CitazioneSe la conoscenza scientifica (vera) della natura materiale é possibile, allora il divenire naturale é deterministico (per lo meno in senso "debole" cioè probablistico.
Questo é indimostrabile (Hume!); ma é una conditio sine qua non della conoscenza scientifica.
Prescindendo dalla questione del tipo di determinismo considerare ("forte" o "meccanicistico" oppure "debole" o "probabilistico"), in ogni caso bisogna distinguere fra determinismo epistemologico (personalmente preferirei denominarlo "gnoseologico") e determinismo metafisico (personalmente preferirei denominarlo "ontologico").
Il caso dell' auto é quello di un determinismo metafisico e anche epistemologico: tutto diviene secondo leggi universali e costanti ed é prevedibile, calcolabile sia in linea di principio (d. m.) sia in linea di fatto (d.e.).
Invece il caso della meteorologia (es.:pioggia oggi a Livorno) e quello della neurologia (tanto più quanto più complessa é la neurologia; il massimo noto di complessità neurologica é quello della neurologia umana: es: scelte comportamentali umane) é quello di un determinismo metafisico ma non epistemologico: tutto diviene secondo leggi universali e costanti ed é prevedibile, calcolabile solo in linea di principio (d. m.), ma non in linea di fatto (non d.e.).
Il d.m. "sottostante" oggettivamente al soggettivo non d.e. consente però, almeno talora, di realizzare conoscenze per lo meno probabilistiche: esempi.: la probabilità che oggi a Livorno piova é dell1%; la probabilità che trovando un portafogli cerchi il proprietario che l' ha perso per ridarglielo e dl 90%.
A farci pensare che la meteorologia di Livorno o la mia decisione di restituire il portafogli trovato siano deterministici (metafisicamente) é il fatto che crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera): se crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera) e riteniamo non metafisicamente deterministici il tempo che fa oggi a Livorno e la mia decisione circa il portafogli trovato, allora adiamo in contraddizione.
Se invece non crediamo nella possibilità della conoscenza scientifica (vera), allora possiamo credere che il tempo che fa oggi a Livorno e la mia decisione circa il portafogli trovato non siano deterministici senza cadere in contraddizione.
Un passo davvero ben scritto. Effettivamente la conoscenza scientifica moderna presuppone che i fenomeni naturali, l'oggetto della conoscenza, siano prevedibili e possibilmente "ripetibili in laboratorio". La scoperta dell'America nasce dall'applicazione di questo metodo, ad esempio. Purtroppo nel caso delle società umane questo metodo si scontra con molteplici problemi, indipendentemente dal problema che via sia un'anima, un fantasma nella macchina, usando le parole di Ryle, o se preferite una coscienza. Ed anche applicando un metodo probabilistico, che ritengo parzialmente condivisibile, i problemi restano.
Ovviamente riconosco alla scienza enormi meriti, relativamente all'ampliamento della conoscenza dei fattori causali che possono far comprendere come evolvono, come pensano, e come agiscono gli uomini e le organizzazioni umane. Scienze di svariato genere, dalle modaiole neuroscienze alla criminologia, dalla sociologia alla psicologia e alla storia. Un campo dove si vive in bilico fra soft sciences e hard sciences
Ma andiamo per ordine.
Intanto coloro che devono decidere sul binomio L.A./D. sono allo stesso tempo soggetti alle leggi del L:.A./D. e ciò condiziona parecchio la loro ricerca, non essendo scienziati neutrali che si occupano di protoni o di vasodilatazione. Un pò come chiedere a dei nazisti di giudicare il nazismo (semplifico).
In secondo luogo il libero arbitrio è inevitabilmente condizionato dal clima culturale di una data epoca. Se milioni di persone pensano che sia inevitabile mangiare cavallette perchè un totem lo impone, la maggioranza di quelle persone lo faranno. Saranno ampiamente determinate in quella scelta dal conformismo di quella epoca. Se emerge un pensiero critico, dove si impone la necessità di valutare in modo più razionale le scelte, è possibile che quella scelta non venga più rispettata in modo così vasto. Si creeranno le premesse per l'avvento di stili comportamentali differenti. E il processo viene accelerato da tutta una serie di mutamenti di lungo periodo, per cui all'uomo moderno è concesso di scegliere il suo destino in un modo mai accaduto nel passato.
Se quel pensiero critico viene ristretto, ad esempio dall'avvento di una dittatura, le opzioni potrebbero nuovamente diminuire. Se ci si oppone all'emersione delle masse, si può accettare l'idea nobile del cavaliere romantico che si oppone con la sua volontà alle "magnifiche sorti e progressive". E' stato anche questo pensiero romantico fondato sul mito del superuomo, slegato da ogni legame universale, a creare le premesse della seconda guerra mondiale, che forse non ci sarebbe stata, se quella corrente culturale non si fosse profondamente innestata in Germania, con decorrenza fratelli Grimm e Sturm und Drang.
In terzo luogo, l'essere umano deve potersi pensare libero, almeno parzialmente, nella sua volontà. C'è un passo significativo di Dostoevskij, dove lo scrittore dice a proposito dell'uomo, trasformato da uno scienziato in tasto di un pianoforte: "ma questo non basta, perfino nel caso che diventasse un tasto di pianoforte, a dimostrarglielo perfino con le scienze naturali e matematicamente, anche allora non rinsavirebbe, ma, al contrario, farebbe apposta qualcosa, unicamente per pura ingratitudine: precisamente per tenere duro...se voi direte che anche tutto questo si può calcolare secondo la tabella, il caos, la tenebra, la maledizione, sicchè la sola possibilità di un calcolo preventivo fermerebbe tutto e la ragione riprenderebbe i suoi diritti, in questo caso l'uomo diventerà pazzo, apposta per essere privo di ragione e tenere duro! Io ci credo, ne rispondo, perché infatti tutto il compito dell'uomo pare che consista effettivamente solo in questo: che l'uomo dimostri a se stesso ogni momento che è un uomo e non una canna d'organo".
Non ha valore scientifico quello che dice Dostoevskij, eppure questa frase risuona in me in modo molto vero.
Per concludere (ma davvero leggete tutto?): viviamo in un ambiente deterministico, con freni deterministici diversi in ognuno di noi, perché le possibilità di scelta non sono uguali per tutti, c'è chi ne ha di più e chi meno, ma che tuttavia appunto permette una libertà di azione che è in parte "casualità", in parte fondata dai processi storici e culturali, in parte dall'esigenza interiore e fortissima di ognuno di noi di sentirsi fautore del proprio destino.

