Fuori dalla dialettica bipolare fra «no» e «sì», c'è l'epochè; ma non solo quella che "sa di non sapere", ma anche quella che ha capito, o meglio "visto" (perché è esperienza a suo modo "sensoriale", in quanto de-astrattiva) il "nullo fondamento", il sunyata, che è la base di ogni dire (affermare o negare che sia). Alla fine è la candida semplicità del «bisogna coltivare il nostro giardino» (Voltaire) elevata alla potenza della consapevolezza zen; è il saper toccare la spina senza pungersi, gesto che tuttavia richiede concentrazione, e quando si è davvero concentrati solitamente si tiene la "bocca metafisica" chiusa (né «Si» né «No» titaneggianti).
Partendo da questo (s)fondamento, si può saltare, dedicarsi all'arte, impegnarsi in politica, fare guerre, etc. proprio come chi non è consapevole del(lo) (s)fondamento; la differenza sta tutta nell'incomunicabile "sapore" che si sente nell'agire.
Partendo da questo (s)fondamento, si può saltare, dedicarsi all'arte, impegnarsi in politica, fare guerre, etc. proprio come chi non è consapevole del(lo) (s)fondamento; la differenza sta tutta nell'incomunicabile "sapore" che si sente nell'agire.