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Messaggi - Jacopus

#3226
Oltre ad essere più subdola è più pericolosa per certi aspetti perchè abolisce il senso di unione fra i membri di una società che può produrre ogni spirito religioso.
#3227
Quindi  i simboli si piegano a diverse e contrapposte interpretazioni. La sua come la mia sono relative e quindi il simbolismo non fa altro che legittimare il relativismo dei significati, proprio quello che lei voleva confutare.
Il Symballein si contrappone talvolta al Dyaballein (da cui la parola diavolo), perché il dyaballein è il contrasto fra due mentre il symballein è l'unione fra il tutto. Peccato che l'unione fra il tutto, oltre ad avere innegabili significati mistici, è stato sempre usato come metodo di repressione e di sottomissione delle classi subalterne (come dire: "siamo uniti in una dimensione superiore, poi se io mangio caviale e tu erba di campo, questo non c'entra, nell'unione mistica e simbolica dell'universo").
#3228
Il mito del labirinto ha giustamente molti significati. Nel precedente post se ne approfondisce uno ma ve ne sono molti altri. Si tratta senza dubbio di un mito archetipico che può retoricamente essere tradotto in molti modi. Riguardo a quello di Cnosso, storicamente è stato detto che rappresenta la vittoria della cultura greca su quella micenea. Teseo è uno dei più importanti eroi della mitologia greca ed uno dei pochi a non essere (almeno nella maggior parte delle tradizioni) figlio di almeno un dio. E' completamente umano. Ed è anche un eroe molto simile ad altri due eroi greci, Odisseo ed Ercole, entrambi giramondo e uccisori di mostri.
Il Minotauro è un mostro interessante. Il labirinto può essere interpretato come la volontà di separare il mondo etico dal mondo politico. Nascondendo il frutto di un amore impossibile e animalesco, Minosse si piega alla ragion di stato e antepone in suo sè egoistico all'esigenza di verità. E' un tema ricorrente nella mitologia greca, che ha il suo massimo fulgore in Edipo. Il Minotauro è quindi un doppio di Minosse. Il suo sè bestiale, il sè bestiale di ognuno di noi, che non può essere dimenticato ma che dobbiamo sforzarci di superare, senza alienarci da esso.
E infatti Teseo lo uccide attraverso l'amore e l'ingegno. L'amore di Arianna e il suo filo. Il filo che si contrappone al labirinto. Il labirinto ci fa perdere nei suoi meandri (lo costruì Dedalo) mentre il filo (della ragione) ci riconduce ad un quadro comprensibile e consolatorio.
L'attacco di Teseo al mostro rappresenta quindi contemporaneamente una vittoria storica e una vittoria ideologica, quella della Grecia contro Creta e quella della ragione contro l'ignoranza e la bestaliatà arcaica, il mistero e in sostanza il sacro.
Quindi l'uccisione del Minotauro è esattamente il contrario di quanto asserito nel primo post. E' l'uccisione del sacro e del mistero a favore del percorso razionalizzatore dell'uomo moderno. Non a caso Teseo abbandonerà Arianna in un isola, dopo averla strumentalmente utilizzata per i suoi scopi e Arianna diverrà sposa di Dioniso, dio dell'irrazionale par excellence.
#3229
Se quella illustrata da Giona e' la dottrina cristiana mi sembra un ulteriore motivo per sentirmi profondamente estraneo a questi precetti. La sessualita' con ivi compreso il piacere puo' essere una esperienza spirituale se abbinata con l'amore anche senza dovere di procreare. Penso che la teologia cristiana instilli in questo modo un senso di colpa che ignora la biologia umana e ci aliena da noi stessi. Condivido altri precetti cristiani che pongono un limite all'egoismo umano, ma farlo nell'ambito della sessualita' e' il classico viatico ad accumulare nevrosi, e comportamenti o idee bizzarre. A scanso di equivoci non sono a favore della sessualita' licenziosa e libertina ma, ad esempio, se un adolescente si masturba non vedo proprio dove sia il male. Sr due amanti si amano e usano il preservativo sono due persone responsabili  che vogliono magari allevare i figli in situazione di sicurezza che ora non hanno. La cultura sessuofobica cristiana e' per certi aspetti piu' retrograda di quella islamica.
#3230
Riflessioni sull'Arte / Re:Cos'è per voi l'arte?
07 Agosto 2017, 21:55:52 PM
Ciao Apeiron. Se Schopenhauer intende l'arte come un modo per comprendere meglio la verità, occorre domandarsi cos'è la verità. Se si tratta di verità in senso assoluto, credo che potrebbe essere un'arte affine al totalitarismo e mi è quindi estranea. Se con verità intendiamo invece la possibilità di entrare in relazione con gli altri in modo delicato e in modo pluralista allora ci intendiamo. La verità dell'uomo infatti, a mio parere, è sempre una visione da mille diverse sfumature. Non credo dei monoliti inattaccabili e privi di autocritica.
Superare il principium individuationis significherebbe considerare non-arte gran parte del Canone occidentale a partire dall'Odissea. Credo, che per quanto scomodo possa essere, dobbiamo accettare la vita nella sua ambivalenza e a maggior ragione l'arte, che non ha un solo significato ma ne ha diversi. Quindi ben venga il principium individuationis che ci permette di trastullarci invece di lavorare fino alle 20,00 nei campi con un bussolotto di legno al collo, dal quale possono attingere in ogni momento gli esattori del signorotto locale. Ma senza esaltare il principium individuationis, perchè assolutizzarlo significa trovarci nel mondo attuale, per certi versi peggiore di quelli ormai consegnati alla storia.
Sul "vedere meglio le cose" che usi al termine del tuo intervento mi sento più affine. L'arte in fondo è proprio vedere meglio le cose, ma anche qui bisogna intendersi: quali cose?
Nel mio ufficio ho appeso una poesia di Brecht lapidaria e immensa "Prima della morale viene il cibo". E' arte? Credo di sì perchè denuncia una posizione da sepolcri imbiancati, utile a chi ha la pancia piena. Però è su questa logica che si fonda la nostra civiltà materialista e allora dopo aver sfamato tutti occorre anche esprimere artisticamente altre istanze, non necessariamente morali ma che possiamo definire comprensive del nostro mistero di essere vivi e destinati a morire.
Qui mi si apre un'altra finestra: l'arte è tale quando rievoca più significati possibili. Pensa alla divina commedia. Ha una forma poetica, esattissima, all'interno della quale si manifesta un mondo immaginario, il mondo politico di Dante, il mondo storico così come era conosciuto nel '300 e anche il mondo dell'amor cortese, rappresentato da Beatrice. In altri termini un'opera d'arte diventa un capolavoro quando racchiude in sè diverse linee interpretative e può essere criticato e meditato sotto forme diverse, dispiegando una capacità espressiva poliedrica. Pensa al nome della rosa, contemporaneamente, libro giallo, libro filosofico, romanzo storico, sorretto da una cultura enciclopedica.
Un ultima nota: non credo all'arte come ispirazione da genio e sregolatezza. Credo che la genialità abbia la sua importanza, ma il 90 per cento dell'arte è fatica e applicazione costante negli anni, un demone che accompagna alcuni di noi, talvolta elargendo il successo e il riconoscimento e talvolta negandolo.
#3231
Riflessioni sull'Arte / Re:Cos'è per voi l'arte?
06 Agosto 2017, 18:29:19 PM
Due approcci diversissimi all'arte. C'è quello di Nietzsche: "abbiamo avuto l'arte per non perire di verità" e quello di Adorno, secondo cui l'arte è un'azione militante di demistificazione dei rapporti di potere e che quindi non ha niente a che fare con lo spirito consolatorio, estetizzante e sovraumano di Nietzsche. A me sembrano due visioni parallelamente riduttive. La vera opera d'arte forse è proprio quella che riesce a contenere entrambe le componenti, critica del reale e dei rapporti di dominio e forma estetica piacevole e consolatoria.
#3232
Ciao Maral. I discorsi idealistici fini a se stessi mi sono sempre stati indigesti e cosi quella affermazione che possiamo tutti agire nella quotidianita', nel ns piccolo mi ha colpito. Ma potresti spiegare meglio le azioni piccole e quotidiane da svolgere?
#3233
Una breve considerazione. Mentre in alto i capitalisti esercitano il più tollerante multiculturalismo, basti pensare agli accordi fra gli yankee liberal e la dinastia saudita o fra i francesi e i capitalcomunisti cinesi, si esasperano in basso i conflitti e i contrasti ritenendo che le diversità culturali porteranno a disastri veri o immaginari. Ottima strategia che tra l'altro sta riuscendo alla perfezione.
#3234
Ciao aquario. Il disequilibrio credo abbia due motivi. Il primo e' l'esplosione demografica. La grande migrazione dal sud italia e' nata da questo. Mio padre, meridionale, mi raccontava che da piccolo vedeva spesso i funerali di bambini e neonati. La fine della mortalita' infantile e il proseguimento culturale del generare tanti figli per paura della loro morte ha creato il disequilibrio. Situazione che si sta normalizzando in Sud America e in Asia dove si tende a crescere due figli a coppia. L'unico problema resta l Africa subsahriana la cui crescita e' fuori controllo. Vi e' poi una moltiplicazione delle possibilita' per cui non e' piu' obbligatorio ripetere il mestiere del padre e questo determina inevitabilmente piu  mobilita'.
Rispetto alla cura dei genitori credo che dovrebbero essere le leggi e le istituzioni a intervenire attraverso servizi dedicati e facilitazioni di trasferimento, centri diurni, ecc. Poiche' scaricare sui familiari e' comodo ma quando hai un malato di halzheimeir di 90 anni in casa qualche aiuto extrafamiliare lo devi avere. E' il solito discorso. Si proclama la sacralita' della famiglia. Bisogna fare piu' figli, curare gli anziani, ma andare in pensione piu' tardi, produrre di piu'. Proclami sterili se non sono seguiti da politiche e fatti. Stessa cosa accaduta con la chiusura dei manicomi per fare un altro esempio. Questo e' il paese delle grida manzoniane e del "chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato, e scordammoce o passato".
#3235
Tematiche Culturali e Sociali / Governo globale
20 Luglio 2017, 19:40:58 PM
CitazioneUno stato globale non dovrebbe assomigliare ad una grande nazione, la globalizzazione può essere sostituita dalla glocalizzazione, il rispetto delle culture territoriali non deve inficiare sulla nostra capacità decisionale, uno stato globale non è una grande Italia dove al posto del campanilismo c'è il nazionalismo. E non ci sono canzoni di Lou Reed da imparare, ma la fratellanza dei popoli, idea tanto antica quanto poco frequentata che risiede tuttavia ancora al centro di gran parte delle culture umane ben prima che sovvenisse in maniera cosi imperitura il rischio dell'estinzione della vita sulla terra.
(...)
Trasformarsi in una civiltà planetaria è l'unico modo per assorbire e gestire la responsabilità intrinseca alla tecnica e alla potenza che oggi essa ha raggiunto e le conseguenze che si prospettano in caso avessimo ancora voglia di fare i giocolieri con le granate. Se dobbiamo aspettare di scottarci per capire, se serve un conflitto termonucleare o l'inabissamento della Florida e della val Padana, per me non è un problema, abito lontano da questi posti, ma dovrebbe essere un problema per il nostro orgoglio di esseri umani e per noi occidentali in primis. Il rischio è che la democrazia non sia un sistema sufficientemente efficace per attraversare una serie di istituzioni concentriche, che le elezioni non riescano ad oltrepassare una certa soglia di località e lo stato globale si trasformi in un leviatano. Se cosi fosse dovremmo essere in grado di rimettere in discussione TUTTO, pur di trovare un sistema che funzioni a livello globale. Egualmente alla filosofia la civiltà si è ubriacata dei propri termini, li vede come monoliti inarrivabili e inattacabili, mi sono rotto le palle di sentire che non ci sono soldi per i senzatetto quando a fianco un articolo celebra il budget del nuovo StarWars, che da solo potrebbe risollevare le sorti di un intera regione. Noi decidiamo il valore del denaro, come esso si muove, cosa lo attrae e cosa lo respinge, il fatto stesso che esiste, il vero leviatano. Il conservatorismo spacciato per realismo è il peggior ingrediente di una società, ammanta di ragioni assurde la semplice codardia a difesa dello status quo. L'arrendevolezza che leggo in alcuni post davanti alle "regole del denaro" mette seriamente in discussione la nostra natura di esseri empatici e sociali, la nostra capacità di essere virtuosi.

Parto da questo intervento di Inverno. La tesi è che di fronte al Leviatano "Moneta Globale" occorre contrapporre un potere altrettanto forte, chiamiamolo "Potere Globale". Un potere che possa a livello mondiale "guidare" gli animal spirits del capitalismo finanziario, un pò come pretendeva di fare la Chiesa nei confronti dell'Impero ai tempi di Enrico IV. In linea di principio sono d'accordo, altrimenti la finanza troverà sempre il modo di evitare le proprie responsabilità e cercare il massimo profitto, secondo una modalità ampiamente sperimentata. Ma come Inverno già sottolinea, anche quel potere può trasformarsi in un Leviatano, o meglio in un Beemoth, poiché il Leviatano, almeno per Hobbes, non ha un valore negativo.
Il denaro, attraverso la sua astrattezza e neutralità, ha influito sulla diffusione della libertà di pensiero e di opinione, che non a caso ha preso il sopravvento attraverso l'ascesa della borghesia. La libertà di pensiero in ancien regime era un concetto piuttosto astruso e balordo. Attraverso quella libertà abbiamo superato lo ius primae noctis, la segregazione della donna, il malleus maleficarum, la controriforma ed anche Auschwitz, ultimo rappresentante ibrido e mostruoso del medioevo.
Questo per provare a pensare al denaro anche come influsso benefico nella storia dell'uomo.
Però è anche vero che ora il denaro ha acquisito lo status di "pensiero unico" e tutto sembra derivare dai rapporti di forza monetari. Non a caso abbiamo avuto ed abbiamo esempi di governanti ricchi e famosi, mentre in passato si esercitava una più sana divisione dei ruoli.
Ed ancora mi ritrovo nelle parole di Inverno quando dice che dobbiamo sforzarci a trovare qualcosa di nuovo nei rapporti umani, se la democrazia non serve più a controllare questo strapotere. Ma siamo sicuri che questo modello sia una sorta di Nazioni Unite dotate di potere effettivo? Siamo sicuri che dove siamo tutti uguali, non ci sia qualcuno più uguale degli altri, come la storia ci ha insegnato?
E allora come fare? Come salvare la capra del denaro (ormai diventata una capra demoniaca e mastodontica) e i cavoli della libertà e della dignità dell'uomo, non riducibile a semplice "stucke"?
#3236
buongiorno a tutti. Continuo a ragionare a voce alta e prendo spunto da quanto scritto da Inverno. Un'argomentazione valida: il nazionalismo assomiglia a voler catturare la balena bianca (il capitalismo) con tante piccole fiocine sparse. Con in più la possibilità che la balena bianca possa aizzare le fiocine l'una contro l'altra anzichè contro se stessa. Si è creato così il paradosso che il capitalismo fondato sul principio della libera concorrenza, a livello paradigmatico, non ha più concorrenti, se non l'ambiguo fenomeno dell'integralismo islamico (che propone una forma di capitalismo più arcaica e forse per questo più umana), La sinistra al potere è ormai integrata, come i sindacati istituzionali. Le voci fuori dal coro provengono da un certo radicalismo cristiano e dal magmatico mondo del populismo e del neofascismo.
Per affrontare ad armi pari la Balena Bianca servirebbe un capitano Acab globale anch'esso, un'ipotetico stato mondiale che ponga le stesse regole e norme a tutti gli individui.
E qui i nodi (gordiani) vengono al pettine. La scienza, la tecnica, il denaro sono principi neutri, procedure oggettive, così come una certa vulgata vuole far crederci rispetto alla politica: si vota e si contano i voti, vince chi ne prende di più. Ma se voglio costruire uno stato globale devo in qualche modo condividere una piattaforma di credenze, riti, abitudini, ideali, con i miei connazionali. Posso provare una sincera compassione per il povero nigeriano che chiede la carità ma se gli canto "waiting for my man" di Lou Reed cosa capisce? Credo che la globalizzazione umanistica abbia un'anima nera e perversa perchè tende a renderci tutti uguali e intercambiabili e potrebbe essere il trionfo finale del neocapitalismo piuttosto che il suo argine.
Le varie forme politiche, le diverse forme di pensiero sono in qualche modo assimilabili ad un mondo ecologico equilibrato. Se nel XX secolo vi fossero stati solo governi comunisti o fascisti, vivremmo in un mondo completamente diverso. Ora è come se  vivessimo in un mondo totalitario dal punto di vista economico, con la politica e il mondo degli umani che annaspa dietro di esso.
Ma uno stato globale rischierebbe di ripresentare lo stesso totalitarismo.
Più concretamente  bisognerebbe spingere la politica  verso decisioni eque, paradossalmente nell'interesse del capitalismo stesso. Infatti il capitalismo in senso astratto, assume sempre più i connotati della personalità antisociale, ovvero dello psicopatico, che cambia registro comportamentale solo quando viene assoggettato da una potenza superiore (la polizia), ma affinchè lo lasciano fare, tenderà sempre a fare più danni possibili per soddisfare il suo egoismo, scaricando sugli altri le sue responsabilità.
In fondo viviamo in un luogo del mondo privilegiato, dove il benessere, seppure in diminuzione, ancora esiste. Dobbiamo difendere le conquiste del passato, non illuderci che la destra esaudirà i bisogni della classe media o dei poveri. Dovremmo mantenere come riferimento le socialdemocrazie del nord-europa che sanno conciliare la presenza della libera proprietà con un diffuso senso civico e altrettanto diffuso benessere. Dovremmo anche, tornando all'argomento, far sentire la nostra voce di popolo italiano anche agli altri europei. Perchè non organizzare una grande manifestazione per chiedere agli altri stati europei di accogliere parte dei migranti che si trovano in Italia. Che grande ipocrisia c'è in uno stato come la Francia che ha come motto "libertà, uguaglianza, fraternità" e poi ricaccia indietro come bestie minorenni e donne incinte? Voglio dire, prima di pensare ad uno stato globale perchè non pensiamo ad agire come cittadini responsabili piuttosto che come sudditi sempre in bilico fra sottomissione e inutile rivolta?
#3237
Inverno hai ragione! Perche' limitarsi solo alla macchina? Occupiamoci anche del fantasma. Allora faccio la lista dei miei romanzi di formazione (che bel giochino apeiron).
1. La Bibbia.
2. Memorie di Adriano.
3. Il nome della rosa.
4. I promessi sposi.

Date le mie molte lune la lista potrebbe essere molto lunga, ma non vorrei tediarvi.
#3238
Provo a chiarirmi le idee usando questo spazio pubblico di discussione. Il problema è estremamente complesso. Quello che dice acquario non mi trova in disaccordo. L'integrazione di un popolo, di una nazione, di uno stato deve fare riferimento a valori comuni, lingua comune, usanze comuni, cibi comuni. Dichiararsi italiano deve avere un senso più vasto e comprensivo di "vivere in un certo territorio".
Altrimenti il rischio è di vedere il problema in modo unilateralmente. Esistono in fondo tre tipi di unidimensionalità del pensiero in questo contesto. Quella di chi vorrebbe il territorio omogeneo in modo idealistico sia a favore dell'occidente che a favore dell'oriente e chi invece ritiene che l'integrazione sia un atto di buona volontà, di accettazione e di ibridazione dei costumi.
Anch'io spesso sono stato tentato da quest'ultimo tipo di approccio, ma è come sempre anche una questione quantitativa e di contingenza storica. Quanti stranieri può accogliere l'Occidente senza vedere stravolgere i suoi riferimenti culturali? Quanto tempo occorre affinché gli stranieri non si considerino più tali? Se tutto avviene in fretta e con questi numeri i rischi di una frammentazione e di caos identitario esiste eccome.
L'unico elemento di unione culturale appare ancora una volta il "consumo". Chi consuma fa parte di questa società. Ma se non garantiamo il consumo a tutti, ecco che gli esclusi potrebbero covare il "risentimento" dei deboli e organizzarsi per altre identità, eventualmente anche conflittuali e non sentirsi italiani, europei, occidentali. Il conflitto è parzialmente culturale ma sostanzialmente è un conflitto di risorse, per di più in un momento in cui la torta diventa più piccola e i commensali aumentano.
Come siano forti questi richiami al consumo, a detrimento di tutti gli altri, l'ho avuto di fronte oggi, grazie ad una pubblicità di un SUV, che parafrasando il linguaggio di un navigatore declamava "restare single fino a 34 anni? Ricalcolo", inferendo che se resti single puoi permetterti il "suvvone", anche se in questo modo la società stessa si suicida e gli stessi meccanismi del consumismo vengono distrutti, poiché i figli mai generati del proprietario del Suv non consumeranno nulla.
Prima di parlare di integrazione sì-integrazione no, dovremmo quindi per coerenza fare un percorso di responsabilità. Se usiamo un cellulare, se andiamo in vacanza in Marocco, se compriamo banane dell'Ecuador, ci comportiamo in modo globale. Nel nostro piccolo sfruttiamo la globalizzazione delle merci e dei servizi. Paradossalmente questa globalizzazione la vietiamo alle persone, ai migranti economici, come se fosse preferibile morire di fame piuttosto che morire bastonati dalla polizia di regime. Direi che è il trionfo di un mondo meccanizzato e tecnico, dove noi siamo al servizio delle merci e non il contrario, come già enunciato 150 anni fa da Marx.
Il "crescete e moltiplicatevi" del capitalismo è andato bene per un paio di secoli, finchè c'era un ambiente in grado di assorbire le contraddizioni. Ora che è sempre più chiara la finitezza fisica della terra, ora che esistono isole di spazzatura negli oceani grandi come l'Italia, l'assorbimento non avviene più e il surplus si trasforma anche in migranti, che giungono in Europa perché qui li ha ricacciati le stesse contraddizioni del capitalismo globale.
"Aiutarli a casa loro" è un mantra di una ipocrisia notevole. Siete mai stati a Parigi o a Londra o a Madrid? Sono capitali splendide, costruite sulla pelle di milioni di schiavi globali. Ancora oggi in Niger la Francia maniene una casta di corrotti per pagare pochissimo l'uranio che serve alle sue centrali e i nigeriani partono. Un solo esempio ma se ne potrebbero fare migliaia.
Quello che sto cercando di chiarire (soprattutto a me stesso) è che il fenomeno migratorio dei nostri tempi andrebbe collegato ai processi capitalistici del XXI secolo, profondamente diversi da quelli del XX°, ma va anche collegato alle disarmonie di lungo periodo che il capitalismo ha prodotto, a partire dalle interferenze sui cicli climatici.
E' probabilmente anche un discorso di aspettative. "L'american way of life" è l'alleato culturale della globalizzazione. Insieme sono il software che si applica all'hardware. Tutti noi pensiamo in una camera segreta della nostra mente ad avere diritto ad una villetta a schiera, ad un'auto, a due bambini e una mogliettina/maritino simpatica/o, vacanze estive, rito del fine settimana al centro commerciale, abbonamento a netflix. Si sommano così diversi tipi di percorsi migratori. Chi è pressato da bisogni di vita o di morte e chi invece è abbagliato da riferimenti appresi dai media ma che tutto sommato potrebbe continuare a fare una vita di merda nel proprio paese.
E quindi che fare? Dopo la diagnosi serve sempre una terapia. Direi che il primo punto da considerare è che è l'occidente la causa primaria di queste migrazioni. Se io posso permettermi di stare beatamente davanti al computer è proprio a causa di una disparità di forza economica dispiegata nel corso dei secoli a vantaggio dell'Europa. Posso giustificare questo vantaggio dicendomi che sono parte di un popolo più intelligente, più in gamba geneticamente rimarcando la diversità, oppure posso farmi carico di una redistribuzione delle opportunità di vita.
Credo in sostanza che il problema sia reale, complesso e grave ma che l'unica alternativa all'accoglienza sia la guerra civile, soluzione non necessariamente negativa in termini ecologici, poiché solo la soppressione di molti di noi forse potrebbe riequilibrare la vita complessiva del pianeta terra.
L'accoglienza va però declinata sia in termini culturali, come accettazione generale da parte della popolazione, sia in termini organizzativi come capacità di assistere le persone nella loro migrazione (alfabetizzazione, inserimenti lavorativi, inserimenti sociali). In entrambi i casi siamo estremamente deficitari. Per il primo punto basta leggere bacheche social o commenti sui giornali per capire che stiamo andando nella direzione opposta. La tipica disorganizzazione italiana va menzionata per il secondo aspetto, disorganizzazione spesso sostenuta da frequenti atti di eroismo da parte di cavalieri solitari.
Insomma ci viene richiesto uno sforzo fuori dal comune, proprio nel momento in cui siamo noi stessi ad avere bisogno di un aiuto, noi gente comune e questo, ancora una volta, a causa dell'estremo strapotere del capitalismo globale, che non ha più alcuna remora "etica" a considerare gli altri "semplice merce" ed ovviamente siate certi che nel caso in cui si volesse mettere in discussione l'attuale assetto di potere, non avrebbero alcun timore a scatenare le solite guerre fra poveri, i "pogrom", la violenza dei bassifondi.

Grazie per la lettura a tutti coloro che sono riusciti ad arrivare fino in fondo.
#3239
Una lista essenziale, esposta cronologicamente:
1. Hobbes.
2. Kant.
3. Marx.
4. Freud.
5. Weber.
6. Adorno-Horkheimer.
7. Foucault.
8. Habermas.
#3240
Federico II di Svevia nel 1229 fu incoronato Re del regno di Gerusalemme. Il giorno successivo chiese alla sua guida come mai il muezzin non avesse chiamato per la preghiera del mattino, dalla moschea. La guida rispose che non aveva chiamato per rispetto dell'imperatore cristiano. Al che Federico rispose dicendo: "Ma io voglio ascoltare il delicato canto del muezzin, credi forse che se venisse il sultano di Bagdad a Palermo non farei suonare le campane?".
Forse la tolleranza di Federico derivava dalla sua vasta cultura, sapeva parlare in francese, tedesco, spagnolo, latino e arabo (e siciliano ovviamente). La sua corte e la sua amministrazione furono forse gli ultimi buoni esempi di governo del meridione d'Italia.
Anche per queste sue idee aperte nei confronti dell'Islam fu attaccato dalla Chiesa e da settori della nobiltà. Nihil sub sole novi.