che non sia li quando la si osserva è cosi bassa che è praticamente impossibile non osservarla li. E' la somma delle probabilità che alla fine da il risultato tangibile. Poco interessa se uno o due elettroni di quella Luna non siano li per davvero.

La scienza statistica e la scienza fisica sono due scienze separate. Così pure scienza matematica e scienza fisica e scienza statistica, tre scienze separate. I fisici usano statistiche, ma non è la statistica il loro oggetto di studio, così come usano calcoli che non sono i loro oggetti di studio. Tu riduci la fisica quantistica a una calcolo di statistiche e finisci col non capirci più niente.
Nella discussione sul libero arbitrio si prende in considerazione la non-necessità della materia, affermata attraverso il Principio di Indeterminazione? Allora bisogna una buona volta capirlo questo principio, senza fingere che si tratta di illusione di ignoranti che non comprendono i fenomeni che ci sono dietro. Un fenomeno avanti a un altro fenomeno manifesta pur sempre qualcosa col proprio senso. Il determinismo meccanicista è finito con la scoperta di Heisenberg ma non è mai appartenuto alla vera filosofia. Semplicemente se c'è una determinazione superiore, questa non è meccanica ed è inutile fingere; e bisogna ammettere che si tratterebbe di una determinazione metafisica.
Non si può stare con due piedi in una sola scarpa. 

I pregiudizi a volte impediscono di accedere alla cultura scientifica e gli stessi scienziati con le discipline dei colleghi a volte hanno pregiudizi. Ma se si fa davvero filosofia i pregiudizi bisogna metterli da parte, oppure niente filosofia.


Mauro Pastore
#323
Citazione di: iano il 09 Agosto 2024, 07:20:09 AMUna misura in fisica non è mai un numero solo, ma un numero accompagnato dalla stima dell'errore di misura, errore che , per quanto migliori la bontà degli strumenti di misura ci sarà sempre.
Quindi la fisica aveva a che fare con una distribuzione probabilistica ancor prima della meccanica quantistica, laddove l'errore di misura è una indeterminazione di fatto, relativa alla strumentazione di misura.
Con la meccanica quantistica invece non abbiamo una indeterminazione di fatto, ma una  indeterminazione assoluta.
Questo per dire che, se una indeterminazione di fatto non ha impedito alla scienza di andare avanti, neanche una indeterminazione assoluta glielo impedirà.
Perchè ciò non sia un impedimento è però necessario conoscere, cioè determinare, questa ideterminazione.


Tu hai dato questa risposta riguardo alla menzione della probabilità, che io facevo. Non devi confondere probabilismo e indeterminismo, probabilità e indeterminazione.
Inoltre la scienza non dà luogo ad affermazioni assolute. Non si tratta di pensare alla relatività spaziotemporale, ma alla relatività che conoscono i filosofi, che è un'altra. Ebbene, la scienza non ha a disposizione nessun assoluto.

Mauro Pastore
#324
Citazione di: iano il 20 Luglio 2024, 15:48:59 PM@PhyroSphera
Ammetto che questa tua profonda religiosità mi era sfuggita, mentre notavo solo una avversione alla scienza corrente, in favore della vera scienza, che adesso capisco  intendevi essere solo quella che da Dio discende.

Però tutto quello che da Dio discende dovrebbe essere postato nella sezione spirituale del forum, onde evitare fraintendimenti.

Personalmente temo tutti quelli che credono nel diavolo, perchè penso che potrebbero vedere in me il diavolo.
E allora mi chiedo, cosa potrebbe succedermi, se mi scambiassero per il diavolo che ha preso le mie sembianze?
Nel caso succedesse che tu vedessi in me il diavolo penso però non succederebbe niente, data la tua natura pacifica e la tua buona educazione che traspare dai tuoi post sul forum.
Infatti il massimo dell'offesa per te è dire bonariamente che siamo tutti dei disastri, e a me questa cosa mi fa pure tenerezza.
Se tutti quelli che credono nel diavolo fossero come te, ci metterei la firma.
La storia però ci ammonisce diversamente.
Essa infatti ci dice che se il diavolo esiste, allora ha preso spesso le sembianze di chi lo combatte.

Secondo me sbagli a cercare motivi nella scienza corrente che possano promuovere indirettamente nel bene e nel male la scienza che da Dio discende, come se questa ne avesse bisogno.




Io non ho fatto la confusione tra vari piani scientifici che tu dici.
Soprattutto: non si può pretendere che la filosofia discuta settorialmente, come se fosse una disciplina tecnica. Se entra per mezzo Dio, gli atei intolleranti si rassegnino.

Mauro Pastore
#325
Quelli che fanno le AI perlopiù utilizzano testi senza chiedere permessi o dichiararlo; quelli che ne usano idem. Purtroppo.

Mauro Pastore
#326
Non ho letto tutte le risposte al tema, solo i primi messaggi e qualcuno alla fine.
Forse il mio contributo può essere utile.

Se noi diciamo della vicenda di Gesù di Nazareth, non lo facciamo secondo fonti storiche primarie. Bisogna rassegnarsi a una forma di intuizione che mette in campo dei pensieri diversi. Non è detto che bisogni credere, ma perlomeno interessarsi con serietà alla realtà della religione. Orbene su questo piano possono essere fatte delle osservazioni, ammesso però che i racconti biblici fossero ritenuti attendibili, anche se non per via diretta (come detto).
Secondo questi racconti, Gesù di Nazareth, ovvero Yeshua, era un ebreo e maestro in rotta di collisione col potere religioso a Gerusalemme, per quanto non si trattasse di vera e propria religione costituita. Il potere politico era gestito dai romani, sopraggiunti con la crisi dell'ellenismo. Secondo alcuni Yeshua era ancor più contro i romani, secondo altri invece non gli era contro. Il "date a Cesare quel che è di Cesare" è dai cattolici romani e altri cristiani che si basano sulla idea di Roma generalmente interpretato come un riconoscimento di potere sul mondo oltre che una distinzione tra potere religioso e politico... Anziché affidare alla faziosità la comprensione, io mi concentrerei sul racconto biblico provando a capire se possa ricevere un credito nonostante non sia fonte primaria...
E allora ci troveremmo di fronte alla vicenda di un potente romano che ritiene il maestro e agitatore ebreo Yeshua innocente secondo le leggi romane ma queste stesse leggi imponevano che bisognava lasciare i coinvolti risolvere da soli le loro questioni religiose. Ciò accadeva per via dello statuto del potere romano su quei luoghi, che prevedeva il rispetto per l'autodeterminazione del popolo.
Si può aggiungere che Pilato non trovò Gesù solidale con gli scopi di Roma. "Il mio regno non è di questo mondo": questa frase dell'imputato indicava una mondanità da parte di Roma cui lo stesso maestro ebreo non era solidale. Da qui, secondo me, il mancato soccorso all'uomo in disgrazia.

Che dire? Che in questo episodio si manifestava un grande vuoto da parte di Roma Imperiale, ma non una ostilità.
La ostilità delle autorità religiose verso Gesù dipendevano invece dal formalismo cui esse si attenevano. Secondo il maestro Yeshua forme e contenuti non coincidevano più e avevano coinciso solo provvisoriamente. Ad esempio la vendetta era pensabile solo come limitazione della faida, a motivo delle colpe di entrambi le parti in causa, ebrei e pagani; e ciò non doveva essere protratto indefinitamente. A ben vedere, queste idee non sono abbastanza caratterizzate per essere cristiane e infatti si ritrovano anche nell'ebraismo. Dunque non bisogna intendere la crocifissione di Gesù come una condanna per l'ebraismo. Stando allo stesso racconto biblico, alcuni poteri religiosi erano finiti fuori tempo massimo e fuori opportunità...

Parallelamente a questo, la funzione di segno svolta da Gesù, segno per i futuri cristiani, senza che egli volesse appartenere al loro movimento.
Riguardo alla santità di Yeshua, secondo il pensiero cristiano: egli viveva nella presenza di Dio (Incarnazione) e quindi non poteva peccare ma non era dunque differente dagli altri. La teologia mostra che Dio si fa carico così del peccato dell'uomo, espiando Egli stesso, Dio... E che dire dell'uomo che ne era unito? Il racconto evangelico è semplice: Yeshua, Gesù di Nazareth, fu tradito, cercò di evitare il caso cattivo, ma non gli fu possibile; fu nella morte ma risuscitato, cosa che oggi diremmo: sopravvisse. Ancora ci giunge in soccorso la dottrina: nell'uomo-Dio, Gesù Cristo, ci sono volontà separate e nature distinte, umane e divine... Dunque il caso umano va trattato con tutte le incognite dei casi umani. Inutile costruire ragioni complicate e porre in causa la fede senza conoscere i dogmi. Il lato umano della vicenda segna una sventura, non la necessità di passare in una tragedia. Dio poteva incarnarsi e vivere i limiti umani anche in chi non sarebbe finito in tanta disavventura... Ed ebreo era oltre che Giuda anche Gesù... C'è dunque una questione che non sussiste proprio. Bisogna mettere in causa la dottrina perché molti mentre valutano la possibile storia tirano fuori la teoria assurda del deicidio... Dio, eterno, non può morire...

Tornando alla storia, resta tutto quello che si può capire una narrazione interna. Sappiamo dell'Impero Romano, degli ebrei e giudei, ma molto poco di quel periodo e caso... Perciò la raccomandazione è questa: non illudersi che tutto il passato debba essere conosciuto secondo la storiografia scientifica o secondo racconti storici diretti. Abbiamo a che fare, quale fonte, con un libro sacro, e con vari scritti, apocrifi, non canonici, che sostanzialmente non aggiungono nulla di decisivo. Allora, che fare? Esplorare la dimensione religiosa (o perché no, spirituale!) senza temere di perdere l'intelletto, oppure abbandonare le armi, interessarsi ad altro.


Mauro Pastore
#327
Citazione di: Il_Dubbio il 21 Maggio 2024, 23:07:57 PMAllora senza che ciò che dico sia preso per forza per vero, una risposta io me la sono data.
Il puro caso (quello ontologico) funziona anzi è addirittura necessario perchè è l'unico modo che la natura avrebbe per rispettare le probabilità date.
Ti faccio un esempio intuitivo. Io scappo da un leone che mi rincorre, ad un certo punto io so gia che ho tre possibilità di continuare a scappare, vado dritto ma c'è un burrone e muoio, giro a sinistra ma è un'altra strada lunga senza uscita (prima o poi il leone mi prende) giro a destra dove c'è un casolare, entro chiudo la porta e sono salvo.

Vista da fuori io avrei tre possibilità di scappare, ovvero asetticamente tre valori possibili.
Se ragioniamo secondo un criterio deterministico e logico tutti gireranno a destra verso il casolare.
La m.q. non ragiona in questi termini. La m.q. ti da delle probabilità (facendo una operazione matematica) che un valore venga misurato. Ammettiamo di avere appunto tre possibilità. Se le probabilità sono del 33% per ciascuna opzione, allora l'individuo che arriva al bivio non è determinato da nulla se no dal fatto che ha il 33% di probabilità di scegliere una delle tre opzioni. E' quindi proprio il fatto che non sono determinati da nulla di piu che dalle probabilità concesse, che ci permette di misurare, dopo tanti esperimenti, che quelle probabilità sono rispettate (proprio come affermano gli esperimenti di m.q.). 
Quindi il caso ontologico serve eccome, altrimenti non si comprenderebbe come mai proprio quelle probabilità e non altre, vengano rispettate.
La probabilità nella meccanica quantistica non definisce nulla di decisivo. C'è un àmbito di probabilità che è ristretto. Si può stabilire cioè una probabilità circa la posizione di un elettrone, al contempo si possono stabilire delle zone di presenza, senza ricorrere alla probabilità né alla statistica. Tuttavia non è determinata né determinabile, a causa del funzionamento materiale stesso (!), quale delle zone. Non si tratta quindi di essere a un trivio e di sapere percentuali di probabilità. Restando all'esempio, si tratterebbe di capire che non si può sapere quale strada la materia imboccherà, ma si ha a disposizione una mappa, mentre le percorrenze particolari in ciascuna strada, le modalità, possono essere definite secondo calcoli probabilistici. Questi dunque hanno un 'range' e non dipende da essi il calcolo, per così dire, della struttura materiale.

Mauro Pastore
#328
Io mi domandai spesso se mai si potesse assolvere Nietzsche dall'aver fatto un torto troppo grande ai cristiani con la sua terribile maledizione de L'Anticristo. Se nelle Sacre Scritture cristiane si racconta di Dio che mandò il diavolo da Giobbe, uomo giusto e soddisfatto, perché ne fosse messo alla prova, che dirne di F. W. Nietzsche e del suo libello contro il movimento cristiano? Concludere che Nietzsche fosse un falso maestro, o solo un oppositore che Dio stesso si era voluto procurare, dato che tanti troppi cristiani avevano davvero ricercato debolezza e insanità, più per gli altri che per sé, e allora avevano bisogno di subire una contrarietà e una smentita?
L'autore del libello lo presentava come un lavoro forse destinato solo ai prossimi venturi, pochissimi in ogni caso. Concludeva con l'appello alla trasvalutazione di tutti i valori, non senza aver ritenuto di aver emesso un giudizio eterno contro il Cristianesimo, colpevole di aver invertito il senso della storia. Non si può evitare di scorgere nel suo pensiero uno spostamento di significati. Mentre il Cristo è ciò che l'uomo non può realizzare da sé, una azione che spetta a Dio, perché ci sono degli eventi in cui è Lui che deve fare, non l'uomo, F. W. Nietzsche invece lo aveva scambiato per un rimedio mondano, senza pensare a quell'oltre che ne dava senso... Ma come replicare senza appurare quale fosse il fenomeno reale, effettivo, che si era parato innanzi al filologo e filosofo tedesco?
Goethe aveva decenni addietro affermato di non aver mai trovato qualcuno che gli spiegasse in cosa consistesse il cristianesimo. Penso che Schopenhauer non si fosse mai imbattuto in una preghiera cristiana ispirata; e Marx aveva conosciuto solo l'uso della religione cristiana per tenere a bada masse di diseredati. Che dire di Nietzsche?
Figlio di un pastore protestante e restato da presto orfano, aveva fatto esperienza della assurda passione per morte e debolezza diffusa tra gli ambienti cristiani, del moralismo giunto al suo estremo intollerabile. Io pensai che forse suo padre avrebbe voluto organizzare un grande congedo, quel che si dice volgarmente "mandare al diavolo". Come disse Paolo in una sua lettera (compresa nel cànone biblico) a proposito di un incestuoso: "questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore" (1Cor 5,5). Come Dio chiama il singolo a stargli davanti nella fede, così lo può ripudiare. Pensai che Nietzsche, incapace di questo còmpito, fosse stato costretto a una maledizione senza poter neppure capire chi veramente stava colpendo e cosa invece ne doveva rimanere fuori; semplicemente perché si era scontrato coi soli fraintendimenti. Per restare all'esempio biblico che ho fatto: l'espressione 'rovina della carne' non significa decadimento del corpo. Molti imputano a Paolo un dualismo che considera il corpo una cosa vile cui non badare tanto, ma nelle sue Lettere (comprese nella Bibbia) il linguaggio è adoperato diversamente: carne serve a indicare la condizione alienata del corpo quando si rifiuta Dio, concentrandosi solo sulla propria finitezza e non potendo vivere felicemente neppure la fisicità... Per questo quella 'rovina' è il portare alle estreme conseguenze questa alienazione fino a riaprirsi all'Infinito. Non cioè la strategia repressiva, tanto rimproverata ai cristiani, non il terrore cieco per il negativo come se questo fosse direttamente il male...
Nietzsche non riuscì ad accedere al vero contenuto della dottrina cristiana. Neanche con Socrate, Platone e il neoplatonismo arrivò a una comprensione. Così si può descrivere il dualismo platonico: chi vuole ottenere la saggezza deve volgersi alla realtà dell'anima e dello spirito, non cercarla nel proprio corpo e nella materia, che in questa ricerca gli sarebbero prigione e morte. Ciò significa che non si tratta di dualismo ontologico. F. W. Nietzsche pensò invece che il cristianesimo fosse un platonismo per il popolo ed entrambi una caduta verso la debolezza, una voluttà di morte, in particolare la fede cristiana aberrante e vile.
Che dire? Quale scrittore anticristiano, Nietzsche fu un falso maestro. Cos'altro si potrebbe pensare a fronte delle nefandezze uscite dalla sua penna contro la fede e religione di Cristo? Quale intellettuale, era uno che mancava non dico di conoscenze, ma proprio delle informazioni giuste. Per colpa, responsabilità? Si racconta che fosse un uomo sensibilissimo, assai isolato in società, alla fine avversato anche dall'unica persona rimastagli, sua sorella, che venuto lui meno si piccava di organizzare i suoi appunti su La volontà di potenza senza intenderne per davvero. Giudizi a parte, Nietzsche davvero non aveva capito in che cosa consistesse la fede in Cristo.
Resta il disastro di quella maledizione, e resta pure l'ingenuità dell'appello alla vitalità e alla forza. Non metto in dubbio: se ci sono tante religioni un motivo c'è e non esiste solo la necessità cristiana; il suo appello a una religiosità aristocratica, a un nuovo paganesimo, aveva un senso; la spiritualità del Così parlò Zarathustra è altissima e ha dato tanto e tanto potrà dare; ma è vero pure che gli eventi del XX° Secolo non hanno mostrato solo la fallacia dell'indirizzo marxista per le masse ma anche la insufficienza dell'ispirazione nietzschiana per coloro che avevano un potere sulle masse. Stalin da una parte, ma pure Mussolini e Hitler dall'altra.

Mauro Pastore
#329
Qual è il destino della convivenza culturale e religiosa nella società occidentale? Si legga la notizia al link seguente:

https://www.ansa.it/olimpiadi_2024/notizie/2024/07/28/parigi-2024-le-scuse-dellorganizzazione-dopo-le-polemiche-per-la-cerimonia-dapertura_c1685c16-1fcf-4b50-a068-30ae2bd8d286.html?_gl=1*b235zy*_ga*d29rYklucl9QN3c1LWhVTFBEQjVweGxENVpYU2VGRVRMWTVDNEM5c3JIVmhvV2JTMXdWb1Q3V0Zia2JtSkFHcw..*_ga_49RP7ZKBEM*MTcyMjQyNDgxMi4zLjEuMTcyMjQyNDgxMi4wLjAuMA

All'accusa di mancanza di rispetto, la risposta che si trattava di Dioniso e si mettevano in ballo gli dèi olimpici... Ma è noto che Dioniso non era un dio olimpico e la immagine in foto sembra proprio la caricatura di una icona cattolica.
Chi ne va a perdere di più? La cultura classica e la grecità, o il cristianesimo e il cattolicesimo? O entrambi? E se non vi fosse una celia ai cristiani, se non vi fosse una smorfia ai greci antichi, si tratterebbe di uno spettacolo degno? O di una pagliacciata che non mette in buona luce la serietà della natura umana?

Gli studiosi del postmoderno hanno descritto accanto ai lati positivi anche i possibili lati negativi di questo periodo storico. Uno di questi: gli accostamenti indebiti. È proprio il caso della notizia, vi fosse volontarietà o no negli ideatori e realizzatori dello spettacolo.
Ma nella nostra società questi segni non sono solo un cattivo gusto che mostra ignoranza e insensibilità oppure mancanza di rispetto, sono anche indizi di un distacco dalla necessaria serietà e naturalità, attuato purtroppo in nome della libertà culturale. Si può dire in un certo senso che cultura e più che natura, ma viceversa in un altro senso. Allora non c'è da trovare scuse. Anche perché la foto testimonia una disperata e forse non ignara mancanza di cultura e il desiderio di farne mancare ad altri.
Con inscenate così si reca offesa anche alla bellezza che può essere nella cultura. Neanche Nietzsche che nelle sue lettere evocava Dioniso, Cristo e la commedia, lo meritava.


Mauro Pastore
#330
Citazione di: Jacopus il 27 Luglio 2024, 11:03:12 AMMario Pastore sei la precisa dimostrazione di cosa voglia dire scissione del pensiero. In ogni caso non ho intenzione di parlare con uno che dà lezioni. I prossimi tuoi interventi saranno da me ignorati. Anche perché sono interventi che tendono a condizionare anche me in una dinamica scissa.
Ai fini della discussione iniziata mi è necessario ribattere, e ciò servirà anche a evitare che i fraintendimenti e le incomprensioni prevalgano. Difatti io non scrivo qui per il bisogno di pareri psicologici e tantomeno medici.

"Jacopus" si vieta certi pensieri e incontrando chi non pratica la stessa sua censura si sente intellettualmente contaminato. La psicologia cui si dà è un rigido monismo che ostacola la naturale molteplicità per cui è fatta la nostra mente, secondo una modalità mimetica, con la quale ad essere imitata è la unità di Dio, che contiene tutto come in un cerchio. Tale scelta impedisce di fare propriamente filosofia, consentendo solo di valutarla e mai interamente, senza poter praticare una vera e propria ricerca filosofica, la quale infatti richiederebbe una certa e minima assenza di prevenzioni.


Mauro Pastore