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Messaggi - iano

#3166
Ci sono diverse prove che un cibo deve superare prima di essere ammesso nel nostro stomaco, prova visiva, tattile, olfattiva, gustativa, culturale, inderogabili fino a prova contraria.
Si possono cambiare, ma con cautela, basta solo che mettano etichette chiare e grandi sui prodotti alimentari, di modo che decida io come e quando  cambiarle.
#3167
@Eutidemo
Ritrovo nella tua interpretazione dei testi biblici il mio personale pensiero filosofico, dove aggiungi anche il pezzo che mi mancava con la distinzione fra l'essere e ciò che è, per cui si potrebbe dire che le onde non sono se non come epifenomeni di ciò che è.
Esistono nella misura in cui gli si può dare un nome, e questo nome dovrebbe darlo l'uomo il quale però è a sua volta un epifenomeno, quindi avremmo un epifenomeno che nomina epifenomeni.
Possiamo dire che la scienza ha risolto questa contradizione introducendo un logorroico nominatore di epifenomeni, che non è quindi a sua volta tale?
In effetti nella mia filosofia ciò che è, è duale, anche se questo non esclude l'unità del tutto, ma concede che si possa risalire ad essa passando per più livelli epifonemenici.
Altrove si parla di una trinità che media fra l'uno e i molti.

Sembra inoltre che a coloro che testimoniano in favore della natura divina di Gesù manchi la piena consapevolezza di essere osservatori nel senso moderno, nel senso che infatti è solo attuale, perchè si accontentano di vedere e di toccare, come fà San Tommaso.
Si accetta quindi che la percezione sensibile umana sia sufficiente a dimostrare il divino, cosa che può non considerarsi colpevole blasfemia solo nella misura in cui l'uomo non sà quello che dice.
Non che nel senso attuale, quello scientifico, non sia meno blasfemo pretendere di testimoniare la verità, sia inteso, ma non c'è blasfemia se non si ipotizza un essere che possa sentirsi da ciò offeso.
Un uno che è, ma che non si offende.
Insomma, è ben comprensibile che gli uomini che attraverso i testi sacri portano la loro testimonianza lo facciano come uomini del loro tempo.
Possono apparirci ingenui, anche se non tutti li percepiscono come tali, accettando la loro testimonianza di uomini in senso assoluto, fatta slava l'interpretazione di questa testimonianza, interpretazione fatta a sua volta da uomini attuali, ma che non perciò si sentono da quelli diversi.
Ora, siccome è certo che il momento storico in cui Dio ha deciso di farsi uomo ispirando i profeti non ha nulla di peculiare, resta la curiosità di immaginare quali testi sacri si sarebbero prodotti oggi se Dio avesse invece scelto date attuali.
Quello che non quadra nei testi sacri è che una data valga l'altra per scriverli in un linguaggio dell'epoca, che non essendo però immutabile, necessiti di essere reinterpretato.
Non farebbe perciò prima a Dio promuovere nuove edizioni, se si volesse senza fallo manifestare?
E se l'avesse già fatto?
E se lo facesse in continuazione?
Il problema è che questi nuovi testi per essere sacri non devono essere apocrifi, testi apocrifi che da una certa data in poi non hanno fatto che moltiplicarsi.
Strano.
#3168
''La storia siamo noi, nessuno si stenta offeso''.
Ma se ci sentiamo offesi è anche meglio, perchè vuol dire che la storia ci ha cambiati.
Una buona storia deve farci sentire coinvolti, nel bene e nel male, e ne saremo quindi testimoni, nel nostro piccolo, nella misura in cui ci tocca.
Non è tanto quindi che la storia deve insegnarci a non ripetere i nostri errori, perchè potremmo ripetere i nostri errori solo se la storia non ci avesse cambiati, per cui a volte sembra davvero che certi personaggi vivano  fuori dalla storia.
Vedi Putin.
#3169
Oggi abbiamo maggiore consapevolezza del fatto che alla base di ogni teoria vi sia la scelta delle ipotesi a suo fondamento, che perciò  sempre meno si impongono con la loro evidenza, ma l'unica cosa che la teoria non potrà mai spiegare è ciò che sta a suo fondamento, la fede da cui si origina.
La nostra conoscenza è fondata sul mistero.
#3170
Penso che  se si sente così forte l'esigenza  di una ricongiunzione (con Dio ? ) è perchè si percepisce una dolorosa separazione.
Io però questa separazione non la sento.
Ma, cercando di immedesimarmi, se mi si dice che la soluzione possa stare nell'acquisire ''la fede'', allora mi viene da pensare che ciò da cui ci si è separati sia proprio ''la fede''.
#3171
Tematiche Filosofiche / Re: Al di là dell'aldilà
28 Gennaio 2023, 03:03:37 AM
Più che un problema di mantenere il controllo, sembra un problema di porre fiducia.
Se sappiamo come facciamo a fidarci di noi stessi, pur in mancanza di un pieno autocontrollo, potremo allora imparare a fidarci delle macchine.
#3172
Tematiche Filosofiche / Re: Al di là dell'aldilà
28 Gennaio 2023, 02:57:19 AM
@ Jean:
''Certo, l'uomo le ha costruite le macchine, ma quel "tipo  d'intelligenza" sovente immediatamente riconducibile alla forma, ergonomicamente funzionale all'interazione (una vanga, per dire... è perfetta), passando dagli ingranaggi della prima rivoluzione industriale ai giorni nostri... beh, difficile dire che ne abbiamo il pieno e totale controllo (vedi la mail di libero.it in questi giorni...), come non l'abbiamo avuto sulla "conversazione" tra Bob e Alice (in Scienza, se interessa).''

...come non l'abbiamo sulla nostra intelligenza.
La nostra preoccupazione sul non controllo delle macchine poggia su un rassicurante, quanto potenzialmente illusorio, autocontrollo.
Capita a noi di produrre cose che sorprendo noi prima che gli altri, come se qualcuno avesse lavorato per noi, restando sorpresi della nostra intelligenza.

Se seguo una dimostrazione matematica dove si applicano regole logiche, senza voler dimostrare nulla in particolare,
non volendo cioè verificare la correttezza di una particolare mia intuizione, una dimostrazione pur sufficientemente semplice da comportare una fatica accettabile, facilmente resterò sorpreso, pur avendo pieno controllo sul percorso dimostrativo , dal risultato.
Il controllo sulla dimostrazione mi è servito a poter dire che non ci sono stati errori,  ma non a prevedere il risultato.
Se delego la dimostrazione a una macchina è ancor più garantita la mancanza di errori, ma  è parimenti garantita la sorpresa del risultato.
Quindi la sorpresa del risultato non deriva dal mio personale mancato controllo sul processo.
E se la preoccupazione deriva dall'imprevedibilità del risultato, dal non sapere dove vada a parare la macchina, non dovrebbe essere però  per noi una novità, e invece stranamente lo è.



#3173
Tematiche Filosofiche / Re: Al di là dell'aldilà
28 Gennaio 2023, 02:54:31 AM
Quindi più che un problema di controllo è un problema di fiducia.
Che motivo abbiamo di fidarci di noi, e che motivo abbiamo di fidarci delle macchine?
Come si acquista questa fiducia?
#3174
Tematiche Filosofiche / Re: Al di là dell'aldilà
28 Gennaio 2023, 02:15:02 AM
@ Jean:
''Certo, l'uomo le ha costruite le macchine, ma quel "tipo  d'intelligenza" sovente immediatamente riconducibile alla forma, ergonomicamente funzionale all'interazione (una vanga, per dire... è perfetta), passando dagli ingranaggi della prima rivoluzione industriale ai giorni nostri... beh, difficile dire che ne abbiamo il pieno e totale controllo (vedi la mail di libero.it in questi giorni...), come non l'abbiamo avuto sulla "conversazione" tra Bob e Alice (in Scienza, se interessa).''

...come non l'abbiamo sulla nostra intelligenza.
La nostra preoccupazione sul non controllo delle macchine poggia su un rassicurante, quanto illusorio, autocontrollo.
Capita a noi di produrre cose che sorprendo noi prima che gli altri, come se qualcuno avesse lavorato per noi, restando sorpresi della nostra intelligenza.

Se seguo una dimostrazione matematica dove si applicano regole logiche, senza voler dimostrare nulla in particolare,
non volendo cioè verificare la correttezza di una particolare mia intuizione, una dimostrazione pur sufficientemente semplice da comportare una fatica accettabile, facilmente resterò sorpreso, pur avendo pieno controllo sul percorso dimostrativo dal suo inizio, dal risultato.
Il controllo sulla dimostrazione mi è servito a poter dire che non ci sono stati errori,  ma non a prevedere il risultato.
Se delego la dimostrazione a una macchina è ancor più garantita la mancanza di errori, ma  è parimenti garantita la sorpresa del risultato.
Quindi la sorpresa del risultato non deriva dal mio personale mancato controllo sul processo.
E se la preoccupazione deriva dall'imprevedibilità del risultato, dal non sapere dove vada a parare la macchina, non dovrebbe essere però  per noi una novità, e invece stranamente lo è.

#3175

Un testo corposo dal costo impegnativo.
Ma quanto specialistico e quanto divulgativo, secondo te?
#3176
Attualità / Re: Fratel Biagio...e l'informazione
27 Gennaio 2023, 18:37:50 PM
Ma alla fine questo tipo di informazione, sempre più ''informata'' più che altro sulla natura dei suoi utenti, ottiene il risultato,  assecondandola, di rafforzarne le attuali tendenze medie.
Io visitando Assisi, da non credente, non avevo messo in conto di provare una così forte emozione davanti alla tomba di San Francesco, un plus non da poco per un turista per caso che scommette il suo tour sugli imprevisti, ma quando me lo sono trovato di fronte nelle sembianze di frate Biagio, con lo stesso saio che avevo visto esposto al museo, e senza scarpe, non sapevo cosa pensare.
 Lo confesso, mi è sembrato troppo bello per essere vero.
#3177
Nessun essere vivente però presumo potremmo descrivere  con uno dei due estremi, perchè uno comporta conseguenze così prevedibili da potersi dire determinate, cioè la non vita della materia, e l'altro impossibilitato ad esprimere il libero arbitrio, perchè incapace di qualunque scelta, non potrebbe parimenti dirsi vivo.
#3178
@ Jacopus.
Quindi ''credere'' è una necessità vitale, e ''cosa crediamo'' è un modo di vivere.
Io aggiungerei che la consapevolezza o la sua mancanza siano funzionali ai due assunti, e non sia quindi un bene in sè;
una variabile che modula tutti i possibili casi intermedi che spaziano dal ''possesso della verità assoluta'' alla ''pratica sistematica del dubbio ''.
A partire da questa griglia semplificatrice, possiamo descrivere ogni essere vivente con un punto del segmento ''verità-dubbio'' .
Così ad esempio colui che crede nel Dio unico si trova certamente molto vicino alla verità, ma non nel corrispondente estremo del segmento nella misura in cui  sente la necessità di affermare la propria fede , perché l'affermare qualcosa è il primo passo che porta alla sua possibile negazione, esponendola al dubbio. Quindi segue l'uomo che nega la verità, e così via...
#3179
Tematiche Filosofiche / Re: Ti sento, quindi esisti.
27 Gennaio 2023, 12:17:52 PM
E' lo spazio della nostra attenzione se volete, dove le distanze si misurano col metro della coscienza.
#3180
Tematiche Filosofiche / Re: Ti sento, quindi esisti.
27 Gennaio 2023, 11:37:14 AM
Citazione di: Ipazia il 27 Gennaio 2023, 09:08:01 AMCome da etimo, la metafisica, e la dimensione trascendentale umana,  non possono avere fondamenta solide altro che radicandosi in physis.
Dico che la fisica non può fare a meno della metafisica.
No so se diciamo la stessa cosa.
Trascendentale, ma trascendente cosa?
Trascendente la fisica?
Si, da etimologia sta oltre la fisica.
Ma se poi non li si può staccare, al minimo saranno separati in casa.
Ma se fisica e metafisica rappresentano solo diversi gradi dell'essere che diversamente si mescolano a formare diverse teorie, o diverse sensibilità percettive, la loro coesistenza perde la sua problematicità.
E fosse anche una questione psicologica non è comunque poco, perchè decide l'efficacia del nostro agire, le nostre modalità di ricerca, e quindi influenza il nostro rapporto con la realtà.
Le filosofie cambiano, ma le loro conseguenze restano consegnate alla storia, richiamabili quindi come cause del presente.

Si potrebbe dire parimenti che la fisica trascende la metafisica, se non fosse che per il loro diverso grado di esistenza, la fisica si presenta prima alla nostra attenzione.
La mia vorrebbe essere una semplificazione che parte dalla ipotesi che tutto ciò con cui abbiamo a che fare deriva dal nostro rapporto con la realtà, per cui non vi è fra queste cose una gerarchia in sè, se non fosse che certi gradi di esistenza si palesano a noi con più facilità, e sono gradi dell'evidente e dell'ovvio, da essere considerati perciò per primi, e ciò che appare prima nasconde ciò che sta dietro, creando l'illusione di uno spazio tridimensionale in cui si pongono gli esistenti, dove sappiamo che ciò che non si vede non perciò non esiste, se rimane nascosto alla vista da ciò che è posto prima e vi rimane finché non cambiamo prospettiva.