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Messaggi - Eutidemo

#3271
Ciao Phil. :)
Tranquillo, la mia "matematicità" e scarsa quanto la tua; e, forse, anche di più!
;)
***
Comunque, quanto al fatto una circonferenza di raggio infinito  non cessa di essere un "cerchio" (A), ma è la stessa "circonferenza" ad "essere" una "retta" (B), secondo me, almeno per il principio di non contraddizione, la cosa non è possibile.
Ed infatti:
- A è A, e non può mai essere B, perchè B è B;
- però non c'è dubbio che A, cessando di essere A, può benissimo diventare B.
Se sono vivo non posso essere un cadavere; ma, purtroppo, un giorno ci diventerò!
***
Pertanto, se è corretta la mia allusione (alla circonferenza che estendendosi all'infinito "diventa" una retta), a me sembra un caso esattamente identico a quello del cerchio che "implodendo" diventa punto: ed infatti, una circonferenza infinita, nel diventare una "linea retta", cambia natura anch'essa, perchè da "linea curva" diventa un'altra cosa, e, cioè, una  "linea retta" (pur restando ad una dimensione).

***
Hai ragione nel dire che cambiare curvatura non è paragonabile al "perdere due dimensioni", tuttavia sempre di un cambio di "identità definitoria" si tratta.
Ed infatti:
- una curva è una curva, e non può mai essere una retta, perchè una retta è una retta (nè può "essere" niente di diverso)
- però non c'è dubbio che una curva, cessando di essere una curva, può benissimo diventare una retta (cioè una cosa diversa da quella che era prima).
Se sono vivo non posso essere un cadavere; ma, purtroppo, un giorno ci diventerò!
***
Sono invece pienamente d'accordo con te sul fatto che diminuendo matematicamente una misura non si arriva "mai" all'assenza di misura, bensì ad una "forma geometrica misurabile più piccola di tutte le altre forme geometriche misurabili del suo tipo"; il "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili", però, è una cosa assolutamente diversa da un "quadrato infinitamente piccolo" (ovvero, se preferisci, da un numero infinito  di "quadrati infinitamente piccoli").
Ed infatti, almeno per come la vedo io, un "cerchio nero infinitamente piccolo" è una definizione lessicale autocontraddittoria, in quanto, se è infinitamente piccolo, non è più un "cerchio", bensì è ormai diventato un "punto"; il quale, non avendo dimensioni, non è ovviamente "misurabile".
***
L'idea del "cerchio misurabile più piccolo di tutti gli altri cerchi misurabili", almeno secondo me, è una necessità di natura logica; ed infatti non mi sembra possibile che, almeno a livello concettuale, in un "insieme" di entità misurabili, non si possa concepire, quantomeno per astrazione, una entità misurabile più piccola (o più grande) di tutte le altre.
Però, se è un'entità per definizione "misurabile", non può essere una "entità infinitamente piccola"; ed infatti le "entità infinitamente piccole" (come il "punto"), non avendo dimensioni, non sono per loro natura "misurabili".
Però ammetto che si tratta di concetti molto facili da confondere (a cominciare dal sottoscritto).
***
Quanto al "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili", è ovvio che, come evidenziato nel mio sogno, anch'esso è fonte di paradossi, in quanto;
- come giustamente osservi tu,  dovrebbe essere sempre logicamente divisibile, perchè è misurabile;
- però, allo stesso tempo, se è "il più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili", allora non può essere logicamente divisibile, perchè altrimenti non sarebbe "il più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili" (ed infatti la sua metà sarebbe più piccola di lui).
E' un serpente che si morde la coda, come, del resto, in tutte le "aporie" (oniriche o meno).
***
Diversamente, quanto al "quadrato infinitamente piccolo", o meglio, quanto ai "quadrati infinitamente piccoli" (come giustamente hai osservato tu), si tratta di cosa concettualmente diversa dal "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili", in quanto:
- i primi sono infiniti e divisibili, appunto, all'infinito;
- il secondo è uno solo, e non può essere ulteriormente diviso, perchè altrimenti non sarebbe "il più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili" (ed infatti la sua metà sarebbe più piccola di lui).
***
Si tratta in entrambi i casi di astrazioni, che possono condurre a dei paradossi; soprattuto la seconda astrazione, la quale, a pensarci bene, mi ricorda un po' l'aporia del "mentitore cretese".
***
Ed infatti, con "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili" io non mi riferisco affatto alla finitezza delle possibilità tecniche dell'umanamente misurabile; ed infatti è ovvio che tali "limiti pragmatici" indubbiamente esistano, e non vanno confusi con i limiti concettuali pertinenti discorsi che implicano "l'infinito matematico".
Ma "il più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili" (che non può essere logicamente divisibile, perchè altrimenti non sarebbe più "il più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili"), non implica affatto l'infinito matematico, che è una cosa ben diversa!
***
Quanto alle tue considerazioni, non le trovo affatto "matematica da strada", ma assolutamente razionali; solo che, per i motivi che ho esposto, penso che anch'esse conducano a conclusioni alquanto "paradossali" (non più delle mie, però)!
***
Un saluto! :)
***
#3272
Ciao Phil, :)
per me "misura" vuol dire "numero", sennò non vuole dire assolutamente niente; ed infatti, in geometria, la "misura" indica la "dimensione esatta", lineare o angolare ottenuta da una o più operazioni di "costruzione geometrica".
Pertanto, la "forma geometrica misurabile più piccola di tutte le altre forme geometriche misurabili del suo tipo", come più volte avevo ribadito, non ha niente a che vedere con il concetto di "forma geometrica infinitamente piccola"; e, cioè "non misurabile per definizione".
***
Ed infatti, almeno secondo me:
- a differenza della "forma geometrica misurabile più piccola di tutte le altre forme geometriche misurabili del suo tipo", la quale mantenendo la sua qualifica di "forma geometrica misurabile", non potrà mai diventare un "punto";
-    diversamente, invece, una "forma geometrica infinitamente piccola", sebbene la si continui ancora a denominare lessicalmente così (in modo erroneo), diventa un "punto", perdendo quindi a sua specifica qualifica di "forma geometrica".
***
D'altronde, poichè la forma geometrica di un "cerchio" di dimensioni infinitamente grandi cessa di essere un "cerchio",  e diventa una "retta", non vedo perchè mai, sempre a livello definitorio, dovrebbe sorprenderti che un "cerchio" di dimensioni infinitamente piccole cessi di essere un "cerchio",  e diventi, invece, un "punto" !
***
Ovviamente, se ne facciamo una questione di "fisica" della misurabilità, la "forma geometrica misurabile più piccola di tutte le altre forme geometriche misurabili del suo tipo",  è un po' come "il tetto del cielo"; però è senz'altro qualcosa di logicamente concepibile "in modo necessario", poichè, visto che esiste un "quadrato misurabile più piccolo" del primo che ho concepito, uno un "più piccolo" del primo e del secondo, e così via, ne consegue che deve logicamente esistere anche un "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili" (e la stessa cosa vale per quello più grande).

***
Il "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili", però, è una cosa assolutamente diversa da un "quadrato infinitamente piccolo" (ovvero, se preferisci, da un numero infinito  di "quadrati infinitamente piccoli"); ed infatti, almeno per come la vedo io, un "quadrato infinitamente piccolo" è una definizione lessicale autocontraddittoria, in quanto, se è infinitamente piccolo, non è più un "quadrato", bensì è ormai diventato un "punto".
***
Ovviamente, non nego che le mie conclusioni risultino paradossali (ammesso e non concesso che poi "filino" logicamente); ma ritengo che non lo siano più delle tue.
***
Un saluto! :)
***
#3273

Ciao Phil. :)
Sono perfettamente d'accordo con te che è assolutamente impossibile "dare una forma e una dimensione al punto"; se lo si facesse, infatti, cesserebbe di essere un "punto" per diventare una "forma geometrica" (e viceversa).

***
In un certo senso, quindi, non hai tutti i torti nel dire che il "punto" è un po' un  "concetto-tampone", o per dirlo meglio, un "assioma" che rende completa e coerente la matematica; però la la P.F.G. ("Point Free geometry" cioè "Geometria Senza Punti"), a quanto pare, ne fa a meno,  ricorrendo al concetto di "regione", piuttosto che a quello di "punto".
***
Quanto alla tua risposta alla mia domanda: "Un cerchio infinitesimamente piccolo non sarebbe altro che un "punto"?", in parte la condivido, ed in parte no.
***
Ed infatti:
a)
La condivido nel senso che un "cerchio", per quanto "estremamente piccolo", se non lo concepiamo con  un "centro" e una "circonferenza", non corrisponderebbe più alla definizione di "cerchio", e, quindi, sarebbe un'altra cosa.
b)
Non la condivido nel senso che un "cerchio", se fosse "infinitesimamente piccolo", non potrebbe avere nè una circonferenza nè un'area misurabile; altrimenti non sarebbe un "cerchio infinitesimamente piccolo", bensì sarebbe  un "cerchio più piccolo di tutti gli altri cerchi", ma non infinitesimo, in quanto la sua area dovrebbe in qualche modo risultare "misurabile".
***
Un cerchio "infinitesimamente piccolo", infatti, non può avere assolutamente avere, come dici tu:
- nè una circonferenza che è una linea circolare misurabile;
- nè, un centro che è un punto che dista una distanza misurabile dalla circonferenza (raggio).
Ed infatti, se li avesse, non sarebbe affatto un "cerchio infinitesimamente piccolo", e, cioè, "privo di dimensioni", ma sarebbe un "cerchio molto piccolo, ma dotato di dimensioni e di forma"; e, quindi, dovrebbe essere misurabile.
***
Secondo me è un serpente che si morde la coda!
***
Non sono invece d'accordo con te sul fatto che: "...una forma infinitamente piccola non è empiricamente riscontrabile ma resta logicamente concepibile, soprattutto nel momento in cui diamo a tale forma un nome che ne contiene la definizione: se dico «quadrato infinitamente piccolo» so già che tale forma avrà quattro lati uguali, quattro angoli retti, etc. a prescindere da quanto sia grande"
***
Diversamente, invece, almeno secondo me, una "forma geometrica" infinitamente piccola:
- non solo non è "empiricamente riscontrabile";
- ma non è neanche "logicamente concepibile", poichè ciò che non ha "dimensioni", non può neanche avere una "forma".
Si riduce a un "punto"!
***
Se cerchiamo di dargli un "nome formale",  indichiamo qualcosa che non è concepibile; ed infatti, ad esempio, dire che esiste una "forma con quattro lati lati privi di dimensioni", renderebbe logicamente impossibile qualificarlo come un "quadrato" o come un "rettangolo"!
***
Quanto alla domanda «Ma quale sarebbe questo "piccolissimo" quadrato? Quale sarebbe la sua area?», in questo caso io non mi riferivo, come tu hai inteso, ad un "quadrato infinitamente piccolo", bensì mi riferivo al "quadrato più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili" (ma non infinitesimale).
***
Al riguardo io ti chiedo:
- qual mai sarebbe  l'area di tale quadrato?
- quanto sarebbe lungo un suo lato?

***
So benissimo che la sua area si otterrà elevando al quadrato la misura del lato poiché, per quanto piccolissimo, per esser un quadrato, ne avrà comunque una; ma io ti chiedevo appunto qual'è tale area in millimetri o nanometri.
Ed infatti, visto che non stavo parlando di un "quadrato infinitamente piccolo" (cioè privo di dimensioni), bensì del "quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili" tu dovresti essere in grado di fornirmelo in cifre determinate!
***
Quanto al fatto che non ha senso parlare di "quadrato infinitamente piccolo", ma piuttosto di "quadrati infinitamente piccoli", secondo me nessuna delle due espressioni ha alcun senso; perchè un quadrato infinitamente piccolo, non avendo "dimensioni", non può neanche avere alcuna "forma" (nè la forma di quadrato nè di altro).
***
E' indubbiamente vero che  ogni quadrato, in quanto tale, può contenerne uno minore al suo interno; ma questo è vero solo finchè mantiene la sua natura di quadrato, avendo delle "dimensioni misurabili", le quali gli conferiscono la sua specifica "forma geometrica".
Altrimenti, non può contenere un bel niente, nè essere contenuto da un bel niente!
***
Siamo invece perfettamente d'accordo con te, quando scrivi che:  "... un'area non può mai diventare un punto, né per le rispettive definizioni, né perché logicamente nessuna forma può diventare un punto, anche se empiricamente qualunque forma estremamente piccola (o estremamente lontana) può sembrarci un punto."
***
Ciò che scrivi corrisponde esattamente a quanto sostenevo sopra, e, cioè, che:
- poichè, logicamente, nessuna "forma geometrica" può equivalere a un "punto";
- ne consegue che se riduci ad un "infinitesimo non misurabile" l'area di quella che originariamente era, per "definizione postulatoria", una "forma geometrica", avendo essa perso qualsiasi "dimensione" misurabile,  perde anche la qualifica sostanziale di "forma geometrica" (anche se tu continui a chiamarla così), e, quindi, sostanzialmente diventa un "punto".
***
C'è invece sicuramente qualcosa di vero, almeno metaforicamente, nel fatto che, come scrivi: "... il "punto" sta proprio a simboleggiare la "reductio ad infinitum" come "possibilità logica", ma non come "forma geometrica", similmente come avviene, "mutatis mutandis", con i puntini di sospensione nella lingua scritta: nessuna parola diventa puntini di sospensione, ma i puntini di sospensione stanno a simboleggiare un proseguimento che non viene esplicitato (così come non viene esplicitata, essendo inesplicitabile, l'infinita divisibilità logica dello spazio)."
Il che pure, sia pure in modo metaforico, corrisponde esattamente a quello che sostenevo io, e, cioè, che il "punto" sta a simboleggiare la "reductio ad infinitum" di una "forma geometrica", la quale, però, a "tal punto", perde la sua specifica natura di "forma geometrica"; così come nessuna parola diventa i puntini di sospensione, ma i puntini di sospensione stanno a simboleggiare un proseguimento che non viene esplicitato.
***
Sono anche perfettamente d'accordo con te quanto al fatto che "...un segmento non può diventare un punto, poiché il segmento è per definizione la linea che unisce due punti, quindi, logicamente, per quanto <<estremamente piccolo>>, avrà sempre due punti alle sue estremità"
Se, però, il segmento diventa <<infinitamente piccolo>> (il che è cosa diversa dall'l'<<estremamente piccolo>>), non essendoci più alcuna distanza tra i due "punti" alle sue estremità, questi vengono a coincidere e a sovrapporsi in un unico "punto"; per cui, il segmento, avendo perso qualsiasi "lunghezza" misurabile,  perde anche la qualifica sostanziale di "segmento" (anche se tu continui a chiamarlo così), e, quindi, sostanzialmente diventa un "punto".
(password "logos")
https://www.dailymotion.com/video/x86pbxa
***

Un saluto! :)
***
P.S.
Credo che, la principale fonte di "misunderstanding" tra di noi, consista principalmente nel fatto che io distinguo tra:
- "forma geometrica infinitamente piccola", e, pertanto, "priva di dimensioni misurabili";
- "forma geometrica misurabile più piccola di tutte le altre forme geometriche misurabili del suo tipo" (ad es.i quadrati), e, pertanto, dotata di dimensioni estremamente minuscole, ma, per definizione, "misurabili".
Tu, invece, tendi a considerare le due cose come se si trattasse della stessa cosa.
#3274
Ciao Iano. :)
Ribadisco che Archimede e Cusano non c'entrano assolutamente niente con il tema del "punto"; ed infatti, nelle vesti di Nino Taranto e Totò, sono entrati nel mio sogno per conto loro, giocando a scopa e discutendo a ruota libera come più gradivano, a prescindere da qualsiasi mia scelta cosciente.
;D
***
Ciò premesso, da sveglio, non posso che prendere atto delle problematiche che mi si sono presentate in sogno; perchè, effettivamente, non le trovo affatto prive di senso.
Qui, infatti, non si tratta nè di geometria e matematica "euclidea" nè di geometrie e matematiche "moderne", bensì di semplice "logica" e di elementare "semantica" linguistica.
***
E infatti:
- è OVVIO che "cerchi" e "quadrati" non possono avere "corrispondenti reali" perfetti, anche usando il compasso o le tecnologie più evolute;
- però è parimenti OVVIO  che sia i concetti astratti dei "cerchi" e dei "quadrati" sia i loro "corrispondenti reali", rappresentano cose assolutamente diverse le une dalle altre.
***
Possiamo anche essere d'accordo che se suddividiamo all'infinito un segmento oppure Mario, non stiamo facendo un operazione che la geometria euclidea preveda, quindi ne stiamo andando fuori; ma chi se ne frega della "geometria euclidea", ed anche della cosiddetta "matematica moderna", visto che si tratta di un tipo di suddivisione che io posso benissimo intellettualmente concepire, senza per questo dover fare ricorso a nessuna delle due.
***
Posso concepire un quadrato B più piccolo del quadrato A, un quadrato C più piccolo del quadrato B, un quadrato D più piccolo del quadrato C, e così via, a prescindere dalla circostanza che io lavori di "immaginazione" ovvero di "matita"?
Direi proprio di sì!


CONCLUSIONI ONIRICHE
Ciò premesso, andando avanti così, alla fine mi si presentavano come possibili solo due conclusioni:

a)
Se fosse vero che una "forma geometrica infinitamente piccola", oltre a non essere "materialmente disegnabile", non è neanche "logicamente concepibile", allora ne dovrebbe conseguire che debba essere necessariamente "concepibile" un quadrato più piccolo di tutti gli altri "quadrati concepibili", ma la cui area dovrebbe essere comunque in qualche modo "misurabile" (almeno, se partiamo dal presupposto che un quadrato infinitamente piccolo non può esistere).
E allora io mi chiedo:
- qual mai sarebbe  l'area di tale quadrato?
- quanto sarebbe lungo un suo lato?
Annotamela!

***
Bada bene che:
- non si tratta di "disegnare" un quadrato più piccolo di tutti gli altri (perchè, ovviamente, al di sotto di una certa dimensione, la cosa non è più materialmente possibile);
- bensì, molto più semplicemente, di immaginare la lunghezza di un suo lato, in modo tale che la sua area risulti in qualche modo "misurabile" (in millimetri, angstrom o nanometri).
***
Ed infatti, se davvero fosse "concepibile" un "quadrato più piccolo di tutti gli altri quadrati concepibili" (ma non infinitesimo), la sua area dovrebbe essere risultare in qualche modo "misurabile"; ma poichè, di fatto, questo non è possibile, ciò vuol dire che tale ipotetico quadrato semplicemente non esiste.
E se tale tale quadrato non esiste, dobbiamo di necessità ammettere la "concepibilità" di un "quadrato infinitamente piccolo"; altrimenti cadremmo nell'"assurdo"; a prescindere dal tipo di "geometria-matematica", antica o moderna, adottata.

b)
Ora, una volta esclusa la "concepibilità" di un "quadrato più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili", e dovendo, quindi, di necessità ammettere la "concepibilità" di un "quadrato infinitamente piccolo", poichè quest'ultimo dovrebbe essere necessariamente privo di "dimensioni", dovrebbe anche essere logicamente privo di "forma"; però, se diventa privo di "forma", allora non è più neanche un "quadrato", essendo l'equivalente di un "cerchio infinitamente piccolo" (e di qualsiasi altra "forma geometrica" ridotta ad infinitesimo).
Ma se un "quadrato infinitamente piccolo" non è più un "quadrato", questo equivale a dire che  un "quadrato infinitamente piccolo" non è concepibile; ed allora, se è vero che un "quadrato infinitamente piccolo" non è concepibile (perchè non sarebbe più un quadrato), allora torniamo a dover ammettere l'esistenza di "un quadrato misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati misurabili", il quale, però, non si riesce a trovare da nessuna parte.
***
Comunque te la rigiri, secondo me, è un "sepente che si morde la coda"!
Di qui la mia "definizione onirica" di "punto", come : "Qualsiasi forma geometrica, la quale, concepita in misura infinitamente piccola, cessa di essere la forma geometrica che era, per diventare un semplice punto".
Definizione che, però, non risolve assolutamente niente!
::)

CONCLUSIONI DA SVEGLIO
Da sveglio, invece, mi rendo conto benissimo che esistono "nuove matematiche" e "nuove geometrie"; come, ad esempio, la P.F.G. ("Point Free geometry" cioè "Geometria Senza Punti"), la quale assume come nozione primitiva quella di "regione" piuttosto che quella di "punto".
***
Personalmente, visto che non capivo granchè delle "vecchie matematiche" e delle "vecchie geometrie", figuriamoci cosa posso capire delle "nuove matematiche" e delle "nuove geometrie"; a parte il fatto, però, che i loro fautori sono spesso in contrasto ed in lite tra di loro, per cui credo di poter capire che nessuna di esse possa ancora assurgere a "verità definitiva".
***
In ogni caso, non credo che gli  argomenti "ex autoritate" possano servire a convincermi ; e, cioè, che non entrino nel merito della specifica logica dei miei ragionamenti, sia di quelli onirici, che di quelli da sveglio!
Però ti ringrazio per lo sforzo!
***
Un saluto! :)
***
#3275
PER TUTTI!
Il mio è stato veramente un sogno notturno, e non una metafora; per cui non sono stato io a scegliere Archimede e Cusano (nelle persone di Nino Taranto e Totò, che giocavano a scopa e discutevano a ruota libera per conto loro).
Col tema in questione, infatti, il vero Archimede, e soprattutto il vero Cusano, non c'entrano assolutamente "niente"; e, comunque, almeno per quello che so di loro, sono sicuro non si sarebbero mai espressi nel modo che ho sognato io!
;D
Si è trattato soltanto di una casuale farneticazione onirica del mio cervello, sia pure molto ragionativa; al posto loro sarebbero benissimo potuti esserci Paperino e Topolino!
Questo, tanto per la chiarezza!
;)
#3276
La notte scorsa, ho fatto un sogno molto singolare su questoargomento; per cui ero incerto se riferirlo in coda a questo "thread", oppure se aprire al riguardo un "topic" a parte nella sezione "percorsi ed esperienze".
Poi ho pensato che forse quest'ultima soluzione era la migliore, anche perchè dava adito a considerazioni conclusive che esulavano dalla specifica questione riguardante il "punto".
Però, per correttezza, la riporto pure qui.
***
Il sogno, non so perchè, era ambientato su una spiaggia tropicale, dove si trovavano sdraiati fianco a fianco Archimede (con l'aspetto di Nino Taranto) e Nicolò Cusano (con l'aspetto di  Totò); una coppia davvero strana, in tutti i sensi!
Stavano giocando a scopa con le carte napoletane, quando Archimede, dopo una previsione sulle prossime elezioni presidenziali, se ne uscì con la seguente affermazione:
--------------------------------------------------
-In fondo la definizione di "punto" è molto semplice: qualsiasi forma geometrica di dimensioni "infinetesimali", in sostanza, non è altro che un "punto"!-
- Cioè vuoi dire che un cerchio infinitesimamente piccolo non sarebbe altro che un "punto"?- chiese Cusano prendendo il Settebello.
- Sì!-
- E che un quadrato infinitesimamente piccolo non sarebbe altro che un "punto" pure lui?-
- Senz'altro!-
- Ma così vai contro il principio di non contraddizione!- obiettò scandalizzato Cusano -Ed infatti un cerchio non potrà mai essere un quadrato, a prescindere dalle sue dimensioni!-
- Be', se è per questo è un po' paradossale anche il fatto che un quadrato, qualunque sia la sua area, possiamo dirlo composto da una infinità di cerchi infinitamente piccoli, e che un cerchio, qualunque sia la sua area, possiamo dirlo composto da una infinità di quadrati infinitamente piccoli!-
- Appunto!- esclamò Cusano allargando le braccia.
- Ciò non toglie, però, che un qualunque cerchio o un qualunque  quadrato sono composti da infiniti punti; e, se riconosciamo che qualsiasi forma geometrica infinitamente piccola può essere considerata un punto, ne consegue  pure che un quadrato, qualunque sia la sua area, possiamo dirlo composto da una infinità di cerchi infinitamente piccoli, e che un cerchio, qualunque sia la sua area, possiamo dirlo composto da una infinità di quadrati infinitamente piccoli!-
- E' vero!- ribattè Cusano - E allora questo significa che una forma geometrica, per quanto, infinitamente piccola non potrà mai  essere considerata un punto, altrimenti cadremmo nel paradosso; questo anche perchè, per definizione, un cerchio, sia pure  infinitamente piccolo, non potrà mai essere considerato un quadrato, anche se infinitesimale!- 
- Hai ragione!- convenne Archimede - Però potremmo anche dedurne che una "forma geometrica infinitamente piccola" non è logicamente concepibile; questo perchè, visto che una "forma" comporta necessariamente delle "dimensioni", e visto che ciò che è infinitamente piccolo non ha "dimensioni", ne consegue che ciò che è infinitamente piccolo non può avere nessuna "forma"!-
- Non fa una piega!- ammise Cusano -Però, se fosse vero che una "forma geometrica infinitamente piccola" non è logicamente concepibile, ciò vorrebbe dire che, ad esempio, esiste un quadrato più piccolo di tutti gli altri quadrati concepibili, ma la cui area dovrebbe essere comunque in qualche modo misurabile.-
-Già!- convenne Archimede - Ma quale sarebbe questo "piccolissimo" quadrato? Quale sarebbe la sua area?-
- Appunto: non c'è!
Ed infatti qualsiasi area di quadrato (di cerchio ecc.) può essere concettualmente soggetta ad una "reductio ad infinitum"; nel qual caso diventa un "punto"...cos'altro, sennò?
Come volevasi dimostrare!-
- D'altronde, anche qualunque "segmento" può essere accorciato all'infinito nel qual caso diventa un "punto" pure lui: per cui si potrebbe definire il punto come un infinitesimo di segmento.-
- Già!-
-----------------------------------------------
***
A questo punto, mi sono svegliato, realizzando così la "coincidentia oppositorum" tra Archimede e Cusano; io quali, altri non  erano se non "Io"!
Allo stesso modo, può darsi, che, un giorno, anche questo "io" che adesso scrive il presente post, si fonderà con tutti gli altri "io replicanti" di questo FORUM,  risvegliandoci tutti quanti nell'unità del SE'.
Forse!
***
#3277
Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2021, 22:19:12 PM
Dubito che tali insigni pensatori avrebbero confuso cerchi e quadrati sposando il sofisma regressivo. Tali figure geometriche hanno una forma che le definisce rispetto a più punti notevoli disposti in un certo modo. Modo che esprime la forma specifica del punto geometrico, l'unica che può svolgere la sua incorporeità adimensionale: indicare una posizione nello spazio.
Mi dispiace, ma non hai minimamente sciolto i miei dubbi onirici :)
#3278
Tematiche Filosofiche / Sentire e capire
29 Dicembre 2021, 12:35:37 PM
Ciao Bobmax. :)
Ci hai azzeccato in pieno!
Però non sono affatto d'accordo con te, circa la tua contrapposizione tra:
- "empirismo";
- "idealismo" (e, se vuoi, anche "misticismo").
***
Ed infatti, dopo aver letto il mio primo libro di filosofia (a 14 anni), e, cioè, "I problemi della filosofia" di B.Russel, a mia volta scrissi "a mano" un trattatello intitolato "Un saggio ad uso soltanto di me stesso"; il quale, partendo da un "empirismo" radicale, perveniva ad un "idealismo" ancora più radicale, di carattere decisamente "solipsistico".
***
In estrema sintesi, il mio assunto di base era il seguente:
a)
Tutto ciò di cui ho "esperienza diretta", è esclusivamente "mentale"; ed infatti io non vedo l'"albero in sè", ammesso che esista qualcosa del genere, bensì, "eventualmente", solo la sua "rappresentazione mentale".
Quest'ultima, però, così come nella allucinazioni, potrebbe essere:
- non una "rappresentazione mentale" di qualcosa di esterno;
- bensì una pura e semplice "manifestazione mentale", e cioè, un esclusivo parto della mia immaginazione.
b)
Pertanto,  se pretendo di voler asserire che esiste un "albero in sè", devo necessariamente presupporre un "nesso causale" tra l'"albero in sè", OGGETTIVO e fuori da me, che costituisce la (presunta) "causa" producente della mia interna "rappresentazione mentale".
c)
Però, poichè io posso constatare dei nessi causali solo tra  singole "manifestazioni mentali" (ad es. la "manifestazione mentale" di fuoco causa la "manifestazione mentale" di calore), come faccio a dire che ci sono "oggetti in sè" esterni che producono le "manifestazioni mentali"?
Si tratta solo di una "congettura", priva di riscontro empirico, perchè non ho mai potuto constare direttamente l'esistenza di un oggetto esterno "in sè", nel momento in cui "causa" la mia la "manifestazione mentale" interna.
Sono su due piani diversi!
***
Quando mio padre, che era medico, lesse il mio trattatello, si mise le mani nei capelli!
In sostanza, sorridendo, mi spiegò quanto segue: "Guarda, bello di papà, che esistono migliaia di studi sperimentali che hanno dimostrato come la luce attraversa cornea, pupilla, cristallino e vitreo e va alla retina, generando gli stimoli visivi; poi gli stimoli visivi vengono trasformati in impulsi elettrici, e trasportati attraverso il nervo ottico sino al cervello, che li interpreta dando forma alle immagini...che tu chiami manifestazioni mentali!".
***
Ed io ricordo che gli risposi:
"Va bene! Però chi mi dice che sia tu che tutti gli altri medici, ed i loro cosiddetti  studi sperimentali, esistiate realmente? Io non posso in alcun modo sperimentarlo direttamente, per cui potrebbe essere tutta una mia creazione mentale. Ovvero, una specie di "sogno"; sebbene indubbiamente molto coerente!"
***
Ciò premesso, a parte il fatto che Berkeley parlava di un "sogno di Dio", tutto il mio ragionamento assomigliava molto al suo; ed infatti anche Berkeley, come ben sai, era un "empirista"!
***
Poi, con il tempo, superai una posizione di carattere strettamente "solipsistico", elaborandola in senso "Vedanta"; dottrina che ben conosci, e che quindi è inutile che io ti illustri (sebbene io la approcci da una prospettiva cristiana, in modo simile a Meister Eckart).
***
Pertanto, secondo me, la mia attrazione per la "trascendenza" (anche se il termine non lo ritengo molto appropriato), non è affatto "frenata"; ma, semmai, è "esaltata" dal mio esasperato "empirismo".
Semmai lo sono troppo poco, perchè il vero "empirista" non può che divenire un "mistico"!
***
Tengo però sempre ben distinto il "mito di Lila", cioè "il gioco divino" nella quale Brahma si trasforma nel "mondo fenomenico" in cui agisce il mio Jiva individuale; il quale, con estremo pragmatismo e "scetticismo positivista", cerca come meglio può di seguire le leggi della logica, della fisica e della matematica di tale mondo.
Ed infatti, "quando giochi a scacchi giochi a scacchi"; pur sapendo benissimo che i cavalli non sono veri cavalli, ed il Re è solo un pezzo di legno.
Rammenta l'insegnamento della Gita!
***
Un saluto! :)
***
P.S:
Ops!
Chiedo scusa, perchè sono andato decisamente OFF TOPIC!
Meglio rientrarci!
Su punto ho aperto un apposito TOPIC intitolato "Un sogno molto singolare su Archimede e Cusano!"
https://www.riflessioni.it/logos/percorsi-ed-esperienze/un-sogno-molto-singolare-su-archimede-e-cusano!/
#3279
Stavo avendo una discussione molto interessante in un "thread" da me aperto sul concetto geometrico di "punto", quando, la notte scorsa, ho fatto un sogno molto singolare su tale argomento; per cui ero incerto se riferirlo in coda a tale "thread", oppure se aprire al riguardo un "topic" a parte nella sezione "percorsi ed esperienze".
Poi ho pensato che forse quest'ultima soluzione era la migliore, anche perchè dava adito a considerazioni conclusive che esulavano dalla specifica questione riguardante il "punto".

***
Il sogno, non so perchè, era ambientato su una spiaggia tropicale, dove si trovavano sdraiati fianco a fianco Archimede (con l'aspetto di Nino Taranto) e Nicolò Cusano (con l'aspetto di  Totò); una coppia davvero strana, in tutti i sensi!
Stavano giocando a scopa con le carte napoletane, quando Archimede, dopo una previsione sulle prossime elezioni presidenziali, se ne uscì con la seguente affermazione:

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-In fondo la definizione di "punto" è molto semplice: qualsiasi forma geometrica di dimensioni "infinetesimali", in sostanza, non è altro che un "punto"!-
- Cioè vuoi dire che un cerchio infinitesimamente piccolo non sarebbe altro che un "punto"?- chiese Cusano prendendo il Settebello.
- Sì!-
- E che un quadrato infinitesimamente piccolo non sarebbe altro che un "punto" pure lui?-
- Senz'altro!-
- Ma così vai contro il principio di non contraddizione!- obiettò scandalizzato Cusano -Ed infatti un cerchio non potrà mai essere un quadrato, a prescindere dalle sue dimensioni!-
- Be', se è per questo è un po' paradossale anche il fatto che un quadrato, qualunque sia la sua area, possiamo dirlo composto da una infinità di cerchi infinitamente piccoli, e che un cerchio, qualunque sia la sua area, possiamo dirlo composto da una infinità di quadrati infinitamente piccoli!-
- Appunto!- esclamò Cusano allargando le braccia.
- Ciò non toglie, però, che un qualunque cerchio o un qualunque  quadrato sono composti da infiniti punti; e, se riconosciamo che qualsiasi forma geometrica infinitamente piccola può essere considerata un punto, ne consegue  pure che un quadrato, qualunque sia la sua area, possiamo dirlo composto da una infinità di cerchi infinitamente piccoli, e che un cerchio, qualunque sia la sua area, possiamo dirlo composto da una infinità di quadrati infinitamente piccoli!-
- E' vero!- ribattè Cusano - Il che significa che una "forma geometrica", per quanto, infinitamente piccola non potrà mai  essere considerata un "punto", altrimenti cadremmo in un  paradosso; questo anche perchè, per definizione, un "cerchio", sia pure  infinitamente piccolo, non potrà mai essere considerato un "quadrato", anche se infinitesimale!- 
- Hai ragione!- convenne Archimede - Però potremmo anche dedurne che una "forma geometrica infinitamente piccola" non è logicamente concepibile; questo perchè, visto che una "forma" comporta necessariamente delle "dimensioni", e visto che ciò che è infinitamente piccolo non ha "dimensioni", ne consegue che ciò che è infinitamente piccolo non può avere nessuna "forma"!-
- Non fa una piega!- ammise Cusano -Però, se fosse vero che una "forma geometrica infinitamente piccola" non è logicamente concepibile, ciò vorrebbe dire che, ad esempio, esiste "un quadrato  misurabile più piccolo di tutti gli altri quadrati concepibili", ma la cui area dovrebbe essere comunque in qualche modo "misurabile".-
-Già!- convenne Archimede - Ma quale sarebbe questo "piccolissimo" quadrato? Quale sarebbe la sua area? Non esiste!-
- Appunto: non c'è!
Ed infatti qualsiasi area di quadrato (di cerchio ecc.) può essere concettualmente soggetta ad una "reductio ad infinitum"; nel qual caso diventa un "punto"...cos'altro, sennò?
Come volevasi dimostrare!-
- D'altronde, anche qualunque "segmento" può essere accorciato all'infinito nel qual caso diventa un "punto" pure lui: per cui si potrebbe definire il "punto" come un "infinitesimo di segmento".-
- Già!-
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A questo "punto", mi sono svegliato, realizzando così la "coincidentia oppositorum" tra Archimede e Cusano; io quali, altri non  erano se non "Io"!
Allo stesso modo, può darsi, che, un giorno, anche questo "io" che adesso scrive il presente post, si fonderà con tutti gli altri "io replicanti" di questo FORUM,  risvegliandoci tutti quanti nell'unità del SE'.
Forse!
:)
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#3280
Ciao Bobmax :)
Come supponevo, il mio sbaglio è consistito nell'aderire all'"uso comune" del termine "matematica", con il quale, invece, si intende la sola "aritmetica"; però, come giustamente hai rilevato tu, tale '"uso comune" è errato, perchè,  la "matematica" vera e propria è molto più ampia della semplice '"aritmetica"  e include la "geometria", l'"algebra", la "statistica", e tanto altro.
Aree diverse, che tuttavia sono fondate sulla stessa modalità di astrazione matematica.
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Ciò premesso, non capisco per quale motivo tu, poi, scrivi che "Il dare per scontato che vi siano differenze sostanziali, tra due cose qualsiasi del mondo, è la fonte di ogni male!"
Ed infatti, facendomi giustamente riflettere, al di là dell'"uso comune" dei termini, sulla sostanziale differenza di significato tra la "matematica" e l'"aritmetica", tu stesso ha rimarcato l'importanza della "discriminazione" e del "discernimento" tra una cosa e un'altra.
Secondo me, quindi, la fonte di ogni male è proprio quella di non vedere le differenze tra le cose; e, quindi, di "fare di tutta l'erba un fascio".
***
Quanto a Bertrand Russell il primo libro di filosofia che lessi in vita mia (a 14 anni), fu il suo  "I problemi della filosofia"; poi lessi anche "Storia della Filosofia Occidentale" (più volte), e quasi tutti gli altri suoi libri di carattere divulgativo.
Ma, poichè io non sono un "matematico", non ho mai letto nessuno dei suoi molti libri di matematica.
Peraltro, non essendo io neanche un vero e proprio "filosofo", non sono in grado di giudicare se lui fosse un ottimo o un pessimo filosofo; però ho quasi sempre condiviso le critiche da lui mosse agli altri filosofi.
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Un saluto! :)
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#3281
Ciao Iano.
Insisto nel ritenere:
- sia che gli Dei, "falsi e bugiardi", non avessero la benchè minima corrispondenza con la realtà;
- sia che io sto davvero perdendo colpi per l'età (come, purtroppo, ogni giorno che passa, devo constatare sempre di più).
:(
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Ed infatti:
- io avevo chiaramente disegnato un SEGMENTO, il quale è una parte di retta delimitata da due punti, chiamati ESTREMI (nel mio caso A e B);
- la SEMIRETTA, invece, ha un  inizio ma non una fine (solo l'estremo A).

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Per cui il mio è stato un evidentissimo ERRORE; che tu, giustamente, non hai mancato di rimarcare!
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Adesso tu cerchi cortesemente di attenuare la portata del mio errore, scrivendo che a volte usiamo lo stesso simbolo grafico per designare due cose diverse; e, quindi, usiamo lo stesso simbolo per indicare un segmento e una semiretta.
Ma questo sarebbe stato vero se io mi fossi limitato a tracciare semplicemente due linee, senza indicarne alfabeticamente gli estremi:

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Poichè, però, io ne avevo alfabeticamente indicato gli estremi A e B, chiamare tale segmento una "semiretta" è stato un mio inescusabile errore.
E il guaio è che di errori così, ed anche di più gravi, ne commetto sempre più spesso!
:'(
***
Al riguardo, comunque, trovo interessante la tua idea di simboleggiare una semiretta con un segmento relativamente lungo, seguito da un tratteggio fatto con segmenti più brevi:

Così, in effetti, non possiamo sbagliarci, essendo una simbologia a prova della nostra veneranda età intellettiva.
;D
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Un saluto! :)
***
#3282
Ciao Iano :)
Innanzittutto mi scuso per il mio "marchiano" errore; ed infatti è ovvio che, quella che avevo  disegnato, non era  affatto una "semiretta", bensì, evidentemente, un "segmento".
:-[
Ultimamente mi sono accorto che sbaglio troppe parole quando scrivo; cosa che, considerata la mia età, trovo alquanto preoccupante.
:'(
***
Quanto al fatto che come scrivi tu,  "...le linee che hai disegnato al computer  non sono ne' infinite ne' composte da infiniti punti, ma semmai da un numero finito di pixel, o di tratti discontinui se disegnati a matita, come si può dimostrare guardandoli al microscopio", questo non è giustissimo, ma, a dire il vero, io lo avevo già chiaramente premesso e precisato nel paragrafo "IL CORRISPONDENTE IN NATURA DEL PUNTO".
In tale sede,infatti, parlando del punto, avevo scritto che: "...quello segnato sulla carta con una matita , infatti, visto con una lente d'ingrandimento, è soltanto una piccola pallina nera; cioè un "cerchio", e non un "punto" (sebbene possa assumere anche altre forme, le più svariate).
Questo è naturale!
***
Diverso, invece, era il mio discorso relativo all'immagine, nella quale avevo disegnato una fila di quadrati contigui (che costituiscono un rettangolo), e, sotto, una fila di punti contigui (che costituiscono un segmento); è infatti ovvio che, anche in tal caso i disegni grafici erano composti da "pixel", ma, in tal caso, io intendevo riferirmi alle figure geometriche astratte da tali "pixel" simbolicamente rappresentate.
***
Ed infatti, in base a quanto risulta evidente dal disegno, traslato a livello "simbolico":
- i quadrati contigui da me "concepiti",  sono 12, ma potrebbero anche essere 1, 100 o 1000, o addirittura infiniti;
- i punti contigui da me "concepiti",  invece, sono sempre  infiniti,  nè potrei mai concepirne un numero limitato tale, cioè, da poter essere contato.
***
Il "paradosso" evidenziato dal mio disegno, sta nel fatto che io:
- posso concepire, immaginare (e anche simbolicamente disegnare),  una fila limitata di quadrati contigui,  però non posso concepire, immaginare (e neanche simbolicamente disegnare),  una fila infinita di quadrati contigui;
- mentre, al contrario, qualsiasi fila di punti contigui io possa concepire, immaginare (e anche "simbolicamente" disegnare), breve o lunga che essa sia, conterrà necessariamente un numero infinito di punti.
***
Anche se lo volessi, cioè, non riuscirei mai concepire, immaginare (e anche simbolicamente a disegnare), 12 punti contigui; ed infatti, mi è solo consentito immaginare i punti come "infiniti" o come "uno solo", ma mai niente di intermedio, qualunque sia la forma geometrica costituita da tali punti.
Sarebbe come postulare l'esistenza dei numeri come "infiniti" (N) o come "uno solo" (1); ma mai nessun numero di intermedio (345,543,678 ecc.), qualunque sia la quantità fisica in esame!
Il che lo trovo assurdo; per cui, almeno per me, nel concetto di punto, c'è qualcosa che non funziona!
***
Quanto a Cantor, lui affrontò un problema diverso, assumendo che un insieme infinito è un insieme che può essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo proprio sottoinsieme; ma, come ho detto, si tratta di una questione differente, che non intendevo minimamente affrontare in questo topic (anche perchè non ho le cognizioni matematiche per farlo).
***
Quanto al fatto che, in sostanza, come tu scrivi: "... non solo i punti, ma qualunque cosa crediamo esista, esiste solo nella nostra mente, ma in corrispondenza con una realtà fuori dalla mente", questo, secondo me, può essere una affermazione vera in taluni casi, ma non in altri.
Ed infatti c'è stato un tempo in cui credevamo nell'esistenza degli dei; però, tale credenza, esisteva solo nella nostra mente, senza alcuna corrispondenza con una realtà fuori dalla mente.
***
Un saluto! :)
*** 

#3283
Ciao Bobmax :)
In effetti, ricordo che, a scuola, il professore di matematica, ci insegnava sia la matematica che la geometria: però ricordo pure che avevamo due testi distinti, uno per la matematica, e l'altro per la geometria.
Allo stesso modo, il professore di latino, ci insegnava sia il latino che il greco: però ricordo pure che avevamo due testi distinti, uno per il greco, e l'altro per il latino.
***
Inoltre, mentre in matematica ero una frana, in geometria ero bravino; come, peraltro, risultò anche dai test del Q.I., da adulto.
***
Però, molto probabilmente, io faccio confusione tra:
a)
La "matematica", che è lo studio delle misure e delle proprietà delle quantità usando numeri e simboli;  e che, quindi, come giustamente dici tu, in tal senso comprende indubbiamente anche la "geometria".
b)
L'"aritmetica", che, invece, è quella branca della matematica che si occupa delle proprietà dei numeri; e che, quindi, non ha niente a che fare con la "geometria".
***
Però, ad essere sincero, non sono sicuro neanche di questo; per cui attendo una tua conferma, considerato che ho visto che in materia sei oggettivamente molto più ferrato di me.
***
Quanto all'"astrazione", per quanto sia intelligente e capace, uno scimpanzè:
- potrà anche essere in grado di battere un umano in un test di intelligenza pratica (come quello della nocciolina e della provetta piena d'acqua, su cui scrissi un apposito topic);
- potrà anche essere in grado di formulare delle vere e proprie frasi con appositi computer, come ho visto in alcuni documentari;
- però, come soleva dire Bertrand Russel, non potrà mai essere in grado di dire: "I miei genitori erano poveri, ma onesti!".
:)
***
Sono invece del tutto d'accordo con te, che il pensiero razionale è indispensabile per il nostro inoltrarci nel mondo; ma che non è assolutamente fonte di Verità (almeno di quella con la maiuscola).
***
Sono anche d'accordo con te, che non può esservi alcun concetto del 1 senza che prima vi sia consapevolezza del molteplice; e viceversa.
Allo stesso modo, prima si ha la consapevolezza dello spazio, e poi, eventualmente del concetto di piano o di retta; ma senza questi ultimi, dubito che potremmo avere la consapevolezza di uno spazio vuoto.
Ed infatti:
- io posso  benissimo immaginarmi un piano o una retta (che presuppongono, come giustamente dici tu, la  consapevolezza dello spazio);
- però non sono assolutamente in grado di immaginarmi uno spazio vuoto.
***
Un saluto! :)
***
#3284
Avete assassinato qualcuno dopo le ore  22,30 del 30 ottobre, e la polizia vi chiede un alibi per la notte tra il 30 ed il 31 ottobre?
Se non intendete confessare il delitto, potreste pensare di avere solo due possibilità:
a)
Raccontare che, all'ora dell'omicidio (poniamo le 23,00), eravate a soli in casa; ma è un alibi che, ovviamente, serve a poco.
b)
Ovvero cercare di inventarvi un alibi falso per quell'ora (poniamo le 23,00), ma è una cosa che potrebbe ritorcervisi contro, se la polizia lo scopre.
Però, in realtà, c'è una terza possibilità, che, io, in un mio raccontino giallo scritto nel 1971, chiamai il "falso alibi dell'innocente imbecille"; il quale, invece, dovrebbe più correttamente chiamarsi il "falso alibi del colpevole paraculo"!
E adesso vi spiego come funziona!

SINTESI DELLA VICENDA
La sera del 30 ottobre 1975, in via Caravaggio, tranquilla strada residenziale tra i quartieri di Posillipo e di Fuorigrotta, la famiglia Santangelo si stava per sedere a tavola.
Per la precisione, si trattava di:
- Mimmo Santangelo, il "pater familias", che era nel suo studio insieme al cagnolino;
- Gemma Cenname, la moglie, che era in cucina indaffarata a preparare la cena;
- Angela Santangelo, la figlia diciannovenne, che era seduta sul letto nella camera matrimoniale, in pigiama e febbricitante.
***
Qualcuno suonò il campanello, per cui Mimmo andò ad aprire seguito dal piccolo Yorkshire Terrier che abbaiava festante; ed ecco che in casa entrò l'ospite misterioso.
Il padrone di casa, evidentemente, lo conosceva molto bene,  visto che gli offrì perfino un bicchiere di liquore nel suo studio (vennero ritrovati i due bicchieri).
***
Dopo aver degustato il liquore, però, l'ospite colpì a tradimento Mimmo Santangelo con un oggetto contundente; poi si avventò sul povero cagnolino soffocandolo per impedirgli di attirare l'attenzione con il suo abbaiare disperato.
***
Quindi si diresse in cucina dove tramortì la moglie Gemma; mentre dalla stanza da letto faceva capolino Angela, atterrita dai rumori, per vedere cosa succedeva.
***
Quest'ultima, però, non ebbe neanche il tempo di capire cosa stesse accadendo,  perchè venne a sua volta colpita al volto con tale violenza che morì sul colpo.
***
Ma i genitori non sono ancora morti,  per cui l'assassino li uccide a coltellate; poi  torna sulla soglia della camera da letto dove c'è il corpo di Angela.
Non accorgendosi che è già morta, la sventra con due coltellate al ventre e altre cinque al collo.
***
Poi l'assassino trascina i corpi di tre delle quattro vittime nella vasca da bagno e deposita lì, una sopra l'altro il cane e i genitori di Angela; quest'ultima, invece, visto che la vasca è ormai troppo affollata, la lascia sul letto avvolto in un tappeto intriso di sangue.
Tali dettagli, lasciano pensare che l'assassino abbia voluto che il fetore dei cadaveri ritardasse il più possibile ad essere percepito fuori della porta dell'appartamento;  ciò allo scopo di far pensare, almeno per qualche giorno, che la famiglia fosse partita per un viaggio.
***
Dalle 23 alle 5 del mattino i vicini sentono  rumori continui, ma pensano ad un trasloco.
***
L'assassino (e/o gli assassini) lascia(no):
- un'impronta di scarpa taglia 42 nel sangue;
- delle cicche di sigaretta, tra cui una di marca Gitanes;
- una traccia della mano sporca di sangue sul davanzale di una finestra;
- un paio di guanti di gomma nel bagno.

SINTESI DELLE INDAGINI
Venne subito indagato Domenico Zarrelli, nipote di Gemma Cenname, figlio di un presidente di corte d'Appello e fratello di un avvocato (e poi divenuto avvocato anche lui); all'epoca era un giovanotto con un passato alquanto turbolento.
A carico di Zarrelli sussistevano vari elementi indiziari, tra i quali, in breve:
a)
Quella notte, un testimone riferì di averlo visto spostare la macchina di Mimmo Santangelo, da dove era solitamente parcheggiata (sotto casa) in un'altra strada un po' più lontana; probabilmente per far pensare, almeno per qualche giorno, che la famiglia fosse partita per un viaggio.
b)
Presentava delle ferite sulla mano destra, compatibili con una recente colluttazione.
c)
Quanto al movente, venne accertato che Domenico era uno studente scapestrato, amante della dolce vita, delle donne e delle auto di lusso e sempre ricoperto di debiti; per cui era sempre in cerca di qualche parente che gli facesse un prestito.
Tra cui soprattutto la zia Gemma; che era tra le persone che avevano più volte aiutato Domenico (ed era stata la più "spremuta" di tutte).
Per cui la polizia  suppose che Zarrelli avesse ucciso lo zio adottivo "in stato d'ira", dopo che questi gli aveva negato un ennesimo prestito; e che, poi, avesse dovuto necessariamente eliminare le uniche due testimoni.
La Procura, quindi, concluse che il colpevole era lui, e lo rinviò a giudizio.

SINTESI DEI PROCESSI
Dopo alterne vicende, in estrema sintesi, Domenico Zarrelli venne assolto con sentenza definitiva, grazie al "ragionevole dubbio" di cui all'art.533 c.p.
Ed infatti:
a)
La testimonianza di coloro che lo avevano visto spostare la macchina della vittima venne ritenuta poco affidabile, a causa della scarsa luce notturna; ma, soprattutto perchè si ritenne che Zarrelli fosse troppo alto per poter guidare agevolmente la vettura dello zio.
b)
Le ferite sulla mano risultarono, sì, compatibili con una recente colluttazione; però potevano essere attribuite anche ad altre cause.
c)
Zarrelli non calzava il numero 42, come quello di un'impronta lasciata nell'appartamento; venne infatti esclusa l'ipotesi di un'impronta simulata, ovvero di altri complici.
d)
Quanto al movente, venne, sì, accertato che Zarrelli era sempre ricoperto di debiti e che spesso batteva cassa dalla zia; ma la circostanza   che avesse ucciso lo zio adottivo in stato d'ira, dopo che questi gli aveva negato un ennesimo prestito era meramente congetturale, e, quindi, irrilevante ai fini probatori.

IL FALSO ALIBI "GIUSTIFICANTE"
Paradossalmente, però, quello che più di tutto contò ai fini della sua assoluzione, fu la circostanza che lui si era difeso, sì, con un alibi assolutamente "falso", ma, nello stesso tempo, anche del tutto "inconguente"; per cui si ritenne che solo un innocente avrebbe potuto raccontare una cosa del genere.
***
Ed infatti:
- dichiarò che quella sera era stato al cinema (il che non era vero);
- ma in un orario diverso da quello del delitto.
Lascio raccontarlo a lui in prima persona!
(password: "logos")
https://www.dailymotion.com/video/x86leka

IL MIO RACCONTINO GIALLO DEL 1971
Quando ascoltai anch'io questa eccezionale registrazione, nella bellissima trasmissione "Il giallo e il nero", rimasi letteralmente esterrefatto; ed infatti, soprendentemente, essa corrispondeva in tutto e per tutto all'espediente a cui era ricorso un "assassino immaginario" in un raccontino giallo che avevo scritto a vent'anni, nel 1971 (e che poi avevo sfruttato nell'estate del 1972 per inscenare un finto processo dal vivo con alcuni amici, ma che non venne mai pubblicato).
***
Ed infatti:

a)
In un altro mio precedente racconto, avevo ipotizzato il classico caso dell'alibi  "precostituito" nell'ambito di un delitto "premeditato"; nel quale l'assassino entra nel cinema alle ore 20,30 facendosi ben notare dalla cassiera, ne esce travestito alle 21,00, uccide la vittima alle ore 21,30, torna nel cinema con un altro travestimento alle ore 22,00, ed esce a fine spettacolo alle ore 22,30, senza travestimento e facendosi ben notare da più persone.
Ed infatti, all'epoca, si entrava e si usciva dai cinema in qualunque momento, a prescindere dall'"inizio dello spettacolo".

b)
In un mio successivo racconto, invece, avevo ipotizzato l'ipotesi (molto più complicata per l'assassino) nella quale l'omicidio  non era stato affatto "premeditato" in anticipo, ma era avvenuto d'impulso, sul momento.
In tal caso, infatti:
- o l'assassino, se riesce a trovarli,  si compra a posteriori dei testimoni molto attendibili (che poi, però, possono ricattarlo a vita);
- oppure ricorre alla solita "storiella" del cinema, del teatro, dello stadio ecc., raccontando che era lì al momento del delitto.
Ma, come la cronaca nera testimonia (anche nel caso di Zarelli) si tratta di un espediente davvero "idiota", perchè la polizia ci mette poco a scoprire che è falso.
E allora?
***
E allora, nel mio raccontino, l'assassino fa il seguente ragionamento: "Sai che c'è? Io, se mi chiedono un alibi, racconto che sono stato al cinema in un orario incompatibile con quello dell'omicidio (che invece, ovviamente, rammento benissimo); quando, poi, però, si scopre che non era affatto vero, faccio finta di 'cadere dal pero', e dico alla polizia: <<Mannaggia, scusatemi se ho mentito, ma, poichè ero stato indagato a causa del mio movente, per paura, mi sono inventato alla bell'e meglio un "alibi" fasullo>>.
Però, ragazzi, suvvia: Se fossi stato davvero colpevole, l'alibi me lo sarei inventato per l'ora del delitto, e non per un'altra ora.
Non vi pare?"
Così, nel processo simulato con alcuni amici dell'estate del 1972:
- il colpevole venne assolto ai sensi dell'art.533 CPP, perchè il suo argomento difensivo lo fornì dello scudo del "ragionevole dubbio";
- non potè neanche essere condannato per falsa testimonianza, perchè non era un "testimone", bensì un "imputato", il quale ha il pieno diritto di mentire (*).


EPILOGO
Come ho detto, Zarelli venne assolto, ed è stato pure risarcito dallo Stato per danni morali e materiali con un milione e quattrocentomila euro.
Nel 2011, però, il procuratore aggiunto Giovanni Melillo ordinò che venissero nuovamente analizzate con i più moderni mezzi scientifici le tracce biologiche presenti sulla scena e prelevati da un bicchiere, delle cicche di sigaretta e un asciugamano macchiato di sangue; e, nel 2014 giunse la conferma che quel DNA appartiene indubbiamente a Domenico Zarrelli e ad altri due soggetti non identificati che potrebbero avere agito in concorso con l'uomo.
Però, secondo il principio del "ne bis in idem", Zarelli ormai non può più essere processato una seconda volta con la stessa accusa; anzi, gli stessi reperti che avrebbero costituito un importante punto di partenza per la riapertura del caso sono stati distrutti prima che il Gip potesse pronunciarsi sulla riapertura delle indagini.
Per cui la strage di via Caravaggio, 42 anni dopo, resta ancora impunita; almeno, dalla giustizia di questa terra!
***
NOTA (*)
Se il diritto di difesa, è, secondo il dettato dell' art. 24 Cost., inviolabile , ne discende che I' imputato ha il diritto di difendersi nel modo che ritiene più opportuno e con le modalità che reputa più convenienti.
Per cui, se l'imputato, al fine di resistere all'accusa che gli viene mossa, decide di effettuare una ricostruzione della sua condotta difforme dal vero, questo suo atteggiamento rientra a pieno titolo nel suo inviolabile diritto di difesa.
A questo si aggiunga che, le regole che governano l'istruzione dibattimentale, non prevedono, per l'imputato, al momento in cui deve sottoporsi all'esame ex art. 503 cpp, l'obbligo del giuramento previsto per i testimoni ed i consulenti.
#3285
Ciao Ipazia. :)
In effetti, trovo davvero  ostico pensare che una successione di punti "adimensionali" possa produrre un linea "monodimensionale"; come ho detto, mi sembra come pensare ad una casa di mattoni costruita senza mattoni.
Ed anche, posto che si vogliano considerare "esistenti" anche dei mattoni "adimensionali", trovo davvero  ostico pensare che una casa di tre piani possa essere composta dello stesso identico numero di mattoni di una casa di trenta piani.
***
Quanto, invece, al pensare che da 1 si passi per accumulazione a 2, non lo trovo affatto "ostico", bensì, semmai,  un po'  "tautologico"; ed infatti dire che 1+1 equivale a (dire) 2, è come dire che un animale con "due gambe", come l'uomo, è un "animale bipede".
***
Un saluto! :)
***