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Messaggi - Jacopus

#3211
E' il tema del capro espiatorio che serve a ristabilire l'ordine e a rendere unita la societa'. Il capro espiatorio massimo in questo gioco e' Satana ma anche Cristo in una sorta di identificazione che i tedeschi chiamerebbero doppelganger. Se il male e' concentrato tutto in un Dio che non e' il mio o nell'antagonista di Dio, posso sentirmi sollevato e credere di essere puro da ogni male. Proprio qui nascono le crociate, gli omicidi di massa, la violenza a fin di bene o per salvare l'anima. Proprio come dice Sariputra dentro ognuno di noi vivono l'altruismo e l'egoismo, l'aggressivita' e il perdono. Guai a sentirsi sempre dalla parte giusta, anche se questo sentimento e' inevitabile se si appartiene ad un monoteismo.
#3212
Attualità / Re:Essi Vivono
14 Luglio 2016, 09:45:47 AM
Sugli illuminati non mi esprimo perche' credo sia una grande bufala. Il riferimento all'illuminismo invece non mi permette di tacere. Prima dell'illuminismo c'era l'ancien regime, con meno materialismo ma tanti altri difetti. Ne dico solo uno rispetto al quale le cosidette perversioni sessuali sono insignificanti. Un nobile poteva commettere alcuni tipi di reato come la violenza sessuale sulle proprie serve e poi scegliere un altro suo servo che fosse fustigato al suo posto. Ne dico un'altra. I contadini oltre a dover lavorare duramente avevano al collo una specie di bussollotto, la gabella e i gabellieri facevano il giro e le svuotavano del denaro che doveva contenere. Ne dico un altra.Tutti erano obbligati ad andare a messa in molte zone d'europa e nel caso cio' non si faceva si veniva processati e fustigati. L'illuminismo ha tanti difetti ma anche qualche piccolissimo pregio.
#3213
Tematiche Spirituali / Re:pentimento ed espiazione
12 Luglio 2016, 05:20:23 AM
CitazioneL'uomo è, diceva Aristotele, un "animale politico" (o, se vuoi, un "animale sociale"), e quindi non si può distinguere il suo ruolo disgiungendolo dalla società di cui fa parte (se escludiamo il caso degli asceti o degli eremiti che in quanto solitari non hanno leggi alle quali dover rispondere con tutto quel che ne consegue). Dunque è ovvio che una violazione (sul modello di quella di Socrate) delle leggi della società in cui uno vive (sempre ammesso che sia fatta in buona fede e secondo giustizia) deve comportare l'assunzione totale di responsabilità e quindi anche della pena che la società intende infliggergli secondo le proprie leggi. Questa assunzione di responsabilità può anche trasformarsi in un insegnamento per i propri concittadini, ma non è una conseguenza necessaria perchè l'onore e la dignità di un uomo non si misurano in base alla considerazione che di lui hanno gli altri, ma in base a quella che lui ha di se stesso: solo un vigliacco cerca di sfuggire alle conseguenze delle proprie azioni, una persona  degna ne rivendica il merito, qualunque esse siano (vedi come esempio Renato Vallanzasca).
Per come la vedo io non si può "sbagliare" in buonafede: lo sbaglio è  in malafede oppure lo è solo dal punto di vista "utilitaristico",  delle conseguenze che si pensava di trarre dalle proprie azioni; se uno compie un furto pensando di trarne dei vantaggi e poi questi non si verificano allora ha "sbagliato", ma se invece gli riesce e la fa pure franca allora dove sta l'errore? Non puoi dire di aver sbagliato quando ti hanno beccato perchè altrimenti non sei "pentito" ma solo un ipocrita. Se uno fa "la cosa giusta" quando mai dovrebbe sbagliare? Che poi la cosa giusta sia illegale o meno è un'altra questione. Poi uno con l'esperienza si può rendere consapevole che la "cosa giusta" era magari un'altra, ma nel momento in cui l'ha fatta la sua convinzione era tutto quello che contava: e dunque di cosa dovrebbe mai pentirsi? di aver fatto una cosa che nelle medesime condizioni rifarebbe mille volte? E se uno è convinto di aver fatto la cosa giusta quale punizione dovrebbe mai autoinfliggersi? Considero anche il fatto che per "cosa giusta" si possa intendere anche l'asservimento di un proprio istinto, di una propria tentazione: se però si sapeva anche prima che tale cedimento avrebbe comportato un'azione malvagia o ingiusta allora si ritorna al caso della malafede: e se uno agisce in malafede come potrà mai pentirsi o addirittura autoinfliggersi delle punizioni se non per "compiacere" la vittima o la società in termini di "captatio benevolentiae"? Sarebbe solo un comportamento doppiamente ipocrita e non certo da elogiare.
Mi soffermo su questo frammento della discussione, perchè tocca un punto essenziale. Il pentimento e l'espiazione sono nello stesso rapporto esistente fra teoria e prassi. Ci si può teoricamente pentire, rimuginare sul fatto che abbiamo fatto qualcosa di "malevolo", evitare di ripetere l'errore in futuro oppure agire affinchè quel senso di colpa che ci perseguita si attenui o scompaia (espi-azione).
Questo processo è però dinamico e se quello che ho fatto ieri oggi non mi sembra più giusto allora è inevitabile che mi penta. Proprio perchè siamo animali sociali, siamo in grado di capire che le nostre azioni hanno conseguenze che non si fermano all'atto compiuto ma si riversano nel futuro fino a conseguenze che non siamo in grado di seguire. Voglio dire: le persone cambiano, ma in quel cambiamento inevitabilmente si portano il fardello di quello che erano precedentemente e il pentimento non è altro che l'anello di congiunzione fra il passato e il presente di quell'uomo cambiato. Senza questa premessa inevitabilmente le persone sarebbero irrigidite nelle loro convinzioni e incapaci di giudicare criticamente i propri atti. Altro discorso è invece quello di saper distinguere fra pentimento ipocrita e pentimento non ipocrita, tenendo ovviamente conto del fatto che, proprio per non essere ipocriti, bisogna riconoscere che gran parte delle relazioni sociali ha una evidente patina di ipocrisia che ci preserva dalla santità ma anche dalla follia.
#3214
CitazioneEppure c'è qualcosa di vero.
La sublimazione dell'istinto, in questo caso forse è corretto pulsione, viene sublimata, ovvero spostata nel concetto.
Si passa quindi dall'istinto alla ragione e di conseguenza alla civiltà.
Ma penso ci sia necessità a sua volta del senso di colpa e quindi di una morale che lo giustifichi.
Si potrebbe dire il piacere istintivo diventa il bene e il male.
Sono sicuro che piacerebbe a Nietzsche e a mio parere rappresenta proprio il passaggio dal dionisico all'apollineo,
in fondo non è il complesso di Edipo, ovvero la tragedia di Sofocle chiave entrambi per la psicoanalisi e il perido greco di costituzione di una civiltà?

L'autorealizzazione può essere posiitiva o negativa, ma è una morale che ne dà il giudizio,

Non saprei. Secondo me Nietzsche e Freud sono per certi aspetti molto lontani. Una linea comune però c'è anche se non la vedo in quella di Paul. Entrambi smascherano i "buoni sentimenti" e le "magnifiche sorti e progressive" della borghesia del XIX secolo. In questo senso sono molto più vicini a me di tutta la filosofia che scaturisce dall'illuminismo, fino a Marx e al positivismo e neo-positivismo.
Però l'uno (N.) lo fa rievocando un passato mitico di forza naturale che non deve vergognarsi del suo potere, mentre l'altro (F.) tende a riequilibrare la visione pessimistica che ha dell'uomo con le facoltà terapeutiche della Civilizzazione, denotando pertanto in termini negativi la sopraffazione dell'uomo sull'uomo. In Freud, il piacere istintivo non è mai un bene. L'uomo va addomesticato attraverso un processo di razionalizzazione che non ha però mai fine. E' il processo in sè, di analisi, a svolgere una funzione contraria all'istinto e al soddisfacimento immediato dei desideri e di svelamento di quelli più inconfessabili.
Insomma la chiave pedagogica di Freud resta all'interno della famiglia romano-ellenistica ma passata al setaccio giudaico-cristiano, mentre Nietzsche affronta il problema alla radice e capovolge i termini di paragone, costruendo qualcosa di filosoficamente piuttosto innovativo. 
Un'altra differenza consiste nel metodo, Freud parte da presupposti scientifici e ha sempre valutato la sua teoria come migliorabile e modificabile alla luce dell'esperienza scientifica (in realtà ha predicato bene ma razzolato male). Freud era in questo molto più positivista di Nietzsche, il filologo. Eppure Freud, da una diversa prospettiva si pone in termini di ambivalenza della situazione umana e non a caso la sua teoria più nota nasce dall'esame di una tragedia greca. Nietzsche invece affronta il tema antropologico partendo anche lui dall'antica Grecia ma negando l'ambivalenza della condizione umana. Quando l'uomo abbandonerà la filosofia del risentimento spiegherà la sua forza "apollinea" e i "servi" in fondo saranno felici anche loro, perché i ruoli saranno finalmente legittimati sub specie philosophie.
Non vado oltre perchè ho una conoscenza superficiale di Nietzsche di cui ho letto solo due o tre libri, fra cui l'imprescindibile Genealogia della morale e lascio la parola agli altri.
#3215
Non entro nella discussione in se'. Vorrei solo precisare che la psicoanalisi classica, ovvero quella freudiana fa nascere la civilta' dalla repressione dei desideri di potere (uccisione del padre) e dei desideri sessuali (copulare con la madre). Dire che la psicoanalisi e' una sorta di filosofia del "no limits" e' semplicemente falso. Anzi c'e una letteratura abbastanza nota (alice miller) che considera la psicoanalisi una pedagogia "nera" perche' fonda la trasmissione del potere in termini autoritari (poi ovviamente anche la miller e' una psicoanalista ma il canone psicoanalitico e' quello freudiano, almeno ad un certo livello comunicativo).
#3216
Attualità / Re:Femminicidio: degenerazione del uomo
25 Giugno 2016, 15:00:43 PM
CitazionePenso che il femminicidio (e in genere la violenza fino all'estremo del maschio sulla femmina) sia un problema vecchio quanto l'uomo e sicuramente non una caratteristica dei tempi attuali. Quello che oggi emerge è invece la contraddizione profonda di una società che credeva di poter razionalmente superare certe ataviche e perverse dinamiche sociali, magari anche con la liberazione dei costumi sessuali, e si accorge che quelle stesse dinamiche restano in realtà del tutto invariate (in questo caso nel modo di sentire maschile) anche in quelle classi sociali che si ritenevano più adeguate alla cultura dei tempi. Il femminicidio oggi emerge a causa della contraddizione che esprime rispetto allo sfondo culturale vigente, ben più che a causa di una recrudescenza quantitativa del fenomeno, mostrando come sempre quanto la nostra pretesa di civiltà sia appunto solo una pretesa, una specie di superficiale tinteggiatura facile a scrostrarsi, mettendo in luce la vera natura dell'essere umano, in questo caso, quella del maschio.    


Condivido quanto scritto da Maral ed aggiungo che il femminicidio è solo la punta dell'iceberg. Secondo uno studio dell'Istat del 2006, le donne maltrattatate psicologicamente e/o fisicamente in Italia erano 10 milioni, ovvero circa il 30 per cento della popolazione femminile totale! E non è solo un problema italiano. Anzi in molti paesi europei la violenza nei confronti delle donne è quantitativamente maggiore.
E' semplicemente una questione di potere e di possesso, difficile da scardinare visto che le più importanti religioni da millenni insegnano l'inferiorità mentale e spirituale della donna. Direi anche che il paradigma originario di ogni razzismo risiede proprio nella considerazione di inferiorità della donna nei confronti dell'uomo.
#3217
CitazioneMa scusami sai, visto che tu, al contrario di me,  hai le idee chiare, perché alcuni post - costituzionalmente leciti - sono stati definiti irritanti da certi che non hanno motivo di stare in un forum dove  si parla di cose alle quali non credono?
Io non sono mai andati nel forum degli atei.

Ci mancherebbe altro. La percezione, al contrario, è che, se tu potessi, i non credenti li metteresti tutti in prigione.

Se parli con cognizione di causa, segnalami un mio post dal quale si evince ciò che affermi.
Personalmente rispetto tutti e non faccio violenza neanche ad una mosca, perché la mia è religione di amore per amare i nemici quanto gli amici, anche se in modo diverso. Ciò che sto facendo anche con questo post.




A proposito della religiosità e della spiritualità, ancora una volta pecchi di presunzione.
  A parte che il tuo è un giudizio, ma lo accetto anzi ti ringrazio perché vorrei prenderne atto, ma segnalami da dove lo si evince.

 Se per caso pensi che la spiritualità o la religiosità sia appannaggio solo di chi crede in un Dio rivelatosi ad un popolo di pastori qualche migliaio di anni fa, ti illudi. Anche se la cosa potrà soprenderti o irritare (non so), io, nella mia veste di essere umano, pur non credendo in Dio, sono spesso animato da pensieri spirituali e mi interrogo su cose che non hanno niente a che fare con la materialità della vita.

Cerca di deciderti, dei due uno: o credi o non credi, ma, visto che siamo in tema, non ti sembra un tantino presuntuoso decidere per tutti appannaggio di chi sia la religiosità senza aver esperito giorni di fede?
Il Dio rivelatosi qualche millennio fa, come tu dice, non si è rivelato solo ad un popolo di pastori che tu, da come ti esprimi, disprezzi, ma si è rivelato anche ai capi religiosi, ad Erode, a Pilato, ai soldato romani, ed al mondo intero, il problemi è che gli umili Lo hanno riconosciuto mentre grandi personaggi no! Tu non riconoscendolo a quale di questi appartieni?

In ogni caso se prima di puntare il dito leggessi con attenzione, ti accorgeresti che in uno dei primi post di questo topic ho affermato che la vera chiesa è l'umanità chiesa di fraternità perché il Padre è uno per tutti. 

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1) Caro Giona. Il fatto di non credere non mi impedisce di rispettare chi crede ed anche di entrare in contatto con loro, perché penso che il "credere" in un ente, in una divinità, è un aspetto importante dell'uomo e della storia dell'uomo. E credo anche di avere più rispetto di te, perché non voglio che nessuno cambi. Non so se hai figli. Io ho dei figli che vanno regolarmente in chiesa e non mi sono mai permesso di dire loro: "non andate, altrimenti brucerete nel fuoco dell'ignoranza e il Dio Scienza vi manderà all'inferno degli ignoranti". La nostra differenza è tutta qua, ma non è una piccola differenza...è una differenza che ha prodotto nel corso dei secoli milioni di morti, di morti fisici, non di morti spirituali, quelli che ogni tanto citi. Perchè c'è una bella differenza fra i morti fisici e quelli spirituali. Quelli spirituali, camminano, mangiano, vivono più o meno serenamente, a quelli fisici invece è stata tagliata la gola, lapidati, crocifissi, internati in campo di concentramento, arsi vivi, eccetera e semplicemente per le loro idee, e quando tu dici che sei qua e che hai pazienza fino al limite di poter redimere qualcuno che vuole essere redento, oltrepassi un altro livello di presunzione e ti avvicini a quei campi di concentramento, a quel modo di pensare per cui è meglio salvare l'anima e si può anche sacrificare il corpo per salvarla.

2) A proposito dei miei interventi qui: la sezione si chiama "tematiche spirituali", un argomento che mi interessa e spesso leggo con piacere gli argomenti di cui parlano altri membri del forum. Se invece è necessario "credere" per partecipare allora tolgo il disturbo, ma dovrebbe essere un moderatore a dirlo.

3) Sul mio credere o non credere. La spiritualità è una cosa, la religiosità un altra, professare una fede un'altra ancora. 

4) Sul puntare il dito: tu sei espertissimo su questa pratica e quindi non ti devo insegnare niente.
#3218
Carissimo Giona, continui a manifestare una certa confusione di idee. Nessuno mette in dubbio che si tratti di discorsi costituzionalmente leciti. Ci mancherebbe altro. La percezione, al contrario, è che, se tu potessi, i non credenti li metteresti tutti in prigione.
A proposito della religiosità e della spiritualità, ancora una volta pecchi di presunzione. Se per caso pensi che la spiritualità o la religiosità sia appannaggio solo di chi crede in un Dio rivelatosi ad un popolo di pastori qualche migliaio di anni fa, ti illudi. Anche se la cosa potrà soprenderti o irritare (non so), io, nella mia veste di essere umano, pur non credendo in Dio, sono spesso animato da pensieri spirituali e mi interrogo su cose che non hanno niente a che fare con la materialità della vita.
#3219
Condivido il pensiero di Altamarea e provo a fare da specchio:

"voi che credete siete animati da una falsa coscienza, vivete in una situazione di ignoranza e di alienazione, che viene sfruttata dalla classe dirigente per fare di voi dei burattini che si piegano a qualunque volontà. Solo se uscirete da questa situazione racappriciante ci sarà un futuro per voi, altrimenti continuerete a vagare in questa società come dei bambini ingenui o pericolosi, mettendo in pericolo anche i vostri simili propalando fandonie che non sono verificabili. Solo nel momento in cui nessuno crederà il mondo sarà salvo. Io lo dico come semplice messaggero del pensiero scientifico, per carità, ognuno è libero di distruggere la propria vita come vuole, ma verrà un giorno in cui la verità scientifica si imporrà e voi dovrete battervi il petto e scuotere la testa"
Questo è quello che scriverebbe il doppelganger di Giona.


"Io penso che la religione e la religiosità, accanto ai tanti effetti benefici, possa arrecare dei problemi, dati dal pensiero mondodimensionale, dalla incapacità di confrontarsi e di scendere a compromesso con un pensiero diverso, dovuta alla propria logica assoluta. Ciò non toglie che i credenti come i non credenti possano essere animati dalle migliori intenzioni altruistiche di questo mondo, come del resto è documentabile leggendo la storia dell'umanita'.

Come potete ben vedere il primo messaggio è un messaggio che non ammette discussione. Il secondo nella sua visione terrena apre ad una discussione, fra effetti positivi e negativi della religione e della religiosità. Inoltre il primo è assolutamente giudicante e scindente la posizione del bene dalla posizione del male (indipendentemente dal fatto che si parli di religione o di scienza).

Il Doppelganger di Giona è il vero male (e qui scindo anch'io) e non importa che la scissione assoluta fra male e bene riguardi gli ariani vs gli ebrei, i credenti vs i non credenti, i ricchi vs i poveri, i liberali vs i comunisti, i delinquenti vs gli onesti, i pazzi vs i sani di mente.

Credo che un destino comune ci controlli e che anche l'atto più immorale e perverso riguardi tutti noi come umanità, così come l'atto più ideale ed eticamente corretto. In ciò le religioni orientali hanno molto più da insegnarci di quel Dio crudele precedente al Nuovo Testamento.
#3220
"Allora volendo riformulare la domanda, dobbiamo chiederci: In che percentuale le persone che s'inganno dicendo di credere senza credere e in che percentuale le persone s'ingannano dicendo che nulla esiste?".

Piuttosto mi domando come faccia Giona ad avere un pensiero così totalitario, adatto ad un teorico della guerra santa, piuttosto che ad una persona che si professa cristiana. Ma tant'è...Anzi lo ringrazio, perchè conferma la mia idea che credere in Dio in questo modo sia qualcosa di estremamente pericoloso e violento.
#3221
Prendo l'argomento da un altro angolo. Accetto la tesi di Duc. Credere o non credere sono entrambe posizioni fondate su una fede. Quella fede ci fa agire in un certo modo e comunque è impossibile agire senza una qualunque fede. Però credere in un Dio onnipotente, vendicativo e geloso, che comunque ci preserva dallo sbagliare perché basta credere in lui è un presupposto per operare azioni "avventate". Provo a spiegarmi meglio, ma sto pensando quasi in diretta.
Si può immaginare il credere come una scala graduata, dove ad un estremo vi è il massimo della fede e all'opposto il massimo del nichilismo. All'estremo della fede vi sono i campioni dell'integralismo, religioso e non, coloro che "credono" in modo forte e assoluto, possono credere anche nella Lazio o nello stalinismo, ma per loro quella è la ragione di vita. Hanno una energia invidiabile e raggiungono clamorosi obiettivi, ma spesso lo fanno lordandosi le mani di sangue innocente. Sull'altro estremo, come giustamente sottolinea Duc, non c'è azione ma stasi, morte del pensiero e forse dell'umanità. Più o meno al centro c'è una umanità ondivaga, che un pò crede, un pò non crede (nella Lazio o nello stalinismo) ma che difficilmente si macchierà di grandi crimini. Insomma nei tanti discorsi di questo topic rieccheggia quello che diceva Manzoni nei Promessi Sposi che "a far troppo bene a volte si rischia di far del male".
In questo senso credo che non vi sia simmetria, come professa Duc, fra credere e non credere, ammesso che si consideri il non credere in quella fascia tollerante, dubbiosa e relativista, che magari ti fa agire in modo incoerente ma salva dalla violenza cieca di ogni integralismo. In questo senso credere in Hitler è esattamente identico al credere nell'Allah del Daesh.
#3222
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
23 Maggio 2016, 23:47:16 PM
Sull'altruismo c'è la famosa parabola dei porcospini di Schopenhauer. Credo che sia imbattibile per descrivere brevemente la condizione umana nei suoi aspetti, per così dire, sociali.
#3223
Per il momento una breve considerazione. Se il ruolo della donna è cambiato lo si deve effettivamente anche al mercato, come dice Acquario. Infatti la distinzione fra madre affettivo-relazionale e padre razionale-giudicante è venuta meno non solo per il femminismo, ma perchè i maschi si sono sempre più allontanati dal ruolo di padre-legislatore e sanzionatore. Si parla ormai da qualche decennio di fine dei padri, e quante volte mi tocca sentire persone, amici e conoscenti che dicono che sono gli "amici" dei figli.
I figli non vogliono i genitori come amici. Se una situazione del genere si presenta loro, si fa loro un grave torto: non cresceranno mai e faranno a loro volta gli amici dei loro figli. I genitori devono fare i genitori e se necessario dare le dovute punizioni (ovviamente non corporali) e gli amici di solito non puniscono. Ora invece ci si spaventa solo della parola punizione. E' la fine della legge ad aver facilitato lo sviluppo del femminismo, la legge simbolica rappresentata dal padre. Non la legge autoritaria ma la legge di chi sa di avere una responsabilità "gerarchica" da gestire per trasmettere il modo di vivere in società. Una legge che in una società "consumista" non serve più. La legge deve dire NO, deve essere giusta, mentre il consumo deve dire "SI" e stimolare gli eccessi, il no limits, il bisogno non essenziale ed egoisticamente inteso.
Ovviamente la modifica del rapporto uomo-donna non è condizionata solo da questo tema, ma credo che esso sia particolarmente significativo.
#3224
Tutte identità che esistono ancora ma che sono messe in profonda crisi dal modello del capitalismo globale attuale. L'individuo è il prototipo ideale per questo modello, perchè nella sua singolarità è un consumista perfetto, incapace inoltre di opporre qualunque resistenza e qualunque ideologia oppositiva al capitalismo globale. E' un po' come entrare in un non-luogo come i centri commerciali: merci in vendita per singoli individui in luoghi senza storia e senza anima. Del resto questo modello esasperato finisce per stritolare lo stesso capitalismo globale perché rende le strutture di potere anomiche, fa perdere il concetto di "padre" di "autorità" di "gerarchia" in nome del "no limits", del diritto a consumare, della ricerca della felicità ad ogni costo. Ma il capitalismo globale nella sua ricerca del massimo profitto non sempre è in grado di darsi dei limiti, anche quando quei limiti potrebbero garantirgli la sopravvivenza. Staremo a vedere quello che accadrà nel prossimo futuro.

Proprio per tutto ciò che ho esposto sono patriota, mi riconosco anzi di più nella antica storia romana che nell'Italia di oggi. Allora infatti Roma, senza alcuna vanagloria o imperialismo nostalgico, creò il primo impero occidentale, la prima cultura occidentale e permise la trasmissione di quei valori che ci distinguono da ogni altra cultura, prima assorbendo la civiltà ellenistica e poi quella giudaico-cristiana. Come si fa a non essere orgogliosi di questa romanità? Come si fa a non considerare l'importanza della lingua latina parlata in gran parte del mondo occidentale dal 200 A.C. al 1600 D.C? Per ben 1800 anni, mentre il tanto amato inglese è lingua comune del mondo da appena 70 anni.
#3225
Attualità / Migranti
29 Aprile 2016, 15:50:33 PM
Cosa fare? Come gestire gli immensi (immensi?) flussi di migranti? E' solo un problema economico o anche culturale. Quali confini vengono superati? Possiamo aiutarli proprio ora, mentre il nostro sistema di welfare sta schricchiolando? Come sono collegate le moderne migrazioni e il pensiero integralista? Sono collegati? Che cosa significa accoglierli? Che cosa suscita in noi la presenza dell'altro, a noi italiani che siamo sempre "altri" anche fra di noi?