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Messaggi - Jacopus

#3196
Attualità / Re:Africa: come aiutarli a casa loro?
18 Settembre 2017, 23:33:47 PM
CitazioneBuongiorno Jacopus, l'idea della mammella sintetizza la differenza che abbiamo nel modo di vedere l'economia, tu la vedi come una realtà fatta di appropriazione di risorse, cosa che in parte è vera, io la vedo come una realtà di produzione di ricchezza, cosa che in gran parte è vera. In questa produzione vi sono grandi problemi di coordinamento ed hanno un gran ruolo quei CEO di pelle bianca ai quali tu facevi riferimento, per te sono i responsabili dello sfruttamento, per me sono coloro che dirigono quell'enorme produzione di beni che permette di vivere, mangiare, curarsi al numero più alto di esseri umani della storia, anche di pelle nera e africani.
Rischiamo di andare fuori tema ma forse ne vale la pena. La penso anch'io come te: abbiamo entrambi ragione. Ti dirò di più: la borghesia che nel XVI secolo ha inventato il capitalismo moderno ha permesso il superamento definitivo dai tempi oscuri del medioevo, liberando il mondo dalle differenze di rango ha invocato una nuova uguaglianza fra gli uomini. La rivoluzione francese e prima di quella, le rivoluzioni inglese e americana non sarebbero concepibili se non ci fosse stato l'avvento del capitalismo e della borghesia.
I
Il capitalismo ha permesso la libertà dei nostri tempi, per il semplice motivo che anche lo notizie possono essere vendute ed ognuno è più libero oggi nel mondo occidentale che in ogni altra epoca.
Ma il capitalismo originariamente mandava un messaggio universalistico e meritocratico ed oggi per motivi diversi queste due promesse non sono state mantenute e i migranti si mettono in viaggio perché nei loro paesi credono ancora in quella promessa, perché il software del capitalismo fa di tutto per legittimarsi in questo modo. Una volta giunti nel vecchio mondo scoprono invece che erano fandonie.
Per questo dico che il capitalismo dovrebbe autoregolarsi, munirsi di un freno e di una redistribuzione della ricchezza, nel suo stesso interesse o perirà, riconsegnandoci all'autoritarismo, alla violenza anche nel nostro piccolo mondo dorato. Per questo dobbiamo fare di tutto per evitare la violenza nel terzo mondo, perchè inevitabilmente essa giungerà prima o poi fino a noi.

CitazioneIn particolare il danno nasce dall'alta propensione criminale (Tu non ne vuoi parlare ma questo dicono i dati statistici) degli immigrati, mediamente 7-8 volte superiore a quella degli Italiani.
Questo è un pregiudizio. Le statistiche si possono leggere in molti modi. E' inevitabile che un fenomeno migratorio di queste dimensioni comporti un aumento della criminalità. Ci siamo passati noi in prima persona negli Stati Uniti e siamo riusciti anche a costruirci un'epopea hollywoodiana. Ma le statistiche dicono anche che i tassi di criminalità degli stranieri regolari sono esattamente uguali a quelli degli italiani. Chi delinque di più sono gli stranieri irregolari e bisognerebbe chiedersi se si delinque perché irregolari o se si è irregolari perché si delinque.

Anche noi buonisti ci rendiamo conto dei problemi che comporta una migrazione di questa portata, ma sono comunque convinto che si tratta di un problema risolvibile, anche perché si incrocia con il tasso demografico bassissimo degli italiani. Prova a venire a Genova per osservare che i giovani sono quasi tutti stranieri. E' ovvio, i liguri o fanno un figlio o non ne fanno nessuno, e chiamano figlio il loro cagnolino.
Sui costi economici potrei dire molte cose, dall'evasione fiscale mai combattuta seriamente alla corruzione degli amministratori, mai combattuta seriamente, alla criminalità organizzata, mai combattuta seriamente, all'organizzazione della giustizia, ma voluta seriamente.
Infine c'è un problema etico. Come possiamo sentirci a sapere che altri essere umani sono segregati, torturati, seviziati, sottoposti a ricatti? Dobbiamo continuare a far finta di niente? Qual'è il costo storico e politico di questa indifferenza, se non complicità?
#3197
Attualità / Re:Africa: come aiutarli a casa loro?
17 Settembre 2017, 17:15:45 PM
Buongiorno Anthony. Prima di tutto ti ringrazio per il tono pacato della discussione, non sempre scontato.
CitazioneQuello che non concepisco di questi ragionamenti, è che si da per scontato che "noi" europei cattivi, abbiamo la colpa per tutti i problemi che vive l'africa.
Non ho parlato di europei cattivi o se l'ho detto intendevo una diversa cosa, ovvero che l'ideologia capitalistica connessa ad una ideologia nazionalistica estesa (l'Occidente) è responsabile di una forma di dominazione durata per secoli e che è una delle cause degli attuali flussi migratori sud-nord. Pensare che quello che è accaduto due secoli fa non abbia conseguenze nel presente è un pensiero ingenuo, su questo non posso accettare opposizioni, altrimenti spostiamoci tutti sul forum di qualche sito farlocco che esalta Mussolini o Stalin.
Oltretutto il neocolonialismo prosegue tuttora a scatenare i suoi effetti e i neocolonialisti non sono né aborigeni australiani, nè popolazioni pigmee. DI solito i Ceo e gli amminstratori delegati hanno pelle bianca e sono inglesi, tedeschi, francesi e anche italiani madrelingua.
Citazione Accettando indiscriminatamente africani sul nostro territorio con buona probabilità accettiamo questi ultimi che, per la legge di selezione naturale, proprio perché sono i più duri, con più facilità riescono a procurarsi i soldi e a superare le difficoltà del viaggio verso l'Europa.
Questo è un passaggio che mi dovresti spiegare meglio. Vuoi dire che i più duri sono anche tendenzialmente dei criminali e poichè solo i più duri riescono a raggiungere l'Europa, ecco che costoro sono tutti criminali? Se intendi questo credo che non valga la pena rispondere, trattandosi di uno stereotipo poco realistico e fondato su una sorta di riedizione del darwinismo sociale alla rovescia.
Citazione Io concettualmente vedo società superiori e inferiori, perché quest'ultime non hanno alcuni caratteri, non è discriminazione, è semplice interpretazione scientifica..
Io vedo società differenti. Società superiori e inferiori servono soltanto a legittimare il dominio dei presunti superiori sugli inferiori. Ma questo modello ammesso che sia proponibile non fa altro che giustificare la violenza degli inferiori che faranno di tutto per cercare di diventare superiori e scalzare gli attuali superiori (è una teoria politica tra l'altro, di un certo Vilfredo Pareto, che potrebbe piacerti). Pertanto per coerenza dovresti accettare il fatto che i più adatti fanno il viaggio per l'Europa e provano a conquistarla, salvo poi ovviamente contrastare questa intenzione attraverso una violenza opposta e contraria (fino a giungere eventualmente a forme di terrorismo e antiterrorismo, governi autoritari e fine della libertà per tutti).
Precisazione importante: è ovvio che io personalmente ritengo certi valori europei preferibili e non mi sogno di accettare l'infibulazione o il burqa, ma questo non può essere una giustificazione per sradicare masse di persone, come se fossero animali, per insediarci un sito minerario e arricchirci su di esso e a spese di quelle persone, che prima migreranno a Dakar o a Casablanca e dopo qui da noi.

Ti propongo una immagine per dare un senso a quello che cerco di dire. Immagina la terra come un grande seno che allatta tutti gli abitanti. Un neonato concepisce l'idea che quel latte può essere tesaurizzato, non diviso con gli altri ma messo da parte come ricchezza. Intanto il grande seno continua a produrre latte che bene o male permette anche ad altri neonati, conquistati da quell'idea di tesaurizzare, di mettere da parte ricchezza latticina. Quel neonato inoltre è tanto ingegnoso da inventare macchine capaci di aumentare la produttività del seno.
Nello stesso tempo i lattanti aumentano di numero e la tetta inizia ad avere problemi per sfamare tutti e contemporaneamente permettere a tutti di tesaurizzare. Poichè quel neonato iniziale era stato anche abbastanza furbo da proclamare che tutti avrebbero potuto tesaurizzare, bastava essere virtuosi e intraprendenti, coraggiosi e occidentalmente intelligenti.
La tetta comincia ad esaurirsi e i nuovi arrivati si sentono ingannati: la tesaurizzazione non era per tutti ed ora c'è perfino il rischio di morire di fame. A questo punto le strategie possibile sono o ridividere più equamente il latte, o procrastinare il problema continuando a strizzare la tetta il più possibile oppure proclamare la guerra di religione, la guerra civile, lo stato autoritario, con le conseguenze relative, ovvero vostra madre o vostri figli sanguinanti in una prigione di stato oppure scomparsi per sempre.
Decidi quale finale preferisci.
#3198
Attualità / Re:Africa: come aiutarli a casa loro?
15 Settembre 2017, 18:08:39 PM
Allargo lo sguardo. All'inizio del XX secolo eravamo poco più di un miliardo. Dopo 100 anni siamo aumentati di 7-8 volte. All'inizio del XX secolo il mondo regolato secondo le leggi capitalistiche era rappresentato dall'Europa, Gli Stati Uniti e poco altro. Oggi il mondo regolato secondo il capitalismo corrisponde al pianeta terra.
100 anni fa il capitalismo aveva una frontiera, geografica e culturale da conquistare e questo gli permetteva di spostare nel futuro il problema. Il capitalista arrivava nella terra vergine, abbindolava gli indigeni con gli specchietti, dimostrava la superiorità delle sue "macchine" e ideologizzava gli autoctoni proclamando "un giorno anche voi sarete come me!". Il gioco si è ripetuto finchè tutto il mondo è caduto nel sistema capitalistico e ci si è così resi conto che il capiptalismo proclama "Libertà e ricchezza per tutti", ma solo se "tutti" coincide con una piccola parte del mondo, proprio perché il mondo e le sue risorse sono limitate e la loro divisione fra 8 miliardi di persone comporta qualche "piccola" rinuncia a chi sta sulla vetta della montagna sociale.
I migranti sono la manifestazione corporea di questa contraddizione che si può risolvere in molti modi diversi. Il nazionalsocialismo lo risolverebbe senza ipocrisie: in fondo basta dividere il mondo in società superiori e società inferiori, o culturalmente non ancora emancipate e il gioco è fatto.
Attualmente questa visione a noi europei ci infastidisce, perchè crediamo di essere i portatori della civiltà e della ragione, dei valori dell'illuminismo, dell'universalismo e non possiamo accettare una logica nazista. Ecco quindi emergere soluzioni da due pesi e due misure. Ciò che sarebbe irragionevole e criminale in Europa, diventa logico, legittimo, ammantato persino di legittimità se fatto fuori. L'importante è non sapere esattamente quello che accade, creare delle organizzazioni caritatevoli che possono anche far passare i paesi del terzo mondo come degli irriconoscenti, siglare dei patti perversi con le classi dirigenti di quei paesi, suonare la fanfara della propaganda, soffiare sul fuoco dei mille pericoli se continuano ad arrivare tutti questi migranti.

E' come se ci dicessimo: "Già, i nostri valori sono buoni, e sono buoni perchè sono universali. Tutti possono diventare ricchi, tutti hanno diritto al quarto d'ora di notorietà, tutti hanno diritto al loro finanziamento, ma voi siete troppi, abbiate pazienza: continuate pure a non avere energia elettrica a tutte le ore del giorno. Soffrite pure il caldo ancora per qualche generazione. Se vi rapinano per strada e vi lasciano nudi, pazientate ancora. Vostro fratello vi picchia? Pazientate. Vi aiuteremo. Il datore di lavoro vi fa lavorare a cinque anni, pazientate. I vostri nipoti saranno ricchi imprenditori."
La nostra supposta bontà serve anche ad un altro scopo: per evitare la vendetta che si addensa sopra le nostre teste. Dobbiamo essere pronti allora a garantire la pax romana (ovvero sterminare gli antagonisti). Questa è la realtà, come la vedo io.
#3199
Attualità / Re:Africa: come aiutarli a casa loro?
14 Settembre 2017, 21:10:40 PM
CitazioneUno dei problemi principali, della collaborazione con i paesi africani, è proprio quell'ideologia dello sfruttamento della quale i post di questo 3d sono un valido esempio. Se noi Europei fossimo così opportunisti, egoisti e materialisti come sembra dagli stessi, perché tanti africani fanno di tutto per venire qui e sfruttare la nostra non solidarietà.
Personalmente anch'io non condivido il concetto di aiutare a casa loro, perché nasce dal bisogno di scaricare la coscienza, ma questo bisogno nasce da un senso di colpa falsato. Non siamo noi Europei i responsabili delle sofferenze dell'Africa, e non lo sono neanche le grandi istituzioni finanziarie.
Non c'è alcun bisogno di giustificare una politica, come quella attuale di Minniti, che cerca di rendere il più possibile rispettate le leggi che regolano le frontiere, lo stato di diritto è un valore in sé, e non è neanche certo che facendo venire centinaia di migliaia di persone in Italia queste staranno meglio, mentre invece l'opinione di milioni di Italiani (ormai decisamente maggioritari) è che oggi, con tutti quelli che sono arrivati fino ad oggi, si sta peggio!

Sarò schietto Anthony: o sei ingenuo o sei in malafede. Il nostro benessere dipende anche dallo sfruttamento dell'Africa che funziona in questo modo: vengono date concessioni per lo sfruttamento delle risorse a multinazionali occidentali ad un prezzo irrisorio, che non serve a rimpinguare le casse statali ed come contropartita vengono corrotte le classi dirigenti con una spesa nettamente inferiore a quello che ci costerebbe a prezzi di mercato. Questo processo alimenta il senso di ingiustizia e la violenza in Africa ed, ovviamente, lo sviluppo della jhad. Le responsabilità delle istituzioni finanziarie è altissimo in questo contesto, come in altri, poichè predica la privatizzazione di tutti i servizi e la servitù permanente tramite l'indebitamento internazionale.
L'obiezione che poni in merito agli africani che vengono in bocca al pescecane è ingenua anch'essa. Proprio perché usiamo due pesi e due misure, i migranti, per quanto stiano male in Occidente, stanno infinitamente meglio che nei loro paesi, dove esiste il concreto pericolo di essere uccisi, stuprati, imprigionati senza motivo, truffati ad un grado estremamente superiore che in Occidente. Per non parlare di quei servizi che a noi sembrano ormai far parte della natura, come l'acqua corrente in casa, che invece nel terzo mondo sono spesso un lusso e che qui invece si può permettere anche il maghrebino che vive in un sottoscala.
Del resto basta visitare le grandi capitali, Parigi e Londra per notare come le razzie hanno arricchito quelle città. La national Gallery si apre con uno spettacolare frammento del palazzo reale di Babilonia, oppure vogliamo parlare dell'oro inca o del fiorente mercato degli schiavi durato per secoli?
La politica attuale di Minniti è invece una politica ipocrita. L'unica differenza fra questa politica e quella dei campi di concentramento nazisti è che i nazisti si sporcavano le mani. Qui invece si pagano dei manigoldi per fare il lavoro sporco lontano dai nostri occhi.
Io credo che l'unica azione decente di chi vuole continuare a godersi questi scampoli di primo mondo è quella di tacere, almeno.
#3200
CitazioneQui non si stava parlando del diritto che ognuno ha di negare verità a questa o quell'affermazione, ma del suicidio filosofico di negare LA verità, cioè di negare verità a qualunque affermazione possibile. Senza LA verità non c'è possibilità di distinguere il vero dal falso; e allora l'intelletto diventa un soprammobile e la filosofia un chiacchiericcio molesto.

La filosofia si occupa dell'amore per la conoscenza ed è l'unica dimensione del sapere umano che si impone eventualmente di criticare anche sé stessa. Subordinare la filosofia alla verità mi sembra ideologicamente pericoloso, anche se logicamente, forse, corretto. Inoltre c'è già una disciplina che si occupa efficacemente della ricerca della verità, cioè la scienza, con i risultati che abbiamo sotto gli occhi, positivi e negativi. Che la neve sia bianca indipendentemente dalla mia coscienza percettva è ininfluente, se non come presupposto ideologico: nel momento in cui stabilisco che esiste una verità filosofica assunta dal mondo logico-naturale come si relaziona questa affermazione con la verità nel mondo della vita pratica?
Filosoficamente, ad esempio, come si decide la eticità del diritto a decidere la propria morte o il modo di curare i pazzi? Come si decide in sintesi la "buona vita"? Questo discorso etico e morale è indipendente dalla verità? Esiste allora una filosofia "alta" che persegue la costruzione di un sistema che attesti la presenza di una verità non discutible, e una filosofia "bassa" che deve guerreggiare continuamente alla prese di una "doxa", di un "chiacchiericcio molesto" che non conduce in nessun luogo?
Io personalmente ritengo che la filosofia debba saper mettere in discussione anche il concetto di "verità", perché possibile vettore di ideologie ed anzi una vera filosofia matura deve saper mettere in discussione anche sè stessa.
Un'ultima considerazione: credo che il concetto di verità abbia sempre in sè un collegamento con la violenza nel momento in cui si ipostatizza e non viene bilanciato da altre verità.
#3201
Citazionetu stai scambiando illegittimamente l'assolutezza di una verità con la sua precisione
La precisione è fortemente connessa al concetto di verità, almeno al concetto di verità scientifica applicabile fisicamente al mondo. Basti pensare che la teoria della relatività serve a ricalcolare la nostra precisa posizione nei sistemi gps e lo deve fare tarando la infinitesimale differenza dello scorrere del tempo fra quello presente sul satellite e quello presente sulla terra. Senza questo ricalcolo, che è fondato sul principio di una precisione scientifica moderna (Koyrè), nessun navigatore satellitare funzionerebbe e quindi non ci direbbe la verità sulla nostra posizione.
Mi spiace ma in questo sono davvero molto aristotelico. La verità pour la verità mi interessa poco.

https://web.infn.it/fisicainbarca2011/images/stories/genova/gps_pallavicini.pdf

Intermezzo musicale:

Paganini: la campanella.
https://www.youtube.com/watch?v=YaxHZxvmSwQ
#3202
CitazioneAnche da questo punto di vista, il relativismo è fuorilegge, viola il primo principio della logica. Quindi deve essere eliminato dal novero delle filosofie, così come si elimina qualunque proposizione che contraddica la verità.

Sottolineare l'eliminazione è esattamente il contrario di quello che dovrebbe fare una buona filosofia (mi viene da dire una filosofia "buonista").
Accertare la verità è un compito che personalmente lascerei alla teologia e alla religione. Immagino la filosofia come un consigliere saggio che si può interpellare per risolvere anche le questioni pratiche del nostro tempo. Non per decidere come accendere il forno ma su argomenti rispetto ai quali è difficile individuare una verità incrollabile.
Ad esempio: "il turismo produce ricchezza e sviluppo nei paesi più poveri". Oppure "Occorre punire più severamente gli stupratori".
La filosofia ovviamente non deve confondersi con un trattato geo-economico, o giuridico-penale ma neppure innalzarsi tanto da confrontarsi solo con una verità logica priva di connessioni con il vivere civile.
Insomma la filosofia, è dal mio punto di vista, sempre filosofia politica, anche quando lo esclude metodologicamente. E nel campo della filosofia politica, o filosofia pratica, la certezza della verità è ben più difficile da trovare.
Nell'indagare il pensiero umano effettivamente mi trovo più a mio agio fra le contraddizioni e le ambivalenze che non alla presenza di una pura verità che si staglia all'orizzonte, leggermente velata di paranoia, ma ovviamente il mio relativismo ben temperato non può far altro che prendere atto della presenza di altre istanze e altri approcci alla filosofia.
#3203
@ green demetr.
A proposito della risposta 21. Non entro nel merito della risposta ma sul suo tono generale, che e' il chiaro esempio di pensiero verticale-oggettivante. Il tuo intento e' infatti quello di dare per assodate e definitive delle certezze fortemente giudicanti e svalutative nei confronti di quello che avevo scritto, fino a sconfinare nella reductio ad hominem. Il linguaggio se paragonato a quello di altri interventi e' mosso dall'intenzione di mostrare il proprio accuminato potere intellettuale, che non permette certo alcuna relazionalita'. Del resto da un discepolo di Nietzsche non mi posso aspettare altro, se non una fantasia e una creativita' che eviti loro di usare la parola "buonisti".
A proposito del linguaggio che ci forma e struttura ti posso solo dire che conosco bene l'opera di Foucault ben piu' densa di riferimenti storici e sociologici del linguaggio geniale quanto vuoi ma privo di riferimenti concreti di Nietzsche (che comunque conosco di sfuggita solo la genealogia della morale).
Prima di rispondere a questo post ti prego di leggere con maggiore umilta' i miei post di questa discussione che hai fortemente travisato.
#3204
CitazioneHo citato quel brano di Jung perché l'idea da te accennata secondo cui la morale sarebbe una sorta di sedimentazione dei sensi di colpa indotti dall'educazione (è un'idea di Freud?) mi ha fatto rabbrividire. Un'etica fondata sulla colpa è l'opposto di un'etica, poiché si sovrappone e schiaccia - invece di assecondare e coltivare - i naturali sentimenti di moralità, producendo così, non solo rigidità e intolleranza, ma molto spesso addirittura ribellione e tendenze delinquenziali, cioè, il contrario di ciò che l'educazione si prefigge.
Non direi. Posso citarti molti autori che la pensano al contrario ma credo che possa bastare questa voce di wikipedia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Disturbo_antisociale_di_personalit%C3%A0.
E' proprio la mancanza del senso di colpa uno dei criteri per diagnosticare il disturbo antisociale che non è altro che la classificazione psichiatrica del delinquente (più o meno). Per non parlare del cristianesimo che è una religione ma anche un'etica ed è fondata in via principale sul senso di colpa e sul sacrificio. Credo che l'assecondare e il coltivare siano importanti ma non sono sufficienti perché il mondo e l'umanità non è mai così armoniosa e accadono gli incidenti, le violenze, le guerre, gli stupri, gli omicidi degli innocenti, i furti, le truffe. Potremmo dire che il senso di colpa non ci servirà più quando tutti vivremo armoniosamente come nei giornaletti dei testimoni di Geova.

Citazione.Che cose terribili mi racconti.....!!  ..."Adolescenti immorali", ..."fattori fisici, sociali e genetici", ..."formule misticheggianti di Jung"!!!
Posso sapere - ma puoi anche non rispondere - che studi hai fatto e quanti anni hai?
Posso sapere - ma puoi anche non rispondere - a che ti serve sapere quanti anni ho e che studi ho fatto?
#3205
Dire che la morale è una funzione dell'anima non spiega nulla, Carlo.
Phineas Gage fu un operaio che nel 1848 fu trapassato all'altezza dello zigomo da un tubo che trapassò la parte della corteccia centrale prefrontale del cervello, quella stessa parte che si sviluppa definitivamente attorno ai 20 anni (ed è per questo che gli adolescenti sono così immorali). Prima dell'incidente era un uomo irreprensibile, perfettamente integrato nella sua società. In seguito all'incidente pur conservando le sue capacità cognitive e neuromotorie di base, iniziò a bestemmiare, bere, rubacchiare e non riuscì più a mantenersi dignitosamente. Divenne una persona immorale. Phineas Gage proveniva da un ambiente povero, era un immigrato in USA dal Libano e non aveva risorse sociali protettive.
C'è un altro caso, chiamato PGS (phineas Gage spagnolo). Fatto avvenuto nel corso della guerra civile spagnola. Per scappare dalla guardia repubblicana PGS cadde con la testa su un cancello e subì la stessa lesione di Phineas Gage alla corteccia prefrontale. A differenza di Phineas Gage, PGS proveniva da una famiglia agiata, proprietaria di una grande ditta manifatturiera ed aveva una fidanzata che non l'abbandonò dopo l'incidente ma che lo sposò. PGS potè così continuare una vita "normale", essere adibito a compiti semplici nell'azienda di famiglia e nonostante qualche intemperanza dovuta al danno biologico, continuò la sua vita più o meno moralmente e felicemente.
Questo esempio per dire come il discorso sulla morale umana sia estremamente complesso e mi pare  riduttivo trovare la soluzione attraverso le formule misticheggianti di Jung che non conosco così bene ma che non credo riduca il problema della morale a questa semplice descrizione.
Onde evitare equivoci, con questo esempio non parteggio per una visione fisica della "morale", ma di una visione, per dirla tutta, multifunzionale, dove convergono fattori fisici, sociali, genetici e connessi anche al libero arbitrio di ognuno di noi.
#3206
Non voglio assolutamente la "liberazione dalla patriarcalità". Ritengo che alcune intuizioni freudiane siano assolutamente valide sulla base dell'esperienza di lavoro e non tanto teoricamente. Adeguarsi alle differenze gerarchiche è inevitabile ed anche necessario perché risponde al principio di realtà.  Rispetto al fatto che ci sono vie di mezzo invece sono sicuro che ci sono. Anzi molti mali dell'umanità dipendono dal fatto di credere e concettualizzare un mondo manicheo, dove o sei bianco o sei nero, o fascista o comunista, o cattolico o mussulmano, o milanista o interista. Le vie di mezzo sono le vie umane, quelle del compromesso con sè stessi e con la propria debolezza, con la propria capacità di perdonare e di perdonarsi.
Ma anche qui il gioco dialettico si ripropone. BIsognerebbe mantenere vivo il desiderio della via di mezzo, per accettare l'alterità, affinchè gli altri non diventino l'inferno, ma nello stesso tempo difendere la propria identità è quindi realmente essere nero e sentirsi nero ( o bianco).
E' qui che sta la difficoltà. E' come voler conciliare qualcosa che è inconciliabile. Come predicare il liberalismo in un regime comunista. Eppure sento che in questa necessità di conciliazione dialettica vi è qualcosa di importante che non riesco a focalizzare bene.
#3207
Tra l'altro il concetto di verità è ben diverso da cultura a cultura. L'episteme greca è fondata sull'idea che la verità per essere tale deve essere dimostrata: è in qualche modo l'antesignana del metodo scientifico moderno. L'episteme ha bisogno di essere provata. La veritas latina invece è più connessa alla parola indoeuropea vir, che fa riferimento al significato di fede e che nel linguaggio comune ha il suo reperto archeologico nella parola fede e vera che indicano entrambe l'anello nuziale, simbolo principe della fedeltà.
#3208
Buonasera di nuovo Lou. Non sei così ignorante di questi modelli come vorresti far credere ma se vuoi ti indico alcuni libri imprescindibili. A parte questo rispondo alla tua domanda. Credo che il rapporto maestro-alunno sia inevitabilmente segnato dalla differenza, gerarchica, di ruolo, generazionale. Fingere che non vi sia porta a perversioni e/o disagio sociale e psicologico, esattamente come accade in famiglia. Il padre deve fare il padre, non l'amico dei figli.
Però premere sull'acceleratore della differenza crea dei sudditi, crea la sottomissione, crea l'alienazione che si trasmette dalla famiglia alla società. Considerare invece come buona solo la dimensione della reciprocità e del "buon selvaggio" produce una società narcisistica, incapace di reggere le frustrazioni, fusionale e dedita al divertimento spicciolo.
Orbene, a me sembra che per opposte esigenze funzionali agli interessi di dominio sul mondo ma disfuzionali rispetto ad una sana psiche individuale, si stia contemporaneamente promuovendo un ritorno alla società del dominio e della sottomissione, quasi per opposizione ad una società vista come eccessivamente permissiva, ed anche una società indifferenziata e apparentemente egualitaria, dove il narcisismo viene elevato a massima virtù, in relazione alle sue propensioni al consumo di beni e servizi.
Ovviamente credo che salvo situazioni molto limitate nel tempo e nello spazio, le istituzioni sociali abbiano avuto e continuano ad avere  tutto l'interesse a creare psicologie distorte e disfunzionali, proprio perché fondate nel 99 per cento dei casi su rapporti di dominio e sottomissione.
Ed allora mi chiedo se quella democrazia vagheggiata e idealizzata nel corso degli ultimi duemilacinquencento anni invece che sostenersi nel dibattito politico e nella storia delle idee, non debba essere fondata su un ripensamento dei rapporti umani a partire dalla famiglia e dei rapporti genitori-figli o nel rapporto uomo-donna.
E mi domando ancora se per far questo non sia necessario equilibrare come dei funanboli il lato della differenza gerarchica che è inevitabile con il lato della reciprocità intersoggettiva. Ma soprattutto mi domando come fare questo nella "vita pratica", poichè queste sono belle parole ma come si mettono in pratica?
Il principio di base dovrebbe essere quello di "mettersi nei panni degli altri" ed aspettarsi contemporaneamente che anche gli altri si mettano nei nostri. Nello stesso tempo la storia non passa invano. Il respiro lungo della storia, secondo Braudel, ancora si fa sentire attraverso i confini dell'impero romano, che ancora segnano le identità e i percorsi sociali dell'Europa.
Questo lo dico perché connettere un discorso psicologico individuale o familiare a un discorso sociale è estremamente complesso è implica infinite varianti.
Eppure ora noi abbiamo gli strumenti culturali per pensare a questo cambiamento, così come siamo in grado di vedere le forze contrarie a questo possibile cambiamento, che sono quelle cui fa comodo mantenere questo tipo di dominio, ancora più potente e radicato nel momento in cui viene fissato nelle dinamiche originarie dei rapporti familiari.
#3209
Buonasera Lou. Penso che descriviamo una concettualizzazione abbastanza simile che fa riferimento alla psicoanalisi relazionale, che dal riscoperto padre putativo Ferenczi giunge fino a Bromberg. Quello che volevo esprimere non era tanto la bontà della visione relazionale contro la cattiveria della visione gerarchica implicita nel complesso di Edipo, nè vagheggiare un apollineo mondo privo di conflitti. Si tratta di concepire a livello mentale la copresenza di un modello edipico che conserva la sua validità, al quale va innestato in modo piuttosto paradossale o meglio aporetico un modello relazionale.
Il modello edipico struttura la nostra identità e ci permette di non frammentarci nel sentimento oceanico, nel perturbante. Associarlo all'unico metodo di interpretazione dello sviluppo e della maturazione psichica dell'uomo conduce però all'oggettivazione del mondo secondo il modello espresso da Adorno e Horkheimer in Dialettica dell'Illuminismo, da Ulisse in poi. D'altro canto, essere condotti esclusivamente dal modello relazionale non ci permette l'identificazione e non avrebbe permesso la storia umana così come la conosciamo con i suoi orrori e i suoi splendori.
Allora mi domando se concettualmente sia possibile immaginare una modello di sviluppo della psiche umana che possa tener conto di entrambe le visioni per garantirsi l'autonomia e l'identità ma preservare anche la relazionalità affinchè la strumentalità non diventi l'unico principio, poichè a me sembra che per quanto la psicoanalisi sia in crisi, il modello freudiano, scientifico, gerarchico, neutrale, osservativo, tassonomico sia quello che ancora domina a livello di processi culturali e di spiegazioni della mente, a meno di non voler abbracciare teorie strettamente fisicaliste o spiritualiste. Insomma quello che mi gira nella "mente" in questi caldi giorni di agosto è come buttare l'acqua sporca e tenere il bambino, o meglio ancora come fare a mettere il bambino in una nuova tinozza con un nuovo tipo di acqua per produrre un mutamento che si sviluppi dal rapporto diadico o triadico familiare a quello più estesamente sociale.
Il tutto non è chiaro neppure a me e quindi immagino che non sia facile seguirmi.
#3210
Come argomentazione mi sembra un po' povera. Potrei rispondere dicendo "un filosofo che predica qualsiasi cosa senza argomentarlo dovrebbe dedicarsi a qualcos'altro.